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Rivista Online <strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong> dell’Università <strong>di</strong> ParmaPapyrothekeAnno I – Numero 1 (2010)


ContenutiSAGGIMarco BottiDai papiri al web:la riscoperta dell’egittologo Giuseppe Botti 3MATERIALI E DISCUSSIONIIsabella AndorliniLavori per un ualetu<strong>di</strong>narium in T.Vindol. II 155,6 31Andrea BerniniDettagli sull’organizzazione <strong>degli</strong> antichi vigneti 37(nota a P.Tebt. III/1 815, fr. 6, col. iii)Isabella BonatiForme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiri 45Margherita Centenari / Luca IoriAd apertura <strong>di</strong> libro.Note sul <strong>volume</strong>n e la paleografia <strong>di</strong> P.Tebt. 269 57Massimiliano NutiLe attività e le attestazioni <strong>di</strong> un prefetto d’Egitto:Lucius Munatius Felix 67NOTE E RECENSIONIGiulia GhirettiUn ambulatorio me<strong>di</strong>co antico:due libri recenti sul “Chirurgo <strong>di</strong> Rimini” 81Nicola ReggianiDalla magia alla filologia:documenti su libri e biblioteche nell’Antichità 97INDICIIndex locorum 139Index nominum et verborum 144


SAGGI


Papyrotheke 1 (2010) ― 3Dai papiri al web:la riscoperta dell’egittologo Giuseppe Botti *1. PremessaLa figura del mio prozio Giuseppe Botti è stata coperta, in questi ultimi decenni,da un autentico velo <strong>di</strong> oblio, nonostante egli abbia rivestito un ruolo <strong>di</strong>primo piano nella storia <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> egittologici e papirologici, potendo essere definitocome il primo vero demotista italiano, autore e curatore <strong>di</strong> opere ancora <strong>di</strong>riferimento nei rispettivi settori.Da quasi <strong>di</strong>eci anni ho intrapreso un percorso <strong>di</strong> ricerca a riguardo della suavita, passando a setaccio numerosi archivi e biblioteche <strong>di</strong> Soprintendenze, Musei,Accademie, Università, Centri <strong>di</strong> ricerca italiani ed esteri, a “caccia” <strong>di</strong> documentiche ne testimoniassero l’opera <strong>di</strong> scienziato. Ho ritenuto fosse doveroso intraprenderetale lavoro per rivalutare la sua figura <strong>di</strong> uomo e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oso, soprattuttoin concomitanza <strong>di</strong> due ricorrenze significative: il 40° anniversario dellamorte 1 ed il 120° anniversario della nascita 2 .Avendo trovato un gra<strong>di</strong>to riscontro sia in ambito <strong>di</strong>vulgativo che in ambitouniversitario, il mio lavoro è proseguito oltre tali “scadenze”, culminando nellapubblicazione della biografia integrale in un <strong>volume</strong> monografico, nella versione*Si ringraziano, per la gentile concessione alla riproduzione delle immagini e dei documenti qui proposti,la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (Dott.ssa Maria Cristina Guidotti, Direttricedel Museo Egizio <strong>di</strong> Firenze), per le Figg. 7, 8, 13, 15, 16; i Padri Rosminiani <strong>di</strong> Domodossola(Prof. Tullio Bertamini, archivi della rivista “Oscellana”), per le Figg. 3 e 14; i cari cugini Maria Antoniettae René Albasini (ACP), per le Figg. 1, 2, 4-6, 10, 11. Per i numerosissimi nominativi <strong>di</strong> quanti,in vario modo, mi hanno aiutato e agevolato nelle ricerche, rimando a M. BOTTI 2010c e M. BOTTI2010d.127.12.1968-27.12.2008.203.11.1889-03.11.2009.


4 ― M. Botti, Dai papiri al weba stampa ed in quella on line.A tale proposito, oltre che significativo, è quantomeno singolare notare che ilprocesso <strong>di</strong> riscoperta del mio avo stia passando, in buona parte, attraverso i canalidelle nuove tecnologie <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione <strong>di</strong>gitale 3 : un mezzo accattivante maanche tanto <strong>di</strong>fferente rispetto al supporto cartaceo (in qualche maniera imparentatocon i papiri e quin<strong>di</strong> più formalmente “vicino” all’oggetto <strong>di</strong> indagine del nostrostu<strong>di</strong>oso) utilizzato dalle comuni riviste, giornali o libri <strong>di</strong> carattere storicoscientificotramite le quali, sino ad ora, tale riscoperta aveva trovato modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondersi4 . Pubblicare anche tramite questi nuovi strumenti <strong>di</strong>vulgativi, credo sia<strong>di</strong> buon auspicio per il futuro, soprattutto per le generazioni <strong>di</strong> giovani stu<strong>di</strong>osiche vanno oggi formandosi nelle <strong>di</strong>scipline legate, pertinenti o rispondenti all’Egittologiae alla <strong>Papirologia</strong>, e che utilizzano tali strumenti con tanta naturalezzae <strong>di</strong>sinvoltura, facendone punto <strong>di</strong> partenza per la <strong>di</strong>ffusione - possiamo ben <strong>di</strong>re,in questo caso, a livello internazionale - dei propri materiali <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o.2. La partenza dall’Emilia e la nascita del futuro egittologoPrima <strong>di</strong> entrare nel vivo della trattazione biografica del caro avo, è bene riportarealcuni brevi cenni riguardanti le sue origini. Tale aspetto, infatti – e mi riferiscoalle origini in termini genealogici e geografici – costituiranno un ruolo <strong>di</strong>gran<strong>di</strong>ssima rilevanza per ciò che riguarda la formazione umana del futuro stu<strong>di</strong>oso,al punto da con<strong>di</strong>zionarne la mentalità e, per certi versi, l’approccio aglistu<strong>di</strong> e alla materia <strong>di</strong> suo interesse. L’educazione impostagli dai genitori e dainonni paterni, infatti, assieme al con<strong>di</strong>zionamento che l’ambiente e la cultura <strong>di</strong>carattere “montanaro” ebbero su <strong>di</strong> lui, ne forgeranno la tempra caratteriale inmaniera indelebile e faranno scaturire dalla sua personalità una serie <strong>di</strong> curiosepeculiarità spirituali e intellettuali che oserei definire uniche.Dai 1000 metri <strong>di</strong> Romezzano <strong>di</strong> Bedonia, frazione adagiata tra le rigogliose3PELFINI 2009; M. BOTTI 2010a e 2010b.4M. BOTTI 2005; 2008a; 2008b; 2009a; 2009b; 2010c; 2010d.


Papyrotheke 1 (2010) ― 5foreste <strong>degli</strong> Appennini parmensi, Giuseppe 5 – ven<strong>di</strong>tore ambulante <strong>di</strong> tessutinonché nonno paterno del nostro egittologo - nella metà del 1800, emigra con ilfratello all’estremo nord del Piemonte, in Valle Anzasca, inse<strong>di</strong>andosi a Vanzonecon San Carlo 6 , dove apre un negozio <strong>di</strong> drapperie. Si sposa con Caterina Gorinie dalla loro unione nascono quattro figlie ed un figlio. Quest’ultimo, Bartolomeo,porterà avanti il lavoro del padre aprendo anche una succursale nel vicino paese<strong>di</strong> Macugnaga; a sua volta, nel 1888, egli sposa Maria Gorini. Un anno dopo, allenove <strong>di</strong> sera del 3 novembre 1889, nasce Giuseppe, o meglio: Carlo, Giuseppe,Gabriele, Maria 7 . Nel 1891, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> appena due anni dalla nascita del primogenito,viene alla luce Gabriele e nell’autunno del 1892, quando Maria si trovanuovamente in gravidanza avanzata (avrà, in tutto, <strong>di</strong>eci pargoli), Giuseppe,all’età <strong>di</strong> tre anni, viene “adottato” dai nonni paterni 8 che abitano nella frazione<strong>di</strong> Roletto (Fig. 1). In un luogo tanto caratteristico (Roletto è una graziosa frazione<strong>di</strong> Vanzone, Comune situato a metà Valle Anzasca, quasi ai pie<strong>di</strong> dell’imponenteparete Est del Monte Rosa) il piccolo acquisisce quei valori propri <strong>di</strong> un’educazioneimprontata sulla religiosità profonda e sull’attaccamento verso la propriaterra e le locali tra<strong>di</strong>zioni, nonché fa suo quello spirito <strong>di</strong> sacrificio – tantocomune alle popolazioni <strong>di</strong> montagna – che saprà mettere a frutto in futuro nell’incessantee arduo lavoro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e ricomposizione dei papiri.3. Il periodo scolastico e l’appren<strong>di</strong>mento sotto il MaestroErnesto SchiaparelliNell’ottobre del 1899 9 , presso l’Istituto Salesiano <strong>di</strong> “San Lorenzo” <strong>di</strong> Nova-5Tra i tanti documenti raccolti, mi ha particolarmente incuriosito quello trovato nella parrocchia <strong>di</strong> Romezzano,nel Liber Chronicus, una sorta <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>ce al registro parrocchiale. In quelle pagine si narra<strong>di</strong> un miracolo della Madonna del Voto, il cui beneficiario fu Bartolomeo Botti, padre del Giuseppeche emigrò in Piemonte. A tale proposito si veda CAVATORTA 1995.6BOTTI 1954.7Dall’atto <strong>di</strong> Battesimo emesso dalla parrocchia <strong>di</strong> Vanzone (ASPRD).8BOTTI 1954.9Questa data, ricavata da alcune missive scritte dal Direttore dell’Istituto al padre <strong>di</strong> Giuseppe (ACP),non credo in<strong>di</strong>chi l’anno dell’inizio dei suoi stu<strong>di</strong>, che dovrebbe risalire al 1897. Non mi è stato possibileottenere un riscontro presso l’istituto novarese (ancora oggi operativo), perché esso non possiede


6 ― M. Botti, Dai papiri al webra, Giuseppe risulta iscritto alle Scuole Elementari come convittore (Fig. 2). Inseguito, egli frequenta il Ginnasio inferiore “Cesare Balbo” a Torino e poi il Collegio“Mellerio-Rosmini” <strong>di</strong> Domodossola, per il Ginnasio superiore, dal 1906 al1909 10 (Fig. 3). Iscrittosi all’Università <strong>di</strong> Torino nella facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia,il 17 <strong>di</strong>cembre del 1913 ottiene la laurea a pieni voti e l’anno successivo ilDiploma <strong>di</strong> Magistero nella sezione <strong>di</strong> Filologia Classica 11 . Ancor prima <strong>di</strong> laurearsi,prende a cuore lo stu<strong>di</strong>o del <strong>di</strong>aletto <strong>di</strong> Vanzone, <strong>di</strong>venendo apprezzatocollaboratore, sotto la guida del linguista Carlo Salvioni, dell’Opera del Vocabolariodei <strong>di</strong>aletti della Svizzera italiana 12 (Figg. 4-6).Inizia quasi subito ad insegnare materie letterarie in alcuni Licei piemontesi(entrerà <strong>di</strong> ruolo nel 1920 13 ), affiancando l’attività <strong>di</strong> docente allo stu<strong>di</strong>o del cristianesimodelle origini. Dal 1914, i suoi contributi vengono pubblicati su rivistescientifiche specializzate nel settore 14 . Parallelamente, abitando in una camerasita nei pressi del Museo Egizio <strong>di</strong> Torino – che in quel periodo conosce un autenticorinnovamento per le scoperte archeologiche <strong>di</strong> Ernesto Schiaparelli – , siinnamora della Civiltà <strong>degli</strong> antichi Egizi. E’ proprio in quegli anni, infatti, cheegli comincia a frequentare il Museo torinese e ad approssimarsi, tramite gli insegnamentidello Schiaparelli 15 , a quella scienza tanto ostica quanto affascinanteche è l’Egittologia. Sotto la sua guida, si occupa dell’or<strong>di</strong>namento dei papiri torinesiappartenenti alla “Collezione Drovetti” e pubblica i suoi primi contributi 16un archivio storico.10Dalle pagelle <strong>di</strong> Giuseppe emerge anche che egli fu esonerato dagli esami ginnasiali (la legislazione <strong>di</strong>quegli anni lo prevedeva) per aver ottenuto una me<strong>di</strong>a superiore agli 8/10 in tutte le materie (ASPRD).11CGB in CSB.12Missiva <strong>di</strong> Carlo Salvioni, da Milano, datata 1919 (ASPRD). Nella lettera, il Salvioni afferma cheGiuseppe è apprezzato collaboratore del Vocabolario dal 1911. Come confermatomi dal Prof. FrancoLurà, Direttore del Centro Dialettologico <strong>di</strong> Bellinzona, le numerose schede redatte da Giuseppe (sono<strong>di</strong>verse centinaia), ancora oggi vengono prese a riferimento dai redattori del Vocabolario (ACED). Siveda anche GYSLING 1929, 87-190.13Insegnerà nei licei <strong>di</strong> Aosta, Asti, Vercelli e Torino (CGB in CSB).14“Bollettino <strong>di</strong> Filologia classica”, “Didaskaleion”, “Historia”, “Il Mondo classico”.15Da alcuni taccuini <strong>di</strong> appunti, possiamo presumere che tra il 1915 ed 1916 risalgono le prime lezioniprese dal Maestro Schiaparelli (CSB).16Per l’elenco delle sue prime pubblicazioni, rimando a BOSTICCO 1967 oppure a M. BOTTI 2010b.


Papyrotheke 1 (2010) ― 7tramite i Ren<strong>di</strong>conti dell’Accademia Nazionale dei Lincei 17 . Le promesse dell’illustrebiellese, gli danno da intendere che lo avrebbe presto nominato suo assistenteall’Università 18 , per prepararlo come successore alla <strong>di</strong>rezione del MuseoEgizio: le cose purtroppo non andranno così. Nel 1928, con la morte del Maestro,viene incaricato dal Ministero, alla guida del museo torinese, Giulio Farina, chesi <strong>di</strong>mostra subito avverso alla presenza del Botti, avendo una formazione edun’ideologia completamente opposte alle sue 19 . Nello stesso anno, ad attenuare losconforto per la per<strong>di</strong>ta del mentore, si presenta la pubblicazione del prestigioso<strong>volume</strong> Il Giornale della necropoli <strong>di</strong> Tebe, scritto in collaborazione con un allievodel Gar<strong>di</strong>ner, Tomas Eric Peet 20 . L’opera, come ci fa sapere il Prof. SilvioCurto 21 , riguarda “(…) i papiri <strong>di</strong> Deir el-Me<strong>di</strong>na, che, tradotti da Giuseppe Bottied Eric Peet, hanno fatto conoscere il giornale <strong>di</strong> contabilità dell’organizzazioneoperaia <strong>di</strong> Stato, residente nella città, illuminando un campo già ignoto, ossiaquello dell’organizzazione del trattamento economico dei lavoratori, inoltre apportandonotizie <strong>di</strong> grande interesse circa la loro vita giornaliera e i primi saccheggidelle tombe reali”.Attraverso l’importante <strong>volume</strong>, la fama del giovane egittologo valica i confininazionali e comincia ad attirare l’attenzione delle maggiori Scuole Orientalieuropee 22 .4. L’esonero dall’insegnamento e la nuova vita fiorentinaPer ottenere sviluppi concreti inerenti le sue prospettive <strong>di</strong> ricercatore, deve17In questi anni aveva anche intrapreso la ricomposizione dei frammenti <strong>di</strong> uno dei più famosi papiriconservati nel museo torinese: il “Papiro Regio” o “Canone Reale”, che presenta la lista dei faraonisino alla XVII Dinastia (CGB in CSB). L’inimicizia del Farina, però, gli precluse la continuazione dellavoro. Solo nel dopoguerra, con la nomina <strong>di</strong> Ernesto Scamuzzi a nuovo Direttore del museo, Giuseppepoté collaborare con il Černý (si occupò del “riesame” dei frammenti, mentre l’egittologo cecoslovaccoredasse la trascrizione del testo in geroglifico) alla pubblicazione <strong>di</strong> GARDINER 1959.18GADDO 1988, 42-7.19DONADONI 1971, 125-43; ROCCATI 2008, 282-3.20BOTTI/PEET 1928.21CURTO 1990, 188.22GRIFFITH 1928, 206-7; ČERNÝ 1928, 58-61; DAWSON 1928, 979-85; SPIEGELBERG 1930, 550-1.


8 ― M. Botti, Dai papiri al webattendere sino al 1932, anno in cui verrà esonerato dall’insegnamento per esserecomandato presso la Sezione Egizia del Museo Archeologico <strong>di</strong> Firenze, al fine<strong>di</strong> rior<strong>di</strong>narne la collezione e soprattutto per stu<strong>di</strong>are i papiri ieratici e demoticiscoperti presso l’oasi del Fayyum da Carlo Anti 23 , Direttore della Missione ArcheologicaItaliana in Egitto (Fig. 7). Nel sito <strong>di</strong> Tebtynis, infatti, il 10 marzo1931 24 , il Prof. Anti porta alla luce una grande quantità <strong>di</strong> materiale papiraceo,conservato in due ripostigli sotterranei delle abitazioni addossate internamente allato Est del grande muro <strong>di</strong> cinta del santuario <strong>di</strong> Souchos/Soknebtynis 25 , che verràriposto in quattro valigie metalliche e affidate al papirologo Girolamo Vitelli 26 .Quest’ultimo le consegna a Giuseppe, nel luglio del 1933 27 (Figg. 8-9).Negli anni accademici ’32-33, ’33-34 e anche nel 1939, sempre su esonero delMinistero e grazie ad un contributo <strong>di</strong> 3.000 Lire stanziato dalla Fondazione Volta28 , prende parte ai corsi <strong>di</strong> demotico tenuti da František Lexa all’Università CarloIV <strong>di</strong> Praga e <strong>di</strong> neoegiziano sotto la guida dell’apprezzato ieratista JaroslavČerný 29 . Nell’incantevole capitale ceca, infatti, Giuseppe riesce non solo a completareil suo bagaglio culturale relativo all’acquisizione <strong>degli</strong> strumenti idoneialla traduzione <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>fferenti scritture dell’antico Egitto (geroglifico, ieratico,demotico e copto), bensì a coltivare la sua più grande amicizia, nata anni ad<strong>di</strong>etrotra le pareti del museo torinese, proprio con il Černý (Figg. 10-12).23Lo stesso Anti scrisse una significativa lettera al Ministro dell’Educazione Nazionale, spe<strong>di</strong>ta da Padovail 4 agosto 1932, nella quale chiedeva <strong>di</strong> esonerare Giuseppe dall’insegnamento e <strong>di</strong> comandarlopresso la Sezione egiziana del museo fiorentino, perché “senza l’opera del Botti si corre il rischio <strong>di</strong>non poter nemmeno iniziare il lavoro e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> perdere il prezioso complesso <strong>di</strong> papiri” (ASMAF).24BOTTI 1936. Si veda anche GALLAZZI 1992 e ANDORLINI 2004.25Il nostro egittologo pubblicò, per gli Analecta Aegyptiaca dell’E<strong>di</strong>tore Munksgaard dell’Università <strong>di</strong>Copenhagen, un importante stu<strong>di</strong>o su un papiro riguardante questo specifico argomento, ancora oggiconsiderato un classico della letteratura accademica sul Fayyum (BOTTI 1959).26In ragione <strong>degli</strong> accor<strong>di</strong> presi tra Anti e Vitelli: il primo, a capo della Missione Archeologica italiana,mentre il secondo, dell’Istituto <strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong> <strong>di</strong> Firenze.27BOTTI 1951, 192.28Verbale della seduta del 9 marzo 1934, Consiglio della Fondazione Volta: “Su proposta <strong>di</strong> S. E. Paribeni,al Dott. Giuseppe Botti, già noto per importanti stu<strong>di</strong> su papiri egizi, al fine <strong>di</strong> procedere a stu<strong>di</strong>sul demotico a Praga, £. 3.000” (ASAL).29Relazione <strong>di</strong> Giuseppe spe<strong>di</strong>ta da Firenze al Presidente della Reale Accademia d’Italia, datata 2 ottobre1934 (ASAL).


Papyrotheke 1 (2010) ― 9Al suo ritorno in patria, presso il museo fiorentino si pro<strong>di</strong>ga in un’impresa alquantoardua 30 , per catalogare e or<strong>di</strong>nare l’enorme collezione posseduta dalla SezioneEgizia 31 . Nel 1939, all’uscita del brevissimo ma significativo stu<strong>di</strong>o su Ilpapiro demotico n° 1120 del Museo Civico <strong>di</strong> Pavia 32 , egli viene definito, a tuttigli effetti, come il “primo demotista” nella storia dell’Egittologia italiana 33 : unprimato reso ancor più significativo dal fatto che, stanti le intrinseche <strong>di</strong>fficoltàinterpretative della scrittura demotica, ai suoi tempi tale settore <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o contavanon più <strong>di</strong> 5-6 specialisti al mondo.Nel 1941, con la pubblicazione del <strong>volume</strong> Testi demotici, riguardante i testidemotici (papiri e ostraka) conservati presso i Musei <strong>di</strong> Firenze, Napoli e Bologna(Fig. 13), la sua fama si rinsalda oltre i confini nazionali 34 , facendosi giustamenteapprezzare anche all’estero per la specializzazione in questo <strong>di</strong>fficilissimocampo 35 .30Lo si può intuire dal contributo <strong>di</strong> DEL FRANCIA 2001, 9 nn. 25-6, che segnala alcuni suoi errori.31Per l’importanza ed il numero dei reperti conservati, il Museo Egizio <strong>di</strong> Firenze è considerato secondo,in Italia, solo a quello <strong>di</strong> Torino.32BOTTI 1939b; in PERNIGOTTI 2000, 107, è definito “un eccellente articolo”. PERNIGOTTI 2008, 80, riferendosialla ristampa <strong>di</strong> questo articolo, scrive: “L’articolo del Botti è stato pubblicato senza alcuna mo<strong>di</strong>fica:solo le note presentano ora una numerazione <strong>di</strong>versa rispetto all’originale, perché una, ormai inutile,è stata soppressa e ho rinumerato quelle contenenti accanto al numero l’in<strong>di</strong>cazione bis che misembrava poco elegante; per il resto nulla è stato mutato: si tratta <strong>di</strong> un’opera, questa del Botti, che haben resistito, una tra le molte sue, al trascorrere del tempo e al progre<strong>di</strong>re, assai rapido del resto, <strong>degli</strong>stu<strong>di</strong> demotistici”. Ringrazio vivamente il Prof. Pernigotti per questa espressione <strong>di</strong> stima e considerazioneverso il mio avo e la sua produzione scientifica.33Si veda, a tale proposito, CORRADI 1941, 142-4. In verità, la Prof.ssa Edda Bresciani (BRESCIANI 1972)scrive: “Ricordo, come fatto singolare e isolato nel mondo egittologico italiano del tempo, che F. Rossi,professore <strong>di</strong> Egittologia a Torino tra il 1866 e il 1909, de<strong>di</strong>cò un suo stu<strong>di</strong>o al testo del racconto <strong>di</strong>Setne”. Alla nota n° 2, la Bresciani specifica: “Il romanzo <strong>di</strong> Setna, trascritto dal testo demotico in geroglifico.La novella della vergine Eudomia, sorella dell’imperatore Costantino, un testo copto-tebano(manoscritto litografato) s.l.186.” Quin<strong>di</strong> già Francesco Rossi aveva avuto un primo approccio con ildemotico; malgrado ciò, non mi risulta che l’illustre professore avesse approfon<strong>di</strong>to i suoi stu<strong>di</strong> in tale<strong>di</strong>rezione. Anche se la sua produzione scientifica fu estremamente poliedrica e la sua opera <strong>di</strong> Maestromai abbastanza apprezzata, il Rossi non fu considerato “demotista”, perché, come abbiamo appena visto,l’interesse dell’egittologo verso i testi demotici fu soltanto superficiale, senza una produzionecontinuativa e approfon<strong>di</strong>ta quale può essere considerata quella del nostro Giuseppe o, ad esempio,quella della stessa insigne egittologa Edda Bresciani.34CALDERINI 1941, 171; VERGOTE 1942, 161-2.35Nel necrologio stilato da B. van de Walle, l’egittologo belga scriverà <strong>di</strong> Giuseppe: “(…) a eu le raremérite de consacrer son principal effort à l’étude du démotique, s’acquérant dans ce domaine une maîtriseuniversellement reconnue” (VAN DE WALLE 1969, 298-9).


10 ― M. Botti, Dai papiri al webNel 1942, presso l’Università <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, ottiene la libera docenzain Egittologia 36 , che gli consente <strong>di</strong> tenere i suoi primi corsi universitari neglianni accademici 1942-43 37 e 1951-52 38 .L’attività <strong>di</strong> pubblicazione, soprattutto per ciò che concerne la traduzione e lostu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> testi e pezzi ine<strong>di</strong>ti, prosegue su riviste specializzate italiane ed estere, esu importanti miscellanee <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> 39 . Verso la metà <strong>degli</strong> anni ’40, inizia la collaborazionecon il demotista Aksel Volten 40 , dell’Università <strong>di</strong> Copenhagen, in ragionedel fatto che alcuni frammenti <strong>di</strong> papiri provenienti da Tebtynis furono riconosciuticongeneri 41 dei frammenti appartenenti all’Università danese. Dopo leripetute visite del Volten a Firenze, è la volta delle “missioni” 42 <strong>di</strong> Giuseppe aCopenhagen, per giovarsi dei reciproci risultati soprattutto inerenti lo stu<strong>di</strong>o, tantoatteso dalla comunità scientifica internazionale, dei papiri riguardanti una nuovae<strong>di</strong>zione del “Romanzo del Faraone Petubastis” 43 , rimasto purtroppo ine<strong>di</strong>toper la morte del danese, avvenuta nel 1963.5. Il primo concorso italiano per una Cattedra <strong>di</strong> ruolo <strong>di</strong> EgittologiaNel <strong>di</strong>cembre del 1955, Giuseppe vince il primo concorso italiano indetto dal36Gli verrà confermata nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, come risulta dall’estratto del “verbale del Consiglio<strong>di</strong> Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia, adunanza del 21 <strong>di</strong>cembre 1950” (ASUFP).37“Programma del Dott. Giuseppe Botti per il <strong>Corso</strong> libero <strong>di</strong> Egittologia nell’anno accademico 1942-43” allegato alla richiesta in<strong>di</strong>rizzata al Magnifico Rettore dell’Università <strong>di</strong> Firenze, datata29.09.1942 (ASUFP).38“Programma del <strong>Corso</strong> libero <strong>di</strong> Egittologia”, anno accademico 1951-52, 30 maggio 1951 (ASUFP).39Per un elenco delle riviste e delle miscellanee <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> su cui furono pubblicati i suoi contributi, siveda M. BOTTI 2008a, 203 nn. 35-6, oppure la bibliografia completa in M. BOTTI 2010c, 247-54.40Dalla collaborazione con il Volten vide la luce lo stu<strong>di</strong>o Florentiner Fragmente zum Texte des Pap.Insinger (BOTTI/VOLTEN 1960, 29-42).41DONADONI 1968, 379-82.42Come testimonia la richiesta <strong>di</strong> A. Minto (Direttore del Museo Archeologico <strong>di</strong> Firenze) al Ministerodella Pubblica Istruzione, datata 22 novembre 1949. Alla missiva venne allegata la relazione <strong>di</strong> Giuseppe,al fine <strong>di</strong> essere inviato a Copenhagen, per integrare lo stu<strong>di</strong>o dei frammenti demotici italianicon quelli danesi, assieme al collega Volten (ASMAF).43La Prof.ssa Edda Bresciani, che è stata allieva del Volten e ricevette da quest’ultimo le schede delletraduzioni e trascrizioni dei frammenti <strong>di</strong> Firenze e Copenhagen, riporta i tratti salienti dell’opera inBRESCIANI 2007, 945-50 (pubblicati anche in BRESCIANI 1990, 103-7).


Papyrotheke 1 (2010) ― 11Ministero della Pubblica Istruzione per una Cattedra <strong>di</strong> ruolo <strong>di</strong> Egittologia pressol’Università <strong>di</strong> Milano 44 . Tuttavia, all’inizio del 1956, è chiamato ad occuparela Cattedra appena costituita presso l’Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma 45 .Nel 1960 la prestigiosa Casa E<strong>di</strong>trice “Treccani” gli commissiona 46 , per l’Enciclope<strong>di</strong>adell’arte antica classica e orientale, la voce Egittologia.Il 1° novembre del 1965, per raggiunti limiti d’età, viene collocato “a riposo”(Fig. 14): termina così la sua breve, ma significativa, carriera <strong>di</strong> docente universitario47 . Ed è un periodo assai triste 48 per il nostro stu<strong>di</strong>oso, che aveva trovato, nell’insegnamentoufficiale della sede romana, una speranza per la formazione delle“nuove leve” 49 in campo egittologico.44Estratto dal “Bollettino Ufficiale” del Ministero della Pubblica Istruzione, parte II, del 22 marzo 1956,n° 12: Relazione della Commissione giu<strong>di</strong>catrice del concorso per professore straor<strong>di</strong>nario alla cattedra<strong>di</strong> egittologia dell’Università <strong>di</strong> Milano. Nel concorso, al secondo posto arrivò nientemeno che ilProf. Sergio Donadoni, il quale fu suo successore nella Cattedra <strong>di</strong> Egittologia che venne poi istituitapresso l’Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma.45Nel febbraio del 1956 salì in cattedra in qualità <strong>di</strong> “docente straor<strong>di</strong>nario”; nel febbraio del 1959, passatoil consueto triennio solare <strong>di</strong> insegnamento, dopo apposito esame della commissione ministeriale,venne nominato “docente or<strong>di</strong>nario” e dal 1° novembre del 1960, collocato “fuori ruolo”: in tale vesteinsegnò nei corsi accademici dal 1960 al 1965, presso la “Scuola <strong>di</strong> Perfezionamento <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Orientali”dell’Università “La Sapienza”, che avranno come oggetto “La religione del Fayyum” e “La necropoli<strong>di</strong> Tebe”. Nel novembre del 1965, per raggiunti limiti d’età, venne collocato “a riposo” (ASPRDe CSB). Per la lettura dei documenti riguardanti la nascita, le sorti iniziali della Cattedra <strong>di</strong> Egittologiaall’Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma e l’operato <strong>di</strong> Giuseppe in tale contesto, rimando a M. BOTTI2010b e M. BOTTI 2010c.46La richiesta gli pervenne da parte del curatore, l’archeologo Ranuccio Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli, con missivadel 6 marzo 1958 (CSB).47Il Ministro della Pubblica Istruzione Luigi Gui (Governo Moro II), in occasione del suo collocamentoa riposo per raggiunti limiti <strong>di</strong> età, gli inviò una bellissima lettera, datata 17 maggio 1965, al fine <strong>di</strong>complimentarsi per la “Sua illuminata opera <strong>di</strong> Scienziato e <strong>di</strong> Maestro” (ASPRD).48CURTO 1967a, 251.49Oltre ad esser stato docente, presso l’Università, dei maggiori egittologi che oggi costituiscono l’apicedel sapere nelle <strong>di</strong>scipline afferenti all’Egittologia e all’Orientalistica (ad es. il Prof. Alessandro Roccati,il Prof. Mario Liverani, il Prof. Paolo Matthiae, la Prof.ssa Luisa Bongrani Fanfoni, la Dott.ssaAnna Maria Donadoni Roveri, ecc.), Giuseppe fu apprezzato Maestro in via “informale” <strong>di</strong> molti altriillustri egittologi e stu<strong>di</strong>osi (il Prof. Silvio Curto e il Prof. Sergio Bosticco furono suoi affezionati <strong>di</strong>scepoli,ma anche la Prof.ssa Clau<strong>di</strong>a Dolzani, l’Ing. Celeste Ambrogio Rinal<strong>di</strong>, il Dott. Vita GiuseppeMaragiolio, il Dott. Guglielmo Maetzke, ecc.).


12 ― M. Botti, Dai papiri al web6. Il suo lavoro al Museo Archeologico <strong>di</strong> ParmaNel dopoguerra, è invitato a curare il rior<strong>di</strong>namento, nonché la pubblicazionedei relativi cataloghi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse collezioni egizie conservate nei musei <strong>di</strong> Cortona(dell’Accademia Etrusca) 50 , del Gregoriano Egizio del Vaticano 51 e <strong>di</strong> Parma (delMuseo Archeologico). A <strong>di</strong>re il vero, l’interesse del nostro egittologo verso lacollezione egizia parmense venne <strong>di</strong>mostrato già nel corso <strong>degli</strong> anni ’30, in particolarmodo per un piccolo, ma importante, papiro funerario, risalente al I secolod.C. e <strong>di</strong> provenienza tebana, che egli pubblicò con il titolo Il libro per entrarenel mondo sotterraneo e per raggiungere la sala della verità 52 . Il testo, moltocomplesso, in ieratico, riguarda la letteratura funeraria sviluppatasi fra il primosecolo avanti e il primo dopo Cristo, e riporta frasi augurali – già presenti su stelee sarcofagi del Me<strong>di</strong>o e Nuovo Regno – dei Testi delle Pirami<strong>di</strong> e del Libro deiMorti.All’inizio <strong>degli</strong> anni ’60, in vista del nuovo allestimento del Museo Archeologico<strong>di</strong> Parma 53 , Giuseppe viene chiamato a stu<strong>di</strong>are la collezione egizia 54 al fine<strong>di</strong> re<strong>di</strong>gerne un catalogo <strong>completo</strong> 55 . Tale opera, come mi è stato confermato dallaDott.ssa Roberta Conversi, curatrice della collezione, è ancora estremamenteattuale, tanto da essere tuttora il testo che la rappresenta.50BOTTI 1955.51Di questo museo pubblica l’intero catalogo inerente le sculture (BOTTI/ROMANELLI 1951).52BOTTI 1939a.53L’inaugurazione della Sezione Egizia avvenne nel 1965. Il nuovo allestimento del Museo venne curatodal Direttore dello stesso, Dott. Antonio Frova, e dall’architetto Leone Pancalli.54La collezione non è molto grande in quanto a numero <strong>di</strong> reperti, tuttavia annovera tra i suoi pezzi alcuniesemplari <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssimo pregio, come il sarcofago del sacerdote Shepsesptah, della XXVI Dinastia,che è stato recentemente restaurato (nel 2006) tramite un intervento “in <strong>di</strong>retta”, <strong>di</strong>retto dallaDott.ssa Elisa Fiore Marochetti, dove i visitatori del museo hanno potuto assistere ai lavori dei restau -ratori. La Dott.ssa Fiore Marochetti ha anche pubblicato un significativo contributo sullo stu<strong>di</strong>o delsarcofago dopo il restauro, gettando nuova luce sull’identificazione del sacerdote Shepsesptah (FIOREMAROCHETTI 2007). Nel settembre del 2009, grazie alla Fondazione Cariparma, la Sezione egizia è stataarricchita dalla prestigiosa collezione Magnarini, comprendente più <strong>di</strong> 400 scarabei-sigillo concessi incomodato d’uso.55BOTTI 1964a. Quasi in contemporanea esce anche il suo contributo Illustri <strong>di</strong>gnitari dell’antico Egittoospiti nel Museo <strong>di</strong> Antichità <strong>di</strong> Parma, nel quale tratta uno stu<strong>di</strong>o su alcuni reperti afferenti ad importantifunzionari egizi (BOTTI 1964b).


Papyrotheke 1 (2010) ― 13Un importante stu<strong>di</strong>o su un rilievo parietale presente nella collezione egiziaparmense, è pubblicato dal Botti nel 1963 56 , l’anno precedente l’uscita del catalogo,proprio per la singolarità della scoperta effettuata nel corso dello stu<strong>di</strong>o deicimeli. Si tratta <strong>di</strong> un rilievo parietale proveniente dalla tomba <strong>di</strong> un <strong>di</strong>gnitario, <strong>di</strong>cui non si conosceva il nome perché mancante nel testo, a causa della frattura cheha interrotto la completezza dei bei caratteri geroglifici eseguiti in rilievo. Tramiteun perspicace esame ed attraverso la comparazione con altri pezzi che riportavanotitoli simili a quelli del rilievo esaminato, Giuseppe in<strong>di</strong>vidua l’identità del<strong>di</strong>gnitario nel generalissimo ’Imn-m-int (Amenemone). Non solo, egli riesce anchea datare con precisione l’epoca in cui il generale visse e per quale faraone 57prestò la sua opera: informazioni, queste, sino ad allora soltanto ipotizzate (ed inmodo erroneo) da altri egittologi 58 .7. Gli ultimi anni <strong>di</strong> vitaNel febbraio del 1967, per le “insigni benemerenze <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>oso e <strong>di</strong> Maestro”59, gli viene conferita l’onorificenza <strong>di</strong> “Commendatore al Merito della RepubblicaItaliana”. Nello stesso anno, quando i suoi contributi superano ormai la settantina,esce L’Archivio demotico da Deir El-Me<strong>di</strong>neh, la sua opera più significativa,che inaugura le pubblicazioni del Catalogo (generale) del Museo Egizio <strong>di</strong>Torino, e<strong>di</strong>ta dalla Casa E<strong>di</strong>trice “Le Monnier” grazie all’ingente contributo <strong>di</strong>25.000.000 <strong>di</strong> vecchie Lire stanziato dal CNR 60 .56BOTTI 1963, 10-3.57Amenophis III (1405-1370 a.C.).58Tramite i contributi <strong>di</strong> WIEDEMANN 1884, RANKHE 1931 ed HELCK 1960, erano già state rese note le carichedel <strong>di</strong>gnitario, datando però la sua esistenza sotto i faraoni Haremheb e Thutmosis III. Nel rilievo<strong>di</strong> Parma, la raffigurazione del <strong>di</strong>gnitario nella veste <strong>di</strong> “porta ventaglio alla destra del Re” - caricaonorifica istituita dal faraone Amenophis III - offre a Giuseppe la chiave, appunto, per la corretta datazione.59Comunicazione del Magnifico Rettore dell’Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, datata 1° febbraio1967 (ASPRD).60ROCCATI 2006. Si vedano anche CURTO 1967b, 87-8; BRESCIANI 1969, 76; EL-AMIR 1969, 85-120;ZAUZICH 1969, 337-40. Dei medesimi papiri demotici, lo stesso Zauzich ne ha riproposto <strong>di</strong>verse revisioni,nei primi numeri <strong>di</strong> “Enchoria” (ZAUZICH 1971, 43-56; ZAUZICH 1972, 85-95; ZAUZICH 1973, 63-70).


14 ― M. Botti, Dai papiri al webLa sua ultima fatica, riguardante Il libro del respirare, viene pubblicata nel1968 dal “Journal of Egyptian Archaeology”, nel numero de<strong>di</strong>cato all’amico JaroslavČerný, dalla Egypt Exploration Society <strong>di</strong> Londra. Mentre, tra gli importantilavori ine<strong>di</strong>ti, è certamente da ricordare il <strong>volume</strong> Testi demotici II 61 , cheavrebbe dovuto avere per oggetto la traduzione e lo stu<strong>di</strong>o dei testi demotici presentinel Museo Gregoriano Egizio del Vaticano.Benché Giuseppe avesse donato l’intera sua esistenza allo stu<strong>di</strong>o della CiviltàEgizia, nella terra dei Faraoni non mise mai piede. Anzi, alla frequente domandache gli veniva posta su questa sua mancata <strong>di</strong>retta esperienza, egli replicava consarcasmo: “Perché, forse gli astronomi vanno sulle stelle?” 62 .Nel 1968, dopo alcuni mesi <strong>di</strong> declino – aveva già accusato nel corso dellaprimavera un affaticamento dovuto a scompensi car<strong>di</strong>aci – il 27 <strong>di</strong>cembre, pressol’Ospedale <strong>di</strong> Santa Maria Nuova a Firenze, Giuseppe 63 termina la sua esistenzaterrena 64 . Per testamento, la sua ricca biblioteca <strong>di</strong> oltre mille volumi e tutti i suoicarteggi e schedari, vengono donati al Museo Egizio <strong>di</strong> Torino 65 (Figg. 17-18).MARCOBOTTIPieve Vergonte (VB)botti.marco406@tiscali.it61Ne ho trovato <strong>di</strong>verse parti, costituite da appunti e trascrizioni, nei CSB. Si veda inoltre ALBAREDA1947, 170, e NORSA 1952, 232. Anche le tre missive raccolte negli ASMV, Busta Artisti e Formatori(14/09/55 – 16/10/55 – 31/10/55), dove Giuseppe autorizza i Musei Vaticani a dare al Prof. Parker notiziee foto circa il papiro ieratico 10574, che lui stesso non intende pubblicare, confermano che i lavori“in corso” vertevano esclusivamente sul materiale demotico presente in Vaticano.62PUGLIESE CARRATELLI 1986, 9.63C’è una particolarità da segnalare: il nostro Giuseppe fu soprannominato “Secondo”, per <strong>di</strong>stinguerlodal suo omonimo (1853-1903), fondatore del Museo Greco-Romano <strong>di</strong> Alessandria d’Egitto. Per ulterioriinformazioni inerenti gli scritti ed i lavori del Giuseppe Botti “Primo”, si veda CURTO 1994, 71-80.64Fu sepolto a Vanzone, nella tomba della famiglia Bozzo, parenti a lui molto devoti.65Il fondo librario è conservato presso la biblioteca del museo, mentre gli schedari ed i carteggi sonostati custo<strong>di</strong>ti in un deposito speciale della Soprintendenza (CSB) e, attualmente, in più riprese, stannoconfluendo presso l’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Torino.


Papyrotheke 1 (2010) ― 15Bibliografia 66Sigle <strong>degli</strong> archivi citatiACEDACPASALASMAFASMVASPRDASUFPCSBArchivio del Centro Etnografico e Dialettologico <strong>di</strong> Bellinzona (CH).Archivi <strong>di</strong> collezioni private.Archivio Storico dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Roma.Archivio Storico del Museo Archeologico <strong>di</strong> Firenze, Sezione Egizia.Archivio Storico dei Musei Vaticani.Archivio Storico dei Padri rosminiani <strong>di</strong> Domodossola.Archivio Storico dell’Università <strong>di</strong> Firenze, Personale docente.Carteggi e schedari “Botti”, custo<strong>di</strong>ti presso un deposito speciale dellaSoprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Egizio <strong>di</strong>Torino.A. M. ALBAREDA (1947), ed., The Books Published by the Vatican Library, 1885-1947, Citta delVaticano.I. ANDORLINI (2004), La collezione dei papiri demotici dell'Istituto Papirologico "GirolamoVitelli" a Firenze, in Res severa verum gau<strong>di</strong>um. Festschrift für Karl-Theodor Zauzichzum 65. Geburtstag am 8. Juni 2004, eds. F. HOFFMANN, H.J. THISSEN,Leuven/Paris/Sterling, 13-26.S. BOSTICCO (1967), Bibliografia <strong>degli</strong> scritti <strong>di</strong> Giuseppe Botti in Stu<strong>di</strong> in onore <strong>di</strong> GiuseppeBotti, OA 6, 3-7.G. BOTTI, T.E. PEET (1928), Il Giornale della necropoli <strong>di</strong> Tebe, Torino.G. BOTTI (1936), I papiri ieratici e demotici <strong>degli</strong> scavi italiani <strong>di</strong> Tebtynis. Comunicazionepreliminare, in Atti del IV Congresso Internazionale <strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong> (Milano, 28 aprile-2maggio 1935), Milano, 217-23 (rist. 1976).G. Botti (1939a), Il libro per entrare nel mondo sotterraneo e per arrivare nella sala dellaVerità. Da un papiro ieratico funerario del Museo <strong>di</strong> Antichità <strong>di</strong> Parma, “Atti dellaSocietà ‘Colombaria’ Fiorentina” 20 (1938-9), 1-12.G. BOTTI (1939b), Il papiro demotico n° 1120 del Museo Civico <strong>di</strong> Pavia, in “Bollettino storicopavese”, II/2, 1-22; ristampato senza tavole in REAC 10 (2008), 81-95, a cura <strong>di</strong> S.PernigottiG. BOTTI (1941), Testi demotici, I, Firenze.G. BOTTI (1951), Il carro del sogno (Per un grato ricordo personale), “Aegyptus” 31, 192-8.66Si in<strong>di</strong>cano qui le sigle utilizzate per particolari opuscoli oppure per riviste non abbreviate dall’AnnéePhilologique: AAA = “Annals of Archaeology and Anthropology”, Liverpool; BIFAO = BIAO;SEAP = “Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Egittologia e <strong>di</strong> Antichità Puniche”, Bologna.


16 ― M. Botti, Dai papiri al webG. BOTTI (1954), Opuscolo per i 100 anni della casa <strong>di</strong> Roletto (ACP).G. BOTTI (1955), Le antichità egiziane del Museo dell’Accademia <strong>di</strong> Cortona or<strong>di</strong>nate edescritte, Firenze.G. BOTTI (1959), La glorificazione <strong>di</strong> Sobk e del Fayyum in un papiro ieratico da Tebtynis,Copenhagen.G. BOTTI (1963), Un nuovo rilievo parietale della tomba del <strong>di</strong>gnitario ’Imn-m-int nel Museo <strong>di</strong>Antichità in Parma, ZÄS 90, 10-13.G. BOTTI (1964a), I cimeli egiziani del Museo <strong>di</strong> Antichità <strong>di</strong> Parma, Firenze.G. BOTTI (1964b), Illustri <strong>di</strong>gnitari dell’antico Egitto ospiti del Museo <strong>di</strong> Antichità <strong>di</strong> Parma,“Aurea Parma” 48/3, 223-9.G. BOTTI (1967), L’archivio demotico da Deir El-Me<strong>di</strong>neh (Catalogo del Museo Egizio <strong>di</strong>Torino. Ser. I: Monumenti e testi, I), Firenze.G. BOTTI, P. ROMANELLI (1951), Le sculture del Museo Gregoriano Egizio, Città del Vaticano.G. BOTTI, A. VOLTEN (1960), Florentiner Fragmente zum Texte des Pap. Insinger, AOrientHung25, 29-42.M. BOTTI (2005), La stele del ricordo, “Aegyptus” 85, 9-12.M. BOTTI (2008a), Dal Monte Rosa alla terra dei Faraoni. L’avventura umana e culturale <strong>di</strong>Giuseppe Botti, Maestro dell’Egittologia italiana, in Almanacco Storico Ossolano 2009,Domodossola, 179-205.M. BOTTI (2008b), Giuseppe Botti, il primo demotista italiano, in Ernesto Schiaparelli e latomba <strong>di</strong> Kha, ed. B. MOISO, Torino, 279-80.M. BOTTI (2009a), Dalle Alpi alle Pirami<strong>di</strong>. Nel 120° anniversario della nascita <strong>di</strong> GiuseppeBotti, “Il Rosa. Giornale <strong>di</strong> Macugnaga e della Valle Anzasca” 48.2, 4.M. BOTTI (2009b), Un egittologo dalle Alpi alle Pirami<strong>di</strong>. La straor<strong>di</strong>naria avventura culturale<strong>di</strong> Giuseppe Botti <strong>di</strong> Vanzone, pioniere negli stu<strong>di</strong> della scrittura demotica <strong>degli</strong> antichiegizi, “Le Rive” 19 (luglio-agosto 2009), Gravellona Toce, 8-13.M. BOTTI (2010a), Giuseppe Botti, una vita per i papiri dell’antico Egitto, “Sito web del <strong>Corso</strong><strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong> <strong>di</strong> Parma”, .M. BOTTI (2010b), Dal Monte Rosa alla Terra dei Faraoni. Giuseppe Botti, una vita per i papiridell’antico Egitto (“Papyrotheke” 2), Parma, .M. BOTTI (2010c), Dal Monte Rosa alla Terra dei Faraoni. Giuseppe Botti, una vita per i papiridell’antico Egitto, Trento (in corso <strong>di</strong> stampa).M. BOTTI (2010d) Giuseppe Botti, un Maestro dell’Egittologia italiana <strong>di</strong> origini bedoniesi,“Aurea Parma” (in corso <strong>di</strong> stampa).E. BRESCIANI (1969), recensione a BOTTI 1967, OA 8, 76.E. BRESCIANI (1972), I testi letterari demotici, in Textes et langages de l’Égypte pharaonique.


Papyrotheke 1 (2010) ― 17Cent cinquante années de recherches (1822-1972). Hommage à Jean-FrançoisChampollion, Le Caire, III, 83-91.E. BRESCIANI (1990), La corazza <strong>di</strong> Inaro era fatta con la pelle del grifone del Mar Rosso, EVO13, 103-7.E. BRESCIANI (2007), Letteratura e poesia dell’antico Egitto, Torino.A. CALDERINI (1941), recensione a BOTTI 1941, “Aegyptus” 21, 171.G. CAVATORTA (1995), 25° anniversario del Decreto Vescovile <strong>di</strong> erezione della Chiesa <strong>di</strong>Romezzano <strong>di</strong> Bedonia a Santuario Mariano, Bedonia (PR).J. ČERNÝ (1928), recensione a BOTTI/PEET 1928, AAA 15, 58-61.CGB = Curriculum Vitae del Professor Giuseppe Botti (CSB).G. CORRADI (1941), recensione a BOTTI 1936, “Il mondo classico” 11, 142-4.S. CURTO (1967a), Giuseppe Botti “secondo”, “Aegyptus” 47, 247-52.S. CURTO (1967b), recensione a BOTTI 1967, “Aegyptus” 47, 87-8.S. CURTO (1970), Giuseppe Botti “secondo”, ZÄS 96, v-viii.S. CURTO (1990), L’Egitto dal mito all’Egittologia, Milano.S. CURTO (1994), Giuseppe Botti “primo”, SEAP 13, 71-80.W. R. DAWSON (1928), recensione a BOTTI/PEET 1928, JAS 4, 979-85.P. R. DEL FRANCIA (2001), Le mummie del Museo Egizio <strong>di</strong> Firenze e i loro contenitori lignei.Indagine sulla formazione della raccolta e la sua consistenza, in Le mummie del MuseoEgizio <strong>di</strong> Firenze, ed. M.C. GUIDOTTI, Firenze, 6-9.S. DONADONI (1968), Necrologio, Giuseppe Botti, RSO 43, 379-382.S. DONADONI (1971), Egittologia, in Gli stu<strong>di</strong> sul Vicino Oriente in Italia dal 1921 al 1970, I(L’Oriente preislamico), Roma, 125-43.M. EL-AMIR (1969), Further Notes on the Demotic Papyri in the Turin Museum. Topographical,Sociological and Legal Stu<strong>di</strong>es, BIFAO 68, 85-120.E. FIORE MAROCHETTI (2007), Il sarcofago del sacerdote Shepsesptah conservato al MuseoArcheologico Nazionale <strong>di</strong> Parma, “Quaderni della Soprintendenza Archeologica delPiemonte” 22, 61-71.G. GADDO (1988), L’egittologo Giuseppe Botti <strong>di</strong> Vanzone Ossola, in Bollettino <strong>degli</strong> ex allievi edei Collegi Rosminiani <strong>di</strong> Domodossola (“Charitas” 12 Suppl.), 42-7.C. GALLAZZI (1992), Carlo Anti e Tebtynis: il lavoro svolto e le prospettive aperte, in Carlo Anti.Giornate <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o nel centenario della nascita (6-8 marzo 1990), Padova, 129-47.A. H. GARDINER (1959), The Royal Canon of Turin, Oxford (rist. 1997).F. L. GRIFFITH (1928), recensione a BOTTI/PEET 1928, JEA 14, 206-7.F. GYSLING (1929), Contributo alla conoscenza del <strong>di</strong>aletto della Valle Anzasca, “ArchivumRomanicum” 13, 87-190.


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Papyrotheke 1 (2010) ― 19Fig. 1: Un locale della caratteristica casa<strong>di</strong> Roletto (Vanzone), ove Giuseppe crebbecon i nonni paterni.Fig. 2: Giuseppe in una foto del 1906,studente a Novara.


20 ― M. Botti, Dai papiri al webFig. 3: Le pagelle <strong>di</strong> Giuseppe (per l’ottima me<strong>di</strong>a dei voti, superiore agli 8/10, venneesonerato dagli esami ginnasiali).


Papyrotheke 1 (2010) ― 21Fig. 4: Giuseppe con il nonno paterno, suo omonimo, in un’immagine <strong>degli</strong> anni ’10.Fig. 5: I fratelli e le sorelle Botti nel Natale del 1913 (Giuseppe è il terzo da sinistra).


22 ― M. Botti, Dai papiri al webFig. 6: Una bella immagine <strong>di</strong> Giuseppe agli inizi <strong>degli</strong> anni ‘10


Papyrotheke 1 (2010) ― 23Fig. 7: Missiva <strong>di</strong> Carlo Anti al Ministro dell’Educazione Nazionale, con la richiesta <strong>di</strong>comandare Giuseppe presso la Sezione Egizia del Museo Archeologico <strong>di</strong> Firenze.


24 ― M. Botti, Dai papiri al webFig. 8: Foto della “Valigia C”, contenente i frammenti dei papiri <strong>di</strong> Tebtynis, ricompostie stu<strong>di</strong>ati da G. Botti (l’immagine è stata fortunosamente “riscoperta” dallo scriventetra gli appunti sparsi ed i carteggi dello Schiaparelli e dello stesso Botti conservati inun arma<strong>di</strong>o presso il Museo Egizio <strong>di</strong> Firenze; è qui proposta grazie alla squisita cortesiadella Dott.ssa Maria Cristina Guidotti, Direttrice del Museo)Fig. 9: Foto della “Valigia A”, contenente i frammenti dei papiri <strong>di</strong> Tebtynis (immaginericavata dal sito web dell’Università <strong>di</strong> Berkeley e già pubblicata da BOTTI 1936)


Papyrotheke 1 (2010) ― 25Fig. 10: Giuseppe a Praga per stu<strong>di</strong>are il Demotico, 18.02.1934.


26 ― M. Botti, Dai papiri al webFig. 11: Giuseppe a Praga, 26.11.1933. Il primo da sinistra è il celebre ieratistaJaroslav Černý.Fig. 12: Uno dei numerosi taccuini <strong>di</strong> Giuseppe, utilizzati per i suoi esercizi negli stu<strong>di</strong>sul Demotico.


Papyrotheke 1 (2010) ― 27Fig. 13: Una tavola illustrativa e<strong>di</strong>ta inBOTTI 1941.Fig. 14: Missiva del Ministro della PubblicaIstruzione Luigi Gui a Giuseppe, inoccasione della sua collocazione a riposoper raggiunti limiti <strong>di</strong> età.Figg. 15-16: Un paio <strong>di</strong> tavole illustrative e<strong>di</strong>te in BOTTI 1958.


28 ― M. Botti, Dai papiri al webFigg. 17-18: La biblioteca “Giuseppe Botti”, presso la biblioteca del Museo Egizio <strong>di</strong>Torino, prima <strong>di</strong> essere trasferita nei nuovi locali della Biblioteca NazionaleUniversitaria.


MATERIALI e DISCUSSIONI


Papyrotheke 1 (2010) ― 31Lavori per un ualetu<strong>di</strong>nariumin T.Vindol. II 155Del contributo recato dai testi vergati ad inchiostro sulle sottili tavolette ligneerinvenute presso il forte romano <strong>di</strong> Vindolanda 1 , l’o<strong>di</strong>erna Chesterholm, non lontanodalla frontiera segnata dal Vallo <strong>di</strong> Adriano nella Britannia romana, si sonooccupati in anni recenti alcuni stu<strong>di</strong>osi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina antica 2 .L’interesse dei dati testuali è accresciuto dal fatto che, alle scarne ma preciseinformazioni sull’esistenza <strong>di</strong> operatori professionali <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina e veterinaria(T.Vindol. II 156; II 181; III 586), <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong> assistenza e ricovero (T.Vindol.II 155-156; III 632), nonché della presenza <strong>di</strong> ammalati (T.Vindol. II 154; II 294)e dell’uso <strong>di</strong> me<strong>di</strong>camenti (T.Vindol. II 591-592), si accompagna qualche datoarcheologico originale come il ritrovamento in situ <strong>di</strong> strumentazione <strong>di</strong> chirurgiaveterinaria (T.Vindol. II 310) 3 .A proposito del testo <strong>di</strong> T.Vindol. II 155 (Vindolanda Inventory No. 195,198= T.Vindol. I 1, Plate I, 1), un rapporto militare dei lavori assegnati ad uomini <strong>di</strong>servizio al forte databile al 90 d.C., e<strong>di</strong>tori e commentatori hanno sottolineato l’e-1In un ottimo website dell'Università <strong>di</strong> Oxford, fornito <strong>di</strong> un motore <strong>di</strong> ricerca interna, è <strong>di</strong>sponibilequasi tutto il materiale pubblicato e sono consultabili le immagini <strong>di</strong>gitali delle tavolette, oggi conservateal British Museum <strong>di</strong> Londra (si veda all'in<strong>di</strong>rizzo ).2NUTTON 2004, 179-81; CRUSE 2004, 89, 101, 170. Da ultimo HANSON 2010, 200. Sulle tavolette con dati<strong>di</strong> carattere ‘me<strong>di</strong>co’ è stata svolta nell’Università <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma la tesi <strong>di</strong> Laurea Triennale <strong>di</strong>A. Oppici, Me<strong>di</strong>ci, malattie e cure nelle tavolette <strong>di</strong> Vindolanda (a.a. 2007/8; cfr. .3T.Vindol. II 310: cfr. ADAMS 1990. Tracce archeologiche <strong>di</strong> un ualetu<strong>di</strong>narium nell’area del forte nonsono ben rintracciabili (per alcune ipotesi <strong>di</strong> collocazione <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici si possono consultare lericostruzioni proposte in ). A soli 3 km daVindolanda, nel forte <strong>di</strong> Housesteads (l’antica Vercovicium), che forse rimpiazzò quello <strong>di</strong> Vindolanda,sussisterebbero prove dell’esistenza <strong>di</strong> una struttura ospedaliera (cfr. WILMANNS 1995, 109).


32 ― I. Andorlini, Lavori per un ualetu<strong>di</strong>narium in T.Vindol. II 155,6sistenza a Vindolanda <strong>di</strong> un ualetu<strong>di</strong>narium 4 , una struttura interpretabile come unprimo luogo <strong>di</strong> cura organizzato e destinato ai legionari romani stanziati in zone<strong>di</strong> frontiera 5 .Questo il testo della tavoletta nella ricostruzione e traduzione <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>tori:Da questo frammentario ma prezioso documento ricaviamo l’informazioneche alcune maestranze del forte, assegnate a specifici lavori nelle officine (fabricae)<strong>di</strong> cui era dotata la sede <strong>di</strong> Vindolanda, erano impegnate, tra l’altro, nella co-4Cfr. BOWMAN/THOMAS 1994, 98-100, n. 155 [qui = ed.alt.]; nella nota a T.Vindol. 155, 6 osservano:“Perhaps a reference to the buil<strong>di</strong>ng of a hospital, cf. 156.2-3 (where hospitium = “residence”). Thepresence of such a facility at Vindolanda is clearly implied by 154.21-5”.5Cfr. WILMANNS 1995, 103-6; JACKSON 1988, 134-5. Resti importanti <strong>di</strong> valetu<strong>di</strong>naria della prima età imperialesono stati rinvenuti nella Germania settentrionale a Castra vetera (o<strong>di</strong>erna Xanten), a Novaesium(o<strong>di</strong>erna Neuss) e a Inchtuthil in Britannia (a nord del Vallo <strong>di</strong> Adriano): per un aggiornato prospettodei resti archeologici <strong>di</strong> ualetu<strong>di</strong>naria in Germania e in Britannia, cfr. CRUSE 2004, 93-105.


Papyrotheke 1 (2010) ― 33struzione <strong>di</strong> un ualetu<strong>di</strong>narium: il numero <strong>degli</strong> uomini assegnati all’impresa èperduto nella lacuna a destra della linea 6.La lettura proposta dagli e<strong>di</strong>tori alla linea 6 ([. .] . . a[ ] ualetu<strong>di</strong>nar[ ) è apparsada implementare sulla base <strong>di</strong> un “restauro virtuale” che ha portato ad unmigliore accostamento dei frammenti in cui risulta frantumata la tavoletta e cosìriprodotti nell'immagine <strong>di</strong>sponibile nel sito <strong>di</strong> Oxford.Dall’osservazione della tavola si può notare a) che i due pezzi maggiori checompongono la tavoletta (superiore e inferiore) non risultano, nel restauro, benallineati rispetto al margine sinistro, né perfettamente accostati; la probabile integrazionea]d ualetu<strong>di</strong>nar[ium intorno alla metà della l. 6 fa supporre che precedesseun vocabolo in<strong>di</strong>cante la categoria dei lavoratori impiegati, categoria che


34 ― I. Andorlini, Lavori per un ualetu<strong>di</strong>narium in T.Vindol. II 155,6per confronto con gli addetti all’e<strong>di</strong>ficazione delle terme (supra l. 3) è riconoscibilenegli structores; la lacuna a sinistra della lettera a, inoltre, appare più ampia<strong>di</strong> quella in<strong>di</strong>cata nell’e<strong>di</strong>zione; b) sul bordo superiore del pezzo sottostante (al <strong>di</strong>sopra <strong>di</strong> ad furnaces) rimangono chiare tracce <strong>di</strong> alcune lettere non trascritte daglie<strong>di</strong>tori le quali, se allineate sullo stesso rigo del termine ualetu<strong>di</strong>narium, permettono<strong>di</strong> leggere ed integrare la parola s[t]ructor[es] della quale rimangonotracce della testa <strong>di</strong> s, della coda <strong>di</strong> r dopo la lacuna <strong>di</strong> una lettera, e della sequenzauctor[; la traccia alta sul rigo dopo la frattura è imputabile al d <strong>di</strong> a]d.Avremmo in questo punto una definizione in tutto parallela a quella della linea3 che riguarda gli addetti all’e<strong>di</strong>ficazione delle terme del forte.L’espressione s[t]ructor[es a]d ualetu<strong>di</strong>nar[ium così riguadagnata a testo presupponela costruzione <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio con funzione <strong>di</strong> ospedale proprio nel forteromano, o nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze, una presenza già comunque intuibile daidati offerti da T.Vindol. II 154 (ll. 22-24), in cui sono registrate categorie <strong>di</strong> soldatiammalati, quali aegri, uolnerati e lippientes. Il vocabolo structores(“costruttori” o “muratori”, cfr. OLD s.v. 6 ) in<strong>di</strong>ca una professionalità generica6Gli structores potevano essere destinati a specifiche attività e<strong>di</strong>lizie, come attesta la qualificazione <strong>di</strong>structor(es) pa(v)eimentari che ricorre in una iscrizione <strong>di</strong> Bovillae in cui sono elencati per nome deiliberti specializzati nell’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> pavimenti (forse musivi?): cfr. AE 1979, n. 129 e DE ROSSI


Papyrotheke 1 (2010) ― 35per gli homines impiegati al forte nell’allestimento <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> una certaimportanza come le terme (T.Vindol. II 155, 3) e un hospitium (T.Vindol. II 156,2-3: missi ad hospiti[u]m cum Marco me<strong>di</strong>co / faciendum structores n(umero)xxx), termine che, nonostante la compartecipazione all’opera <strong>di</strong> un Marcusme<strong>di</strong>cus, doveva definire una struttura <strong>di</strong> ospitalità o <strong>di</strong> ricovero nonspecificamente concepita per l’assistenza me<strong>di</strong>ca.ISABELLAANDORLINIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ParmaDipartimento <strong>di</strong> Storiaisabella.andorlini@unipr.itBibliografiaJ.N. ADAMS (1990), The Forfex of the Veterinarius Virilis (Vindolanda Inv. No. 86/470) andAncient Methods of Castrating Horses, “Britannia” 21, 267-71.A.K. BOWMAN, J.D. THOMAS (1994), The Vindolanda writing tablets (Tabulae VindolandensesII), London (= T.Vindol. II).A. CRUSE (2004), Roman Me<strong>di</strong>cine, Stroud (Gloucestershire, UK).G.M. DE ROSSI (1979), Forma Italiae, Regio I, XV: Bovillae, Firenze.A.E. HANSON (2010), Doctors’ Literacy and Papyri of Me<strong>di</strong>cal Content, in Hippocrates andMe<strong>di</strong>cal Education. Selected Papers Presented at the XIIth International HippocratesColloquium (Universiteit Leiden, 24-26 August 2005), eds. M. HORSTMANSHOFF, C. VANTILBURG, Leiden/Boston (SAM 35).R. JACKSON (1988), Doctors and Diseases in the Roman Empire, London.V. NUTTON (2004), Ancient Me<strong>di</strong>cine, London.1979, 359-61.


36 ― I. Andorlini, Lavori per un ualetu<strong>di</strong>narium in T.Vindol. II 155,6J.C. WILMANNS (1995), Der Sanitäts<strong>di</strong>enst im Römischen Reich. Ein sozialgeschichte Stu<strong>di</strong>e zumromischen Militarsanitatswesen nebst einer Prosopographie des Sanitatspersonals,Hildesheim (“Me<strong>di</strong>zin der Antike” 2).


Papyrotheke 1 (2010) ― 37Dettagli sull’organizzazione <strong>degli</strong> antichi vigneti(nota a P.Tebt. III/1 815, fr. 6, col. iii) *La terza colonna <strong>di</strong> P.Tebt. III/1 815, fr. 6, risalente al terzultimo decennio delIII a.C. (Fig. 1), conserva parte <strong>di</strong> un contratto d’affitto <strong>di</strong> un appezzamento <strong>di</strong>terreno coltivato e a pascolo, e fornisce dettagli importanti sulla coltivazione dellavite 1 . Il papiro ci è pervenuto in <strong>di</strong>screto stato <strong>di</strong> conservazione, ma è scritto inuna corsiva tolemaica molto personale e approssimativa nella realizzazione dellesingole lettere, che rende la lettura <strong>di</strong>fficoltosa in vari punti. Ai rr. 58 e 60 è degna<strong>di</strong> nota la presenza <strong>di</strong> una parola altrove inattestata, che LSJ 9 1657 s.v. II registracome ϲτύμα senza offrirne una traduzione 2 ; e l’unica altra occorrenza deltermine, Hsch. 2062 H. s.v. ϲτυαγόν· τὸ ϲτύμα, παραγώγωϲ, non ne chiarisceil significato, essendo ϲτυαγόν un hapax 3 .53 τ . . . ει καὶ τὸ κτῆμα ἐπιϲκάψει καὶ παραδείξει καθαρὸν ἀπὸ θρύου [54 καὶ καλάμου καὶ πάϲηϲ βάτου δε[ . . . ] . . . . . . . . . . ν,55 ἕξει δὲ τῶν φυτῶν ἐνκάρπων (δρ.) μ, τοῦ δὲ νομοῦ (δρ.) κ,56 τῶν δὲ νεοφύτων (δρ.) ι, τοῦ δὲ ἀφόρου (δρ.) δ, ἀναϲτήϲει δὲ αὐτῶι57 τοὺϲ περιπάτουϲ καθ’ ἕκαϲτον θρύον καὶ κάλαμον καὶ βάτον,*Ringrazio la Prof.ssa I. Andorlini e il Prof. G. Burzacchini per i preziosi suggerimenti, e il Dr. T. Hickeyper aver permesso la riproduzione delle immagini.1Per le modalità <strong>di</strong> coltura della vite cfr. RICCI 1924, e per il lessico ANDORLINI 2007.2GI 2 1982 s.v. ipotizza (seppur dubbiosamente) che il lemma sia da ricondurre a ϲτόμα, rifacendosiprobabilmente a Theoc. 29,25-6 ἀλλὰ πὲρρ ἀπάλω ϲτύματόϲ ϲε πεδέρχομαι / ὀμνάϲθην, doveperò ϲτύμα è variante <strong>di</strong>alettale (integrata anche in Sapph. fr. 58,10 V. ]νι θῆται ϲτ[ύ]μα[τι]πρόκοψιν).3Cfr. anche MAYSER, Gram. I/3, 58.


38 ― A. Bernini, Dettagli sull’organizzazione <strong>degli</strong> antichi vigneti58 τὰ δὲ ϲτύματα παρέξει Νικάνωρ. ἐὰν δὲ μὴ παρέχηι ἀλλὰ καὶ59 ἄλλοϲ τινὰ αὐτῶι παρέχηϲ, ὑπολογήϲει εἰϲ τὸν φόρον οὗ ἂν τοὺϲ60 [ . . ] . [ . ] . . ϲ ϲχῆι τιμὴν ἑκάϲτου ϲτύματοϲ καθ’ ὃ ἂν ἀγοράϲηι,61 ὃ ὑπολογήϲει.59 παρέχηϲ : l. παρέχηι 60 ϲτύματοϲ : ϲ ex υ correctumLe letture ϲτύματα e ϲτύματοϲ dei rr. 58 e 60 non sono completamente sicure,infatti gli stessi e<strong>di</strong>tores principes notano come in questa grafia il μ sia realizzatoin maniera analoga al λ e al π 4 , e <strong>di</strong> conseguenza bisogna prendere in considerazionele letture che contemplano λ e π.r. 58: ϲτύματα r. 60: ϲτύματοϲLe letture ϲτύπατα e ϲτύπατοϲ implicano una derivazione da un tema collateraledel neutro ϲτύποϲ, “stem, stump, block” 5 ; ϲτύλατα e ϲτύλατοϲ, invece,rimandano a ϲτῦλοϲ, che oltre al senso generale <strong>di</strong> ‘palo’ riveste il significatospecifico <strong>di</strong> “wooden pole”, come in E. fr. 203,2 K. e Plb. I 22,4, e soprattutto inP.Cair.Zen. III 59353,6-12 (06.03.243 a.C.) κα|λῶϲ ποιήϲειϲ ἀξιώϲαϲτὸν | Ἕλενον ἀποδόϲθαι βé τε|τραπήχη εἰϲ ϲτύλουϲ καὶ βé γ καὶ πήχεων εἰϲ| διατόναιον, ὀρθὰ καὶ πά|χη ἔχοντα, dove in<strong>di</strong>ca (r. 9) i ‘pali <strong>di</strong> sostegno’ lateralidella tenda che vengono conficcati nel terreno 6 . In epoca più tarda dalla me-4P. 304, nota ad 58.5LSJ 9 1657 s.v.6LSJ 9 1657 s.v. ϲτῦλοϲ 3.


Papyrotheke 1 (2010) ― 39desima ra<strong>di</strong>ce si sviluppa un altro <strong>di</strong>minutivo neutro: ϲτυλάριον,che compare successivamente in P.Iand. II 11,8 (III-IV d.C.) ed in P.Wash.Univ. I59,6 (V d.C.).La presenza <strong>di</strong> ϲτῦλοϲ e del corra<strong>di</strong>cale neutro ϲτυλάριον, unitamente allaconstatazione della notevole somiglianza con il λ <strong>di</strong> ξύλον al r. 63, fa propendereper le letture ϲτύλατα e ϲτύλατοϲ. Considerando poi che l’ultima lettera delloϲτύματοϲ trascritto nell’ed.pr., incerta, assomiglia a un υ scritto in due tratti 7piuttosto che a un ϲ, al r. 60 è opportuno leggere ϲτυλάτου, che implica un nominativoϲτύλατον.Una breve riflessione sul significato <strong>di</strong> questo termine porta a ritenere che gliϲτύλατα siano i ‘paletti’ utilizzati nell’operazione <strong>di</strong> sostegno della pianta dellavite, un lavoro complesso e delicato per il quale vengono impiegati materiali <strong>di</strong>versi,come attestano vari documenti papiracei. Nei pressi delle vigne vi sonospesso coltivazioni <strong>di</strong> canne 8 , che vengono utilizzate come sostegno per le viti, e isupporti con tale funzione sono specificamente detti χάρακεϲ, veri e propri ‘pali’9 (Figg. 2-4). Che si tratti <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong> un certo valore (come qui scritto ai rr.60s., dove il prezzo per i ‘paletti’ verrà detratto dal canone spettante a Nicanore)è attestato da CPJ I 14,4-6 (07.03.241 a.C., olim PSI IV 393) τῆι νυκτὶ τῆι πρὸτῆϲ ιϛ ἀπόλωλε | ἐκ τοῦ ⟦ἐκ τοῦ⟧ Ζήνωνοϲ καὶ Ϲωϲτράτου ἀμπελῶνοϲ |χάρακοϲ καλαμίνου μυριάδεϲ τρεῖϲ 10 , dove si denuncia il furto <strong>di</strong> una certaquantità <strong>di</strong> sostegni <strong>di</strong> canna avvenuto nella vigna <strong>di</strong> Zenone e Sostrato 11 .È ipotizzabile che, essendo P.Tebt. III/1 815, fr. 6 un contratto <strong>di</strong> affitto, l’obbligo<strong>di</strong> procurare tali ϲτύλατα rientri fra i doveri dell’affittuario; tale ipotesi potrebbeessere confermata dall’accenno ai περίπατοι 12 del r. 57, verosimilmente i7Gli e<strong>di</strong>tores principes ritengono che il ϲ sia corretto su υ, tuttavia non vi sono evidenti segni <strong>di</strong> cancellatura.8Alle canne è legata l’operazione della καλαμουργία, la “<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> pali da vigneto” (GI 2 1043s.v.), che compare in vari papiri, fra cui P.Oxy. XLVII 3354,8 (ca. 28.10.257 d.C.); nel commento adloc. (p. 112) si parla del riutilizzo delle canne nella coltivazione della vite.9Cfr. RICCI 1924, 26-7.10CPJ I, p. 143 ad 14,6 “canes of reeds used by the vine-dressers in order to attach the vine-stocks”.11Cfr. RICCI 1924, 34.12Sul senso generale del vocabolo cfr. LOLOS 2003, 170, che tuttavia non riporta testimonianze papiracee.In epoca tolemaica περίπατοϲ ricorre, forse, solo in P.Petr. II 6r, 9 [πε]ριπατωι τῆϲ


40 ― A. Bernini, Dettagli sull’organizzazione <strong>degli</strong> antichi vignetisentieri lungo i quali correvano i filari delle piante, oppure i viottoli <strong>di</strong> accessoalla vigna, che devono essere tenuti puliti dall’affittuario 13 .Per quel che riguarda l’impiego corrente dell’oggetto, K.D. White <strong>di</strong>vide i sostegniper viti in due categorie: 1) “single props”, cioè adminiculum, palus, patibulum,pedamen, pedamentum, pertica, ri<strong>di</strong>ca, statumen e sudes; 2) “variouskinds of timber frames used for the same purpose”, ossia cantherius, compluvium,iugum e pergula 14 ; e più avanti nota come “statumen, like pedamentum,means either a single prop (Colum. 4. 2. 1, 16. 2, etc.), or a timber standard use<strong>di</strong>n the construction of a frame (iugum) (Colum. 4. 16. 4). It is also used of thereed props used to support the spiralling system known as vitis charachata(Colum. 5. 4. 1)” 15 .Sulla base delle considerazioni sin qui esposte si presenta il passo con le proposte<strong>di</strong> correzione e la relativa traduzione:53 τ . . . ει καὶ τὸ κτῆμα ἐπιϲκάψει καὶ παραδείξει καθαρὸν ἀπὸ θρύου [54 καὶ καλάμου καὶ πάϲηϲ βάτου δε[ . . . ] . . . . . . . . . . ν,55 ἕξει δὲ τῶν φυτῶν ἐνκάρπων (δρ.) μ, τοῦ δὲ νομοῦ (δρ.) κ,56 τῶν δὲ νεοφύτων (δρ.) ι, τοῦ δὲ ἀφόρου (δρ.) δ, ἀναϲτήϲει δὲ αὐτῶι57 τοὺϲ περιπάτουϲ καθ’ ἕκαϲτον θρύον καὶ κάλαμον καὶ βάτον,58 τὰ δὲ ϲτύλατα παρέξει Νικάνωρ. ἐὰν δὲ μὴ παρέχηι ἀλλὰ καὶ59 ἄλλοϲ τινὰ αὐτῶι παρέχηϲ, ὑπολογήϲει εἰϲ τὸν φόρον οὗ ἂν τοὺϲ60 [ . . ] . [ . ] . . ϲ ϲχῆι τιμὴν ἑκάϲτου ϲτυλάτου καθ’ ὃ ἂν ἀγοράϲηι,61 ὃ ὑπολογήϲει.Πατροκλέουϲ (28.12.256 a.C.; successivamente corretto in ]ριαγωγωι τῆι: P.Petr. III 42c (7) = BLI, 351; P.Lond. III 522); va anche ricordato che πάτοϲ può rivestire il senso <strong>di</strong> ‘campo coltivato’,‘coltura’, come in SB XX 15077,11 (45 d.C.), cfr. BASTIANINI/GALLAZZI 1990, 258 ad loc.13In<strong>di</strong>cazioni si possono trarre da papiri <strong>di</strong> contenuto analogo quali P.Oxy. XIV 1631, 1692, XLVII3354, PSI XIII 1338, P.Vind.Sal. 8.14WHITE 1975, 19.15Ibid., 22. Colum. V 4,1 mox quae defixis harun<strong>di</strong>nibus circumuinctae per statumina calamorum materiisligatis in orbiculos gyrosque flectentur – eas nonnulli characatas uocant e V 5,16 nonnullostamen in uineis characatis animaduerti.


Papyrotheke 1 (2010) ― 4159 παρέχηϲ : l. παρέχηι 60 ϲτυλάτου : ϲτύματοϲ ed.pr.‘… e <strong>di</strong>ssoderà l’appezzamento <strong>di</strong> terreno, e lo restituirà libero da giunchi,canne e ogni genere <strong>di</strong> rovi … avrà per le piante fruttifere 40 dracme, per il pascolo20 dracme, per le piante giovani 10 dracme, per l’improduttivo 4 dracme,gli [scil. ‘al proprietario’] ripristinerà i ‘sentieri della vigna’ giunco per giunco,canna per canna e rovo per rovo, e Nicanore procurerà i paletti. Qualora non liprocuri, ma un altro ne consegni a lui alcuni, detrarrà dal tributo <strong>di</strong> cui … abbia ilprezzo <strong>di</strong> ogni sostegno secondo quanto lo ha pagato, somma che porterà in detrazione.’ANDREABERNINIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ParmaDipartimento <strong>di</strong> Filologia Classica e Me<strong>di</strong>evaleandrea.bernini@nemo.unipr.itBibliografiaI. ANDORLINI (2007), Disposizioni agricole per Theon, in A.J.B. SIRKS, K.A. WORP (eds.), Papyriin Memory of P.J. Sijpesteijn, Oakville, 355-62 (= P.Sijp. 56).G. BASTIANINI, C. GALLAZZI (1990), P.Tebt. NS inv. 88/3: Petizione agli epistatai del 45 d.C., ZPE81, 255-60.Y. LOLOS (2003), Greek Roads: A Commentary on the Ancient Terms, “Glotta” 79, 137-74.C. RICCI (1924), La coltura della vite e la fabbricazione del vino nell’Egitto greco-romano,Milano.K.D. WHITE (1975), Farm Equipment of the Roman World, Cambridge.


42 ― A. Bernini, Dettagli sull’organizzazione <strong>degli</strong> antichi vignetiFig. 1: P.Tebt. III/1 815, fr. 6, 223/2 a.C.(da: APIS Berkeley Database; berkeley.apis.1482)Fig. 2: scena <strong>di</strong> vendemmia, da una pittura funeraria egizia: si notano due pali <strong>di</strong> sostegnolaterali ed altre tre canne al centro della vigna.(da: R.BILLIARD, La vigne dans l’Antiquité, Lyon 1913 [rist. 1997], fig. 97)


Papyrotheke 1 (2010) ― 43Fig. 3: altra pittura funeraria egizia con scena <strong>di</strong> vendemmia: si notano le stesse cannebiforcute (charakes) a sostegno delle viti.(da: R.BILLIARD, La vigne dans l’Antiquité, Lyon 1913 [rist. 1997], fig. 134)Fig. 4: segno geroglifico egizio col significato <strong>di</strong> “vigneto”, nella sua struttura standardcostituita dai pali biforcuti <strong>di</strong> sostegno.(da: R.BILLIARD, La vigne dans l’Antiquité, Lyon 1913 [rist. 1997], fig. 39)


Papyrotheke 1 (2010) ― 45Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiriUn apprezzabile esempio del contributo apportato dal lessico presente nei papirialla definizione <strong>degli</strong> aspetti materiali del mondo antico ci deriva dal casodell’incenso. Grazie al sostegno <strong>di</strong> alcune evidenze papiracee, infatti, è stato possibileprecisare la forma dell’incenso e il modo in cui esso veniva scambiato nellaquoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>mensione dei commerci nella χώρα egiziana 1 . Tre in particolaresono le testimonianze utili, che verranno illustrate <strong>di</strong> seguito, per definire l’aspettodel prodotto.La prima testimonianza è costituita da un ostrakon recentemente pubblicatoda Lucia Criscuolo 2 . L’ostrakon, attualmente conservato in una collezione privata3 , è stato acquistato in Germania sul mercato antiquario. Del reperto non si conoscononé la datazione né la provenienza, ma si può supporre, come fa l’e<strong>di</strong>trice,che esso sia stato rinvenuto in un presi<strong>di</strong>o del deserto orientale egiziano, pressola <strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong> Myos Hormos, attraverso la quale, come è risaputo, Roma ottenevamerci e prodotti <strong>di</strong> origine orientale quali sete, spezie e arōmata 4 .Si tratta <strong>di</strong> una lettera in<strong>di</strong>rizzata dal non altrimenti noto ἱππεύϲ ᾽Ακύλλιϲ aun certo Apollinarios, a cui è stato promesso “un po’ <strong>di</strong> incenso” (rr. 3-4 καθώϲϲοι ἐπηγ⟨γ⟩ειλάμην περὶ | τοῦ λιβανείου κτλ.). Questo il testo dei rr. 6-10:1Sul tema dell’incenso nell’Antichità, vd. le dettagliate pagine <strong>di</strong> MÜLLER 1978, 700-77.2Vd. CRISCUOLO 2010, 205-7.3A Torino, nella collezione del dott. Luigi Cedrini.4Per una trattazione aggiornata dei vari aspetti che interessano Myos Hormos, vd. i volumi curati daCUVIGNY 2005.


46 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiriΛοιπὸνοὖν κόμιϲαι παρὰ Κλαυδίουἱππέοϲ ἐκ τοῦ πραιϲιδίουμου ƒ2-3… βώλουϲ δύω ἐν χάρ-10 τῃ δεδεμέναϲ8. lege ἱππέωϲ 9. lege δύο“Per il resto, dunque, ricevi da Clau<strong>di</strong>o, cavaliere proveniente dal mio presi<strong>di</strong>o,le due ‘zollette’ (<strong>di</strong> incenso) avvolte in carta <strong>di</strong> papiro”.Quanto qui maggiormente interessa è l’uso <strong>di</strong> βώλουϲ per in<strong>di</strong>care i “grani”della resina arabica. Il vocabolo βῶλοϲ, il cui primo valore è <strong>di</strong> “lump, clod ofearth” 5 nonché, per metonimia, in specie nei poeti, <strong>di</strong> “land, soil”, può anche avere,particolarmente negli autori <strong>di</strong> prosa, il generico senso <strong>di</strong> “massa” a causa dell’aspettoche assumono i <strong>di</strong>versi materiali, soprattutto i metalli, ovvero <strong>di</strong> “pepita”.Disponiamo in proposito <strong>di</strong> svariate attestazioni letterarie 6 , ma pure <strong>di</strong> iscrizionie <strong>di</strong> papiri. Tra essi si citino: I.Délos 461 B, fr. b, 11: ϲιδήρου βωλίον; I.CariaKaun X, fr. 1,8-9: βώλου τῆϲ πίϲϲηϲ καὶ τῆϲ ῥητίνηϲ εἰ[ϲ]αγώγιον[βώλου ἑκάϲ]του; P.Mich. XVIII 773,16-7: [βῶ]λον | ἀργυρίου; P.Oxy. XXXI2580,1: πίϲϲηϲ […] βώλων; P.Ross.Georg. V 57 v,2,1: νάρδου βῶλοϲ, quest’ultimoin una ricetta.In tali accezioni si riscontra uno slittamento semantico basato su un richiamo5LSJ 9 334 s.v.6Cfr., e.g., Arist. Mir. 833B 11, βῶλοι χρυϲίου; Str. III 2,8, dove compaiono sia βῶλοϲ sia il <strong>di</strong>minutivoβωλάριον in riferimento parimenti all’oro; E. fr. 783 Nauck, χρυϲέα βῶλοϲ, detto del sole (cfr.D.L. II 10; vd. inoltre E. Or. 983-4 e schol. A.R. I 496-8b, p. 44,9-10 W.); LXX Si. 22,15 e Greg.Nyss. In Basiulium fratrem IX 60,8, ϲιδήρου βῶλοϲ; D.S. III 14,3, βῶλον μολίβδου, e V 35,2,πᾶϲα γάρ ἡ βῶλοϲ ἐϲτι ψήγματοϲ ϲυμπεπηγότοϲ; Gal. XII 228,3 Kühn, βῶλοϲ ἦν χαλκίτεωϲ;Plb. XXXIV 9, βῶλον τὴν ἀργυρῖτιν; Str. VII 5, τῆϲ βώλου τῆϲ ἀϲφαλτίδτιδοϲ; J. IV 479, τῆϲ[…] ἀϲφάλτου […] βώλουϲ μελαίναϲ. Vd. anche Plin. Nat. XXXVII 150, boloe in Hibero inueniuntur,glaebae similitu<strong>di</strong>ne: si tratta <strong>di</strong> una pietra dura che ha il nome <strong>di</strong> “bolos” per somiglianza auna zolla <strong>di</strong> terra.


Papyrotheke 1 (2010) ― 47metaforico alla forma delle zolle, esempio <strong>di</strong> un processo, non raro nel greco, checrea i nomi delle cose procedendo per metafore ed associazioni <strong>di</strong> idee.Tuttavia, in relazione all’incenso, il termine βῶλοϲ ha un impiego spora<strong>di</strong>conei testi letterari e sembra isolato nei papiri. Afferma Ippolito <strong>di</strong> Roma: λίβανονγὰρ εἰϲ πῦρ ἐμβαλὼν πάλιν ποιεῖ τοῦτον τὸν τρόπον. βῶλον τῶνλεγομένων ὀρυκτῶν ἁλῶν / κηρῷ Τυρρηνικῷ περιϲκεπάϲαϲ καὶ αὐτὸν δὲ⟨τὸν⟩ λιβάνου βῶλον δοχοτομήϲαϲ ἐντίθηϲι τοῦ ἅλατοϲ χόνδρον κτλ. 7 Parimenti,con un <strong>di</strong>minutivo desemantizzato, come sovente nel greco post-classico,si legge in Marco Aurelio: πολλὰ λιβανωτοῦ βωλάρια ἐπὶ τοῦ αὐτοῦ βωμοῦ·τὸ μὲν προκατέπεϲεν, τὸ δ′ ὕϲτερον, διαφέρει δ′ οὐδέν (“Molti granelli <strong>di</strong> incensosullo stesso altare: uno è caduto prima, l'altro dopo, ma non fa nessuna <strong>di</strong>fferenza”)8 . L’altezza cronologica <strong>di</strong> questi due autori – considerando il fatto chenon sembrino comparire altre attestazioni precedenti o successive <strong>di</strong> βῶλοι d’incenso– potrebbe far supporre uno specializzarsi in quel periodo dell’uso del nessoper l’incenso ecclesiastico, a partire dalla seconda metà del II secolo 9 .Ai rr. 9-10, poi, si specifica che i due βῶλοι sono “avvolti in carta <strong>di</strong> papiro”(ἐν χάρτῃ δεδεμέναϲ). Questa esplicita menzione potrebbe fornire la confermadel modo in cui si commerciava l’incenso: avviluppato in carta <strong>di</strong> papiro, al fine<strong>di</strong> evitare, verosimilmente, che si rovinasse, nonché per preservarne l’aroma e leproprietà. Tale in<strong>di</strong>cazione, inoltre, appare coerente con quanto è tramandato da<strong>di</strong>versi autori, tra i quali si ricor<strong>di</strong>no Orazio 10 (deferar in uicum uendentem tus etodores / et piper et quidquid chartis amicitur ineptis), Giovenale 11 (aut cur / incarbone tuo charta pia tura soluta / ponimus et sectum uituli iecur albaque porci7Haer. IV 28,12,7.8IV 15.9La datazione dei Pensieri è <strong>di</strong>battuta e problematica, dal momento che non si posseggono dati cronologicicerti e che l’opera, assai probabilmente, fu composta in <strong>di</strong>versi anni, dopo l’ascesa al trono (cfr.e.g. VI 30,1), nella tarda maturità dell’imperatore (cfr. e.g. II 2,4 e 6,2; V 31,3; X 15,1). Si supponequin<strong>di</strong> approssimativamente che la stesura dei primi libri in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tempo si collochi tra la fine <strong>degli</strong>anni ’60 e gli inizi <strong>degli</strong> anni ’70 del II secolo e che la composizione sia perdurata fino agli ultimi anni<strong>di</strong> regno, cfr., e.g., PEUCH 1953, vi-vii.10Ep. II 1,269-70.11Sat. XIII 115-8.


48 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiri/ omenta?), Marziale 12 (festina tibi uin<strong>di</strong>cem parare, / ne nigram cito raptus inculinam / cordylas ma<strong>di</strong>da tegas papyro / uel turis piperisue sis cucullus), Persio13 (an erit qui uelle recuset / os populi meruisse et, cedro <strong>di</strong>gna locutus, / linquerenec scombros mettenti carmina nec tus?), Stazio 14 (tu rosum tineis situqueputrem, / quales aut Libycis madent oliuis / aut tus Niliacum piperue seruant /aut Byzantiacos colunt lacertos) 15 .D’altro canto il termine χάρτηϲ che, in senso tecnico, in<strong>di</strong>ca il “rotolo”, insenso generico designa la “carta”, sempre <strong>di</strong> papiro, scritta o non scritta 16 . Èistruttivo menzionare l’uso, riportato da Galeno 17 (ἔτι τε καὶ τοῦτο χρὴγινώϲκειν, ὡϲ φερομένων ἀπὸ Κρήτηϲ τῶν βοτανῶν, ἐνειλιγμένωνχαρτίοιϲ, οἷϲ ἐπιγέγραπται τὸ τῆϲ ἑκάϲτηϲ βοτάνηϲ ὄνομα, τινὲϲ μὲνἁπλῆν ἔχουϲι τὴν ἐπιγραφὴν, τινὲϲ δὲ μετὰ προϲθήκηϲ τῆϲ πεδιάδοϲ), <strong>di</strong> imballarele spezie importate da Creta in χαρτία cοn iscritti il nome o la descrizionedel prodotto contenuto 18 . Il caso presente potrebbe inserirsi in questo contesto.Si può supporre quin<strong>di</strong>, a puro titolo d’ipotesi, che l’involucro citato dall’ostrakonfosse contrassegnato dal nome della merce in esso racchiusa 19 . In tal senso il12III 2,2-5.13Sat. I 41-3.14Silv. 9,10-3.15In generale, sull’uso <strong>di</strong> imballare mercanzie con la carta <strong>di</strong> papiro, vd. Plin. Nat. XIII 76: nam emporiticainutilis scribendo inuolucris chartarum segestriumque merci bus usum praebet, nonché, per il similecaso del nardo, cfr. ibid. XII 45: siccatur in umbra, alligatur fasciculis in charta.16Cfr. LEWIS 1974, 70-8, in specie pp. 70-1 n. 2 per una bibliografia sulla questione del significato <strong>di</strong>χάρτηϲ come “foglio” o come “rotolo” e p. 77 per il senso generico <strong>di</strong> “carta”.17XIV 79,8-12 Kühn.18Cfr. ANDORLINI 2007, 30: “very small sheets carrying titles of me<strong>di</strong>cines or names of drugs may havebeen attached to, or stored with, small packages of ointments and powders on the trade-market”.19Degno <strong>di</strong> nota è questo passo <strong>di</strong> Teofrasto (HP IX 4,5-6) che, sebbene documenti una pratica <strong>di</strong>versada quella supposta, testimonia l’uso <strong>di</strong> porre in<strong>di</strong>cazioni scritte – in questo caso su piccola tavola(πινάκιον) – sopra mucchietti d’incenso, con specifica attenzione alla quantità (metron) e al prezzo(timê): si racconta che, presso la popolazione araba dei Sabei, venivano raccolti l’incenso e la mirranel santuario <strong>di</strong> Helios e che ὅταν δὲ κομίϲωϲιν, ἕκαϲτον ϲωρεύϲαντα τὸν ἑαυτοῦ καὶ τὴνϲμύρναν ὁμοίωϲ, καταλιπεῖν τοῖϲ ἐπὶ τῆϲ φυλακῆϲ, τιθέναι δὲ ἐπὶ τοῦ ϲωροῦ πινάκιον γραφὴνἔχον τοῦ τε πλήθουϲ τῶν μέτρων καὶ τῆϲ τιμῆϲ ἧϲ δεῖ πραθῆναι τὸ μέτρον ἕκαϲτον· ὅταν δὲ οἱἔμποροι παραγένωνται, ϲκοπεῖν τὰϲ γραφάϲ, ὅϲτιϲ δ ́ ἄν αὐτοῖϲ ἀρέϲκῃ μετρηϲαμένουϲ,τιθέναι τὴν τιμὴν εἰϲ τοῦτο τὸ χωρίον ἔνθεν ἄν ἕλωνται.


Papyrotheke 1 (2010) ― 49termine χάρτηϲ equivarrebbe al χαρτίον del passo <strong>di</strong> Galeno 20 .La seconda testimonianza è rappresentata da un papiro <strong>di</strong> provenienza ossirinchitadatabile al tardo III secolo, P.Oxy. XVII 2144. Il papiro, in<strong>di</strong>rizzato a uncerto Ammonas e contenente una lista <strong>di</strong> pagamenti per varî prodotti, menziona,al r. 29, dei πλάϲματα λιβανωτοῦ. Segue il testo dei righi pertinenti:(sc. ἐξωδιάϲθη)Ϲαραπίωνι γεούχῳ ἀγωνοθετοῦντιἐν τῇ Ἀντινόουπλάϲματα λιβανωτοῦ ἀρι-30 θμῷ [δ]έκα (δρ.) ω“(sc. furono pagate) al proprietario terriero Serapione, che è agonothetes adAntinoe, per 10 ‘tavolette’ <strong>di</strong> incenso, 800 dracme”È questo l’unico caso in cui il termine πλάϲμα, che letteralmente significa“anything formed or moulded, image, figure” 21 , viene riferito al λίβανοϲ. Il valoreche assume l’espressione πλάϲματα λιβανωτοῦ è quin<strong>di</strong> quella <strong>di</strong> “cakes ofincense” 22 , ovvero <strong>di</strong> “‘grumi’, ‘tavolette’ <strong>di</strong> incenso”, per i quali il papiro fornisceanche il valore commerciale del periodo, che era <strong>di</strong> 80 dracme per ‘tavoletta’.Infine, <strong>di</strong> una certa rilevanza per definire la forma dell’incenso sembrerebbeP.Coll.Youtie II 86 (= P.Mich. inv. 1812), collocabile tra III e IV secolo d.C. Ilpapiro conserva una lista <strong>di</strong> erbe e <strong>di</strong> spezie al genitivo accompagnate dalle relativequantità in libbre (λίτραι): ἄμωμον (r. 2), “amomo”; κόϲτοϲ (r. 3), “costo”;ϲτύραξ (r. 4), “storace”; μαϲτίχη (r. 5), “gomma <strong>di</strong> lentisco”. Negli ultimi due20Cfr. LEWIS 1974, 77: “χαρτίον, technically a <strong>di</strong>minutive, quickly came to designate a piece of paperof any size”.21LSJ 9 1412 s.v.22LSJ 9 ibid.; similmente traduce l’ed.pr. “cakes of frankincense”.


50 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiririghi, poi, rispetto alla Husselman, e<strong>di</strong>tor princeps del testo 23 , che leggeva, rispettivamente,θυμιαμάτων λί(τραι) ι | κολλυρίων λί(τραι) γ, i.e. “10 libbre <strong>di</strong> incenso,3 libbre <strong>di</strong> collirio”, pare piuttosto <strong>di</strong> potersi intendere, a una più attentarevisione del reperto, θυμιαμάτων | κολλυρίων λί(τραι) γ, ovvero “3 libbre <strong>di</strong>kollyria <strong>di</strong> incenso”, nel senso <strong>di</strong> “3 libbre <strong>di</strong> ‘blocchetti’/‘panetti’ <strong>di</strong> incenso” 24 .Il termine κολλύριον, <strong>di</strong>minutivo <strong>di</strong> κολλ(ο)ύρα 25 , che possiede i due valori,ben attestati nei papiri, <strong>di</strong> “panino”, “pagnotta” e <strong>di</strong> “collirio” in senso me<strong>di</strong>co,assume qui un valore metaforico: i grani <strong>di</strong> incenso sono rapportati a delle piccole“pagnotte” 26 . Assistiamo ad un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> associazione metaforica assaisimile a quello che si è riscontrato anche in βῶλοϲ: in entrambi i casi, per definirela foggia dell’incenso, ci si è avvalsi <strong>di</strong> termini tecnici che specificamente richiamanol’aspetto materiale della resina, una volta essiccata dall'esposizione all’ariaed al sole.Le tre testimonianze che abbiamo illustrato forniscono dunque la concretaconferma della <strong>di</strong>stribuzione, nell’Antichità, in “grani” d’incenso. Nella fattispecie,i vocaboli κολλύριον e βῶλοϲ fanno riferimento a masse tendenzialmentetondeggianti, dalle non scarse <strong>di</strong>mensioni, esito dello stesso modo in cui avvenivala raccolta della resina: si incideva il tronco della pianta, la Boswellia carteri,così da farne trasudare il lattice che si rapprendeva e condensava in grosse gocceglobulari le quali, una volta prelevate e consolidatesi, venivano immagazzinate inattesa del commercio 27 .Le testimonianze papiracee si possono inoltre sfruttare per avanzare deduzionicirca il modo in cui il prodotto veniva scambiato, nonché sulla tipologia dei ma-23HUSSELMAN 1976, xxx-xxx.24Più approfon<strong>di</strong>ti dettagli compariranno in BONATI 2011.25Su questi termini vd. in particolare KIND 1921, 1100-6; PISANI 1943, 553-8; BELARDI 1969, 25-9; BAT-TAGLIA 1989, 88-9; FOURNET 2000, 401-7.26Cfr. κολλύρα γύψου, letteralmente “pane <strong>di</strong> gesso”, in SB XIV 11958,5, 13 e 20.27Cfr. COSTA 1997, 435. Significativa la testimonianza <strong>di</strong> Plin. Nat. XII 61-2: quod ex eo rotun<strong>di</strong>tateguttae pepen<strong>di</strong>t, masculum uocamus […]. Masculum aliqui putant a specie testium <strong>di</strong>ctum. Praecipuaautem gratia mammoso, cum haerente lacrima priore consecuta alia miscuit se. Singula haec manuminplere solita inuenio, cum minore deripien<strong>di</strong> aui<strong>di</strong>tate lentius nasci liceret. Graeci stagonian et atomumtali modo appellant, minorem autem orobian. […] Etiamnum tamen inueniuntur guttae quae tertiampartem mnae, hoc est XXVIII denariorum pondus, aequent (cfr. anche Dsc. I 81).


Papyrotheke 1 (2010) ― 51nufatti impiegati nel trattamento <strong>di</strong> commercializzazione. Si premetta innanzituttoche la quantità dell’incenso <strong>di</strong> solito acquistata, in termini <strong>di</strong> grani, non era elevata,ma, anzi, il λίβανοϲ era adoperato secondo criterî <strong>di</strong>ffusi <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>cità, acausa anche della verosimile lunga durata delle scorte 28 ; da ciò si possono agevolmentesupporre <strong>di</strong>mensioni ridotte per i contenitori a<strong>di</strong>biti a conservarlo.Su due aspetti in particolare soffermeremo l’attenzione:1) la preferenza, a quanto pare, per materiali “sigillati”, al fine <strong>di</strong> preservareintatte le merci, nonché, probabilmente, per limitare il rischio <strong>di</strong> sottrazioni in itinere;2) l’utilizzo <strong>di</strong> un “sacchetto” <strong>di</strong> stoffa (μάρϲιπποϲ/μαρϲίππιον) come contenitore.In P.Cair.Zen. I 59069,13-4, all’interno <strong>di</strong> una lista <strong>di</strong> articoli stilata nel 257a.C. e proveniente da Hermopolis, si annoverano anche λιβάνου ἐϲφραγιϲμένουμάρϲιπποι γ, letteralmente “3 sacchetti <strong>di</strong> incenso sigillato”, da intendersi megliocome “3 sacchetti sigillati <strong>di</strong> incenso”, con il participio ἐϲφραγιϲμένοϲ dariferirsi non al contenuto, il λίβανοϲ, come si trova nel papiro, ma al contenitore,il μάρϲιπποϲ: se la supposizione è corretta, infatti, la concordanza λιβάνουἐϲφραγιϲμένου, in luogo della più probabile ἐϲφραγιϲμένοι μάρϲιπποι, sarebbeda imputare ad un lapsus dello scriba. Di fatto il participio ἐϲφραγιϲμένοϲ, nellostesso P.Cair.Zen. I 59069 quanto altrove, è solitamente riferito – o così viene inteso,qualora si trovi abbreviato – a μάρϲιπποϲ, o ad altro recipiente, e non allamerce. Si ha quin<strong>di</strong> nel papiro zenoniano: rr. 5-7, νάρδου μαρϲίππιαἐϲφρα(γιϲμένα) ε | καὶ θυλάκιον ἐϲφραγιϲμένον α | δορκαδέων θυλάκιονἐϲφρ(αγιϲμένον) α; rr. 16-7, ϲμύρνηϲ ἐϲφραγιϲμένα | μαρϲίππια γ; rr. 20-1,πορφύραϲ θυλάκιον ἐϲφραγιϲ(μένον) α | κρόκου θυλάκιον ἐϲφραγιϲ(μένον)α. Altri esempi sono: P.Mert. III 123,11-2, ἐν μαρϲίππῳ ἐϲφρα|[γιϲμένῳ]; PSIVI 667,3-4, [μ]άρϲιπποϲ | [ἐϲ]φραγιϲμένοϲ; P.Oxy. XXXIV 2728,28, ἐν28Sulla questione, relativamente all’epoca romana, si veda l’esaustivo e ben documentato contributo <strong>di</strong>SALMERI 1997, in specie alle pp. 535-7. Inoltre, nel medesimo <strong>volume</strong>, sul commercio <strong>degli</strong> arōmatanell’Egitto tolemaico, vd. FANTASIA 1997, 395-412, con bibliografia sull’argomento alla n. 1 p. 395.


52 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiriμαρϲιππίῳ ἐϲφραγιϲμένῳ 29 . A questi si aggiunga, e.g., il βῖκοϲ ἐϲφ ρ(ἐϲφραγιϲμένοϲ) ῥητίνηϲ <strong>di</strong> P.Grenf. I 14,4 (= P.Dryton 37,4) 30 . In una sola altraattestazione papiracea, infine, si trova menzionato il λίβανοϲ in relazione alμάρϲιπποϲ/μαρϲίππιον, senza che venga precisato, a <strong>di</strong>fferenza dei casi suddetti,se il contenitore fosse ἐϲφραγιϲμένοϲ: P.Lond. VII 2141,29-30, λι[βά]νουτοῦ ἐκ τοῦ ῥιϲκοφυλ(ακίου) | [μ]αρϲίππιον ἡμιδ(εὲϲ) α.Sembra lecito avanzare un confronto tra i dati suggeriti da queste attestazionie quanto conosciamo dell’Oriente classico 31 . Grazie alle evidenze archeologichee alle rappresentazioni artistiche ci è dato <strong>di</strong>stinguere i manufatti relativi all’utilizzazione<strong>degli</strong> arōmata in due categorie: quelli coinvolti nelle fasi iniziali delcommercio (produzione, trasporto, conservazione) e quelli adoperati nella fase finale,in contesti <strong>di</strong>stanti dal luogo <strong>di</strong> produzione, quali botteghe <strong>di</strong> mercanti, se<strong>di</strong><strong>di</strong> acquirenti o tombe. Questi ultimi erano recipienti <strong>di</strong> materiale duraturo: coppeo vaschette <strong>di</strong> varia foggia con funzione <strong>di</strong> bracieri, corredati da coperture in feltroo in cuoio. Quanto ai primi, invece, si trattava <strong>di</strong> materiali deperibili, per cui,“sia in un viaggio via terra a dorso <strong>di</strong> cammello sia in uno marittimo, si dovràpensare a balle <strong>di</strong> merci avvolti in sacchi, tele, stuoie, pelli o a cesti, materiali cheper la loro leggerezza facilitano il trasporto ma che sono anche facilmente accantonati,quando non <strong>di</strong>strutti, una volta che la mercanzia è giunta a destinazione” 32 .Difficilmente questi si sono conservati, salvo rare eccezioni, tra le quali si <strong>di</strong>stinguonodue articoli <strong>di</strong> età achemenide (V sec. a.C.), rinvenuti nei monti Altai, nellaSiberia meri<strong>di</strong>onale, parte del corredo funebre del kurgan n. 2 <strong>di</strong> Pazyryk 33 . Sitratta <strong>di</strong> una borsa <strong>di</strong> pelliccia, feltro e metallo e <strong>di</strong> un borsellino in cuoio per laconservazione <strong>di</strong> semi. Si può supporre che il μάρϲιπποϲ greco fosse qualcosa <strong>di</strong>simile per aspetto e per funzione, seppure, presumibilmente, <strong>di</strong> altro materiale,come suggeriscono gli interpretamenta che si leggono, in particolare, in Suda μ226 Adl., μάρϲιπποϲ· ϲάκκοϲ, θυλάκιον, ϲακέλλιον e in Hsch. μ 319 L.,29Così viene emendato l’inatteso ἐϲφραγιϲμένον.30Per il βῖκοϲ, vd. BONATI 2011.31Per questi aspetti, cfr. INVERNIZZI 1997, 125-8, a cui si è attinto.32INVERNIZZI 1997, 125.33Cfr. RUDENKO 1970, 76-7 e 316, fig. 24, tav. 153A, 61A.


Papyrotheke 1 (2010) ― 53μαρϲίππιον· βαλάντιον, che fanno per <strong>di</strong> più riferimento ad involucri <strong>di</strong> tessutoruvido e grossolano, sovente <strong>di</strong> crine 34 .Un ulteriore spunto <strong>di</strong> singolare rilevanza ci è offerto da P.Oxy. VI 978, piccoloframmento papiraceo del III secolo, proveniente da Ossirinco, probabilmentestrappato dal margine superiore del documento originale, che presenta, scritticontro le fibre e vergati con un’accurata scrittura <strong>di</strong> stile severo, sei righi contenentiuna lista <strong>di</strong> oggetti, verosimilmente un inventario, tra cui due se<strong>di</strong>e (r. 2δίφρα β, pap. δίφροϲ), uno specchio (r. 4 ἔϲοπτρον, ed pr. ὄϲοπτρον, pap.ὄϲυπτρον), un cuscino (r. 5 τύλ[η]). Al r. 3 il termine λιβανοθήκη si segnalaalla nostra attenzione. Il vocabolo che, quale composto <strong>di</strong> -θήκη, letteralmente significa“scatola, teca per l’incenso” (cfr. LSJ 9 1047 s.v. λιβανοειδήϲ: “incensebox”)35 , non pare avere altre attestazioni né tra le fonti letterarie né tra i papiri.Esso, quin<strong>di</strong>, sembrerebbe un hapax se non fosse che, solo molto più tar<strong>di</strong>, nelIX secolo, ricompare nella sezione Περὶ νάων - De ae<strong>di</strong>bus <strong>degli</strong> Hermeneumatamontepessulana. Possiamo infatti leggere in CGL III 302,13 Goetz:λιβανοθήκη arca turaria.In che cosa consista l’arca turaria dell’interpretamentum ci viene in<strong>di</strong>cato daun luogo del De significatione verborum <strong>di</strong> Festo (17,3-5 Lindsay), il quale, glossandoil termine acerra 36 , precisa: alii <strong>di</strong>cunt arculam esse turariam, scilicet ubitus reponebant. Troviamo inoltre l’equivalenza acerra / arca o arcula turaria oturalis nel cod. D del commentatore virgiliano Servio (cfr. Aen. V 745, 646,8-11Thilo-Hagen ad l.: acerra, id est arca thuralis) 37 .L’arca turaria sembrerebbe corrispondere a ciò che in àmbito cristiano, a partiredal XIII secolo 38 ed ancora ai giorni nostri, viene definito “navicella” (o navicula),un contenitore a forma <strong>di</strong> piccola carena <strong>di</strong> nave 39 , <strong>di</strong> solito in metallo, de-34Questo, a puro titolo d’esempio, il caso <strong>di</strong> ϲάκκοϲ, talvolta specificato dall’attributo τρίχινοϲ. Cfr.e.g. Apoc. 6,12 (in senso metaforico), nonché, tra le testimonianze papiracee, PSI IV 427 passim eP.Tebt. III.1 796,10.35Cfr. MÜLLER 1978, 733: “ein Kästchen zur Aufbewahrung des Weihrauchs”.36Cfr. e.g. Hor. Carm. III 8,2: quid uelint flores et acerra turis / plena miraris.37Cfr. TLL I 372, 79-83 s.v. acerra; HABEL 1893, 153; nonché, soprattutto, SIEBERT 1999, 27-8.38Il piccolo contenitore era in precedenza definito da termini quali capsula, pixis, busta, scrinium.39Nell’iconografia paleocristiana la nave, che in contesto pagano, metafora del viaggio della vita, era


54 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiristinato ad accogliere la scorta <strong>di</strong> incenso in attesa che i granuli, attraverso un cucchiaino,vengano posti a bruciare nel turibolo (detto anche thymiaterium, incensorium,fumigatorium) per le fumigazioni durante i rituali 40 .Il vocabolo λιβανοθήκη, dunque, potrebbe essersi formato e specializzato perdesignare la teca per l’incenso adoperata nelle chiese, anticipando quel processolinguistico ben rappresentato dai papiri che, soprattutto dopo il IV secolo, porta ilvocabolario greco ad una straor<strong>di</strong>naria fioritura, e che si manifesta sovente conneoformazioni create a partire da ra<strong>di</strong>ci già note, in specie ricorrendo a suffissi o– come in questo caso – per composizione 41 .Di conseguenza, l’appartenenza della voce alla sfera <strong>degli</strong> instrumenta sacraparrebbe suggerire l’ipotesi che la lista <strong>di</strong> P.Oxy. VI 978, fino ad ora non assegnataa nessun àmbito specifico, sia contestualizzabile in ambiente religioso.Il singolare destino <strong>di</strong> questo termine, che compare in modo apparentementeisolato in un papiro del III secolo, per poi scomparire dalle testimonianze e riaffioraresoltanto in un glossario posteriore <strong>di</strong> sei secoli, insinua il sospetto dellavasta quantità <strong>di</strong> ciò che si è perduto, sia per quanto concerne la messe dei documentipapiracei, sia per quanto attiene il patrimonio lessicale antico, non noto daaltre fonti, che in essi riemerge.I papiri ci conservano elementi altrimenti scomparsi nel naufragio del tempo.Tuttavia la documentazione pervenutaci non è che una porzione <strong>di</strong> un contestopiù ampio che soltanto future scoperte e il progresso <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> permetterà senon <strong>di</strong> integrare, almeno <strong>di</strong> accrescere.In questo caso, la presenza <strong>di</strong> λιβανοθήκη nei tar<strong>di</strong> Hermeneumata può esserein<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> una per noi insospettata, né comprovabile, <strong>di</strong>ffusione e vitalità del vocabolo,perlomeno in quella sfera specifica – ecclesiastica e liturgica – nella qualesembra essersi formato. Pertanto, se la parola è stata glossata insieme ad altre,simbolo <strong>di</strong> prosperità, rappresenta la Chiesa, il cui pilota è Cristo – simboleggiato nella croce dell’albero–, e conduce i fedeli, come in un porto, alla salvezza eterna.40Così per esempio si legge nel Dizionario della lingua italiana dell’Accademia della Crusca (vol. V, p.335, Padova 1829): “‘navicella’ si <strong>di</strong>ce anche ogni sorta <strong>di</strong> vaso fatto a foggia <strong>di</strong> nave, e specialmentequella in che nelle chiese tiensi l’incenso”.41Cfr. DARIS 1995, 78-9; MONTEVECCHI 1998, 76-9.


Papyrotheke 1 (2010) ― 55quali ἀρόματα odores e λιβανοτόϲ turiflos (CGL III 302,14-5 Goetz) 42 , noncertamente peregrine, si può supporre che essa fosse meno rara e desueta <strong>di</strong> quantoa noi oggi appare 43 .E questo non è altro che un esempio, come i precedenti che abbiamo trattato,dell’apporto delle fonti papiracee alla ricostruzione <strong>di</strong> molteplici aspetti, non ultimiquelli linguistici e storico-economici, dell’Antichità greco-romana.ISABELLABONATIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parmaisabella.bonati@nemo.unipr.itBibliografiaI. ANDORLINI (2007), Prescription and Practice in Greek Me<strong>di</strong>cal Papyri from Egypt, inZwischen Magie und Wissenschaft. Ärzte und Heilkunst in den Papyri aus Ägypten, eds.H. FROSCHAUER, C. RÖMER, Wien, 29-33.A. AVANZINI (ed.) (1997), Profumi d’Arabia. Atti del convegno, Pisa 1995, Roma.E. BATTAGLIA (1989), ‘Artos’. Il lessico della panificazione nei papiri greci, Milano.W. BELARDI (1969), Gr. κόλλιξ (Hippon. 39,6 D. 3 , etc.), “Athenaeum” 47, 25-9.I. BONATI (2011), Il contributo dei papiri alla definizione d'uso <strong>di</strong> bikos e kollourion, in Testi42Si noti peraltro come nei due casi citati, che nella forma classica presentano ω e non ο (ἀρώματα,λιβανωτόϲ), sia evidente la scomparsa <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione quantitativa e qualitativa nel trattamento <strong>di</strong> questevocali, già attiva nella lingua dei papiri dall’età tolemaica.43Quanto si è qui solo accennato sarà oggetto in futuro <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>menti. Una revisione del papiro,con aggiornamenti sulle ricerche in corso, verrà presentata in occasione della V Giornata <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><strong>Papirologia</strong> “E<strong>di</strong>ting Papyri On Line. Classificazioni testuali e questioni lessicali”, Parma, 20-21 aprile2011.


56 ― I. Bonati, Forme e contenitori <strong>di</strong> incenso nei papiritecnici e lessici speciali nei papiri greci d'Egitto. Atti della IV Giornata <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><strong>Papirologia</strong> (Parma, 15 Aprile 2010), ed. I. ANDORLINI, “Papyrotheke”, in corso <strong>di</strong>pubblicazione.P.M. COSTA (1997), Il ruolo dell’Arabia nel commercio delle spezie e dell’incenso: da ElioGallo a Vasco da Gama, in AVANZINI (ed.) 1997, 431-45.L. CRISCUOLO (2010), Un cartoccio d’incenso: lettera tra militari in un ostracon torinese, ZPE173, 205-7.H. CUVIGNY (2005), La route de Myos Hormos. Praesi<strong>di</strong>a du désert de Bérénice, I-II, Le Caire 2 .S. DARIS (1995), Il lessico dei papiri greci, in Atti del V Seminario Internazionale <strong>di</strong><strong>Papirologia</strong>, Lecce 27-29 giugno 1994, ed. M. CAPASSO, Galatina (BA), 71-85.U. FANTASIA (1997), L’Egitto tolemaico e la terra <strong>degli</strong> aromata, in AVANZINI (ed.) 1997, 395-412.J.L. FOURNET (2000), Un nom rare du boulanger: ΑΡΤΟΚΟΛΛΗΤΗΣ, REG 113, 401-7.J. HABEL (1893), Acerra, RE I/1, 153-4.E.M. HUSSELMAN (1976), Lists, II, in Collectanea Papyrologica. Texts Published in Honor ofH.C. Youtie, ed. A.E. HANSON, I-II, Bonn, II, 553-63.A. INVERNIZZI (1997), Coppe e bracieri da incenso nell’Oriente classico, in Avanzini (ed.) 1997,121-46.E. KIND (1921), κολλύριον, RE XI/1, 1100-6.N. LEWIS (1974), Papyrus in Classical Antiquity, Oxford.O. MONTEVECCHI (1998), La papirologia, Milano (= Milano 1988 2 ).W.W. MÜLLER (1978), Weihrauch, RE Suppl. XV, 700-77.A. PEUCH (1953), in Marc-Aurèle, Pensées, ed. A.I. TRANNOY, Paris, xxx-xxx.V. PISANI (1943), Glottica Parerga, RIL 77, 553-8.S.I. RUDENKO (1970), Frozen Tombs of Siberia. The Pazyryk Burials of Iron-Age Horsemen,London.G. SALMERI (1997), Dell’uso dell’incenso in epoca romana, in AVANZINI (ed.) 1997, 529-40.A.V. SIEBERT (1999), Instrumenta sacra. Untersuchungen zu römischen Opfer-, Kult- undPriestergeräten, Berlin/New York.


Papyrotheke 1 (2010) ― 57Ad apertura <strong>di</strong> libro.Note sul <strong>volume</strong>n e la paleografia <strong>di</strong> P.Tebt. 2691. L’agraphonNel contesto del complessivo naufragio <strong>di</strong> vasta parte delle fonti papiracee antiche,è <strong>di</strong>fficile per gli stu<strong>di</strong>osi moderni percepire l’aspetto complessivo <strong>degli</strong>antichi rotoli letterari. Di essi, infatti, si sono per lo più conservati frammenti appartenentia sezioni interne e ciò rende alquanto faticosi i nostri tentativi <strong>di</strong> ricostruirenella sua completezza la facies <strong>di</strong> questi manufatti 1 . A questo proposito,testimoni come P.Tebt. 269 2 risultano particolarmente preziosi perché ci aiutanoa fare più luce sulle tecniche proprie della produzione libraria antica.P.Tebt. 269 (11,7 x 14,5 cm) oggi conservato presso la Bancroft Library dellaUniversity of California (Berkeley), proviene dal contesto archeologico residenziale<strong>di</strong> Tebtynis 3 . Il papiro (databile su base paleografica al II d.C. 4 ) è un fram-1E. Turner sottolinea le <strong>di</strong>fficoltà che i papirologi hanno storicamente incontrato in sede <strong>di</strong> ricostruzionedei manufatti (cfr. TURNER 1994, 1-2). È anche per questa ragione che gli stu<strong>di</strong> papirologici hanno alungo trascurato questo settore d’indagine (cfr. JOHNSON 2004, 3-4).2L’esame del frammento (UC 2225) è stato condotto sulla base dell’immagine <strong>di</strong>gitale <strong>di</strong>sponibilepresso il sito del Center for the Tebtunis Papyri, dove il pezzo è conservato. Per l’immagine si veda lapagina web .3Sul verso, scritta in inchiostro nero da Grenfell e Hunt, leggiamo l’annotazione ‘T685’. L’in<strong>di</strong>cazione,come noto, si riferisce alle operazioni <strong>di</strong> recupero e/o spe<strong>di</strong>zione dei materiali scavati a Tebtynis. Sulsenso <strong>di</strong> tali note cfr. HANSON 2001, 601-4 e O’CONNELL 2007, 807-26. L’in<strong>di</strong>cazione ‘T685’ non collegail nostro reperto ad alcuno dei gruppi documentali già riconosciuti. Poiché, però, la sequenza <strong>di</strong>queste note non era priva <strong>di</strong> significato (O’CONNELL 2007, 818), segnaliamo che un altro papiro letterarioadespoto, <strong>di</strong> datazione incerta (I-IV d.C.), è contrassegnato dall’annotazione ‘T684’ (P.Tebt.Suppl.I 715; si consulti a proposito la scheda del Center for Tebtunis Papyri alla pagina web: ).4Cfr. GRENFELL/HUNT/GOODSPEED (eds.) 1907, 19: “269 consists of a few lines from a narrow column,


58 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> libromento adespoto <strong>di</strong> rotolo letterario 5 scritto in greco solo sul recto.Esso si presenta mutilo su tutti i lati, ma, mentre il margine inferiore (6,1 cm)pare essersi conservato quasi interamente, quello <strong>di</strong> sinistra (6,5 cm) è probabilmenteincappato in una per<strong>di</strong>ta più consistente, anche se <strong>di</strong>fficilmente stimabile.La parte superiore del papiro, poi, frammentaria in tutta la sua lunghezza, è interessatada due ulteriori fratture: la prima spezza, in alto a sinistra, l’angolo deldocumento e l’altra rende lacunosa ed illeggibile, al centro, più della metà (rr. 1-5) dell’unica colonna <strong>di</strong> scrittura che si è conservata sul recto del papiro e checomprende 8 righi. Dello spazio bianco collocato a destra dello scritto, forse l’originariointercolumnio, si conservano 2,6 cm <strong>di</strong> larghezza, ma nemmeno <strong>di</strong> questoè possibile ricostruire l’originaria ampiezza. Non si trovano, infine, tracce <strong>di</strong>kollēseis.Dal suo aspetto, è possibile, dunque, inferire che il frammento costituisse laparte inferiore <strong>di</strong> un kollēma, nel quale la scrittura si <strong>di</strong>sponeva lungo le fibre, definendouna colonna stretta (4,5 cm. ca.), in cui ogni rigo si componeva <strong>di</strong> 8 o 10lettere al massimo, vergate in un’elegante “maiuscola rotonda”, riconducibile allafase matura del canone, che inizia con i primi decenni del II secolo d.C. (cfr. infra§ 2).Il dato per noi più interessante è lo spazio non scritto <strong>di</strong> 6,5 cm che precede laselis e che potrebbe fare <strong>di</strong> P.Tebt. 269 un nuovo testimone <strong>di</strong> una particolare epoco attestata tecnica libraria, quella dell’agraphon 6 . Grazie agli stu<strong>di</strong> sistematicicare<strong>full</strong>y written in round and good-sized upright uncials probably early in the second century”. Ma <strong>di</strong>recente si è proposta una datazione <strong>di</strong> poco più bassa, cfr. CPF 1999, 776: “un frammento <strong>di</strong> rotolo <strong>di</strong>lusso in uno splen<strong>di</strong>do esempio <strong>di</strong> maiuscola rotonda canonica della metà del II d.C.”.5Gli e<strong>di</strong>tores principes hanno pensato che P.Tebt. 269 contenesse un testo <strong>di</strong> natura filosofica sullabase dell’occorrenza ai rr. 6-7 <strong>di</strong> twǹ ofitwǹ (cfr. GRENFELL/HUNT/GOODSPEED (eds.) 1907, 19: “Themention of the Sophists in l.6 suggests a philosophical treatise”). Ma cfr. CPF 1999, 776: “unriferimento del genere [sc. ai ϲoφιϲταί] può ricorrere tanto nella prosa filosofica quanto in quellaoratoria o storica”.6È interessante notare che già gli e<strong>di</strong>tori principi <strong>di</strong> P.Tebt. 269 avevano dedotto dalle misure inusualidel margine sinistro che la colonna non appartenesse alla sezione interna del rotolo e che lo spaziobianco, dunque, non fosse un normale, troppo ampio, intercolumnio (GRENFELL/HUNT/GOODSPEED (eds.)1907, 19: “On the left of the column are 6½ centimetres of blank papyrus, which show no signs of ha -ving been joined to another sheet; either then the margins between the columns were extraor<strong>di</strong>narilybroad or this was the first column of the roll”).


Papyrotheke 1 (2010) ― 59condotti da G. Bastianini e da M. Caroli sull’impaginazione dei rotoli letterari 7 , èpossibile essere certi che nei libri <strong>di</strong> II d.C. fosse usuale lasciare un margine estesoche precedeva la prima colonna <strong>di</strong> scrittura (l’agraphon appunto), spazio incui poteva essere posto il titolo dell’opera 8 . Ipotizzando che il “margine” sinistrodel nostro frammento – dati la sua estensione, la datazione paleografica del papiroed il tipo librario cui esso appartiene – sia la parte terminale <strong>di</strong> un agraphon,P.Tebt. 269 potrebbe ampliare la serie <strong>di</strong> testimoni <strong>di</strong> questa particolare procedurae<strong>di</strong>toriale, prevalentemente attestata in età romana 9 .Inoltre, se questa ipotesi fosse corretta, i righi <strong>di</strong> scrittura conservati conterrebberoil prologo <strong>di</strong> un’opera in prosa sconosciuta o <strong>di</strong> una parte essa, il cui titolopoteva trovarsi proprio nell’agraphon, posto ad una altezza superiore rispettoalla parte che <strong>di</strong> esso si conserva. Non si può tuttavia scartare l’ipotesi che il titolosi trovasse sopra il primo rigo della prima colonna <strong>di</strong> scrittura, o, ad<strong>di</strong>rittura,sul verso del rotolo e che quin<strong>di</strong> lo spazio bianco che precedeva la prima colonnarisultasse completamente vuoto – eventualità quest’ultima tutt’altro che rara secondoG. Bastianini 10 . Supponendo, infine, che l’attuale estensione dell’agra-7BASTIANINI 1995, 21-41; CAROLI 2007, in particolare 13-79.8Nei rotoli antichi non si pre<strong>di</strong>ligeva un mezzo specifico <strong>di</strong> titolazione: sul recto il titolo iniziale potevatrovarsi o nell’agraphon, o al <strong>di</strong> sopra della prima colonna <strong>di</strong> scrittura <strong>di</strong> un chartēs. Talvolta, poi,esso compariva sul verso, vergato in orizzontale o in verticale; altre volte ancora il titolo era posto solamentein fondo al rotolo. Infine, esso poteva essere in<strong>di</strong>cato esclusivamente sui sillyboi. Questa varietànelle modalità <strong>di</strong> titolazione si può spiegare col fatto che nessuno dei meto<strong>di</strong> sopra elencati rispondevameno <strong>degli</strong> altri all’unica vera esigenza: informare subito il lettore sul testo che aveva <strong>di</strong>fronte. Sul problema della titolazione dei rotoli librari il contributo più <strong>completo</strong> e recente è quello <strong>di</strong>M. Caroli (CAROLI 2007), che approfon<strong>di</strong>sce e rivede altri lavori fondamentali: LUPPE 1977, 89-99;TURNER 1987, 14; BASTIANINI 1995, 25-33 e, specificamente sui sillyboi, DORANDI 1984, 185-9.9In TURNER 1987, 14 vengono elencati sei testimoni <strong>di</strong> II-III d.C.: P.Berol. inv. 9780v; P.Mich. IV 390;P.Mich. inv. 4968; P.Harr. I 123; P.Oxy. III 568 e P.Oxy. XI 1366. BASTIANINI 1995, 29-32 ne aggiungealtri otto databili tra la fine del I d.C. e la fine del III d.C.: con titolo nell’ agraphon, P.Lond.108+115 = P.Lond.Lit. 132; P.Oxy. IV 663; P.Oxy. LX 4026 e, in ambito documentario, P.Mil.Vogl. I25. Senza titolo, P.Lond. 107; P.Lond. 135; P.Oxy. II 223; P.Lond. 131 verso. È grazie alle revisioni<strong>degli</strong> originali effettuate da Capasso e Del Mastro che a queste liste si possono aggiungere sei papiriercolanesi databili tra il II a.C. e il I d.C. (cfr. CAPASSO 1998; DEL MASTRO 2002): il papiro ercolanesecosiddetto “<strong>di</strong> Fania” [P.Hercul. 1008]; P.Hercul. 222; P.Hercul. 253; P.Hercul. 1457; P.Hercul. 1583;P.Hercul. 1786. Nel 2001, inoltre, Bastianini e Gallazzi e<strong>di</strong>tarono gli Epigrammi <strong>di</strong> Posi<strong>di</strong>ppo <strong>di</strong> Pellaconservati da P.Mil.Vogl. inv. 1295 recto e notarono che il papiro testimonia un agraphon <strong>di</strong> età tolemaica(III a.C. – cfr. BASTINAINI/GALLAZZI (eds.) 2001, 13).10BASTIANINI 1995, 29-31.


60 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> librophon (6,5 cm) sia prossima a quella originaria, P.Tebt. 269 farebbe parte <strong>di</strong> quelgruppo <strong>di</strong> papiri, in<strong>di</strong>viduato dallo stu<strong>di</strong>oso 11 , in cui l’agraphon che conteneva iltitolo occupava uno spazio piuttosto ristretto, dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza <strong>di</strong> una decina<strong>di</strong> centimetri.2. Lettura parallela <strong>di</strong> P.Tebt. 269 e <strong>di</strong> P.Ryl. 514L’esame formale <strong>di</strong> P.Tebt. 269, ed in particolare l’analisi paleografica condottasul frammento con lo scopo <strong>di</strong> verificarne la datazione, ci ha portati a confrontareil nostro pezzo con altri testimoni della scrittura maiuscola rotonda. Basandole nostre ricerche soprattutto sul contributo che nel 1967 G. Cavallo ha de<strong>di</strong>catoalla descrizione <strong>di</strong> questa tipologia scrittoria 12 , abbiamo considerato gliesemplari da lui elencati, ritrovando particolari affinità tra P.Tebt. 269 e i testimonidella fase matura del canone 13 .Nel corso <strong>di</strong> questi confronti abbiamo inoltre notato una sorprendente somiglianzatra il nostro pezzo e P.Ryl. 514 14 . Sebbene i due frammenti non siano maistati accostati, alcune prove “esterne” ed “interne” ci hanno condotto a proporreuna possibile lettura parallela dei due frammenti.Innanzitutto è bene ricordare che, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> ciò che si è detto per P.Tebt.269, ritrovato in un contesto residenziale, P.Ryl. 514 è un papiro d’acquisto, <strong>di</strong>provenienza, dunque, sconosciuta. Entrambi i frammenti, inoltre, si presentanovergati solo sul recto con una scrittura che quasi sempre appare calligrafica, improntataad un rigido bilinearismo, infranto solamente dalle lunghe phi e psi, con11Ibid., 28.12Cfr. CAVALLO 1967a, 209-20, ristampato in CAVALLO 2005, 151-62. Sulla maiuscola rotonda cfr. ancheTURNER 1987, 38, CAVALLO 1972, 131-40, ristampato in CAVALLO 2005, 73-83 e CAVALLO 2008, 95-8.13Si vedano la forma non occhiellata e semicircolare dell’epsilon con curva superiore e tratto me<strong>di</strong>anostaccati; la linea me<strong>di</strong>ana dell’omega che tende a raddrizzarsi; il virtuosismo calligrafico senza affettazionee l’equilibrio <strong>di</strong> tratteggio che, mantenendo la regolarità dell’angolo <strong>di</strong> scrittura, evita marcatieffetti chiaroscurali (cfr. CAVALLO 1967a, 214-5).14La nostra indagine sul frammento è stata condotta sulla tavola contenuta nell’e<strong>di</strong>tio princeps (ROBERTS(ed.) 1938, pl.VII). Segnaliamo che l’e<strong>di</strong>tore principe <strong>di</strong> P.Ryl. 514 aveva ricondotto la scrittura delframmento alla tipologia della “maiuscola biblica”. Questa errata valutazione è stata in<strong>di</strong>viduata e correttada Cavallo (cfr. CAVALLO 1967b, 17) che ha giustamente riconosciuto nel papiro un testimone dellamaiuscola rotonda.


Papyrotheke 1 (2010) ― 61lettere ben <strong>di</strong>stanziate e <strong>di</strong>segnate da curve eleganti nella continuità della scriptio.Sebbene, poi, G. Cavallo citi P.Ryl. 514 come esempio <strong>di</strong> “decadenza del canone”,egli non lo colloca oltre i limiti del II secolo d.C., cioè richiama una datazionecompatibile con quella <strong>di</strong> P.Tebt. 269 15 . Inoltre, più in generale, lo stessoautore lascia intendere che in alcuni casi l’attribuzione dei frammenti all’una oall’altra fase del canone non dovrebbe essere condotta troppo rigidamente. Adesempio egli stesso ritrova vari punti <strong>di</strong> contatto tra la scrittura <strong>di</strong> P.Oxy. 2624(associato alla stessa fase decadente a cui anche P.Ryl. 514 viene attribuito) e ilcosiddetto Omero <strong>di</strong> Hawara, uno <strong>degli</strong> esempi più raffinati <strong>di</strong> maiuscola rotonda“matura” 16 .Dall’analisi delle scritture dei frammenti si è notato che le mani <strong>di</strong> P.Tebt.269 e <strong>di</strong> P.Ryl. 514 sono quasi del tutto sovrapponibili. Anche se nell’ambito dellaregolarità tipica della maiuscola greca rotonda i caratteri personali del ductuserano tanto ri<strong>di</strong>mensionati rispetto a quelli “tipici”, le coincidenze che si riscontranonello stu<strong>di</strong>o paleografico <strong>di</strong> questi documenti sono davvero significative.Dapprima si notino, nei due papiri, le notevoli somiglianze riscontrabili nellaforma delle lettere più caratteristiche <strong>di</strong> questa scrittura canonizzata 17 : il my sipresenta ampio ed elegante, con i tratti me<strong>di</strong>ani fusi in un’unica linea ricurva eornato alla sommità delle aste verticali da uncini orientati verso sinistra (cfr. P.-Tebt. 269 rr.2 – dove se ne ha una versione rimpicciolita in fine <strong>di</strong> rigo – e 8; P.-Ryl. 514 col. I, rr. 1-2).P.Tebt. 269, r. 8 P.Ryl. 514, col. I r. 215CAVALLO 1967a, 218.16Ibid., 218.17Ibid., 210.


62 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> libroIn entrambi i papiri la linea me<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> omega tende, inoltre, ad essere <strong>di</strong>spostasecondo la normale al rigo <strong>di</strong> base (cfr. P.Tebt. 269 rr. 6-7; P.Ryl. 514 col. I,r. 5), come avviene nella fase matura del canone:P.Tebt. 269, r. 6 P.Ryl. 514, col. I r. 5Il kappa ha un’attaccatura piuttosto alta e l’asta obliqua <strong>di</strong>scendente si presentaleggermente arcuata (cfr. P.Tebt. 269, rr. 5; 7-8; P.Ryl. 514, col. I, rr. 1; 4 ecol. II r. 1):P.Tebt. 269, r. 7 P.Ryl. 514, col. II r. 1Le maggiori somiglianze, poi, si riscontrano nelle <strong>di</strong>mensioni delle lettere.Ecco una tabella riassuntiva delle rispettive misure 18 :18Si segnalano altezza x larghezza in cm. Le misurazioni sono state eseguite non tenendo conto dellelettere rimpicciolite ai rr. 1 e 2 <strong>di</strong> P.Tebt. 269 e stimando, per ambo i frammenti, una me<strong>di</strong>a delle <strong>di</strong>mensioni<strong>degli</strong> esemplari della medesima lettera, che talvolta variavano leggermente tra un rigo e l’altro.


Papyrotheke 1 (2010) ― 63Lettere P.Tebt. 269 P.Ryl. 514Α 0,4 x 0,4 0,4 x 0,4Β 0,4 x 0,4 /Γ / /Δ 0,4 x 0,5 /Ε 0,3 x ? 0,3 x 0,4Ζ / /Η ? x 0,4 0,4 x 0,4Θ 0,4 x 0,4 /Ι 0,4 x 0,1 0,4 x 0,1Κ 0,4 x 0,4 0,4 x 0,4Λ 0,4 x 0,4 0,4 x 0,4Μ 0,4 x 0,6 0,4 x 0,6Ν 0,4 x 0,4 0,4 x 0,4Χ / /Ο 0,3 x 0,4 0,3 x 0,4Π 0,4 x 0,5 0,4 x 0, 5Ρ / 0,4 x 0,3Σ 0,3 x 0,4 0,3 x 0,4Τ 0,4 x 0,4 0,4 x 0,5Υ 0,4 x 0,4 /Φ 1,1 x 0,5 1,1 x 0,5Χ / /Ψ 0,7 x ? /Ω 0,3 x 0,6 0,3 x 0,6Anche i criteri d’impaginazione utilizzati nei due papiri presentano alcune interessanticoincidenze. Le interlinee <strong>di</strong> P.Tebt. 269 si aggirano tra gli 0,4 e gli 0,3cm e corrispondono perfettamente a quelle che separano i 10 righi <strong>di</strong> scrittura <strong>di</strong>spostisu due colonne in P.Ryl. 514 (0,3 cm ca). Questo dato merita attenzioneperché non è abituale nei rotoli che Johnson definisce come “elegant” 19 , tra i qua-19JOHNSON 2004, 156


64 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> libroli probabilmente dovremmo far confluire P.Tebt. 269 e P.Ryl. 514 20 . Infatti, soloil 32% dei rotoli letterari <strong>di</strong> alta qualità formale che egli considera porta interlineecosì ampie.Si noti, poi, che gli scribi <strong>di</strong> entrambi i papiri usarono particolare cura nell’inserirea testo segni interpuntivi o <strong>di</strong>acritici. In P.Tebt. 269 compaiono delle stigmai(due punti in alto ai rr. 3 e 7) e al r. 8 si trova un trattino riempitivo, che giustificala colonna. Nel papiro Rylands notiamo un segno <strong>di</strong> paragraphos nell’interlineache separa il r. 4 dal r. 5 (II col.) e un trattino riempitivo dello stesso genere<strong>di</strong> quello appena ricordato per il frammento tebtunense al r. 3 della primacolonna: entrambe sono piccole virgole rovesciate e volte a sinistra. Questo è unaspetto rilevante se si nota che, data la loro funzione solo esornativa, tali trattiniassumevano spesso forme <strong>di</strong>fferenti a seconda dello scriba che li <strong>di</strong>segnava.Riserviamo, infine, un ultimo cenno al contenuto dei testi. Senza pronunciarcisul genere letterario dei due frammenti, notiamo che P.Ryl. 514, come P.Tebt.269, è un frammento letterario <strong>di</strong> prosa adespoto che testimonia al r. 7 della col. Ila sequenza τωϲοφι 21 . Essa, pur nella lacunosità del contesto, pare rimandare altermine ὁ ϲοφιϲτήϲ presente al genitivo plurale ai rr. 6-7 <strong>di</strong> P.Tebt. 269.Il tentativo <strong>di</strong> una lettura parallela dei testi, insomma, cre<strong>di</strong>amo possa trovareuna solida base <strong>di</strong> giustificazione nell’aspetto paleografico <strong>di</strong>stintivo esibito daentrambi i manufatti. La prima considerazione che si è naturalmente spinti a formularea questo proposito è che i due frammenti possano provenire da rotoli approntatidalla stessa mano, ma forse sarebbe possibile spingersi oltre e pensareche essi appartenessero allo stesso rotolo originario, una possibilità quest’ultimache andrà esplorata con attenzione sulla base delle pur limitate porzioni <strong>di</strong> testoconservato nelle frammentarie colonne superstiti.Margherita Centenari / Luca IoriUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parmamargherita.centenari1@studenti.unipr.it / luca.iori@studenti.unipr.it20Come nota JOHNSON 2004, 156, l’unica prova atten<strong>di</strong>bile per riconoscere i rotoli librari <strong>di</strong> lusso è lo stilescrittorio, che nei nostri papiri, come si è visto, è particolarmente raffinato.21Cfr. ROBERTS (ed.) 1938, 133; 139.


Papyrotheke 1 (2010) ― 65BibliografiaG. BASTIANINI (1995), Tipologie dei rotoli e problemi <strong>di</strong> ricostruzione, in Atti del V seminariointernazionale <strong>di</strong> papirologia (Lecce 27-29 giugno 1994), ed. M. CAPASSO, Galatina (BA),21-42.G. BASTIANINI, C. GALLAZZI (eds.) (2001), Papiri dell’Università <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano VIII.Epigrammi (P.Mil.Vogl. VIII 309). Posi<strong>di</strong>ppo <strong>di</strong> Pella, con la collaborazione <strong>di</strong> C.F.L.AUSTIN, I-II, Milano (= P.Mil.Vogl. VIII).M. CAPASSO (1998), I titoli nei papiri ercolanesi. IV. Altri tre esempi <strong>di</strong> titoli iniziali, PapLup 7,41-73.M. CAROLI (2007), Il titolo iniziale nel rotolo librario greco-egizio, Bari.G. CAVALLO (1967a), Osservazioni paleografiche sul canone e la cronologia della cosiddetta«onciale romana», ASNP 36, 209-20.G. CAVALLO (1967b), Ricerche sulla maiuscola biblica, I-II, Firenze.G. CAVALLO (1972), Fenomenologia libraria della maiuscola greca: stile, canone, mimesigrafica, BICS 19, 131-40.G. CAVALLO (2005), Il calamo e il papiro. La scrittura greca dall’età ellenistica ai primi secoli<strong>di</strong> Bisanzio, Firenze.G. CAVALLO (2008), La scrittura greca e latina dei papiri. Una introduzione, Pisa/Roma.CPF 1999 = Corpus dei papiri filosofici greci e latini. Testi e lessico nei papiri <strong>di</strong> cultura grecae latina. Autori noti, I *** (Platonis testimonia – Zeno Tarsensis), Firenze.G. DEL MASTRO (2002), La subscriptio del PHerc. 1005 e altri titoli in caratteri <strong>di</strong>stintivi neipapiri ercolanesi, CErc 32, 245-56.T. DORANDI (1984), Sillyboi, S&C 8, 185-99.B.P. GRENFELL, A.S. HUNT, E.J. GOODSPEED (eds.) (1907), The Tebtunis Papyri, II, London (=P.Tebt. II).W.A. JOHNSON (2004), Bookrolls and Scribes in Oxyrhynchus, Toronto/Buffalo/London.A.E. HANSON (2001), Text & Con<strong>text</strong> for the Illustrated Herbal from Tebtunis, in Atti del XXIICongresso Internazionale <strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong> (Firenze, 23-29 agosto 1998), eds. I. ANDORLINI,G. BASTIANINI. M. MANFREDI, G. MENCI, I-II, Firenze, I, 585-604.W. LUPPE (1977), Rückseitentitel auf Papyrusrollen, ZPE 27, 89-100.E.R. O’CONNELL (2007), Recon<strong>text</strong>ualizing Berkeley’s Tebtunis Papyri, in Procee<strong>di</strong>ngs of the24th International Congress of Papyrologists (Helsinki, 1–7 August, 2004), eds. J.FRÖSÉN, T. PUROLA, E. SALMENKIVI, I-II, Helsinki, II, 807-26.C.H. ROBERTS (ed.) (1938), Catalogue of the Greek and Latin Papyri in the John RylandsLibrary III: Theological and Literary Texts, Manchester (= P.Ryl. III).E.G. TURNER (1987), Greek Manuscripts of the Ancient World. Second E<strong>di</strong>tion Revised and


66 ― M. Centenari / L. Iori, Ad apertura <strong>di</strong> libroEnlarged, ed. P.J. PARSONS, London.E.G. TURNER (1994),“Recto” e “verso”. Anatomia del rotolo <strong>di</strong> papiro, Firenze (The Terms“Recto” and “Verso”: the Anatomy of the Papyrus Roll, Bruxelles 1978 [Pap.Brux. 16]).


Papyrotheke 1 (2010) ― 67Le attività e le attestazioni <strong>di</strong> un prefetto d’Egitto:Lucius Munatius FelixQuesto lavoro de<strong>di</strong>cato alla carriera politica <strong>di</strong> Lucius Munatius Felix nascedall’esigenza <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re il suo operato in qualità <strong>di</strong> prefetto d’Egitto, qualecompito preliminare alla lettura e all’interpretazione <strong>di</strong> un papiro ancora ine<strong>di</strong>to e<strong>di</strong> prossima pubblicazione 1 . Il papiro in questione, databile all’anno 152/153 d.C.,al rigo sesto cita, in un contesto particolarmente frammentario, i κελευϲθέντα delκράτιϲτοϲ ἡγεμών Munatius Felix; da qui nasce la necessità <strong>di</strong> raccogliere ladocumentazione relativa ai provve<strong>di</strong>menti presi dal prefetto nell’arco del suomandato.Il dossier consta <strong>di</strong> una citazione letteraria, alcune iscrizioni e naturalmenteuna serie <strong>di</strong> papiri che sono senza dubbio la nostra migliore fonte d’informazionesulle attività del nostro prefetto. Le iscrizioni, infatti, citano solamente Munatiuse la carica che ricopriva senza fornire dettagli sul suo operato 2 . L’unica testimonianzaletteraria a nostra <strong>di</strong>sposizione, invece, ricorda l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> un giovanecristiano che chiedeva, a supporto del suo intento <strong>di</strong> vivere castamente, <strong>di</strong> poter<strong>di</strong>ventare eunuco. L’operazione non poteva essere eseguita senza il consenso delprefetto Munatius, che rifiutò l’autorizzazione 3 .A conclusione <strong>di</strong> questo contributo sono raccolte, in un elenco (Tav. 1), le in-1Il papiro da Tebtynis UC 2435, che include sul recto la citazione del prefetto Munatius, sarà pubblicatocome esito del “Seminario su papiri ine<strong>di</strong>ti da Tebtynis” (Università <strong>di</strong> Parma).2MILNE 1905, 13, nr. 9307 (= BRECCIA 1911, nr. 69) del 01-02.151-154: Munati]o Felice praef(ecto) |[A]eg(ypti); IGR I 1176 (= MILNE 1905, 41, nr. 9266 = SB 8816) del 25.05.150-154: ΛυκίουΜουνατίου Φήλικοϲ ἐπάρχου Αἰγύπτου; IGR I 1290 B, 6 (= CIG 4863 III 9 = SB 8392, 11 (?) ) del07-08.149-153: Λυκίου...ἐπάρχου Αἰγύπτου; AE 1952, nr. 248 (= BERNARD 1977, nr. 53): MunatioFelice [praef(ecto) Aeg(ypti)].3Justin. Apol. I, 29, 2 ss.


68 ― M. Nuti, Le attività e le attestazioni <strong>di</strong> un prefetto d’Egitto<strong>di</strong>cazioni dei papiri che citano il prefetto d’Egitto Lucius Munatius Felix 4 , il qualerimase in carica sotto l’impero <strong>di</strong> Antonino Pio (138-161 d.C.) certamente peril periodo che va dal 17 aprile 150 5 al febbraio-marzo del 154 6 . Il suo mandato,comunque, dovrebbe essere andato molto oltre questo arco cronologico, poichél’ultima attestazione riferibile al possibile predecessore, Marcus Petronius Honoratus,è datata 11 novembre 148 d.C., e la prima testimonianza riconducibile alsuccessore <strong>di</strong> Munatius, Marcus Sempronius Liberalis, è databile al 29 agosto del154 d.C. 7 .Le testimonianze <strong>di</strong>sponibili sull’operato <strong>di</strong> Lucius Munatius Felix rendonobene conto delle principali responsabilità che un praefectus Aegypti doveva avere8 . La maggior parte dei documenti in questione si riferisce al prefetto qualemassima autorità giu<strong>di</strong>ziaria, che esercita le sue funzioni nel tribunale permanentead Alessandria oppure nei conuentus, tenuti in itinere nei <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>stretti egi-4L’elenco delle attestazioni allegato è stato redatto sulla base <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> BURETH 1988, 485, e <strong>di</strong>BASTIANINI 1988, 509. L’elenco segue un or<strong>di</strong>ne cronologico raggruppando dapprima le citazioni delprefetto che si riferiscono ad uno specifico anno della prefettura <strong>di</strong> Munatius (# 1-14), poi quelle perle quali si può in<strong>di</strong>care una forbice più o meno ampia all’interno del periodo in cui il prefetto è rimastoin carica (# 15-22); infine si riportano le attestazioni che sono riferibili ad un tempo successivo allaprefettura <strong>di</strong> Munatius e che lo in<strong>di</strong>cano quale ex prefetto (# 23-29).5P.Ryl. II 75 (# 2).6P.Oxy XLI 2961-2963 (# 12-14). Secondo l’e<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> PSI V 447, la testimonianza # 24 del nostroelenco, è possibile supporre che L. Munatius Felix sia stato prefetto anche durante il regno <strong>di</strong> Adriano,poiché al rigo 21 <strong>di</strong> questo papiro si cita l’ex prefetto Munatius con la datazione imperiale che risale aquesto imperatore. La lettura, tuttavia, è frutto <strong>di</strong> un’integrazione e il contesto è decisamente frammentario,mancando le successive linee <strong>di</strong> testo. L’ipotesi <strong>di</strong> una prefettura <strong>di</strong> Munatius in epocaadrianea pare comunque doversi escludere, poiché non è attestata da nessun altro papiro e perché nessunprefetto d’Egitto sembra aver ricevuto l’incarico in due perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti sotto due <strong>di</strong>versi imperatori.7Si vedano rispettivamente P.Meyer I 3, 8 (11.11.148 d.C.) e BGU II 372, 1 (= SB XX 14662;29.08.154 d.C.). Ipoteticamente si può inserire prima oppure dopo la prefettura <strong>di</strong> Munatius quella <strong>di</strong>Dinarchus, che però è attestata solo da un passo <strong>di</strong> Malalas (XI, 367), per <strong>di</strong> più d’incerta interpretazione(cfr. BASTIANINI 1975, 291 n. 1). La testimonianza <strong>di</strong> PSI IX 1026, B, 16 (= CPL 117), la primadel nostro elenco, è datata al 22 gennaio del 150 e, nonostante sia semplicemente nominata la caricadel praefectus Aegyptius, viene generalmente attribuita alla prefettura <strong>di</strong> L. Munatius Felix.8Sull’attività del prefetto d’Egitto si veda ora il lavoro <strong>di</strong> JÖRDENS 2009.


Papyrotheke 1 (2010) ― 69ziani. A queste prerogative fa riferimento l’unica testimonianza letteraria <strong>di</strong>sponibile,quella già ricordata in precedenza, mentre le sentenze del prefetto conservatecinei papiri, almeno per i contesti in cui è possibile comprenderne il contenuto9 , si riferiscono in due casi ad azioni per debiti. In una <strong>di</strong> queste occasioni Munatius,<strong>di</strong> fronte alla rinuncia al proprio patrimonio da parte <strong>di</strong> un debitore insolvente,stabilisce che tale rinuncia non sia valida se il debitore è in buona fede enon ha compiuto atti fraudolenti nei confronti dei cre<strong>di</strong>tori 10 . In un altro caso vienericordato un giu<strong>di</strong>zio dell’ormai ex-prefetto che si esprimeva sull’impossibilità<strong>di</strong> sottrarsi al pagamento <strong>di</strong> un debito portando nuove accuse contro il cre<strong>di</strong>tore11 .Sempre ai poteri giu<strong>di</strong>ziari del prefetto d’Egitto fa riferimento anche la petizione<strong>di</strong> un veterano <strong>di</strong> guerra che richiede l’apertura del testamento <strong>di</strong> un familiare12 . Infine, bisogna segnalare un altro papiro che riporta quattro giu<strong>di</strong>zi prefettizi:i primi due e l’ultimo riferibili a Munatius, il terzo al suo successore Libera-9In un caso (P.Ryl IV 678, 6 e 9 = # 4) il testo è troppo frammentario per poter comprendere a cosa siriferisse il giu<strong>di</strong>zio espresso dal prefetto Munatius. Per altri papiri si comprende in linea <strong>di</strong> massimacosa riguardava la <strong>di</strong>sputa, ma non è chiaro l’intervento <strong>di</strong> Munatius: in un’occasione il prefetto sipronunciava su <strong>di</strong> una vicenda <strong>di</strong> furto non ricostruibile nei dettagli (P.Mich. inv. 160 + P. Oslo 18 = #20); in un’altra, su una questione non meglio precisabile che coinvolgeva kynegoi e kamelotrophoi(P.Oxf. 4, 1 = # 22). Da un papiro proveniente dall’Arsinoite sappiamo dell’intenzione <strong>di</strong> un abitante<strong>di</strong> Soknopaiou Nesos <strong>di</strong> ricorrere nella successiva occasione al conuentus <strong>di</strong> Munatius dopo non averavuto sod<strong>di</strong>sfazione in merito ad una <strong>di</strong>sputa monetaria (P.Lond. II 358 = # 19). Infine in un altro papirodall’Arsinoite si citano gli hypomnēmata dell’ex-prefetto Munatius all’interno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sputa suun’ere<strong>di</strong>tà (BGU II 613 = # 26).10P.Ryl. II 75 (# 2).11P.Oxy. II 237 (# 8). Si tratta della nota petizione, inviata nel 186 da Dionysia al prefetto PomponiusFaustianus, che contiene un resoconto <strong>di</strong> una complicata vertenza in atto tra la richiedente e il padreChaeremon. Oggetto della causa è una questione monetaria, legata ad una proprietà gravata da ipoteca,parte della dote della figlia. Contro il giu<strong>di</strong>zio favorevole a Dionysia, Chaeremon richiede che lafiglia sia separata, contro la sua volontà, dal marito, il quale lo aveva minacciato. Di fronte all’accusadel padre, Dionysia espone al prefetto una serie <strong>di</strong> precedenti giu<strong>di</strong>zi sull’inammissibilità della richiestae riven<strong>di</strong>ca che in ogni caso non è possibile sottrarsi al pagamento <strong>di</strong> quanto dovuto ponendo unanuova questione giu<strong>di</strong>ziaria. Da questo punto <strong>di</strong> vista Dionysia cita una sentenza <strong>di</strong> Munatius che vain questa <strong>di</strong>rezione.12BGU II 448 (# 21).


70 ― M. Nuti, Le attività e le attestazioni <strong>di</strong> un prefetto d’Egittolis 13 . Di quelli che riguardano il nostro prefetto si può affermare che il primo, tenutonel corso <strong>di</strong> un conuentus a Pelusium, riguarda l’affidamento <strong>di</strong> una liturgia,l’amphodarchia, mentre l’ultimo pare riferirsi a questioni <strong>di</strong> tasse. Sebbene nonsia ulteriormente specificabile il contenuto delle sentenze <strong>di</strong> Munatius, ed anzidella seconda non sia comprensibile nemmeno il contesto, a causa delle cattivecon<strong>di</strong>zioni del papiro, il documento è significativo perché i giu<strong>di</strong>zi citati rimandano,per la materia trattata, ad un’altra importante competenza del prefetto: ilcontrollo finanziario e fiscale. A questa prerogativa si riferiscono alcuni testi relativia requisizioni <strong>di</strong> viveri nell’Ossirinchite e nel Prosopite durante il periododella prefettura <strong>di</strong> Munatius, e precisamente tra il 152 e il 154.Una prima testimonianza è nota da un papiro della Società Italiana che risaleal 152 d.C. Si tratta <strong>di</strong> una <strong>di</strong>chiarazione da parte <strong>di</strong> alcuni proprietari <strong>di</strong> poderi <strong>di</strong>un villaggio dell’Ossirinchite, i quali asseriscono <strong>di</strong> aver fornito vino ad Herakleides(oinemporos), secondo i keleusthenta del praefectus Munatius 14 . Alcunipapiri <strong>di</strong> Ossirinco, databili al febbraio 154, contengono ricevute del pagamentoda parte dei banchieri pubblici (demosioi trapezitai) per il grano che era stato requisitoal prezzo <strong>di</strong> 8 dracme, secondo gli or<strong>di</strong>ni (keleustheis) del prefetto 15 . Infine,un altro papiro <strong>di</strong> Ossirinco che risale al periodo successivo alla prefettura <strong>di</strong>Munazio, e probabilmente all’anno 154/155 d.C., riporta il testo <strong>di</strong> un’altra ricevutadel pagamento da parte <strong>di</strong> banchieri reali (basilikoi trapezitai) al prezzo chel’ex prefetto Munatius Felix aveva or<strong>di</strong>nato per il grano requisito nel nomo Prosopite16 .Un’altra responsabilità del prefetto era il controllo dei lavori pubblici, che inEgitto rivestivano particolare importanza soprattutto per la loro relazione con leinondazioni del Nilo. Ancora un papiro <strong>di</strong> Ossirinco, infatti, testimonia che sottola prefettura <strong>di</strong> Munatius le casse pubbliche stanziarono una somma che dovevaservire a completare i lavori comatici lungo il Nilo, o lungo un canale, che erano13P.Mich. inv. 2964 (ve<strong>di</strong> # 6, 16 e 17).14PSI X 1123 (# 9).15P.Oxy. XLI 2961-2963 (# 12-14).16P.Oxy. LX 4056 (# 23).


Papyrotheke 1 (2010) ― 71stati affidati ad un liturgo 17 .Tra i compiti del praefectus Aegypti vi era anche quello <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare, tramitee<strong>di</strong>tto, il censimento provinciale. Tale operazione si svolse regolarmente, ogni 14anni, nel periodo tra il 19/20 e il 257/258 d.C., e dunque durante la prefettura <strong>di</strong>Munatius nessun censimento dovette essere indetto. Esisteva comunque una forma<strong>di</strong> aggiornamento delle registrazioni della popolazione, che consisteva nellerichieste <strong>di</strong> epikrisis. Tale procedura prevedeva l’accertamento, attraverso l’esamedei titoli, della possibile appartenenza <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo ad una determinata categoria<strong>di</strong> abitanti che godevano <strong>di</strong> alcuni privilegi, soprattutto quello <strong>di</strong> pagareuna quota ridotta della laographia (la tassa pro capite); tra questi privilegiati vierano i citta<strong>di</strong>ni romani, le cui <strong>di</strong>chiarazioni <strong>di</strong> status venivano vagliate dal prefettome<strong>di</strong>ante un suo rappresentante. Due papiri, entrambi datati dopo il 160d.C., fanno riferimento ad epikriseis avvenute sotto Munatius 18 . Al conferimento<strong>di</strong> particolari prerogative è collegato anche un altro papiro, che costituisce l’unicaattestazione, all’interno del nostro dossier, <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>tto <strong>di</strong> Munatius Felix, riferitoai privilegi dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Antinopoli, che però non sono meglio precisabili acausa dello stato frammentario del documento 19 .Il prefetto d’Egitto non era solo la massima autorità in campo civile nella regione,ma era anche il comandante delle legioni stanziate nella provincia – due altempo <strong>di</strong> Antonino Pio – e il capo delle forze <strong>di</strong> polizia. Gli ultimi due papiri cherimangono per completare la nostra breve rassegna paiono riferirsi proprio all’autoritàmilitare del nostro prefetto. Il primo documento in questione è una petizione,in<strong>di</strong>rizzata al governatore della Giudea da parte <strong>di</strong> veterani originari <strong>di</strong> Alessandriache intendevano ritornare in patria dopo il servizio. Costoro richiedonoun documento che attesti lo scioglimento del giuramento militare e che sia valido<strong>di</strong> fronte al prefetto dell’Egitto. L’altro papiro <strong>di</strong> natura militare in cui compareMunatius contiene una lista <strong>di</strong> soldati, forse segnalati per qualche riconoscimentoo promozione; il testo è lacunoso ma, secondo l’e<strong>di</strong>tore, è possibile che la cita-17P.Oxy. IV 800 (= SB XVI 12374; # 10); cfr. MARTIN 1979.18SB X 10219 (161 d.C.; # 3) e PSI V 447 (166/7 d.C.; # 24).19P.Iand. VII 140 (# 7).


72 ― M. Nuti, Le attività e le attestazioni <strong>di</strong> un prefetto d’Egittozione <strong>di</strong> alcuni prefetti del periodo 147-163 d.C. non sia semplicemente un sistema<strong>di</strong> datazione, bensì si riferisca al reclutamento <strong>di</strong> truppe ausiliarie da questicondotto durante il loro mandato 20 .MASSIMILIANONUTIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ParmaDipartimento <strong>di</strong> Storiamassimiliano.nuti@nemo.unipr.itBibliografiaG. BASTIANINI (1975), Lista dei prefetti d’Egitto, ZPE 17, 263-328.G. BASTIANINI (1988), Il Prefetto d'Egitto (30 a.C. - 297 d.C.): addenda (1973-1985), in ANRW,t. II, 10, 1, Berlin/New York, 503-517.A. BERNARD (1977), Pan du désert, Leiden.E. BRECCIA (1911), Iscrizioni greche e latine nel Museo Greco-Romano <strong>di</strong> Alessandria, Il Cairo.P. BURETH (1988), Le préfet d’Égypte (30 av. J.-C. - 297 ap. J.-C.): état présent de ladocumentation en 1973, in ANRW, t. II, 10, 1, Berlin/New York, 472-502.A. JÖRDENS (2009), Statthalterliche Verwaltung in der Römischen Kaiserzeit. Stu<strong>di</strong>en zumPraefectus Aegypti, Stuttgart (“Historia Einzelschriften” 175).A. MARTIN (1979), Le P. Oxy IV 800 et le financement des travaux publics, CE 54, 131-3.J.G. MILNE (1905), Greek Inscriptions, Oxford (“Catalogue Général des AntiquitésÉgyptiennes”).20P.Mich. VII 447 (= Ch.L.A. XLII 1225; # 6 e 11).


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NOTE e RECENSIONI


Papyrotheke 1 (2010) ― 81Un ambulatorio me<strong>di</strong>co antico:due libri recenti sul “Chirurgo <strong>di</strong> Rimini”Questo contributo prende spunto dalla lettura dei seguenti volumi:Me<strong>di</strong>ci e pazienti nell’antica Roma, La me<strong>di</strong>cina romana e la domus “del Chirurgo”<strong>di</strong> Rimini. Atti del Convegno internazionale (Rimini, 12 giugno 2008), a cura<strong>di</strong> Stefano DE CAROLIS e Valeria PESARESI, “Historica” 40, Verucchio (RN),Pazzini, 2008 (“Bollettino dell’Or<strong>di</strong>ne dei Me<strong>di</strong>ci Chirurghi e <strong>degli</strong> Odontoiatridella Provincia <strong>di</strong> Rimini” 9/1-2), 156 pp., € 10,00 | ISBN 8862570589.ARS MEDICA. I ferri del mestiere. La domus del ‘Chirurgo’ <strong>di</strong> Rimini e la chirurgianell’antica Roma, a cura <strong>di</strong> Stefano DE CAROLIS, Rimini, Guaral<strong>di</strong>, 2009,103 pp., € 30,00 | ISBN 8880493515.Nel 1989, a Rimini, durante i lavori <strong>di</strong> risistemazione <strong>di</strong> piazza Ferrari, videcasualmente la luce uno dei ritrovamenti archeologici più interessanti per la storiadella me<strong>di</strong>cina, il complesso della domus “del Chirurgo” 1 (Fig. 1). Distruttonel corso <strong>di</strong> eventi bellici nella seconda metà del III secolo d.C. 2 , il sito ha conservatoin loco una grande quantità <strong>di</strong> materiali, tra i quali spicca una ricchissimadotazione <strong>di</strong> strumenti chirurgici in metallo e <strong>di</strong> altri oggetti terapeutici in pietra eceramica 3 . Lo strumentario fu rinvenuto in due vani presumibilmente a<strong>di</strong>biti al-1 Le circostanze, del tutto fortuite, in cui avvenne il ritrovamento della domus, sono descritte in ORTALLI2009, 22.2 Più precisamente, la data proposta per il crollo dell’e<strong>di</strong>ficio dovrà essere intorno al 260 d.C.; l’eventobellico sarebbe dunque da identificare con un’invasione da parte <strong>degli</strong> Alamanni. L’analoga sorte <strong>di</strong>altri e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> Ariminum, ed il ritrovamento <strong>di</strong> armi insieme al resto dei reperti (se non si tratta <strong>di</strong> unsemplice trofeo già presente nella domus) sono ulteriori testimonianza <strong>di</strong> questa ricostruzione. Cfr. ancheORTALLI 2009, 26.3 I fatti che provocarono la <strong>di</strong>struzione della domus dovettero culminare in un incen<strong>di</strong>o, che causò la <strong>di</strong>struzioneo il danneggiamento <strong>di</strong> tutti materiali vulnerabili al fuoco, come ad esempio i testi che il nostrome<strong>di</strong>cus doveva certamente avere sottomano per la consultazione (ricettari, appunti, manuali e


82 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticol’esercizio della professione me<strong>di</strong>ca (vd. infra).Notevole è, in particolare, il fatto che durante e dopo gli eventi che ne causaronola <strong>di</strong>struzione nulla fu asportato dalla domus (dove è stato rinvenuto, tra lealtre cose, anche un gruzzolo <strong>di</strong> monete; anche il set <strong>di</strong> strumenti aveva <strong>di</strong> per ségrande valore 4 ); si ha dunque la <strong>di</strong>screta certezza <strong>di</strong> avere a che fare con un armamentariome<strong>di</strong>co <strong>completo</strong>, conservato nel proprio contesto d’uso ed accuratamentescavato, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto si riscontra nel caso delle più importanti testimonianzemateriali sulla me<strong>di</strong>cina antica, quelle provenienti da Pompei (spessospostate in antico durante la fuga dei proprietari dall’eruzione e ritrovate secolifa, con ciò che ne consegue dal punto <strong>di</strong> vista del metodo 5 ) o dalle numerose sepolturedocumentate in gran parte del mondo greco-romano, probabilmente solouna selezione (per <strong>di</strong> più fuori contesto) <strong>degli</strong> strumenti appartenuti al defunto 6 .Dopo descrizioni più scarne della domus 7 , l’attenzione <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong>osi si è dunque,a ragione, soffermata sul me<strong>di</strong>cus riminese, sul suo ricco armamentario esulla pratica me<strong>di</strong>ca in generale con <strong>di</strong>versi articoli apparsi su perio<strong>di</strong>ci specializzati8 e, in particolare, con due volumi miscellanei usciti negli ultimi anni, al terminedell’indagine archeologica e della musealizzazione del sito e dei reperti.Il primo in or<strong>di</strong>ne cronologico è un numero monografico del bollettino dell’Or<strong>di</strong>nedel Me<strong>di</strong>ci della provincia <strong>di</strong> Rimini, che raccoglie gli atti del convegnointernazionale “Me<strong>di</strong>ci e pazienti nell’antica Roma”, tenutosi a Rimini nel 2008in occasione del X Festival del mondo antico 9 . Come suggerisce il titolo, la prospettiva<strong>degli</strong> interventi in esso contenuti è piuttosto ampia; i più interessanti perquanto riguarda la lettura del sito sono i contributi <strong>di</strong> Jacopo Ortalli 10 (<strong>di</strong>rettoretrattati).4 Cfr. ORTALLI 2009, 22 e 32 ss., JACKSON 2009.5 A questo proposito cfr. BLIQUEZ 1994, 6 ss. e JACKSON 2009, 73.6 Dà conto dei ritrovamenti in ambito sepolcrale, sia per quanto riguarda le tipologie riscontrate che la<strong>di</strong>stribuzione geografica, KÜNZL 1983.7 Si veda ad esempio ORTALLI 2000.8 Lo strumentario è stato stu<strong>di</strong>ato in particolar modo da Ralph Jackson: cfr. ad esempio JACKSON 2003.9 Si veda supra per i dettagli sulla pubblicazione.10 ORTALLI 2008.


Papyrotheke 1 (2010) ― 83scientifico dello scavo) e Ralph Jackson 11 .La seconda pubblicazione 12 (e<strong>di</strong>ta nel 2009 in occasione del congresso dellaSocietà Italiana <strong>di</strong> Chirurgia), che contiene anch’essa alcuni articoli non imme<strong>di</strong>atamenteconnessi alla domus ed al suo ultimo fruitore 13 , risulta <strong>di</strong> particolareimportanza per una più dettagliata descrizione del sito grazie a due contributi, focalizzatirispettivamente sul sito archeologico 14 e sullo strumentario me<strong>di</strong>co 15 .Notevole è la buonissima qualità delle illustrazioni contenuti nel <strong>volume</strong>, specialmenteper quanto riguarda i ferri chirurgici e gli altri oggetti destinati alla praticaterapeutica.Non è mia intenzione, in questa sede, fornire una dettagliata recensione dellepubblicazioni citate, bensì dare conto delle nuove informazioni sulla domus riminesein esse riportate e rilevare se e come queste confermino o completino i datigià noti da altri tipi <strong>di</strong> fonti (prevalentemente scritte) relative alla pratica me<strong>di</strong>caantica, specialmente nel suo svolgersi concreto e quoti<strong>di</strong>ano.1. L’ambulatorio me<strong>di</strong>coIl complesso della domus è descritto in modo chiaro, organico e dettagliato daJacopo Ortalli nel <strong>volume</strong> del 2009; oltre a ricostruire evoluzione e caratteristichegenerali del sito, particolare attenzione è de<strong>di</strong>cata agli ambienti in cui si svolgeval’attività del me<strong>di</strong>cus.Un elemento che emerge imme<strong>di</strong>atamente, ed è giustamente sottolineato, è ilfatto che l’attività terapeutica testimoniata dai numerosi strumenti me<strong>di</strong>ci e chirurgicisi svolgesse non in una struttura <strong>di</strong> tipo ospedaliero, ma nelle stanze apianterreno <strong>di</strong> quello che doveva anche essere il domicilio del me<strong>di</strong>cus (sembra11 JACKSON 2008.12 Si veda in bibliografia, s.v. DE CAROLIS 2009a.13 Sono presenti alcuni stu<strong>di</strong> storico-me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> vari argomenti, come la patologia tiroidea nell’antichità ogli strumenti chirurgici rinvenuti a Pompei.14 ORTALLI 2009.15 JACKSON 2009.


84 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticoinfatti certa la presenza <strong>di</strong> un piano rialzato <strong>di</strong> uso abitativo 16 ).Dal punto <strong>di</strong> vista archeologico questo dato è evidente se si confrontano <strong>di</strong>mensionie planimetria del sito <strong>di</strong> Rimini con le uniche strutture espressamentedestinate a degenza e convalescenza attestate in epoca classica, i ualetu<strong>di</strong>nariautilizzati dall’esercito romano: questi ultimi sono strutture generalmente piuttostogran<strong>di</strong> 17 , riconoscibili dalla caratteristica pianta con spazi comuni e stanze piùpiccole per i pazienti attorno ad un cortile centrale (Fig. 2), mentre il sito delladomus è <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni assai limitate e, come si è detto, privo <strong>di</strong> locali pensati perla degenza (Fig. 3).Pertanto risulta equivoca – ma è l’unico e limitato appunto che si può muoverea questo utilissimo contributo – l’ipotesi che quello del me<strong>di</strong>cus <strong>di</strong> Rimini sipossa definire, oltre che come taberna me<strong>di</strong>ca domestica, come un “piccolo valetu<strong>di</strong>nariuma conduzione privata 18 ”, nonostante, come si vedrà infra, il nostroChirurgo possa forse essere connesso con l’ambito militare. Più cauta la formulazione<strong>di</strong> Ralph Jackson nel <strong>di</strong>battito riportato in appen<strong>di</strong>ce agli Atti del 2008, incui si nota come l’abitu<strong>di</strong>ne, dovuta alla sua provenienza dall’ambito militare, acurare i pazienti in ambito “ospedaliero” abbia portato il me<strong>di</strong>co riminese ad usaretalvolta la sua domus come una clinica “just as he had accomodated his militarypatients in a valetu<strong>di</strong>narium” 19 . Anche la presenza <strong>di</strong> un “lettino” nel cubiculumpuò essere, in questo senso, un elemento <strong>di</strong> ambiguità. Sono però ampiamentetestimoniate pratiche curative “private”, chirurgiche e non, in cui il pazientedoveva rimanere sdraiato 20 ed è noto che i pazienti non in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> muoversi16 Cfr. ORTALLI 2009, 29 e 26, fig. 6.17 Per i ualetu<strong>di</strong>naria cfr. NUTTON 2004, 171 ss. Non mancano, in inse<strong>di</strong>amenti <strong>di</strong> estensione più modesta,versioni rimpicciolite <strong>di</strong> questa struttura, ma sempre con la stessa impostazione: è il caso <strong>di</strong> Vindolanda(la planimetria è <strong>di</strong>sponibile all’in<strong>di</strong>rizzo http://vindolanda.csad.ox.ac.uk/exhibition/army-1-1.shtml).18 Cfr. ORTALLI 2009, 30 e 41.19 DE CAROLIS/PESARESI (eds.) 2008, 140; subito dopo De Carolis traduce, forse un po’ liberamente, con“la struttura riminese è stata in un certo senso adattata a piccolo valetu<strong>di</strong>narium, proprio in virtù <strong>di</strong>quella passata esperienza” (i.e. la pratica in ambiente militare).20 Si veda ad esempio, per quanto riguarda i testi giunti su papiro, P.Oxy. VIII 1088: “fai <strong>di</strong>stendere ilpaziente in posizione supina ed effettua il trattamento (…) applica una borsa <strong>di</strong> acqua calda ai pie<strong>di</strong> ecoprilo con una coperta”.


Papyrotheke 1 (2010) ― 85autonomamente potevano rimanere ospiti del loro me<strong>di</strong>co per un breve periodo 21 .Tuttavia questa rappresentava un’eccezione: molto più spesso, infatti, gli ammalatierano curati al domicilio oppure a livello “ambulatoriale”.Questa informazione si integra perfettamente con i dati contenuti nelle fontiletterarie e documentarie, così come in quelle iconografiche: è il caso <strong>di</strong> una attestazioneassai lontana nel tempo e nello spazio, la scena effigiata sull’aryballosPeytel (V secolo a.C.) raffigurante un me<strong>di</strong>co al lavoro nel suo stu<strong>di</strong>o, identificatoper mezzo <strong>di</strong> strumenti “archetipici” come le ventose, il bacile e il flebotomo,con una vera e propria coda <strong>di</strong> pazienti in attesa <strong>di</strong> essere visitati (Fig. 4). Le fontidocumentarie, inoltre, ed in particolare quelle <strong>di</strong> carattere papirologico, ci restituisconoaltri elementi, più pratici, a proposito della sua organizzazione: sappiamocosì che era una sorta <strong>di</strong> “bottega” spesso annessa all’abitazione e condotta a“gestione famigliare”, come sembra ad esempio testimoniare il P.Oxy. LIX 4001(IV secolo d.C.), una lettera in<strong>di</strong>rizzata dal mittente (un certo Eudaimon, presumibilmenteme<strong>di</strong>co, che si trova lontano da casa) al destinatario (sue parentistrette) παρὰ ἰατρεῖον, cioè presso l’ambulatorio. I nomi utilizzati per definirequesta struttura erano infatti ἰατρεῖον, attestato sia nei papiri che in letteratura 22 ,il più generico ἐργαστήριον 23 e, in latino, taberna me<strong>di</strong>ca.Tornando allo ἰατρεῖον riminese, questo si trovava, dal punto <strong>di</strong> vista urbanistico,in una buona posizione: il complesso della domus è ubicato entro il perimetrocitta<strong>di</strong>no, delimitata su due lati da un cardo e da un decumano e, su un terzolato, quello obliquo (l’insula ha forma trapezoidale), dalla strada che dovevafiancheggiare quella che allora era la linea <strong>di</strong> costa 24 . Si noti, a questo proposito,che uno dei rarissimi altri documenti che testimoniano l’ubicazione <strong>di</strong> un ambulatoriome<strong>di</strong>co, il P.Oxy. LXIV 4441 (IV secolo d.C.), lo colloca anch’esso in posizionepiuttosto centrale, dentro o accanto alla stoa <strong>di</strong> Ossirinco, e comunque al-21 Cfr. De CAROLIS 2009b, 47 s. e nn. 8-9.22 Le attestazioni su papiro sono quattro (P.Oxy. LIX 4001, P.Oxy. LXIV 4441, BGU II 647 e P.Ross.Georg. III 2); per quanto riguarda le altre fonti letterarie, si può citare un trattatello del Corpus Hippocraticumde<strong>di</strong>cato - in parte - alla corretta organizzazione dello spazio <strong>di</strong> lavoro del me<strong>di</strong>co, per l’appuntoil Κατ’ ἰητρεῖον (Hp. Off.).23 Termine più generico, attestato in P.Ross.Georg. III 2 come alternativa <strong>di</strong> ἰατρεῖον.24 Cfr. ORTALLI 2009, 24.


86 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticol’interno del perimetro citta<strong>di</strong>no. Sempre a proposito dell’aspetto architettonico,un dettaglio interessante è la migliore illuminazione <strong>di</strong> alcuni dei vani, ed in particolarequello ad est dell’ambiente con il mosaico <strong>di</strong> Orfeo, un fatto la cui importanzaper la pratica clinica è sottolineata sia nello scritto del Corpus Hippocraticumde<strong>di</strong>cato all’organizzazione dell’ambulatorio, sia nei recuperi archeologicidei ualetu<strong>di</strong>naria che conservano traccia dell’organizzazione interna dei locali25 .Lo ἰατρεῖον era inoltre decorato con mosaici e affreschi e dotato <strong>di</strong> suppellettiliassai ricercate, delle quali si parlerà meglio <strong>di</strong> seguito poiché hanno importanzasoprattutto ai fini <strong>di</strong> una possibile ricostruzione dell’origine e della personalitàdel Chirurgo. Un’ultima curiosità, menzionata per la prima volta nel <strong>volume</strong> del2009, riguarda un secondo “abitante” della domus. In uno dei vani dell’ambulatoriofurono infatti rinvenute le ossa del piccolo cane <strong>di</strong> casa 26 : una presenza (anchese forse non molto in sintonia con i nostri attuali standard igienici) che oltre adaggiungere un tocco <strong>di</strong> vivacità alla ricostruzione della vita quoti<strong>di</strong>ana nelloἰατρεῖον ci fornisce, come giustamente si nota nel testo, un’ulteriore garanziadella repentinità del crollo della costruzione e dunque <strong>di</strong> come la sistemazionedel materiale corrisponda con fedeltà a quella in antico.2. Gli strumenti chirurgiciLo strumentario chirurgico è senza dubbio il ritrovamento <strong>di</strong> maggiore importanzasia per quantità che per qualità del materiale. Il contributo <strong>di</strong> Ralph Jacksoncontenuto nel <strong>volume</strong> e<strong>di</strong>to nel 2009 ne dà la descrizione fino ad ora più dettagliata(non esiste ancora un catalogo dell’intero kit); la pubblicazione contieneinoltre numerose riproduzioni fotografiche ed illustrazioni <strong>di</strong> buona qualità, cosache risulta particolarmente utile se si considerano le modalità <strong>di</strong> conservazionedei ferri. Gli strumenti, infatti, forse perché conservati in rotoli <strong>di</strong> cuoio o stoffasimili a quelli utilizzati al giorno d’oggi dai gioiellieri 27 , sono stati rinvenuti fusi25 Cfr. Hp. Me<strong>di</strong>c. 2; per i ualetu<strong>di</strong>naria si veda invece NUTTON 2004, 179.26 Cfr. ORTALLI 2009, 21, e il particolare della fig. 6 <strong>di</strong> 26 (in basso a sinistra).27 Cfr. ORTALLI 2009, 33 e JACKSON 2009, 77.


Papyrotheke 1 (2010) ― 87tra loro in gruppi (presumibilmente <strong>di</strong>visi per utilizzo): risulta quin<strong>di</strong> molto <strong>di</strong>fficile<strong>di</strong>stinguere i singoli strumenti da una fotografia <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni.Ralph Jackson dà ragione dell’importanza del ritrovamento e delle caratteristichegenerali dello strumentario: si tratta <strong>di</strong> un set <strong>di</strong> circa 150 strumenti in bronzo(generalmente i manici) e ferro (le lame dei bisturi o <strong>degli</strong> scalpelli) (Figg. 5-6).L’enorme valore dell’insieme non è dato tanto dall’aspetto formale, non particolarmenteraffinato anche se con dettagli curati, quanto dalla ricerca <strong>di</strong> completezzae funzionalità 28 . Questo, del resto, era l’atteggiamento che il paziente si aspettavada un bravo me<strong>di</strong>co: in Luciano, ad esempio, troviamo una critica agli incompetentidotati <strong>di</strong> strumenti preziosi che non sono però in grado <strong>di</strong> usare nelmomento del bisogno 29 .Sono poi esaminati i cluster (questo il termine usato da Jackson) in cui si sonoconservati gli strumenti, un in<strong>di</strong>zio assai importante poiché, come si è detto, presumibilmentei <strong>di</strong>versi raggruppamenti erano correlati all’uso. Il quadro che neemerge è particolarmente interessante sia per la presenza <strong>di</strong> due set che Jacksondefinisce come strumentario <strong>di</strong> base 30 e che forse si possono ricollegare all’invito,già presente nel Corpus Hippocraticum, ad avere sempre pronto il necessario incaso <strong>di</strong> visite a domicilio 31 , sia per la notevole dotazione relativa alla chirurgiaossea. Quest’ultima rimanda peraltro a operazioni anche molto ar<strong>di</strong>te e rischiose,come la trapanazione del cranio (sono presenti sgorbie, scalpelli e archetti <strong>di</strong> trapano)o la litotomia, le cui procedure sono descritte, sempre nella pubblicazionedel 2009, da Stefano De Carolis 32 .Per quanto riguarda la completezza e la varietà dello strumentario, Jacksoncita a ragione un trattato <strong>di</strong> Galeno ritrovato ed e<strong>di</strong>to proprio nel 2008 33 , in cui è28 Cfr. JACKSON 2009, 77 s.29 Luc. Ind. 29.30 Cfr. JACKSON 2009, 77.31 Si veda ad esempio Hp. Decent. I 1-3.32 DE CAROLIS 2009b.33 Si tratta del De indolentia (περὶ ἀλυπία), la cui e<strong>di</strong>tio princeps tradotta è in BOUDON-MILLOT 2008. Siveda la recente nuova e<strong>di</strong>zione in Galien, Oeuvres Tome IV: Ne pas chagriner. Texte établi et traduitpar V. Boudon-Millot et J. Jouanna avec la collaboration de A. Pietrobelli, Paris, Les Belles Lettres2010.


88 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticotestimoniata la pratica <strong>di</strong> forgiare strumenti unici, eseguiti da fabbri specializzatia partire da modelli <strong>di</strong> cera plasmati dai me<strong>di</strong>ci stessi 34 . Compaiono, in effetti, nelset del Chirurgo, numerosi ferri assai rari, quando non unici: alcuni bisturi <strong>di</strong> formealtamente specializzate come lo pterigiotomo, sgorbie e scalpelli, staphylagrae staphylocaustes, ferri per la litotomia ed infine il cosiddetto “cucchiaio <strong>di</strong> Diocle”,uno strumento dalla concezione assai raffinata utilizzato per estrarre punte<strong>di</strong> freccia dalle ferite, <strong>di</strong> cui è proposta anche una bella riproduzione fotografica35 .Risultano <strong>di</strong> particolare interesse le sgorbie e gli scalpelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi: alcuni<strong>di</strong> essi, non attestati archeologicamente in precedenza, sono stati identificatigrazie all’abbinamento con gli strumenti assieme ai quali erano conservati e alletestimonianze letterarie 36 . Questo tipo <strong>di</strong> approccio, che associa lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tipologiae aspetto materiale a quello delle fonti scritte, potrà sicuramente dare ulterioririsultati nello stu<strong>di</strong>o dello strumentario riminese (e non solo).Va infine segnalato come il numero e la qualità <strong>degli</strong> strumenti destinati allachirurgia ossea e al trattamento <strong>di</strong> traumi e ferite, soprattutto se comparato allaminore presenza <strong>di</strong> altri tipi <strong>di</strong> oggetti terapeutici (ad esempio quelli destinati acure ostetrico-ginecologiche) abbia permesso considerazioni sulla provenienza ela carriera del me<strong>di</strong>cus; si tornerà infra su questo argomento.3. Altre pratiche terapeuticheLa descrizione del sito <strong>di</strong> Rimini fornita dalle due pubblicazioni in esame fornisceinteressanti spunti anche per quanto riguarda l’aspetto non strettamente chirurgicodella pratica me<strong>di</strong>ca, nonostante molto del materiale ad esso pertinentesia andato perduto nell’incen<strong>di</strong>o della domus.Si sono conservati alcuni oggetti destinati alla preparazione <strong>di</strong> farmaci: traquesti, due vasetti per sostanze me<strong>di</strong>cinali <strong>di</strong> cui si parlerà meglio infra, un cuc-34 Gal. De indolentia 5.35 DE CAROLIS 2009a, 34 s.36 Cfr. JACKSON 2009, 78 ss.


Papyrotheke 1 (2010) ― 89chiaio con beccuccio (dosatore?) non descritto in precedenza 37 e un gruppo <strong>di</strong>mortai e pestelli in pietra <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e <strong>di</strong> forme <strong>di</strong>fferenti. Vi sono inoltretracce <strong>di</strong> contenitori per strumenti ed altri oggetti sia del tipo a scatoletta concoperchio scorrevole che del tipo cilindrico (νάρθηξ); a questo proposito è interessantel’osservazione <strong>di</strong> Jackson sulla posizione relativa <strong>di</strong> alcuni gruppi <strong>di</strong>strumenti fusi tra loro, che suggerirebbe un contenitore rettangolare del tipo acerniera (δελτάριον) 38 , attestato nelle fonti scritte 39 e nell’iconografia ma assairaramente in campo archeologico.Nel <strong>di</strong>battito trascritto in appen<strong>di</strong>ce agli Atti del 2008 40 , e poi più <strong>di</strong>ffusamentenel <strong>volume</strong> seguente 41 , viene giustamente collegata la presenza <strong>di</strong> un praefurniume <strong>di</strong> una stanza con riscaldamento ad ipocausto e a tubuli parietali (interpretatacome laconicum o sudatorium) con la <strong>di</strong>ffusa pratica dei bagni <strong>di</strong> vapore edelle cure <strong>di</strong> tipo termale attestate in numerosi trattati me<strong>di</strong>cinali antichi. Anchealtri reperti hanno probabilmente a che fare con questo genere <strong>di</strong> terapia, che prevedel’applicazione <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> cal<strong>di</strong> o fred<strong>di</strong>: mi riferisco in particolare al bacilebronzeo a intercape<strong>di</strong>ne, anch’esso non descritto in precedenza 42 , ed al bellissimovaso in forma <strong>di</strong> piede umano, sempre ad intercape<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> cui si parlerà in seguito.L’esistenza <strong>di</strong> una vasta gamma <strong>di</strong> oggetti destinati a queste pratiche è rispecchiatadalla varietà <strong>di</strong> termini ad essi riferiti nella documentazione scritta, dall’usualeφάκος 43 al rarissimo πυριατήρ 44 .4. Il me<strong>di</strong>cus37 Ben visibile nelle illustrazioni in DE CAROLIS 2009a, 80-1.38 Cfr. JACKSON 2009, 77; così anche DE CAROLIS 2009b, 53 s.39 È ancora una volta il prezioso P.Oxy. LIX 4001 a testimoniare questo vocabolo; per l’interpretazionesi vedano anche ANDORLINI 1996, n. 5, e FISCHER 1997.40 Cfr. DE CAROLIS/PESARESI (eds.) 2008, 141-3.41 Cfr. ORTALLI 2009, 29.42 Cfr. ORTALLI 2009, 33 e 31 fig. 19.43 Numerosissime le attestazioni nel Corpus Hippocraticum ed anche nei papiri, come il già citato P.Oxy.VIII 1088.44 Il termine è attestato solamente in Sorano (Gyn. III 10, 3) e nel già citato P.Oxy. LIX 4001.


90 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticoIl sito archeologico <strong>di</strong> Rimini ha fornito materiale sufficiente non solo per laricostruzione dell’ambulatorio me<strong>di</strong>co e delle pratiche che in esso si svolgevano,ma anche della personalità <strong>di</strong> chi vi lavorava e del suo background culturale 45 .Più concentrato sulla singola figura dell’abitante della domus è Jacopo Ortalli,che nei suoi contributi in entrambi i volumi getta luce sull’identità del nostro me<strong>di</strong>cus,ricavata a partire dai ritrovamenti del sito, talvolta assai particolari: l’immagineche ne emerge è quella <strong>di</strong> un professionista <strong>di</strong> alto livello e <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioneagiata, come si può intuire dal ricchissimo corredo <strong>di</strong> cui si è trattato poco supra.È poi sottolineata l’assai probabile provenienza orientale e la cultura ellenizzatadel Chirurgo, comprovata dalle caratteristiche <strong>degli</strong> oggetti sia <strong>di</strong> carattere terapeutico,come il vaso a intercape<strong>di</strong>ne a forma <strong>di</strong> piede, attestato in ambito cipriota46 (Fig. 7), che decorativi e cultuali: il tondo in pasta vitrea raffigurante tre pesci,una preziosa coppa in vetro intarsiato 47 , una mano votiva bronzea che rimandaal culto (originario della Siria e <strong>di</strong>ffuso tra i militari romani) <strong>di</strong> Iuppiter Dolichenus48 e la statua del filosofo epicureo Ermarco, elemento che peraltro ha apertola questione dell’eventuale appartenenza del Chirurgo alla “setta” o scuola meto<strong>di</strong>ca49 . Completano il quadro due vasetti contenenti sostanze curative vegetali(abrotono e camedrio, entrambe citate da Dioscoride 50 ) la cui in<strong>di</strong>cazione è graffitasui contenitori stessi in greco 51 . Le belle riproduzioni fotografiche e grafichemostrano due sole parole, che fanno però rimpiangere la per<strong>di</strong>ta dei testi che dovevanosicuramente essere in possesso del me<strong>di</strong>co riminese, come si è detto suprae come anche l’autore giustamente sottolinea, e che sono andati anch’essiperduti nell’incen<strong>di</strong>o che <strong>di</strong>strusse il sito.Ultimo elemento <strong>di</strong> rilievo è il resto <strong>di</strong> un graffito conservato dagli intonaci45 Accenni al ruolo dei me<strong>di</strong>ci nell’antichità, dello svolgersi della loro professione, del loro status socialee del rapporto con i pazienti si possono trovare sia negli Atti del 2008 che nel <strong>volume</strong> pubblicato l’an -no seguente.46 Cfr. NICOLAU 1989.47 Cfr. ORTALLI 2009, 31 s. e 28 fig. 15.48 Cfr. ibid., 32 e 28 fig. 16.49 Cfr. ORTALLI 2009, 31 e DE CAROLIS 2009b, 58.50 Cfr. Dsc. III 98, 1 s e III 24, 1 s.51 Cfr. ORTALLI 2009 (riproduzione fotografica a p. 36 e <strong>di</strong>segno alla pagina seguente, fig. 24).


Papyrotheke 1 (2010) ― 91crollati del cubiculum, citato negli Atti del 2008 e poi ripreso nel <strong>volume</strong> del2009 52 .Come si è già accennato, a fronte <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>zi Ortalli propone per il me<strong>di</strong>cusl’ipotesi <strong>di</strong> un’origine orientale, forse in Galazia, se l’Eutyches della domus èlo stesso <strong>di</strong> un’altra iscrizione riminese contemporanea 53 , <strong>di</strong> una formazione inarea ellenistica, come del resto ci si aspetterebbe da un me<strong>di</strong>co antico, e <strong>di</strong> unamilitanza nell’esercito romano che lo portò infine a fermarsi a Rimini. Il quadro èplausibile e gli elementi coerenti con quanto sappiamo della con<strong>di</strong>zione dei me<strong>di</strong>cinell’antichità: l’esempio più noto e documentato, <strong>di</strong> poco precedente all’epocadel nostro Chirurgo, è sicuramente la biografia <strong>di</strong> Galeno.Un ultimo spunto <strong>di</strong> interesse testimoniato dagli Atti del 2008 54 (ed accennatoanche nel <strong>volume</strong> del 2009 55 ) è l’acceso <strong>di</strong>battito tra Jacopo Ortalli e LorenzoBraccesi, autore <strong>di</strong> una pubblicazione che ipotizza l’esistenza <strong>di</strong> una “scuola me<strong>di</strong>cariminese” <strong>di</strong> alto livello e strettamente collegata all’ambito magico-religioso,tesi che porterebbe a conclusioni sull’identità del me<strong>di</strong>cus piuttosto <strong>di</strong>verse daquelle qui in breve riassunte 56 ; il <strong>di</strong>battito svolto dai due stu<strong>di</strong>osi è trascritto fedelmentein appen<strong>di</strong>ce agli Atti.I due volumi in esame, ed in particolar modo il più recente, offrono dunqueuna più dettagliata ed organica descrizione della domus rispetto alla frammentataletteratura precedente, delineando un quadro del sito, del suo occupante e dell’attivitàche esso vi svolgeva che risulta piuttosto preciso e coerente con altri tipi <strong>di</strong>testimonianza (scritta, materiale, iconografica); la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vero e propriounicum per integrità e ricchezza dei reperti rende la domus del Chirurgo un modelloassai utile non solo per illustrare gli aspetti già noti, ma per integrare o spiegarequanto è lasciato in ombra dalle fonti scritte.52 Lo riporto qui così come l’e<strong>di</strong>trice lo ha proposto: [...Eut]ych[es] | [ho]mo bonus | [hic h]abitat. | [Hicsu]nt miseri. Cfr. DONATI 2005.53 Cfr. ORTALLI 2009, 38 e relative note.54 Cfr. ORTALLI 2008 ed il <strong>di</strong>battito in appen<strong>di</strong>ce al <strong>volume</strong>.55 Cfr. ORTALLI 2009, 42 n. 44.56 Cfr. rispettivamente BRACCESI 2008 e ID. 2009.


92 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticoRimangono alcuni desiderata, che saranno senza dubbio esau<strong>di</strong>ti a tempo debito:primo tra tutti è un catalogo <strong>completo</strong> dello strumentario me<strong>di</strong>co/chirurgico,corredato da illustrazioni e possibile identificazione. L’auspicio è, inoltre, chestu<strong>di</strong> ulteriori vengano condotti, come già avvenuto in questi due volumi, in unaprospettiva il più possibile inter<strong>di</strong>sciplinare, unendo all’indagine storico-archeologicaanche il bagaglio <strong>di</strong> conoscenze della me<strong>di</strong>cina moderna: solo con l’integrazione<strong>di</strong> livelli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> analisi comparativa, infatti, l’interpretazione <strong>di</strong> unmateriale così complesso potrà svelare nuove conoscenze al pubblico <strong>degli</strong> specialisti<strong>di</strong> scienza me<strong>di</strong>ca antica e a quello più vasto dei curiosi.GIULIAGHIRETTIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parmagiulia.ghiretti@gmail.comBibliografiaI. ANDORLINI (1996), Il papiro <strong>di</strong> Strasburgo inv. G 90 e l’oftalmologia <strong>di</strong> Aezio, in Storia eecdotica dei testi me<strong>di</strong>ci greci, eds. A. GARZYA, J. JOUANNA, Napoli, 7-15.L.J. BLIQUEZ (1994), Roman Surgical Instruments and Other Minor Objects in the NationalArchaeological Museum of Naples. With a Catalogue of the Surgical Instruments in the«Antiquarium» at Pompeii by Ralph Jackson, Mainz.V. BOUDON-MILLOT (2007), Un traité perdu de Galien miraculeusement retrouvé, le Sur l’inutilitéde se chagriner: <strong>text</strong>e grec et traduction française, in, La science mé<strong>di</strong>cale antique.Nouveaux regards, eds. V. BOUDON-MILLOT, V. GUARDASOLE, C. MAGDELAINE, Paris, 73-123.


Papyrotheke 1 (2010) ― 93L. BRACCESI (2008), Rimini salutifera. Magia, me<strong>di</strong>cina e domus “del chirurgo”, Bologna.L. BRACCESI (2009), [HIC H]ABITAT. Sul graffito riminese della domus “del Chrirugo”, inAriminum. Storia e archeologia-2 (Atti del convegno, Rimini 2007 = ΑΔΡΙΑΣ, 5), eds.L. BRACCESI, C. RAVARA MONTEBELLI, Roma, 49-51.S. DE CAROLIS, V. PESARESI (eds.) (2008), Me<strong>di</strong>ci e pazienti nell’antica Roma, La me<strong>di</strong>cinaromana e la domus “del Chirurgo” <strong>di</strong> Rimini. Atti del Convegno internazionale (Rimini,12 giugno 2008), Verucchio (RN).S. DE CAROLIS (ed.) (2009a), ARS MEDICA. I ferri del mestiere. La domus ’del Chirurgo’ <strong>di</strong>Rimini e la chirurgia nell’antica Roma, Rimini.S. DE CAROLIS (2009b), La professione del me<strong>di</strong>co, in DE CAROLIS (ed.) 2009, 47-59.A. DONATI (2005), Un graffito riminese, in “Eine ganz normale Inschrift”..., Festschrift fürEkkehard Weber, eds. F. BEUTLER, W. HAMETER, Wien (“Althistorisch-EpigraphischeStu<strong>di</strong>en” 5), 235-6.K.-D. FISCHER (1997), Was ist das δελτάριον in POxy LIX 4001?, in Specimina per il Corpusdei Papiri Greci <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina. Atti dell’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (Firenze, 28-29 marzo 1996),ed. I. ANDORLINI, Firenze, 109-13.R. JACKSON (2003), The Domus ’del chirurgo’ at Rimini: an Interim Account of the Me<strong>di</strong>calAssemblage, JRA 16/1, 312-21.R. JACKSON (2008), The Role of Urban Healers in the Roman World, in DE CAROLIS/PESARESI(eds.) 2008, 57-104.E. KÜNZL (1983), Me<strong>di</strong>zinische Instrumente aus Sepulkralfunden der römischen Kaiserzeit,Köln.I. NICOLAU (1989), Les bouillotes therapeutiques de Paphos et leurs paralleles hors de Chypre,BCH 113, 301-18.V. NUTTON (2004), Ancient Me<strong>di</strong>cine, London.J. ORTALLI (2000), Rimini: la domus “del Chirurgo”, in Aemilia. La cultura romana in EmiliaRomagna dal III secolo a.C. all’età costantiniana, ed. M. MARINI CALVANI, Venezia, 513-26.J. ORTALLI (2008), Arte me<strong>di</strong>ca, scienza storica, ricerca archeologica: una ’scuola’ riminese?, inDE CAROLIS/PESARESI (eds.) 2008, 9-21.J. ORTALLI (2009), Archeologia e me<strong>di</strong>cina: la casa del ‘Chirurgo’ riminese, in DE CAROLIS (ed.)2009, 21-45.


94 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticoFig. 1: spaccato della Domus del Chirurgo <strong>di</strong> Rimini.(DE CAROLIS [ed.] 2009a, 26, Fig. 6)Fig. 2: planimetria del ualetu<strong>di</strong>narium<strong>di</strong> Wallsend(Tyne and Wear Museum, da: http://vindolanda.csad.ox.ac.uk/exhibition/army-1-1.shtml)Fig. 3: planimetria della Domus del Chirurgo <strong>di</strong>Rimini(da: http://www.archeobologna.beniculturali.it/rimini_domus/domus_chirurgo.htm)


Papyrotheke 1 (2010) ― 95Fig. 4: “Pittore della Clinica”,Aryballos “Peytel”: pratica dellaflebotomia (Musée du Louvre,480-70 a.C. c.). L’ambulatorioè rappresentato sinteticamentecon ventose, bacile esgabello.(da Wikime<strong>di</strong>a Commons, http://commons.wikime<strong>di</strong>a.org/wiki/File:Me<strong>di</strong>cine_aryballos_Louvre_CA1989-2183.jpg)Fig. 5: Disegno <strong>degli</strong> scalpelli chirurgici rinvenuti nella Domus.(DE CAROLIS [ed.] 2009a, 82, Fig. 4, nn. 32-6)


96 ― G. Ghiretti, Un ambulatorio me<strong>di</strong>co anticoFig. 6: tenaglie a becco, dal corredo <strong>degli</strong> strumenti chirurgici rinvenuti nella Domus.(Rimini, Museo della Città; da: http://www.archeobologna.beniculturali.it/rimini_domus/domus_chirurgo.htm)Fig. 7: Vaso terapeutico a intercape<strong>di</strong>ne, a forma <strong>di</strong> piede umano, dai reperti della Domus.(Rimini, Museo della Città; da http://www.archeobologna.beniculturali.it/rimini_domus/domus_chirurgo.htm)


Papyrotheke 1 (2010) ― 97Dalla magia alla filologia:documenti su libri e biblioteche nell’AntichitàQuesta <strong>di</strong>scussione scaturisce dalla lettura delle seguenti opere:Biblioteche del mondo antico. Dalla tra<strong>di</strong>zione orale alla cultura dell’Impero, acura <strong>di</strong> Angela Maria ANDRISANO, “Lingue e Letterature Carocci” 75, Roma,Carocci, 2007 (rist. 2009), 206 pp., € 19,80 | ISBN 884304236XHorst BLANCK, Il libro nel mondo antico, a cura <strong>di</strong> Rosa Otranto, “Paradosis” 15,Bari, Dedalo, 2008, 379 pp., € 27,00 (Das Buch in der Antike, Beck, München1992) | ISBN 8822058143Jean IRIGOIN, Il libro greco dalle origini al Rinascimento, a cura <strong>di</strong> Adriano Magnani,“Stu<strong>di</strong> e Testi <strong>di</strong> <strong>Papirologia</strong>, Nuova Serie” 3, Firenze, Istituto Papirologico“G. Vitelli”, 2009, 89 pp., € 20,00 (Le livre grec des origines à la Renaissance, BibliothèqueNationale de France, Paris 2001) | ISBN 888782939XLa riproposizione italiana <strong>di</strong> due “classici” recenti della storia del libro antico– la pubblicazione francese delle quattro conferenze parigine “Leopold Delisle”(1999) <strong>di</strong> Jean Irigoin e il manuale <strong>di</strong> Horst Blanck – contemporaneamente allaprima ristampa del <strong>volume</strong> che raccoglie vari contributi italiani sulla storia dellebiblioteche antiche, a cura <strong>di</strong> Angela Maria Andrisano, consente alcune riflessioniintorno alle interessanti e fondamentali tematiche trattate, attualizzate da unasempre più costante attenzione allo sviluppo dei mezzi <strong>di</strong> comunicazione, e ultimamenteriproposte dall’esposizione de<strong>di</strong>cata alla Forma del libro, organizzatapresso la Biblioteca Me<strong>di</strong>ceo-Laurenziana <strong>di</strong> Firenze, <strong>di</strong> cui è <strong>di</strong>sponibile un utilecatalogo illustrato 1 .1 ARDUINI (ed.) 2008. Non possono non essere citate, in partenza, due datate ma ancora in parte autorevoliopere in materia: BIRT 1882 e SCHUBART 1921.


98 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologia1. I problemi del passaggio dal rotolo al co<strong>di</strong>ceL’agile <strong>volume</strong>tto contenente i testi <strong>di</strong> Irigoin, arricchito da un cospicuo corredoiconografico, ripercorre la storia bibliologica greca, romana e bizantina attraversoun’originale scansione che in<strong>di</strong>vidua in quattro gran<strong>di</strong> centri – Atene, Alessandria,Roma, Costantinopoli – altrettanti momenti car<strong>di</strong>nali dell’origine e dellosviluppo delle forme librarie. L’articolazione geo-culturale non appare immotivata,giacché il libro antico è stato contrad<strong>di</strong>stinto, nella sua lunga e problematicatrasformazione, da una serie <strong>di</strong> peculiarità <strong>di</strong>rettamente <strong>di</strong>pendenti sia dalle con<strong>di</strong>zionigeografiche che dai contesti culturali <strong>di</strong> riferimento.Ad Atene si concretizza infatti la co<strong>di</strong>ficazione del rotolo papiraceo (biblos)quale standard librario dell’antichità tardoclassica 2 , che troverà la propria apoteosinel mondo ellenistico che in Alessandria d’Egitto vede la quasi in<strong>di</strong>scussa capitaleculturale. Il mondo romano, dal canto suo, fornisce gli spunti per la “rivoluzione”scrittoria del co<strong>di</strong>ce pergamenaceo, la cui ere<strong>di</strong>tà è raccolta dall’Orientegreco, che la restituirà, in massima parte intatta, al nostro Rinascimento. Ma letappe segnalate così vistosamente dall’Autore (ogni città dà il titolo ad un capitolo<strong>di</strong>stinto, corrispondente ad ognuna delle originarie conferenze) costituisconodei punti <strong>di</strong> rottura nella storia del libro antico, oppure quest’ultima può esseredefinita come una vicenda lineare, in cui poter riconoscere, al massimo, <strong>degli</strong>sno<strong>di</strong> significativi?Il punto <strong>di</strong> svolta decisivo (“the most momentous development in the historyof the book until the invention of printing” 3 ) è segnato, naturalmente, dal passaggiodal rotolo al co<strong>di</strong>ce quale supporto scrittorio preferenziale. Una volta lasciatala teoria “meccanicistica” dell’abbandono del rotolo per le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lettura e<strong>di</strong> costi <strong>di</strong> produzione 4 , la comprensione <strong>di</strong> questo fenomeno era stata monopoliz­2 Cfr. P.Thessaloniki, IV sec.a.C. (“Papiro <strong>di</strong> Derveni”); P.Berol. inv.9875, IV sec.a.C. (parte <strong>di</strong> rotololibrario con il testo dei Persiani <strong>di</strong> Timoteo) (Figg. 9-10); BLANCK 2008, 158-9. Sul papiro <strong>di</strong> Timoteocome standard librario ateniese, cfr. TURNER 2002, 6-9; vd. anche infra sulla cultura e<strong>di</strong>toriale ad Atenedalla fine del V sec.a.C.3 ROBERTS/SKEAT 1987, 1.4 Cfr. SKEAT 1976, 35-6; ROBERTS/SKEAT 1987, 45-53.


Papyrotheke 1 (2010) ― 99zata dalle schematiche <strong>di</strong>cotomie “rotolo vs co<strong>di</strong>ce” = “papiro vs pergamena”,con minime variazioni sul tema, che miravano essenzialmente a fare del protocristianesimoil milieu socio-culturale d’origine della “forma”, materiale e mentale,del codex, che costituiva, secondo questo modello, la polemica alternativa al <strong>volume</strong>npagano, oltretutto caricata <strong>di</strong> peculiari significati sacrali 5 . La pergamena <strong>di</strong>tra<strong>di</strong>zione orientale sarebbe venuta a sostituire il papiro egiziano, e con la nuovaimpaginazione sarebbe stato molto più agevole consultare e citare brani e versetti,nonché unire più “libri” a formare un corpus unitario <strong>di</strong> testi sacri, possibilmenteortodossi 6 .È stato Guglielmo Cavallo ad allargare l’orizzonte fino a comprendere il quadrod’insieme della società e delle sue trasformazioni nella Tarda Antichità, in cuiil codex <strong>di</strong>veniva il simbolo del riscatto culturale <strong>di</strong> una classe “me<strong>di</strong>a” che avevaconquistato il potere politico ed economico. In questo modo, il primo Cristianesimo,nel cui àmbito è indubitabile il grande successo della forma del co<strong>di</strong>ce (“theearly Christian obsession with the codex” 7 ), veniva ad essere un parziale tassello<strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong> maggiore portata 8 che, muovendo dall’uso scolastico/privato<strong>degli</strong> appunti su “tavolette rilegate”, lignee e cerate (tabulae) 9 (Figg. 3-4) ovvero5 È la celebre ipotesi <strong>di</strong> C.H. Roberts relativa agli “appunti” dell’evangelista Marco, che sarebbero statiredatti sui blocchetti pergamenacei per appunti così <strong>di</strong>ffusi a Roma (vd. infra) e quin<strong>di</strong> replicati inun’imitazione anche formale e strutturale del venerato originale (ROBERTS 1954, passim; SKEAT 1976,28-9; ROBERTS/SKEAT 1987, 54-7)6 Sulla storia delle osservazioni relative al rapporto fra co<strong>di</strong>ce e Cristianesimo (già dal 1902 col Kenyon,seguito dal Gregory nel 1907, culminando negli anni Trenta con il rinvenimento dei co<strong>di</strong>ci papiraceiChester Beatty fino all’opera del Roberts del 1952), si veda la rassegna presentata da SKEAT1976, 24-8, con le principali obiezioni alle prime interpretazioni. Sempre lo Skeat (ibid., 28-30) presentale due ipotesi che costituiscono l’elaborazione più alta in relazione a questo problema, riprese esviluppate poi da ROBERTS/SKEAT 1987, 35-74 (oggi <strong>di</strong>sponibile con aggiornamenti in KRAFT (ed.) 2008,[[35-74]]), in polemica con le obiezioni del Cavallo (vd. infra); recentemente, ancora, SKEAT 1994pone l’adozione del co<strong>di</strong>ce in rapporto alla creazione del canone neotestamentario. Per un inquadramentoriassuntivo si rimanda a MCCORMICK 1985, che è la recensione del <strong>volume</strong> <strong>di</strong> Roberts e Skeat.Va segnalato che tuttora l’ipotesi “cristiana” viene utilizzata per spiegare l’ascesa del co<strong>di</strong>ce, anchesenza tener presenti le osservazioni <strong>di</strong> Cavallo, come in WINSBURY 2009, 25-6.7 MCCORMICK 1985, 154.8 Cfr. CAVALLO 1994, 619-22 e 645-7.9 Cfr. GMAW 2 4 (London, British Library, Add. MS. 34186(1)), II sec.d.C. (tavoletta cerata con esercizio<strong>di</strong> scrittura). Per esempi più antichi cfr. le due tavolette illustrate alla pl. I <strong>di</strong> ROBERTS/SKEAT 1987,dal Petrie Museum <strong>di</strong> Londra (III sec. a.C.). Si ricorda che la stessa parola codex deriva da caudex,“tronco d’albero”, in specifico riferimento alle tavolette lignee cerate (cfr. Sen. Dial. 10 = Breu.Vit.


100 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiapapiracee o pergamenacee 10 (Fig. 5), approda alle prime “e<strong>di</strong>zioni tascabili”(“economiche”?) <strong>di</strong> “classici” letterari 11 e, <strong>di</strong> qui, alla letteratura ed alla manualisticaellenistico-romana 12 , destinata a quei lettori me<strong>di</strong> che sarebbero poi assurtialle posizioni <strong>di</strong> comando 13 .Ma questo non era che il ritorno ad una vecchia tra<strong>di</strong>zione romana 14 , che opponeva,secondo istanze conservatrici, i supporti a tavolette rilegate, <strong>di</strong> antichissimaorigine me<strong>di</strong>terranea-orientale 15 (Figg. 1-2) e che si sarebbero conservati nellearee più marginali in forme aberranti (come le tavolette lignee <strong>di</strong> Vindolanda 16(Fig. 6) o i co<strong>di</strong>ci a tavolette rilegate <strong>di</strong> Kellis 17 ), alla “moda” ellenizzante del <strong>volume</strong>nin papiro, importata <strong>di</strong>rettamente dalla Graecia capta 18 . Rotolo e co<strong>di</strong>ce,13; ROBERTS/SKEAT 1987, 12-3).10 Hor. Sat. II 3, 1-2; Ars 386-90 (attestazioni <strong>di</strong> fogli pergamenacei in blocchi per appunti, equiparatialle tavolette cerate); cfr. ROBERTS/SKEAT 1987, 15-23; VAN HAELST 1989, 18-9. La prima testimonianzamateriale dei block notes pergamenacei è P.Berol. inv.7358/9, II sec.d.C., con annotazioni <strong>di</strong> pagamenti.11 Si tratta della famosa testimonianza <strong>di</strong> Marziale sui testi classici pubblicati in piccoli co<strong>di</strong>ci pergamenacei,adatti alla lettura “da viaggio”: Mart. I 2 (...hos eme, quos artat breuibus membrana tabellis...) eXIV 7 (pugillares membranei), 184 (Homerus in pugillares membranei), 186 (Vergilius in membranis),188 (Cicero in membranis), 190 (Titus Liuuius in membranis) e 192 (Oui<strong>di</strong> Metamorphosis inmembranis); cfr. ROBERTS/SKEAT 1987, 24-9; VAN HAELST 1989, 20-1.12 Vd. infra.13 La teoria della classe me<strong>di</strong>a (o della “spinta dal basso”) risale inizialmente al 1975 (prima e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>CAVALLO 2002; la formula della “spinta dal basso” è a p. 85) ed è stata poi variamente ripresa; si vedain particolare CAVALLO 1984 (rie<strong>di</strong>to in ID. 2005, 209-12), che fornisce una replica alle obiezioni <strong>di</strong> Robertse Skeat.14 Sulla tra<strong>di</strong>zione romana delle tavolette lignee, cfr. ROBERTS/SKEAT 1987, 12-4; CAVALLO 1989a, 696-708;ID. 1989b, 319-21; ID. 1992, 98-9.15 SKEAT 1976, 21-2; IRIGOIN 2009, 4. Si vedano il <strong>di</strong>ttico ligneo rinvenuto nel relitto <strong>di</strong> Ulu Burun (XIV-XIII sec. a.C.) o il polittico eburneo assiro da Nimrud (VII sec. a.C.).16 Cfr. T.Vindol. 21, I-II sec.d.C. (lettera in inchiostro su sottile foglio <strong>di</strong> legno ripiegato specularmente,“a co<strong>di</strong>ce”); sul rapporto fra le tavolette britanniche e le forme librarie si veda BOWMAN 1975, passim;BLANCK 2008, 68-70.17 BLANCK 2008, 66-8; vd. infra.18 Cfr. CAVALLO 1989b, 322-4 e 327, sul rotolo papiraceo nel mondo romano. Da questo punto <strong>di</strong> vista sipuò forse leggere come una reazione in senso conservatore la “innovazione” <strong>di</strong> Giulio Cesare che, secondoSvetonio, nell’invio dei resoconti <strong>di</strong> guerra al Senato, primus uidetur ad paginas et formam memorialislibelli conuertisse, cum antea consules et duces non nisi transuersa charta scriptas mitterent(Iul. 56, 6). Cesare avrebbe soppiantato l’uso del rotolo papiraceo scritto contro le fibre (transuersacharta) con quello del co<strong>di</strong>ce papiraceo ad imitazione dei memorialis libelli, affini al τῶνὑπομνημάτων δέλτοϲ del Senatus consultus del 73 a.C. e dunque, <strong>di</strong> fatto, identificabili con co<strong>di</strong>ci


Papyrotheke 1 (2010) ― 101papiro e pergamena, sono dunque costantemente interrelati: se i primi co<strong>di</strong>ces perappunti attestati erano costituiti da fogli pergamenacei (membranae) rilegati “a libro”,alcuni dei primissimi libri (anche cristiani) e quaderni “a co<strong>di</strong>ce” erano costituitida fogli <strong>di</strong> papiro anziché <strong>di</strong> pergamena 19 (Figg. 13-17), un uso che sicuramentesi protrae per tutti i primi secoli dell’era cristiana 20 (Figg. 36-38) .Il libro d’Irigoin, nella sua essenzialità, non entra nel merito del <strong>di</strong>battito, mal’angolazione prescelta, che valorizza le testimonianze <strong>di</strong> Marziale, chiarisce ilsuo punto <strong>di</strong> vista: “l’uso della pergamena per la confezione dei libri e la nuovaforma nata dal suo impiego [sc. il co<strong>di</strong>ce] sono fenomeni tipicamente e in<strong>di</strong>scutibilmenteromani” 21 . L’Autore preferisce addentrarsi nei vantaggi dell’uso del co<strong>di</strong>cerispetto al rotolo, e in una <strong>di</strong>samina delle motivazioni dell’apparente “resistenza”alla <strong>di</strong>ffusione della nuova tipologia <strong>di</strong> supporto, de<strong>di</strong>cando appena unpaio <strong>di</strong> righe alla tematica cristiana 22 . Tralasciando del tutto l’inquadramento storico-socialedel fenomeno, sembra quasi suggerire che questa epocale transizionesia stata solamente un momento nodale in una vicenda, tutto sommato, lineare.Nel complesso, Irigoin traccia un percorso approfon<strong>di</strong>to nei vari aspetti e nellealtrettanto varie problematiche della storia del libro antico, risalendo alle sueorigini, che vengono affrontate a partire dalle origini stesse della scrittura greca.Da qui, attraverso un itinerario che richiama le prime testimonianze dei rotoli papiracei– figurate, come alcune coppe attiche a figure rosse <strong>di</strong> V sec. (Fig. 12), emateriali, come il papiro <strong>di</strong> Timoteo e quello <strong>di</strong> Derveni (Figg. 9-10) – ed accen<strong>di</strong>tavolette lignee (deltoi): cfr. ROBERTS/SKEAT 1987, 18-9; CAVALLO 1992, 190-1; KRAFT (ed.) 2008,[[19]] n. 58 (ma, contra: VAN HAELST 1989, 19-20).19 Cfr. P.Yale 1, 80-100 d.C. (frammenti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con testo della Genesi); P.Ryl. III 457, primametà del II sec.d.C. (frammenti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con Vangelo <strong>di</strong> Giovanni); co<strong>di</strong>ci papiraceiChester Beatty, II-IV sec.d.C. (libri vetero- e neotestamentari); P.Bodm. II, inizi III sec.d.C. (co<strong>di</strong>cepapiraceo con Vangelo <strong>di</strong> Giovanni); P.Lond.Lit. 5+182 (= GMAW 2 14), seconda metà del III sec.d.C.(quaderno papiraceo per uso scolastico con testo dell’Iliade e spazi marginali per appunti)20 Cfr. PSI XIV 1371, V sec.d.C. (frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con parte del Salmo 36); CambridgeUniversity, Library Add. MS. 6366, V sec.d.C. (frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con le Olimpiche <strong>di</strong>Pindaro); P.Oxy. LXI 4094, VI sec. d.C. (frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con comme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Menandro).21 IRIGOIN 2009, 61.22 “Solo i cristiani hanno adottato molto presto la nuova forma <strong>di</strong> libro: vi intuirono un mezzo per <strong>di</strong>stinguersidagli ebrei e dai rotoli della Torah” (ibid., 63).


102 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiana ad alcune sue teorie relative alla prima trasmissione scritta dell’epica omerica23, l’Autore intraprende il suo viaggio, fra descrizione <strong>di</strong> esemplari e citazioni <strong>di</strong>fonti letterarie, de<strong>di</strong>cando ove possibile veloci approfon<strong>di</strong>menti ad esempi dellacura e dell’attenzione de<strong>di</strong>cate al testo scritto in quanto tale: le annotazioni sticometriche,i primi tentativi stenografici 24 , i segni critici e <strong>di</strong>acritici della filologiaalessandrina, la corsivizzazione della grafia, le note tironiane, gli acrostici, finoad arrivare alle abbreviazioni tipografiche delle e<strong>di</strong>zioni umanistiche <strong>di</strong> Aldo Manuzio.E il XV secolo della nostra era è il punto d’arrivo dell’indagine <strong>di</strong> Irigoin,che conclude con l’osservazione che la tipografia contemporanea, nelle e<strong>di</strong>zionidei classici, riunisce in sé le due estremità della storia dei manoscritti greci, lascrittura libraria attica nei caratteri capitali e la grafia dei copisti rinascimentalinelle minuscole.2. Scritture per l’eternità, scritture per il momentoDi <strong>di</strong>versa impostazione, manualistica e approfon<strong>di</strong>ta, è la struttura del <strong>volume</strong>del Blanck, che gli apparati iconografici, bibliografici e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci (dei passi citati;delle testimonianze scritte; dei nomi antichi e moderni; dei luoghi geografici;analitico), ampliati ed aggiornati nell’e<strong>di</strong>zione italiana curata da Rosa Otranto,rendono uno strumento in<strong>di</strong>spensabile per gli stu<strong>di</strong> bibliologici antichistici. L’opera,articolata in <strong>di</strong>eci parti, muovendo dalle origini e <strong>di</strong>ffusione della scritturaantica (I-II) approda alla materialità dei supporti e <strong>degli</strong> strumenti scrittori (III-I­V-V), toccando poi un tema tralasciato dall’Irigoin, quello delle illustrazioni librarie(VI), ed uno solamente accennato dall’Autore precedente, quello della <strong>di</strong>ffusionee del commercio dei libri (VII), per concludere con un’ampia panoramicarelativa alla storia delle biblioteche antiche (VIII-IX-X).La spiccata preferenza accordata alla storia della cultura materiale, evidentenelle ampie <strong>di</strong>gressioni epigrafiche e nell’attenzione riservata agli aspetti piùconcreti della bibliologia (i libri come oggetto e prodotto, gli strumenti, le biblio­23 Vd. infra.24 In due epigrafi, da Atene (IG II 2 2783) e Delfi (FD III 1, 558).


Papyrotheke 1 (2010) ― 103teche), fa proporre al Blanck, in merito al nostro tema <strong>di</strong> partenza – il rapporto traforme e materiali scrittori – un’integrazione alla visione <strong>di</strong> Cavallo, che egli comunqueaccetta, opponendola decisamente all’interpretazione “cristiana” 25 . L’Autore,infatti, osservando che “resta tuttavia da chiarire […] perché gli strati socialipiù bassi non nutrivano, nei confronti del co<strong>di</strong>ce, le stesse riserve che venivanodai ceti più alti”, propone che possano “essere state determinanti solo motivazioni<strong>di</strong> carattere pratico”, e specificamente la maneggevolezza, l’economicità, la resistenza,la facilità <strong>di</strong> consultazione 26 . Egli recupera dunque una serie <strong>di</strong> argomentigià contestati dai fautori delle ipotesi cristiane 27 , ed in particolare da Skeatil quale, ancora recentemente, ha rivalutato i vantaggi della lettura dal rotolo 28 .Ciò rende necessari ulteriori chiarimenti.Dopo le testimonianze <strong>di</strong> Marziale sui primi tentativi 29 <strong>di</strong> riversare opere letterariein breuibus tabellis, la prima fonte letteraria che ci parli <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ces pergamenaceiè il giurista romano Ulpiano che, all’inizio del III sec. d.C., attesta una significativa<strong>di</strong>versificazione fra co<strong>di</strong>ci e rotoli. Nel definire la questione (in unacausa ere<strong>di</strong>taria) se la categoria <strong>di</strong> libri potesse riferirsi tanto ai volumina quantoai co<strong>di</strong>ces, scrive: librorum appellatione continentur omnia uolumina, siue incharta siue in membrana sint siue in quauis alia materia: sed et si in philyra autin tilia (ut nonnulli conficiunt) aut in quo alio corio, idem erit <strong>di</strong>cendum. quod siin co<strong>di</strong>cibus sint membraneis uel chartaceis uel etiam eboreis uel alterius materiaeuel in ceratis co<strong>di</strong>cillis, an debeantur, uideamus 30 . Questa precisazione può25 BLANCK 2008, 138-9.26 Ibid., 139.27 Vd. supra.28 Si veda in particolare SKEAT 1990, che riprende una sua teoria sperimentale tesa a <strong>di</strong>mostrare l’agevolechiusura del rotolo papiraceo (SKEAT 1978, 373-6) ora verificata su <strong>di</strong> un esemplare reale, sottolineandoi vantaggi “psicologici” <strong>di</strong> una lettura “continua” che potrebbe essere stata comune nel mondo antico(l’Autore la paragona alla fruizione <strong>di</strong> opere quali il fregio del Partenone e la Colonna Traiana); suirapporti fra tecniche <strong>di</strong> lettura e forme librarie cfr. anche CAVALLO 1994 (qualche cenno già in ID.1989b, 330-1).29 “But note that ‘newness’ or ‘innovation’ are not mentioned or even hinted at by Martial – apparentlyuse of this format on the part of some booksellers was already known and accepted by his imaginedRoman au<strong>di</strong>ence” (KRAFT (ed.) 2008, [[25]]).30 Dig. XXXII 52 praef.; cfr. anche Paul. Sent. III 6, 87 (libris legatis tam chartae uolumina uel membranaeet philyrae continentur: co<strong>di</strong>ces quoque debentur: librorum enim appellatione non uolumina


104 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiasignificare solo che a quell’epoca vi potevano essere dubbi circa la qualificazionedei co<strong>di</strong>ces come libri, e ciò porta ad interrogarsi su cosa fossero i libri, e in cosapotessero <strong>di</strong>versificarsi dai co<strong>di</strong>ci.La seconda lettera a Timoteo, attribuita a San Paolo, in cui sono giustapposti itermini βιβλία e μεμβράναϲ, non offre un contesto sufficientemente chiaro perrispondere al quesito 31 . Ma, richiamando la fondamentale derivazione <strong>di</strong> questeultime dai pugillares, le tavolette romane per appunti, cerate e/o pergamenacee,che Orazio accomunava nella prerogativa <strong>di</strong> un’agevole cancellazione e riscrittura32 , è possibile che la <strong>di</strong>stinzione sottintesa (e rigettata) da Ulpiano riguardassetipologie scrittorie destinate alla conservazione e altre destinate, viceversa, alconsumo. Non si spiegherebbe altrimenti il motivo per cui, secondo quanto raccontaDiogene Laerzio, Filippo <strong>di</strong> Opunte avrebbe trascritto su papiro le Leggi <strong>di</strong>Platone, fino a quel momento conservate, presso l’Accademia, su tavolette cerate(ἐν κηρῶ 33 ): queste ultime non potevano in alcun modo essere “un esemplare ufficiale”34 , stante il carattere aleatorio per antonomasia <strong>di</strong> questi supporti, ma dovevanoessere verosimilmente appunti o trascrizioni temporanee <strong>di</strong> Platone 35 , destinatealla copia su papiro a scopo <strong>di</strong> conservazione.Giustamente, dunque, Cavallo vede strettamente connessa la <strong>di</strong>ffusione deico<strong>di</strong>ci allo sviluppo <strong>di</strong> certi generi (semi-)letterari destinati ad un’utenza non certoincolta ma me<strong>di</strong>a e professionale: romanzi ellenistici, testi oracolari, manuali,chartarum, sed scripturae modus qui certo fine conclu<strong>di</strong>tur aestimatur). A proposito <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> altripassi, si veda ROBERTS/SKEAT 1987, 30-4, che non dà però conto dei motivi per cui Ulpiano sarebbedovuto intervenire su questo problema. Per ulteriori dettagli su altri riferimenti ai libri nei testi giuri<strong>di</strong>citardo-antichi si veda KRAFT (ed.) 2008, [[34]].31 2Ep.Ti. 4, 13: ...φέρε, καὶ τὰ βιβλία, μάλιϲτα τὰϲ μεμβράναϲ; cfr. CAVALLO 1994, 615. Pace SKEAT1979, non è possibile attribuire all’avverbio μάλιϲτα il senso <strong>di</strong> “particolarizzazione” <strong>di</strong> una sotto-categoria<strong>di</strong> βιβλία: si vedano al proposito le obiezioni <strong>di</strong> MCCORMICK 1985, 155 n. 16.32 Hor. Ars 386-90; cfr. anche Mart. XIV 7; ROBERTS/SKEAT 1987, 20.33 D.L. III 37.34 CAVALLO 1992, 97.35 È certo <strong>di</strong>fficile che l’intero testo delle Leggi fosse stato scritto su tavolette cerate: l’espressione significherebbedunque “in una stesura provvisoria” (DORANDI 2004, 22); una tra<strong>di</strong>zione antica raccontavain effetti <strong>degli</strong> appunti <strong>di</strong> Platone su tavolette (Quint. Inst. I 8, 64; D.H. Compl.Lit. 25). Sugli appuntipreparatorî d’autore, redatti su “co<strong>di</strong>ci” (papiracei, pergamenacei o lignei), cfr. DORANDI 2004, 13-28 e,parzialmente, ss.


Papyrotheke 1 (2010) ― 105esercizi scolastici, manuali me<strong>di</strong>ci 36 (Figg. 18-23 e 26-27). Ma va considerato anchel’aspetto più strettamente d’uso. “Proprio in quanto circolanti entro un pubblicoche non era quello delle élites tra<strong>di</strong>zionali, co<strong>di</strong>ci contenenti Trivialliteraturerano destinati a perdersi giacché la mentalità stessa <strong>di</strong> conservazione è prerogativadelle classi sociali elevate” 37 : perché non pensare che, proprio in quanto generi“<strong>di</strong> consumo”, ad essi venisse riservata quella forma libraria già da tempo associataproprio alla scrittura temporanea, non conservativa? Fondamentale risultaa questo proposito la possibilità che molti <strong>di</strong> questi co<strong>di</strong>ci – stanti le grafie pocoaccurate – siano stati scritti dagli stessi lettori, situazione da leggere in paralleloalla copiatura <strong>di</strong> simili testi su rotoli papiracei sicuramente <strong>di</strong> riuso 38 . A ciò si puòaggiungere la prerogativa che Marziale assegnava alle “tavolette pergamenacee”,ovvero la maneggevolezza e la facilità <strong>di</strong> trasporto 39 : “we may begin to wonderwhat it was about the novel format that appealed alike to some ancient doctorsand teachers. One possibility lies in the geographical mobility that characterizedthe two professions: ancient doctors and teachers were often on the move, see­36 CAVALLO 1984, 120-1; ID. 1994, 616-8. I documenti considerati, tutti inizialmente datati al II o II-IIIsec.d.C., sono: P.Mil.Vogl. III 124 (Achille Tazio, Leucippe e Clitofonte); P.Col. inv. 3328 (Lolliano,Phoinikika); P.Bon. I 3 (Homeromanteion); P.Mil.Vogl. II 33 (Omero, Iliade V); P.Oxy. XXX 2517(lessico omerico); PSI VII 849 e P.Harr. 59 (manuali <strong>di</strong> grammatica); P.Mil.Vogl. I 15 (trattato me<strong>di</strong>co);BKT I 3, 29-30 (manuale me<strong>di</strong>co). La lista compilata da VAN HAELST 1989, 23-4, aggiunge P.Yaleinv.1534 (commento a Demostene, Contra Aristocratem) e P.Harr. 119 (Iliade); si veda anche, sempre<strong>di</strong> II-III sec. d.C., PSI VI 728 (trattato <strong>di</strong> palmomanzia). Per un recente aggiornamento, basato sugliesemplari catalogati nel Mertens- Pack 3 (ma una simile indagine andrebbe ampliata ed effettuata anchesu strumenti più articolati quali il Leuven Database of Ancient Books oppure Trismegistos), si rimandaa KRAFT (ed.) 2008, passim (soprattutto [[35]] ss.), che pone in particolare l’accento su calendari e documentiastronomici/astrologici, comunque tutti pertinenti alle categorie “tecnico-professionali” o “<strong>di</strong>consumo”. Sullo spostamento cronologico <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> questi esemplari si veda per esempio ANDORLINI1994, passim.37 CAVALLO 1984, 120. Sulla letteratura <strong>di</strong> consumo e i suoi veicoli materiali si veda anche ID. 2005, passim.38 Cfr. CAVALLO 2005, 219 (riuso <strong>di</strong> rotoli) e 223 (autografia dei lettori); specialmente in comparazionecon i testi scritti su rotoli “librari”, con grafie accurate e <strong>di</strong> qualità (ibid., 221 ss.). Va segnalato in particolareil caso – non isolato – dei Phoinikika <strong>di</strong> Lolliano, attestati in forma <strong>di</strong> rotolo, con scritture librarie(P.Oxy. XI 1368, II-III sec. d.C.), accanto al co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> minor qualità (P.Col. inv.3328, cit. supra)(Fig. 20): “lo stesso testo risulta proposto in forme materiali <strong>di</strong>verse, che sembrano riverberare il <strong>di</strong>variotra un libro da lettore abituale e un libro ad uso <strong>di</strong> un qualche lettore che ha accesso ad un prodotto<strong>di</strong>stribuito secondo altri meccanismi...” (ibid., 223).39 Cfr. per esempio Mart. XIV 188: si comes ista tibi fuerit membrana, putato | carpere te longas cumCicerone uias.


106 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaking new business and better economic opportunities” 40 .I resti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> II-III sec.d.C. <strong>di</strong> contenuto letterario più “alto” 41 (Figg. 24-25 e 28-31) non vanno dunque guardati come un’eccezione che precorre i tempi42 , ma come attestazioni del fenomeno già descritto da Marziale – oppure comealtri esemplari <strong>di</strong> testi scolastici. D’altra parte, il libraio ambulante <strong>di</strong> cui ci parlaP.Petaus 30 (II sec. d.C.) vendeva co<strong>di</strong>ci (pergamenacei – chiamati membranaicome i loro predecessori, i taccuini), non rotoli in papiro 43 , mentre due dei co<strong>di</strong>cilignei <strong>di</strong> Kellis, pur nella coincidenza strutturale, contengono rispettivamente unregistro contabile privato ed una silloge <strong>di</strong> orazioni isocratee 44 (Figg. 32-33), <strong>di</strong>ssolvendoogni dubbio sul rapporto fra contenuto e forma 45 , da rivedere alla luce<strong>di</strong> quello fra forma e finalità d’uso 46 .All’interno, dunque, delle più generali spinte sociali o ideologiche che devonoaver influito, in quanto sovrastrutture, sulle scelte “e<strong>di</strong>toriali”, non possono essere<strong>di</strong>menticati i significati profon<strong>di</strong> che dovevano esistere nel rapporto fra contenutoe contenitore, in quella che potremmo definire come una sociologia, oun’antropologia, dei supporti scrittori, in particolare in relazione alle finalità del­40 MCCORMICK 1985, 157. Esistevano certo rotoli papiracei <strong>di</strong> ridottissime <strong>di</strong>mensioni (cfr. CAVALLO 1994,629; BLANCK 2008, 118), ma per opere “monumentali” (e su questo punto insiste, non a caso, Marziale)era indubbiamente più vantaggiosa la forma del co<strong>di</strong>ce.41 Papiracei: PSI II 147 (Pindaro, Peani); P.Oxy. IV 697 (Senofonte, Cirope<strong>di</strong>a); P.Oxy. XLIV 3157(Platone, Repubblica). Pergamenacei: P.Oxy. I 30 (De bellis Macedonicis – Pompeo Trogo?), del 100d.C.; molto più controversa la datazione <strong>di</strong> P.Lond.Lit. 127 (Demostene, De falsa legatione); BKT V2, 73-9 (Euripide, Cretesi); P.Duke inv.G5 (Platone, Parmenide).42 Il fatto che siano numericamente ridotti (cfr. CAVALLO 1984, 121) non influisce più <strong>di</strong> tanto in un campo,quale quello papirologico, in cui le basi materiali <strong>di</strong>pendono da una doppia casualità, quella dellaloro conservazione e quella del loro ritrovamento, peraltro limitato all’area egiziana (su quest’ultimoproblema, in specifico, cfr. ID. 1994, 633-6).43 Cfr. VAN HAELST 1989, 21-3 (si veda in particolare quanto scrive a conclusione l’Autore: “les copies deces pocket-books avant la lettre étaient probablement de moindre qualité, ce qui amène les acheteurs àcomparer les manuscrits”, come nel caso dell’estensore della missiva che ci ha conservato questo papiro);CAVALLO 1994, 616.44 P.Kell. III 95 (Isocrate) e IV 96 (registro), IV sec.d.C. Si confrontino con P.Flor. I 71, quaderno papiraceoa “co<strong>di</strong>ce” con registro fon<strong>di</strong>ario <strong>di</strong> IV sec. d.C., a fronte dei co<strong>di</strong>ci papiracei letterari che ancorasono attestati in quei secoli (vd. supra) (Figg. 34 e 36-38).45 “Books existed for the sake of <strong>text</strong>s, not the other way around. A book’s identity was more preciselydefined by its <strong>text</strong>ual contents than by its physical form or the material on which it was written”(HENRICHS 2003, 210).46 Cfr. una prima riflessione su questo aspetto in CAVALLO 1994, 636-7.


Papyrotheke 1 (2010) ― 107la scrittura. Mutatis mutan<strong>di</strong>s, si può ricondurre a questa <strong>di</strong>mensione anche la <strong>di</strong>cotomiariscontrata, alla fine dell’epoca antica, quando ormai viene abbandonatala forma del rotolo, nella circolazione <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci papiracei da una parte, pergamenaceidall’altra: la pergamena si associa preferenzialmente a scritture librarie fortementecanonizzate, mentre il papiro è destinato in modo maggioritario a grafieinformali, o corsive, o comunque meno curate: ad una destinazione provvisoria,d’uso (“co<strong>di</strong>ci ‘da lavoro’” 47 ), e non <strong>di</strong> conservazione bibliotecaria 48 . Di ciò potrebbeessere un riflesso l’accertata <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong>mensionale tra co<strong>di</strong>ci papiracei(più stretti ed alti) e pergamenacei (più “quadrati”) 49 .La vera rivoluzione, dunque, come aveva peraltro notato Cavallo 50 , sta nell’associazione<strong>di</strong> scritture librarie – cioè <strong>di</strong> una destinazione “conservativa” – aco<strong>di</strong>ci pergamenacei che in precedenza avevano rappresentato, insieme ai co<strong>di</strong>cipapiracei e contro i rotoli, le scritture “temporanee” 51 ; ed è propriamente in questofenomeno, piuttosto che nella generica transizione dal rotolo al co<strong>di</strong>ce, chedobbiamo vedere il riflesso dei cambiamenti sociali, ideologici e religiosi dellaTarda Antichità. La produzione “alta” <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> autori antichi, sia in Occidenteche in Oriente, si lega alla necessità <strong>di</strong> conservare un patrimonio culturale <strong>di</strong> cuisi sta percependo la scomparsa ma <strong>di</strong> cui ci si vuol presentare, specialmente nelmondo bizantino, ere<strong>di</strong> e continuatori. Si tratta <strong>di</strong> un mondo in cui i pilastri concettualisono costituiti dalla Legge cristiana e dalla Legge imperiale 52 , i cui contenutisi erano sempre espressi, fino a quel momento, nella forma del co<strong>di</strong>ce, in47 CAVALLO 2002, 105.48 Cfr. ad esempio CRISCI 2003: il fenomeno interessa, trasversalmente, testi sacri e profani. Tale tendenzaera già stata sottolineata da CAVALLO 2002, 91: “nella prima età bizantina […] i co<strong>di</strong>ci <strong>degli</strong> autoriantichi (e più in generale della letteratura laica, anche coeva) erano <strong>di</strong> preferenza <strong>di</strong> papiro quando sitrattava <strong>di</strong> copie destinate allo stu<strong>di</strong>o, all’insegnamento e, più in generale, alla corrente circolazioneletteraria. […] a parte poche eccezioni, in concomitanza con l’affermarsi del co<strong>di</strong>ce, alla degradazionedel papiro a copie <strong>di</strong> minor pregio sotto il profilo tecnico (ma non contenutistico) corrisponde la promozionedella pergamena a materia scrittoria dei libri <strong>di</strong> buona o superiore qualità...”.49 Cfr. BLANCK 2008, 121.50 CAVALLO 2002, 93-4.51 Vd. infra.52 Ibid., 126-9.


108 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaquanto manualistica <strong>di</strong> vita 53 e <strong>di</strong> lavoro 54 (Fig. 39).Una volta istituzionalizzati questi àmbiti, ad una classe <strong>di</strong>rigente <strong>di</strong> formazioneme<strong>di</strong>a e tecnico-professionale la scelta <strong>di</strong> conservare l’originaria forma a co<strong>di</strong>ce,deve essere apparsa naturale e spontanea, se non ideologicamente significativa,come segnale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco e <strong>di</strong> novità rispetto all’epoca precedente 55 (Fig. 40).Il co<strong>di</strong>ce pergamenaceo sarebbe così <strong>di</strong>venuto anche il veicolo istituzionale per laconservazione della letteratura classica precedente 56 , mentre il co<strong>di</strong>ce papiraceo,che forse ne era stato un adattamento egiziano, rimase legato alle scritture “temporanee”,per libri “d’uso” e <strong>di</strong> me<strong>di</strong>ocre livello qualitativo.3. Le biblioteche antiche, dalla magia alla filologiaSebbene fondata su antitesi <strong>di</strong>fferenti (dapprima tavolette cerate/rotoli papiracei,quin<strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci/rotoli, infine co<strong>di</strong>ci papiracei/pergamenacei), appare dunquecostante, per tutta l’Antichità, la percezione <strong>di</strong> una sostanziale <strong>di</strong>vergenza frascritture conservative e scritture temporanee. Il <strong>di</strong>scrimine, naturalmente, sta nell’esigenza<strong>di</strong> conservare o meno un dato testo, sicché il ruolo giocato da bibliotechee archivi, pubblici o privati, risulta indubbiamente <strong>di</strong> primo piano. Già il manualedel Blanck offre, rispetto alle cursorie menzioni dell’Irigoin, un’ampia sezionede<strong>di</strong>cata allo sviluppo ed alle principali caratteristiche delle bibliotechegreco-romane 57 , dalle prime semi-leggendarie costituite dai tiranni arcaici, Pisistrato<strong>di</strong> Atene e Policrate <strong>di</strong> Samo, alla più famosa e travagliata raccolta libraria53 L’immagine del Vangelo (e della reinterpretazione cristiana della Bibbia) come manuale per la vita eper la liturgia è <strong>di</strong> VAL HAELST 1989, 34.54 Per i “manuali” giuri<strong>di</strong>ci si veda PSI XI 1182 (IV sec.d.C.), con parte <strong>di</strong> due fogli <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceodelle Institutiones del giurista Gaio, con testo in latino e glosse interlineari e marginali in greco.55 Già Costantino, quando nel 332 aveva voluto dotare dei testi sacri le nuove chiese <strong>di</strong> Costantinopoli,aveva commissionato allo scriptorium <strong>di</strong> Eusebio <strong>di</strong> Cesarea cinquanta co<strong>di</strong>ci pergamenacei dellaBibbia, <strong>di</strong> cui sarebbe un esemplare giunto fino a noi almeno il Codex Sinaiticus (CAVALLO 2002, 109 e114-5). Per San Girolamo membrana era già sinonimo <strong>di</strong> Sacra Scrittura (In Gal. I 3, 8 s. = 26, 353AMigne; cfr. CAVALLO 2002, 109).56 Significativo a questo proposito che il co<strong>di</strong>ce fosse una tipologia così adatta alla “canonizzazione” <strong>di</strong>corpora o sillogi letterarie, dai Vangeli cristiani alle opere <strong>degli</strong> autori classici: cfr. per esempioCAVALLO 1998, 10-1).57 BLANCK 2008, 181-303, ovvero quasi la metà del testo.


Papyrotheke 1 (2010) ― 109privata, quella <strong>di</strong> Aristotele, per giungere naturalmente all’istituzione più celebredell’Antichità, la Biblioteca del Museo <strong>di</strong> Alessandria, analizzata in dettaglio assiemealla sua principale “rivale”, quella <strong>di</strong> Pergamo. Dopo una panoramica suiginnasi, l’Autore passa a descrivere, in tre capitoli <strong>di</strong>stinti, le biblioteche privatee pubbliche a Roma (in primis, quella <strong>di</strong> Calpurnio Pisone ad Ercolano e quellepubbliche <strong>di</strong> età imperiale) e in tutto il territorio imperiale. Seguono approfon<strong>di</strong>mentisulla loro architettura, arredamento, funzionamento e amministrazione.Ma è il <strong>volume</strong> miscellaneo curato dalla Andrisano ad affrontare criticamenteil concetto <strong>di</strong> biblioteca, mostrando come esso sia potuto variare, nel corso deltempo, dalla biblioteca orale delle epiche omeriche alla sistemazione filologicaellenistica 58 , passando attraverso la conservazione archivistico-templare 59 e le bibliotecheprivate <strong>degli</strong> autori classici greci e romani, spesso ricostruibili, almenoparzialmente, attraverso suggestioni e citazioni rintracciabili nelle loro opere 60per giungere anche in questo caso – come già nei saggi d’Irigoin – all’Umanesimo,alle “biblioteche” dei volgarizzatori 61 .Per il taglio che abbiamo deciso <strong>di</strong> dare alla nostra indagine, risultano particolarmenteilluminanti i primi due contributi, <strong>di</strong> Federico Condello e Lorenzo Perilli,che in un certo senso si <strong>di</strong>stinguono dal resto della raccolta – incentrata sull’identificazioneed il recupero delle “biblioteche”, a volte solo “virtuali”, dell’autore,“nel senso ampio <strong>di</strong> complesso <strong>di</strong> libri cui egli poteva accedere” 62 – nel tentativo<strong>di</strong> tracciare un quadro più generale sulla circolazione della conoscenza nelmondo antico, prima che essa venga co<strong>di</strong>ficata nella forma del libro.Condello infatti, nel ricostruire la “biblioteca orale” <strong>degli</strong> Omeri<strong>di</strong>, affronta laspinosa questione della pseudoepigrafia – la fittizia attribuzione <strong>di</strong> opere (o pericopi)ad Omero – <strong>di</strong>mostrando che per l’età arcaica essa era concepita come un58 CONDELLO 2007.59 PERILLI 2007.60 PAVINI 2007 (suggestioni librarie virtuali o reali nell’opera <strong>di</strong> Aristofane); FUNAIOLI 2007 (Fania e Timocreontecome fonti della Vita <strong>di</strong> Temistocle <strong>di</strong> Plutarco); ANDRISANO 2007 (il poeta giambico Alceo nellabiblioteca <strong>di</strong> Luciano <strong>di</strong> Samosata); FIORENTINI 2007 (lirici greci nella biblioteca <strong>di</strong> Virgilio);QUERZOLI 2007 (libri dei giuristi nelle Notti attiche <strong>di</strong> Gellio).61 LONGONI 2007.62 QUERZOLI 2007, 146.


110 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiamanifesto <strong>di</strong> affiliazione all’illustre tra<strong>di</strong>zione omerica, tanto più che “nulla assicurache i confini fra le singole opere omeriche – e fra le singole ‘tracce’ narrativeche certo ne costituivano il canovaccio orale – fossero così fermamente stabilitida consentire una precisa identificazione del passo, o almeno dell’opera, presential poeta citante” 63 . Tutt’altra cosa, dunque, rispetto all’assunzione dellapseudoepigrafia arcaica come “problema” da parte della filologia alessandrina,che trasforma il nomen auctoris “in un mero strumento <strong>di</strong> attribuzione e classificazione<strong>di</strong>fferenziale, così come appare caratteristico […] della authorship modernae contemporanea” 64 .Ora, questa fondamentale <strong>di</strong>stinzione ci sembra estendersi oltre il confine delleriflessioni sulla pseudoepigrafia (che nella continuazione del saggio procedonoa interessanti osservazioni sul “panellenismo” omerico e sulle reazioni epicorichefondate sulla riattribuzione ad autori locali 65 ), a includere il più vasto problemarelativo alla trasmissione dei testi omerici. Infatti, se la co<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> un “canoneomerico” ad opera della filologia alessandrina sottintende un’attenzione rivoltaal libro in quanto tale, ovvero come contenitore/conservatore <strong>di</strong> un’operaspecifica, un testo stabilito, potrebbe risultarne indebolita la teoria dell’Irigoin, ilquale aveva sostenuto che l’originaria scansione dei canti <strong>di</strong> Iliade e O<strong>di</strong>ssea presupporrebbeuna loro primitiva trascrizione su rotoli <strong>di</strong> cuoio d’uso ionico 66 , qualisarebbero stati acquistati, dalle mani <strong>degli</strong> Omeri<strong>di</strong> <strong>di</strong> Chio, dal tiranno atenieseIpparco, per l’uso panatenaico 67 .È pur vero che numerosi in<strong>di</strong>zi fanno ritenere che l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> riferimento <strong>degli</strong>eru<strong>di</strong>ti alessandrini fosse quella ateniese 68 , ma proprio per alcuni <strong>di</strong> essi (peresempio, gli influssi linguistici attici, nonché le famigerate “interpolazioni”) nonpossiamo credere ad un originale “omeride”, ionico. L’origine della sud<strong>di</strong>visione63 CONDELLO 2007, 18.64 Ibid., 24; vd. infra.65 Ibid., 30-5.66 Sull’uso ionico dei rotoli <strong>di</strong> cuoio (<strong>di</strong>phthērai), cfr. Hdt. V 58.67 IRIGOIN 2009, 9; poi sviluppate in ID. 2001.68 IRIGOIN 2001, 17. Che ad Atene si fosse pervenuti ad un canone standard <strong>di</strong> Omero era già noto in antico(cfr. Ael. VH XIII 14).


Papyrotheke 1 (2010) ― 111in canti dei poemi omerici è questione controversa, anche se non vi sono particolarimotivi per dubitare che potesse risalire alle composizioni originarie 69 , maproprio la tra<strong>di</strong>zione che le qualificava come rhapsō<strong>di</strong>ai e che assegnava lo stessonome ai “libri” omerici ne rivela l’aspetto essenzialmente recitativo, orale. GliὉμήρου ἔπη che Ipparco avrebbe portato per la prima volta in Attica (πρῶτοϲἐκόμιϲεν εἰϲ τὴν γῆν), secondo le parole dell’omonimo <strong>di</strong>alogo pseudo-platonico70 , dovrebbero dunque essere i canti stessi, quei medesimi che Cineto avrebbecantato a Siracusa alla fine del secolo 71 .Fondamentali risultano le osservazioni <strong>di</strong> Antonio Aloni, una delle massimeautorità in materia: “La norma panatenaica non <strong>di</strong>pende dall’esistenza <strong>di</strong> un testogià fissato e messo per iscritto dei poemi, che non esistono in una <strong>di</strong>mensionemonumentale: questa <strong>di</strong>mensione è conseguenza della norma stessa. D’altra partela registrazione scritta non può neppure essere considerata una conseguenza <strong>di</strong>rettadella norma panatenaica. In una cultura tra<strong>di</strong>zionale non esiste necessità <strong>di</strong>una registrazione scritta <strong>di</strong> un testo, la cui esistenza è sempre e comunque resapossibile dalla realizzazione in performance. La scrittura è qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso, lecui ragioni vanno cercate fuori o oltre la fruzione del testo” 72 .La creazione del “canone ateniese”, concomitante alla fissazione scritta deipoemi omerici, è funzionale alla politica dei Pisistrati<strong>di</strong>, e in questo modo possonoessere spiegate le varie interpolazioni atticizzanti. L’attenzione dei tiranni altesto scritto è stata ben colta nella misura in cui essa si proponeva <strong>di</strong> eternare esacralizzare una struttura epica nazionalizzata e ideologizzata 73 , in un’operazioneparallela alla costituzione <strong>di</strong> un corpus oracolare scritto che, ancora all’epocadella cacciata <strong>di</strong> Ippia, veniva custo<strong>di</strong>to sull’Acropoli 74 . Si trattava, cioè, <strong>di</strong> dare69 Si veda per esempio HEIDEN 1998 e 2000.70 [Pl.] Hipparch. 228b-c.71 Hippostratos 568F5 FGH: τὰ Ὁμήρου ἔπη.72 ALONI 2006, 98; cfr. anche THOMAS 1992, 34 ss.73 Si veda già ALONI 1984, e poi ID. 2006, 101-18.74 Hdt. V 90, 2. Doveva trattarsi <strong>di</strong> una miscellanea oracolare tratta dai manteis più famosi come Museoe Bacide, e l’attenzione al testo <strong>di</strong>mostrata dai Pisistrati<strong>di</strong> emerge anche nell’episo<strong>di</strong>o della cacciatadell’orfico Onomacrito, accusato <strong>di</strong> aver falsificato uno <strong>degli</strong> oracoli, alla cui trascrizione egli stavaevidentemente collaborando (Hdt. VII 6, 3-4). Su queste raccolte oracolari si veda PRANDI 1993.


112 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiafissazione scritta a tra<strong>di</strong>zioni orali, che proprio sull’oralità fondavano la propriaautorevolezza 75 .Le prime scritture “librarie” hanno, dunque, un carattere sacrale-autoritativo,e sono <strong>di</strong> preferenza collocate in un tempio, come la tra<strong>di</strong>zione attesta per l’operafilosofica <strong>di</strong> Eraclito 76 . Questo aspetto conduce al secondo contributo della raccoltain esame, quello <strong>di</strong> Perilli, de<strong>di</strong>cato a conservazione dei testi e circolazionedella conoscenza in Grecia. L’Autore propone svariati casi, oltre a quello eracliteo,<strong>di</strong> testi collocati in strutture sacre: le poesie <strong>di</strong> Crantore <strong>di</strong> Soli; la stele conun progetto <strong>di</strong> Eratostene; il racconto autobiografico <strong>di</strong> Abrocome e Antia, i protagonisti<strong>degli</strong> Ephesiaka <strong>di</strong> Senofonte d’Efeso 77 , ai quali possiamo aggiungere,<strong>di</strong> maggiore antichità, la tavoletta lignea col testo dell’Inno omerico ad Apollode<strong>di</strong>cata dai Delî nel tempio <strong>di</strong> Artemide, quella plumbea con gli Erga esiodeiconservata presso i Beoti dell’Elicona, la de<strong>di</strong>ca della settima Olimpica <strong>di</strong> Pindaronel tempio <strong>di</strong> Atena Lin<strong>di</strong>a 78 . Quest’usanza, secondo l’Autore, risale ai tempiin cui “gli archivi <strong>di</strong> templi e santuari svolgevano una funzione pubblica, ad essierano infatti affidati i documenti relativi alla città” 79 .Ma l’associazione fra tempio e archivio scribale non risiede nella funzione legittimantedel primo, bensì nel valore consacrante della scrittura: “la scritturamaterializza qualcosa che materiale non è, e rende possibile l’offerta e la de<strong>di</strong>caal <strong>di</strong>o” 80 . Lo ricordava anche Irigoin: “il libro permetteva <strong>di</strong> conservare, negli archivifamiliari, le tracce <strong>di</strong> un fatto memorabile celebrato da un poeta o potevaessere l’offerta a una <strong>di</strong>vinità, a guisa <strong>di</strong> ex voto” 81 . La cosa singolare, in queste75 Si veda, allo specchio della paro<strong>di</strong>a, la raccolta <strong>degli</strong> oracoli <strong>di</strong> Bacide portata in scena dal chrēsmologos<strong>degli</strong> Uccelli <strong>di</strong> Aristofane, con il suo costante riferimento al “testo” (HENRICHS 2003, 216-22).76 Cfr. D.L. IX 6: ἀνέθηκε δ' αὐτὸ εἰϲ τὸ τῆϲ Ἀρτέμιδοϲ ἱερόν, ὡϲ μέν τινεϲ, ἐπιτηδεύϲαϲἀϲαφέϲτερον γράψαι, ὅπωϲ οἱ δυνάμενοι προϲίοιεν αὐτῷ καὶ μὴ ἐκ τοῦ δημώδουϲεὐκαταφρόνητον ᾖ.77 PERILLI 2007, 39-46.78 Certamen 315-21 Allen; Paus. IX 31, 4; Gorgon 515F18 FGH. Questi casi sono citati da ALONI 2006,97-8.79 PERILLI 2007, 50.80 ALONI 2006, 99.81 IRIGOIN 2009, 8; e cfr. anche CAVALLO 1998, 8-9, su un certo tipo <strong>di</strong> scrittura “atta a realizzare l’intentodel testo magico racchiuso nella fissità della gabbia grafica”.


Papyrotheke 1 (2010) ― 113testimonianze <strong>di</strong> “scritture sacre” (ed è un’osservazione che si può agevolmenteestendere anche ad ogni documento conservato presso quegli archivi arcaici cuifa riferimento Perilli), è che i supporti utilizzati sono quelli che noi conosciamocome destinati alle scritture temporanee: soprattutto tavolette <strong>di</strong> legno, cerate omeno, ma anche lamine <strong>di</strong> piombo, analoghe a testi commerciali <strong>di</strong> VI e V sec.a.C. (lettere da Emporion e Pech-Maho 82 ) (Fig. 7). Quasi come se, in un’epocaancora dominata dalla tra<strong>di</strong>zione orale, quest’ultima fosse sufficiente a garantirela memoria e la correttezza del testo trà<strong>di</strong>to 83 , e la scrittura – su supporti cadùchi– volesse semplicemente cogliere un aspetto momentaneo della tra<strong>di</strong>zione stessa,affidato ad un appunto estemporaneo 84 .L’impressione è confermata dalla casistica esaminata dal Perilli a conclusionedel suo saggio 85 , consistente nelle “tavolette” (pinakia) con annotazioni me<strong>di</strong>che– cartelle cliniche o schede <strong>di</strong>agnostiche – conservate presso i santuari e note tecnicamentecome iatrika grammateia 86 . La collocazione templare rispondeva quianche a criteri utilitari, dato che nei santuari <strong>di</strong> Asclepio trovavano ospitalità tantimalati, bisognosi delle pratiche me<strong>di</strong>che e religiose ivi condotte: gli e<strong>di</strong>fici sacrifungevano così anche da “luogo per la raccolta e la conservazione <strong>di</strong> dati relativialle malattie e alle terapie […] sul modello <strong>di</strong> quanto accadeva da secoli in Egittoe in Mesopotamia”, dove esistevano archivi e biblioteche templari contenenti “imateriali necessari all’esercizio dell’attività che in quegli spazi si svolgeva –dunque la me<strong>di</strong>cina e la religione” 87 .La pratica delle scritture me<strong>di</strong>che come “trasposizioni scritte <strong>di</strong> prescrizioniverbali”, cui viene assegnato valore quasi magico-sacrale, possiede un’antica tra<strong>di</strong>zione,come <strong>di</strong>mostra l’incipit del Papiro Ebers, il più antico prontuario me<strong>di</strong>­82 Sul piombo come materiale <strong>di</strong> potenziale riuso cfr. THOMAS 1992, 82.83 Si vedano le fondamentali riflessioni <strong>di</strong> HAVELOCK 1995, passim.84 Un caso analogo e parallelo può essere visto nello sviluppo delle scritture “pubbliche”, epigrafico-monumentali,per le quali Rosalind Thomas aveva suggerito la <strong>di</strong>scendenza dalle “imprecazioni”, o in generedall’uso <strong>di</strong> sancire al momento, con l’efficacia <strong>di</strong> una formula magica, i documenti ufficiali(THOMAS 1992, specialmente 59-61 e 78-88).85 PERILLI 2007, 55-71.86 Si veda la testimonianza <strong>di</strong> IG II 2 1533, un’epigrafe ateniese <strong>di</strong> seconda metà del IV sec.a.C. con unalista <strong>di</strong> proprietà del tempio <strong>di</strong> Asclepio).87 PERILLI 2007, 57.


114 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaco, scritto in ieratico verso il 1550 a.C.: Thot è la sua guida, colui che fa parlarelo scritto. Egli è colui che elabora il ricettario, che concede l’intelligenza ai suoiseguaci, scienziati e me<strong>di</strong>ci 88 . La me<strong>di</strong>cina, arte <strong>di</strong> magistero essenzialmente orale,poteva avvalersi – è l’ipotesi sostenuta dal Perilli – anche <strong>di</strong> supporti scrittiper la trasmissione del sapere specialistico-professionale 89 ; questi si configuravanoinizialmente come annotazioni, appunti estemporanei in una sintassi schematicae abbozzata <strong>di</strong> cui è rimasto ancora qualche testimone 90 e che sarebbe poi stataaggiustata ed elaborata per la “pubblicazione” nella trattatistica me<strong>di</strong>ca.L’analogia è evidente: anche l’altra grande arte trasmessa oralmente, l’ae<strong>di</strong>ca,si poteva avvalere <strong>di</strong> registrazioni momentanee per integrare i propri contenuti. Ecosì ogni altra <strong>di</strong>sciplina tecnica che potesse aver bisogno <strong>di</strong> un supporto scrittoper la fissazione momentanea <strong>di</strong> un canone in continuo <strong>di</strong>venire, che fosse altempo stesso punto d’arrivo e <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> “un sapere progressivo, al quale ognigenerazione aggiunge il proprio contributo” 91 . La sostanziale <strong>di</strong>fferenza dellascrittura in Grecia rispetto all’Egitto, l’essere una scrittura <strong>di</strong> uomini e non <strong>di</strong> <strong>di</strong>vinità,non ne preclude la sacralità, che in questo caso si esprime però nella fondamentalefunzione <strong>di</strong> segnalare l’appartenenza 92 . Consacrare un testo che fissaun momento <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione “tecnica” nell’opera <strong>di</strong> un singolo autore significavadunque sottoporlo, per <strong>di</strong>r così, ad un copyright ante litteram 93 .88 Cfr. ANDORLINI 2006, 142-5.89 Sul rapporto fra me<strong>di</strong>cina e scrittura si veda anche MARGANNE 2004, 15-34. Segnaliamo inoltre ibid.,35-58, a proposito del ruolo dell’illustrazione figurativa nella trasmissione del sapere me<strong>di</strong>co, perchési riconnette al capitolo del Blanck relativo ai libri illustrati (BLANCK 2008, 141-54).90 Hp. Epid. VI 8, 7; Gal. Diff.resp. VII 855, 4-5 Kühn (τὰ ἐκ τοῦ ϲμικροῦ πινακιδίου); non va trascuratala testimonianza dello stesso Galeno (Comp.med.loc. XII 423, 13-5 Kühn) a proposito <strong>di</strong> una ricettache il collega Clau<strong>di</strong>ano avrebbe ricavato ἐκ πυκτίδι διφθέρα <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> un suo associato, poichéfa esplicito riferimento ad un supporto pergamenaceo che doveva essere analogo ai casi preservati daP.Ryl. I 29 e PSI VI 718, due fogli pergamenacei con prescrizioni me<strong>di</strong>che <strong>di</strong> III e IV sec. d.C. (cfr.ANDORLINI 1994, 413) (Fig. 35).91 PERILLI 2007, 60, che fa anche l’esempio <strong>di</strong> geometria e scultura.92 “Une fonction primor<strong>di</strong>ale de l’écriture chez les Grecs – et elle ne devait jamais la perdre – fut d’in<strong>di</strong>querune appartenance” (LABARBE 1991, 517). Non è un caso se “our evidence for the earliest Greekwriting suggests that it was first used at least to mark objects or to make a memorial, even to writedown verse. But it is not clear in this con<strong>text</strong> that writing would yet be intended to fix a <strong>text</strong> for ever”(THOMAS 1992, 48; primo corsivo mio); cfr. poi ibid., 58 ss.93 Sulle problematiche del “<strong>di</strong>ritto d’autore” nell’Antichità e alcune forme <strong>di</strong> tutela, si vedano le osserva­


Papyrotheke 1 (2010) ― 115Che la stesura scritta <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione orale venga ammantata <strong>di</strong> un’aura sacraleè provato anche dalla tra<strong>di</strong>zione religioso-sapienziale. Abbiamo già incontratola “canonizzazione” pisistratica <strong>degli</strong> oracoli; vi possiamo aggiungere tuttele hierai bibloi recentemente analizzate da Albert Henrichs: le “scritture sacre”dei misteri orfici, <strong>di</strong>onisiaci o <strong>di</strong> Sabazio variamente attestate dalle nostre fonti 94e che possono essere identificate in qualche esemplare giunto fino a noi, come ilPapiro <strong>di</strong> Derveni o P.Gur. 1 95 (Figg. 10-11). Si tratta <strong>di</strong> momenti trascrittivi <strong>di</strong>hieroi logoi, le tra<strong>di</strong>zioni orali sacre note da alcuni passi erodotei 96 , e se anche iltermine biblos ci rimanda alla tipologia del rotolo 97 , vi sono prove sufficienti perritenere che inizialmente essi fossero affidati ai supporti “temporanei”, come laminette<strong>di</strong> rame 98 o <strong>di</strong> stagno 99 . Questi testi hanno alcuni caratteri fondamentali,riconoscibili nella marginalità/esclusività, nell’autorevolezza <strong>di</strong> un “autore” veroo presunto, nella trasmissione ere<strong>di</strong>taria <strong>di</strong> un sapere iniziatico 100 , destinato adessere tramandato ma non “pubblicato” su supporti monumentali. È ciò che li accomunaai testi me<strong>di</strong>ci, alle raccolte oracolari, ai trattati tecnico-professionali,agli scritti filosofici, ma anche alle Scritture per eccellenza, i testi cristiani 101 .L’esito <strong>di</strong> queste premesse è palese: qualsiasi prodotto librario riconducibilezioni <strong>di</strong> DORANDI 2004, 103-6, che però non cita le forme <strong>di</strong> protezione delle opere me<strong>di</strong>ante consacrazionetemplare.94 Su “libri” attribuiti ad Orfeo ci informa un passo dell’Ippolito <strong>di</strong> Euripide (927); su Dioniso, il decretotolemaico BGU VI 1211; su Sabazio, la polemica antieschinea dell’orazione Sulla corona <strong>di</strong> Demostene(259). Su tutto ciò cfr. HENRICHS 2003, 212-6 e 222-31.95 Vasta è la bibliografia su entrambi i documenti (si rimanda a HENRICHS 2003, 213 n. 17 e 233 n. 87); sisegnalano solo i recenti KOUREMENOS/PARÁSSOGLOU/TSANTSANOGLOU (eds.) 2006 e HORDERN 2000.96 II 48, 3; 51, 4; 62, 2; 81, 2; cfr. anche II 46, 2 e 47, 2; HENRICHS 2003, 235-9.97 Interessanti osservazioni sulle tendenze “librarie” dell’Orfismo si trovano in SANTAMARÍA ÁLVAREZ2008, 72-8.98 Così il testo sacro dei misteri <strong>di</strong> Dioniso e Demetra a Lerna, secondo Paus. II 37, 3, coincidente con leben note laminette d’oro orfiche (Fig. 8) (PUGLIESE CARRATELLI 2001; HENRICHS 2003, 242-5).99 Così il testo sacro dei misteri dei Megaloi Theoi ad Andania, in Messenia, raccontato da Paus. IV 20ss. Questo, in particolare, ci illustra in modo chiarissimo il passaggio dal supporto “temporaneo” al rotolo<strong>di</strong> papiro (27, 5; cfr. HENRICHS 2003, 245-8).100 Sull’insegnamento “familiare” delle tra<strong>di</strong>zioni sapienziali, cfr. HENRICHS 2003, 229 n. 68; per il resto,ibid., passim.101 Cfr. HENRICHS 2003, 240-2. Degno <strong>di</strong> nota è, come già sottolineava per esempio CAVALLO 1994, 621,che i Cristiani continuarono ad usare il rotolo come supporto per scritti letterari (patristici).


116 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaalla tipologia del co<strong>di</strong>ce rappresenta il contenitore per eccellenza <strong>di</strong> conoscenze“speciali” in scritture transitorie, laddove il rotolo verrà via via destinato alla fissazioneed alla conservazione <strong>di</strong> un modello testuale <strong>di</strong>verso 102 , al quale già guardala cultura “e<strong>di</strong>toriale” dei sofisti ateniesi 103 e sul quale si eserciterà poi l’acribiafilologica <strong>degli</strong> eru<strong>di</strong>ti alessandrini 104 , entrambe confluite nelle pratiche librarieromane 105 . La “vittoria” del co<strong>di</strong>ce è conseguenza della fine del rotolo papiraceocome strumento <strong>di</strong> trasmissione del sapere, e non a caso muove da un contestopost-ellenistico: quando i poemi <strong>di</strong> Omero, il Corpus Hippocraticum, il Canone<strong>di</strong> Policleto, i testi orfici <strong>di</strong>ventano dei reperti da collezione, cristallizzatinei libri papiracei secondo le aristoteliche classificazioni del Museo 106 , il co<strong>di</strong>ce,forma “democratica” della fruizione testuale 107 , torna ad avere il sopravvento, maormai la magia del testo si è del tutto perduta.NICOLAREGGIANIUniversità <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ParmaDipartimento <strong>di</strong> Storianicola.reggiani@nemo.unipr.it102 Questa <strong>di</strong>stinzione si può seguire bene sul versante delle tipologie <strong>di</strong> scritture, come estesamente indagatoda G. Cavallo: “i primi co<strong>di</strong>ci si mostrano libri <strong>di</strong> seconda qualità, ad uso privato o <strong>di</strong> scuola,caratterizzati come sono <strong>di</strong> regola da manifattura tecnicamente modesta e scritture informali” (CAVALLO1998, 9), a fronte del progressivo delinearsi <strong>di</strong> grafie “librarie” canonizzate (ibid., 5-7).103 Si vedano le polemiche dei “conservatori”, come Aristofane (Tagenistai, fr. 490K; Ra. 943 ed altripassi satirici contro la biblioteca privata <strong>di</strong> Euripide; interessante sul tema DENNISTON 1927, 117-9, perle osservazioni <strong>di</strong> carattere lessicale su biblion) e Platone (nel Fedro), contro la “cultura del libro” associatain particolare alla <strong>di</strong>ffusione del sapere sofistico (cfr. SANTAMARÍA ÁLVAREZ 2008, 65-71). Per unottimo inquadramento della cultura e<strong>di</strong>toriale ad Atene dalla fine del V sec.a.C. si veda TURNER 2002,16-24, integrato da KLEBERG 2002, 27-30.104 Vd. supra; cfr. BLANCK 2008, 191-5. Un’interessante prospettiva sulla catalogazione dei libri e la biblioteconomiaantica è offerta da OTRANTO 2000.105 KLEBERG 2002, 40-80.106 Sui rapporti fra la Biblioteca <strong>di</strong> Alessandria e i principî aristotelici si veda Str. XIII 1, 54, 5-9. Sullacritica testuale alessandrina, l’elaborazione del canone dei “classici” letterari e la filologia ellenisticasi vedano le interessanti pagine <strong>di</strong> MAEHLER 1998.107 CAVALLO 1994, 638-9. L’Autore estende le sue considerazioni sulla “democraticità” del co<strong>di</strong>ce ai suoirapporti privilegiati con la narrativa “<strong>di</strong> consumo”, aperta al gusto <strong>di</strong> tutti i lettori (ibid., 642-5), il chespiega l’adozione <strong>di</strong> questa forma libraria nonostante si fosse ormai usciti dall’ottica della hiera biblos,che rimaneva però sicuramente fondamentale nel caso <strong>degli</strong> scritti cristiani. Ancora sulla “vittoria”del co<strong>di</strong>ce, cfr. CAVALLO 1989b, 327-8 (dal punto <strong>di</strong> vista romano).


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(a) Tavolette e altri supporti “temporanei”Papyrotheke 1 (2010) ― 121Fig. 1: tavolette cerate dal relitto <strong>di</strong> Ulu Burun, XIV-XIII sec. a.C.(da: http://ina.tamu.edu/images/Uluburun/miscellaneous/ Kw4376.jpg)Fig. 2: tavolette eburnee cerate da Nimrud, VII sec. a.C.(da: http://lds.org/ldsorg/v/index.jsp?hideNav=1&locale=166&sourceId=0c7167700817b010VgnVCM1000004-d82620a____&vgnextoid=2354fccf2b7db010VgnVCM1000004d82620aRCRD)


122 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 3: Tavoletta cerata con conto <strong>di</strong> spese, III sec. a.C.(UCL, Petrie Museum, UC36089; ROBERTS/SKEAT 1987, pl. I)Fig. 4: Tavoletta cerata con esercizi scolastici <strong>di</strong> scrittura, II sec. d.C.(GMAW 2 4; IRIGOIN 2009, 4, fig. 4)


Papyrotheke 1 (2010) ― 123Fig. 5: frammento <strong>di</strong> taccuino pergamenaceo per appunti, note <strong>di</strong> lavoro, II sec. d.C.(P.Berol. inv.7358/9; ROBERTS/SKEAT 1987, pl. II)Fig. 6: lettera su tavoletta lignea sottile ripiegata “a co<strong>di</strong>ce” da Vindolanda, I-II sec. d.C.(T.Vindol. 21; VAN HAELST 1989, fig. 2)


124 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 7: laminetta mercantile in piombo iscritta da Pech-Maho, VI-V sec. a.C.(da: http://www.archaeogate.org/print/photo.php?src=341_article_204_5.jpg)Fig. 8: laminetta d’oro con testo magico orfico, da Hipponion, V sec. a.C.(da: http://www.archeocalabria.beniculturali.it/archeovirtualtour/calabriaweb/laminetta.htm)


(b) Bibloi/Volumina: i rotoli papiraceiPapyrotheke 1 (2010) ― 125Fig. 9: frammento del rotolo con i Persiani <strong>di</strong> Timoteo, IV sec. a.C.(P.Berol. inv.9875)Fig. 10: parte del rotolo <strong>di</strong> Derveni con commentario orfico, IV sec. a.C.(P.Thessaloniki; KOUREMENOS/PARÁSSOGLOU/TSANTSANOGLOU (eds.) 2006)


126 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 11: frammento <strong>di</strong> papiro conhieros logos orfico, III sec. a.C.(P.Gur. 1; HORDERN 2000, taf. III)Fig. 12: lettori <strong>di</strong> rotoli papiracei nell’Atene classica, da coppe a figure rosse <strong>di</strong> Duride(c. 490-80 a.C.) e Onesimo (c. 480 a.C.) (Berlin, Staatliche Museen, Preußischer Kulturbesitz AntikensammlungF2285, ph. M.Daniels; Oxford G138,3; da http://ccat.sas.upenn.edu/rak/courses/735/book/vert-scrolls.jpg)


Papyrotheke 1 (2010) ― 127(c) tipologie <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ciFig. 13: pagina <strong>di</strong> “quaderno” papiraceoper uso scolastico, con testodell’Iliade e spazi marginaliper appunti, seconda metà del IIIsec. a.C.(GMAW 2 14 = P.Lond.Lit. 5+182)Fig. 14: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon testo della Genesi,80-100 d.C.(P.Yale 1)


128 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 15: frammenti <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con il Vangelo <strong>di</strong> Giovanni, prima metà del IIsec. d.C. (P.Ryl. III 457; VAN HAELST 1989, fig. 7)Fig. 16: co<strong>di</strong>ce papiraceo Chester Beatty II, testo delle lettere <strong>di</strong> Paolo, III sec. d.C.(Dublin, Chester Beatty Library, Papyrus II, ff. 15r & 90r; ROBERTS/SKEAT 1987, pl. III)


Papyrotheke 1 (2010) ― 129Fig. 17: co<strong>di</strong>ce papiraceo con il Vangelo <strong>di</strong>Giovanni, c. 200 d.C.(P.Bodm. II, p. 66; da:http://www.earlham.edu/~seidti/iam/tc_pap66.html)Fig. 18: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>cepapiraceo con Leucippe e Clitofonte <strong>di</strong>Achille Tazio, III sec. d.C. ex.(P.Mil.Vogl. III 124; CAVALLO 2005, pl. 58b)Fig. 19: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo con Homeromanteion e Catabasi orfica, II o II-III sec. d.C. (P.Bon. 3+4, MALTOMINI, ZPE 85 (1991), 239-43, taf. V)


130 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 20: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon i Phoinikika <strong>di</strong> Lolliano, II-III sec.d.C. (P.Col. inv.3328)Fig. 21: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon un lessico omerico, II-III sec. d.C.(P.Oxy. XXX 2517, da Oxyrhynchus Online)Fig. 22: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon manuale <strong>di</strong> grammatica, II-III sec. d.C.(PSI VII 849; CAVALLO 1998, nr. 32, tav. XXVII)Fig. 23: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon trattato <strong>di</strong> palmomanzia, II-III sec.d.C. (PSI VI 728; CAVALLO 1998, nr. 45, tav. XXXVI)


Papyrotheke 1 (2010) ― 131Fig. 24: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon la Cirope<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Senofonte, II-III sec.d.C. (P.Oxy. IV 697; da )Fig. 25: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon la Repubblica <strong>di</strong> Platone, II-III sec.d.C. (P.Oxy. XLIV 3157; da Oxyrhynchus Online)Fig. 26: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon manuale me<strong>di</strong>co, III sec. d.C.(BKT I 3, 29-30; ANDORLINI 1994, pl. 30)Fig. 27: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon trattato me<strong>di</strong>co, IV sec. d.C. in.(P.Mil.Vogl. I 15; ANDORLINI 1994, pl. 30)


132 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 28: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceocon De Bellis Macedonicis, c. 100 d.C.(P.Oxy. I 30; da http://www.historyofscience.com/G2I/timeline/images/fragmentum_de_bellis_macedonicis.jpg)Fig. 29: pagina <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceocon i Cretesi <strong>di</strong> Euripide, II-III d.C.?(BKT V 2, 73-9; SCHUBART, Papyri GraecaeBerolinenses, Bonn 1911, pl. 30)Fig. 30: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceocon la De falsa legatione <strong>di</strong> Demostene,II-III sec. d.C.?(P.Lond.Lit. 127; ROBERTS/SKEAT 1987, pl. IV)Fig. 31: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceocon il Parmenide <strong>di</strong> Platone, II-III sec.d.C.? (P.Duke inv.G5; da http://scriptorium.lib.duke.edu/papyrus/records/5a.html)


Papyrotheke 1 (2010) ― 133Fig. 32: co<strong>di</strong>ce ligneo con orazioni <strong>di</strong> Isocrate da Kellis, IV sec. d.C.(P.Kell. III 95; da http://www.lib.monash.edu.au/exhibitions/egypt/xegy.html)Fig. 33: co<strong>di</strong>ce ligneo con un registro contabileda Kellis, IV sec. d.C. (P.Kell. IV 96; dahttp://www.lib.monash.edu.au/exhibitions/egypt/xegy.html)Fig. 34: quaderno papiraceo a co<strong>di</strong>cecon un registro fon<strong>di</strong>ario, da HermopolisMagna, IV sec. d.C.(P.Flor. I 71; ARDUINI (ed.) 2008, fig. 17)


134 ― N. Reggiani, Dalla magia alla filologiaFig. 35: foglio pergamenaceo <strong>di</strong> taccuinocon prescrizioni me<strong>di</strong>che, IV sec. d.C.(PSI VI 718; Pap.Flor. Suppl. XII)Fig. 36: pagina <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo conparte del Salmo 36, V sec. d.C.(PSI XIV 1371; ARDUINI (ed.) 2008, fig. 19)Fig. 37: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceocon le Olimpiche <strong>di</strong> Pindaro, V sec. d.C.(Cambr. Univ., Libr.Add.MS.6366; CAVALLO (ed.) 2002, tav.10)Fig. 38: frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce papiraceo concomme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Menandro, VI sec. d.C.(P.Oxy. LXI 4094; da Oxyrhynchus Online)


Papyrotheke 1 (2010) ― 135Fig. 39: Frammento <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ce pergamenaceocon le Institutiones <strong>di</strong> Gaio, IV sec. d.C.(PSI XI 1182; ARDUINI (ed.) 2008, fig. 20)Fig. 40: due fogli del Codex Sinaiticus, IV sec. d.C.(ROBERTS/SKEAT 1987, pl. V)


INDICI


Papyrotheke 1 (2010) ― 139Index locorumPapiriBGU II 372: 68n7II 448: 69n12II 613: 69n9II 647: 85n22VI 1211: 115n94BKT I 3,29-30: 105n36V 2,73-9: 106n41Cambridge Univ.Libr.Add.MS.6366: 101n20Codex Sinaiticus: 108n55co<strong>di</strong>ci Chester Beatty: 99n6; 101n19Ch.L.A. XLII 1225: → P.Mich. VII 447CPJ I 14: 39CPL 117: → PSI IX 1026, BGMAW 2 4: 99n914: → P.Lond.Lit. 5+182P.Berol. inv.7358/9: 100n10inv.9780v: 59n9inv.9875: 98n2P.Bodm. II: 101n19P.Bon. I 3: 105n36P.Cair.Zen. I 59069: 51III 59353: 38P.Col.P.Coll.Youtie II 86: 49-50inv.3328: 105n36; 105n38P.Dryton 37: → P.Grenf. I 14P.Flor.P.DukeP.Grenf. I 14: 52P.Gur. 1: 115P.Harr.P.Hercul.P.Iand.P.Kell.I 71: 106n44inv.G5: 106n41I 59: 105n36I 119: 105n36I 123: 59n9222: 59n9253: 59n91008: 59n91457: 59n91583: 59n91786: 59n9VII 140: 71n19III 95: 106n44IV 96: 106n44P.Lond. I 107: 59n9I 108+115: → P.Lond.Lit. 132I 131v: 59n9I 135: 59n9II 358: 69n9


140 ― Index locorumVII 2141: 52XI 1368: 105n38P.Lond.Lit. 5+182: 101n19127: 106n41132: 59n9XVII 2144: 49XXX 2517: 105n36XXXI 2580: 46P.Mert. III 123: 51XXXII 2624: 61P.Meyer I 3: 68n7XXXIV 2728: 51P.Mich. IV 390: 59n9VII 447: 72n20XVIII 773: 46inv.160 (+ P.Oslo 18): 69n9inv.1812: → P.Coll.YoutieII 86inv.2964: 70n13inv.4968: 59n9XLI 2961-2963: 68n6; 70n15XLIV 3157: 106n41XLV II 3354: 39n8XIV 1631: 40n13XIV 1692: 40n13XLVII 3354: 40n13LIX 4001: 85P.Mil.Vogl. I 15: 105n36II 25: 59n9II 33: 105n36III 124: 105n36LX 4026: 59n9LX 4056: 70n16LXI 4094: 101n20LXIV 4441: 85inv.1295r: 59n9P.Petaus 30: 106P.Oslo 18: → P.Mich. inv.160 P.Petr. II 6r: 40n12P.Oxf. 4: 69n9P.Ross.Georg. III 2: 85P.Oxy. I 20: 61V 57v: 46I 30: 106n41II 223: 59n9II 237: 69n11III 568: 59n9IV 663: 59n9P.Ryl. I 29: 114n90II 75: 68n5; 69n10III 457: 101n19III 514: 61 ss.IV 678: 69n9IV 697: 106n41IV 800: 71n17VI 978: 53-4VIII 1088: 84n20; 89n43P.Tebt. II 269: 57 ss.III.1 796: 53n34III.1 815, fr.6: 37 ss.UC 2435: 67XI 1366: 59n9P.Thessaloniki 98n2;115


Papyrotheke 1 (2010) ― 141P.Vind.Sal. 8: 40n13P.Yale 1: 101n19inv.1534: 105n36Papiro demotico 1120 <strong>di</strong> Pavia: 9Papiro Ebers 113Papiro Regio <strong>di</strong> Torino: 7n17PSIII 147: 106n41IV 393: → CPJ I 14IV 427: 53n34V 447: 68n6; 71n18VI 667: 51VI 718: 114n90VI 728: 105n36VII 849: 105n36IX 1026, B: 68n7X 1123: 70n14XI 1182: 108n54XIII 1338: 40n13XIV 1371: 101n20SBX 10219: 71n18XIV 11958: 50n26XVI 12374: → P.Oxy. IV 800XX 15077: 40n12XX 14662: → BGU II 372TavoletteT.Vindol. I 21: 100n16II 154: 31; 34II 155: 31 ss.II 156: 31; 35II 181: 31II 294: 31II 310: 31II 591: 31II 592: 31III 586: 31OstrakaCRISCUOLO ZPE 173 (2010), 204-7: 45-6; 47-8IscrizioniAE1952, 248: 67n2BERNARD 53: → AE 1952, 248BRECCIA 69: → MILNE 9307CIG 4863: → IGR I 1290, BFDIII 1,558: 102n24I.CariaKaun X, fr. 1: 46I.Délos 461B, fr. b: 46IGII 2 1533: 113n86II 2 2783: 102n24IGR I 1176: 67n2I 1290, B: 67n2MILNE 9266: → IGR I 11769307: 67n2SB 8816: → IGR I 11768392: → IGR I 1290, B


142 ― Index locorumLetteratura2Ep.Ti. 4,13: 104n31Ael. VH XIII 14: 110n68Apoc. 6,12: 53n34Ar.fr. 490 K.: 116n103Ra. 943: 116n103Arist. Mir. 833b11: 46n6Aur. IV 15 (et al.): 47Certamen 315-21 A.: 112n78CGL III 302,13 G.: 53III 302, 14-5 G.: 55Colum. IV 2,1: 40IV 16,2 e 4: 40V 4,1: 40V 5, 16: 40n15D. De corona 259: 115n94D.H. Compl.Lit. 25: 104n35D.L. II 10: 46n6III 37: 104n33IX 6: 112n76D.S. III 14,3: 46n6V 35,2: 46n6Dsc. I 81: 50n27III 24,1-2: 90n50III 98,1-2: 90n50E. fr. 203,2 K.: 38fr. 783 Nauck: 46n6Hipp. 927: 115n94Or. 983-4: 46n6Fest. 17, 3-5 L.: 53Gal. VII 855,4-5 K.: 114n90XII 228,3 K.: 46n6XII 423,13-5 K.: 114n90XIV 79,8-12 K.: 48De indolentia: 87n33De indolentia 5: 88n34Gorgon 515F18 FGH: 112n78Greg.Nyss. In Basil.fratrem IX 60,8: 46n6Hdt. II 46,2: 115n96II 47, 2: 115n96II 48,3: 115n96II 51,4: 115n96II 62,2: 115n96II 81,2: 115n96V 58: 110n66V 90,2: 111n74VII 6,3-4: 111n74Hier. In Gal. I 3,8 s.: 108n55Hippol. Haer. IV 28,12,7: 47Hippostratos 568F5 FGH: 111n71Hor. Ars 386-90: 100n10; 104n32Carm. III 8,2: 53n36Ep. II 1, 269-70: 47Sat. II 3,1-2: 100n10Hp. Decent. I 1-3: 87n31Epid. VI 8,7: 114n90Me<strong>di</strong>c. 2: 86n25Off.: 85n22Hsch. μ 319 L.: 52ϲ 2062 H.: 37


Papyrotheke 1 (2010) ― 143Iuu. XIII 115-8: 47J. IV 479: 46n6Justin. Apol. I 29,2 ss.: 67n3Luc. Ind. 29: 87n29LXX Si. 22,15: 46n6M.Ant. II 2,4; 6,2; V 31,3; VI 30,1; X15,1: 47n9IV 15: 47n8Malalas XI 367: 68n7Mart. I 2: 100n11III 2, 2-5: 48XIV 7: 100n11; 104n32XIV 184: 100n11XIV 186: 100n11XIV 188: 100n11; 105n39XIV 190: 100n11XIV 192: 100n11Paul. Sent. III 6,87: 103n30Paus. II 37,3: 115n98IV 20 ss.: 115n99IX 31,4: 112n78Pers. 1, 41-3: 48Pl.Phdr.: 116n103[Pl.] Hipparch. 228b-c: 111n70Plb. I 22,4: 38XXXIV 9: 46n6Plin. Nat. XII 45: 48n15Nat. XII 61-2: 50n27Nat. XIII 76: 48n15Nat. XXXVII 150: 46n6Quint. Inst. I 8,64: 104n35Sapph.schol. A.R.Sen.fr.58,10 V.: 37n2I 496-8b, p.44,9-10 W.: 46n6Breu.Vit. 13: 99n9Seru. Aen. V 745,646,8-11 T.-H.: 53Sor.Gyn. III 10,3: 89n44Stat. Silu. 9, 10-3: 48Str.III 2,8: 46n6VII 5: 46n6XIII 1,54,5-9: 116n106Suda μ 226 A.: 52Suet.Theoc.Thphr.Vlp.Iul. 56,6: 100n1829,25-6: 37n2HP IX 4,5-6: 48n19Dig. XXXII 52: 103n30


144 ― Index nominum et verborumIndex nominum et verborumNomi e cose notevoliAbrocome e Antia: 112abrotono: 90Achille Tazio: → P.Mil.Vogl. III 124Alessandria: 98; 109– Biblioteca: → biblioteche antiche, <strong>di</strong>Alessandria– filologia alessandrina: 110; 116Aloni, A.: 111ambulatorio: → iatreionAmenemone (’Imn-m-int): 13analisi paleografica: → maiuscola rotondaAndania: → culti mistericiAnti, C.: 8Archivio demotico da Deir el-Me<strong>di</strong>neh: 13Ariminum: → RiminiAristofane: 109n60; 112n75; 116n103Aristotele: 109armi (nella Domus del Chirurgo): 81aryballos Peytel: 85Asclepio: 113Atene: 98; 102n24; 108; 110n68; 113n86– canone omerico panatenaico: 110-1– cultura e<strong>di</strong>toriale: 98n2; 108; 116assistenza me<strong>di</strong>ca: 35―Bacide: → canoni e corpora testuali, raccolteoracolaribacile: 85– a intercape<strong>di</strong>ne: 89bagni <strong>di</strong> vapore: 89bibliologia: → passaggio dal rotolo al co<strong>di</strong>ce;tecnica libraria dell’agraphonbiblioteche antiche: 97; 102-3; 108 ss.– a Roma: 109– biblioteconomia: 116n104– dei tiranni: 108– <strong>di</strong> Alessandria: 109; 116n106– <strong>di</strong> Pergamo: 109– orali: → canoni e corpora testuali,canone omerico– private: 108-9; 116n103


Papyrotheke 1 (2010) ― 145– templari: 109; 113Blanck, H.: 97; 102-3; 108; 114n89bottega del me<strong>di</strong>co: → iatreionBotti, G.: 3 ss.– attività al Museo Archeologico <strong>di</strong>Parma: 12-3– formazione: 5-6– origini della famiglia: 4-5– periodo fiorentino: 7-10– periodo romano: 10-11– periodo torinese: 6-7– riscoperta: 3-4– ultimi anni: 13-4Britannia: 31―Calpurnio Pisone: 109camedrio: 90cane (nella Domus del Chirurgo): 86canoni e corpora testuali: 114– canone neotestamentario: 99– canone omerico: 109-11; 116– Canone <strong>di</strong> Policleto: 116– manuali e trattati me<strong>di</strong>ci: 113-4; 116– hierai bibloi: 115-6– raccolte giuri<strong>di</strong>che: 107-8– raccolte oracolari: 111; 115Castra uetera: 31n5Cavallo, G.: 60-1; 99; 103-4; 107; 116n102Černý, J.: 7n17; 8Chesterholm: 31chirurgia ossea: 87-8cluster: → strumenti chirurgici, conservazioneco<strong>di</strong>ce: → passaggio dal rotolo al co<strong>di</strong>ce;supporti scrittori, tavolette e co<strong>di</strong>cilignei; block notes pergamenacei;co<strong>di</strong>ci papiracei; co<strong>di</strong>cipergamenaceicollezione “Drovetti”: 6coltivazione della vite: 37 ss.Condello, F.: 109contenitori per strumenti chirurgici– buste <strong>di</strong> cuoio o stoffa: 86– cilindrici: → narthēx– rettangolari: 89– rettangolari a cerniera: → deltarionCorpus Hippocraticum: 85n22; 86-7; 89n43; →canoni e corpora testuali, manualie trattati me<strong>di</strong>ciCostantino: 108n55Costantinopoli: 98; 108n55Crantore <strong>di</strong> Soli: 112cucchiaio con beccuccio: 88-9“cucchiaio <strong>di</strong> Diocle”: 88culti misterici: → canoni e corpora testuali,hierai bibloi―De bellis Macedonicis: → P.Oxy. I 30Deir el-Me<strong>di</strong>na: 7; 13


146 ― Index nominum et verborumDemostene, De falsa legatione: → P.Lond.Lit.127demotico: 8-9Dioniso: → culti mistericiDomus del Chirurgo <strong>di</strong> Rimini: 81 ss.―Emporion: 113Eraclito: 112Eratostene: 112Ercolano: → Calpurnio PisoneErmarco: 10Eudaimon: 85Euripide: 116n103Eusebio <strong>di</strong> Cesarea: 108n55Eutyches: 91―Fayyum: 8; 11n45farmacia: 89Filippo <strong>di</strong> Opunte: 104―Gaio: → PSI XI 1182Galeno: 87; 91; 114n90Girolamo: 108n55Giornale della necropoli <strong>di</strong> Tebe: 7Giulio Cesare: 110n18graffito (nella Domus del Chirurgo): 90―hierai bibloi: → canoni e corpora testuali,hierai bibloiHousesteads: 31n3―incenso, forme e contenitori: 45 ss.forme:– blocchetti/panetti (kollyria): 49-50– grani/masserelle (bōloi) : 46-7– grumi/tavolette (plasmata): 49contenitori:– carta <strong>di</strong> papiro (chartēs): 47-9– contenitori sigillati: 51-2– sacchetti (marsippoi): 50-3– scatole (libanothēkai/arcae): 53-5Inchthutil: 31n5interpunzione: → paragraphos; stigmaiipocausto: 89Ipparco, Ippia: → Pisistrato, Pisistrati<strong>di</strong>Irigoin, J.: 97-8; 101-2; 108-10; 112Iuppiter Dolichenus: 90―Kellis: 100; 106; → P.Kell. III 95; IV 96―lamine, laminette: → supporti scrittori, laminemetalliche“lettino” (nella Domus del Chirurgo): 84Leucippe e Clitofonte: → Achille TazioLexa, F.: 8Libro per entrare nel mondo sotterraneo e perraggiungere la sala della verità:12


Papyrotheke 1 (2010) ― 147Libro per respirare: 14litotomia: 87-9Lolliano: → P.Col. inv.3328; P.Oxy. XI 1368―maiuscola biblica: 60n34maiuscola rotonda: 58; 60 ss.Marco (Evangelista): 99n5Marziale: 100n11; 101; 103; 105-6me<strong>di</strong>cina militare: 84me<strong>di</strong>cus: 81n3; 82-4; 88-91– identità e con<strong>di</strong>zione sociale: 88-91– Marcus: 35monete (nella Domus del Chirurgo): 82mortai e pestelli: 89Munatius Felix, L.: 67 ss.Museo (mantis): → canoni e corpora testuali,raccolte oracolariMuseo Archeologico <strong>di</strong> Firenze: 8-9; 10n42Museo Archeologico <strong>di</strong> Parma: 12-3Museo Egizio <strong>di</strong> Torino: 6-7; 13-4Museo Egizio Vaticano: 12; 14Myos Hormos: 45Neuss: 31n5Nouaesium: 31n5―Omeri<strong>di</strong>: → canoni e corpora testuali, canoneomerico“Omero <strong>di</strong> Hawara”: → P.Oxy. I 20Onomacrito: → canoni e corpora testuali,raccolte oracolariOrazio: 104Orfeo, Orfismo: → culti misterici; Papiro <strong>di</strong>Derveniospedale: 34Ossirinco: 85―Paolo (Apostolo): 104paleografia: → maiuscola rotondapapiri della necropoli <strong>di</strong> Tebe: 7papiri <strong>di</strong> Tebtynis: 7-8; 10; 57papiro: → supporti scrittoriPapiro <strong>di</strong> Derveni: → P.ThessalonikiPapiro <strong>di</strong> Fania: → P.Hercul. 1008Papiro <strong>di</strong> Timoteo: → P.Berol. inv.9875passaggio dal rotolo al co<strong>di</strong>ce: 98 ss.– origine romana del co<strong>di</strong>ce: 100-1– ruolo dei fattori materiali: 99; 103– ruolo della finalità scrittoria: 103 ss.– teoria cristiana: 98-9; 103– teoria della “spinta dal basso”: 99-100;103Pech-Maho: 113Peet, T.E.: 7pergamena: → supporti scrittoriPerilli, L.: 109; 112-4Phonikika:: → Lolliano


148 ― Index nominum et verborumPisistrato, Pisistrati<strong>di</strong>: 108; 110-1; 115; →biblioteche antiche, dei tiranni;canoni e corpora testuali, canoneomerico; hierai bibloiPlatone: 104; 116n103Policrate <strong>di</strong> Samo: → biblioteche antiche, deitiranniPompei: 81; 83n13Pompeo Trogo: → De bellis MacedonicisPosi<strong>di</strong>ppo <strong>di</strong> Pella: 59n9prefetto d’Egitto: 67 ss.―– autorità giu<strong>di</strong>ziaria: 68-70– autorità militare: 71-2– competenze <strong>di</strong> censimento: 71– controllo dei lavori pubblici: 70-1– controllo finanziario/fiscale: 70raccolte oracolari: → canoni e corpora testuali,raccolte oracolarirestauro virtuale: 33Roma: 98– biblioteche: → biblioteche antiche, aRoma– pratiche scrittorie ed e<strong>di</strong>toriali: 98;99n5; 100-1; 103n29; 116Romanzo del Faraone Petubastis: 10Romezzano <strong>di</strong> Bedonia (PR): 4Rimini: 81-2; 84; 89-91Roletto <strong>di</strong> Vanzone (VB): 5rotolo: → passaggio dal rotolo al co<strong>di</strong>ce;supporti scrittori, rotoli papiracei;rotoli <strong>di</strong> cuoio―Sabazio: → culti mistericiSabei: 48n19Schiaparelli, E.: 5-6scuola me<strong>di</strong>ca– meto<strong>di</strong>ca: 90– riminese: 91segni <strong>di</strong>acritici: 102; → paragraphos; stigmaiSkeat, T.C.: 99n6; 100n13; 103strumenti chirurgici: 31; 81 ss.– aspetto e funzionalità: 87– bisturi: 87-8– conservazione: 81n3; 87– contenitori: → contenitori perstrumenti chirurgici– flebotomo: 85– materiali: 81; 87– pterigiotomo: → bisturi– scalpelli: 87-8– sgorbie: 87-8– stu<strong>di</strong>o e tipologia: 87-9supporti scrittori: 98 ss.– tavolette cerate: 99-100; 104; 108; 112-3– tavolette e co<strong>di</strong>ci lignei: 31; 99-100;104n35; 106; 112-3


Papyrotheke 1 (2010) ― 149―– lamine metalliche: 113; 115– rotoli papiracei: 98; 100n18; 101;103n28; 105-6; 108; 115n99; 116– rotoli <strong>di</strong> cuoio: 110– block notes pergameacei: 100n10; 101;104– co<strong>di</strong>ci papiracei: 99n6; 100n18; 101;104n35; 106n44; 107-8– co<strong>di</strong>ci pergameacei: 98; 100n11; 101;103; 104n35; 105-8taccuini pergamenacei: → supporti scrittori,block notes pergamenaceitavolette: → supporti scrittori, tavolette cerate;tavolette e co<strong>di</strong>ci lignei; blocknotes pergamenaceitecnica libraria dell’agraphon: → agraphonTebtynis: → papiri <strong>di</strong> Tebtynisterme: 34-5Testi demotici: 9Testi demotici II: 14testi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina: 81n3; 91; → canoni ecorpora testuali, manuali e trattatime<strong>di</strong>ciThomas, R.: → 113n84Thot: → Papiro Eberstrapanazione del cranio: 87trapano: 87―Ulpiano: 103-4―Vallo <strong>di</strong> Adriano: 31Vanzone con San Carlo (VB): 4-6vasi per sostanze me<strong>di</strong>cinali: 89-91vaso a intercape<strong>di</strong>ne: 89-89ventose: 85Vercouicium: 31n3Vindolanda: 31 ss.; 84n17; 100Vocabolario dei <strong>di</strong>aletti della Svizzera italiana:6Volten, A.: 10―Xanten: 31n5Parole greche e latineN.B. Per agevolare la ricerca i vocaboli greci sonotraslitterati e inseriti secondo l’or<strong>di</strong>ne alfabetico latinoacerra: 53agraphon: 57-60arca turaria: 53arōmata: 45; 51n28; 52; 55n42―biblos, bibloi, biblia: 98; 104; 115; 116n107bikos: 52bōlos: 46-7; 50―


150 ― Index nominum et verborumcardo: 85caudex: 99n9charakes: 39chartēs, chartion: 47-9; 59n8codex, co<strong>di</strong>ces: 99; 101; 103-4conuentus: 68; 78cubiculum: 84; 91―decumanus: 85deltarion: 89deltoi: 101n18<strong>di</strong>phthēra, <strong>di</strong>phthērai: 110n66; 114n90―epikrisis: 71ergastērion: → iatreion―fabrica: 32―hierai bibloi: → canoni e corpora testuali,hierai bibloihieroi logoi: 115hospitium: 32n4; 35―iatreion: 81 ss.– gestione famigliare: 85– posizione urbanistica: 85-6– illuminazione: 86– arredo e decorazione: 86; 90iatrika grammateia: 113insula: 85―kalamourgia: 39n8keleusthenta: 67; 70kollēma: 58kollyra: 50n26kollyrion: 50―laconicum: 89libanos: 49; 51-2– libanothēkē: 53-4– libanōtos: 47; 49; 55n42libri: 103-4―marsippos, marsippion: 51-2membrana, membranae, membranai: 100n11;101; 103-4; 105n39; 106; 108―narthēx: 89navicula: 53―paragraphos: 64peripatos: 40phakos: 90pinakia, piniaki<strong>di</strong>on: 113; 114n90plasma: 49praefurnium: 89pugillares: 100n11; 104pyriatēr: 90


Papyrotheke 1 (2010) ― 151―sakkos: 53n34selis: 58sillyboi: 59n8sophistēs, sophistai: 58n5; 64staphylagra: 88staphylocaustes: 88stigmai: 64stoa: 86structor, structores: 34-5styagon: 37stylos, stylarion, stylaton: 38-40styma, stymata: 37-8stypos: 38sudatorium: 89―tabellae: → tabulaetaberna me<strong>di</strong>ca: → iatreiontabulae, tabellae: 99; 100n11; 103trapezitai: 70tubuli: 89―ualetu<strong>di</strong>narium: 31 ss.; 84; 86uolumen, uolumina: 99-100; 103

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