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La frontiera in Italia (sec. VI-VIII). Osservazioni su un tema controverso.

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Ciò lo si vede nel corso delle aspre controversie– le cui radici sono già nella <strong>sec</strong>onda metà del<strong>VI</strong>I <strong>sec</strong>olo – fra le diocesi di Arezzo e Siena e fraquelle di Lucca e Pistoia, che hanno ampie ricadute,<strong>in</strong>oltre, <strong>su</strong>ll’<strong>in</strong>dividuazione delle circoscrizionipolitiche alle quali le diocesi stesse fannoriferimento: la tendenza è quella di far progressivamenteco<strong>in</strong>cidere le <strong>un</strong>e con le altre 37 . Uncaso diverso, oltre che isolato, è rappresentato<strong>in</strong>vece dalla controversia tra le civitates di Parmae Piacenza, a metà del <strong>VI</strong>I <strong>sec</strong>olo, giacchéquesta chiamava direttamente <strong>in</strong> causa <strong>su</strong>ddivisioniterritoriali politico-amm<strong>in</strong>istrative. <strong>La</strong>controversia fu risolta tramite <strong>un</strong>’<strong>in</strong>chiesta effettuatafra i seniores hom<strong>in</strong>es e i porcari, tuttiuom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> grado di riconoscere gli antichi segnidi conf<strong>in</strong>e dissem<strong>in</strong>ati nella campagna 3 8 . <strong>La</strong>complessità dell’<strong>in</strong>chiesta sta a dimostrare che,di fatto, esisteva <strong>un</strong>a sostanziale compenetrazionesocio-economica fra i due territori di Parmae di Piacenza, per cui separarli era difficile –anche <strong>in</strong> riferimento a eventuali diritti dell’<strong>un</strong>ao dell’altra parte maturati <strong>in</strong> passato – e costituiva<strong>un</strong>’operazione <strong>in</strong> qualche modo artificiosa.Ma, si potrebbe osservare, si trattava di conf<strong>in</strong>i<strong>in</strong>terni al regno longobardo; la questione potrebbeporsi diversamente <strong>in</strong> relazione ai conf<strong>in</strong>iesterni. L’obiezione è corretta: ma vediamo ilcaso della Sab<strong>in</strong>a.In Sab<strong>in</strong>a, nel 781, papa Adriano I, avendo ricevuto<strong>in</strong> dono da Carlo Magno il p a t r i m o n i u mS a b i n e n s e, procedette ad <strong>un</strong>a delimitazione deiconf<strong>in</strong>i rispetto all’antico territorio longobardo.<strong>La</strong> t e r m i n a t i o avvenne mediante l’<strong>in</strong>tervento diseniores testes annorum plus m<strong>in</strong>us centum, chetestimoniarono <strong>su</strong>ll’altare della chiesa di S. Maria<strong>in</strong> Foronovo, davanti ai messi imperiali, Itterioe Mag<strong>in</strong>ario, quomodo antiquitus ipse beatusPetrus sanctaque nostra Romana ecclesia e<strong>un</strong> -dem det<strong>in</strong>uit patrimonium: <strong>in</strong> realtà, <strong>in</strong>dicaronopiuttosto quali fossero i conf<strong>in</strong>i fra la Sab<strong>in</strong>a longobarda(quella di Rieti, che rimaneva a far partedel ducato di Spoleto) e la Sab<strong>in</strong>a romana 3 9 .Infatti, ad <strong>un</strong>a lettura attenta del dossier documentario,si vede come nella prima lettera papaAdriano parli di patrimonium Sab<strong>in</strong>ense,mentre a partire dalla <strong>sec</strong>onda – che è dellastessa data della prima, ovvero dei mesi centralidell’anno 781 – passi francamente a parlare diterritorium Sab<strong>in</strong>ense, per cont<strong>in</strong>uare poi allostesso modo nelle due altre lettere <strong>su</strong>ccessive(tutte le missive erano <strong>in</strong>viate dal papa a CarloMagno per protestare contro i ritardi dell’operazionedi consegna). Ma patrimonio e territorionon sono esattamente la stessa cosa: la rivendicazionedi Adriano d<strong>un</strong>que, partendo dagli antichidiritti papali <strong>su</strong> beni e terre della Sab<strong>in</strong>ameridionale, <strong>in</strong>tendeva estendersi – <strong>in</strong> modotraverso – all’<strong>in</strong>tero territorio sab<strong>in</strong>o meridionale.Dalle medesime lettere, <strong>in</strong> realtà, ri<strong>su</strong>ltache la Sab<strong>in</strong>a meridionale era già <strong>in</strong> parte nellemani papali, visto che la chiesa romana avevarivendicato <strong>in</strong> precedenza la <strong>su</strong>a autorità <strong>su</strong>ip<strong>su</strong>m territorium cum masis sibi pert<strong>in</strong>entibus,tanto <strong>in</strong> base a donazioni imperiali (di Bisanzio),quanto grazie a quelle degli stessi “protervire longobardi”. Pers<strong>in</strong>o il “perfido Desiderio”,come lo chiama il papa, non aveva potuto evitaredi concedere alla chiesa di Roma almeno lem a s s a e che si trovavano <strong>in</strong> Sab<strong>in</strong>a; non avevaconcesso però quel territorio <strong>su</strong>b <strong>in</strong>tegritate e sicapisce bene perché Desiderio avesse dato<strong>un</strong>’<strong>in</strong>terpretazione restrittiva delle pretese papali.Carlo, <strong>in</strong>vece, <strong>sec</strong>ondo Adriano deve concederel’<strong>in</strong>tero territorio.F<strong>in</strong> qui le parole del papa. Con esse, non solosi precisano le rivendicazioni della sede romana,ma ci viene fornita anche la chiave giustaper leggere gli avvenimenti <strong>in</strong> <strong>un</strong> senso più generale.Ciò che <strong>in</strong> sostanza ci dice il papa è cheil conf<strong>in</strong>e, la <strong>frontiera</strong> tra Roma e il ducato diSpoleto – <strong>un</strong>o fra i più caldi d’<strong>Italia</strong> dall’arrivodei Longobardi <strong>in</strong> poi –, era passato a l<strong>un</strong>goall’<strong>in</strong>terno della Sab<strong>in</strong>a, là dove i diritti di entrambele dom<strong>in</strong>azioni con il passare del temposi erano <strong>in</strong>estricabilmente <strong>in</strong>trecciati, andandoa sfociare <strong>in</strong> <strong>un</strong>a presenza contemporanea, chesi era articolata <strong>in</strong> <strong>un</strong>o sfruttamento <strong>in</strong>crociatoguerriera del sepolcreto e dell’<strong>in</strong>sediamento di Nocera Umbra,ma – al contrario – la dist<strong>in</strong>zione fra “warrior aristocracy”e “civil officals”, nel mondo longobardo del <strong>VI</strong>, <strong>VI</strong>I oanche <strong>VI</strong>II <strong>sec</strong>olo non ha nes<strong>su</strong>n senso, <strong>in</strong> quanto non esistevanodue gerarchie davvero dist<strong>in</strong>te, politico-amm<strong>in</strong>istratival’<strong>un</strong>a, militare l’altra; ed anche <strong>su</strong>lla scarsità dicontatti con i Bizant<strong>in</strong>i dimostrata (a confronto di CastelTros<strong>in</strong>o) da Nocera Umbra ci sarebbe da discutere, visto chel’immag<strong>in</strong>e fornita dal rituale f<strong>un</strong>erario non è trasportabilemeccanicamente alla società dei vivi. Possiamo solo affermareche l’immag<strong>in</strong>e che il gruppo di Nocera Umbra volevafornire di sé era <strong>un</strong>’immag<strong>in</strong>e militarizzata, senza trarreconclusioni def<strong>in</strong>itive <strong>su</strong> quelli che dovevano essere i rapporti– a mio modo di vedere <strong>in</strong>tensi, come <strong>in</strong> tutti i luoghi diconf<strong>in</strong>e (cfr. più avanti nel testo di questo stesso saggio): percontatti di commercio ma anche per razzie e conseguentebott<strong>in</strong>o – della popolazione dei vivi con le terre sottoposte aBisanzio. Ciò che rimane assodato, com<strong>un</strong>que, è che la fisiononomiamilitare di Castel Tros<strong>in</strong>o, nonostante la presenzadi <strong>un</strong> c a s t r u m, non riceve nes<strong>su</strong>na conferma dai resti archeologici,mentre quella di Nocera può certo essere ammessa,ma senza volerne ricavare le conclusioni troppo assolute(il presidio germanico “allo stato puro”) del<strong>in</strong>eate daJorgensen nel <strong>su</strong>o studio, peraltro fondamentale.37 GASPARRI 1990, pp. 241-249.38 Ibid., pp. 249-254.3 9 Codex Carol<strong>in</strong>us, n. 69, del maggio-settembre del 781(questa e le seguenti lettere sono alle pp. 69-72). Sull’<strong>in</strong>teroproblema della term<strong>in</strong>atio vedi TOUBERT 1973, II, pp. 941-945.

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