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La frontiera in Italia (sec. VI-VIII). Osservazioni su un tema controverso.

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6. Può essere utile, a questo p<strong>un</strong>to, tentare diricapitolare le osservazioni fatte, aggi<strong>un</strong>gendoqualche annotazione complementare. I conf<strong>in</strong>idell’<strong>Italia</strong> longobarda furono per l<strong>un</strong>go tempopiuttosto <strong>in</strong>def<strong>in</strong>iti ed as<strong>su</strong>nsero solo lentamente,nel corso del <strong>VI</strong>I <strong>sec</strong>olo, <strong>un</strong>a fisionomia territorialepiù precisa. È possibile che la pace conBisanzio del 680 abbia rappresentato <strong>un</strong>a tappaimportante 47 , alla quale fecero seguito nel <strong>sec</strong>olo<strong>VI</strong>II – <strong>in</strong> <strong>un</strong> periodo peraltro di guerre e di annessioniterritoriali al regno – ulteriori e piùmature conf<strong>in</strong>azioni. I conf<strong>in</strong>i si attestavanospesso <strong>su</strong> conf<strong>in</strong>i naturali, il mare, i fiumi, imonti, le coll<strong>in</strong>e, o <strong>in</strong> riferimento a elementi artificialima antichi (le vie romane): all’<strong>in</strong>ternostesso del dom<strong>in</strong>io longobardo, per fare <strong>un</strong> ulterioreesempio, il Po rappresentava probabilmente<strong>un</strong> conf<strong>in</strong>e di grande importanza fra la“terra del re” ed il resto del regno 48 . Ed il ruolodei portonarii, che ri<strong>su</strong>lta chiaro dalle leggi longobardef<strong>in</strong> dal <strong>VI</strong>I <strong>sec</strong>olo, è <strong>un</strong>a prova ulterioredell’importanza delle barriere d’acqua 49 .Almeno al nord, proprio appoggiandosi aglielementi naturali, i conf<strong>in</strong>i <strong>in</strong>dividuavano con<strong>un</strong>a certa sicurezza <strong>un</strong>a sorta di <strong>frontiera</strong> militare,quella dell’arco alp<strong>in</strong>o. Altrove, ciò lo si ricostruiscecon più difficoltà e molte maggiori <strong>in</strong>certezze.Ciò non significa, naturalmente, negare<strong>un</strong> dato ovvio, e cioè che le zone più vic<strong>in</strong>e aiterritori estranei al regno presentassero <strong>un</strong>amaggiore densità di controllo militare: bastipensare ai castelli dell’Emilia o a quelli del <strong>La</strong>zio,conquistati da Liutprando e ricordati daPaolo Diacono; e lo stesso poteva valere anche<strong>su</strong>l fronte bizant<strong>in</strong>o, si pensi ad esempio ai castelliricordati (per la f<strong>in</strong>e del <strong>VI</strong> <strong>sec</strong>olo) nell’operageografica di Giorgio Ciprio. Il tutto, però,senza pretendere di moltiplicare, o di irrigidirenel tempo, l i m i t e s fortificati che, nella realtà,dovettero essere molto più modesti ed effimeridi quanto di solito si pensi 50 .Tornando al regno longobardo, va notato comefra i castelli elencati dalle fonti del tempo cifossero anche centri che non erano propriamentepresidi di <strong>frontiera</strong>, ma al contrario elementi<strong>in</strong>sediativi importanti dal p<strong>un</strong>to di vista demografico,facenti parte cioè di <strong>un</strong> sis<strong>tema</strong> di governogenerale del territorio più che di frontiere militari5 1 . Da <strong>un</strong>a parte, d<strong>un</strong>que, va sottol<strong>in</strong>eatocome l’<strong>in</strong>tero controllo del territorio da parte deipoteri pubblici, <strong>in</strong> età longobarda, presentasseforti caratteri militari (senza con questo voleraffatto rie<strong>su</strong>mare teorie del tipo arimannico):c a s t r a, accanto alle c i v i t a t e s, si trovano dappertuttoe non solo ai conf<strong>in</strong>i. Dall’altra, è <strong>in</strong>dubbioche le vere e proprie fortificazioni conf<strong>in</strong>arie –almeno da parte longobarda – dovevano esseredi modesta entità, anche nell’<strong>VI</strong>II <strong>sec</strong>olo. <strong>La</strong> modestiacostruttiva e la limitatezza dei mezzi economicidel periodo impediscono <strong>in</strong>fatti di pensarea fortificazioni imponenti. E <strong>in</strong>oltre: chi mai leavrebbe presidiate? È difficile ipotizzare l’esistenzadi folte guarnigioni stabili, perché di <strong>un</strong>vero e proprio esercito permanente non c’è traccia,nell’<strong>Italia</strong> longobarda. A Nocera Umbra,<strong>un</strong>o dei pochi casi relativamente certi e ben studiati,la com<strong>un</strong>ità legata al c a s t r u m non dovevacontare più di settanta-ottanta persone 5 2 .Tutto ciò porta a dubitare che lo stesso sis<strong>tema</strong>di chiuse e castelli dell’arco alp<strong>in</strong>o f<strong>un</strong>zionasseal meglio della <strong>su</strong>a efficacia nell’<strong>VI</strong>II <strong>sec</strong>olo.Se le sorti del regno longobardo si decidonoalle chiuse, ciò non avviene perché, <strong>un</strong>a voltasfondata la grande difesa, non ci sono più forzeda opporre agli <strong>in</strong>vasori: ma perché l’estremadebolezza <strong>in</strong>terna di Astolfo e Desiderio fa sìche, alla prima sconfitta, i loro numerosi oppositori<strong>in</strong>terni, più o meno mascherati – <strong>un</strong>a partesolo dei quali aveva obbedito al comando di mobilitazionedel re –, li abbandon<strong>in</strong>o def<strong>in</strong>itivamente,cosicché ai sovrani non rimane che r<strong>in</strong>chiuders<strong>in</strong>elle città. Strategia disperata e chestavolta fallisce, al contrario che all’età di Autari:perché ormai significava consegnare il propriopaese e la propria gente ai nemici 53 . Nonpiù guarnigione barbarica ma classe dom<strong>in</strong>ante<strong>in</strong>digena, i re e i loro seguaci, <strong>un</strong>a volta <strong>in</strong>vasi icampi e i pascoli, erano sconfitti <strong>in</strong> partenza.Ma il valore militare delle chiuse non c’entra.In generale, d<strong>un</strong>que, il significato militaredel conf<strong>in</strong>e, e con esso della <strong>frontiera</strong>, apparetutto sommato modesto, nell’<strong>Italia</strong> del <strong>VI</strong>, <strong>VI</strong>Ied <strong>VI</strong>II <strong>sec</strong>olo. E se da <strong>un</strong>a parte – per la s<strong>in</strong>uositàdei conf<strong>in</strong>i fra terre longobarde e bizant<strong>in</strong>e4 7 DELOGU 1980, pp. 99–100, il quale ritiene che con questapace (stipulata probabilmente durante il concilio di Costant<strong>in</strong>opoliche condannò il monotelismo) «l’impero riconobbe [...]l’esistenza <strong>in</strong> <strong>Italia</strong> di <strong>un</strong>’entità politica longobarda».48 GASPARRI 1990, pp. 292–295.4 9 AZZARA, GASPARRI 1992, Roth. 265-268, pp. 74 e 76.5 0 PAULUS DIACONUS 1878, <strong>VI</strong>, 49. Sui c a s t r a bizant<strong>in</strong>i <strong>in</strong><strong>Italia</strong>, nell’età di Tiberio I (578-582), vedi CONTI 1975.5 1 GASPARRI 1990, pp. 277-284, dove si discute il ruolocomplessivo delle città nell’<strong>Italia</strong> longobarda e si fanno alc<strong>un</strong>iesempi di città a forte connotazione militare (Siena,Spoleto, Benevento) e di castra che <strong>in</strong>vece si avviano ad <strong>un</strong>dimensione cittad<strong>in</strong>a (Cividale del Friuli, Ferrara; ancheViterbo era <strong>un</strong> castrum e non <strong>un</strong>a civitas, ma va sottol<strong>in</strong>eatoche la differenza di term<strong>in</strong>ologia fra civitas e c a s t r u m,nelle fonti, se è riferita a centri di <strong>un</strong>a certa entità va ricondottaquasi sempre, nel caso dei castelli, alla mancanza di<strong>un</strong> vescovo al proprio <strong>in</strong>terno). Inoltre è possibile che, fra icastelli dell’Emilia (cfr. nota precedente), Paolo Diacono <strong>in</strong>cludaanche Bologna (ma l’elencazione non è del tutto chiara),che non era certo <strong>un</strong> semplice presidio di <strong>frontiera</strong>.52 JORGENSEN 1992, p. 30.53 GASPARRI 1983, pp. 112-113, e 1990, pp. 303-305.

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