Parini e Morgagni: illuminismo, retorica galileiana e salubrità dell'aria
Parini e Morgagni: illuminismo, retorica galileiana e salubrità dell'aria
Parini e Morgagni: illuminismo, retorica galileiana e salubrità dell'aria
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<strong>Parini</strong> e <strong>Morgagni</strong>: <strong>illuminismo</strong>, <strong>retorica</strong> <strong>galileiana</strong><br />
e <strong>salubrità</strong> dell’aria<br />
Emanuele Zinato<br />
La <strong>salubrità</strong> dell’aria (Odi, II) fu letta nel 1759 da Giuseppe <strong>Parini</strong><br />
all’Accademia dei Trasformati 1 nel corso di pubbliche letture alle quali<br />
era stato dato come tema l’aria. Al clima malsano e alle pessime<br />
condizioni igieniche della città di Milano, <strong>Parini</strong> contrappone la<br />
<strong>salubrità</strong> del clima delle sue terre natali. La malsanità dell’aria di<br />
Milano dipendeva a suo parere dalla rapida diffusione nelle terre<br />
circostanti di acquitrini per coltivare il riso. Il tema dell’Ode è dunque<br />
economico, civile e scientifico, ma la lingua e gli strumenti retorici<br />
impiegati sono il frutto di una elaborazione letteraria e formale<br />
raffinatissima. Le sestine di settenari sono costruite con un lessico<br />
ricercato e raro, con ricorso insistito di termini classici che nobilitano<br />
la materialità degli oggetti più concreti e comuni: l’aria è etere, il fango<br />
è limo o bitume, il bello è vago, i morti sono spenti. La recente<br />
anastatica a cura di Stefano Carrai che mette a confronto la princeps<br />
(1791) e l’edizione del 1802, e l’edizione critica curata da Dante Isella,<br />
1 G. <strong>Parini</strong>, Odi, II, a cura di D. Isella, Ricciardi, Milano-Napoli, 1975.
Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />
mettono variamente in chiaro come i dettagli formali di questa Ode<br />
rientrino solo in parte nella rappresentazione arcadica della natura:<br />
non solo per la raffigurazione realistica del lavoro umano nei campi,<br />
ma anche e soprattutto per il complesso rapporto tra le “due culture”,<br />
scienza e letteratura, che vi si instaura, con l’assunzione di termini e<br />
concetti-chiave relativi alle tradizioni scientifiche sei e settecentesca.<br />
I. In quegli stessi anni un grande scienziato, Giovan Battista <strong>Morgagni</strong><br />
(1682-1771), dava un decisivo contributo alla fondazione della medicina<br />
sociale. Le perizie scritte in qualità di consulente medico-legale del<br />
Magistrato di Sanità della Serenissima, pubblicate ora in edizione<br />
critica, attestano la modernità del suo sguardo su questioni socio-<br />
sanitarie tipiche della cultura settecentesca: la prevenzione delle<br />
epidemie, l’igiene della zootecnia, le cautele sulle sepolture 2 .<br />
L’edizione critica delle Perizie, basata sulle carte conservate presso la<br />
Biblioteca comunale di Forlì, non comprende tuttavia il testo morgagnano<br />
forse più interessante quanto a strategie discorsive e caratterizzato da<br />
sorprendenti consonanze con l’Ode pariniana: Se le risaje siano cagione di<br />
mali epidemici, pubblicato postumo nel 1785 a Venezia 3 .<br />
Innanzitutto, di questo libello sono notevoli le sezioni paratestuali.<br />
2 G. B. <strong>Morgagni</strong>, Perizie i medico-legali, a cura di V. Gazzaniga e E. De Angelis, Carocci,<br />
Roma, 2000.<br />
3 G.B. <strong>Morgagni</strong>, Se le risaje siano cagione di mali epidemici. Parere dell’immortale Gio.<br />
Battista <strong>Morgagni</strong>, presso Gianmaria Bassaglia ai Gesuiti, Venezia, 1785.
Emanuele Zinato – <strong>Parini</strong> e <strong>Morgagni</strong>: <strong>illuminismo</strong>, <strong>retorica</strong> <strong>galileiana</strong> e <strong>salubrità</strong> <strong>dell'aria</strong><br />
L’Informazione (pp. IX-XII) introduttiva fornisce anonimamente non solo<br />
l’oggetto del testo (ammettere o escludere effetti epidemici della<br />
coltivazione del riso e della macerazone dei lini), le coordinate<br />
geografiche (Villa del Mezzano, nel ravennate) e l’epoca dell’introduzione<br />
in questo territorio delle risaie (1767-1768, un decennio più tardi che nel<br />
milanese), ma anticipa anche le conclusioni dell’autore e orienta, in<br />
anteprima, il giudizio del lettore sulla materia trattata.<br />
Anche qui – come in <strong>Parini</strong> – viene additata nel profitto privato la<br />
causa delle condizioni igieniche degenerate. Essendo calato sui mercati<br />
il prezzo dei cereali tradizionali, come il grano, il riso era diventato<br />
assai più redditizio. Ciò richiedeva l’allagamento dei terreni e<br />
l’estensione degli acquitrini, ritenuti fonti di malattie epidemiche e<br />
dunque soggetti ad apposite “gride” e proclami che stabilivano la<br />
distanza minima delle coltivazioni irrigue dalle città. All’interesse<br />
privato, l’Informazione, proprio come l’ode pariniana, fa corrispondere<br />
una forma di cieco egoismo, portato a danneggiare un bene collettivo<br />
come l’aria, in cambio di vantaggi personali.<br />
«Nell’anno 1767 fu introdotto da un possidente l’uso delle risaie. (…) Nel 1768 non<br />
solo il possidente suddetto estese la sua a tre o quattro volte più di quella<br />
dell’anno precedente, ma altri, guidati dalla cupidigia, nulla avendo riguardo al<br />
ben pubblico, ne fecero altre, vicino all’abitato». (p. IX)<br />
Quest’ alta cosiderazione del ben pubblico, congiunta a una sensibilità<br />
che modernamente verrebbe da chiamare “ecologica”, contraddistingue<br />
l’incipit del Parere morgagnano, <strong>Morgagni</strong>, infatti, esordisce coi temi<br />
della <strong>salubrità</strong> dell’aria e della salute pubblica, tipici dell’età dei Lumi.
Gli Scrittori d'Italia – XI Congresso Nazionale dell'ADI<br />
Lo stile dell’argomentazione rivela altresì, nella zona incipitaria, robuste<br />
tracce del galileismo metodologico, con l’esaltazione delle sensate<br />
esperienze a detrimento del principio di autorità:<br />
«Io non intendo però di star qui con sottili teoriche speculazioni indagando i<br />
moti precisi con cui sopraggiungono tali effetti. Per non entrare in dispute (…) mi<br />
restringerò adunque non ad altre ragioni che chiare e facili da intendersi e da<br />
ammettersi, né ad altre autorità che appoggiate al fatto e ad innegabili<br />
osservazioni». (p. XIV)<br />
A prima vista, dunque, questo Parere, improntato dalla ratio illuminista,<br />
sembra confermare esemplarmente la modernità della vicenda<br />
morgagnana. All’epoca di questo tardo testo sulle risaie, <strong>Morgagni</strong>,<br />
ottantenne, è ormai celebre in tutta Europa per la pubblicazione in due<br />
tomi in folio della summa delle sue ricerche anatomiche: il De sedibus,<br />
et causis morborum per anatomen indagatis, l’opera che verrà<br />
considerata dai patologi dell’Ottocento l’atto di fondazione<br />
dell’anatomia patologica come moderna scienza autonoma.<br />
II. A ben guardare, tuttavia, la “modernità” del testo sulle risaie deve<br />
convivere, in modo apparentemente paradossale, con non pochi<br />
elementi, sia tematici che formali, desunti dalla più attardata delle<br />
tradizioni scientifiche. Dal punto di vista delle strategie retoriche e<br />
discorsive, la promessa iniziale delle “sensate esperienze” viene<br />
puntualmente disattesa nel corso dell’argomentazione. Là dove ci si<br />
aspetterebbe di veder apparire connotati stilistici tipicamente galileiani,<br />
come la <strong>retorica</strong> dialogica e saggistica della digressione che rovescia i
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luoghi comuni, l’aneddoto che demistifica i pregiudizi, ci si trova<br />
davanti a una sequenza compatta di citazioni desunte dai trattati sui<br />
grandi flagelli epidemici dell’età precedente: in particolare, il De peste<br />
et pestiferis affectibus (1622) di Lodovico Settala, le Quaestiones medico-<br />
legales (1621) di Paolo Zacchia e il De noxiis paludum effluviis (1717) del<br />
Lancisi, ai quali viene contrapposto, come bersaglio polemico, il De<br />
peste (1644) di Van Diemerbroeck.<br />
Il genere testuale di riferimento è dunque il trattato pittosto che il<br />
saggio e il principio metodologico generale è l’Autorità e non la libertas<br />
philosophandi. Fin dall’iniziale domanda <strong>retorica</strong>, che apre la parte più<br />
propriamente argomentativa del libello, inoltre, i modelli<br />
epistemologici a cui l’anziano <strong>Morgagni</strong> fa riferimento sono<br />
contrassegnati dal costante rilievo dato, sia pure indirettamente, alla<br />
teoria putredinista e miasmatica nella diffusione dei morbi contagiosi.<br />
«E primieramente, chi può negare che le esalazioni d’acque anche buone (…)<br />
vivendo gli uomini in un continuo bagno d’acqua, ne restino le fibre rilassate e<br />
spossate?». (p. XIV)<br />
Il pericolo derivante dalle acque stagnanti è ricondotto da <strong>Morgagni</strong> al<br />
cattivo odore delle stesse e all’umidità esalata dalle risaie, entrambi<br />
non concepibili come agenti epidemici se non nel quadro di una<br />
medicina umorale. Insomma: nel Parere il rilievo dato alla pubblica<br />
igiene è schiettamente moderno ma i modelli epistemologici e le<br />
strutture discorsive sono viceversa attardati.<br />
Del legame fra malattie e località paludose, noto fin dall’antichità,
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alla medicina ippocratico-galenica non erano noti gli agenti<br />
infettivi: la zanzara della malaria, i bacilli della dissenteria e delle<br />
febbri tifoidi. Queste malattie venivano così senza distinzione<br />
associate alle pestilenze. E proprio sulla capitale e sfuggente<br />
nozione di contagio si misurano le coordinate epistemiche del<br />
trattatello igienico di <strong>Morgagni</strong>.<br />
Non a caso, la medicina seicentesca olandese, che più di altre aveva<br />
sviluppato la ricerca microscopica, tendeva a escludere, nel nesso fra<br />
acque stagnanti e malattie, ogni riferimento ai miasmi e ai fetori. Van<br />
Leeuwenhoek aveva osservato protozoi e batteri nell’acqua, nel sangue<br />
e nello sperma, e Van Diemerbroeck nel suo De peste riconduceva con<br />
rigore sperimentale al solo caso di ingestione delle acque putride la<br />
possibilità di ammalarsi. <strong>Morgagni</strong> viceversa, nel suo Parere, attacca<br />
esplicitamente questa linea microscopica, sperimentale e corpuscolare<br />
nelle spiegazioni delle malattie in nome della vecchia nozione<br />
aristotelica dei miasmi<br />
«Dissi gli effluvii perché quegli abitanti se non per mezzo d’effluvi restar<br />
potevano offesi da quelle acque, che non erano già così pazzi da berle.<br />
Diemerbrouk invece concede che le acque per la macerazione del lino e della<br />
canape putride divengano avvelenate, ma nega che offendano se non chi per<br />
bocca le prende quasi le loro esalazioni non bastassero che insieme con l’aria non<br />
solo per le narici ma per la bocca stessa passano a’ polmoni, anzi nella bocca con<br />
la saliva mescolandosi co’ masticati elementi nel verticolo con essi assieme<br />
discendono e quindi agli intestini onde poi dal chilo vanno nel sangue». (p. XVIII)<br />
Nel testo, inoltre, <strong>Morgagni</strong> rinvia il lettore a un precedente parere del<br />
Collegio medico espresso nel 1766 su incarico dei provveditori veneziani
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alla Sanità sulla medesima questione della macerazione dei lini 4 . In<br />
quell’occasione <strong>Morgagni</strong> e l’intero Collegio avevano fatto esplicito<br />
riferimento all’ippocratico trattato De aere, affermando il ruolo<br />
mortifero dell’aria corrotta e consigliando di allontanare i siti di<br />
macerazione in base alla percezione olfattiva.<br />
Dunque: la legislazione sanitaria della Repubblica di Venezia, una<br />
delle più avanzate nell’Europa del Settecento, basandosi sul<br />
parere del Collegio dei Medici di cui <strong>Morgagni</strong> era pars magna, in<br />
materia di acque stagnanti fondò le proprie igieniche risoluzioni e<br />
i propri pubblici proclami, quanto a modelli cognitivi, sulla<br />
vecchia teoria dell’umoralismo.<br />
III. Nel cuore milanese dell’<strong>illuminismo</strong> italiano, un’analoga paradossale<br />
convivenza di vecchia e nuova scienza traspare anche dalle sestine di<br />
settenari del <strong>Parini</strong> “ecologista” de La <strong>salubrità</strong> dell’aria, il cui lessico è<br />
intessuto di termini-chiave che rivelano un soggiacente schema<br />
mentale aristotelico e putredinista: umor fracidi e rei, aura molesta,<br />
oziose acque; fetido limo.<br />
Occorrerà attendere il Manzoni della Colonna infame e dei Promessi<br />
sposi per una univoca, veemente denuncia dei pregiudizi sul contagio<br />
delle «febbri pestilenti» condivisi a Milano dal protofisico Lodovico<br />
Settala (Promessi sposi, cap. XXXI), Non si può dimenticare che la<br />
4 Ora in G.B. <strong>Morgagni</strong>, Perizie medico-legali, pp. 161-165.
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medesima questione, nel secolo precedente, era stata l’oggetto di un<br />
dirompente Discorso di Giovanni Alfonso Borelli, il Delle cagioni delle<br />
febbri maligne 5 , forse il più duro attacco del galileismo alla medicina<br />
ippocratico-galenica. Per spiegare le epidemie seicentesche i medici<br />
tradizionalisti ricorrevano alla teoria miasmatica o a quella astrologica:<br />
le cause delle pestilenze non potevano che risiedere nella corruzione<br />
<strong>dell'aria</strong> e nella conseguente alterazione dell'equilibrio umorale nei corpi<br />
dei pazienti oppure nell'influsso degli astri. L'umidità e il calore venivano<br />
considerati capaci di generare miasmi, secondo quella stessa mentalità<br />
peripatetica putredinista contro cui, limitatamente alla generazione<br />
spontanea degli insetti, si batteranno Redi e poi Vallisneri. Il metodo dei<br />
medici galenisti era stato degradato da Borelli a quello degli imbroglioni<br />
e dei falsari. Dopo aver screditato gli avversari, Borelli aveva rigettato<br />
apertamente l'ipse dixit e propugnato una procedura sperimentale,<br />
incentrata sui corpuscoli. L’insegnamento di Borelli, inoltre, aveva acceso,<br />
intorno alla questione dell’umidità delle zone irrigue, una lunga disputa<br />
nell’ambiente napoletano degli Investiganti: la querelle del 1664 sul Lago<br />
di Agnano. I galenisti attribuivano le febbri epidemiche napoletane alla<br />
macerazione dei lini che si faceva nel lago mentre gli Investiganti<br />
l’escudevano. I borelliani Di Capua e D’Andrea, atomisti, lucreziani,<br />
5 Delle cagioni delle febbri maligne. Discorso di Gio. Alfonso Borrelli Accademico della Fucina,<br />
filosofo, e Professore delle scienze Matematiche nello Studio della Nobile Città di Messina.<br />
Diviso in tre parti: con una appendice della natura della febbre in Comune. Et in fine si<br />
tratta della digestione de' cibi con nuovo metodo, per Gio. Battista Rosso, Cosenza, 1649.
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sostenitori della libertas philosophandi, si erano schierati allora in modo<br />
opposto rispetto a quello che sarà il Parere di <strong>Morgagni</strong>. Al fondo della<br />
polemica (e si trattava anche allora di un consulto pubblico, di una<br />
perizia medico-politica) vi era l’esclusione da parte dei novatores di ogni<br />
generazione dal calore o dalla putredine, cara ad aristotelici e<br />
tradizionalisti 6 . Il nesso tra febbri epidemiche e macerazione dei lini non<br />
poteva esser abbandonato alle deduzioni del senso comune, le medesime<br />
secondo le quali la Terra era ben ferma sotto i piedi dell’osservatore ed<br />
era il Sole a girare intorno alla Terra, e non viceversa.<br />
I paradossi stilistici e concettuali del breve testo di <strong>Morgagni</strong> e dell’Ode<br />
pariniana hanno dunque nella vicenda della scienza italiana una loro<br />
complessa genealogia, apprezzabile già nelle diverse fazioni in cui si<br />
divise l’Accademia <strong>galileiana</strong> del Cimento. Analoghe aporie abitano infatti<br />
l’empirismo a-filosofico del prudente Redi, che era stato il primo a<br />
confutare nelle Esperienze intorno alla generazione degli insetti (1668) la<br />
teoria fondata sulla generazione spontanea ma che finì per sostenere la<br />
tesi che i vermi dei frutti fossero generati «da quella stessa anima, e da<br />
quella stessa natural virtude che fa nascere i frutti stessi nelle piante» 7 .<br />
6 P. Galluzzi, Nel “teatro” dell’Accademia, in Scienziati a corte. L’arte della<br />
sperimentazione nell’Accademia Galileiana del Cimento (1657-1667), Catalogo della mostra<br />
documentaria, Istituto e Museo di Storia della Scienza, Sillabe, Livorno, 2001, pp. 12-25.<br />
(Cfr. M. Torrini, L’Accademia degli Investiganti. Napoli 1663-1670, in «Quaderni storici»,<br />
n. 48, dicembre 1981, pp. 845-883).<br />
7 Redi, Opere, III, p. 135; cfr. B. Basile, L’invenzione del vero. La letteratura scientifica da<br />
Galilei ad Algarotti, Salerno editrice, Roma, 1987.
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La regressione a uno schema umorale e putredinista derivava<br />
dall’incondizionata preminenza accordata da Redi ai dati forniti dalla<br />
natura rispetto all’inchiesta del soggetto, e al controllo empirico rispetto<br />
all’impostazione ipotetico deduttiva di scuola <strong>galileiana</strong>. La<br />
modernizzazione primo-settecentesca della scienza medico-biologica<br />
passò insomma attraverso un filtro cautelativo fin troppo attento a<br />
smussare ogni punta considerara filosoficamente compromettente.<br />
Diversa era stata la lezione borelliana: un uso più spregiudicato della<br />
ragione della nuova scienza, non privo di conseguenze pericolosamente<br />
interdisciplinari, perfino antiteologiche. A Napoli del resto – dove i<br />
medici e gli scienziati non tacevano questo loro orientamento – il<br />
sospetto di materialismo aveva scatenato i processi inquisitoriali contro<br />
gli “ateisti” tra il 1688 e il 1697 e le aspre prediche di Giacomo Lubrano.<br />
IV. Il galileismo biologico del Seicento aveva affidato una difficile<br />
eredità alla scienza settecentesca: la circolazione del sangue, l’anatomia<br />
minuta o “sottile”, l’avversione per ogni forma di generazione<br />
spontanea, il rapporto visibile-invisibile come momento ermeneutico, la<br />
trasmissione su base corpuscolare delle epidemie.<br />
Anche nel campo della storia della scienza, tuttavia, una rottura<br />
epistemologica, con l’apparire di nuove problematiche e di nuovi<br />
oggetti e modelli, fa coesistere il vecchio e il nuovo e pone gli scienziati<br />
e gli scrittori di cose scientifiche, nelle condizioni paradossali di<br />
esprimere nuovi concetti nelle vecchie forme discorsive.
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Successivamente, subentrano esigenze ricompositive, enciclopediche e<br />
onnivore di semplificazione dell’impianto concettuale, per necessità di<br />
egemonia, banalizzazione e divulgazione.<br />
Nel secondo Seicento la medicina <strong>galileiana</strong> aveva sostituito alla<br />
dottrina umorale della tradizione galenica nuove ipotesi meccaniche,<br />
chimiche, corpuscolari. Ma questi modelli, evidenti soprattutto nel<br />
circolo toscano, messinese e napoletano di Borelli, si reggevano su<br />
acquisizioni ancora relativamente deboli ottenute sul piano<br />
sperimentale. L’empirismo medico settecentesco propugnava<br />
l’osservazione libera della natura delle entità morbose, senza costrizioni<br />
sperimentali, senza “oziose” speculazioni filosofiche o anatomiche. Nel<br />
circolo di Borelli, le ipotesi di tipo meccanico erano inserite invece in<br />
una visione complessiva della natura profondamente differente da<br />
quella cartesiana, in cui sembravano convivere la lezione atomistica di<br />
Lucrezio, mediata da Gassendi, e quella antiteleologica di Spinoza.<br />
L’assenza di un sistema di pensiero di riferimento, insomma, sia pure<br />
congetturale, e il conseguente divorzio tra scienza e filosofia,<br />
implicarono nel Settecento una crescente semplificazione e una<br />
esaperata specializzazione, adatte entrambe a egemonizzare e<br />
sistematizzare i saperi. Nei dislivelli percepibili nel breve testo<br />
morgagnano è possibile intravedere dunque i fenomeni descritti in<br />
Nascita della clinica da Michel Foucault: l’ archeologia delle strutture<br />
cognitive, le cesure e i passaggi di paradigma nel pensiero scientifico e,<br />
soprattutto, la non-linearità della storia intellettuale. La storia della
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medicina classifica tradizionalmente <strong>Morgagni</strong> come il fondatore dell’<br />
anatomia patologica 8 , ma Foucault ha insistito soprattutto sul<br />
mutamento, proprio a partire da <strong>Morgagni</strong>, dello sguardo clinico: come<br />
la ragione moderna si innesta a suo avviso sull’esclusione della follia,<br />
così le moderne scienze biologiche assumerebbero dal Settecento la<br />
prospettiva del cadavere anziché quella del corpo vivo 9 . Mentre in alcuni<br />
scienziati e “notomisti” di scuola <strong>galileiana</strong>, come Lorenzo Bellini,<br />
l’anatomia si collocava ancora sullo scenario di un universo lucreziano,<br />
come forza separatrice che divide i corpi, suggerendo una concezione<br />
atomistica, genetica e palpitante dell’essere 10 , con la prima medicina<br />
clinica le malattie furono considerate un insieme schematico di sintomi,<br />
di segni di sviluppi patologici.<br />
Qualcosa di analogo avviene anche nel campo della moderna igiene<br />
pubblica. Un alto grado di semplificazione è rinvenibile in vitro nelle<br />
forme discorsive del pur breve Parere di <strong>Morgagni</strong>, le cui conclusioni<br />
disinvolte, razionalizzatrici e ostili a ogni “causa prima” lasciano<br />
intravedere le sedimentazioni e la stratificazione di un intreccio di<br />
modelli cognitivi e di sistemi metafisici. L’adesione alla ratio illuminista<br />
della pubblica felicità e del progresso della società civile, una certa<br />
8 F. Bazzi, Dignità, utilità, finalità dell’anatomia patologica nel pensiero morgagnano,<br />
«Atti del XXV Congresso nazionale della Società italiana di Storia della medicina»,<br />
Forlì-Bologna, 1971, pp. 75-81.<br />
9 M. Foucault, Nascita della clinica, Einaudi, Torino, 1969.<br />
10 L. Bellini, Due “Discorsi di anatomia”, a cura di M. Iofrida, ETS, Pisa, 1991.
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superficialità sul versante sperimentale, l’antiessenzialismo lockeiano e<br />
newtoniano e, infine, robusti residui dell’aristotelico principio<br />
d’Autorità e dell’edificio arabo-galenico.<br />
In tal modo, anche riguardo alla questione dell’igiene pubblica, cara<br />
all’<strong>illuminismo</strong> europeo, e luogo operativo d’incontro e collaborazione fra<br />
pubblici poteri e intellettuali di formazione scientifica, per disegnare e<br />
consolidare le moderne nozioni di <strong>salubrità</strong> dell’aria e di nocività<br />
ambientale, la ragione enciclopedica moderna – di cui il <strong>Parini</strong> didascalico è<br />
parte – si servì con disinvoltura dei luoghi comuni del venerando apparato<br />
dell’ippocratismo e dell’umoralismo che, nel Seicento, la scienza <strong>galileiana</strong><br />
aveva viceversa fieramente ostacolato e combattuto.