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Seminario Arch. Antonio Acierno

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7IndicePrefazionedi Giovanni LainoIntroduzione ...........................................................................................151. Città e spazio pubblico. Le forme dell’insicurezza urbana ....................291.1 Città, spazio pubblico e cittadinanza ...................................................... 311.2 La crisi dello spazio pubblico e la nuova questione urbana ..................... 421.2.1 La forma dello spazio pubblico nella modernità ..................................441.2.2 Gli spazi urbani nell’era della globalizzazione ......................................491.3 Le paure e gli spazi urbani frammentati .................................................. 551.3.1 Lo spazio anti-urbano delle città americane ........................................551.3.2 La visione distorta della teoria urbana nella città europea ....................621.3.3 La paura diffusa e l’insicurezza percepita nella città contemporanea ....701.3.4 Il controverso rapporto tra sensazione-percezione di pauraed ambiente urbano ............................................................................821.4 La costruzione sociale dell’insicurezza nella modernità ........................... 881.5 Le forme dell’insicurezza urbana:le incivilities, la microcriminalità e i reati spaziali. ................................ 1001.5.1 La crisi dello spazio pubblico e la “questione sicurezza” .....................1001.5.2 Interpretazioni: modelli ed ipotesi delle forme diinsicurezza urbana ............................................................................1091.6 Nuove politiche urbane per la rigenerazione delle città.....................................120


82. L’approccio alle politiche di sicurezza urbana ....................................1392.1 Sicurezza/insicurezza paradigmi a confronto ......................................... 1412.2 Le diverse teorie delle politiche di sicurezza urbana .............................. 1492.2.1 I principi conoscitivi di riferimento ..................................................1642.3 La glocalizzazione della sicurezza .......................................................... 1753. Gli aspetti locali delle politiche di sicurezza urbana ...........................1853.1 Politiche di sicurezza e governo locale................................................... 1873.1.1 Sicurezza urbana e governo del territorio: costruzione del problema ..1903.1.2 Sicurezza e controllo nelle realtà locali ..............................................1933.2 Le politiche locali di sicurezza:la sfida e il paradigma dell’integrazione ................................................ 2003.3 Il ruolo delle Regioni: le esperienze della Catalognae dell’Emilia Romagna ......................................................................... 2083.3.1 Il “controverso rapporto” fra governo locale e governo nazionaledella sicurezza e la necessità di un coordinamento. ............................2093.3.2 Il modello autonomico della Catalogna ............................................2173.3.3 Il modello integrato dell’Emilia Romagna .........................................2223.3.4 Gli “ambienti urbani ansiogeni” del realismo di sinistra ....................2283.4 Come cambia il problema: dai microspazi alla trasformazionedei modelli locali e dalla privatizzazione del fenomeno al marketing ..... 2303.4.1 I microspazi e la trasformazione dei modelli locali ............................2303.4.2 Il processo di privatizzazione .............................................................2343.4.3 L’aspetto mediatico tema strategico per l’ammistrazionedella sicurezza ..................................................................................2373.4.4 Il business del marketing ..................................................................2413.5 Un percorso comune di due città capofila del FESU sull’esclusione socialee la privatizzazione dello spazio pubblico: i casi Barcellona e Bologna ....... 2443.5.1 Il caso di Bologna .............................................................................2443.5.2 Il caso di Barcellona ..........................................................................2633.5.3 La disgregazione e i nuovi conflitti urbani nelle due città ..................293


94. Un bilancio delle politiche integrate di sicurezza ...............................3034.1 Un bilancio delle politiche integrate di sicurezza .................................. 3054.2 La de-costruzione del tema dell’integrazione nell’azione digoverno degli spazi urbani .................................................................... 3134.3 La centralità dello spazio pubblico nella costruzione socialedella sicurezza ...................................................................................... 3214.3.1 Lo spazio pubblico, ambito di lavoro privilegiato e di relazionetra pianificazione urbana, urbanistica e sicurezza ...............................322Postfazione.di <strong>Antonio</strong> <strong>Acierno</strong>


Postfazione.di <strong>Antonio</strong> <strong>Acierno</strong>La protezione dellospazio pubblico


Postfazione335Dalle politiche di sicurezza al progetto dellospazio pubblicoL’attenzione che si sta rivolgendo alla sicurezza degli spazi urbani inItalia a partire dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso, haprodotto non solo studi e ricerche teoriche ma anche una nutritaserie di esperienze pilota, implementate dalle amministrazionilocali particolarmente sensibili alla questione. Tuttavia, comesi è ampiamente dimostrato, il problema della sicurezza urbanaè multiforme e chiama in causa componenti di natura sociale,antropologica, culturale, economica, percettiva e fisica che non sonomai le stesse per le diverse realtà territoriali, ciascuna contraddistintada differenti peculiarità locali. Non esiste pertanto una soluzionegeneralizzabile e la specificità di ciascun luogo si trova ad affrontareproblemi di sicurezza urbana con cause ed attori sociali distinti.E’ riscontrabile una comune tendenza, invece, nelle risposte chei governi, nazionale e locale, stanno dando alle istanze sociali disicurezza, facendo intravvedere un generale processo di affermazionedelle politiche securitarie nella gestione dello spazio pubblico urbano,come Angelino Mazza ha ampiamente trattato nella sua densa edattenta analisi delle politiche messe in campo dalle amministrazionilocali, per soddisfare la crescente domanda di sicurezza emergentenella società occidentale contemporanea.Le politiche locali di sicurezza, nella diversità degli approcciimplementativi, ci interessano nell’ambito disciplinare urbanisticosoprattutto quando intervengono sulla trasformazione dellospazio fisico della città e per i rapporti che intessono con le azionipianificatorie, in particolar modo negli interventi di riqualificazionedelle aree degradate delle città contemporanee così come, anche semeno diffusamente, nei casi di progettazione di nuovi insediamenti.Le politiche di sicurezza intervengono sullo spazio fisico-funzionaledella città prevalentemente quando si attuano le cosiddette politichedi prevenzione situazionale, cioè quelle tese a ridurre l’occorrenza deireati spaziali, e facciamo riferimento alla diffusa pratica in Italia alleordinanze comunali contro i comportamenti considerati a rischioo indesiderati (prostituzione, lavavetri, ecc.), o alle strategie disorveglianza formale, con la migliore organizzazione e collaborazionetra le polizie locali e le forze dell’ordine, all’installazione dei sistemidi telecamere a circuito chiuso, al miglioramento dell’illuminazionedelle strade, all’arredo urbano dissuasivo fino alle pratiche piùrecenti di controllo dei quartieri da parte dei residenti (mutuatodalle esperienze del neighbourhood watching britannico); a questesi aggiungono le politiche di prevenzione sociale, largamente intese,che considerano la riqualificazione urbanistica uno degli strumentiprivilegiati del risanamento sociale e della crescita culturale e delle


Postfazione337investono queste aree e, di particolare rilevanza, dalla diffusione deldegrado e dalla difficoltà di garantire una manutenzione costantedello spazio pubblico.La città contemporanea pone la necessità di affrontare taliproblematiche che investono la sicurezza dello spazio pubblico, inparticolar modo delle zone marginali dove è più evidente il processo dizonizzazione sociale che ne amplifica il processo di frammentazione.Pertanto è necessario agire rimuovendo il più possibile le barriere diaccesso a queste aree, così come dotarle di adeguati spazi comunie delle centralità capaci di riequilibrare le dinamiche interne oaddirittura di fungere da attrattori per la popolazione provenienteda altre zone della città per perseguire una completa integrazione neltessuto urbano.E’ pur vero che nelle politiche urbanistiche degli ultimi vent’anni siè rivolta particolare attenzione a queste necessità infrastrutturandomolti dei quartieri periferici e popolari delle città, salvo subitodopo constatando spesso uno scarso uso o addirittura abbandonodegli spazi/attrezzature pubbliche da parte della popolazionelocale, a dimostrazione della difficoltà di innescare negli interventidi riqualificazione fisica urbana anche gli indispensabili processivirtuosi di appropriazione dello spazio e di costruzione di nuovivalori simbolici ed identitari.In risposta a queste inefficienze, si è proposto da più parti la necessitàdi un corretto inserimento di nuovi spazi ed attrezzature pubbliche,mediante una scelta consapevole e partecipata delle localizzazioni,della loro manutenzione e continuo miglioramento, evitando chevi siano solo alcuni gruppi sociali dominanti che se ne approprino,escludendo l’accesso e la frequentazione agli altri gruppi.Nella sua trattazione Mazza riprende questi suggerimenti progettualie propone in conclusione, per frenare la deriva securitaria che interessain maniera diffusa gli stessi cittadini nell’aggravarsi della agorafobiadominante e innanzitutto gli amministratori, gli imprenditori e itecnici, corresponsabili della frammentazione e della privatizzazionedello spazio pubblico urbano, una linea in piena controtendenza:una più diffusa progettazione e realizzazione di spazi pubblici dotatidi qualità intrinseche tali da garantirne l’autoprotezione.Spazi che devono fondarsi sulla mixité e sulla continuità funzionale diusi ed users, progettati con speciale attenzione alla qualità estetica inrisposta alle necessità psicologiche, culturali e simboliche dei fruitori,che richiedono una significativa partecipazione delle comunitàlocali destinatarie degli interventi, accompagnati da una adeguataorganizzazione gestionale degli spazi di transizione.In termini strettamente operativi si propongono interventi diriqualificazione urbana fondati sulla progettazione dello spazio


338 Postfazionepubblico includenti studi di impatto sociale, che prevedano laredazione ed approvazione preventiva di normative d’uso deglispazi pubblici, la formazione di una commissione informativa per lagestione e la prevenzione dei conflitti, la collaborazione tra tecnici edutenti per le scelte localizzative, la partecipazione nella progettazione/realizzazione degli spazi pubblici e il totale coinvolgimento nellaprogettazione degli spazi comuni prossimi alla residenza.Perché e per chi funziona lo spazio pubblico:appunti per una ricercaLe analisi sugli interventi di riqualificazione urbana mirati alconseguimento di una diffusa sicurezza urbana si concentrano moltospesso sulla lettura degli spazi degradati, marginali, caratterizzati dasegni persistenti d’inciviltà e vandalismo, e, in chiave propositivaprogettuale, si delineano suggerimenti e criteri per la realizzazione dispazi integrati, multifunzionali e, in una parola, vitali.Tuttavia la maggioranza delle indagini e delle proposte partono dalleinefficienze degli spazi, cui si cerca di porre rimedio ispirandosi aduna cultura progettuale che molto spesso si è costruita in ambiticulturali distanti dalla sensibilità che richiede il tema della sicurezzaurbana.In alternativa a questo approccio si propone di partire da un punto divista “positivo” 1 , ovvero analizzando non gli spazi pubblici problematicibensì quelli che sembrano “funzionare” socialmente, che favorisconolo scambio sociale, la frequentazione e la diversità, con l’obiettivodi cercare di individuare alcuni elementi comuni che possano essereadottati in maniera efficace nelle strategie di riqualificazione. Si fariferimento principalmente agli spazi pubblici per eccellenza, lepiazze e i parchi, ma anche a quelli che ne ripropongono le stessecaratteristiche in scala minore, come piccoli slarghi, piazzette egiardini, ovverosia quella minuta rete interstiziale che costituisce iltessuto connettivo, solitamente pedonale, della città.Le domande da cui partire, quindi, sono a ragion veduta le seguenti:perché in un’epoca di maggior benessere, nella quale potenzialmenteci sono maggiori opportunità di migliorare gli spazi urbani per ilcittadino, stiamo producendo spazi urbani che mal si adattano agliusi pubblici, se non addirittura risultano sgradevoli alla maggioranza1) Molte delle riflessioni proposte in questo saggio prendono spunto dalleinformazioni e dall’interessante lavoro di ricerca contenuto nel volume di HenryShaftoe, Convivial Urban Spaces. Creating Effective Public Spaces, London, Earthscan,2008, di cui si consiglia la lettura. Shaftoe si è interessato per anni di prevenzione delcrimine attraverso l’approccio ambientale o situazionale, scrivendo volume, saggi earticoli su riviste di settore e sperimentando tecniche e metodologie nel recuperodi quartieri a rischio.


Postfazione339degli utenti o che trasmettono una diffusa sensazione di disagio? E inche tipo di spazio pubblico i cittadini preferiscono andare e svolgerele proprie attività?Si propone una linea di ricerca orientata alla comprensione deicaratteri dello “spazio pubblico accogliente” al fine di progettarnedei nuovi o di riuscire a riqualificare, gestire e conservare/migliorarequelli esistenti.Il dibattito teorico sullo spazio pubblico ha avuto un momento dinotevole sviluppo e attenzione negli anni ’60 e ’70 2 , soprattuttonella ricerca e nella definizione dei segni peculiari di uno spaziopubblico vivibile in contrasto con quello improprio o sgradevole.Questo importante dibattito sulla forma, gli usi e la percezione dellospazio vivibile sembra oggi essersi specializzato in canali diversificati,affrontando le tematiche della sostenibilità ambientale, gestione,percezione estetica e sicurezza urbana.Questi specialismi hanno disaggregato la discussione contribuendotuttavia allo sviluppo di filoni distinti di ricerca sulla vivibilità deglispazi urbani.Negli ultimi anni c’è stato un nuovo filone di ricerca che ha riapertola discussione sugli spazi pubblici e il loro miglioramento, inparticolar modo nel mondo anglosassone con l’interesse del governobritannico alla produzione di un better public space, supportando ilCABE (Commission for <strong>Arch</strong>itecture in the Built Environment), edel lavoro professionale dell’Urban Design Group. Negli USA, invece,il rinascimento degli studi sullo spazio pubblico trova un punto diriferimento nel New York Based Project for Public Space, ed in Europanell’European Centre on Public Space e l’intensa attività editoriale diriviste specializzate sull’urban design 3 .Molte di queste attività si sono tradotte in pubblicazione di manualie guide di buona progettazione degli spazi pubblici, con il limiteancora presente di rappresentare prevalentemente il punto divista dei professionisti dell’ambiente fisico (architetti, urbanisti,pianificatori, ingegneri, ecc.) e meno i desideri della gente comuneche usa concretamente quegli spazi.Non esiste, infatti, molta ricerca su quello che i cittadini consideranouno spazio pubblico e su come vorrebbero usarlo, nonché sulla loropercezione e il livello gradito di comfort.La domanda centrale per i professionisti dello spazio dovrebberiguardare la ricerca di cosa rende alcuni spazi più efficienti sulpiano della frequentazione sociale e della vivibilità, perché e come2) Tra i quali ricordiamo il testo di Jane Jacobs sulla Vita e morte delle grandicittà, che ha rappresentato forse il punto di riferimento fondativo per gli studi dellasicurezza urbana.3) Si indicano di seguito i corrispondenti siti web: www.cabespace.org.uk;www.spaceforpublic.org; www.pps.org;


340 Postfazionealcune aree di uso pubblico (piazze, slarghi, giardini, parchi,marciapiedi) incontrano i bisogni reali della gente in misura tale dafar superare le paure, i disagi, le incertezze e spingere alla sosta e allasocializzazione.E’ innegabile che l’uomo essendo un animale sociale, tende a cercarei propri simili e a costituire gruppi per svolgere le più disparateattività e, soprattutto a ricevere una rassicurazione psicologica daqueste indispensabili frequentazioni.In un’epoca di crescente individualizzazione degli stili di vita, cheinduce già a ridurre i rapporti interpersonali, molto spesso sostituitidai surrogati dei contatti virtuali della rete, bisogna domandarsi finoa che punto questa tendenza all’introversione sociale e alla riduzionedei contatti reali soddisfi la natura umana e se lo spazio pubblicoreale (non quello virtuale) sia definitivamente in declino o se invecesia necessaria una sua rivitalizzazione, anche in risposta a quei bisognidi contatto fisico e pienamente “sensoriale” che fino ad oggi hannocaratterizzato la condizione umana.Una parte, che definirei pessimista, del pensiero sociologico edurbanistico ritiene che lo spazio pubblico tradizionale “corporale”sia ormai morto 4 , tuttavia questa affermazione credo sia prematurapoiché la gente non mi sembra pronta ad abbandonare il selciato deimarciapiedi per entrare nelle suggestioni dei viaggi digitali proposteda internet, google o facebook, non solo perché il contatto sensorialecon i propri simili resta una prerogativa della nostra specie, maprincipalmente perché ciò non giustifica in alcun modo l’abbandonodello spazio fisico con cui bisogna necessariamente confrontarsi.Piuttosto la crescita ipertrofica degli spazi pubblici nell’ultimo secolorichiede la predisposizione di uno strumentario diverso per il lorodimensionamento, localizzazione e gestione.Ponendosi in una condizione alternativa, positiva ed ottimista,cerchiamo di definire i caratteri di uno “spazio pubblico che funziona”ovvero vivibile, accogliente, frequentato e gradevole.Molto spesso nei progetti urbani contemporanei si riscontranoluoghi esteticamente attraenti, addirittura con una conformazionequasi monumentale che circondano le grandi opere di architettura,che restano ciò nonostante deserti, vuoti e privi di anima, in misuratale da non indurre la gente a frequentarli, e quello che è più graveè il fatto che molto spesso progettisti e amministratori non sonoconsapevoli di questa inefficienza e cercano in via giustificativa leragioni in altre cause, di natura sociale, e non nel progetto stesso.Si propongo, pertanto, alcuni punti su cui costruire un percorso diriflessione e di ricerca sulla comprensione dei caratteri dello spaziopubblico accogliente e sulla loro progettazione e/o riqualificazione.4) Ben-Joseph E. - Szold T., Regulating Place, New York, Routledge, 2005.


Postfazione341La crescita ipertroficaLa città contemporanea, cresciuta a dismisura, invadendo il territoriocircostante risulta oggi un puzzle di pezzi disarticolati e disomogenei,con immense periferie prevalentemente degradate e costituentifocolai di problemi sociali, reti infrastrutturali ingombranti checostituiscono barriere non solo nella continuità degli ecosistemibiologici ma soprattutto per la mobilità lenta e pedonale. La cittàcontemporanea è esplosa sul territorio, sottraendo suolo agricoloe creando spazi di risulta, dalle aree industriali dismesse agli spaziinterstiziali tra le distinte parti del mosaico urbano, che diventanoteoricamente uno “spazio potenzialmente di uso pubblico”, mache concretamente non può più essere gestito e finisce col divenireconcentrazione di rifiuti, di isolamento e cade spesso anche nell’areagrigia degli usi non ortodossi o illegali.In sintesi la città contemporanea ha accumulato un’innumerevolequantità di spazi pubblici degradati ed ingestibili con i quali bisognafare i conti. Non si tratta solo di fare una battaglia contro lo sprecodi suolo, all’interno dei principi di sostenibilità ambientale, madi ricucire i brandelli di uno spazio pubblico lacerato che versa incondizioni di estremo degrado, che favoriscono lo sviluppo dellepaure e conseguentemente l’abbandono fisico, innescando un ciclodi declino sociale.Tali condizioni non appartengono solo al patrimonio ereditato dallacittà industriale e post-industriale, ma anche nei più recenti interventidi espansione urbana di molte città si seguono principi progettualiche determinano effetti indesiderati o spazi residuali ingestibili.Nella cultura anglosassone questi ultimi sono stati definiti, conl’originale sintesi che la contraddistingue, SLOAP (space left over afterplanning), ossia gli spazi lasciati senza una chiara identità funzionaledopo la pianificazione, sottolineando la responsabilità diffusa dellastessa pratica professionale e gestionale pianificatoria nel produrrespazi ambigui e con una debole destinazione d’uso, che si prestano atrasformarsi facilmente in luoghi senza una precisa identità di cui icittadini stentano ad appropriarsi.In una società come quella attuale prevalentemente orientataal profitto e al consumo, lo spazio pubblico dove la gente possasemplicemente incontrarsi e parlare non interessa più perchérappresenta un “oggetto” scarsamente produttivo, e pertanto non visi presta molta attenzione, tanto da parte degli imprenditori che deglistessi amministratori. Non a caso il tempio per eccellenza dei giornid’oggi, il grande centro commerciale e di svago, dove si recano oramaila maggior parte dei cittadini, sta lentamente sostituendo lo spaziopubblico tradizionale, assumendone spesso anche i caratteri formalicon la presenza di fontane e alberi, quasi a ricordare le piazze dei


342 Postfazionenostri centri storici. La sostanziale differenza sta nel fatto che queglispazi sono progettati prevalentemente per un altro scopo, ovvero perconsumare, acquistando esclusivamente beni e utilizzando luoghiper lo svago (cinema, sale bowling, sale giochi e simili), impoverendola ricchezza della frequentazione dello spazio pubblico reale 5 .Lo spazio pubblico, concepito nella pienezza delle funzioni che puòospitare, tra le quali anche quelle del sedersi, parlare e discutere sembranon essere più al centro delle grandi trasformazioni immobiliari edell’interesse degli investitori. Anzi, si può notare come la maggiorparte delle richieste di trasformazione urbana sia orientata proprioalla produzione dei grandi contenitori commerciali, accanto ai qualisi producono forzatamente talvolta attrezzature di uso collettivo, soloperché obbligati dalle convenzioni con l’amministrazione locale, e inogni caso rappresentanti una parte residuale.Lo spazio dei grandi centri commerciali costituisce una parte delcrescente spazio privatizzato e controllato delle città contemporaneeche va ad aggiungersi a quello delle gated communities o pseudo tali,risposta alla incontrollata esplosione della paura e dell’insicurezzaurbana.Varietà, diversità e mobilitàLo spazio pubblico è composto da una varietà di luoghi anchemolto differenti l’uno dall’altro: da quelli tradizionali e pubblici pereccellenza come le piazze e i parchi, nonché gli stessi marciapiediquando sufficientemente ampi, alle versioni ridotte di questi ovveroslarghi, piccoli giardini e marciapiedi. A questi si aggiungono oggialtri spazi della mobilità dove, prevalentemente nelle grandi città, sitrascorre buona parte della giornata come le stazioni e i sottopassaggidelle metropolitane, le stazioni ferroviarie, aeroportuali e portuali(spazi di servizio delle grandi infrastrutture).Nei ritmi accelerati contemporanei l’attività principale svoltanegli spazi pubblici è quella dello spostamento: ci muoviamo daun punto all’altro della città per raggiungere mete di uso privato(residenza e ufficio, luogo di lavoro); a questi si aggiungono, inmisura progressivamente minore gli spostamenti verso e nei luoghidell’istruzione (scuole e università), del commercio (mercati, centricommerciali, negozi), dello svago (cinema, teatri, palazzetti sportivi),del culto (chiese, templi, ecc.) e della cultura (musei, biblioteche,ecc.),mentre lo spazio integralmente pubblico resta un luogo di sempliceattraversamento.Le modalità di spostamento sono fondamentali per il tipo di esperienzache possiamo fare dello spazio pubblico, in termini di velocità e di5) A tal proposito si veda per maggiore approfondimento <strong>Acierno</strong> A., “Safetyscape:tra landscape ed in-scape. Paura e fiducia nella costruzione del paesaggio urbano”, inTRIA, 3, 06/2009, Napoli, ESI ed.


Postfazione345In maniera più dettagliata, lo spazio pubblico è fondamentale perla salute ed il benessere fisico, l’apprendimento, la risoluzione deiconflitti, la tolleranza, la solidarietà e l’economia.Gli spazi pubblici, come parchi, aree attrezzate e piazze, offronoindiscutibilmente ai cittadini un luogo dove poter respirare aria pulitae dove poter esercitare il fisico, in particolar modo per gli stili sedentaridi vita e il cumulo di stress che inducono i correnti ritmi lavorativi.Numerose ricerche mediche hanno dimostrato come gli spazi pubblicipossono favorire non solo il benessere fisico ma anche quello mentale.Pertanto gli investimenti nella trasformazione delle città dovrebberotener in debito conto anche dei benefici generali che la popolazionepuò trarre dagli investimenti nella riqualificazione urbana, e non soloquelli legati al consumo di tanti e al profitto di pochi.Uno spazio pubblico variamente frequentato resta ancora una dellemigliori opportunità per poter incontrare, osservare, condividerecomportamenti, norme e stili di vita differenti. Attraversare o megliosostare in una piazza del centro città, frequentato da diversi gruppisociali ed etnie, su cui prospettano edifici pubblici e privati, attivitàmercatali e commerciali, giovani ed anziani, lavavetri, vigili urbanio qualsiasi altra figura, offre certamente maggiori possibilità diconoscenza e di apprendimento che non la passeggiata nell’ultimocentro commerciale apertosi in periferia, frequentato da gruppisociali ristretti e più selezionati e con una prevalente attività urbana,quella del consumo.Lo spazio pubblico offre un’arena dove poter incontrare gruppi socialiaffini con i quali si condividono analoghi comportamenti, ma anchedove poter imparare a gestire i conflitti con chi pratica stili di vitadifferenti (pensiamo ai recenti flussi di immigrati). La risposta piùsemplice ai conflitti è quella di trincerarsi entro i confini monoclassedel proprio quartiere (le gated communities rappresentano il verticedi questo atteggiamento) o degli ambienti lavorativi ad accessolimitato, ma l’unica alternativa a questa deriva è la socializzazionenello spazio pubblico anche con iniziative progettate ad hoc(manifestazioni, festival, ecc.), dalla quale potrà nel tempo maturareanche la solidarietà.Anche dal punto di vista economico, il miglioramento dellecondizioni di vivibilità dello spazio pubblico possono produrrevantaggi, in maniera più diretta per l’uso turistico conseguenza dellepotenziate capacità attrattive dello spazio urbano ma anche per leattività commerciali e di ristoro che ne possono derivare 9 .9) A tal proposito i fenomeni della movida che investono alcuni centri delle cittàitaliane negli ultimi anni rappresentano un uso amplificato dello spazio pubbliconelle ore serali e notturne della giornata. Se facciamo riferimento alla culturaspagnola da cui è derivato lo stesso termine, si riescono a comprendere ancora meglioi vantaggi e i benefici di comportamenti che prediligono la vita in strada e l’incontroabituale in luoghi pubblici. La vita in strada delle regioni europee che si affacciano


346 PostfazioneInoltre, l’uso dello spazio pubblico è direttamente collegato anchealla sicurezza dei luoghi, mediante la sorveglianza informale, cosìcome ci ha fatto già notare più di trent’anni fa Jane Jacobs. Lafrequentazione e la vitalità dello spazio pubblico, pur offrendo intaluni casi un maggior numero di potenziali vittime per alcuni tipidi reato (borseggio, scippi, furti), indubbiamente restituiscono unadiffusa percezione di sicurezza agli utenti in misura maggiore rispettoa luoghi isolati ed abbandonati.Infine, lo spazio pubblico ha storicamente rappresentato il cuoredella civiltà occidentale, nella emblematica espressione dell’agoràgreca, teatro di discussione e risoluzione dei conflitti nel governodella cosa pubblica. Lo spazio pubblico è stato e resta il luogodelle manifestazioni, dei cortei e perfino delle rivoluzioni, e non acaso, nei regimi totalitari, esso è generalmente controllato e spessoprogettato con espressioni di monumentalità e vastità, che rendonol’ambiente quasi intimidatorio e non di facile fruizione da parte degliutenti 10 . I governi, da quelli democratici ai dittatoriali, hanno semprepredisposto usi e regole di comportamento nello spazio pubblicoesprimendo anche strategie di controllo della società e proponendomodelli e stili di vita. Non bisogna pertanto sottovalutare la questionedella gestione dello spazio pubblico, liquidandolo frettolosamentecon una sua imminente morte sotto la spinta della invadentetecnologia della comunicazione, perché nella gestione e nel progettodello spazio pubblico si prefigurano anche modelli di società.Modelli alternativi di gestione dello spazio pubblico: esclusioneo inclusioneLa sicurezza dello spazio pubblico diventa pertanto anche unaquestione di scelta tra strategie ed azioni d’intervento che prefiguranomodelli differenti di società: si tratta di garantire la sicurezzaperseguendo un modello di esclusione di alcuni gruppi sociali o difavorire l’integrazione e la risoluzione dei conflitti?Il modello che aspira alla frammentazione e alla privatizzazionedello spazio pubblico, riducendo le eterogeneità dei gruppi sociali efavorendo la costituzione di gruppi sociali affini per classe e censo, èquello che si è andato affermando soprattutto nella società americananelle gated communities e nei centri commerciali/svago perifericio nei centri città direzionali commerciali (down town) ad accessolimitato, esportato rapidamente in Europa.Questo è un modello che pratica il controllo degli accessi, la restrizionedella frequentazione di parchi, l’innalzamento di recinzioni attornosul Mediterraneo è spesso presa come modello positivo ai fini della gradevolezza edaccoglienza degli spazi pubblici.10) Pensiamo alla Piazza Tienanmen a Pechino o alla Piazza Rossa a Mosca,estremamente vaste e non accoglienti.


Postfazione347agli spazi pubblici, la realizzazione di barriere fisiche dissuasive,l’installazione di telecamere, il controllo dei quartieri residenzialimediante ronde di cittadini residenti e le variegate tecniche delcpted 11 .In Europa questo approccio ha dato vita al “Designing out Crime” 12 ,che sostiene un’attenta progettazione dello spazio al fine di impedirel’occorrenza dei reati, sostanzialmente controllando il territorio edifendendolo.Alternativo a quest’ultimo è invece un recente approccio fondato sustrategie opposte, il “crowd out crime”, che sostiene l’allontanamentodel crimine fondato sulla vitalità e la massima frequentazione dellospazio pubblico. I New Urbanists, gli Urban Villagers e i sostenitoridella 24 Hour City 13 fondano la propria azione sulla messa in atto distrategie di frequentazione dello spazio pubblico, capace di infonderesicurezza percepita negli utenti e di produrre nel medio periodo anchela diminuzione dei reati spaziali per effetto della sorveglianza naturalee dei circoli virtuosi di integrazione e mediazione dei conflitti che sipossono generare.Si delineano due orientamenti negli interventi finalizzati allasicurezza urbana: da un lato, la progettazione di spazi pubbliciaccoglienti e capaci di favorire l’integrazione e, dall’altro, secondo unpunto di vista totalmente opposto, l’implementazione di strategie disorveglianza del territorio per spazi pubblici escludenti.L’importanza del contesto: caratteri geografici, socioeconomici eculturaliNon è facile individuare le strategie, le azioni e i criteri progettualipiù consoni alle necessità dei diversi luoghi urbani e, molto spesso,si constata che alcune misure funzionano per certi siti e per altrisi rivelano inefficaci. Questo riscontro induce a riconoscere che lanatura di ciascun luogo è legata alla sua storia, alla comunità che inesso vive e al più prossimo contesto territoriale.Una prima regola da acquisire nella ricerca della protezionedell’ambiente urbano è il riconoscimento dell’importanza del contestoin cui ci si trova ad operare, in termini geografici, socioeconomici eculturali. Dalla lettura di queste componenti e dalla storia graduale11) Il CPTED (Crime Prevention Through Environmental Design) nasce neglianni ’70 sul filone di studi aperto da O. Newman ed è stato applicato in numerosiinterventi di riqualificazione urbana, maturando riflessioni sugli esiti, spesso anchecritiche che ne hanno modificato negli anni l’approccio e le metodologie. Per unapprofondimento si consulti il sito dell’associazione internazionale degli enti esoggetti che praticano il CPTED: www.cpted-net.org.12) Si veda il sito web dell’associazione ww.e-doca.net che raccoglie esperienze,documenti e materiali. Nel Regno Unito a questo filone appartiene anche il Securedby Design, progettazione certificata di quartieri sicuri.13) Cfr. Shaftoe H. (2008).


348 Postfazionedi un sito urbano si potrà comprendere il modo migliore secondocui intervenire, evitando di adottare tecniche e soluzioni universaliimportate spesso da paesi e culture differenti.Ciascun luogo si è andato gradualmente definendo nel tempocon progressive modificazioni che ne hanno segnato il successoo l’insuccesso in termini di vitalità, frequentazione e sicurezza.Comprendere la storia di un luogo, la processualità insediativa degliabitanti e delle attività può aiutare ad adottare le soluzioni miglioriper rendere lo spazio urbano più permeabile ed accogliente.La formazione dei professionisti dello spazio, come architetti, urbanisti,ingegneri, è stata per anni fondata su un sapere tecnico rigido cheprivilegia il piano/progetto disegnato che mal si adatta alla gradualetrasformazione che i cittadini attuano dello spazio per accomodarloalle proprie necessità, fosse anche solo per sentirlo proprio.Si prefigura nella progettazione degli spazi pubblici protetti unvecchio conflitto tra due differenti stili del disegno urbano, l’unofondato sul master-plan rigido e onnicomprensivo e l’altro organico,incrementale, partecipato e in sostanza più democratico. Si tratta diprefigurare spazi progettati fin nei dettagli ai quali i fruitori devonoadattarsi o, al contrario, predisporre invasi spaziali capaci di adattarsinel tempo alle esigenze dei fruitori 14 .I benefici ed i rischi di questi modelli sono stati ampiamente discussinel dibattito disciplinare (Alexander, Sennett, Brand) ed emergeuna maggiore efficienza dell’approccio progettuale “naturale” allacittà che si adatta nel tempo alle esigenze sociali rispetto a quello“tecnico”, derivato dalla cultura razionalista moderna. Comesostiene Alexander 15 (2004) la trasformazione della città si presta piùad una metafora organica ed incrementale che non a quella tecnicameccanicistica, e aderendo a questo approccio la protezione dellospazio pubblico appare perseguibile più con soluzioni adattative, dirisoluzione dei conflitti, dell’integrazione e della partecipazione chenon adottando i congegni tecnici della videosorveglianza, dei metaldetector, dell’arredo dissuasivo e della restrizione degli accessi.Bisogna, comunque, porre in evidenza che la progettazione urbananon ha un ruolo così deterministico e non si può affermare cheil modo in cui progettiamo lo spazio influenzerà certamente ilcomportamento dei suoi fruitori. Innanzitutto la complessità dellaspecie umana e le diversità con cui ciascun individuo risponde aglistimoli dell’ambiente lo rendono direttamente evidente. Tuttavia,si può affermare che l’organizzazione fisica dello spazio interagisce14) Da questo approccio ne deriverebbero anche benefici economici perché glispazi più vincolanti, qualora non funzionassero, sono più difficili a modificarsi senon con maggiori costi.15) Si veda la sua lezione Shumacher del 2004, in parte disponibile sul sito webwww.livingneighbourhoods.org


Postfazione349con gli altri fattori del “luogo”, come i caratteri storico-geografici,la gestione, le forme di animazione e la cultura della comunitàlocale più in generale, e si rende corresponsabile dell’insorgenzadell’insicurezza urbana.Lo sfondo di questo complesso scenario di interazioni è costituitodal modello politico di aspirazione sociale. Bisogna definire qualesia la società futura desiderata: se si cerca una vita prevalentementeprivatizzata fondata su edifici ben protetti e “blindati”, dove potersvolgere tutte le attività esistenziali dal lavoro allo svago, all’internodi una comunità sociale ristretta e composta solo dai propri amicie colleghi, allora l’intenzione è quella di costruire uno “spaziourbano fortificato”; se, invece, cerchiamo un modello di vita piùaperto, dove poter incontrare gruppi sociali differenti e condivideremaggiori esperienze, accettando tuttavia un livello più alto di rischiconsapevoli anche dei vantaggi in termini di animazione e socialità,allora cerchiamo uno “spazio pubblico protetto”.Il dibattito intorno a questi due modelli di vita urbana, all’interno delpiù specifico tema della sicurezza delle città, è stato già affrontato da piùdi un decennio soprattutto negli USA, ponendo in contrapposizioneil “defensible space” 16 con i modelli urbanistici del New Urbanismche si rifanno ai principi storici progettuali delle piccole e mediecittà. Entrambi i modelli si espongono a critiche per gli esiti chene derivano, il primo per la privatizzazione e la fortificazione dellospazio e il secondo per l’omogeneità sociale che spesso s’incontranelle sperimentazioni avviate sul territorio statunitense.La lezione che ne deriva dall’analisi degli esempi realizzati ribadiscequanto già accennato precedentemente, ovvero la parzialitàdell’influenza dell’urban design sulla sicurezza dei luoghi, la qualedipende da una ben più ampia serie di fattori socio-economici,culturali, storici, geografici che interagiscono con la progettazioneurbanistica.La progettazione dello spazio pubblico protettoAffrontare la sicurezza delle città, come si è cercato di dimostraresopra, pone di fronte ad una scelta di fondo circa il tipo di societàcui aspiriamo e conseguentemente circa il tipo di approcciometodologico. Si vuole una società segregata secondo le classi, ilcenso, l’etnia all’interno di uno spazio fisico privatizzato e fatto direcinti, allora adottiamo l’approccio “esclusivo” (design out crime)per progettare una città “fortificata” adottando misure come la16) Il termine defensible space è stato coniato per la prima volta agli inizi deglianni ’70 da C.R. Jefferey e da O. Newman, ma è stata soprattutto la versione diquest’ultimo ad avere successo soprattutto nell’approccio del cpted.


350 Postfazionesorveglianza tecnologica, il pattugliamento di polizie e vigilanzaprivata delle nostre strade e quartieri, la restrizione degli accessi e cosìvia. L’alternativa è una società più aperta e più libera, anche a costodi assumere qualche rischio in più, all’interno di uno spazio pubblicourbano inclusivo ed accogliente, e allora adottiamo l’approccio chefacilità la vitalità degli spazi urbani (crowd out crime), l’animazionesociale e l’attenzione alla sensorialità piena, oltre quella visuale,dell’esperienza spaziale.Al di là di questa scelta fondamentale che orienta il fine, l’approccio, imetodi e le tecniche, tuttavia c’è una responsabilità nella formazionestessa degli esperti delle trasformazioni urbane che va necessariamentecompresa e migliorata.La progettazione e la pianificazione urbana fondano le proprie basitecnico scientifiche su una cultura “meccanicistica” dello spazio,derivata in buona parte dal dibattito dell’architettura moderna(CIAM e Carta di Atene) che ha determinato nella pianificazioneurbana l’approccio monofunzionale nell’organizzazione dellacittà (zoning). L’applicazione di questi principi ha determinato ladiffusione di quartieri autonomi e allo stesso tempo segregati dal restodel tessuto urbano che sono caduti in rapido declino. Già dagli anni’60 del secolo scorso gli effetti indesiderati della razionalizzazionefunzionale della città sono emersi con maggiore chiarezza e un ampiodibattito si aperto sulla necessità di porvi rimedio, producendoanche normative e principi guida per una buona progettazione 17 .Tuttavia, ancora oggi, la scena professionale della costruzione dellospazio pubblico resta di dominio dei tecnici “visuali” che fondanoil proprio approccio soprattutto sull’estetica e la visione. Come fanotare Shaftoe (2008), la stessa radice della parola inglese design ofrancese dessin, che corrisponde alla nostra progettazione, è legataal disegno, ovvero alla rappresentazione disegnata dello spazio. Ciòsta a significare che la principale esperienza spaziale per i fruitoriresta ancora quella legata alla visione, che è indubbiamente il sensomaggiormente e prioritariamente interessato, tuttavia tutti i nostrisensi ed anche l’immaginazione, legata alla nostra storia personale,partecipano allo scambio uomo-ambiente.La progettazione di uno spazio pubblico accogliente e protettonon può fondarsi solo su principi strettamente materici madeve necessariamente partire dal comportamento umano nellospazio, incorporando competenze antropologiche e psicologicheambientali.17) Jane Jacobs già negli anni ’60 illustrava con estrema chiarezza gli effettinegativi dei modelli urbanistici imperanti all’epoca, da quelli razionalisti a quellidi matrice organica, definiti l’urbanistica ortodossa, invitando alla riflessione piùampia sui comportamenti umani nello spazio, da un punto di vista antropologicoe psicologico.


Postfazione351Si cerca di provare a suggerire alcuni indirizzi necessari per laprogettazione di uno spazio pubblico più accogliente e inclusivo.Innanzitutto, sostenere la mixité di usi e di fruitori contro lo zoningmodernista, allo scopo di rendere più vitale lo spazio e frequentatoin tutte le ore della giornata.Progettare gli spazi avendo come obiettivo la chiarezza, la leggibilitàe la percezione multisensoriale. Lo spazio pubblico è generalmentepercepito a circa un metro e settanta centimetri da terra, lungo visualiostruite da automobili, segnaletica, arredo ridondante e spesso malorganizzato, contribuendo alla sensazione di un caos multisensoriale.A questo riguardo gli studi sulla percezione a partire da Lynch 18 edella psicologia ambientale 19 sono utili e fondamentali conoscenzeper la progettazione della sicurezza urbana.La flessibilità dello spazio è un altro fondamentale requisito peril conseguimento di uno spazio accogliente che possa adeguarsiincrementalmente ai bisogni dei suoi fruitori. Molto spesso gli spaziaperti pubblici, anche esteticamente attraenti e progettati nei minimidettagli, restano vuoti per la semplice ragione che non incontrano idesideri del cittadino e soprattutto perché non offrono molti gradi dilibertà per la trasformazione. Sarebbe necessario, quanto più possibile,far partecipare i futuri fruitori nella definizione dei bisogni e, in ognicaso, i progettisti dovrebbero seguire gli esiti dei propri progetti anchenel medio e lungo periodo ed intervenire con rettifiche incrementali.Resta scontato che i professionisti dovrebbero mostrarsi disponibilia questo processo e non giustificare, come spesso accade, il “cattivofunzionamento” dello spazio con inadeguati comportamenti sociali,assolvendo sempre e comunque l’assetto fisico e il proprio lavoro.La conoscenza dei meccanismi di territorialità del comportamentoumano è fondamentale per la comprensione della distribuzione dellepersone nello spazio pubblico. Abbiamo detto prima che l’uomo è unessere sociale che cerca i propri simili, tuttavia esistono delle distanzeinterpersonali che vengono di volta in volta adeguate al grado diconoscenza, al tipo di attività svolta,al senso di rassicurazione cercato,ecc. E’ utile osservare come i diversi gruppi sociali, differenziati peretà, sesso, etnia usano lo spazio di una piazza o di un parco e comecondividono e mediano potenziali conflitti. Ovviamente, nei casiin cui alcuni gruppi con atteggiamento palesemente aggressivo edarrogante invadono lo spazio di altri gruppi sociali inducendonel’abbandono, è necessario intervenire con i sistemi della legalità;negli altri casi, progettare lo spazio pensando anche a quale potràessere la futura distribuzione dei gruppi sociali e l’adattamento deisingoli alla condivisione mediata resta una necessità.18) Lynch K., The image of the city, Cambridge, MIT Press, 1960.19) Canter D., The Psycology of Place, London, <strong>Arch</strong>itectural Press, 1977.


352 PostfazioneL’imprevedibilità dell’esperienza dello spazio e la possibilità di potersceglier con libertà alcuni percorsi e più in generale il movimento,costituisce un altro bisogno psicologico primario per l’essere umano.Numerose ricerche psicologiche e psicanalitiche dimostrano chel’uomo tende spesso a rifiutare uno spazio monotono e ripetitivo,che non lascia posto alla creatività personale. Molti dei recentiprogetti urbani risultano compiutamente definiti e non permettonoagli individui di appropriarsene, di porre i segni che ne marcano laterritorialità aiutando ad avviare un processo di identificazione.Inoltre, vi sono delle necessità generalmente riconosciute checostituiscono dei presupposti per l’accoglienza e l’inclusività dellospazio, come la pedonalizzazione e la risoluzione dei conflitti conil traffico veicolare. Dalla prima esperienza di pedonalizzazione diuna strada precedentemente veicolare, avviata nel 1962 nella cittàdi Copenhagen, sono trascorsi più di quarant’anni ed ormai tantoi professionisti quanto le amministrazioni locali hanno compreso,favorendone la diffusione, l’importanza della prima forma diprotezione del cittadino nello spazio pubblico, quello dal rischiodi incidente, dalla rumorosità e dall’inquinamento del trafficoautomobilistico. La pedonalizzazione di parti della città devetuttavia essere accompagnata da una sapiente localizzazione di usi(commerciale in primo luogo), dal rinnovamento estetico dellospazio, con l’adozione di materiali durevoli, e infine anche conl’installazione di opere d’arte urbana.Resta di rilevante influenza, per il successo di uno spazio che sivuole accogliente ed inclusivo, il sito e la sua posizione all’internodel tessuto urbano e delle reti di comunicazione della città. In altritermini, anche prestando attenzione ad alcuni degli ultimi elementiprima suggeriti, talvolta gli spazi pubblici restano poco frequentatie non diventano accoglienti, se non sono ben collegati al resto dellacittà così da farne superare la marginalità.Ancora la dimensione degli spazi si mostra essere un ingredientesignificativo nella definizione dell’accoglienza, come è facileconstatare quando si attraversa una piazza molto vasta, con gli edificiposti a notevole distanza e con arredi ed alberature insufficienti acaratterizzarne i luoghi di sosta. Anzi, si può affermare che moltidelle indicazioni suggerite possono funzionare solo in piazze e parchidi ridotte dimensioni e in quegli spazi interstiziali che connettono iltessuto urbano.Concludendo, la progettazione dello spazio pubblico protetto edaccogliente, richiede uno sforzo di cambiamento dell’approccioprogettuale professionale, che si allontani dal modello prevalentementedominato dal sapere tecnicistico e visuale, per adottare uno stileorganico incrementale (Alexander, 2004) che permetta l’aggregazione


Postfazione353nel tempo di soluzioni spontanee e adattive da parte dei fruitori.Pensiamo soprattutto a quei piccoli spazi pubblici interstiziali dellacittà che la cultura razionalista imperante nella produzione delle cittàdal secondo dopoguerra aveva dimenticato, pensando volontariamentepiù all’organizzazione di vaste aree e molto spesso distribuendo gliedifici su un continuo “tappeto verde” senza gerarchia, chiarezzadi funzioni e scala “umana”. La cultura progettuale e pianificatoriache ha dominato la formazione professionale e la produzione dellacittà nei primi decenni del secondo dopoguerra ha prodotto effettisecondari imprevisti, esito degli eccessi di una visione meccanicisticadella città.Già negli anni ’60 e ‘70 teorici come Rudosky 20 , Rapoport 21 , Sennettavevano evidenziato l’importanza di un approccio organico, eavevano rilevato come la buona architettura non è necessariamenteprodotta solo dai professionisti specializzati ma molto spesso l’ediliziaspontanea, come molti centri storici dimostrano, produce esitiesteticamente migliori e socialmente efficaci. Negli anni ’80 Alexanderha avanzato dure critiche alla rigidità dell’approccio progettualerazionalista a favore dell’approccio organico fino alla definizionedi una nuova teoria dell’urban design 22 che propone regole e lineeguida per una buona progettazione dello spazio pubblico, al fine direstituire il senso della crescita incrementale e partecipata delle città,ridando senso alle strade e alle piazze. Più recentemente Alexander hasviluppato il suo concetto di approccio morfogenetico, dichiarandoche questa è l’unica vera strada verso la sostenibilità dell’ambienteurbano perché produce la città nella sua interezza che rappresenta lamanifestazione fisica delle aspirazioni sociali e culturali.La sicurezza urbana, quale specializzazione odierna di un dibattitoampio partito già negli anni ’60 e non ancora oggi chiuso, pone dellescelte sul piano dell’aspirazione al modello di società che vogliamoma propone anche dei cambiamenti di rotta nella formazione deiprofessionisti e nell’approccio culturale della progettazione urbana.I professionisti dello spazio devono scegliere se diventare esperti direcinzioni, sistemi di videosorveglianza, shopping centers privatie gated communities, o iniziare un lungo e faticoso lavoro, cheattribuisce un senso nuovo alla disciplina, facilitando la mediazionedei conflitti nell’arena dello spazio pubblico.20) Rudofsky B., <strong>Arch</strong>itecture without architects: a short introduction to nonpedigreedarchitecture, London, Academy Editions, 1964.21) Rapoport A., Human Aspects of Urban For: Towards a man-environmentapproach to urban form and design, Oxford, Pergamon, 1977.22) Alexander C., New Theory of Urban Design, Oxford, Oxford University Press,1987.

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