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22. La fortuna di Livio nelle arti figurative

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<strong>22.</strong><br />

<strong>La</strong> <strong>fortuna</strong> <strong>di</strong> <strong>Livio</strong> <strong>nelle</strong> <strong>arti</strong> <strong>figurative</strong><br />

Il ratto delle Sabine, lo scontro tra Orazi e Curiazi e lo stupro <strong>di</strong> Lucrezia in<br />

pittura<br />

Le vicende narrate da Tito <strong>Livio</strong>, sebbene non sempre atten<strong>di</strong>bili da un punto <strong>di</strong><br />

vista storico, hanno esercitato un fascino enorme, soprattutto nel campo<br />

dell’arte figurativa. In questa sezione ti proponiamo alcune opere ispirate a tre<br />

episo<strong>di</strong> famosissimi dell’opera liviana: il ratto delle Sabine, lo scontro tra Orazi<br />

e Curiazi e lo stupro <strong>di</strong> Lucrezia. Ecco come Dante Alighieri nel Para<strong>di</strong>so (VI<br />

37-42) sintetizza in tre versi queste vicende (l’imperatore Giustiniano sta<br />

parlando a Dante dell’Impero romano):<br />

Tu sai ch’el fece in Alba sua <strong>di</strong>mora<br />

per trecento anni e oltre, infino al fine<br />

che i tre a’ tre pugnar per lui ancora.<br />

E sai ch’el fé dal mal de le Sabine<br />

al dolor <strong>di</strong> Lucrezia in sette regi,<br />

vincendo intorno le genti vicine.<br />

Il ratto delle Sabine<br />

Tra gli episo<strong>di</strong> che riguardano i primor<strong>di</strong> della storia romana, <strong>Livio</strong> racconta (I 9-<br />

13) che, dopo la fondazione <strong>di</strong> Roma, Romolo si rivolse alle popolazioni<br />

confinanti per stringere alleanze ed ottenere delle donne con cui poter popolare<br />

la nuova città. Di fronte al rifiuto dei vicini, Romolo organizzò un grande<br />

spettacolo per attirare i popoli limitrofi e rapirne le donne. Tra questi vi erano i<br />

Sabini, i quali nei combattimenti successivi al ratto non vennero sconfitti grazie<br />

soprattutto all’intervento delle stesse donne rapite, che pregarono entrambe le<br />

p<strong>arti</strong> in guerra <strong>di</strong> non versare più sangue. Questa è la leggenda che <strong>Livio</strong> pone<br />

all’origine dell’alleanza tra romani e sabini.<br />

Tum Sabinae mulieres, quarum ex iniuria bellum ortum erat, crinibus passis scissaque<br />

ueste, uicto malis muliebri pauore, ausae se inter tela uolantia inferre, ex transuerso<br />

impetu facto <strong>di</strong>rimere infestas acies, <strong>di</strong>rimere iras, hinc patres, hinc patres, hinc uiros<br />

orantes, ne se sanguine nefando soceri generique respergerent, ne parrici<strong>di</strong>o macularent


partus suos, nepotum illi, hi liberum progeniem. "Si adfinitatis inter uos, si conubii<br />

piget, in nos uertite iras; nos causa belli, nos uolnerum ac cae<strong>di</strong>um uiris ac parentibus<br />

sumus; melius peribimus quam sine alteris uestrum uiduae aut orbae uiuemus." Mouet<br />

res cum multitu<strong>di</strong>nem tum duces; silentium et repentina fit quies; inde ad foedus<br />

faciendum duces prodeunt. Nec pacem modo sed ciuitatem unam ex duabus faciunt.<br />

Regnum consociant: imperium omne conferunt Romam. Ita geminata urbe ut Sabinis<br />

tamen aliquid daretur Quirites a Curibus appellati.<br />

Diversi furono i pittori e gli <strong>arti</strong>sti che rimasero affascinati da questa leggenda.<br />

Ne ricor<strong>di</strong>amo alcuni.<br />

Pietro da Cortona (1597 - 1669) <strong>di</strong>pinse il Ratto delle Sabine che attualmente si<br />

trova nella pinacoteca dei Musei Capitolini.<br />

P. da Cortona, Ratto delle Sabine, olio su tela, cm 275 x 423, Pinacoteca dei Musei capitolini, Roma (tratto dal sito<br />

http://www2.comune.roma.it/museicapitolini/pinacoteca/visita/sala8_sabine.htm).<br />

Nicolas Poussin (1594-1665), pittore francese, <strong>di</strong>pinse Il ratto delle Sabine.


N. Poussin, Il ratto delle Sabine, olio su tela, 159 � 206 cm, Museo del Louvre, Parigi (tratto dal sito<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Immagine:Nicolas_Poussin_015.jpg#filelinks).<br />

Un altro pittore italiano, Luca Giordano (1634-1705) de<strong>di</strong>cò un quadro<br />

all’episo<strong>di</strong>o liviano.<br />

L. Giordano, Il ratto delle Sabine, olio su tela, Collezione Piero Pagano, Genova (tratto dal sito<br />

http://www.nga.gov.au/international/Catalogue/Detail.cfm?IRN=23215&ViewID=2&GalID=ALL).<br />

In Piazza della Signoria a Firenze si trova una scultura del Giambologna<br />

(pseudonimo <strong>di</strong> Jean de Boulogne 1529-1608, pittore fiammingo) ispirata<br />

anch’essa alla stessa leggenda.


Giambologna, Ratto delle Sabine, Piazza della Signoria, Firenze (tratto dal sito<br />

http://www.scultura-italiana.com/Galleria/Giambologna/imagepages/image67.html).<br />

Ma l’opera più famosa riguardante questa leggenda è <strong>di</strong> certo quella del pittore<br />

neoclassico francese Jacques-Louis David (1784-1825) 1 : i primi schizzi <strong>di</strong><br />

questa tela vennero effettuati durante i mesi <strong>di</strong> prigionia e l’opera fu terminata<br />

nel 1799. Ve<strong>di</strong>amo raffigurati i due schieramenti separati da Ersilia, moglie <strong>di</strong><br />

Romolo, e dalle altre donne sabine che mostrano i figli, gesto che vuole indurre<br />

i due popoli a deporre le armi. Le donne, che nei quadri precedenti venivano<br />

raffigurate solo come prede, qui <strong>di</strong>ventano invece parte attiva ed impongono la<br />

loro pacifica autorità agli uomini.<br />

1 Per saperne <strong>di</strong> più sulla biografia e le altre opere <strong>di</strong> J.-L. David vai sul sito<br />

http://www.centroarte.com/David%20Jacques%20Louis.htm.


J.-L- David, Le Sabine, olio su tela, cm 385 x 522, Museo del Louvre, Parigi (tratto dal sito http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Le_Sabine).<br />

Orazi e Curiazi<br />

Si tratta <strong>di</strong> un altro episo<strong>di</strong>o leggendario legato ai primi tempi della fondazione<br />

<strong>di</strong> Roma. <strong>Livio</strong> racconta (I 24-26) che sotto il regno <strong>di</strong> Tullo Ostilio (VII a.C.)<br />

Roma e la vicina Alba Longa entrarono in guerra. Ma le due città<br />

con<strong>di</strong>videvano una sacra <strong>di</strong>scendenza che rendeva empio questo conflitto –<br />

Romolo e Remo erano figli <strong>di</strong> Rea Silvia, la quale era figlia <strong>di</strong> Amulio, re <strong>di</strong> Alba<br />

Longa – e per tale motivo i rispettivi sovrani decisero <strong>di</strong> affidare le sorti della<br />

guerra ad una sfida con la spada tra due gruppi <strong>di</strong> rappresentanti <strong>di</strong> ciascuna<br />

città: per Roma furono scelti gli Orazi (tre fratelli figli <strong>di</strong> Publio Orazio) e per<br />

Alba Longa i Curiazi (tre gemelli). Dopo il ferimento dei primi due Orazi, la<br />

vittoria sembrava sicura per Alba Longa, ma alla fine l’unico Orazio superstite<br />

riuscì a ribaltare le sorti del duello e a vincere. Così la città <strong>di</strong> Alba Longa fu<br />

sottomessa a Roma. <strong>La</strong> vicenda, però, ebbe anche un epilogo tragico: Camilla<br />

Orazia, promessa sposa ad uno dei Curiazi uccisi, rimproverò violentemente il<br />

fratello del delitto e questi la uccise.<br />

Riprende il racconto liviano, complicandone la trama, l’Horace <strong>di</strong> Pierre<br />

Corneille del 1640, trage<strong>di</strong>a in 5 atti. Mentre Tito <strong>Livio</strong> narra che la sorella<br />

dell'Orazio vittorioso era fidanzata a uno dei tre Curiazi uccisi, che il suo pianto<br />

per la per<strong>di</strong>ta dell'amato irritò il vincitore al punto ch'egli uccise anche lei e che<br />

Orazio fu graziato dal popolo per le implorazioni <strong>di</strong> suo padre, Corneille<br />

aggiunge un personaggio nuovo, e cioè la moglie <strong>di</strong> Orazio, sorella dei Curiazi.<br />

È lei l'eroina che, facendo forza al suo cuore <strong>di</strong> sorella, implora e ottiene dal re<br />

Tullo Ostilio la grazia per il marito. A questa trage<strong>di</strong>a si ispira l’opera lirica Gli


Orazi e i Curiazi (musiche <strong>di</strong> D. Cimarosa e libretto <strong>di</strong> A.S. Sografi) del 1796.<br />

Anche due famosi drammaturghi tedeschi presero spunto dal leggendario<br />

scontro per comporre due loro drammi: Heiner Muller(1929-1995) per il Der<br />

Horatier (1968-73) e Bertold Brecht (1898-1956) per uno dei suoi drammi<br />

<strong>di</strong>dattici, The Horatians and the Curatians (1934). Infine il compositore e<br />

<strong>di</strong>rettore d’orchestra Heiner Goebbels nel suo album Surrogate Cities (1994)<br />

de<strong>di</strong>ca tre canzoni all’episo<strong>di</strong>o leggendario (Rome and Alba, So that Blood<br />

Dropped to the Earth e Dwell Where the Dogs Dwell) riscrivendone, però, il<br />

finale, costituito dall’incoronazione e contemporanea esecuzione <strong>di</strong> Orazio.<br />

Un’intera sala dei musei Capitolini è de<strong>di</strong>cata ai protagonisti del leggendario<br />

scontro, la Sala degli Orazi e dei Curiazi, in cui sono presenti numerose opere<br />

del Cavalier d’Arpino (Giuseppe Cesari 1568-1640): Numa Pompilio istituisce il<br />

culto delle Vestali (1636-1640), il Ritrovamento della lupa (1595-1596), il Ratto<br />

delle Sabine (1636-1640) ed il Combattimento degli Orazi e Curiazi (1612-13).<br />

Cavalier d’Arpino, Combattimento degli Orazi e Curiazi (1612-13), affresco, Appartamento dei Conservatori, Sala degli Orazi e<br />

Curiazi, Musei Capitolini, Roma (tratto dal sito<br />

http://www.museicapitolini.org/percorsi/percorsi_per_sale/appartamento_dei_conservatori/sala_degli_orazi_e_curiazi/combattimento_d<br />

egli_orazi_e_curiazi).<br />

Il 25 marzo 1957 proprio in questa sala vennero firmati i trattati istitutivi della<br />

Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea per l’Energia


Atomica (EURATOM) ed il 29 ottobre 2004 venne firmata la fondamentale<br />

Costituzione Europea dei 25 stati: sala <strong>di</strong> antichi e moderni giuramenti…<br />

<strong>La</strong> ripresa forse più famosa dell’episo<strong>di</strong>o degli Orazi è quella del pittore<br />

francese David, che nel 1785 <strong>di</strong>pinse il meraviglioso Giuramento degli Orazi.<br />

Il <strong>di</strong>pinto raffigura il momento in cui i tre Orazi giurano <strong>di</strong> sacrificare la propria<br />

vita per la patria (momento che nel racconto <strong>di</strong> <strong>Livio</strong> è assente, ma si trova<br />

nell’Horace <strong>di</strong> Corneille). <strong>La</strong> scena è ambientata davanti ad un portico con tre<br />

archi, ognuno dei quali racchiude un gruppo <strong>di</strong> personaggi: i tre fratelli, il padre<br />

con le spade e le spose che piangono. L’opera venne da subito considerata<br />

come un’esaltazione del patriottismo e solo più tar<strong>di</strong> fu letta come portatrice <strong>di</strong><br />

messaggi rivoluzionari.<br />

J.-L. David, Il giuramento degli Orazi, 1785, olio su tela, 330 � 425 cm, Museo del Louvre, Parigi (tratto dal sito<br />

http://it.encarta.msn.com/me<strong>di</strong>a_461556438_761569719_-1_1/J_-L_David_Giuramento_degli_Orazi.html).<br />

Lo stupro <strong>di</strong> Lucrezia<br />

Tra i tanti personaggi che rappresentano un exemplum positivo per i Romani vi<br />

è sicuramente Lucrezia, moglie <strong>di</strong> Collatino, violentata da Sesto Tarquinio


(figlio <strong>di</strong> Tarquinio il Superbo), modello <strong>di</strong> pu<strong>di</strong>citia. <strong>Livio</strong> racconta nei p<strong>arti</strong>colari<br />

questa vicenda (I 57-59) non solo perché para<strong>di</strong>gmatica, ma anche perché ad<br />

essa è legata la cacciata <strong>di</strong> Tarquinio il Superbo da Roma ad opera dello<br />

stesso Collatino e del suo amico Lucio Giunio Bruto, futuri consoli della<br />

nascente res publica.<br />

[57, I] Ardeam Rutuli habebant, gens<br />

ut in ea regione atque in ea aetate<br />

<strong>di</strong>vitiis praepollens, eaque ipsa causa<br />

belli fuit, quod rex Romanus cum ipse<br />

<strong>di</strong>tari, exhaustus magnificentia<br />

publicorum operum, tum praeda<br />

delenire popularium animos studebat,<br />

[2] praeter aliam superbiam regno<br />

infestos etiam quod se in fabrorum<br />

ministeriis ac servili tam <strong>di</strong>u habitos<br />

opere ab rege in<strong>di</strong>gnabantur. [3]<br />

Temptata res est, si primo impetu capi<br />

Ardea posset; ubi id parum processit,<br />

obsi<strong>di</strong>one munitionibusque coepti<br />

premi hostes. [4] In his stativis, ut fit<br />

longo magis quam acri bello, satis<br />

liberi commeatus erant, primoribus<br />

tamen magis quam militibus; [5] regii<br />

quidem iuvenes interdum otium<br />

conviviis comissationibusque inter se<br />

terebant. [6] Forte potantibus his apud<br />

Sex. Tarquinium, ubi et Collatinus<br />

cenabat Tarquinius, Egerii filius,<br />

inci<strong>di</strong>t de uxoribus mentio; suam<br />

quisque laudare miris mo<strong>di</strong>s. [7] Inde<br />

certamine accenso Collatinus negat<br />

verbis opus esse: paucis id quidem<br />

horis posse sciri, quantum ceteris<br />

praestet Lucretia sua. "Quin, si vigor<br />

iuventae inest, conscen<strong>di</strong>mus equos<br />

invisimusque praesentes nostrarum<br />

[57, I] I Rutuli possedevano Ardea, città<br />

molto fiorente e ricca per quei tempi e per<br />

quelle contrade; e proprio questa era stata la<br />

causa della guerra, che il re <strong>di</strong> Roma,<br />

consumato il patrimonio <strong>nelle</strong> spese per le<br />

gran<strong>di</strong>ose opere pubbliche, cercava sia <strong>di</strong><br />

rinsanguare le sue sostanze, sia <strong>di</strong> placare<br />

con largizioni <strong>di</strong> bottino gli animi del popolo,<br />

avverso alla monarchia, [2] oltre che per<br />

l'arroganza tirannica <strong>di</strong> Tarquinio, anche<br />

perchè irritato <strong>di</strong> essere stato impiegato così<br />

a lungo dal re in mestieri da operaio e in<br />

lavori servili. [3] I Romani tentarono <strong>di</strong><br />

prendere Ardea subito d'assalto, ma essendo<br />

fallito il tentativo cominciarono a stringere i<br />

nemici d'asse<strong>di</strong>o costruendo opere <strong>di</strong><br />

fortificazione. [4] In questa vita <strong>di</strong><br />

accampamento, come suole avvenire <strong>nelle</strong><br />

guerre più lunghe che aspre, venivano<br />

facilmente concesse licenze, agli ufficiali più<br />

che ai soldati, [5] e i giovani figli del re<br />

spesso passavano il tempo in banchetti e<br />

gozzoviglie. [6] Una volta, mentre stavano<br />

bevendo nella tenda <strong>di</strong> Sesto Tarquinio, e<br />

partecipava al banchetto anche Collatino,<br />

figlio <strong>di</strong> Egerio, il <strong>di</strong>scorso cadde sulle mogli,<br />

e ciascuno celebrava la sua con le maggiori<br />

lo<strong>di</strong>. [7] Essendosi accesa la <strong>di</strong>scussione,<br />

Collatino <strong>di</strong>sse che le parole erano vane: in<br />

poche ore potevano rendersi conto <strong>di</strong> quanto<br />

la sua Lucrezia fosse superiore alle altre.


ingenia? Id cuique spectatissimum sit,<br />

quod in necopinato viri adventu<br />

occurrerit oculis". [8] Incaluerant vino;<br />

"Age sane!" omnes; citatis equis<br />

avolant Romam. Quo cum primis se<br />

intendentibus tenebris pervenissent,<br />

pergunt inde Collatiam, [9] ubi<br />

Lucretiam haudquaquam ut regias<br />

nurus, quas in convivio luxuque cum<br />

aequalibus viderant tempus terentes,<br />

sed nocte sera de<strong>di</strong>tam lanae inter<br />

lucubrantes ancillas in me<strong>di</strong>o ae<strong>di</strong>um<br />

sedentem inveniunt. [10] Muliebris<br />

certaminis laus penes Lucretiam fuit.<br />

Adveniens vir Tarquiniique excepti<br />

benigne; victor maritus comiter invitat<br />

regios iuvenes. Ibi Sex.Tarquinium<br />

mala libido Lucretiae per vim<br />

stuprandae capit; cum forma tum<br />

spectata castitas incitat. [11] Et tum<br />

quidem ab nocturno iuvenali ludo in<br />

castra redeunt.<br />

[58,1] Paucis interiectis <strong>di</strong>ebus Sex.<br />

Tarquinius inscio Collatino cum<br />

comite uno Collatiam venit. [2] Ubi<br />

exceptus benigne ab ignaris consilii<br />

cum post cenam in hospitale<br />

cubiculum deductus esset, amore<br />

ardens, postquam satis tuta circa<br />

sopitique omnes videbantur, stricto<br />

gla<strong>di</strong>o ad dormientem Lucretiam venit,<br />

sinistraque manu mulieris pectore<br />

"Siamo giovani e vigorosi: perchè non<br />

montiamo a cavallo e non an<strong>di</strong>amo a<br />

constatare coi nostri occhi la virtù delle<br />

nostre donne? <strong>La</strong> miglior prova per tutti sarà<br />

lo spettacolo che ci offriranno mentre non si<br />

aspettano l'arrivo del marito". [8] Riscaldati<br />

dal vino tutti gridano: "Benissimo, an<strong>di</strong>amo",<br />

e spronati i cavalli volano a Roma. Giunti<br />

qua al calar delle tenebre, si <strong>di</strong>rigono suc-<br />

cessivamente a Collazia, [9] dove trovano<br />

Lucrezia non trascorrere il tempo in<br />

banchetti e <strong>di</strong>vertimenti con le compagne,<br />

come avevano visto fare le nuore del re, ma a<br />

notte inoltrata intenta a filare la lana, seduta<br />

in mezzo alla casa tra le ancelle veglianti al<br />

lume <strong>di</strong> una lucerna. <strong>La</strong> palma <strong>di</strong> quella gara<br />

femminile toccò a Lucrezia. [10] Essa<br />

accoglie benevolmente il marito che giunge in<br />

casa e i Tarquini, e Collatino vincitore invita<br />

cortesemente i figli del re a trattenersi. Qui<br />

Sesto Tarquinio vien preso dalla brama <strong>di</strong> far<br />

violenza a Lucrezia: sono stimolo alla<br />

libi<strong>di</strong>ne sia la bellezza, e sia la provata<br />

pu<strong>di</strong>cizia. [11] Ma per allora dopo quel<br />

notturno svago giovanile ritornano nel<br />

campo.<br />

[58,1] Alcuni giorni dopo Sesto Tarquinio<br />

all'insaputa <strong>di</strong> Collatino si reca a Collazia<br />

con un solo uomo <strong>di</strong> scorta. [2] Quivi accolto<br />

benevolmente da quelli <strong>di</strong> casa, ignari del suo<br />

proposito, dopo la cena fu condotto nella<br />

stanza degli ospiti; quando, acceso dal<br />

desiderio, gli parve che tutto fosse tranquillo<br />

all'intorno e la casa fosse immersa nel sonno,<br />

impugnata la spada entrò dove Lucrezia<br />

dormiva, e con la sinistra ferma sul petto


oppresso "Tace, Lucretia" inquit:" Sex.<br />

Tarquinius sum; ferrum in manu est;<br />

moriere, si emiseris vocem". [3] Cum<br />

pavida ex somno mulier nullam opem,<br />

prope mortem imminentem videret,<br />

tum Tarquinius fateri amorem, orare,<br />

miscere precibus minas, versare in<br />

omnes partes muliebrem animum. [4]<br />

Ubi obstinatam videbat et ne mortis<br />

quidem metu inclinari, ad<strong>di</strong>t ad metum<br />

dedecus: cum mortua iugulatum<br />

servum nudum positurum ait, ut in<br />

sor<strong>di</strong>do adulterio necata <strong>di</strong>catur. [5]<br />

Quo terrore cum vicisset obstinatam<br />

pu<strong>di</strong>citiam velut victrix libido,<br />

profectusque inde Tarquinius ferox<br />

expugnato decore muliebri esset,<br />

Lucretia maesta tanto malo nuntium<br />

Romam eundem ad patrem<br />

Ardeamque ad virum mittit, ut cum<br />

singulis fidelibus amicis veniant; ita<br />

facto maturatoque opus esse; rem<br />

atrocem inci<strong>di</strong>sse. [6] Sp. Lucretius<br />

cum P. Valerio Volesi filio, Collatinus<br />

cum L. Iunio Bruto venit, cum quo<br />

forte Romam re<strong>di</strong>ens ab nuntio uxoris<br />

erat conventus. Lucretiam sedentem<br />

maestam in cubicolo inveniunt. [7]<br />

Adventu suorum lacrimae obortae,<br />

quaerentique viro " Satin salve?"<br />

"Minime" inquit;"quid enim salvi est<br />

mulieri amissa pu<strong>di</strong>citia? Vestigia viri<br />

alieni, Collatine, in lecto sunt tuo;<br />

ceterum corpus est tantum violatum,<br />

animus insons; mors testis erit. Sed<br />

date dexteras fidemque haud impune<br />

adultero fore. [8] Sex. est Tarquinius,<br />

della donna <strong>di</strong>sse:"Taci, Lucrezia: sono Sesto<br />

Tarquinio; ho in mano la spada: se man<strong>di</strong> un<br />

grido sei morta". [3] Mentre la donna<br />

sorpresa nel sonno e impaurita non scorge<br />

aiuto in alcuna parte, ma solo la morte starle<br />

sul capo, Tarquinio le <strong>di</strong>chiara il suo amore,<br />

la supplica, unisce alle preghiere le minacce,<br />

con ogni mezzo tenta l'animo della donna. [4]<br />

Quando la vide ostinata non piegarsi neppure<br />

<strong>di</strong>nanzi alla minaccia <strong>di</strong> morte, aggiunge alla<br />

paura il <strong>di</strong>sonore: <strong>di</strong>ce che avrebbe posto<br />

vicino al suo cadavere uno schiavo nudo<br />

sgozzato, perchè la credessero uccisa in<br />

vergognoso adulterio. [5] Vinta con questa<br />

minaccia l'ostinata pu<strong>di</strong>cizia, la libi<strong>di</strong>ne fu in<br />

apparenza vincitrice, e Tarquinio se ne partì<br />

fiero <strong>di</strong> aver espugnato l'onore <strong>di</strong> una donna;<br />

frattanto Lucrezia dolente per tanta sventura<br />

mandò un messaggero a Roma presso il<br />

padre e ad Ardea dal marito, pregandoli <strong>di</strong><br />

venire coll'amico più fido: la cosa era<br />

necessaria e urgente perchè era capitata<br />

un'orribile sciagura. [6] Spurio Lucrezio<br />

andò accompagnato da Publio Valerio, figlio<br />

<strong>di</strong> Voleso, e Collatino da Lucio Giunio Bruto,<br />

col quale per caso si trovava mentre<br />

recandosi a Roma si era imbattuto nel<br />

messaggero della moglie. Trovano Lucrezia<br />

seduta mesta nella sua stanza. [7] All'arrivo<br />

dei suoi cari le spuntano le lacrime, e alla<br />

domanda del marito "Va tutto bene?". "No",<br />

rispose;"qual bene infatti rimane ad una<br />

donna quando sia perduto l'onore ? Nel tuo<br />

letto, o Collatino, vi sono le impronte <strong>di</strong> un<br />

altro uomo; però solo il corpo è stato violato,<br />

l'animo è innocente: la morte ne sarà la<br />

prova. Ma datemi la mano e la parola che


qui hostis pro hospite priore nocte vi<br />

armatus mihi sibique, si vos viri estis,<br />

pestiferum hinc abstulit gau<strong>di</strong>um". [9]<br />

Dant or<strong>di</strong>ne omnes fidem; consolantur<br />

aegram animi avertendo noxam ab<br />

coacta in auctorem delicti: mentem<br />

peccare, non corpus, et unde consilium<br />

afuerit culpam abesse. [1O] "Vos"<br />

inquit "videritis quid illi dabeatur: ego<br />

me etsi peccato absolvo, supplicio non<br />

libero; nec ulla deinde impu<strong>di</strong>ca<br />

Lucretiae exemplo vivet ". [11]<br />

Cultrum, quem sub veste ab<strong>di</strong>tum<br />

habebat, eum in corde defigit,<br />

prolapsaque in vulnus moribunda<br />

ceci<strong>di</strong>t. [I2] Conclamat vir paterque.<br />

[59,1] Brutus, illis luctu occupatis,<br />

cultrum ex vulnere Lucretiae<br />

extractum manantem cruore prae se<br />

tenens," Per hunc" inquit "castissimum<br />

ante regiam iniuriam sanguinem iuro,<br />

vosque, <strong>di</strong>i, testes facio me<br />

L.Tarquinium Superbum cum scelerata<br />

coniuge et omni liberorum stirpe ferro,<br />

igni, quacumque dehinc vi possim<br />

exsecuturum, nec illos nec alium<br />

quemquam regnare Romae passurum".<br />

[2] Cultrum deinde Collatino tra<strong>di</strong>t,<br />

inde Lucretio ac Valerio, stupentibus<br />

miraculo rei, unde novum in Bruti<br />

pectore ingenium. Ut praeceptum erat<br />

iurant; totique ab luctu versi in iram,<br />

Brutum iam inde ad expugnandum<br />

l'adultero non sarà impunito. [8] È Sesto<br />

Tarquinio, che da ospite <strong>di</strong>venuto nemico la<br />

notte scorsa con la violenza e con le armi ha<br />

colto qui un piacere esiziale per me, ma<br />

anche per lui, se voi siete uomini". [9] Tutti<br />

uno dopo l'altro dànno la loro parola, e<br />

cercano <strong>di</strong> consolare l'afflitta riversando ogni<br />

colpa da lei costretta sull'autore del misfatto:<br />

solo l'anima può peccare, non il corpo, e la<br />

colpa manca dove sia mancata la volontà.<br />

[10] "A voi", rispose, "spetterà il giu<strong>di</strong>care<br />

qual pena a colui sia dovuta; quanto a me, se<br />

anche mi assolvo dal peccato, non mi<br />

sottraggo alla pena: nessuna donna in futuro<br />

vivrà <strong>di</strong>sonorata seguendo l'esempio <strong>di</strong><br />

Lucrezia". [11] Si infisse nel cuore un coltello<br />

che teneva celato sotto la veste, e abbattutasi<br />

morente sulla ferita cadde al suolo. [12] Il<br />

marito e il padre levano alte grida.<br />

[59,1] Mentre quelli si abbandonano al<br />

dolore, Bruto estratto dalla ferita <strong>di</strong> Lucrezia<br />

il coltello grondante sangue e tenendolo<br />

davanti a sé <strong>di</strong>ce:"Per questo sangue,<br />

castissimo prima del regio oltraggio, giuro e<br />

invoco voi a testimoni, o déi, che caccerò col<br />

ferro, col fuoco, e con qualunque altro mezzo<br />

mi sia possibile Lucio Tarquinio Superbo,<br />

insieme alla scellerata consorte e a tutta la<br />

<strong>di</strong>scendenza dei figli, né sopporterò che<br />

costoro od alcun altro regni in Roma ". [2]<br />

Consegna poi il coltello a Collatino, e<br />

successivamente a Lucrezio e a Valerio,<br />

stupefatti per quel miracolo, che si<br />

chiedevano donde mai nascesse quel nuovo<br />

animo nel petto <strong>di</strong> Bruto. Giurano come loro<br />

era stato prescritto, e dal dolore passati


egnum vocantem sequuntur ducem.<br />

[3] Elatum domo Lucretiae corpus in<br />

forum deferunt concientque miraculo,<br />

ut fit, rei novae atque in<strong>di</strong>gnitate<br />

homines. Pro se quisque scelus regium<br />

ac vim queruntur. [4] Movet cum<br />

patris maestitia, tum Brutus castigator<br />

lacrimarum atque inertium<br />

querellarum auctorque, quod viros,<br />

quod Romanos deceret, arma capien<strong>di</strong><br />

adversus hostilia ausos. [5]<br />

Ferocissimus quisque iuvenum cum<br />

armis volun tarius adest; sequitur et<br />

cetera iuventus. Inde praesi<strong>di</strong>o relicto<br />

CoIIatiae ad portas custo<strong>di</strong>busque<br />

datis, ne quis eum motum regibus<br />

nuntiaret, ceteri armati duce Bruto<br />

Romam profecti. [6] Ubi eo ventum<br />

est, quacumque ince<strong>di</strong>t armata multitudo<br />

pavorem ac tumuItum facit;<br />

rursus ubi anteire primores civitatis<br />

vident, quidquid sit, haud temere esse<br />

rentur. [7] Nec minorem motum<br />

animorum Romae tam atrox res facit<br />

quam CoIlatiae fecerat. Ergo ex<br />

omnibus locis urbis in forum curritur.<br />

Quo simul ventum est, praeco ad<br />

tribunum celerum, in quo tum<br />

magistratu forte Brutus erat, populum<br />

advocavit. [8] Ibi oratio habita<br />

nequaquam eius pectoris ingeniique<br />

quod simuIatum ad eam <strong>di</strong>em fuerat,<br />

de vi ac Iibi<strong>di</strong>ne Sex. Tarquinii, de<br />

stupro infando Lucretiae et miserabiIi<br />

caede, de orbitate Tricipitini, cui morte<br />

fiIiae causa mortis in<strong>di</strong>gnior ac<br />

miserabiIior esset. [9] Ad<strong>di</strong>ta superbia<br />

interamente all'ira seguono la guida <strong>di</strong> Bruto<br />

che già li invita a dar l'assalto al regno. [3]<br />

Portato fuori della casa il corpo <strong>di</strong> Lucrezia<br />

lo espongono nel foro, e accendono gli animi<br />

del popolo, come suole avvenire, con lo<br />

stupore e l'in<strong>di</strong>gnazione per l'inau<strong>di</strong>to<br />

misfatto: ciascuno per parte sua deplora la<br />

scellerata violenza della stirpe regia. [4] Li<br />

commuovono sia il dolore del padre, sia le<br />

parole <strong>di</strong> Bruto che biasima i pianti ed i vani<br />

lamenti, e li esorta ad agire come si conviene<br />

a uomini ed a Romani, prendendo le armi<br />

contro chi si è comportato da nemico. [5]<br />

Tutti i giovani più animosi si presentano<br />

volontari con le armi; gli altri seguono il loro<br />

esempio. Quin<strong>di</strong>, lasciato un presi<strong>di</strong>o a<br />

Collazia e poste senti<strong>nelle</strong> alle porte per<br />

evitare che qualcuno porti la notizia della<br />

sommossa al re, gli altri armati agli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

Bruto partono per Roma. [6] Appena giunta<br />

colà, ovunque avanza quella turba armata<br />

getta lo scompiglio e la paura; ma quando<br />

poi i Romani vedono che marciano alla testa i<br />

migliori fra i citta<strong>di</strong>ni, pensano che non si<br />

tratti <strong>di</strong> un gesto sconsiderato qualunque ne<br />

sia la causa. [7] Un misfatto così esecrando<br />

desta non minor emozione a Roma che a<br />

Collazia: da tutte le p<strong>arti</strong> della citta si<br />

accorre al foro. Come si giunse qua il<br />

ban<strong>di</strong>tore convocò l'assemblea popolare in<br />

nome del comandante della cavalleria, carica<br />

che Bruto allora rivestiva. [8] Egli tenne qui<br />

un <strong>di</strong>scorso che non pareva affatto proprio <strong>di</strong><br />

quell'animo e <strong>di</strong> quell'ingegno che aveva<br />

simulato fino a quel giorno: ricordò la<br />

violenza e la libi<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Sesto Tarquinio, il<br />

nefando oltraggio e la pietosa fine <strong>di</strong>


ipsius regis miseriaeque et Iabores<br />

plebis in fossas cloacasque<br />

exhauriendas demersae; Romanos<br />

homines, victores omnium circa<br />

populorum, opifices ac lapicidas pro<br />

bellatoribus factos. [1O] In<strong>di</strong>gna Servi<br />

TuIIi regis memorata caedes et invecta<br />

corpori patris nefando vehiculo fiIia,<br />

invocatique ultores parentum <strong>di</strong>i. [11]<br />

His atrocioribusque, credo, aliis, quae<br />

praesens rerum in<strong>di</strong>gnitas<br />

haudquaquam relatu scriptoribus<br />

facilia subicit, memoratis, incensam<br />

multitu<strong>di</strong>nem perpulit ut imperium<br />

regi abrogaret exulesque esse iuberet<br />

L. Tarquinium cum coniuge ac Iiberis.<br />

[12] Ipse iunioribus qui ultro nomina<br />

dabant lectis armatisque, ad<br />

concitandum inde adversus regem<br />

exercitum Ardeam in castra est<br />

profectus; imperium in urbe Lucretio,<br />

praefecto urbis iam ante ab rege<br />

instituto, relinquit. [13] Inter hunc<br />

tumultum Tullia domo profugit,<br />

exsecrantibus quacumque incedebat,<br />

invocantibusque parentum furias viris<br />

mulieribusque.<br />

Lucrezia l'orbità <strong>di</strong> Tricipitino, cui la causa<br />

della morte della figlia era ancor più dura e<br />

lacrimevole della morte stessa. [9] Parlò poi<br />

della tirannia del re, delle miserie e delle<br />

fatiche della plebe sprofondata a scavare<br />

fosse e cloache: gli uomini <strong>di</strong> Roma, vincitori<br />

<strong>di</strong> tutti i popoli vicini, erano stati ridotti a<br />

fare i muratori e gli scalpellini, da guerrieri<br />

che erano. [10] Ricordò ancora l'infame<br />

uccisione del re Servio Tullio, la figlia che<br />

era passata coll'empio cocchio sul corpo del<br />

padre ed invocò le <strong>di</strong>vinità ven<strong>di</strong>catrici dei<br />

genitori. [11] Con questi argomenti, e, credo,<br />

con altri anche più forti, che l'in<strong>di</strong>gnazione<br />

del momento suggeriva, ma che non è facile<br />

agli storici tramandare esattamente,<br />

infiammò la folla, e la indusse a privare il re<br />

del potere e ad intimare l'esilio a Lucio<br />

Tarquinio insieme con la moglie ed i figli.<br />

[12] Bruto stesso, arruolati ed armati i<br />

giovani che si offrivano volontari, partì per il<br />

campo <strong>di</strong> Ardea con l'intenzione <strong>di</strong> sollevare<br />

contro il re l'esercito; lasciò il potere in<br />

Roma a Lucrezio, che già prima era stato<br />

nominato dal re governatore della città. [13]<br />

Allo scoppio della sommossa Tullia fuggì<br />

dalla reggia, e dovunque passava uomini e<br />

donne la male<strong>di</strong>cevano e invocavano su <strong>di</strong> lei<br />

le furie ven<strong>di</strong>catrici del padre.<br />

(Trad. L. Perelli)<br />

L’episo<strong>di</strong>o liviano godette <strong>di</strong> molta <strong>fortuna</strong>, non soltanto nella letteratura.<br />

William Shakespeare nel 1594, ancora molto giovane, scrisse un poemetto<br />

narrativo incentrato sulla nobildonna romana, The rape of Lucretia. Inoltre fu<br />

protagonista <strong>di</strong> un’opera lirica <strong>di</strong> B. Britten su libretto <strong>di</strong> R. Duncan, The rape of<br />

Lucretia (1946).


Suggestionò anche alcuni pittori:<br />

Sandro Botticelli (1445-1510) raffigurò alcune scene della vicenda <strong>di</strong> Lucrezia:<br />

in questo <strong>di</strong>pinto ve<strong>di</strong>amo l’aggressione della matrona ad opera <strong>di</strong> Sesto<br />

Tarquinio, il suici<strong>di</strong>o e, nella scena centrale, Bruto che, sotto una colonna<br />

marmorea sovrastata da un David e sopra il cadavere <strong>di</strong> Lucrezia, incita i<br />

soldati alla rivolta che dalla monarchia porterà alla repubblica.<br />

S. Botticelli, Storie <strong>di</strong> Lucrezia, 1500-1504, tempera su tavola, cm 80 x 130, Isabel Stewart Gardner Museum,<br />

Boston (tratto dal sito http://www.centrumlatinitatis.org/atrium/Didattica/donne.doc).<br />

Tiziano (1490-1576) ritrasse il momento della minaccia <strong>di</strong> morte prima dello<br />

stupro.<br />

Tiziano, Tarquinio e Lucrezia, olio su tela, 1571, Cambridge, Fitzwilliam Museum (tratto dal sito<br />

http://it.wikipe<strong>di</strong>a.org/wiki/Lucrezia_%28Roma%29).


Biagio <strong>di</strong> Antonio Tucci (1496-1508 ?) rappresentò sul fronte <strong>di</strong> due cassoni,<br />

preparati probabilmente per il corredo <strong>di</strong> una nobile fanciulla, il banchetto <strong>di</strong><br />

Tarquinio e gli episo<strong>di</strong> dell'oltraggio a Lucrezia, del suici<strong>di</strong>o della donna e dei<br />

suoi funerali.<br />

Biagio <strong>di</strong> Antonio Tucci, Le storie <strong>di</strong> Lucrezia (p<strong>arti</strong>colare), tempere su tavola, Galleria G. Franchetti alla Ca’<br />

d’Oro, Cannaregio, Venezia (tratto dal sito http://www.<strong>arti</strong>ve.beniculturali.it/).<br />

L’epopea dell’attraversamento delle Alpi<br />

Il famosissimo episo<strong>di</strong>o della seconda guerra punica, l’attraversamento delle<br />

Alpi con gli elefanti narrato da <strong>Livio</strong> nel XXI libro, costituisce il soggetto della<br />

decorazione della sala <strong>di</strong> Annibale, che si trova nel palazzo dei Conservatori<br />

presso i Musei Capitolini a Roma.<br />

Jacopo Ripanda (inizio XVI sec.), Annibale in Italia, Appartamento dei conservatori – Sala <strong>di</strong> Annibale, Musei Capitolini, Roma<br />

(tratto dal sito http://www.museicapitolini.org/).


In quest’opera giovanile <strong>di</strong> Goya, il generale africano, quasi sorretto dal suo<br />

aiutante a cavallo ed aiutato dal genio alato della Vittoria alle sue spalle,<br />

ammira con la mano sulla visiera dell’elmo il panorama alpino e rivolge lo<br />

sguardo per la prima volta verso le terre italiche.<br />

Francisco Goya (1746-1828), Annibale che scorge le terre italiche per la prima volta, 1771 (tratto dal sito<br />

http://www.scuolainsiemeweb.it/segnalazioni/eventi/2006/goya/goya.htm).

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