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31 agosto 2008 - Il Centro don Vecchi

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12colo, userei soltanto un’altra frase diClaudel, un “pendant” della citazioneiniziale. <strong>Il</strong> coraggioso Anna Vercorsusa questa sequenza di domande persintetizzare un’evidenza che non erastato capace di cogliere e che ha vistonella vita della fi glia perduta: “E chevale la vita se non per essere data?E perché tormentarsi quando è cosìsemplice obbedire?” (Paul Claudel,L’Annuncio a Maria, Atto IV, scena V).Gianluca Faso<strong>Il</strong> quinto VANGELO<strong>Il</strong> Vangelo viene completato ogni giorno ed in ogni terra mediante le vite e leopere degli uomini migliori, ed in linea con la proposta di GesùUN MIRACOLO DEL PROF. RAMAGesù, al tempo della sua vitaterrena guariva direttamente gliammalati che ricorrevano a Lui.Oggi non è che non li faccia più imiracoli, ma si serve di professionistiseri, preparati, disinteressatie con spirito di sacrificioe di generosità. Vi presentiamouno dei seimila miracoli che Cristoha fatto a Mestre medianteil suo discepolo prof. GiovanniRama.UN “MIRACOLO” DEL PROF. RAMANicolino Ambrosiani direttore di bancadi Roma, non riusciva più a firmarei documenti, ed era già diretto a Barcellona.«Entravo nello studio di Rama, esenza neanche sentirlo parlare avevogià deciso: mi sarei fatto operareda lui. E dire che la visita - raccontaoggi Nicolino, a distanza di vent’anni- non durò più di 5 minuti». Mai lasciarsiingannare dai nomi. NicolinoAmbrosini, uomo di bella presenzae di robusta statura, 58 anni, nato aPescara e romano d’adozione, era ancheallora uno stimato professionistacon una vita molto attiva e densa diresponsabilità, direttore di un istitutodi credito. «Scoprii il mio stato disalute casualmente, accompagnandomia moglie ad una visita». Fu lì chescoprì la propria malattia: «Cheratocono?Ma che significava? Pian pianomi sono acculturato - continua Nicolino- ho deciso di capire di che cosasi trattasse. Avevo deciso di andaread operarmi a Barcellona, sennonchémio fratello anestesista mi telefonòdicendo che diversi pazienti eranoandati a Mestre.Avevo fatto tante visite a Roma, manon mi sentivo tranquillo. <strong>Il</strong> 13 dicembredell’87, il giorno di Santa Lucia,venni qui a Mestre per la primavolta».Fu proprio quello il giorno dell’incontrocon il prof. Giovanni Rama. «Lovidi, e mi ispirò subito fiducia. Sintetico,mi spiegò tecnicamente l’intervento,e poi conobbi una signora“molto antipatica”...» racconta Nicolinoridendo e strizzando l’occhio aLucia Trevisiol, infermiera caporepartoe “angelo custode” di moltissimipazienti che in quegli anni si affidavanoalle mani del professore.«Avevo un cheratocono fulminante infase perforante, continuavo a fare ilmio lavoro, ma non riuscivo più a firmarei documenti.<strong>Il</strong> mio stato di salute peggiorava dimolto e molto in fretta. <strong>Il</strong> 1° maggiodell’89 Lucia mi chiamò al telefono».<strong>Il</strong> giorno della Festa dei Lavoratorinon pareva una data delle più rassicurantiper sottoporsi ad un interventochirurgico: «Non ci avrei sperato.Quando sono arrivato in reparto diprimo acchito mi sono chiesto: masono davvero in Italia? Arrivai e fecitutta la parte clinica: analisi, torace,tutto quello che serviva. Due oredopo ero pronto per entrare in sala».Fu un disguido a far rimandare l’interventoal giorno dopo: «Lasciaronoche mia moglie, quella notte, dormissein camera con me. Quando sono arrivatoqui a Mestre non vedevo nulla,avevo una lacrimazione forte. Mi operaronoe poi mi tennero a letto pertre o quattro giorni. Quel ricovero,tuttavia, mi sembrò quasi un day hospital».<strong>Il</strong>trapianto andò a buon fine.Due anni dopo, fu la volta dell’altroocchio.<strong>Il</strong> percorso del signor Ambrosini perònon finì lì. <strong>Il</strong> suo fu uno dei casi, inrealtà piuttosto rari, in cui si presentòda una parte l’opacizzazione deltessuto cornea le, e dall’altra il rigetto.L’ultimo intervento di Nicolinorisale infatti appena al maggio delloscorso anno.«Ma quello che mi resta dentro, nonostantetutto, è la sensazione di ritornarea vedere.lo debbo dire grazie a questa struttura,a Lucia, e al prof. Rama.La preghierina della sera la facciosempre per coloro che hanno <strong>don</strong>ato.Vivo ancora a Roma, ma appenac’è un problema piglio e vengo a Mestre».«Con Rama, questo posto mi ha ridatola vista» dice oggi Nicolino, guardandosiattorno nel reparto di oculisticadi Mestre. «Questa è diventata la miaseconda casa».“IL SAMARITANO“ E GLI ALTRI!Tutticonoscono il sogno el’impegno della FondazioneCarpinetum di creare vicinoal nuovo “ospedale dell’Angelo”una struttura di una trentina distanze, con sala soggiorno, salada pranzo, lavanderia, parcheggioecc… per ospitare i familiari provenientida regioni lontane e peroffrire ospitalità ad ammalati, chepur dimessi abbiano bisogno di rimanerea Mestre per ulteriori terapiee visite.Tutto era stato definito: il comunemediante l’Ive era disposto a darcicinquemila metri di terreno in convenzionel’assessore all’urbanisticaaveva assicurato il suo consenso esoprattutto il Sindaco era convintoad appoggiare decisamente lastruttura di cui sono forniti i principaliospedali dell’alta Italia.Sennonché il dottor Padovan, direttoredella Ulss 12 è intervenutoimprovvisamente chiedendo al sindacodi acquistare l’intera area vicinaall’ospedale per realizzare unprogetto unitario che tenga contodi tutte le esigenze connesse allastruttura ospedaliera. Per ottenereil consenso del sindaco e della Regiones’è impegnato di costruire luistesso la struttura di accoglienza edi affidarne la gestione alla nostraFondazione a costo zero perchéesso potesse mettere in atto l’iniziativaumanitaria.<strong>Il</strong> dottor Padovan affermava che luiera in grado di far prima di quantonon saremmo stati capaci di farnoi. Scrissi una prima volta al dottorPadovan perché non ci fosseropoi equivoci di sorta. Non ricevettirisposta. Gli telefonai per saperecome stessero andando avanti lecose perché qualche articolo sullastampa cittadina dava quasiper fatta la struttura. Mi risposealla Garibaldi “Stiamo lavorando”.Chiesi ad un amico di fare una verifica,e costui mi rassicurò che l’iterstava facendo il suo corso.Ora l’Umberto 1° e definitivamentechiuso e l’ospedale dell’Angeloaperto, ci auguriamo quindi chequanto prima si apra il cantiere per“<strong>Il</strong> Samaritano”. La nostra iniziativa,però, apprendiamo che è giàsuperata dalla vicina Padova ovenon solo si da ospitalità ai familiariche giungono da lontano, ma siorganizzano perfino i “Viaggi dellasperanza”.La nostra città e la nostra Chiesasono ancora una volta “gli ultimi”della classe. Triste primato!La Redazione

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