12.07.2015 Views

Omelia del Rettore Magnifico

Omelia del Rettore Magnifico

Omelia del Rettore Magnifico

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Ufficio Promozione e Sviluppo <strong>del</strong>la ComunicazioneUfficio Promozione e Sviluppo<strong>del</strong>la ComunicazioneChiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio – Roma, 8 ottobre 2012SOLENNE INAUGURAZIONEDELL’ANNO ACCADEMICO 2012-2013“Sentire e capire. Con occhi plasmati dalla carità” (Lc 10,25-37)<strong>Omelia</strong> <strong>del</strong> <strong>Rettore</strong> <strong>Magnifico</strong>P. François-Xavier Dumortier, S.I.Il dottore <strong>del</strong>la Legge ha rivolto a Gesù una domanda che, espressa o no, è probabilmente tra le piùimportanti: «Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù non risponde direttamente, ma lorinvia alla Legge: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta latua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».Si tratta di amare.Si tratta di amare il Dio invisibile e il prossimo che può essere visto. Si tratta di amare per vivere evivere una vita che non finisce. Si tratta di non separare due amori così intimamente vincolati da essereindissociabili: l’amore di Dio e l’amore <strong>del</strong> prossimo.Allora possiamo sentire e capire la posta in gioco <strong>del</strong>la questione <strong>del</strong> dottore <strong>del</strong>la Legge: «Chi èmio prossimo?».Questa seconda domanda non è meno importante <strong>del</strong>la prima: è una questione mai conclusa chetormenterà fino alla fine chiunque deve e vuole assumere le sue responsabilità nei confronti degli altri.Nel racconto di Gesù ci sono quattro personaggi: l’uomo caduto nelle mani dei briganti, lasciato mezzomorto sul ciglio <strong>del</strong>la strada; il sacerdote e il levita che guardano e passano oltre; e uno straniero, unSamaritano, che vede, si ferma e si avvicina...Non spetta a noi giudicare il comportamento <strong>del</strong>l’uno o <strong>del</strong>l’altro, ma è importante sentire e capirecome questa storia ci tocca al cuore <strong>del</strong>la nostra vita. Infatti ci sarà sempre sul ciglio <strong>del</strong>le nostre vieuna persona che è stata vittima <strong>del</strong>la violenza o <strong>del</strong>la calunnia, derubata dei suoi soldi o <strong>del</strong>la suareputazione, lasciata sola e abbandonata... specialmente quando questa persona non ha i mezzi per farsisentire e vedere. E dunque rimane invisibile. Ci sarà sempre, vicino a noi, una persona che guardiamosenza vederla, che incrociamo senza spendere il tempo di fermarci, che sta alla nostra mercé perchédipende dalla nostra sollecitudine e dalla nostra cura. Il suo destino e la sua vita stanno nelle nostremani, ma la chiusura interna degli occhi e <strong>del</strong> cuore può non permettere di fare il primo passo e ilprimo gesto.Pontificia Università Gregoriana Piazza <strong>del</strong>la Pilotta, 4 00187 ROMADr. Paolo Pegoraro: 06 6701 5634 342 5401 898 info-gregoriana@unigre.it


Ufficio Promozione e Sviluppo <strong>del</strong>la ComunicazioneCi sarà sempre l’uomo ignoto, e dapprima saremo inclini ad evitare questa persona che ha <strong>del</strong>leaspettative nei nostri confronti. Non c’è bisogno di cercarla lontano, perché la sua presenza si impone...Ma nel nostro mondo globalizzato si corre sempre più il rischio di sentirsi virtualmente presente al piùlontano, ma di essere assente per il più vicino. E possiamo ricordarci ciò che Papa Benedetto XVI hascritto nella Sua enciclica Caritas in Veritate: «la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma nonci rende fratelli» (§19). Non mancheranno mai queste persone e questi gruppi che si trovano sul nostrocammino: avranno spesso il volto <strong>del</strong>l’evento imprevisto che disorganizza e mette tutto sottosopra sianella nostra vita personale, sia nella vita <strong>del</strong>le nostre istituzioni. È ciò che fa anche il Signore quando sisvela nella nostra storia ed entra nella nostra vita.Alla questione: «Chi è il mio prossimo?», non c’è una risposta di tipo sociologico: non si tratta di un“sapere sicuro” perché provato. Si tratta di un atteggiamento di base, perché la presenza viva <strong>del</strong>l’altrodipende dalla mia attenzione, discreta e vigile. Infatti si può guardare senza vedere, sentire la voce senzaascoltare il lamento, passare da questo luogo senza fermarsi un attimo, stare qui senza avere coscienza<strong>del</strong>l’appello spesso silenzioso che si indirizza a me, cioè alla mia responsabilità.Non c’è un prossimo dove non c’è responsabilità nei confronti di ogni essere umano nella sua fragilitàe nella sua vulnerabilità. La nostra attenzione all’altro richiede questi occhi <strong>del</strong> cuore che permettano discoprire le sofferenze più nascoste allo sguardo veloce e superficiale. Quando qualcuno vuole sottrarsi aquesto appello, che viene non dall’esterno di sé, ma piuttosto dall’intimo <strong>del</strong> suo essere, rischia di perderedi vista la sua stessa umanità. Al contrario, chi trova il tempo di vedere e fasciare le ferite <strong>del</strong>l’altro, sapràtrovare il tempo per curare quella parte ferita di sé che invoca tanto la propria compassione quanto lamisericordia degli altri. Chi sa chinarsi verso l’uno potrà guardare gli altri diritto negli occhi. Allora ilSamaritano non è soltanto un “personaggio” di questo racconto: è la figura commovente di chi, venendoda altrove, si lascia disturbare dalla persona sconosciuta che ha bisogno di lui, qui e adesso. È la figura dichi non ha paura di oltrepassare le barriere nazionali, culturali e religiose, perché le esigenze <strong>del</strong>lagiustizia e <strong>del</strong>la solidarietà sono e saranno sempre prioritarie.La prossimità non ha origine da uno stato di fatto: è l’atteggiamento di chi si fa prossimo in opere.Come dice Sant’Ignazio di Loyola, «l’amore si deve porre più nelle opere che nelle parole» (EserciziSpirituali, n. 230). La prossimità è ciò che la carità crea al di là di quello che allontana e separa. Affinchéi nostri occhi siano plasmati dalla carità e possano vedere, si deve tenere sgombro quello spazio intimoche viene liberato dall’amore di sé. Esso è lo spazio proprio <strong>del</strong>l’altro e di Dio all’interno <strong>del</strong> cuore, luogodi ascolto e di adorazione di Dio, luogo di accoglienza e di incontro <strong>del</strong>l’altro. Infatti, un cuore di pietra èchiuso alla Parola di Dio e alla presenza <strong>del</strong>l’altro, mentre un cuore che si apre alla Parola di Dio avràorecchie per la voce <strong>del</strong>l’altro. E un cuore che si apre alla presenza <strong>del</strong>l’altro si trova misteriosamenteorientato verso l’ora di Dio per lui e diventa ogni giorno più capace di accogliere il Signore stesso.La carità fa crollare i limiti, i muri e quelle chiusure mentali che sono le più difficili da superare: lacarità allarga il cuore e per questo la nostra visione <strong>del</strong> mondo, <strong>del</strong>la storia e <strong>del</strong>la gente. Questo“allargamento interiore” che spalanca gli orizzonti non si accresce senza l’umiltà <strong>del</strong> Samaritano che siprende cura <strong>del</strong>l’uomo ferito, lo porta in un albergo e paga tutto ciò che sarà speso senza fare rumore: allagenerosità non piacciono le campane <strong>del</strong>la notorietà. Essa si fa discreta, come l’umiltà, <strong>del</strong>la quale Padrede Lubac disse: «Il cristianesimo ha fatto <strong>del</strong>l’umiltà forse più di una virtù, il suo modo proprio e il suoritmo, il suo gusto segreto, il suo atteggiamento esterno e profondo, carnale e spirituale». Eprobabilmente abbiamo e avremo bisogno di un tale atteggiamento nella nostra vita universitaria: unatteggiamento che unisce e lega generosità e umiltà, cura <strong>del</strong> prossimo e desiderio di conoscere piùintimamente il Signore per amarli e servirli «con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tuttaPontificia Università Gregoriana Piazza <strong>del</strong>la Pilotta, 4 00187 ROMADr. Paolo Pegoraro: 06 6701 5634 342 5401 898 info-gregoriana@unigre.it


Ufficio Promozione e Sviluppo <strong>del</strong>la Comunicazionela nostra forza e con tutta la nostra mente». Infatti una Università non è un luogo fuori dal mondo: unaUniversità come la nostra è uno spazio dove l’attenzione per gli altri, la <strong>del</strong>icatezza <strong>del</strong>la carità, la cura eil sostegno dei più fragili, l’ospitalità di ciascuno e di tutti si impongono. Come tutti noi sappiamo, illavoro <strong>del</strong>l’intelligenza non chiude, ma apre le porte <strong>del</strong> cuore e <strong>del</strong>la mente alla misericordia e alla bontàche testimoniano il nostro impegno di discepoli di Cristo.La domanda rivolta a Gesù riguardava la vita eterna, quella vita che inizia nel nostro modo di farciprossimi a coloro che il Signore ha messo e mette sul nostro cammino. In questo brano <strong>del</strong> Vangelo,Gesù ci mostra che i due amori – l’amore di Dio e l’amore <strong>del</strong> prossimo – non sono distanti l’unodall’altro, non sono separabili. Il desiderio ardente di Dio è ascolto di un appello che viene da più lontanodi noi stessi, apre l’uomo all’altro – e la nostra prossimità a coloro che il Signore ha amato fino alla fineapre la via alla comprensione <strong>del</strong> “Verbo che si è fatto carne” (Gv 1,14). Due comandamenti: due“amami” che risuonano nelle nostre vite… due comandamenti che si incrociano e si legano sulla Croce<strong>del</strong> Signore risorto.La vita eterna si svela come l’amore senza fine.Pontificia Università Gregoriana Piazza <strong>del</strong>la Pilotta, 4 00187 ROMADr. Paolo Pegoraro: 06 6701 5634 342 5401 898 info-gregoriana@unigre.it

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!