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L'adolescenza una sfida per la psicoterapia - Università degli Studi ...

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chiamava inner turmoil , rappresentata dai sentimenti di tristezza e disistima, assai comune tra gliadolescenti.In questo senso, mi sembra condivisibile quanto osserva Novelletto (1986) che di fronteall’ormai inf<strong>la</strong>zionato concetto di crisi propone di adottare quello di arresto di sviluppo, segna<strong>la</strong>ndosoprattutto il rischio di non cogliere, sia nel<strong>la</strong> sfera del<strong>la</strong> sessualità che nel<strong>la</strong> vita di re<strong>la</strong>zione, <strong>una</strong>situazione difficile sebbene silente e non “gridata”. Osservazione del resto presente, seppure conaccentuazioni diverse anche in altri autori (Meltzer, I 978a; Kestemberg, 1980; Lussana, 1989).Quindi più che fare riferimento all’aspetto necessario e ineluttabile di <strong>una</strong> crisi — sia che siadotti il vertice maturazionista che enfatizza il ruolo del<strong>la</strong> pubertà e dei cambiamenti del corpo, sia‘che si accentui <strong>la</strong> lettura romantica dell’adolescenza come ribellione ai genitori — mi sembramaggiormente valido prendere in considerazione due livelli di lettura tra loro interre<strong>la</strong>ti: in primoluogo i temi re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> <strong>per</strong>dita di coerenza nei significati delle proprie transazioni interne, cheportano l’adolescente a confusioni nel riconoscimento di sé e <strong>degli</strong> altri senza più potere fareriferimento come prima agli oggetti primari del<strong>la</strong> propria infanzia, in secondo luogo <strong>la</strong> concausa difattori esterni nel<strong>la</strong> rete di re<strong>la</strong>zioni affettive che ci portano a tenere conto di diverse situazioni nelcontesto di appartenenza.1. 3. Il funzionamento psichico dell’adolescenteL’epoca adolescenziale è vista generalmente come un momento di passaggio, ditrasformazioni, di cambiamento sebbene, come già accennato, le posizioni teoriche tra i vari autoridivergono mettendo in evidenza differenti aspetti di cui gli elementi più rilevanti sono il ruolo del<strong>la</strong>pubertà, delle trasformazioni del corpo, il controllo delle pulsioni, il disinvestimento dai legamiinfantili, il problema dell’identità (Blos, 1978; Del Carlo Giannini, 1983; Novelletto, 1986;Marcelli, Braconnier, 1988; Senise, 1985; Dazzi, Muscetta, 1990).Data <strong>la</strong> vastità e <strong>la</strong> complessità del<strong>la</strong> letteratura psicoanalitica non è possibile farne <strong>una</strong>disanima artico<strong>la</strong>ta; vi è infatti <strong>una</strong> contrapposizione tra gli autori che fanno più riferimento a <strong>una</strong>visione pulsionale dell’apparato psichico e quindi sottolineano il tema del conflitto e quelli piùcentrati sul<strong>la</strong> teoria delle re<strong>la</strong>zioni oggettuali. O, <strong>per</strong> dir<strong>la</strong> in altri termini, vi è non poca divergenzatra coloro che sottolineano le radici corporee dell’es<strong>per</strong>ienza mentale, come fa, <strong>per</strong> esempio, Laufer,e coloro che danno <strong>una</strong> maggiore valorizzazione al contesto in cui l’adolescente vive, comeMeltzer.Ciò premesso, a mio avviso possono essere individuate alcune linee interpretative di fondoanche se non debbono essere intese in modo rigido: <strong>la</strong> teoria dell’adolescenza come ricapito<strong>la</strong>zione;il tema delle identificazioni strutturanti; l’adolescenza intesa come un <strong>per</strong>iodo di confusione eoscil<strong>la</strong>zione selvaggia tra gli investimenti su di sé o sul mondo esterno.La teoria dell’adolescenza come ricapito<strong>la</strong>zione è sostenuta soprattutto da quegli autori comeAnna Freud, Blos, Laufer, Ladame che si rial<strong>la</strong>cciano maggiormente al modello strutturale dellepulsioni di Freud e quindi sottolineano l’importanza del<strong>la</strong> pubertà, dei cambiamenti somatici e i loroeffetti sul piano mentale. In questa prospettiva viene messa in evidenza <strong>la</strong> lotta contro il riattivarsidel<strong>la</strong> sessualità infantile, il ruolo dei meccanismi di difesa contro le pulsioni, il disinvestimentodagli oggetti primari.Anna Freud (1957) ha visto l’adolescenza come <strong>una</strong> sorta di «lotta emotiva» contro leemozioni all’insegna dell’estrema urgenza e immediatezza. La pubertà, infatti, caratterizzata dal<strong>la</strong>comparsa del<strong>la</strong> capacità orgasmica può comportare un’esplosione libidica sia nel senso di doverfronteggiare le forti pulsioni genitali sia nel senso di tenere a bada <strong>la</strong> regressione verso le pulsionipregenitali.Si ripropongono inoltre i temi legati alle dinamiche del complesso edipico con forti eambivalenti emozioni verso i genitori. Blos (1978) tuttavia acutamente osserva che <strong>la</strong> risoluzionedel complesso edipico viene completata e non solo ripetuta durante l’adolescenza.Egli sottolinea in partico<strong>la</strong>re il problema del complesso edipico negativo e ritiene che mentrenel bambino le dimensioni bisessuali o <strong>la</strong> contemporanea attrazione verso il padre e <strong>la</strong> madre sono5


«incassate» più agevolmente, non si verifica <strong>la</strong> medesima cosa <strong>per</strong> l’adolescente in cui «lecontrapposizioni di maschile e femminile» regnano supreme.A suo avviso, mentre il bambino tramite i meccanismi di identificazione e l’instaurarsi delSu<strong>per</strong>-Io trova <strong>una</strong> risoluzione all’e<strong>la</strong>borazione dell’Edipo positivo, l’adolescente si trovamaggiormente di fronte al compito di trasformare l’Edipo negativo, cioè l’amore sessuale <strong>per</strong> ilgenitore dello stesso sesso.Se teniamo conto che l’adolescenza è vista dagli autori che si rial<strong>la</strong>cciano al<strong>la</strong> teoria del<strong>la</strong>ricapito<strong>la</strong>zione come <strong>una</strong> “seconda opportunità” prima di un certo cristallizzarsi e assetto definitivodel<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonalità si comprende l’aspetto drammatico” con cui viene letta <strong>la</strong> situazioneadolescenziale in cui, si potrebbe dire, vengono al pettine i nodi delle età precedenti: di fronte alcompito evolutivo di marcare i confini tra eterosessualità, omosessualità, <strong>per</strong>versione, sono menotollerabili le “coesistenze” di emozioni e sentimenti presenti nel bambino.I Laufer (1984) non a caso hanno messo in partico<strong>la</strong>re evidenza come l’adolescente vivaangosciosamente il tema del possesso del proprio corpo. Anche in questo caso ci si trova di fronte a<strong>una</strong> <strong>per</strong>dita di stabili parametri di riferimento, al non riuscire a mantenere più il controllo sul<strong>la</strong>propria dimensione somatica che inspiegabilmente comincia a trasformarsi e a sfuggire ai limiti e aiconfini che l’infanzia aveva saldamente definito.In questa prospettiva <strong>la</strong> masturbazione lungi dall’essere semplicemente collegata all’aspettomaturativo del<strong>la</strong> pubertà appare come un procedimento destinato a padroneggiare sul piano mentalel’es<strong>per</strong>ienza delle trasformazioni del corpo.Questa tematica di conflitto con il corpo, il tentativo di control<strong>la</strong>re l’eccitamento e <strong>la</strong>governabilità del<strong>la</strong> dimensione somatica con un misto di attrazione e paura, è stata ampiamentedescritta nel<strong>la</strong> letteratura psicoanalitica. In questa direzione, Anna Freud (1936, 1957) hafelicemente colto quelle strategie volte a ricercare un rifugio nel<strong>la</strong> dimensione del pensiero nonsoltanto sul piano dell'acquisizione di più complesse capacità logico-formali, ma anche sul piano dimodalità difensive, come <strong>per</strong> esempio l’intellettualizzazione, volte a tenere a bada il “corpo ribelle”.Se l’adolescenza appare come un momento di acquisizioni e trasformazioni, <strong>per</strong> altri versi èstata messa in evidenza anche <strong>la</strong> dimensione di <strong>per</strong>dita e di lutto da e<strong>la</strong>borare (A. Freud, 1957;Aberastury, 1971; Winnicott, 1971; Grasso, 1981; Giaconia, 1989; Ladame, 1989). In primo luogo<strong>per</strong> il proprio corpo infantile che cambia e non rimane più come prima, in secondo luogo <strong>per</strong>dita deigenitori “infantili”, sia nel senso del distacco dal<strong>la</strong> autorità genitoriale, sia nel senso del<strong>la</strong> deidealizzazione,sia in quello più sottile del<strong>la</strong> <strong>per</strong>dita del tipo di re<strong>la</strong>zione protettiva e con precisipunti di riferimento tra un bambino e i suoi genitori.Bisogna anche aggiungere che se è stato enfatizzato l’aspetto più esplosivo e oppositoriodell’adolescenza, non deve essere trascurata <strong>la</strong> dimensione depressiva legata al senso di <strong>per</strong>ditainsito nelle trasformazioni adolescenziali, dimensione più silente e talora più sfumata e menoevidente, ma tuttavia rilevante e da non trascurare.Coloro che invece mettono più in evidenza il tema delle identificazioni strutturanti sonomeno interessati al<strong>la</strong> dinamica delle pulsioni, ma volgono maggiormente <strong>la</strong> loro attenzione alprocesso con cui l’adolescente <strong>per</strong>viene a individuarsi.E. Erikson (1963, 1964, 1982) vede <strong>la</strong> ricerca del<strong>la</strong> propria identità da parte dell’adolescentenei termini di <strong>una</strong> continuità con l’infanzia e coglie <strong>la</strong> peculiarità di questo <strong>per</strong>iodo nel tema del<strong>la</strong>“fedeltà”. Per Erikson l’essere umano è sempre impegnato nello sforzo di conservare <strong>la</strong> propriaindividualità in un mondo di forze tra loro contrastanti al fine di conquistare <strong>una</strong> propria posizionecaratterizzata dai requisiti di centralità, integrità e iniziativa. Tale obiettivo appare tuttaviapartico<strong>la</strong>rmente rilevante nell’adolescenza che egli considera un <strong>per</strong>iodo “naturale” di sradicamentoe di crisi d’identità a cui il ragazzo o <strong>la</strong> ragazza reagisce secondo modalità che dipenderanno dacome nel <strong>per</strong>iodo infantile sono stati integrati i differenti elementi dell’identità.In questa prospettiva, <strong>la</strong> società ha un ruolo molto importante nel facilitare o <strong>per</strong>mettereall’adolescente di sviluppare o di integrare le diverse tappe dello sviluppo. In caso contrario,6


possono apparire non solo aspetti ribelli o critici, ma addirittura dimensioni fortemente distruttive eviolente.Diversa è invece <strong>la</strong> posizione di Evelyn Kestemberg (1962, 1980; Kestemberg, Morvan,1985) che rispetto a Erikson mette al contrario più in evidenza il tema del<strong>la</strong> rottura e il rigetto delleidentificazioni precedenti. Tanto Erikson, in linea con il suo modello, sottolinea l’identità come <strong>una</strong>costruzione progressiva, tanto <strong>la</strong> Kestemberg par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> crisi adolescenziale come di uno«sconvolgimento necessario e fruttuoso». Per l’autrice, <strong>la</strong> crisi adolescenziale deve essere vistacome un “organizzatore”, termine che rimanda al modello di sviluppo proposto da Spitz. Il concettodi organizzatore indica che tutto un fascio di sviluppo ‘conduce al<strong>la</strong> necessità di <strong>una</strong>riorganizzazione d’insieme che prende <strong>la</strong> forma di <strong>una</strong> “crisi”.Dunque, <strong>la</strong> cancel<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> crisi, il suo mascheramento o anche quelle crisi che contermine suggestivo possono essere chiamate “a bassa voce”, possono portare a un impoverimentodell’individuo, mentre, al contrario, <strong>la</strong> risoluzione del<strong>la</strong> crisi è fonte di progresso genetico.Questo progresso tuttavia implica, come già osservato, che «<strong>la</strong> pubertà trascini, brutalmente oprogressivamente, <strong>una</strong> riorganizzazione, con le inquietudini re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> identità e uno “scompiglio”delle identificazioni anteriori» Kestemberg, 1980).Sono soprattutto gli “oggetti” genitoriali che l’adolescente deve respingere <strong>per</strong> staccarsi dal<strong>la</strong>precedente immagine di sé e <strong>per</strong> allontanarsi dall’investimento edipico.Questo processo, che in un certo senso corrisponde a un dissolvimento dei punti di riferimentousuali, implica un rigetto di sé come essere sessuato, un viversi estraneo dagli altri e a se stesso. Lacondizione adolescenziale viene infatti vista come caratterizzata dal misurarsi su varie sfaccettaturesenza che sia ancora possibile, e <strong>per</strong> altri versi augurabile, <strong>una</strong> capacità di definire un insieme.Assai partico<strong>la</strong>re e originale è infine l’interpretazione delle dinamiche adolescenziali propostada Donald Meltzer e Martha Harris (1973, 1978a, 1983), autori che si allontanano dal modello dellepulsioni dando partico<strong>la</strong>re importanza al contesto in cui vive l’adolescente. Meltzer infattiimplicitamente indica <strong>la</strong> poca p<strong>la</strong>usibilità che l’e<strong>la</strong>borazione del nuovo Sé corporeo possa avveniresolo nel<strong>la</strong> mente dell’adolescente al di fuori di qualsiasi contesto.L’adolescente, a suo avviso, vive infatti in contatto con diverse “comunità”: il bambino nel<strong>la</strong>famiglia, il mondo <strong>degli</strong> adulti, il mondo <strong>degli</strong> adolescenti e l’adolescente iso<strong>la</strong>to. Egli è in costantemovimento in avanti o indietro fra queste quattro posizioni: «[...] il tentare un’analisi con <strong>una</strong>dolescente è estremamente difficile <strong>per</strong>ché egli non è realmente ancorato in nessun posto. Ogni suapartecipazione a <strong>una</strong> di queste quattro comunità separate implica uno stato del<strong>la</strong> mente, o simanifesta con stati del<strong>la</strong> mente che sono molto "iso<strong>la</strong>ti" gli uni dagli altri. Si trova quindi in <strong>una</strong>posizione piena di tormento, nel<strong>la</strong> quale egli sente che nessuno può aiutarlo» (Meltzer, 1978a, p.20).In altri termini, l’essenza dell’adolescenza consisterebbe in questo «straordinario splitting»,<strong>per</strong> dir<strong>la</strong> con Meltzer, tra sentimenti di conquista del mondo esterno sino al<strong>la</strong> spietatezza esentimenti di altruismo, tenerezza, importanza <strong>per</strong> le re<strong>la</strong>zioni umane.Anche Meltzer e Martha Harris come Evelyn Kestemberg sembrano prevedere <strong>una</strong> prognosipiù favorevole <strong>per</strong> quegli adolescenti che sono in grado di avvertire e comunicare il dolore e <strong>la</strong>sofferenza di questa crisi in cui viene messo in discussione l’assetto del mondo interno, delleinteriorizzazioni, con investimenti e proiezioni agite su diverse dimensioni del<strong>la</strong> realtà.Ugualmente più difficili appaiono quelle situazioni di crisi “a bassa voce” o, come scriveMeltzer, quegli adolescenti che in genere gli psicoanalisti non vedono, quelli cioè che hannosuccesso, che vanno avanti senza pietà finendo <strong>per</strong> vivere, da adulti, <strong>una</strong> vita che non è altro che <strong>una</strong>ripetizione del <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza nel senso di <strong>una</strong> maggiore piattezza rispetto alle sfumature delledinamiche affettive. Una vita in cui manca cioè quel turmoil adolescenziale che <strong>per</strong>mette tuttavia die<strong>la</strong>borare e rendere più complesso il mondo delle emozioni.7


2.Lo sviluppo dell’adolescente: complessità e temi emergenti dei modelli psicoanalitici2.1. PremessaCon lo scritto Frammenti di un analisi di isteria (caso clinico di Dora) e successivamente coni Tre saggi sul<strong>la</strong> teoria sessuale (Freud, 1901, 1905) Freud individuò alcune tematiche che aprirono<strong>la</strong> strada al<strong>la</strong> comprensione dell’adolescenza e dei conflitti di questa età. In partico<strong>la</strong>re, sotto l’egidadel modello pulsionale, veniva sottolineato il valore del<strong>la</strong> pubertà e il ruolo svolto dall’accesso al<strong>la</strong>sessualità che coronava il cammino evolutivo verso <strong>la</strong> riorganizzazione delle pulsioni parziali.Freud infatti dedica il terzo dei tre saggi proprio alle trasformazioni del<strong>la</strong> pubertà, descrivendol’adolescenza come l’epoca in cui «[...] subentrano i cambiamenti che debbono condurre <strong>la</strong> vitasessuale infantile al<strong>la</strong> sua definitiva strutturazione normale. Finora <strong>la</strong> pulsione sessuale eraprevalentemente autoerotica, ora trova l’oggetto sessuale» (Freud, 1905, p. 514).Gli avvenimenti principali individuati da Freud erano appunto <strong>la</strong> subordinazione delle zoneerogene al primato del<strong>la</strong> zona genitale, l’istituzione di nuove mete sessuali diverse <strong>per</strong> maschi e <strong>per</strong>femmine e il ritrovamento di nuovi oggetti sessuali al di fuori dal<strong>la</strong> famiglia. Tale ottica deve essereovviamente inquadrata in un modello che fa dell’Es e del<strong>la</strong> vita istintuale il nucleo propulsoredell’essere umano senza partico<strong>la</strong>ri concessioni all’’ambiente”.Vi era inoltre il rischio che, se da un <strong>la</strong>to questa esposizione poteva dar ragione di moltecaratteristiche del comportamento adolescenziale, <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re sottolineatura dell’esistenza di <strong>una</strong>vita sessuale infantile, l’aspetto nuovo e dirompente messo in luce dal fondatore del<strong>la</strong> psicoanalisi,non poteva non ridurre il significato dell’adolescenza all’essere in un certo senso solo un <strong>per</strong>iodo dimera ratifica di trasformazioni definitive, <strong>una</strong> transizione e un ponte tra <strong>la</strong> sessualità infantilediffusa e <strong>la</strong> sessualità adulta centrata sul<strong>la</strong> genitalità.Al <strong>per</strong>icolo di <strong>una</strong> così limitata prospettiva si può ricondurre quello che è ormai diventatocome un aforisma citato nei vari saggi su questo tema: «sentiamo dire frequentemente chel’adolescenza è un <strong>per</strong>iodo trascurato, un figliastro <strong>per</strong> quanto riguarda il pensiero analitico» (A.Freud, 1957, p. 627).È ben noto come il brutto anatroccolo, <strong>per</strong> così dire, non sia rimasto tale: l’adolescenza non èinfatti più vista come un semplice capolinea e numerosissimi sono gli studi che, seppure daprospettive diverse, ne hanno indagato <strong>la</strong> specificità e peculiarità come <strong>per</strong>iodo evolutivo.I vari contributi psicoanalitici sull’adolescenza, è opportuno precisarlo ulteriormente, purtenendo conto del<strong>la</strong> tematica da cui è partito Freud con il modello pulsionale, hanno messo in luceaspetti differenti tra cui può esserci <strong>una</strong> integrazione, ma talora rimangono divergenze anchesostanziali.Nel primo capitolo ho fatto riferimento ad alcune linee interpretative di cui già sono stateprese in considerazione le dimensioni critiche, mi riferisco al<strong>la</strong> teoria dell’adolescenza comericapito<strong>la</strong>zione, il tema delle identificazioni strutturanti e infine l’adolescenza come <strong>per</strong>iodoall’insegna del<strong>la</strong> confusione. Questi temi che saranno qui ripresi vanno a loro volta inscritti in dueaspetti di fondo che indicano <strong>una</strong> direzionalità <strong>degli</strong> studi da Freud ai tempi odierni in linea con icambiamenti nel<strong>la</strong> storia delle idee e dei paradigmi teorici.In primo luogo, rispetto agli studi iniziali che hanno fatto riferimento all’integrazione nel<strong>la</strong><strong>per</strong>sonalità delle mutate caratteristiche fisiche (come altezza, peso, caratteri sessuali primari esecondari), oggi si è molto più consapevoli che questo processo è assai più complesso/ <strong>per</strong>ché lecaratteristiche fisiche suddette, ben lungi dal potere essere prese in considerazione come datiobiettivi, sono soggette non solo a situazioni storiche e culturali (Cal<strong>la</strong>ri-Galli, 1989; Montemayor,F<strong>la</strong>nnery, 1990), ma devono essere ricollegate al tema del<strong>la</strong> processualità del ciclo vitale (Scabini,Gilli, 1988), in partico<strong>la</strong>re all’integrazione e individuazione dell’identità, di cui l’adolescenza è9


indubbiamente <strong>una</strong> tappa importante, ma non l’unica.In questa prospettiva, l’adolescente deve riconnettere l’immagine del Sé che vigevadall’infanzia e dal <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza — e a ciò concorrono indubbiamente i temi legati al<strong>la</strong> pubertàal<strong>la</strong> rappresentazione del corpo, all’eccitazione sessuale come è stato messo in evidenza da moltiautori (Marcelli, Braconnier, 1988), ma essi appaiono oggi solo un aspetto accanto al compito del<strong>la</strong>“riorganizzazione” delle varie interiorizzazioni e identificazioni proiettive.Il secondo aspetto strettamente legato a questo è <strong>la</strong> maggiore attenzione al contesto sia nel suosignificato <strong>la</strong>to, cioè socio-culturale, sia nel senso del<strong>la</strong> rete di legami affettivi che diventa piùcomplessa facendo sì che “il luogo dell’Inconscio”, <strong>per</strong> così dire, si estenda e si “dis<strong>per</strong>da”.In questo capitolo quindi cercherò di inseguire gli aspetti peculiari di queste linee di tendenzaa colpi di pennello “impressionista” senza avere <strong>la</strong> pretesa di effettuare <strong>una</strong> rassegna sistematica deinumerosi <strong>la</strong>vori di studiosi stranieri o italiani sull’adolescenza o tentare un’omologazione <strong>per</strong>altro, amio avviso, non possibile.2.2. Le strategie difensive dell’Io: il contributo di Anna FreudIl contributo di Anna Freud si inserisce nell’ambito di quel filone che in psicoanalisi hacontribuito a fare evolvere e rendere più complesso il modello di Freud, almeno <strong>per</strong> i riferimenti aitemi del<strong>la</strong> libido, del<strong>la</strong> problematica del corpo e dei meccanismi di difesa. Dobbiamo tener contosoprattutto di due presupposti:a) l’attenzione alle strategie impiegate dall’Io <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re le pulsioni;b) l’idea dell’adolescenza come interruzione di <strong>una</strong> crescita pacifica.Le premesse di questa impostazione possono essere già rinvenute nel famoso saggio del 1936.L’Io e i meccanismi di difesa, in cui l’autrice dedica due capitoli all’adolescenza: L’Io e l’Es nel<strong>la</strong>pubertà e Angoscia pulsionale nel<strong>la</strong> pubertà.Lo studio dell’adolescenza veniva considerato rispetto al tema di fondo del saggio, cioè lelotte dell’Io <strong>per</strong> padroneggiare le tensioni e le pressioni che originano dai derivati pulsionali, lotteche in casi normali portano al<strong>la</strong> formazione del carattere e nel loro esito patologico al<strong>la</strong> formazionedei sintomi nevrotici.L’aspetto innovativo del <strong>la</strong>voro di Anna Freud è l’attenzione alle capacità di re<strong>la</strong>tivoadattamento dell’Io in un contesto in cui tutti i metodi di difesa disponibili sono messi in gioco esottoposti al<strong>la</strong> massima tensione.In questa prospettiva sono possibili due diverse strategie: l'eventualità che l'organizzazionedell'Io e del Su<strong>per</strong>-Io si alteri sufficientemente , tanto da accoglierne le nuove mature forme disessualità, o che, al contrario, un Io rigido, immaturo , riesca a inibire o deformare <strong>la</strong> maturitàsessuale (A. Freud, 1957, p. 529). In questo caso, gli impulsi dell’Es riescono a creare enormeconfusione e caos in quello che è stato un Io ordinato durante il <strong>per</strong>iodo del<strong>la</strong> <strong>la</strong>tenza.Vi è da precisare tuttavia che se da un <strong>la</strong>to Anna Freud presuppone che <strong>la</strong> capacità adattiva eorganizzativa dell’Io abbia il compito di armonizzare e portare verso <strong>una</strong> giusta meta l’evoluzionedel<strong>la</strong> libido, anche nel<strong>la</strong> prima delle due possibilità suddette non vi è da aspettarsi un passaggiotranquillo e indolore. In un certo senso potremmo dire che se da un <strong>la</strong>to vi è il rischio del caos,dall’altro dobbiamo aspettarci <strong>per</strong>lomeno un <strong>per</strong>iodo di “naturale disordine”.Se infatti l’adolescenza deve <strong>la</strong> sua tipicità al turmoil inevitabile legato allo sviluppo del corpoe alle sue tensioni, rappresentando «<strong>per</strong> sua natura un’interazione di <strong>una</strong> crescita pacifica», ilmantenimento di un equilibrio stabile durante il processo adolescenziale «è in sé anormale» (A.Freud, 1957).10


La normalità deve essere intesa nei termini di <strong>una</strong> situazione complessa, instabile, con unsenso di <strong>per</strong>icolo interno e angoscia, in cui è insita l’idea di oscil<strong>la</strong>zioni, capovolgimenti o anche<strong>una</strong> rigidità accettabile.È in questo senso che Anna Freud par<strong>la</strong> dell’adolescenza come di «un disturbo evolutivo» cheriguarda non solo <strong>la</strong> sensibilità, ma anche altre dimensioni come l’aggressività, <strong>la</strong> rivolta e <strong>la</strong>ribellione sul piano sociale, e che rappresenta un inevitabile e necessario passaggio sul pianodell’adattamento: «Ciò che è di importanza fondamentale è sa<strong>per</strong>e quale tipo di tumultoadolescenziale sia meglio adatto a introdurre il tipo più soddisfacente di vita adulta» (A. Freud,1966, p. 1005).Di partico<strong>la</strong>re rilievo è <strong>la</strong> distinzione che Anna Freud ha proposto rispetto al<strong>la</strong> differenza tra:a) difese contro i legami oggettuali infantili;b) difese contro gli impulsi.Tale lettura del<strong>la</strong> problematica adolescenziale, sebbene ancora racchiusa all’interno delmodello c<strong>la</strong>ssico, merita spazio e attenzione <strong>per</strong>ché coglie gli sforzi del singolo adolescente <strong>per</strong>sentirsi libero dalle figure genitoriali e determinarne il distanziamento.Per Anna Freud, come del resto, pur con alcune differenze, <strong>per</strong> altri autori come <strong>la</strong>Kestemberg, Winnicott, Meltzer, l’investimento sul gruppo adolescenziale appare in un certo sensol’aspetto più normale del<strong>la</strong> età come modalità di passaggio dalle re<strong>la</strong>zioni dell’infanzia con ifamiliari a quelle intime, di coppia e del<strong>la</strong> vita adulta; le altre modalità difensive contro i legamioggettuali infantili vanno nel<strong>la</strong> direzione di <strong>una</strong> crescente patologia.Tra le difese contro i legami oggettuali infantili vanno annoverate:1. Difesa <strong>per</strong> spostamento del<strong>la</strong> libido Molti adolescenti affrontano l’angoscia provocatadall’attaccamento ai loro oggetti infantili con <strong>la</strong> fuga, cioè anziché <strong>per</strong>mettere un processo digraduale distacco dai genitori, ritirano da essi <strong>la</strong> loro libido all’improvviso e rapidamente. Ciò <strong>la</strong>sciain loro un appassionato desiderio di compagnia che può essere trasferito sull’ambiente circostante aldi fuori del<strong>la</strong> famiglia.In questa luce può essere letto l’attaccamento a figure diametralmente opposte a quelle deigenitori, sia i cosiddetti capi , generalmente <strong>per</strong>sone in età compresa fra quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> generazionedell’adolescente e quel<strong>la</strong> dei genitori, spesso assunti a ideali, sia gli appassionati nuovi legami concoetanei dello stesso sesso od opposto, sia <strong>la</strong> partecipazione a bande giovanili.2. Difesa mediante inversione dell’affetto Anche questa difesa viene innescata contro iltimore <strong>degli</strong> attaccamenti infantili, ma è considerata da Anna Freud «più infausta internamente».L’adolescente infatti, forse proprio <strong>per</strong>ché non è riuscito a spostare <strong>la</strong> libido dai genitori, volge taliemozioni nel loro opposto: l’amore in odio, <strong>la</strong> dipendenza in ribellione, il rispetto e l’ammirazionein disprezzo e derisione. Tali atteggiamenti segna<strong>la</strong>no tuttavia che il distanziamento non è ancoraavvenuto e «<strong>la</strong> messa in atto rimane all’interno del<strong>la</strong> famiglia» (A. Freud, 1957, p. 643).Il rischio è che i sentimenti di ostilità e aggressività siano sentiti intollerabili e siano respinti otramite <strong>la</strong> proiezione, attribuendo il ruolo di <strong>per</strong>secutori e oppressori ai genitori, o siano rivolti versodi sé, generando depressione, tendenze all’autodenigrazione e autolesionismo o infine tentativisuicidali.3. Difesa mediante ritiro del<strong>la</strong> libido verso di sé Si incomincia in questo caso ad andareverso <strong>una</strong> crescente patologia; se infatti le angosce e le inibizioni bloccano <strong>la</strong> strada verso nuovioggetti al di fuori del<strong>la</strong> famiglia, <strong>la</strong> libido rimane all’interno del sé e può essere impiegata <strong>per</strong>investire l’Io e il Su<strong>per</strong>-Io, provocando così <strong>una</strong> loro inf<strong>la</strong>zione.Sul piano clinico, a tale dinamica può essere ricondotta <strong>una</strong> sintomatologia in cui compaionoidee di grandezza, fantasie di potere illimitato sugli altri, o fantasie messianiche e di salvazione delmondo.11


4. Difesa mediante regressione Nel caso che l’angoscia sia ancora più forte, le re<strong>la</strong>zionicon il mondo oggettuale possono essere ridotte allo stato emotivo noto come “identificazioneprimaria” con gli oggetti, implicando dei cambiamenti regressivi in tutte le parti del<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonalità. Intal caso, i confini dell’Io si possono al<strong>la</strong>rgare fino ad abbracciare l’oggetto insieme con il Sé conconseguente diminuzione dell’esame del<strong>la</strong> realtà e un quadro clinico caratterizzato da un aumentodello stato di confusione e rischio di <strong>per</strong>dita di identità.Tra le difese contro gli impulsi, vanno annoverati invece dei meccanismi che devono essereanche essi intesi all’interno di un grado di maggiore gravità, se massicciamente innescati, o diminore gravità come tamponamento di situazioni poco control<strong>la</strong>bili.I.L’ascetismo Come modalità di lotta <strong>per</strong> un miglior controllo al livello del corpo, tuttavia nonsolo rispetto al<strong>la</strong> sessualità, ma anche rispetto all’appagamento dei bisogni fisiologici di cibo, sonnoo, in senso generale, benessere del corpo: «Una guerra totale è condotta contro il <strong>per</strong>seguimento delpiacere in quanto tale. Coerentemente, <strong>la</strong> maggior parte dei normali processi di soddisfacimentopulsionale e dei bisogni subisce interferenze ed è paralizzata» (A. Freud, 1957, p. 646).In un quadro di tal genere vanno letti quei comportamenti adolescenziali in cui appaionocompiti o restrizioni fisiche più o meno draconiane, talora aldilà del<strong>la</strong> necessità, come imporsi corsecampestri, astenersi da un certo alimento, <strong>sfida</strong>re le intem<strong>per</strong>ie o un rigido controllo del<strong>la</strong>masturbazione.2. L’intellettualizzazione In questo caso <strong>la</strong> strategia difensiva è volta al controllo delleemozioni e pulsioni al livello del pensiero. Il riferimento può essere a quegli adolescenti chepassano ore interminabili in discussioni sui massimi sistemi o aderiscono in modo totalizzante eacritico a teorie filosofiche o politiche.3. L’adolescente che non fa compromessi Cioè quei ragazzi che sostengono a spadatratta le proprie idee rifiutando qualsiasi concessione ad atteggiamenti più pratici e realisticirimanendo orgogliosamente abbarbicati ai propri principi morali ed estetici.2.3. Fantasmi e conflitti masturbatori nel modello dei LauferMoses e M. Eglé Laufer propongono <strong>una</strong> lettura dell’adolescenza saldamente ancorata ai temidello sviluppo istintuale, dando <strong>una</strong> partico<strong>la</strong>re attenzione al ruolo e al valore dei fantasmi e conflittimasturbatori e sottolineando <strong>la</strong> funzione di quel<strong>la</strong> che hanno chiamato <strong>la</strong> «fantasia masturbatoriacentrale».Possiamo fare riferimento al capitolo iniziale del loro libro dedicato all’adolescenza,Adolescenza ed organizzazione sessuale definitiva, in cui vengono tracciate le direttive del loropensiero. I Laufer sottolineano di partire da <strong>una</strong> tesi di fondo: sebbene <strong>la</strong> risoluzione del complessod’Edipo significhi <strong>la</strong> fissazione dell’identificazione sessuale e <strong>la</strong> definizione del nucleodell’immagine corporea, tuttavia soltanto durante l’adolescenza i contenuti dei desideri sessuali e leidentificazioni edipiche si integrano in un’identità sessuale irreversibile e si raggiunge <strong>una</strong>soluzione di compromesso tra ciò che si desidera e ciò che è consentito.E appunto sul<strong>la</strong> base di questi presupposti che viene considerata <strong>la</strong> specificità dell’etàadolescenziale (Laufer, Laufer, 1984, p. 23).Noi riteniamo che <strong>la</strong> principale funzione evolutiva dell’adolescenza sia l’instaurarsidell’organizzazione sessuale definitiva: un’organizzazione che, <strong>per</strong> quanto riguarda <strong>la</strong>rappresentazione del corpo, deve ora includere i genitali maturi, I vari compiti evolutividell’adolescenza — cambiamenti nelle re<strong>la</strong>zioni con gli oggetti edipici e con i coetanei e12


nell’atteggiamento verso il proprio corpo andrebbero inquadrati in questa funzione evolutivafondamentale, piuttosto che intesi come compiti distinti.Se dunque in questi termini viene individuato il ‘compito evolutivo” dell’adolescente, il modoin cui i ragazzi affronteranno <strong>la</strong> maturazione corporea integrando<strong>la</strong> nel<strong>la</strong> rappresentazione del Sépuò <strong>per</strong>mettere di sa<strong>per</strong>e se continueranno a procedere rego<strong>la</strong>rmente verso l’età adulta oppure se ènecessario un intervento terapeutico.Una notevole importanza viene infatti assegnata all’instaurarsi dell’organizzazione sessualedefinitiva poiché successivamente non appare più possibile alcun tipo di compromesso interiorequale poteva esistere e poteva essere assorbito e adattato in fasi precedenti dell’adolescenza.Parimenti, i disturbi patologici che si possono riscontrare successivamente nei giovani adultidebbono essere letti come il risultato di un break-down del processo evolutivo che ha avuto luogonell’adolescenza.L’adolescenza appare quindi <strong>per</strong> i Laufer come un’età cerniera in cui, <strong>per</strong> così dire, i nodivengono al pettine soprattutto in re<strong>la</strong>zione alle fantasie masturbatorie che riattivano soddisfacimentidi tipo regressivo e che se rimangono eccessivamente vive e attive possono ostaco<strong>la</strong>re lo sviluppo.Gli autori non intendono fare un discorso normativo, <strong>la</strong> fantasia masturbatoria centrale vieneinfatti considerata «un fenomeno universale, e di <strong>per</strong> sé, non ha nul<strong>la</strong> di patologico»; così durantel’infanzia e il <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza il suo contenuto, pur potendo rimanere inconscio, traspare in formacontraffatta nei sogni a occhi a<strong>per</strong>ti o nelle fantasie che accompagnano <strong>la</strong> masturbazione nei giochio nelle attività di finzione.Diviene invece <strong>una</strong> complessa prova evolutiva s<strong>per</strong>imentare queste fantasie in uno scenario incui <strong>la</strong> maturità fisica dei genitali esas<strong>per</strong>a ogni cosa e soprattutto l’organizzazione difensiva vienesottoposta a <strong>una</strong> forte tensione. Dopo <strong>la</strong> pubertà infatti <strong>la</strong> fantasia masturbatoria centrale assume uncarattere coatto nel senso che è forte il bisogno di viver<strong>la</strong> all’esterno nelle re<strong>la</strong>zioni oggettuali enelle proprie es<strong>per</strong>ienze sessuali.Appare tipica di questa età <strong>la</strong> tendenza a esteriorizzare i conflitti e <strong>la</strong> messa in atto di questafantasia come se fossero l’unico soddisfacimento importante (Laufer, Laufer, 1984, p. 25).Si ha l’impressione che i comportamenti di messa in atto che associamo all’adolescenza e chespesso accettiamo come un aspetto normale dello sviluppo, riflettano in gran parte gli sforzidell’adolescente <strong>per</strong> trovare nuove modalità d’integrazione del<strong>la</strong> fantasia masturbatoria centrale.Analogamente, alcune delle crisi o dei transitori episodi psicotici che si manifestanonell’adolescenza rappresentano l‘unica soluzione (seppure patologica) che l’Io ha a disposizione <strong>per</strong>trovare modi nuovi <strong>per</strong> integrare il contenuto del<strong>la</strong> fantasia masturbatoria centrale nel contesto del<strong>la</strong>genitalità.L’aspetto coatto che può assumere questa fantasia, nonché <strong>la</strong> forza e <strong>la</strong> distruttività chepossono essere eventualmente a essa associate e <strong>la</strong> possibile negazione del<strong>la</strong> realtà, possonospaventare profondamente l’adolescente con molte conseguenze che, se gravi, possono rientrare inciò che è stato proposto sotto il termine di break-down evolutivo.11 break-down evolutivo in adolescenza è qui inteso come il rifiuto inconscio del corposessuale e il concomitante sentimento di passività di fronte alle esigenze derivanti dal corpo. Sitratta di un «arresto del processo di integrazione dell’immagine del corpo» fisicamente maturo nel<strong>la</strong>rappresentazione che l’adolescente ha di se stesso. Può affermarsi allora <strong>una</strong> visione distorta delproprio corpo e del rapporto con esso espressi come odio e vergogna.A differenza infatti del bambino e dell’adulto, l’adolescente vive il proprio corpo, ossia le suetrasformazioni, gli eccitamenti, come <strong>la</strong> riprova di qualcosa che lo può travolgere o sommergere confantasie ed emozioni talora penose, talora addirittura paurose. E un momento evolutivo in cui puòprendere forma il timore di un cedimento o di un senso di resa a esigenze regressive, tra cui essere13


di nuovo in balia del<strong>la</strong> madre.Bisogna tener conto che <strong>per</strong> i Laufer lo sviluppo del bambino deve essere visto al<strong>la</strong> luce di<strong>una</strong> progressiva separazione del proprio corpo dal corpo del<strong>la</strong> madre e <strong>una</strong> progressiva rinunciaall’idea di un soddisfacimento dei bisogni libidici da parte del<strong>la</strong> madre.Mentre tuttavia nel <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza <strong>la</strong> masturbazione può essere sentita, in fantasia, comeun modo con cui viene ripristinato un bambino idealizzato e tutt’uno con <strong>la</strong> madre, durantel’adolescenza invece più che fungere da fonte di rassicurazione può aumentare l’angoscia e <strong>la</strong> pauradi <strong>una</strong> passività.La medesima scelta, <strong>per</strong> così dire, di optare <strong>per</strong> un corpo maschile o femminile può esseresentita come dura limitazione dell’onnipotenza, così come le trasformazioni inevitabili del corpopossono essere sentite come <strong>per</strong>dita del<strong>la</strong> <strong>per</strong>fezione narcisistica, nel senso che il proprio corpopotrebbe essere diverso da come si s<strong>per</strong>ava che fosse e quindi conferma dell’odio che <strong>la</strong> madrenutriva <strong>per</strong> il proprio bambino.È in questa luce, cioè quel<strong>la</strong> di ritrovare un equilibrio narcisistico, che gli adolescenti possonorivolgersi al gruppo dei pari come <strong>una</strong> sorta di nuovo ideale dell’Io da cui dipendono le loro risorsenarcisistiche.Qui, come del resto già messo in evidenza da Anna Freud, vi possono essere diversesituazioni, <strong>per</strong> esempio quello che i Laufer chiamano uno «pseudoideale dell’Io» (Laufer, Laufer,1984, p. 87) nel senso di <strong>una</strong> specie di conformismo adattivo di su<strong>per</strong>ficie, sia rispetto al gruppo deipari, sia rispetto alle esigenze genitoriali, che <strong>per</strong>ò <strong>la</strong>scia intatti i legami con gli oggetti edipiciinfantili. Oppure vi può essere il caso dell’adolescente vulnerabile che cercherà di usare come idealedell’Io il rapporto con un oggetto fantasticato che pretende il controllo del corpo sessualmentematuro, come è già stato messo in evidenza nel paragrafo precedente a proposito dell’ “ascetismo”.Vi è infine da segna<strong>la</strong>re che il break-down evolutivo appare più grave se si verifica durante <strong>la</strong>pubertà; se invece avviene più tardi, cioè nel<strong>la</strong> tarda adolescenza, l’organizzazione difensiva puòconsentire all’adolescente di trovare risposte alternative ai desideri incestuosi. In questo ultimocaso, infatti, anche se le proiezioni di questi adolescenti possono risultare estremamente disgregantie possono compromettere gravemente <strong>la</strong> loro capacità di distinguere <strong>la</strong> realtà dal<strong>la</strong> fantasia -tentatividi suicidio, anoressia, droga, depressione grave o un improvviso fallimento sco<strong>la</strong>stico- vi è tuttaviaun tentativo di integrare in qualche modo i genitali fisicamente maturi nell’immagine del corpo.2.4. Il ritorno del<strong>la</strong> tematica edipica e il “rigetto” delle figure genitorialiSecondo Edith Kestemberg, come già accennato nel primo capitolo, il <strong>per</strong>iodo adolescenzialecorrisponde a uno “sconvolgimento profondo” <strong>degli</strong> investimenti oggettuali e <strong>degli</strong> investimentinarcisistici indotti dalle modificazioni corporee proprie di questa età.Tuttavia, se viene data <strong>una</strong> certa attenzione al fatto che l’equilibrio economico libidico èrimesso in discussione, in seguito ai cambiamenti del corpo e al<strong>la</strong> confrontazione con i bisognisessuali, sono le re<strong>la</strong>zioni oggettuali profonde e i conflitti affettivi il vero interesse di questa autrice.I cambiamenti puberali mettono infatti l’adolescente di fronte a delle domande di fondo: «chisono e che cosa sono» e «come posso fare ad essere».Tali quesiti si giocano sul<strong>la</strong> po<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> ricerca di <strong>una</strong> propria identità e nel contemporaneorifiuto delle immagini genitoriali in <strong>una</strong> crisi dura, inevitabile, ma necessaria: «[...] il rigetto delleimmagini genitoriali - e dunque del conflitto d’identificazione - si inscrive in <strong>una</strong> ricercaangosciante dell’identità propria dell’adolescente» (Kestemberg, 1962).Si risentono probabilmente in questa impostazione le considerazioni del Freud di Disagiodel<strong>la</strong> civiltà nel<strong>la</strong> direzione di un contrasto di fondo tra <strong>la</strong> maturazione sessuale genitale e quel<strong>la</strong>affettiva che non viene aiutata dal contesto sociale in cui gli adolescenti si trovano a vivere.Le modificazioni del corpo possono accompagnarsi, infatti, a un sentimento di inutilità e di14


impossibilità nel<strong>la</strong> nostra cultura, non essendo considerate di utilizzazione immediata, determinandoun senso di inadeguatezza e <strong>una</strong> interrogazione ansiosa sul<strong>la</strong> propria identità.Il distanziamento e il rigetto violento delle identificazioni precedenti rientra in ogni caso in<strong>una</strong> lettura dello sviluppo umano <strong>per</strong> cui <strong>una</strong> nuova capacità organizzativa del<strong>la</strong> <strong>per</strong>sonalità implica<strong>una</strong> disorganizzazione dell’equilibrio vigente fino a quel momento. Secondo <strong>la</strong> Kestemberg, infatti,l’Io è strutturato secondo le identificazioni dell’infanzia e l’adolescente quindi affronterà icambiamenti del corpo e le pulsioni genitali in base allo schema di queste identificazioni infantili econ un approccio che sarà dunque inevitabilmente edipico (Kestemberg, 1962).1.1 L’importanza del conflitto edipico nel<strong>la</strong> costituzione del<strong>la</strong> crisi adolescenziale e <strong>la</strong>difficoltà di trovare un equilibrio utile entro le posizioni regressive, o entro posizioni sintomatichestabili tali quali noi possiamo osservare negli adulti, ci sembra possano essere imputabili al fatto cheil <strong>per</strong>iodo adolescenziale è un movimento di messa in o<strong>per</strong>a di <strong>una</strong> <strong>per</strong>sonalità non ancora costituita.Per alcuni adolescenti il risveglio del<strong>la</strong> problematica edipica può essere “intollerabile” con <strong>la</strong>necessità di e<strong>la</strong>borare varie modalità difensive. Questo processo di “riaggiustamento” <strong>per</strong> arrivare aun nuovo equilibrio segue <strong>la</strong> qualità dell’evoluzione precedente e <strong>la</strong> costel<strong>la</strong>zione familiare attuale epuò prendere un andamento più o meno drammatico necessitando talora di un interventoterapeutico.Tale “movimento” infatti non riguarda soltanto <strong>la</strong> messa in discussione delle imago parentali,ma può implicare anche un rigetto di sé in quanto essere sessuato, <strong>per</strong> cui l’adolescente può viversiestraneo sia agli altri che a se stesso.Questo rigetto <strong>degli</strong> oggetti genitoriali, di sé in quanto essere sessuato e dunque delleidentificazioni con il genitore dello stesso sesso e dei legami con quello di sesso opposto, suscitaun’angoscia più profonda di quel<strong>la</strong> indotta dal conflitto edipico proprio <strong>per</strong>ché ha a che fare con <strong>la</strong>coesione del<strong>la</strong> propria <strong>per</strong>sona e quindi del<strong>la</strong> propria identità. Parimenti, il rifiuto brutale <strong>degli</strong>ideali e delle immagini parentali può portare con sé un deprezzamento <strong>per</strong>sonale e <strong>una</strong> feritanarcisistica in quanto l’individuo si era organizzato secondo questi ideali e queste immagini“eterne”.La Kestemberg ritiene che <strong>per</strong> uscire da questo vicolo cieco l’adolescente tenderà amoltiplicare le es<strong>per</strong>ienze. Le diverse e multiformi es<strong>per</strong>ienze, <strong>la</strong> moltiplicazione <strong>degli</strong> investimentioggettuali pur all’insegna del<strong>la</strong> mutevolezza e del<strong>la</strong> precarietà, rappresentano <strong>la</strong> rispostadell’adolescente alle difficoltà in cui si dibatte. Le nuove re<strong>la</strong>zioni d’oggetto rispetto a quellefamiliari gli serviranno infatti di supporto alle successive interiorizzazioni e poi identificazioni.Da tale mosaico e da tale situazione fluttuante potrà uscire in futuro sia <strong>una</strong> <strong>per</strong>sonalitàintegrata, sia il rischio di <strong>una</strong> rottura con <strong>la</strong> realtà di stampo psicotico. Il prodotto finale di questo“scompiglio” dei precedenti investimenti e multiformità di re<strong>la</strong>zioni oggettuali, ossiaun’identificazione più coeva, dipenderà dal<strong>la</strong> qualità <strong>degli</strong> oggetti mediatori, cioè delle es<strong>per</strong>ienzefatte con altri adolescenti, adulti o all’interno dei gruppi.Gli adolescenti in questo <strong>per</strong>iodo sono al<strong>la</strong> ricerca di un ideale dell’io, di <strong>una</strong> immaginesoddisfacente di se stessi, di un’immagine che sia capace cioè di fornire loro un sostegnonarcisistico. Certi adolescenti, i ragazzi in partico<strong>la</strong>re, troveranno <strong>una</strong> possibilità di distanziamentoin rapporto ai loro iniziali investimenti libidici nelle attività di gruppo o nell’identificazionenell’ideale di gruppo che incarna provvisoriamente l’ideale dell’Io <strong>per</strong>mettendo di riprendere quelmovimento evolutivo che l’instaurarsi del<strong>la</strong> pubertà può rischiare di compromettere gravemente.Nel caso invece in cui <strong>la</strong> destrutturazione dei vecchi ideali e immagini familiari non trovi<strong>degli</strong> oggetti mediatori, vi è il <strong>per</strong>icolo che le difficoltà d’identificazione possano dar luogo a undisturbo dell’identità sino al rischio di rottura con <strong>la</strong> realtà che può raggiungere il suo massimolivello nei disturbi psicotici.15


2.5. Erik Erikson e il concetto d’identitàErik Erikson fa parte di quegli autori che vedono l’adolescenza all’interno di <strong>una</strong> linea dicontinuità che fa capo all’infanzia. In questa prospettiva l’identità finale, come si concretizza altermine dell’adolescenza, viene vista come <strong>una</strong> configurazione che va evolvendosi, e<strong>la</strong>borando levarie fasi d’identificazione con individui del passato, comprendendone cioè tutte le identificazionisignificative, ma anche alternandole in modo da farne un complesso unico e possibilmente coerente(Erikson. 19b8, 1982).L’influsso di Anna Freud e di Hartmann, in partico<strong>la</strong>re a proposito del<strong>la</strong> qualità e forzadell’Io, uniti agli interessi <strong>per</strong> l’antropologia culturale, spingono questo autore ad allontanarsi daquello che chiamò «[…] l’approccio meccanicistico e fisicalistico del<strong>la</strong> teoria psicoanalitica»(Erikson, I 963), che o<strong>per</strong>ava <strong>una</strong> distinzione molto netta tra mondo interno ed esterno sul<strong>la</strong> scortadel modello istintivista di Freud.Erikson invece, come osserva Ancona (1968), è più interessato a sviluppare il c<strong>la</strong>ssicoconcetto di zona libidinale al<strong>la</strong>rgando<strong>la</strong> a quello di modo di funzionamento del<strong>la</strong> stessa, dandole unsignificato di scambio attivo con l’ambiente fisico e sociale circostante.In infanzia e società, Erikson propone appunto di spostare l’attenzione dalle pulsioni allemodalità che riguardano poi le attitudini di base e le “virtù”, cioè i compiti evolutivi che ogni etàdel<strong>la</strong> vita deve assolvere <strong>per</strong> mediare <strong>la</strong> forza delle pulsioni e intessere i rapporti sociali.È importante notare, aldilà di <strong>una</strong> possibile normatività insita nel concetto di virtù, che quil’interesse si sposta dagli istinti al filtro e al model<strong>la</strong>mento che le varie culture o<strong>per</strong>ano nelbambino, come appare nei famosi <strong>la</strong>vori sui Sioux o sugli Yurok che qui non abbiamo spazio <strong>per</strong>prendere in considerazione.Il termine “cultura” è assai più adeguato, nel<strong>la</strong> prospettiva di Erikson, di quello di ‘società”:egli infatti ritiene che, mentre è assolutamente chiaro ciò che deve accadere <strong>per</strong> tenere un bambinoin vita e ciò che non deve accadere <strong>per</strong> non metterlo in <strong>per</strong>icolo, un margine di arbitrarietà crescentecon lo stesso sviluppo è <strong>la</strong>sciato a ciò che può accadergli. Le varie culture cioè fanno <strong>la</strong>rgo uso delleloro prerogative <strong>per</strong> decidere ciò che esse considerano come possibile e ritengono necessario(Erikson, 1963).Possiamo a questo punto individuare <strong>una</strong> peculiarità dell’adolescenza all’interno di questomodello evolutivo: <strong>per</strong> Erikson, l’adolescenza è culturalmente determinata, molto più delle altretappe del ciclo vitale.L’adolescenza è cioè uno stadio nel quale l’individuo si sente molto più vicino al<strong>la</strong> sua epocastorica che non nel<strong>la</strong> prima fase dello sviluppo infantile ed è il <strong>per</strong>iodo in cui maggiormente lesocietà confermano l’individuo inserendolo in strutture ideologiche in cui egli può riconoscersi esentirsi riconosciuto: «[…] La formazione dell’identità <strong>per</strong>sonale oltrepassa quel processo diidentificazione a senso unico di sé con gli altri che è stato descritto nel<strong>la</strong> prima psicoanalisi.Si tratta invece di un processo basato su un’elevata capacità cognitiva ed emozionale di<strong>la</strong>sciarsi identificare come individuo circoscritto in rapporto a un universo prevedibile chetrascende le circostanze dell’infanzia» (Erikson, 1964b, p. 97).Se da un <strong>la</strong>to quindi l’adolescenza dipende dal<strong>la</strong> forza dell’Io del singolo individuo e dal<strong>la</strong> suacapacità di reagire allo sradicamento e al<strong>la</strong> crisi d’identità secondo modalità che dipendono dacome nel <strong>per</strong>iodo infantile ha integrato i differenti elementi dell’identità, dall’altro <strong>la</strong>to non menoimportante è come questo processo evolutivo è “accompagnato” dal<strong>la</strong> società e dal<strong>la</strong> cultura diappartenenza.In altri termini, se <strong>per</strong> esempio il primo stadio, il cui compito evolutivo è quello di assicurareun senso di fiducia di fondo negli altri, ha <strong>la</strong>sciato questo bisogno insoddisfatto o in terminiproblematici, l’adolescente potrà cercare con passione le <strong>per</strong>sone, le istituzioni o le idee cui poterdare <strong>la</strong> propria fede. Se il secondo stadio, che è quello che si misura col tema dell’autonomia,16


appare bene integrato, allora l’adolescente cercherà in accordo con se stesso quelle strade in cui puòesprimersi liberamente senza essere troppo attraversato dal<strong>la</strong> vergogna o dal dubbio.In questa prospettiva l’autore coglie un rapporto tra i vari tipi di adolescenti e i problemiemersi o irrisolti negli stadi anteriori nel<strong>la</strong> costruzione dell’identità:— l’adolescente al<strong>la</strong> ricerca di un ideale;— l’adolescente caparbio;— l’adolescente che funziona nell’immaginario e nell’illusione;— l’adolescente al<strong>la</strong> ricerca di un <strong>la</strong>voro appassionante senza altra motivazione;— l’adolescente ideologo.Nell’adolescenza, <strong>la</strong> “struttura ideologica” nell’ambiente diventa quindi essenziale <strong>per</strong> l’Io,<strong>per</strong>ché senza <strong>una</strong> “semplificazione ideologica” nell’universo l’Io adolescente non sa organizzareun’es<strong>per</strong>ienza adeguata alle sue specifiche capacità e al suo crescente coinvolgimento.Identità e dis<strong>per</strong>sione sono le po<strong>la</strong>rità in cui si muovono secondo Erikson gli adolescenti; egliinfatti osserva che nel<strong>la</strong> loro ricerca di identità e di <strong>una</strong> nuova continuità debbono riaccendere dellebattaglie <strong>degli</strong> anni precedenti anche a costo di attribuire il ruolo di nemici a <strong>per</strong>sone che voglionoloro bene e scegliendo idoli o ideali che sanciscono e proteggono il senso d’identità.A differenza del<strong>la</strong> Kestemberg, Erikson sottolinea maggiormente non <strong>la</strong> discontinuità, ma <strong>la</strong>ricerca di <strong>una</strong> continuità interiore che trovi conferma nel giudizio <strong>degli</strong> altri e in questa prospettivaconsidera importante l’attenzione che <strong>la</strong> società dà o non dà alle prospettive di carriera o al<strong>la</strong>capacità di scegliere un’identità professionale.In linea con quanto già osservato in re<strong>la</strong>zione al tema delle virtù di ogni età, <strong>per</strong> l’adolescenzaErikson non a caso par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> forza emergente del<strong>la</strong> fedeltà sia come fiducia in sé e negli altri, siacome esigenza di essere degni di fiducia e capaci di impegnare tutta <strong>la</strong> propria lealtà verso <strong>una</strong>causa, qualunque sia <strong>la</strong> confessione ideologica che <strong>la</strong> sottende.Il venir meno invece di questo senso di fiducia può generare insicurezza o eccessivaspavalderia od ostinato attaccamento a cause e gruppi ugualmente spavaldi.Il compito del<strong>la</strong> società è quello di integrare le varie tappe sotto pena di vedere apparire negliadolescenti <strong>una</strong> selvaggia energia distruttrice. Appare quindi più adeguato in questa prospettivapar<strong>la</strong>re di <strong>una</strong> identità psicosociale <strong>per</strong> gli adolescenti, così come di <strong>una</strong> morotoria psicosociale chetale età evolutiva rappresenta <strong>per</strong> l’equilibrio e il funzionamento di <strong>una</strong> società.E in questo senso che Erikson ritiene che se l’adolescente sente di poter aver fiducia in uominio idee attendibili può inserirsi nel<strong>la</strong> società e <strong>la</strong> sua adolescenza sarà meno “tempestosa” e menoideologica, sebbene venga riconosciuto che <strong>una</strong> necessità di ideologia vi sia sempre. In casocontrario, cioè quello di <strong>una</strong> mancanza del<strong>la</strong> reciprocità dei modi del<strong>la</strong> comunità di identificarel’individuo e di quelli di quest’ultimo di riconoscersi in essa, vi può essere un senso diestraniamento che può assumere <strong>la</strong> forma di <strong>una</strong> confusione di identità o del<strong>la</strong> scelta del<strong>la</strong> cosiddetta“identità negativa” nel senso di <strong>una</strong> sprezzante ostilità nei confronti dei ruoli presentati comedesiderabili dal<strong>la</strong> famiglia o dall’immediata comunità.2.6. La crisi depressiva dell’adolescenteWinnicott, come già osservato, non si schiera tra coloro che vedono l’adolescenza come<strong>per</strong>iodo esplosivo, anzi, è piuttosto severo verso coloro che <strong>la</strong> considerano un problema che irrita,non <strong>la</strong> tollerano e non ne accompagnano il naturale sviluppo raccogliendo <strong>la</strong> “<strong>sfida</strong>” che gliadolescenti portano al<strong>la</strong> società e agli adulti (Winnicott, 1961).Sebbene l’autore riprenda nel<strong>la</strong> letteratura di questo <strong>per</strong>iodo il riferimento al riemergere del<strong>la</strong>problematica edipica e del<strong>la</strong> maggiore pressione da parte dell’Es, sembra considerarlo più un17


corol<strong>la</strong>rio teorico importante sullo sfondo che l’effettivo oggetto del<strong>la</strong> sua attenzione.Winnicott è infatti assai più interessato a cogliere il rapporto tra problematiche adolescenzialie società o, <strong>per</strong> meglio dire, ambiente di sostegno. Egli esplicitamente osserva che molte delledifficoltà <strong>degli</strong> adolescenti <strong>per</strong> le quali viene richiesta l’assistenza dello specialista dipendono da“insufficienze ambientali”, sia da parte del<strong>la</strong> società, in senso <strong>la</strong>to, sia da parte di autorità eistituzioni che hanno a che fare con ragazzi e ragazze a questa età, nonché, infine da parte deigenitori e del<strong>la</strong> famiglia.Ma quali sono dunque le caratteristiche <strong>degli</strong> adolescenti <strong>per</strong> Winnicott? In primo luogo <strong>la</strong>tendenza al rapido alternarsi di atteggiamenti di provocatoria e insolente indipendenza regressiva, etalora anche <strong>una</strong> coesistenza nello stesso tempo di queste due modalità. Un secondo aspetto,profondamente legato al modello generale di Winnicott, è l’idea che l’adolescente si ritrovi, come ilbambino, ad affrontare un forte senso di iso<strong>la</strong>mento, almeno finché non ha “ripudiato” <strong>la</strong> realtàesterna e si è costituito come individuo distinto, cioè capace di formare rapporti con oggetti a luiesterni e al di fuori del<strong>la</strong> sua sfera di controllo onnipotente.Si può qui anticipare che Winnicott tende soprattutto a sottolineare il tema del<strong>la</strong> separazionedalle figure genitoriali e le vicende depressive legate a tale processo. In questa ottica <strong>la</strong> funzione delgruppo appare più legata a problemi psicopatologici che essere <strong>una</strong> delle aree del<strong>la</strong> mente, comesarà invece sottolineato da Meltzer.Winnicott infatti scrive: «I giovani adolescenti sono un insieme di iso<strong>la</strong>ti che tendono con varimezzi di aggregarsi mediante l’adozione di gusti comuni. Essi possono raggrupparsi se sonoattaccati come gruppo, ma questa è solo un’organizzazione paranoide reattiva in risposta ad <strong>una</strong>ttacco esterno; dopo l’aggressione tornano ad essere un aggregato di iso<strong>la</strong>ti» (Winnicott, 1971).Su questi presupposti si può comprendere come l’autore sintetizzi i “bisogni dell’adolescente”proprio in <strong>una</strong> sorta di doppio movimento in cui da un <strong>la</strong>to vi è il bisogno di evitare false soluzioni ecompromessi, sentirsi reale o anche sopportare di non sentirsi tali e dall’altro <strong>la</strong>to il bisogno di<strong>sfida</strong>re un ambiente in cui tuttavia tale provocazione venga tollerata e assicurata <strong>la</strong> necessità didipendenza.In altre parole, <strong>la</strong> società deve essere in grado di accettare <strong>la</strong> crisi depressiva dell’adolescente,intesa appunto come distacco dagli oggetti primari e sopportazione di non sentirsi ancora reali,come <strong>una</strong> fase di sviluppo attraverso un processo naturale di crescita.Il compito che Winnicott assegna al<strong>la</strong> società, come del resto Erikson, sebbene su <strong>una</strong>teorizzazione diversa, è di accompagnare questo processo evolutivo nell’idea che <strong>la</strong> migliore curadell’adolescenza sia il passare del tempo.Si potrebbe dire che è necessario sopportare che gli adolescenti transitino <strong>per</strong> un certo <strong>per</strong>iodoattraverso <strong>una</strong> zona di bonaccia, cioè <strong>una</strong> fase in cui si sentono futili e non hanno ancora trovato sestessi. Se al contrario questo processo evolutivo non viene “sostenuto” o alcuni singoli adolescentisono troppo disturbati, il gruppo può essere utilizzato dai ragazzi e dalle ragazze <strong>per</strong> dar corpo al<strong>la</strong>propria sintomatologia potenziale e ciò vale soprattutto <strong>per</strong> le tendenze antisociali.E <strong>per</strong> questo, secondo Winnicott, che un gruppo può identificarsi con il membro piùsofferente che può essere un adolescente depresso o con <strong>una</strong> condotta delinquenziale, <strong>per</strong> cui èpossibile che l’intero gruppo manifesti un umore depressivo o si schieri a fianco del soggettoantisociale (Winnicott, 1971).Accade così che nel gruppo scelto dall’adolescente <strong>per</strong> identificarvisi, o nell’aggregato diiso<strong>la</strong>ti che si riunisce in gruppo in risposta ad un attacco, i membri che occupano le posizioni piùestreme sono quelli che rappresentano l’intero gruppo.Ogni genere di azioni nel<strong>la</strong> lotta dell’adolescente, il furto, l’uso del coltello, <strong>la</strong> fuga,l’irruzione, tutte queste cose vanno incluse nel<strong>la</strong> dinamica di questo gruppo, come il sedere in uncircolo e ascoltare musica jazz o a bere. E se non succede niente, i singoli membri del gruppocominciano a sentirsi insicuri del<strong>la</strong> realtà del<strong>la</strong> loro protesta, e tuttavia non sono abbastanza turbati e18


agitati da compiere gli atti antisociali che aggiusterebbero le cose. Ma se nel gruppo c’è unelemento antisociale, o due o tre, pronti a comportarsi in modo antisociale, questo fatto tutti gli altri,li fa sentire reali, e temporaneamente struttura il gruppo.Si potrebbe dire che l’adolescenza <strong>per</strong> Winnicott è <strong>una</strong> fase di transizione in cui si oscil<strong>la</strong> tra<strong>la</strong> capacità di reggere <strong>la</strong> depressione nel non sentirsi ancora reali e compiuti e l’uso dell’aggressivitàe <strong>degli</strong> acting out che hanno <strong>una</strong> funzione apparentemente e temporaneamente integrativa eautoaffermativa.La grande <strong>sfida</strong> <strong>degli</strong> adolescenti al mondo <strong>degli</strong> adulti non è tanto da vedersi nel “fastidio”che <strong>la</strong> loro condotta e problematicità comporta, ma è piuttosto nell’andare a toccare quel<strong>la</strong> parte dinoi, più o meno grande a seconda dei casi, che non ha vissuto fino in fondo <strong>la</strong> crisi depressiva chel’adolescenza comporta.2.7. Confusione e crisi d’identitàIl contributo di Meltzer sull’adolescenza deve essere visto all’interno del tentativo, che puòessere considerato più o meno riuscito, di collegare le caratteristiche del<strong>la</strong> mente con il contesto quida intendersi come al<strong>la</strong>rgamento del luogo mentale dell’Inconscio sul<strong>la</strong> scorta del<strong>la</strong> lettura intermini più re<strong>la</strong>zionali del concetto d’identificazione proiettiva.L’accento nel<strong>la</strong> problematica adolescenziale viene tolto al<strong>la</strong> sessualità tout court e postomaggiormente sulle preoccupazioni del<strong>la</strong> conoscenza e del capire in linea con i temi del modellokleiniano. Meltzer mette in evidenza due aspetti di fondo tra loro collegati:a) in primo luogo, ricollega <strong>la</strong> crisi d’identità adolescenziale al concetto di confusioneche vede determinato a sua volta dal<strong>la</strong> caduta dell’onnipotenza e del<strong>la</strong> conoscenza magica infantile;b) in secondo luogo, sottolinea <strong>la</strong> difficoltà di entrare in contatto con gli adolescentidata <strong>la</strong> mobilità dei loro riferimenti mentali che oscil<strong>la</strong>no tra <strong>la</strong> comunità dei pari, <strong>degli</strong> adulti, del<strong>la</strong>famiglia o infine nell’iso<strong>la</strong>rsi in se stessi.In questa prospettiva, le dinamiche del<strong>la</strong> sessualità messe in evidenza da tanti autori <strong>per</strong>dono<strong>la</strong> loro centralità. E infatti soprattutto lo stress del<strong>la</strong> confusione che l’adolescente è impegnato arisolvere e tra le varie soluzioni le attività sessuali possono essere <strong>una</strong> delle strategie possibili speciese, come vedremo, sono collegate all’identificazione con il gruppo dei pari.La confusione può riguardare vari parametri: quel<strong>la</strong> tra buono e cattivo; tra zone e funzionidelle zone in rapporto all’oggetto; tra maschile e femminile; tra adulto e bambino (Meltzer, 1973).Rispetto ai bambini che fantasticano che <strong>la</strong> conoscenza sia qualcosa di concreto, che esistaconcretamente in qualche posto e che infine i genitori siano in possesso di tutta <strong>la</strong> conoscenza delmondo, diversa è invece <strong>la</strong> condizione adolescenziale «[…] quando l’adolescente si libera da questasottomissione ai genitori, come <strong>per</strong>sone che sanno tutto e devono sa<strong>per</strong>e tutto <strong>per</strong>ché conoscono ilgrande segreto di fare i bambini, prorompe tutto il mondo del<strong>la</strong> confusione che era stato tenutonascosto dal<strong>la</strong> convinzione dell’onniscienza dei genitori» (Meltzer,1978a, p. 19).E infatti importante sottolineare che <strong>per</strong> Meltzer tutto ciò che emerge al momentodell’adolescenza esisteva già precedentemente, prima del <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza, e che il romanzofamiliare può derivare da <strong>una</strong> carenza dell’età di <strong>la</strong>tenza con continue fantasie infantili che non sonostate sufficientemente rimosse. In questa crisi d’identità e nell’acuta <strong>per</strong>dita dell’identità familiareche il ragazzo s<strong>per</strong>imenta al momento del<strong>la</strong> pubertà, ciò che è importante è <strong>la</strong> scelta tra l’idea diessersi fatto da solo e l’idea, fiabesca e astratta, che i genitori stiano in qualche altro posto (Meltzer,1978a, p. 19).19


La scelta tra l’essere egli stesso i suoi genitori e il sentire e il teorizzare che si è creato da soloe che è il figlio di <strong>una</strong> qualche entità astratta genitoriale come, ad esempio, Dio o <strong>una</strong> partico<strong>la</strong>resquadra di calcio, è estremamente cruciale. Questa è <strong>la</strong> crisi d’identità, è un ‘altra area diconfusione che ricopre tutte le altre confusioni [corsivo nostro, N.d.A.], è il problema essenziale delmondo <strong>degli</strong> adolescenti.E rispetto a questa dinamica di fondo e soprattutto al tentativo di risolver<strong>la</strong> che sorge <strong>la</strong>possibilità di identificarsi con <strong>la</strong> comunità <strong>degli</strong> adolescenti o di essere un individuo iso<strong>la</strong>to con ideegrandiose come quelle di avere <strong>una</strong> missione unica nel mondo.Meltzer mette infatti in evidenza che l’adolescente si trova in un partico<strong>la</strong>re momentoevolutivo, in <strong>una</strong> sorta di quadrivio tra quattro comunità: quel<strong>la</strong> dei bambini, quel<strong>la</strong> <strong>degli</strong> adulti,quel<strong>la</strong> dei coetanei e l’iso<strong>la</strong>mento. Ogni partecipazione a ciasc<strong>una</strong> di queste quattro possibilitàimplica stati del<strong>la</strong> mente differenti e molto iso<strong>la</strong>ti gli uni dagli altri e <strong>per</strong> giunta mutevoli ecangevoli.L’adolescente è infatti secondo Meltzer in costante movimento in avanti e indietro fra questequattro posizioni nel tentativo di su<strong>per</strong>are uno stato di confusione e disillusione rispettoall’organizzazione del mondo che aveva s<strong>per</strong>imentato nel<strong>la</strong> prima infanzia e nell’intento diripristinare un senso di unitarietà.Partico<strong>la</strong>rmente felice mi sembra <strong>la</strong> descrizione di questo movimento oscil<strong>la</strong>torio: gliadolescenti possono cercare infatti di trovare <strong>la</strong> propria strada in avanti nell’essere adulti, nel sensocioè di essere potenti e indipendenti, ma contemporaneamente possono cercare <strong>la</strong> loro stradaindietro nel contatto con le figure che conoscevano tutto, almeno in fantasia, o potevano far tutto.Sono cioè impegnati nel tracciare <strong>la</strong> complessa distinzione tra adulto e bambino.Oppure possono cercare <strong>la</strong> loro strada avanti <strong>per</strong> mezzo dell’acting, <strong>per</strong> esempio <strong>per</strong> mezzodei rapporti sessuali o su<strong>per</strong>ando gli esami, o guadagnando soldi, tuttavia possono anche trovare <strong>la</strong>propria strada indietro nel sognare, nel fare fantasie, o interessandosi di arte, letteratura o problemifilosofici.E proprio questa oscil<strong>la</strong>zione tra investimenti sul mondo interno o esterno, tra azione epensieri astratti, tra sentimenti di intolleranza e mancanza di pietà oppure di altruismo e disensibilità che consiste “lo straordinario splitting” in cui si trova l’adolescente.Il punto cruciale nel<strong>la</strong> sua indecisione tra questo andare avanti o tornare indietro è il problemache riguarda <strong>la</strong> sofferenza mentale, se potrà cioè essere tollerato il dolore mentale e vi sarà <strong>una</strong> certaCapacita di aspettare che <strong>la</strong> confusione si chiarisca, oppure se tale stato, proprio dell’adolescenza,sarà evitato e non sarà vissuto fino in fondo.Meltzer in effetti suggerisce che è nel<strong>la</strong> comunità <strong>degli</strong> adolescenti, da intendersi come <strong>la</strong>transitoria coincidenza tra uno stato del<strong>la</strong> mente e <strong>la</strong> realtà esterna, che i ragazzi possono reggere eidealizzare <strong>la</strong> confusione.La fiducia e il riferimento massiccio al<strong>la</strong> comunità <strong>degli</strong> adulti con <strong>la</strong> conseguente ricerca delsuccesso e dello status sociale, può implicare invece <strong>la</strong> negazione del<strong>la</strong> confusione. Sono quegliadolescenti descritti da Meltzer come spietati ed efficienti che non si vedono in <strong>psicoterapia</strong>, mapotranno avere notevoli difficoltà da adulti.Vi può essere <strong>una</strong> terza possibilità, il tornare indietro nel<strong>la</strong> famiglia ristabilendo <strong>la</strong>idealizzazione dei genitori. Sono quelle situazioni che devono essere intese come un prolungamentodel<strong>la</strong> <strong>la</strong>tenza e sottendono <strong>la</strong> fantasia che ci si aspetta sempre che qualcuno venga in aiuto. Infine, vipuò essere l’iso<strong>la</strong>mento che ha come conseguenza l’accentuarsi del<strong>la</strong> megalomania edell’onnipotenza e che Meltzer vede come espressione di un crollo di <strong>una</strong> “grave” idealizzazionedei genitori con l’incapacità inoltre di ricostruir<strong>la</strong> con “investimenti” più concreti sul piano del<strong>la</strong>vita sociale e dei legami affettivi.Non a caso partico<strong>la</strong>re attenzione è data da Meltzer (1978b) al<strong>la</strong> funzione del gruppo deicoetanei che è il posto dove l’adolescente riesce a cristallizzare le continue oscil<strong>la</strong>zioni,20


mantenendo <strong>una</strong> sufficiente mobilità e senza l’intervento <strong>degli</strong> adulti.La distinzione tra gruppo puberale e gruppo adolescenziale è importante ai fini del<strong>la</strong> letturasecondo l’oscil<strong>la</strong>zione PSI|? |D nei termini del modello kleiniano-bioniano. Infatti, è nel gruppopuberale, formato da ragazzi dello stesso sesso, che si annida il rischio di <strong>una</strong> psicopatologia,<strong>per</strong>lomeno se l’appartenenza a esso <strong>per</strong>dura eccessivamente oltre un <strong>per</strong>iodo iniziale. In questogruppo è più presente <strong>una</strong> mentalità psicoparanoide, nel senso che <strong>la</strong> funzione principale è quel<strong>la</strong> dievitare <strong>la</strong> sofferenza mettendo<strong>la</strong> fuori nel gruppo dell’altro sesso. Meltzer e Martha Harris (1983)par<strong>la</strong>no a proposito di un tale tipo di gruppo di stato mentale “banda delle ragazze” o “banda deiragazzi”, a seconda dei casi.Questo gruppo tuttavia comincia naturalmente a disintegrarsi quando i suoi componenti, viavia, vanno nel gruppo eterosessuale adolescenziale. È quando entra in questo gruppo chel’adolescente comincia a poter s<strong>per</strong>imentare vissuti depressivi, è capace di soffrire e quindi vipossono essere delle buone possibilità di sviluppo.Una volta che il passaggio dal gruppo pubere al gruppo adolescenziale è avvenuto, il rischiodi <strong>una</strong> patologia grave o dell’instaurarsi di <strong>per</strong>sonalità rigide è, almeno parzialmente, evitato. Si ècioè instaurata <strong>una</strong> modalità più vicina al<strong>la</strong> posizione depressiva con <strong>una</strong> maggiore tolleranza asopportare <strong>la</strong> sofferenza e <strong>la</strong> confusione e <strong>una</strong> certa capacità a confrontarsi con le emozioni e leimmagini del mondo interno.21

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