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L'adolescenza una sfida per la psicoterapia - Università degli Studi ...

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possono apparire non solo aspetti ribelli o critici, ma addirittura dimensioni fortemente distruttive eviolente.Diversa è invece <strong>la</strong> posizione di Evelyn Kestemberg (1962, 1980; Kestemberg, Morvan,1985) che rispetto a Erikson mette al contrario più in evidenza il tema del<strong>la</strong> rottura e il rigetto delleidentificazioni precedenti. Tanto Erikson, in linea con il suo modello, sottolinea l’identità come <strong>una</strong>costruzione progressiva, tanto <strong>la</strong> Kestemberg par<strong>la</strong> del<strong>la</strong> crisi adolescenziale come di uno«sconvolgimento necessario e fruttuoso». Per l’autrice, <strong>la</strong> crisi adolescenziale deve essere vistacome un “organizzatore”, termine che rimanda al modello di sviluppo proposto da Spitz. Il concettodi organizzatore indica che tutto un fascio di sviluppo ‘conduce al<strong>la</strong> necessità di <strong>una</strong>riorganizzazione d’insieme che prende <strong>la</strong> forma di <strong>una</strong> “crisi”.Dunque, <strong>la</strong> cancel<strong>la</strong>zione del<strong>la</strong> crisi, il suo mascheramento o anche quelle crisi che contermine suggestivo possono essere chiamate “a bassa voce”, possono portare a un impoverimentodell’individuo, mentre, al contrario, <strong>la</strong> risoluzione del<strong>la</strong> crisi è fonte di progresso genetico.Questo progresso tuttavia implica, come già osservato, che «<strong>la</strong> pubertà trascini, brutalmente oprogressivamente, <strong>una</strong> riorganizzazione, con le inquietudini re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> identità e uno “scompiglio”delle identificazioni anteriori» Kestemberg, 1980).Sono soprattutto gli “oggetti” genitoriali che l’adolescente deve respingere <strong>per</strong> staccarsi dal<strong>la</strong>precedente immagine di sé e <strong>per</strong> allontanarsi dall’investimento edipico.Questo processo, che in un certo senso corrisponde a un dissolvimento dei punti di riferimentousuali, implica un rigetto di sé come essere sessuato, un viversi estraneo dagli altri e a se stesso. Lacondizione adolescenziale viene infatti vista come caratterizzata dal misurarsi su varie sfaccettaturesenza che sia ancora possibile, e <strong>per</strong> altri versi augurabile, <strong>una</strong> capacità di definire un insieme.Assai partico<strong>la</strong>re e originale è infine l’interpretazione delle dinamiche adolescenziali propostada Donald Meltzer e Martha Harris (1973, 1978a, 1983), autori che si allontanano dal modello dellepulsioni dando partico<strong>la</strong>re importanza al contesto in cui vive l’adolescente. Meltzer infattiimplicitamente indica <strong>la</strong> poca p<strong>la</strong>usibilità che l’e<strong>la</strong>borazione del nuovo Sé corporeo possa avveniresolo nel<strong>la</strong> mente dell’adolescente al di fuori di qualsiasi contesto.L’adolescente, a suo avviso, vive infatti in contatto con diverse “comunità”: il bambino nel<strong>la</strong>famiglia, il mondo <strong>degli</strong> adulti, il mondo <strong>degli</strong> adolescenti e l’adolescente iso<strong>la</strong>to. Egli è in costantemovimento in avanti o indietro fra queste quattro posizioni: «[...] il tentare un’analisi con <strong>una</strong>dolescente è estremamente difficile <strong>per</strong>ché egli non è realmente ancorato in nessun posto. Ogni suapartecipazione a <strong>una</strong> di queste quattro comunità separate implica uno stato del<strong>la</strong> mente, o simanifesta con stati del<strong>la</strong> mente che sono molto "iso<strong>la</strong>ti" gli uni dagli altri. Si trova quindi in <strong>una</strong>posizione piena di tormento, nel<strong>la</strong> quale egli sente che nessuno può aiutarlo» (Meltzer, 1978a, p.20).In altri termini, l’essenza dell’adolescenza consisterebbe in questo «straordinario splitting»,<strong>per</strong> dir<strong>la</strong> con Meltzer, tra sentimenti di conquista del mondo esterno sino al<strong>la</strong> spietatezza esentimenti di altruismo, tenerezza, importanza <strong>per</strong> le re<strong>la</strong>zioni umane.Anche Meltzer e Martha Harris come Evelyn Kestemberg sembrano prevedere <strong>una</strong> prognosipiù favorevole <strong>per</strong> quegli adolescenti che sono in grado di avvertire e comunicare il dolore e <strong>la</strong>sofferenza di questa crisi in cui viene messo in discussione l’assetto del mondo interno, delleinteriorizzazioni, con investimenti e proiezioni agite su diverse dimensioni del<strong>la</strong> realtà.Ugualmente più difficili appaiono quelle situazioni di crisi “a bassa voce” o, come scriveMeltzer, quegli adolescenti che in genere gli psicoanalisti non vedono, quelli cioè che hannosuccesso, che vanno avanti senza pietà finendo <strong>per</strong> vivere, da adulti, <strong>una</strong> vita che non è altro che <strong>una</strong>ripetizione del <strong>per</strong>iodo di <strong>la</strong>tenza nel senso di <strong>una</strong> maggiore piattezza rispetto alle sfumature delledinamiche affettive. Una vita in cui manca cioè quel turmoil adolescenziale che <strong>per</strong>mette tuttavia die<strong>la</strong>borare e rendere più complesso il mondo delle emozioni.7

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