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Ogni angelo è tremendo - Su ali d'aquila

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3.L’insonnia è stata la compagna fedele di gran parte della mia vita. Forse per questo, hopiù ricordi notturni che diurni della mia prima infanzia.Potrei ancora descrivere tutti gli istanti delle mie notti come una radiocronaca di unapartita di calcio. L’andata a letto, dopo Carosello; il bacio della buonanotte – quel bacio cheavrebbe dovuto essere uno scudo, una pozione magica contro il terrore che, da lì a poco,avrei dovuto arontare – e la solita domanda retorica che facevo a mia madre: “Dormirò,vero?” e la sua altrettanto retorica rassicurazione: “Certo che dormirai!” La luce che sispegneva e poi, ancora per qualche ora, i rassicuranti rumori della casa – la radio prima, latelevisione poi. Inne quelle voci cominciavano ad aevolirsi e iniziava la sequenza deirumori igienici – rubinetti, sciacquoni e l’ultima pipì dell’inquilino di sopra, che chiudeva ledanze.Soltanto allora si apriva l’orrore della notte. Il rombo delle auto sempre meno frequente,il atone della lovia che apriva le porte con uno sbuo sotto la mia nestra per poiallontanarsi verso il capolinea.Poi anche l’autobus niva le sue corse e si apriva il tempo sospeso, il tempo vuoto. Iltempo del terrore e della claustrofobia, il tempo degli scricchiolii e dei sussurri, delle voci edei mostri, delle loro risate sadiche che echeggiavano nella stanza.Finché ancora dormivo con mio fratello, di tanto in tanto tentavo un “Dormi?” ma il suosilenzio era la più eloquente delle risposte.Un pomeriggio riuscii persino a escogitare un antidoto, disegnando a matita sulla pareteaccanto al mio letto un mostro che più mostruoso non poteva essere. E quel mostro, vistoche l’avevo creato io, aveva una preziosa caratteristica – era un mio amico, un Golem almio devoto servizio. Quando però lo mostrai a mio fratello, la risposta fu degna della suaconcretezza:“Dov’è? Cos’è? Vedo soltanto uno scarabocchio.”La tragedia della stanza vuota arrivò a cinque anni, quando cambiammo casa. Non piùdomande, non più il suo rassicurante respiro da bambino con le adenoidi. Sola! Sola con ilsilenzio. Sola con i mostri. Sola con un’alba che non arrivava mai.Che sollievo quando il chiarore iniziava a ltrare sotto la nestra! E, con il chiarore, gliuccelli cominciavano a cantare sugli alberi intorno – i merli per primi, poi gli uccelli piùpiccoli. Quando le tortore partivano con i loro tristissimi versi, il mio corpo nalmente sirilassava. Ecco, finalmente era giunto il momento di dormire.Ma dopo un’ora già si presentava l’incubo di andare a scuola. In aula ciondolavo con latesta, capivo ancor meno di quello che sarei stata in grado di capire. Quando mia madreandava ai colloqui, la maestra la rimproverava: “La bambina non deve stare alzata no a

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