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Operare come educatore professionale significa essere “agente di ...

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Le Relazioni EducativeWalter Brandani*Annalisa Masciadri**<strong>Operare</strong> <strong>come</strong><strong>educatore</strong><strong>professionale</strong><strong>significa</strong> <strong>essere</strong>“agente<strong>di</strong> cambiamento”Unapremessa: funzioni eruolo <strong>di</strong> un <strong>educatore</strong><strong>professionale</strong> in ADMDa una attenta analisi <strong>di</strong> moltiservizi <strong>di</strong> Assistenza Domiciliareai Minori (ADM) si può notare<strong>come</strong> gli interventi siano spessoattivati senza un’effettiva consapevolezzadelle potenzialità che essioffrono e senza un’effettiva conoscenzadel ruolo e delle funzioni<strong>di</strong> un <strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong>.Sono sempre più <strong>di</strong>ffusi, adesempio, interventi che, in uncontesto <strong>di</strong> relativa valorizzazione<strong>professionale</strong>, sacrificano lefinalità educative per sod<strong>di</strong>sfarebisogni <strong>di</strong> baby sitting e <strong>di</strong> sostegnoscolastico; o che hannolo scopo <strong>di</strong> sopperire alla carenza<strong>di</strong> altri servizi, <strong>come</strong> nel casodell’assolvimento <strong>di</strong> attività <strong>di</strong>agnostichesul nucleo famigliare.Nell’iniziare questo articolo vogliamoriba<strong>di</strong>re alcuni elementicostitutivi della figura dell’<strong>educatore</strong>,elementi che spesso nontrovano riscontro nei servizi incui le attività sono svolte al domiciliodel minore (a partire daiservizi voucherizzati, dove le prestazionilavorative sono pagatead ore).L’intervento educativo, in taleambito, non è semplicementeun servizio per un’altra persona,ma si identifica in un’attività <strong>di</strong>lavoro che si svolge con l’utentee che è intesa a produrre uncambiamento.<strong>Operare</strong> <strong>come</strong> <strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong><strong>significa</strong> <strong>essere</strong> “agente<strong>di</strong> cambiamento”, accompagnareil minore nel suo percorso <strong>di</strong>crescita e non “fornire al minoreuna prestazione”. A tale finenon è possibile esimersi dall’entrarein contatto e dal consideraree interagire con le <strong>di</strong>verse<strong>di</strong>mensioni esistenziali che contrad<strong>di</strong>stinguonoogni in<strong>di</strong>viduo:la corporeità, l’ambiente <strong>di</strong> vita,la <strong>di</strong>mensione psicologica equella relazionale.In questo modo è possibile operarea favore dei soggetti ai qualici si rivolge per la costruzione <strong>di</strong>un progetto <strong>di</strong> vita che sia in grado<strong>di</strong> integrare le risorse personalicon le risorse esterne. E’ importanterimarcare, infatti, che icambiamenti che l’<strong>educatore</strong> attivae favorisce non riguardanomai un singolo minore ma coinvolgono,in varia misura, anchel’insieme delle sue reti <strong>di</strong> relazioneed i suoi spazi <strong>di</strong> vita. Svolgeretutte queste funzioni è ben altroche fare i compiti con unbambino, stare a casa sua quandoi genitori sono assenti o “fingere<strong>di</strong> giocare con lui” solo perverificare l’adeguatezza o l’inadeguatezzadei genitori.L’incontro tra l’<strong>educatore</strong> e ilminore deve tendere ad instaurareuna relazione educativa, allacostruzione <strong>di</strong> un <strong>significa</strong>tivocoinvolgimento attivo delminore, in assenza del quale sidetermina la impossibilità <strong>di</strong>qualsiasi forma <strong>di</strong> maturazioneo cambiamento.Molte attività dell’<strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong>sono legate al quoti<strong>di</strong>ano,al fare con ed alla con<strong>di</strong>visione<strong>di</strong> tempi e spazi con il minore.Tali azioni sono strumentiche servono ad instaurare una relazioneeducativa ed a produrreun cambiamento all’interno <strong>di</strong>un rapporto circolare dove il daree avere è riferito sia all’<strong>educatore</strong>che all’utente.Nell’attivare questi interventil'attenzione dell'<strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong>non è posta solo aquello che egli compie ma anchea quello che l'utente percepisce.Un intervento può risultareteoricamente ineccepibile,ma perdere <strong>di</strong> efficacia se rispettoai suoi intenti la percezionedell'utente è totalmente <strong>di</strong>versa.Le attività che l’<strong>educatore</strong> svolgea <strong>di</strong>retto contatto con il minore,al centro delle quali, cioè, vi èproprio la relazione<strong>educatore</strong>–utente, devono <strong>essere</strong>mirate ad obiettivi precisi e nonimprovvisate. In altri termini, essedevono <strong>essere</strong> caratterizzate daintenzionalità. Proprio la capacità<strong>di</strong> procedere avendo in mentefinalità, obiettivi e tempi dell’interventoè l’elemento qualificantedel lavoro dell’<strong>educatore</strong><strong>professionale</strong> all’interno un servizio<strong>di</strong> assistenza domiciliare. Perfare questo, egli deve recuperareil tempo per svolgere, anche attraversoun lavoro all’interno dell’organizzazione<strong>di</strong> appartenenza,tutte quelle attività in<strong>di</strong>rette (<strong>come</strong>la progettazione, programmazione,la verifica, la supervisione,etc), nelle quali il focus è rappresentatodall’organizzazione e daiprocessi dell'intervento.Essendo poi la relazione educativaprincipalmente una relazionetra persone, essa pone ulteriromentela necessità del mantenimento<strong>di</strong> un equilibrio tra ilcoinvolgimento e il <strong>di</strong>stacco.Non è concesso lasciarsi prenderedalle situazioni vissute dalminore, ma non si può neanche<strong>di</strong>staccarsene troppo, altrimentisi corre il rischio <strong>di</strong> mostrarsi<strong>di</strong>sinteressati.Il mantenimento dell'equilibriotra queste due <strong>di</strong>mensioni è spessomolto <strong>di</strong>fficile perché chiamain causa aspetti altamente personalidell'<strong>educatore</strong> che attengonoalla sua sfera emotiva ed affettivapiù che a quella riflessiva.Educare in un labirinto <strong>di</strong> relazioniOsservando dall’alto un labirinto,esso ci appare <strong>come</strong> un <strong>di</strong>segnogeometrico ben delineato12


Le Relazioni Educativealto rischio <strong>di</strong> fallimento. Adesempio, se l’<strong>educatore</strong> non èaccolto, con un minimo <strong>di</strong> consapevolezzaprogettuale dai genitori,sarà molto <strong>di</strong>fficile chepossa entrare in casa ed <strong>essere</strong>investito <strong>di</strong> una simbolica possibilità<strong>di</strong> cambiamento e <strong>di</strong> trasformazione;più verosimilmenteegli sarà vissuto <strong>come</strong> elementopersecutorio ed espulsoin breve tempo.Per l’assistente sociale, dal momentoin cui un <strong>educatore</strong> entranell’ambiente domestico,cresce in modo esponenziale lapossibilità <strong>di</strong> conoscere il nucleofamigliare in carico. Ciòaccade perché l’<strong>educatore</strong> siespone personalmente, accetta<strong>di</strong> correre il rischio <strong>di</strong> mostrarsiagli utenti per ciò che anch’egliè, instaurando, <strong>come</strong> già detto,una relazione educativa e reciproca,che spesso consente <strong>di</strong>raggiungere la persona neglispazi intimi della sua vita, contribuendocosì ad approfon<strong>di</strong>ree comprendere le ragioni del <strong>di</strong>sagioper cui si è intervenuti.L’assistente sociale accoglie icontributi dell’<strong>educatore</strong> <strong>come</strong>una ricchezza, un patrimonio<strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> informazioniche gli permettono <strong>di</strong> guardareavanti, verso l’evoluzionedella situazione, ipotizzando ilmomento in cui il nucleo potràcamminare con le sue gambee, quin<strong>di</strong>, si potrà “chiudereil caso” o, meglio, portare atermine il lavoro.Si evidenzia chiaramente la “<strong>di</strong>fficoltà”del ruolo dell’<strong>educatore</strong>:sapere stare sia da una parte(il servizio inviante) che dall’altra(il nucleo famigliare), finalizzandoil proprio intervento eavendo sempre in mente le meteprogettate.Per l’<strong>educatore</strong> è importante integrareil suo progetto educativocon il progetto complessivo delServizio Sociale, affinché entrambioperino nella stessa <strong>di</strong>rezionecon un’attività omogenea e coerente.L’integrazione protegge l’<strong>educatore</strong>dal rischio <strong>di</strong> schierarsida una sola delle due parti.A tal fine è in<strong>di</strong>spensabile metedarmonico, un <strong>di</strong>segno piacevole;ma se lo guar<strong>di</strong>amo dall’internola prospettiva <strong>di</strong>vienecompletamente <strong>di</strong>versa.Cerchiamo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> abbandonarel’approccio meta-descrittivodell’assistenza domiciliare ai minoriper offrire una sua visionedal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> chi, <strong>come</strong> l’<strong>educatore</strong><strong>professionale</strong>, in contattoquoti<strong>di</strong>ano con minori in <strong>di</strong>fficoltà,ne con<strong>di</strong>vide tempi, spazi eluoghi, addentrandosi in un ambitoe in un progetto che spesso,<strong>come</strong> un labirinto, crea una sensazione<strong>di</strong> smarrimento e non svelasin dai primi passi la via d’uscita.Nell’intervento l’<strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong>si colloca in una posizionedefinibile metaforicamente<strong>come</strong> un “ponte” tra <strong>di</strong>versi soggetti:ad esempio tra il Tribunaleper i Minori ed i Servizi Sociali,tra l’assistente sociale ed il “caso”in carico <strong>di</strong> sua competenza, tra igenitori e ancora i Servizi Sociali,tra i genitori e i figli.Egli, precisamente rappresenta unponte che deve agevolare la comunicazione,la conoscenza, l’emergeredei bisogni <strong>di</strong> ogni singolosoggetto, rendendo visibile econ<strong>di</strong>visibile, il progetto educativopiù adeguato attraverso uname<strong>di</strong>azione tra le <strong>di</strong>verse realtà.Intorno al minore sono presentiuna serie <strong>di</strong> soggetti formali(Servizi Sociali, Tribunale per iMinori, Unità operativa <strong>di</strong> Neuropsichiatriaper l’Infanzia e l’Adolescenza,Scuola, etc…) e<strong>di</strong>nformali ( genitori, parenti, volontari,amici, etc...), che spessosembrano avere istanze <strong>di</strong>vergenti,a volte interferenti con laprogettualità stessa dell’intervento<strong>di</strong> assistenza domiciliare.L’<strong>educatore</strong>, consapevole <strong>di</strong> operarein un servizio connotato dauna forte tendenza all’impreve<strong>di</strong>bilitàed alla complessità, devecomunque far precedere ad ogniintervento momenti <strong>di</strong> riflessionesul cosa fare e sul <strong>come</strong> farlo.Per evitare <strong>di</strong> ridurre la praticaeducativa dell’assistenza domiciliaread un fare fine a se stesso oad un attivismo dettato da necessitàoperative imme<strong>di</strong>ate, èvitale allora trovare spazio, insiemea tutta l’èquipe, per pensare,per riuscire a tratteggiare iproblemi sui quali si intendeagire, in modo da rappresentarli,conoscerli, elaborarli, costruendoipotesi, percorsi <strong>di</strong> lavoro.Tuttavia, trovare questo tempo èsempre più <strong>di</strong>fficile, in quantomolti servizi agiscono “semprein urgenza”, sollecitati, ad esempio,da un decreto del Tribunaleper i Minori.Può capitare, infatti, che il Tribunaleprescriva l’assistenza domiciliare,rendendo l’intervento“legge” e, conseguentemente,“obbligando” il Servizio Socialead attuarlo.Esiste però una sostanziale <strong>di</strong>fferenzatra rispondere al mandatodel Tribunale e inviare un <strong>educatore</strong>a domicilio.È a questo punto che la competenzadell’<strong>educatore</strong> e la progettualitàdel servizio stesso entranoin gioco.Per attuare un intervento sononecessarie alcune con<strong>di</strong>zioni:- una conoscenza del nucleo familiare(<strong>di</strong>namiche tra i suoimembri, punti <strong>di</strong> vista dei <strong>di</strong>versisoggetti, compreso quello deiminori, identificazione delle risorseresidue che lascino ipotizzareun progetto educativo possibileed efficace)- una minima <strong>di</strong>sponibilità ecollaborazione da parte dei genitoriche nell’ambito del progettovengono considerati <strong>come</strong>parte attiva sui cui fondare ilprogetto <strong>di</strong> cambiamento e <strong>di</strong>evoluzione del nucleo intero- l’esclusione <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong>pregiu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> rischio tali dafare immaginare un altro tipo <strong>di</strong>intervento.In assenza <strong>di</strong> tali prerequisiti, aiquali si perviene attraverso unlavoro <strong>di</strong> conoscenza e <strong>di</strong> osservazionesvolta dall’èquipe deiServizi Sociali, l’<strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong>non può dare inizioalla sua attività .Se essa inizia senza i presupposticitati e senza una approfon<strong>di</strong>taanalisi del bisogno espressodalla famiglia, ci si troverà nellacon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> lavorare con unPer evitare<strong>di</strong> ridurrela praticaeducativaad un farefine ase stesso,è vitale trovarelo spazio per“pensare”13


Le Relazioni Educative14tere a <strong>di</strong>sposizione dei professionisti,che sono parte integrante<strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong> assistenzadomiciliare (assistenti sociali,educatori professionali,psicologi) la possibilità <strong>di</strong> lavorarein èquipe, intesa <strong>come</strong> illuogo del pensiero, dell’ideazione<strong>di</strong> progetti, della verifica evalutazione, e non <strong>come</strong> il luogodel passaggio <strong>di</strong> informazioniespresse in poco tempo traun’urgenza e l’altra.In mancanza <strong>di</strong> un tale approcciometodologico - che purtroppola realtà attuale vede semprepiù spesso sacrificato -, gli operatorirestano soli nella lororealtà operativa, spesso anche fisicamente,in quanto viene menola stessa appartenenza alcontesto lavorativo.L’<strong>educatore</strong> si sente solo con ilnucleo famigliare che gli è statoassegnato, e la gestione in<strong>di</strong>vidualedel peso emotivo <strong>di</strong> ciòche vive nella realtà famigliare, loinduce a <strong>di</strong>sinvestire e a proteggersi,minimizzando l’interventoe riducendo drasticamente il suopotenziale evolutivo e terapeutico,contribuendo a rendere unintervento <strong>di</strong> grande portata unintervento “<strong>di</strong>cibile” “documentabile”“numerabile” per gli amministratori,del quale, però, nonsi conosce e non si indaga la qualitàe la ricaduta sociale.Per gli altri operatori dell’èquipesi riduce così la possibilità <strong>di</strong>sentirsi in contatto con il lavorodell’<strong>educatore</strong> aumentando il rischio<strong>di</strong> non sentirsi coinvolti epartecipi del processo, facendoa volte scattare meccanismi <strong>di</strong><strong>di</strong>fesa in cui si rischia <strong>di</strong> svalorizzareil lavoro educativo, riducendoloalla richiesta <strong>di</strong> merosvolgimento <strong>di</strong> una mansione.Nei servizi in cui gli operatorihanno reciprocamente un buonrapporto, frequente e <strong>di</strong> qualità,l’intervento <strong>di</strong>viene uno strumentoprezioso a <strong>di</strong>sposizionedegli utenti che ne beneficiano,fonte <strong>di</strong> gratificazione e <strong>di</strong> continuaformazione.Un altro elemento <strong>di</strong> complessitàè il luogo dell’intervento.L’<strong>educatore</strong> <strong>professionale</strong> si tro-va, infatti, ad operare in un settingimpreve<strong>di</strong>bile: il domiciliodel minore, che non possiedetutte quelle sicurezze presenti inun servizio organizzato e gestitodall’operatore stesso.Dal momento del suo ingressonella casa, l’<strong>educatore</strong> instauradei legami con le persone cheincontra, legami che, <strong>come</strong> giàdetto, deve saper mantenere entroi confini professionali, e invirtù degli stessi, simboleggiacon la sua presenza, quel “ponte”tra Servizi Sociali e famiglia.Per l’<strong>educatore</strong> è importante farconoscere agli utenti l’altra partedel ponte, ovvero <strong>essere</strong> chiarisin dall’inizio riguardo allapropria appartenenza. Per poterfare questa operazione è necessarial’esplicitazione <strong>di</strong> un progetto,dove siano in<strong>di</strong>cate e con<strong>di</strong>visefinalità, obiettivi e metodologie.Se invece l’<strong>educatore</strong> èsganciato dal servizio inviante oha rapporti conflittuali con assistentisociali o psicologi, inevitabilmentel’utente cercherà conlui un’alleanza contro il servizioe viceversa.Inoltre in un servizio <strong>di</strong> assistenzadomiciliare è necessario definireed esprimere chiaramente iltempo dell’intervento educativo,perché una persona sappia che illegame instaurato durerà per unperiodo definito. Ed è altrettantoimportante avere deciso insiemeagli utenti, in quale <strong>di</strong>rezione sidebba andare (quali obiettivi) peravere sempre un tracciato al qualerifarsi quando nella quoti<strong>di</strong>anitàsi perde <strong>di</strong> vista la meta eper poter vedere insieme la stradada percorrere.Nell’intervento <strong>di</strong> assistenza domiciliare,l’<strong>educatore</strong> può <strong>di</strong>ventareun “ponte” tra genitori e figli,<strong>di</strong>retto a me<strong>di</strong>are la relazionetra due mon<strong>di</strong> che, a volte,faticano a comprendersi o a conoscersi.Ciò <strong>di</strong>venta possibilesolo in virtù <strong>di</strong> un adeguatocoinvolgimento e responsabilizzazionedei genitori sulla proposta<strong>di</strong> intervento sui loro figli,in quanto tale intervento non èsostitutivo delle figure genitorialima è un intervento <strong>di</strong> sostegnoalla genitorialità: l’<strong>educatore</strong>non entra solo nella “casadel bambino” ma entra soprattuttonella “casa della famiglia”.E’ inefficace progettare interventieducativi sui minori se i loro genitorinon sono consapevoli delloro ruolo e del loro potere relazionalee <strong>di</strong> cambiamento sui figli.Quando non lo sono, e spessopurtroppo è così, in quanto sitratta <strong>di</strong> persone fragili e che aloro volta hanno subito maltrattamentie abbandoni genitoriali,è necessario che l’<strong>educatore</strong> lavorisu questo aspetto con pazienzae con lungimiranza, cercando <strong>di</strong>sperimentare tutte le strade possibiliper “restituire” un genitoread un figlio e viceversa. Senza unlavoro educativo in questa <strong>di</strong>rezionesi attuano azioni tamponeche una volta esaurite, ovverouna volta che l’<strong>educatore</strong> escedal sistema familiare, faranno ricomparireil <strong>di</strong>sagio con tutta lasua forza.Questi sono solo alcuni elementicaratterizzanti il labirinto dell’assistenzadomiciliare, che può<strong>essere</strong> attraversato dall’<strong>educatore</strong>e dagli utenti non solo con lasicurezza, data dal filo <strong>di</strong> Arianna<strong>di</strong> un ritorno al punto <strong>di</strong>partenza, ma con la sicurezza,data dal pro-getto (gettare-avanti),<strong>di</strong> andare oltre, verso unanuova uscita.*Educatore <strong>professionale</strong> e me<strong>di</strong>atorefamiliare, consigliere nazionaleAssociazione NazionaleEducatori Professionali.**Educatore <strong>professionale</strong> e formatore,lavora presso il Comune<strong>di</strong> Varese servizio ADMBibliografia:W. Brandani, P. Zuffinetti Le competenzedell’Educatore <strong>professionale</strong>,Carocci, Roma 2004M. Car<strong>di</strong>ni, L. Molteni, a cura <strong>di</strong>, L’<strong>educatore</strong><strong>professionale</strong>: guida perorientarsi nella formazione e nel lavoro,Carocci, Roma 2003M. P. Gar<strong>di</strong>ni, M. Tessari, L’assistenzadomiciliare ai minori, Nis, Roma 1992C. Janssen, L’Educatore nella casa delbambino, Casa e<strong>di</strong>trice Ambrosiana,Milano 2002

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