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VENEZIA / METAMORPH È qui, secondo Mirko Zardini, il luogo di ...

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Pagina 42 — Domenica 12 Settembre 2004 - N. 252ARCHITETTURAIl Sole-24 OreV ENEZIA / M ETAMORPHLa Biennale <strong>di</strong> Kurt Forster indaga sulla nuova grammatica della costruzione, un mondo fatto <strong>di</strong> superfici continue, piegate e incurvateCome cellule <strong>di</strong> un organismo<strong>di</strong> Fulvio IraceI’ll survive, Iw<strong>il</strong>l survive... »:«Andche stia proprio<strong>qui</strong>, nell’esorcistico ritornello<strong>di</strong> Gloria Gaynor che fada introduzione al buio da<strong>di</strong>scoteca della prima saladell’Arsenale, <strong>il</strong> messaggioottimistico e popolare <strong>di</strong> questa9 Biennale <strong>di</strong> Veneziade<strong>di</strong>cata al tema delle "metamorfosi"dell’architettura?Nel quarto <strong>di</strong>secolo che ha relegatonella soffittadell’"ancienregime" la geografiapolitica esociale del Mondori<strong>di</strong>segnatodal trauma dellaguerra, l’architetturaè stata <strong>il</strong> segnalepiù evidentedei cambiamenti<strong>di</strong> un’eratanto contrad<strong>di</strong>ttoriae complessache si fa primaa spiegare coniugandolaall’insegnadel "post".L’idea <strong>di</strong> metamorfosiè <strong>di</strong>venutainfatti la parolachiave che governa gli interrogativisull’identità collettivae <strong>il</strong> suo raggio d’azionesolleva temi che pongonoUna letturache si concentrasui mutamentidell’esteticaignorandogli attritie le resistenzeimplicitinei processi <strong>di</strong>cambiamentoUn riscatto in DarcMala tempora currunt per l’architettura italianache conferma in quest’ultima e<strong>di</strong>zione dellaBiennale <strong>il</strong> suo stato <strong>di</strong> crisi. Cacciata dalla portacentrale dell’esposizione — con una presenza ingiustificatamentelimitata nella sezione delle Corderie e ironicamenteconfinata nel suo stesso Pa<strong>di</strong>glione Italia alle "notiziedall’interno" — ritorna dalla finestra laterale del Pa<strong>di</strong>glioneVenezia grazie all’iniziativa promossa dalla Direzionegenerale per l’architettura e l’arte contemporanea. Allestitacon sobria eleganza da Pippo Ciorra, la mostra curata daMargherita Guccione prosegue la vivace politica<strong>di</strong> marketing culturale del <strong>di</strong>rettore dellaDarc, Pio Bal<strong>di</strong>, proponendo — tra <strong>il</strong> serio e<strong>il</strong> faceto — la necessità <strong>di</strong> una costante riflessionesul passato prossimo dell’architetturaitaliana, nella convinzione che un po’ <strong>di</strong> sanonazionalismo non possa che tonificare lo statodepresso della nostra architettura, spingendogli architetti a misurarsi con un’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong>grande prestigio, e <strong>il</strong> pubblico a tributareall’arte del costruire <strong>il</strong> ruolo che le competein un Paese che vuole ritornare nel mercatointernazionale dell’architettura.Nella prima sezione — «10 critici, 10architetture, 10 fotografi» — sono esposti irisultati <strong>di</strong> un mini-referendum tra critici,storici e architetti stimolati a in<strong>di</strong>viduare une<strong>di</strong>ficio capace <strong>di</strong> esprimere lo spirito dellacultura architettonica italiana dell’ultimomezzo secolo. Un "gioco", come <strong>di</strong>ce Bal<strong>di</strong>,al limite del possib<strong>il</strong>e, <strong>di</strong> cui va colto lospirito <strong>di</strong> introduzione a un problema moltopiù serio, che è quello della protezione, salvaguar<strong>di</strong>ae manutenzione della parte nob<strong>il</strong>e del patrimonioarchitettonico del <strong>secondo</strong> Novecento, la parte più frag<strong>il</strong>e— paradossalmente — delle armature urbane nel pieno delloro riassetto territoriale.È de<strong>di</strong>cata infatti all’«indagine sulle architetture italianedel <strong>secondo</strong> Novecento» la seconda sezione della mostrache <strong>il</strong>lustra i primi risultati delle ricerche e delle indaginisistematiche condotte dalla Darc in collaborazione conSoprintendenze e Università , per le aree <strong>di</strong> Roma, M<strong>il</strong>ano,Napoli, Torino, Puglia, Bas<strong>il</strong>icata, Em<strong>il</strong>ia Romagna, Sardegna,Veneto, Trentino Alto A<strong>di</strong>hge, Friuli Venezia Giulia,Abruzzo, Molise e Marche. In<strong>di</strong>viduati sulla base <strong>di</strong> unascheda con<strong>di</strong>visa dai vari gruppi <strong>di</strong> lavoro, gli e<strong>di</strong>fici e icomplessi in<strong>di</strong>viduati costituiranno l’insieme del patrimoniocontemporaneo su cui avviare operazioni <strong>di</strong> tutela e <strong>di</strong>valorizzazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente impatto. (Fulvio Irace)«Sguar<strong>di</strong> contemporanei. 50 anni <strong>di</strong> architettura italiana», Venezia,Giar<strong>di</strong>ni, pa<strong>di</strong>glione Venezia, fino al 9 novembre.in dubbio una consolidatacon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> relazioni umanee ideologiche e sostituisconoa vecchie e inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>icertezze inesplicab<strong>il</strong>i perché.La crisi della politica e<strong>il</strong> tramonto delle ideologie,l’usura dei gran<strong>di</strong> modelli <strong>di</strong>sv<strong>il</strong>uppo basati sul para<strong>di</strong>gmaindustriale e <strong>il</strong> conseguentesfiorire del mito delleriproducib<strong>il</strong>ità seriale comeespressione esplicita del poteredelle masse nell’epocadella democrazia <strong>di</strong>ffusa eccetera,hanno corroso le fondamentadell’ideologia modernistache nell’architetturaaveva trovato <strong>il</strong> bisturi piùefficace per conformare <strong>il</strong>volto del XX secolo.Ma, perché <strong>di</strong>etro la retoricadel declino non si nascondal’incapacità <strong>di</strong> comprendere <strong>il</strong>nuovo, bisogna imparare a conoscerela trasformazione, adanalizzarla e magari anche aclassificarla, per evitare cheall’architettura accada, da ungiorno all’altro, <strong>di</strong> trovarsi trasformatacome l’ignaro protagonistadella Metamorfosi <strong>di</strong>Franz Kafka, Gregor Samsa,da essere umano in «un enormeinsetto informe». Una metaforache, ad esaminare granparte degli oltre 200 progettipresenti in mostra, rischia <strong>di</strong>non essere solo letteraria, maanzi letterale descrizione <strong>di</strong>quella pulsione verso la rappresentazione<strong>di</strong> forme organichee cellulari in cui <strong>il</strong> <strong>di</strong>rettoredella mostra veneziana,Kurt Forster, sembra intravedere<strong>il</strong> definitivo superamentodell’"era vitruviana" in favore<strong>di</strong> ine<strong>di</strong>ti scenari <strong>di</strong> libertà.Naturalmente, come ricordaForster, ogni mostra — eforse questa in particolare— «non rappresenta un’eccezione,ma un’esagerazione<strong>di</strong> questo modus operan<strong>di</strong>»e certo bisogna riconoscereal raffinato critico <strong>di</strong> Zurigo<strong>di</strong> aver preferito alla retoricaconsumata della deprecazionela necessità costruttiva <strong>di</strong>nuovi schemi <strong>di</strong> interpretazione,capaci <strong>di</strong> proporre unpattern leggib<strong>il</strong>e tra un infinitonumero <strong>di</strong> alternativepossib<strong>il</strong>i: «invece <strong>di</strong> lamentarciper lo star-system o lospreco, cerchiamo <strong>di</strong> fare unpasso in<strong>di</strong>etro e interpretarei sintomi invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosticarela malattia».Una foto <strong>di</strong> Paolo Rosselli(M<strong>il</strong>ano, 1993)<strong>di</strong> Carlo Rattime declare my interest».Questo sarebbel’attacco <strong>di</strong> «Letprammatica in un articolo anglosassone,per segnalare allettore un possib<strong>il</strong>e conflitto <strong>di</strong>interessi. In Italia <strong>il</strong> tema sembraessere meno sentito. Tuttaviapare doveroso informare <strong>il</strong>ettori che anche chi scriveespone alla Biennale <strong>di</strong> Venezia.Perciò verrà evitato ognipersonale commento sulla rassegna,limitando a <strong>di</strong>scuternel’impostazione con <strong>il</strong> curatore<strong>Mirko</strong> <strong>Zar<strong>di</strong>ni</strong>.<strong>Mirko</strong> <strong>Zar<strong>di</strong>ni</strong>, 49 anni, architetto<strong>di</strong> M<strong>il</strong>ano con vocazionecosmopolita (ha insegnatoalle università <strong>di</strong> Harvard e Zurigo,prima <strong>di</strong> approdare alPer raccontarci queste trasformazioni,la mostra articolaalterni registri <strong>di</strong> letturae, mescolando architettura,arte e fotografia, definiscesette percorsi — Transformations,Atmposphere, Topography,Surfaces, Hyperprojects,Concert Halls, Episodes— che si susseguonointrecciandosi per comporreun orizzonte che rassomigliaCentre Cana<strong>di</strong>en d’Architecture<strong>di</strong> Montréal) è <strong>il</strong> responsab<strong>il</strong>edella selezione delle opereitaliane in mostra quest’anno.Negli ultimi sei mesi ha tastato<strong>il</strong> polso all’architettura del nostroPaese ed è <strong>qui</strong>n<strong>di</strong> una dellepersone più adatte ad argomentaresul suo stato <strong>di</strong> salute,che, tanto vale <strong>di</strong>rlo subito,non è dei migliori e probab<strong>il</strong>mentenecessiterebbe <strong>di</strong> una robustaterapia <strong>di</strong> rianimazione.Chie<strong>di</strong>amo a <strong>Zar<strong>di</strong>ni</strong> comemai quest’anno la rassegna italiana,dal titolo ironico "Notiziedall'interno", abbia scelto<strong>di</strong> puntare solo sulle micro-trasformazioniall’interno deglie<strong>di</strong>fici e non sull’architetturain senso tra<strong>di</strong>zionale. «Perchéin realtà non c’è molto altrod’interessante. A <strong>di</strong>fferenzadel passato, non avremmo potutocompetere con Paesi qualiIngh<strong>il</strong>terra, Olanda o Stati Unitiin quanto a opere tra<strong>di</strong>zionali».Com’è possib<strong>il</strong>e? Oggistiamo costruendo moltissimo.Nonostante <strong>il</strong> generale stato catatonico,<strong>il</strong> settore ed<strong>il</strong>izio sembraessere in pieno boom, impegnatocom’è a riconvertiregli ultimi scampoli dell’Italiaindustriale in condomini e v<strong>il</strong>lette.«È vero che c’è moltaattività. Ma i nuovi suburbssono assolutamente privi <strong>di</strong>qualità architettonica. Mentrele gran<strong>di</strong> operazioni <strong>di</strong> trasformazioneurbana nei centri <strong>di</strong>città come M<strong>il</strong>ano, Torino, Firenzeo Roma sono deludenti:un misto <strong>di</strong> speculazione emarketing, più che progetti originali.Non si tratta <strong>di</strong> fenomeniinteressanti per rappresentarel’Italia contemporanea; anzi,non c’è da andarne fieri».Eppure qualche segnale positivoc’è. Ad esempio la presenzadegli stranieri.Anche setuttavia a un labirinto: comenel Pa<strong>di</strong>glione Italia ai Giar<strong>di</strong>ni,ad esempio, dove la <strong>di</strong>sseminazionedei temi trattatie la loro frammentazione inesposizioni a volte francamenteimbarazzanti per la loropochezza (tra tutte, la "minimalissima"rassegna fotograficasu Ela<strong>di</strong>o Dieste)produce uno sconcertante effettoblob.Risulta invece più chiaroe incisivo l’or<strong>di</strong>namento delleCorderie, dove la strutturadel possente impianto colonnatofa da supporto al grac<strong>il</strong>eallestimento <strong>di</strong> Asymptote,a <strong>di</strong>mostrazione della <strong>di</strong>stanzache ancora corre trala seduzione del renderingvirtuale e <strong>il</strong> suo complesso enon scontato tradursi nellarealtà fisica della percezionesensoriale. Qui, nell’imbutoprospettico della manica lunga,Forster ha <strong>di</strong>spiegato laessa viene vissutada alcuni comela calata deibarbari, potrebbeanticipareuna stagione <strong>di</strong>rinascita. Gli architettiinternazionalisembranoessere in grado<strong>di</strong> risponderemeglio alla nuovadomanda <strong>di</strong> architettura delPaese, proprio come capitò aBarcellona all’inizio degli anniOttanta, prima che gli stud<strong>il</strong>ocali riuscissero a organizzarsie a primeggiare. <strong>Zar<strong>di</strong>ni</strong> nonsembra convinto: «Spesso noifacciamo un uso piuttosto provincialedegli stranieri, quasicome copertura. Il vero problemaè che la nuovastagione deistoria delle trasformazioni,tracciando un f<strong>il</strong>o aperto tral’epoca dei "pionieri" — <strong>il</strong>paso doble euro-americano<strong>di</strong> Eisenman e Gehry, Rossie Stirling negli anni 80 — e<strong>il</strong> prossimo futuro. Scan<strong>di</strong>tain cinque stazioni, la sezioneè la vera pièce de rési-È <strong>qui</strong>, <strong>secondo</strong> <strong>Mirko</strong> <strong>Zar<strong>di</strong>ni</strong>, <strong>il</strong> <strong>luogo</strong> <strong>di</strong> maggiore innovazione in ItaliaDalla stasi ci salva <strong>il</strong> salottoNon mancanoi gran<strong>di</strong> progettima per lo piùsono deludentispeculazioniFrank O. Gehry& AssociatesInc, Walt DisneyConcert HallLos Angeles,CA, USA,1989-2003.Sotto, dasinistra: Ela<strong>di</strong>oDieste,stab<strong>il</strong>imentoagricoloCaputto,1971-72,particolaredel sistemaa voltacon doppiacurvatura;EisenmanArchitects,modellodella Ciudadde la culturade Galizia,Santiago deCompostela,Spagna,1999-oggiconcorsi è statagestita molo male.Il caso dellaFiera <strong>di</strong> M<strong>il</strong>anoè emblematico:com’è possib<strong>il</strong>eche le decisionisulla trasformazione<strong>di</strong> un’areadel genere venganoprese dauna cerchia ristretta<strong>di</strong> tecnici senza lasciareai citta<strong>di</strong>ni la possib<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> pronunciarsi?».Le microtrasformazioniurbane, invece, rappresentanoun processo più democratico,al riparo dai gran<strong>di</strong>potentati. «Basta guardare inomi in mostra, un mix chesfugge alle classificazioni tra<strong>di</strong>zionali:non <strong>il</strong> cliché dei giovaniesor<strong>di</strong>enti e neppure quellodei soliti noti».Ma la scelta sembra voleressere anche quella <strong>di</strong> unarassegna-manifesto: «Leggerela città a partire dal continuoriallestimento delle nostrecase, uffici, fabbriche,scuole, teatri... Un lavorio incessante,che mo<strong>di</strong>fica dall’internogli spazi abitati, <strong>il</strong>uoghi <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o, <strong>di</strong>incontro, <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento: unprocesso in cui l’Italia dà prova<strong>di</strong> una vivacità pulviscolaree della capacità <strong>di</strong> interpretarei gran<strong>di</strong> cambiamenti chesi stanno verificando nei nostrimo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vita».stance dell’intera esposizionee la traduzione per immaginidel suo assunto <strong>di</strong> partenza:«Oggi l’architettura<strong>di</strong>venta abitab<strong>il</strong>e soltantoquando stab<strong>il</strong>isce i suoi limitie con<strong>di</strong>ziona i suoi internicome fanno i componentiprimari della vita, le cellule.Essi producono una membranaper mostrarsi come organismie per mantenersi invita. Questa nuova morfologiadegli spazi del vivere stadefinitivamente superandol’era dell’architettura vitruviana,aprendo nuovi scenarialla ricerca e alla costruzionedegli spazi della contemporaneità».Raccordando la cultura <strong>di</strong>gitalealle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>sperse <strong>di</strong>un "altro" moderno — quellodegli Espressionisti, adesempio, dei visionari, e deiprofeti dell’immaginario —Forster ha r<strong>il</strong>anciato una genealogiadell’espressione architettonicache si esprimenel superamento dell’architetturacome struttura <strong>di</strong> travie p<strong>il</strong>astri e nel suo approdoal mondo nuovo delle superficicontinue, piegate, incurvate...Negli anni 50, BrunoZevi appoggiò la sua profezia<strong>di</strong> un’architettura organicaalla figura <strong>di</strong> Wright;oggi, Forster è pronto a riconoscerenel «maestro <strong>di</strong> B<strong>il</strong>bao»,Frank O. Gehry, <strong>il</strong> Michelangelodella post-modernità,irripetib<strong>il</strong>e incarnazione<strong>di</strong> un’architettura non più"ex-machina", ma audacemente"ex natura". Il chenon riesce però a fugare <strong>il</strong>sospetto che in realtà le trasformazioni<strong>di</strong> cui questamostra ci parla riguar<strong>di</strong>noancora una volta solo <strong>il</strong> linguaggiodelle forme, li<strong>qui</strong>dandocon soffice scioltezzaattriti e resistenze implicitinei processi <strong>di</strong> cambiamento.Indulge sugli esperimentidelle nuove superfici e deinuovi materiali, ma alla fineriassume l’imperativo dellaresponsab<strong>il</strong>ità ambientale,con i suoi correlati dellacompatib<strong>il</strong>ità, della sostenib<strong>il</strong>ità,della green architecture,eccetera nell’ambigualeggerezza dell’"atmosfera".Plastici, foto, <strong>di</strong>segni cispiegano come stanno mutandogrammatica e sintassidella costruzione, ma nullaci <strong>di</strong>cono dei cambiamentidel corpo sociale cui questenuove forme sono destinate;tace sulle trasformazionitraumatiche e ra<strong>di</strong>cali cui sonosottoposte gran<strong>di</strong> e piccolegeografie metropolitanenel pieno <strong>di</strong> un’era <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>osirivolgimenti. Concentrandosisulla fenomenologia<strong>di</strong> una nuova estetica dellospazio, sfuma nell’ombra<strong>il</strong> contorno della città: ci parladel grattacielo e della casa,ma li situa nel territorioideale <strong>di</strong> un laboratorio dovei vari elementi vengonoisolati e stu<strong>di</strong>ati singolarmente.Accende così <strong>il</strong> sospettoche <strong>il</strong> rut<strong>il</strong>ante universodelle trasformazioni sial’ab<strong>il</strong>e teatro delle ombre,che ci trasmette <strong>il</strong> riflessooccultando la fonte delle nostresensazioni.«Metamorph. 9 mostra internazionale<strong>di</strong> architettura», Venezia,Giar<strong>di</strong>ni della Biennale eArsenale, fino al 7 novembre.Catalogo Mars<strong>il</strong>io.Le opere <strong>di</strong> fotografi e artisti raccontano lo spaesamento contemporaneoSe c’è un contributo che ifotografi hanno dato all’architettura,specie negliultimi anni, è quello <strong>di</strong> averesaputo raccontare la trasformazioneche essa subisce una voltache <strong>di</strong>viene spazio fisico.Per quanto frammentario, selettivo,parziale, <strong>il</strong> linguaggio fotograficoè <strong>di</strong>ventato strumentoprimario nell’esplorazione<strong>di</strong> un ambiente che non solo èper sua natura necessariamentemutevole, ma che lo è tantopiù oggi, quando i processi trasformativistanno subendo unaconsiderevole accelerazione,non fosse altro che per <strong>il</strong> numerocrescente <strong>di</strong> abitanti del globoe delle loro piccole e gran<strong>di</strong>migrazioni <strong>il</strong> cui impatto dalImmagini della pelle del mondobasso si aggiunge a quello governatodall’alto. Lo scatto fotografico,sintesi della culturadel fotografo (la sua chiave d<strong>il</strong>ettura della realtà) e dell’attimopresente, parrebbe saper coglierequesti processi così <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>ida programmare e da monitorarecon maggiore pregnanzae imme<strong>di</strong>atezza <strong>di</strong> ogni altrolinguaggio.Di tutto questo in una Biennaleche si propone <strong>di</strong> esplorarela metamorfosi e che ha elevatola fotografia a me<strong>di</strong>umespressivo <strong>di</strong> prima importanza,non c’è traccia significativa:né della mo<strong>di</strong>ficazione operatadagli in<strong>di</strong>vidui attraversola loro appropriazione, interpretazionee talvolta stravolgimentodello spazioarchitettonico,né della capacità<strong>di</strong> fermare in immagin<strong>il</strong>e tracce<strong>di</strong> questa talvoltara<strong>di</strong>cale trasformazione.«Metamorph»priv<strong>il</strong>egiauno sguardo<strong>di</strong>staccato sullemutazioni formali,sui nuovi intrecci <strong>di</strong> lineare ecaotico, <strong>di</strong> continuo e sincopato,dove anche le rotture sonoAssentela ricercasullo spaziourbano vissutorotture matematiche, sintetiche,programmate. Il fattore umano,anche nella finzione <strong>di</strong> AldoCibic (Microrealities),è ridottoa piccola e inertesagoma st<strong>il</strong>izzatasui plastici,a intruso virtualeche furtivamentepenetra inun museo (comenel video realizzatoper ManuelleGautrand):che cosa accadrà <strong>di</strong> quegli spaziuna volta occupati e frequentati?Quali pensieri li abiteranno?Quali comportamenti li modelleranno?Anche le fotografie, i videoe le installazioni rispecchianoquesto stesso impianto. Al <strong>di</strong> làdel <strong>di</strong>ffuso impiego tra<strong>di</strong>zionaledelle foto (come documentazione<strong>di</strong> oggetti architettonici omagnificazione <strong>di</strong> dettagli costruttiviche l’immagine fotograficasa rendere più leggib<strong>il</strong>i<strong>di</strong> quanto spesso lo stesso occhioumano non riesca a coglieredal vero), nelle sezioni conle quali Kurt Forster ha volutopunteggiare ritmicamente <strong>il</strong> percorsodella mostra, <strong>di</strong>ventanoindagine formale, pattern visiviWalter Niedermeyr, «Muro grigio IV», 2001 (Galerie Bob van Orsouw, Zurigo)con cui sottolineare la continuitàst<strong>il</strong>istica tra organico e inorganico,tra natura e artificio,esplicitazione poetica del piùgenerale approccio teorico.Non a caso in un raro videogirato in una città vera, peraltrosoggetta oggi a un cambiamentomirabolante come Pechino,si è scelto un "nonsguardo": quello <strong>di</strong> una telecamerafissa posta sul parabrezza<strong>di</strong> un autobus (Ai Weiwei).Cieli rannuvolati, trame <strong>di</strong> terra,pietra, asfalto, neve; scansioni<strong>di</strong> luci, ombre e <strong>di</strong> trasparenzeche rendono permeab<strong>il</strong>ee confuso <strong>il</strong> confine tra internoed esterno... Astrazioni <strong>di</strong> alcunifotografi e artisti affermati,stranieri e italiani (Burri,Araki, Gursky, Graham, Hatakeyama,Ruff, Gui<strong>di</strong>...) chequando riescono a varcare lasoglia del puro gioco formale,imprimono un senso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> centro, <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong> prospettiva,riuscendo a <strong>di</strong>ventaremetafora suggestiva <strong>di</strong> uno spaesamentoche è proprio del nostrotempo. Come nella composizione<strong>di</strong> Walter Niedermeyr,15 stampe fotografiche affiancate<strong>di</strong> un territorio maculatodalla neve che si sta ritirando,senza orizzonte, senza possib<strong>il</strong>ità<strong>di</strong> <strong>di</strong>re quale sia la prossimitàdell’obiettivo rispetto alterreno. (Chiara Somajni)

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