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Bioetica & Società Anno XIII - N. 2/3

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<strong>Bioetica</strong> & <strong>Società</strong> - <strong>Anno</strong> <strong>XIII</strong> - n. 2/3 - maggio/dicembre 2015<br />

Identità, comunità e violenza. Note a margine di un<br />

testo di Amartya Sen<br />

Jacopo Visani<br />

Filosofia - Università di Bologna<br />

«La maggior parte della gente è altra gente»<br />

Oscar Wilde<br />

I recenti eventi terroristici che hanno coinvolto Parigi e la crescente influenza<br />

del sedicente stato islamico sembrano aver riportato le lancette della storia ai<br />

primissimi anni duemila. Gli attori non sono chiaramente più gli stessi e le dinamiche<br />

geopolitiche sono mutate rispetto ad allora, ma la sensazione - spesso<br />

veicolata e amplificata dagli altoparlanti dei media e dalle urla dei sedicenti politici<br />

– di vivere in un occidente costantemente minacciato appare molto simile.<br />

Se a questa condizione si aggiungono le ondate migratorie che colpiscono le<br />

sponde europee del Mediterraneo, la minaccia si presta a essere dipinta come<br />

onnipresente e strisciante. Così a livello popolare l’Italia sta raggiungendo livelli<br />

di razzismo, chiusura e intolleranza temibilmente elevati.<br />

Evidentemente la situazione è più complessa, ma basterebbe quantomeno<br />

rammentare la radicale ineguaglianza di risorse, prospettive, ricchezza che caratterizza<br />

i due contesti in questione e i conflitti che colpiscono le terre dalle<br />

quali tanti migranti fuggono, per riconferire loro quel volto umano e fraterno dei<br />

quali vengono privati ogni volta che sono resi i capri espiatori per eccellenza di<br />

tutti i mali.<br />

Oltre alle differenze economiche, tra occidente, Nord Africa e Medio Oriente<br />

vi sono chiaramente notevoli differenze culturali, sociali e di costume. Il solco<br />

è stato reso ancora più ampio e profondo dall’affermarsi del modello neoliberista<br />

che ha cavalcato e sta ancora cavalcando la globalizzazione, tentando di<br />

imporre violentemente un unico modello di consumo, di cultura e di individuo<br />

a ogni latitudine. Si diffonde così quello che è stato definito da Elena Pulcini<br />

l’individualismo illimitato, una tipologia di comportamento consumista, privo del<br />

senso del limite, che si pone in rapporto parassitario con il mondo e in relazione<br />

meramente strumentale con l’altro. Le strategie comportamentali tipiche di questo<br />

modello minacciano il cosiddetto comune nella sua duplice accezione; da<br />

una parte compromettendo i beni comuni – ciò che è in comune, basti pensare<br />

all’impatto ambientale dell’impresa umana –, dall’altra erodendo lo spazio in comune<br />

– l’essere-in-comune, ossia ogni sfera relazionale disinteressata – fonda-<br />

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