ALBICOCCHE
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L’anidride solforosa (SO2)<br />
IRi Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />
A giugno 2016<br />
Nei dintorni:<br />
a tavola con la birra<br />
PRODOTTO DEL MESE<br />
ALBICOCCA<br />
SECCA<br />
Un frutto che viene dall’Oriente.<br />
Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana<br />
Quattro piatti da gustare e collezionare<br />
1/2016
EDITORIALE<br />
NUTSPAPER,<br />
periodico d’informazione sulla frutta secca.<br />
Al centro di questo numero<br />
di Nutspaper abbiamo l’albicocca,<br />
un frutto antichissimo,<br />
se ne hanno le prime notizie<br />
intorno al 3000 a.C.,<br />
e di origine centro-asiatica.<br />
Nonostante le origini orientali,<br />
l’Italia (dati 2012) è il quinto produttore<br />
mondiale di albicocche fresche,<br />
dopo Turchia, Iran, Uzbekistan e Algeria,<br />
e il primo produttore europeo.<br />
L’albiccocca secca, in particolare,<br />
realizzata ancora oggi con tecniche<br />
di essicazione tradizionali,<br />
è un prodotto che si presta<br />
ad essere utilizzato in molteplici<br />
abbinamenti culinari, soprattutto<br />
in compagnia di altri frutti o verdura.<br />
È per questo che le ricette<br />
di questo numero sono tutte<br />
vegetariane, un esperimento<br />
che omaggia le origini geografiche<br />
del frutto e che non ostacola<br />
la seconda novità di questo numero:<br />
l’abbinamento di ciascun piatto<br />
con birre, anziché vini, in linea<br />
con il crescente successo di questa<br />
bevanda-alimento nel nostro Paese.<br />
Non resta che augurare<br />
buona lettura!<br />
La Redazione<br />
N/3
SOMMARIO<br />
L’anidride solforosa (SO 2<br />
)<br />
di Monica Monti<br />
pag. 6<br />
Albicocca secca<br />
Un frutto che viene dall’Oriente.<br />
di Francesca Buccella e Michela Pagnani<br />
pag. 10<br />
IRi Andamento delle vendite<br />
nella grande distribuzione<br />
A giugno 2016.<br />
pag. 30<br />
“NUTSPAPER” anno VIII - n° 1<br />
aprile - maggio - giugno 2016<br />
Reg. al Tribunale di Forlì il 17/04/2007 n.6/07<br />
www.nutspaper.com<br />
Nei dintorni:<br />
a tavola con la birra.<br />
pag. 33<br />
RICETTE CON <strong>ALBICOCCHE</strong> SECCHE<br />
Editore: Menabò Group s.r.l.<br />
Direttore Responsabile: Andrea Masotti<br />
Progetto grafico: Lisa Tagliaferri<br />
Elaborazione testi: Elisa Ravaglia, Elena De Tullio<br />
Le ricette creative, interpretate da chef<br />
della scuola Artusiana<br />
Quattro piatti da gustare e collezionare.<br />
pag. 34<br />
Menabò Group s.r.l.<br />
via Napoleone Bonaparte, 50<br />
47122 Forlì (FC)<br />
tel. 0543.798463<br />
fax 0543.774044<br />
www.menabo.com<br />
info@menabo.com<br />
Comitato di redazione:<br />
Dr.ssa Francesca Buccella<br />
Dr.ssa Monica Monti<br />
Dr.ssa Francesca Nanni<br />
Dr.ssa Michela Pagnani<br />
Stampa: Faenza Industrie Grafiche<br />
Chiuso per la stampa nel mese di luglio 2016<br />
Antipasto<br />
Croccantissima: frutta, verdura, semi e germogli.<br />
pag. 35<br />
Primo<br />
Maccheroncini di Campofilone tiepidi con albicocche,<br />
bacche di Goji, crema di squacquerone e limone bio.<br />
pag. 36<br />
Secondo<br />
Caprino, rapa, albicocche e lattuga.<br />
pag. 37<br />
N/4<br />
Dolce<br />
Macarons assortiti con crema di cioccolato al latte,<br />
albicocche e birra volpina.<br />
pag. 38
L’anidride solforosa (SO 2<br />
)<br />
La presenza di additivi nei prodotti alimentari, regolamentata a livello<br />
comunitario, è fondata sul principio della verifica di innocuità<br />
delle sostanze utilizzate.<br />
Vengono considerati additivi chimici quelle sostanze, prive di potere<br />
nutritivo o impiegate a scopo non nutritivo, che si aggiungono<br />
in qualsiasi fase di lavorazione, alla massa o alla superficie degli<br />
alimenti, per conservarlo nel tempo, per conservare le caratteristiche<br />
fisico-chimiche, per evitarne l’alterazione spontanea, oppure<br />
per esaltarne favorevolmente particolari caratteristiche di aspetto,<br />
di sapore, di odore e di consistenza.<br />
La categoria degli agenti antimicrobici è composta da<br />
sostanze aggiunte agli alimenti per evitare alterazioni<br />
microbiche possibili in alimenti conservati. Processi fisici<br />
e biologici possono essere utilizzati per ridurre la carica batterica e<br />
creare un ambiente sfavorevole alla crescita batterica negli alimenti:<br />
riscaldamento, essiccazione, congelamento, acidificazione e fermentazione,<br />
refrigerazione. Tuttavia questi processi raggiungono<br />
uno scopo parziale e in alcuni casi difficilmente possono essere<br />
impiegati. Gli antimicrobici hanno un ruolo molto importante nel<br />
prolungare le caratteristiche organolettiche e tipiche di un alimento.<br />
I microrganismi possono deteriorare gli alimenti:<br />
• direttamente perché la crescita batterica sottrae nutrienti<br />
all’alimento deteriorandolo;<br />
• indirettamente innescando gli enzimi presenti in ogni alimento<br />
che lisano le pareti cellulari e rilasciano il citosol nei<br />
tessuti circostanti degradandolo ulteriormente.<br />
I principali fattori che influenzano lo sviluppo dei microrganismi sono:<br />
• la temperatura: i microrganismi difficilmente si riproducono<br />
a basse ed elevate temperature. Il riscaldamento che<br />
si utilizza nella pastorizzazione, ad esempio, nella misura di<br />
mezz’ora a 65°-70°C, elimina molti microrganismi, ad eccezione<br />
dei batteri termofili e delle spore.<br />
• l’umidità: l’acqua è un fattore di vita e influenza notevolmente<br />
lo sviluppo batterico, la aW (Water Activity) rappresenta lo stato<br />
di energia di un sistema ed è molto utilizzata nel controllo degli<br />
alimenti come CCP. Campioni di alimenti prodotti vengono<br />
periodicamente analizzati e misurata la aW che deve rientrare<br />
in determinati intervalli caratteristici dell’alimento analizzato. La<br />
preservazione degli alimenti dall’inquinamento microbico mediante<br />
essiccazione è relativamente sicura, dato che normalmente<br />
i batteri patogeni non tollerano gli ambienti secchi.<br />
• il pH dell’alimento: esercita un’azione determinante sullo<br />
sviluppo dei microrganismi. In generale ogni specie microbica<br />
ha un valore di pH per la crescita ottimale; a valori distanti<br />
da quello ottimale si manifestano nella cellula modificazioni<br />
morfologiche, nonché modificazioni nel ritmo di crescita.<br />
Da quanto sopra accennato, si comprende perché, prescindendo<br />
dallo stato fisico dell’alimento e dalla sua composizione, occorre<br />
adottare tecniche e mezzi diversi per evitare che gli<br />
alimenti si alterino durante la loro conservazione.<br />
Gli additivi antimicrobici esplicano la loro azione nei confronti dei<br />
microrganismi, interferendo con le loro membrane cellulari, con la<br />
loro attività enzimatica o agendo sul loro meccanismo genetico.<br />
La maggior parte degli antimicrobici che l’industria impiega negli<br />
alimenti è rappresentata da composti a carattere acido. Queste<br />
sostanze hanno uno spettro microbicida (MIC) che indica la più<br />
bassa concentrazione di una sostanza antimicrobica capace di<br />
inibire la crescita di un batterio. La MIC è ricavata secondo un<br />
gradiente che causa un alone di inibizione della crescita. La MIC<br />
registrata deve essere compatibile con quella ottenuta da microrganismi<br />
della stessa specie o con quelli di pari sensibilità.<br />
Solfiti<br />
Tra gli antimicrobici sono stati studiati i solfiti per la grande diffusione<br />
di impiego in diversi gruppi di alimenti grazie alle caratteristiche<br />
multifunzionali dell’additivo, alla bassa<br />
ADI (dose accettabile giornaliera) e alle sue potenzialità allergizzanti<br />
(i solfiti sono compresi nell’elenco degli allergeni<br />
previsti dalla normativa comunitaria).<br />
Per comprendere le caratteristiche dell’anidride solforosa è opportuno<br />
definire quindi come sia suddivisibile questo composto:<br />
SO 2<br />
combinata + SO 2<br />
libera = SO 2<br />
totale.<br />
La frazione libera deve essere ulteriormente suddivisa in:<br />
• SO 2<br />
libera attiva, che ne rappresenta la forma molecolare,<br />
data dall’acido solforoso libero;<br />
• SO 2<br />
libera bisolfitica, data dallo ione bisolfito, il quale rappresenta<br />
quella frazione dell’acido corrispondente che è neutralizzato<br />
dalle basi ed è, dunque, presente sotto forma di sali<br />
interamente ionizzati.<br />
La frazione combinata, quasi del tutto inefficace, è presente<br />
in quanto l’SO 2<br />
ha la capacità di legarsi con aldeidi (acetaldeide) e<br />
chetoni (acido piruvico).<br />
Il solfito viene ossidato nel corpo a solfato. Il bisolfito reagisce con<br />
aldeidi e chetoni, compreso lo zucchero aldeidico. Questa è una reazione<br />
reversibile; le concentrazioni di equilibrio dipendono dalla temperatura.<br />
Gli effetti acuti di solfito nei prodotti alimentari sono legati alla<br />
quantità e alla concentrazione di anidride solforosa libera e alla velocità<br />
con cui i composti additivati riescono a liberare il biossido di zolfo<br />
legato. Il solfito può anche reagire in modo reversibile, con legami<br />
disolfuro di proteine. Il disolfuro è suddiviso in una parte che contiene<br />
N/6
un gruppo tiolo e un’altra parte con un S-gruppo acido solfonico.<br />
L’anidride solforosa viene impiegata come additivo in<br />
tutti i campi alimentari, in particolare nell’enologia. Si<br />
trova ad esempio in baccalà, gamberi e conserve, crostacei freschi<br />
o congelati, frutta secca, prodotti sott’aceto e sott’olio, marmellate<br />
e confetture, aceto, vini, bevande a base di succo di frutta.<br />
L’anidride solforosa ha parecchie proprietà che ne giustificano<br />
ampiamente l’impiego:<br />
• antisettica: l’SO 2<br />
è in grado di inibire lo sviluppo di molti<br />
microrganismi, in quanto penetra la parete cellulare dei<br />
microrganismi e, attraverso alcuni enzimi, ne inibisce<br />
l’attività. Questo effetto è indubbiamente maggiore sui<br />
batteri rispetto ai lieviti. In particolare nei vini le due principali<br />
attività antisettiche sono l’azione selezionatrice della microflora<br />
dei mosti e l’azione antimicrobica nella conservazione, il<br />
cui effetto è sinergico con l’effetto inibente dell’alcool etilico, il<br />
quale agisce sui microbi disidratandone la parete cellulare.<br />
• antiossidante: in presenza di catalizzatori combina l’ossigeno<br />
disciolto. Questo processo avviene secondo una<br />
lenta reazione chimica. SO 2<br />
+ ½ O 2<br />
> SO 3<br />
.<br />
• antiossidasico: inibisce l’effetto, e talvolta ne determina<br />
la distruzione, degli enzimi ossidasici. L’anidride<br />
solforosa riesce ad attuare un’azione frenante nei confronti<br />
di questi enzimi, in quanto ne blocca i ponti disolfuro.<br />
• solubilizzante: l’anidride solforosa a contatto con le bucce<br />
favorisce la diffusione delle sostanze coloranti,<br />
poco polimerizzate, contenute nei vacuoli, per mezzo di piccoli<br />
fori presenti sulle pareti cellulari, favorendo così la fuoriuscita<br />
degli antociani.<br />
• combinante: un giusto impiego dell’SO 2<br />
migliora le qualità<br />
olfattive e gustative dei prodotti, in quanto questo<br />
conservante si combina con alcune sostanze di odore e sapore<br />
pungente, come l’acetaldeide e l’acido piruvico rendendoli<br />
non più percettibili all’assaggio.<br />
Nonostante la sua utilità sul piano tecnico è noto che<br />
l’anidride solforosa ha sull’uomo un’azione tossica che<br />
ne limita l’impiego. L’Organizzazione mondiale della Sanità<br />
comprende l’anidride solforosa tra i conservanti (E220) e ne indica<br />
la Dose Giornaliera Ammissibile in 0.7 mg/kg di peso corporeo. La<br />
DL50 (Dose Letale 50%) è pari a 1.5 g/kg di peso corporeo. Oltre<br />
all’effetto tossico, l’anidride solforosa ha anche un’azione<br />
allergenica per cui con l’entrata in vigore della Direttiva CE n°<br />
89/2003 è diventato obbligatorio segnalare la presenza di solfiti e<br />
anidride solforosa nel vino e in ogni altro alimento, quando la concentrazione<br />
superi i 10 mg/l o i 10 mg/kg, espressi come SO 2<br />
.<br />
Valutazione dell’assunzione alimentare<br />
dell’anidride solforosa<br />
L’analisi del rischio è un processo che include tre fasi:<br />
• valutazione del rischio, ossia valutazione scientifica degli<br />
effetti dannosi per la salute che derivano dall’esposizione a<br />
pericoli veicolati dagli alimenti;<br />
• gestione del rischio, cioè processo di valutazione del piano<br />
di azione alternativo, per accertare, minimizzare o ridurre i rischi<br />
stimati;<br />
• comunicazione del rischio, processo interattivo di scambio<br />
di informazioni e di opinioni sul rischio tra valutatori del rischio,<br />
gestori del rischio e altre parti interessate (consumatori).<br />
La valutazione dell’esposizione si colloca all’interno della prima<br />
fase descritta e consiste nel valutare, per un determinato pericolo,<br />
il quantitativo che viene a contatto con il consumatore, attraverso<br />
il consumo di alimenti, e il suo confronto con i livelli di sicurezza<br />
stabiliti.<br />
Le stime delle assunzioni alimentari degli additivi in<br />
esame con la dieta richiedono:<br />
• dati relativi alla presenza, derivanti da determinazioni<br />
analitiche dei livelli di solfiti in singoli prodotti alimentari e/o in<br />
campioni rappresentanti gruppi di alimenti o duplicati di porzioni;<br />
• dati sul consumo alimentare, basati su specifici programmi<br />
di rilevamento;<br />
• il calcolo dell’assunzione delle sostanze, potenzialmente<br />
nocive, basato sulla combinazione tra i livelli di additivi<br />
negli alimenti e le quantità di quegli stessi alimenti consumati<br />
dalla popolazione in esame.<br />
È opportuno sottolineare che la determinazione di additivi come i<br />
solfiti in matrici complesse, come quelle alimentari, rende necessario<br />
l’impiego di tecniche altamente sensibili ed affidabili.<br />
I dati sul consumo alimentare possono essere classificati<br />
come diretti (basati su un’indagine), suddivisi a loro<br />
volta in quantitativi e qualitativi, o indiretti (basati su indicatori<br />
economici derivati, così come il consumo familiare), suddivisi<br />
in presunti o attuali. L’utilità dello studio del consumo alimentare<br />
per stimare l’impatto degli additivi alimentari è influenzato<br />
dalla durata dello studio e anche dal grado di dettagli conservati.<br />
L’analisi dell’anidride solforosa richiede dei tempi d’analisi<br />
rapidi poiché tale additivo con la conservazione<br />
può degradarsi. Per l’anidride solforosa sono state condotte<br />
analisi sui prodotti freschi (tal quale) e su alimenti sottoposti a processo<br />
di cottura. Ciò in quanto le caratteristiche chimico fisiche<br />
dell’anidride solforosa determinano modifiche delle concentrazioni<br />
di additivo in base al trattamento termico del prodotto alimentare.<br />
N/7
Essendo la valutazione dell’assunzione con la dieta lo scopo<br />
principale dello studio è necessario conoscere i livelli di presenza<br />
dell’additivo nell’alimento pronto al consumo. Allo scopo di rendere<br />
rappresentativo il prelievo degli alimenti da sottoporre ad analisi<br />
si è tenuto conto della diffusione dei prodotti nell’ambito della rete<br />
di distribuzione commerciale, scegliendo per ogni categoria merceologica<br />
l’articolo più significativo sotto il profilo del consumo.<br />
Nel caso dei solfiti risulta in prospettiva necessario<br />
monitorare il consumo di frutta secca nel contesto di<br />
prodotti per la prima colazione.<br />
Effetti tossicologici sulla salute dell’uomo<br />
L’anidride solforosa viene facilmente assorbita dalle<br />
mucose del naso e del tratto superiore dell’apparato<br />
respiratorio e l’alta reattività la rende un composto<br />
estremamente irritante. A basse concentrazioni gli effetti<br />
dell’anidride solforosa sono principalmente legati a patologie<br />
dell’apparato respiratorio, come bronchiti, asma e tracheiti, e ad<br />
irritazione della pelle, degli occhi e delle mucose. L’anidride solforosa<br />
in soluzione acquosa si trasforma in solfito e bisolfito che<br />
sono largamente usati come additivi negli alimenti, in particolare<br />
nel vino. Il bisolfito può essere ossidato da una perossidasi a formare<br />
un potente radicale anionico (SO 3<br />
).<br />
È stato pubblicato un lavoro che mostra l’effetto fortemente<br />
tossico del radicale anionico SO 3<br />
in grado di innescare un<br />
processo di danno ossidativo che può essere alla base di reazioni<br />
allergiche dipendenti dalla SO 2<br />
e dai suoi derivati.<br />
L’anidride solforosa può provocare alterazioni nel metabolismo<br />
di alcuni aminoacidi e della vitamina B1. In<br />
particolare il principale effetto negativo dell’anidride solforosa, in<br />
individui non affetti da ipersensibilità, è connessa all’azione degradativa<br />
a carico della vitamina B1 (tiamina), la cui carenza nell’uomo<br />
può provocare significative alterazioni a carico del metabolismo<br />
degli zuccheri. Studi condotti su una linea cellulare hanno evidenziato<br />
la tossicità che i solfiti possono esercitare su nutrienti come<br />
le vitamine e l’acido folico.<br />
I solfiti sono molecole fortemente reattive e vengono eliminati e<br />
detossificati dall’enzima solfito ossidasi che li trasforma in solfati.<br />
La conversione dei solfiti in solfati avviene durante il<br />
passaggio attraverso l’apparato digerente. Nello stomaco,<br />
dove il pH (la forza acida) è molto basso in fase di digestione,<br />
l’ossidazione è molto lenta, mentre risulta assai più rapida nell’intestino<br />
e nel sangue, dove il pH è più alcalino.<br />
L’irritazione gastrica dipende dal fatto che i solfiti, a reazione decisamente<br />
acida, liberano anidride solforosa, che provoca una sensazione<br />
dolorosa accompagnata a volte da vomito se la dose di<br />
anidride solforosa ingerita supera una certa soglia. La sensazione<br />
del famoso cerchio alla testa che si può verificare dopo ingestione<br />
di anidride solforosa sembrerebbe proprio legata all’azione dell’enzima<br />
solfito-ossidasi che, impiegando sia pure in quantità limitate<br />
l’ossigeno nella formazione di solfati, delimiterebbe l’afflusso dell’ossigeno<br />
al cervello, che reagisce con la sintomatologia dolorosa.<br />
In uno studio condotto su cellule di eritrociti è stato visto che<br />
il solfito agisce come ossidante. Infatti provoca negli eritrociti<br />
un aumento del sistema antiossidante endogeno che la cellula<br />
attua per difendersi dal danno provocato dai solfiti. Studi epidemiologici<br />
hanno evidenziato un’associazione tra l’inalazione<br />
della SO 2<br />
e il danno ischemico cerebrale. È stato<br />
anche pubblicato uno studio su una popolazione coreana dove si<br />
è mostrato che soprattutto nei fumatori l’anidride solforosa<br />
provoca una riduzione della funzione polmonare.<br />
Tra le reazioni avverse che l’anidride solforosa e i suoi derivati<br />
possono provocare tra i consumatori vi è l’innesco di reazioni<br />
anafilattiche, nonché una vasta gamma di sintomi, tra cui<br />
dermatite, orticaria, vampate, ipertensione, dolore addominale<br />
e diarrea, sebbene la maggior parte delle relazioni descritte<br />
riguardino casi di broncospasmi in pazienti asmatici. Infatti ci<br />
sono evidenze che dimostrano come la maggior parte di individui<br />
non-asmatici possono tollerare fino a 5 ppm SO 2<br />
, mentre un gran<br />
numero di asmatici sono ipersensibili a questo gas. Non è del tutto<br />
chiaro il motivo di questa ipersensibilità dei soggetti asmatici, ma<br />
può darsi che in questi individui la SO 2<br />
irriti le vie aeree già offese.<br />
Alcuni studi hanno suggerito che i solfiti possono stimolare il<br />
sistema parasimpatico, con broncocostrizione mediata<br />
da una via colinergica: l’enzima solfito ossidasi converte il<br />
solfito a solfato, comportando un eccessivo accumulo di solfito,<br />
con conseguente broncospasmo colinergico-mediato in alcune<br />
persone sensibilizzate. Il rilascio di istamina e altri mediatori, come<br />
conseguenza della degranulazione dei mastociti attraverso meccanismi<br />
mediati da IgE o non-IgE, è stato suggerito come un possibile<br />
meccanismo in alcuni individui. È possibile che questo effetto sia<br />
dovuto anche all’aumento della sintesi di prostaglandine (Pg) E2.<br />
Sono stati condotti degli studi sugli effetti di una miscela di<br />
solfiti e bisolfiti derivati dall’anidride solforosa su cellule<br />
di vari organi di topo. I risultati hanno mostrato che<br />
i suddetti composti causano danno al DNA a livello<br />
di diversi organi e non solo a livello respiratorio. Presi<br />
insieme, questi risultati suggeriscono che la SO 2<br />
e i suoi derivati a<br />
certe dosi sono agenti tossici a livello di tutti gli organi.<br />
La SO 2<br />
e i suoi derivati possono inoltre esplicare un<br />
effetto tossico sugli enzimi citocromo P450, sistema enzimatico<br />
deputato al metabolismo ed eliminazione di tutta una serie di<br />
molecole chimiche che arrivano nel nostro organismo. Ciò modifica<br />
il potenziale detossificante del nostro organismo.<br />
Alla luce di tutte queste evidenze sulla salute umana,<br />
si rende necessario lo sviluppo di pratiche alternative<br />
all’uso di SO 2<br />
e dei suoi derivati sui prodotti alimentari,<br />
al fine di tutelare maggiormente la salute del consumatore, anche<br />
se oggi vige l’obbligo della dichiarazione. L’obiettivo comune<br />
è di limitare il più possibile l’alterazione cromatica del<br />
prodotto che ne diminuisce notevolmente l’appetibilità<br />
agli occhi dei consumatori, e mettere a punto processi<br />
sostitutivi alla solforazione che però preservino i valori nutrizionali<br />
originari dell’alimento.<br />
N/8
CONSULENZA E<br />
PROGETTAZIONE<br />
ASSICURATIVA<br />
Viale della Lirica 21<br />
48124 Ravenna<br />
Tel. 0544 270040<br />
Fax 0544 270560<br />
N/9
ALBICOCCA SECCA<br />
Un frutto che viene dall’Oriente.<br />
Nome inglese: Dried apricot<br />
Nome scientifico: Prunus armeniaca<br />
Classificazione botanica<br />
Classe: Magnoliopsida<br />
Ordine: Rosales<br />
Famiglia: Rosales<br />
Genere: Prunus<br />
Specie: Prunus armeniaca<br />
INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />
valori medi per 100 g di prodotto<br />
Calorie: kcal 254<br />
Energia: kJ 1075<br />
Proteine: g 3.4<br />
Carboidrati: g 55.3<br />
di cui zuccheri: g 53.4<br />
Grassi: g 0.5<br />
di cui saturi: g 0.0<br />
Fibre alimentari: g 7.3<br />
Sale: g 0.03<br />
Minerali Vitamine<br />
Aminoacidi Grassi<br />
Calcio mg 55<br />
Ferro mg 2.66<br />
Magnesio mg 32<br />
Fosforo mg 71<br />
Potassio mg 1162<br />
Sodio mg 10<br />
Zinco mg 0.39<br />
Rame mg 0.343<br />
Manganese mg 0.235<br />
Selenio µg 2.2<br />
Ac. Ascorbico mg 1<br />
Tiamina mg 0.015<br />
Riboflavina mg 0.074<br />
Niacina mg 2.589<br />
Ac. Pantotenico mg 0.516<br />
Vitamina B6 mg 0.143<br />
Folati µg 10<br />
Vitamina B12 µg 0.00<br />
Vitamina A IU IU 3604<br />
Vitamina A, RE µg 180<br />
Vitamina E, α Te mg 4.33<br />
Triptofano* g 0.016<br />
Treonina* g 0.073<br />
Isoleucina* g 0.063<br />
Leucina* g 0.105<br />
Lisina* g 0.083<br />
Metionina* g 0.015<br />
Cistina g 0.019<br />
Fenilalanina* g 0.062<br />
Tirosina g 0.039<br />
Valina* g 0.078<br />
Arginina g 0.066<br />
Istidina* g 0.047<br />
Alanina g 0.110<br />
Ac. Aspartico g 0.937<br />
Ac. Glutammico g 0.188<br />
Glicina g 0.070<br />
Prolina g 0.821<br />
Serina g 0.087<br />
A. grassi saturi g 0.017<br />
4:0 g 0.000<br />
6:0 g 0.000<br />
8:0 g 0.000<br />
10:0 g 0.000<br />
12:0 g 0.000<br />
14:0 g 0.000<br />
16:0 g 0.017<br />
18:0 g 0.000<br />
A. grassi monoinsaturi g 0.074<br />
16:1 g 0.000<br />
18:1 g 0.074<br />
20:1 g 0.000<br />
22:1 g 0.000<br />
A. grassi polinsaturi g 0.074<br />
18:2 g 0.074<br />
18:3 g 0.000<br />
18:4 g 0.000<br />
20:4 g 0.000<br />
20:5 n-3 g 0.000<br />
22:5 n-3 g 0.000<br />
22:6 n-3 g 0.000<br />
Colesterolo g 0<br />
* aminoacidi essenziali<br />
N/10<br />
Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard
ORIGINI E CENNI BOTANICI<br />
L’origine dell’albicocco è triplice: cinese, centro-asiatica e<br />
caucasica, tutte zone dove la specie è diffusa fin dal 3000 a.C.<br />
Dagli areali di origine, grazie alle carovane dei mercanti,<br />
si estese lentamente verso Ovest, attraverso l’Asia<br />
centrale, raggiungendo l’Armenia e il Medio Oriente. Il suo binomiale<br />
botanico Prunus armeniaca è dovuto alla convinzione, da<br />
parte di Linneo, delle origini armene della pianta. L’Armenia<br />
rimane uno snodo fondamentale per la diffusione di<br />
questo albero, da lì venne introdotta in Grecia e in Europa,<br />
grazie soprattutto alle spedizioni di Alessandro Magno, prima,<br />
e dal generale romano Lucullo, poi, che fecero conoscere in<br />
Occidente diverse varietà di piante fino ad allora ignote.<br />
I romani la introdussero in Italia e in Grecia nel 70-60 a.C.,<br />
ma la sua diffusione nel bacino del Mediterraneo fu consolidata<br />
successivamente dagli arabi. L’albicocco tuttavia fino al secolo<br />
scorso non ha avuto una reale diffusione in Europa e in America,<br />
che raggiunse grazie ai coloni inglesi.<br />
L’albero cresce spontaneo anche sull’Himalaya attorno<br />
ai 3.000 metri di altezza grazie alla resistenza del fusto verso il<br />
clima rigido.<br />
Per quanto riguarda il nome i romani la chiamavano armeniacum,<br />
cioè mela armena perché da lì proveniva, o anche praecox,<br />
cioè “precoce” perché maturava prima della pesca e da<br />
questa radice è derivato il termine greco praikokion. Il nostro<br />
“albicocca” – così come l’abricot francese, l’apricot inglese<br />
e lo spagnolo albaricoque – deriva invece dall’arabo albarquq.<br />
A sua volta il frutto ha dato il nome a una tonalità di<br />
arancione chiaro, a metà tra giallo e rosa.<br />
L’albicocco è un albero di modeste dimensioni, allo stato selvatico<br />
può raggiungere addirittura i 12-13 metri d’altezza, mentre<br />
nelle coltivazioni viene tenuto sotto i 3,5 metri per comodità di<br />
cura e di raccolta; è una specie caducifoglia che entra in riposo<br />
vegetativo durante l’inverno.<br />
La pianta ha un portamento variabile a seconda dell’habitus<br />
vegeto-produttivo.<br />
Le radici si sviluppano in profondità, tanto che necessitano di<br />
terreni con un franco di coltivazione di almeno 50-80 cm.<br />
Il fusto presenta una scorza rosso-scura e fessurata longitudinalmente.<br />
La larghezza media del tronco è di 7-8 cm, ma varia<br />
da una cultivar all’altra.<br />
Le gemme, inserite sul nodo, possono essere a legno e<br />
a fiore: le prime hanno una forma conica mentre le seconde<br />
sono tondeggianti e, generalmente, localizzate su rami di un<br />
anno; a differenza delle Pomacee, nell’albicocco e nelle altre<br />
Drupacee non sono mai miste.<br />
N/11
I fiori sono sessili (inseriti sul ramo senza peduncolo), ermafroditi,<br />
campanulacei, solitari o accoppiati. Sono singoli, ma sbocciano<br />
a gruppetti situati all’attaccatura delle foglie. Variano dal<br />
bianco a un delicato colore rosato. Hanno cinque sepali e petali<br />
e molti stami eretti. L’albicocco generalmente è una pianta autofertile,<br />
alcune recenti cultivar nord americane e canadesi sono<br />
parzialmente autosterili (il polline dello stesso fiore non svolge<br />
la fecondazione), per cui necessitano di varietà impollinatrici.<br />
L’impollinazione è entomofila, operata dalle api e da altri insetti<br />
pronubi.<br />
I rami di un anno sono rossicci e lenticellati di bianco; a seconda<br />
della vigoria e della distribuzione delle gemme a fiore lungo il<br />
loro asse, si distinguono in tre categorie:<br />
• il ramo misto è mediamente vigoroso e provvisto di gemme<br />
a fiore e a legno (in base alla cultivar le gemme a fiore<br />
possono essere distribuite lungo tutto il ramo, nella parte<br />
basale o in quella terminale); su di esso possono esserci anche<br />
gemme pronte che danno origine a germogli durante la<br />
ripresa vegetativa stessa (sono detti rami anticipati), mentre<br />
le gemme a legno si sono formate nell’annata precedente la<br />
ripresa vegetativa;<br />
• il brindillo è un ramo esile dal diametro approssimativo di<br />
una matita, della lunghezza di una decina di centimetri ed è<br />
provvisto prevalentemente di gemme a fiore, mentre quella<br />
terminale lungo l’asse è a legno;<br />
• il dardo fiorifero, o mazzetto di maggio, è un rametto<br />
lungo pochi centimetri con una corona di gemme a fiore e<br />
quella centrale a legno.<br />
Il frutto è una drupa quasi sessile di forma rotonda. La drupa è<br />
un frutto carnoso indeiscente fornito di epicarpo membranoso,<br />
di mesocarpo carnoso e di un endocarpo che si lignifica (nocciolo).<br />
Nel caso specifico dell’albicocca, è separata da un solco<br />
avente una profondità variabile chiamato “linea di sutura”. Ha<br />
una dimensione tra i 3,5 e i 6 cm.<br />
La buccia, o epicarpo, può essere liscia o pelosa, di colore giallo<br />
che si tinge di rosa nelle parti esposte al sole. La polpa, o<br />
mesocarpo, è gradevole, fragrante e fondente, e il nocciolo, o<br />
endocarpo, è legnoso e può aderire o meno al mesocarpo.<br />
Le foglie sono alterne, lisce, picciolate, cuoriformi, con delle<br />
ghiandole più o meno rotonde, dal margine seghettato. All’inizio<br />
della loro formazione si presentano rossicce poi diventano di<br />
colore verde intenso e lucide.<br />
N/12
PAESI PRODUTTORI<br />
L’Italia e gli altri Paesi mediterranei dell’Unione Europea (Spagna,<br />
Francia e Grecia) assicurano ogni anno la parte più consistente<br />
della produzione comunitaria di frutta a nocciolo, tra<br />
cui anche quella di albicocche.<br />
Nella tabella seguente sono riportati i dati della produzione<br />
totale di albicocche fresche nel mondo, relativi all’anno 2012. I<br />
principali paesi produttori di albicocche fresche sono Turchia,<br />
seguita da Iran, Uzbekistan, Algeria, Italia, Pakistan e Francia.<br />
Evoluzione delle superfici (ha)<br />
investite ad albicocco in Italia nell’ultimo decennio<br />
17400<br />
17200<br />
17000<br />
16800<br />
ha<br />
16600<br />
16400<br />
16200<br />
16000<br />
PAESI<br />
valori espressi in MT<br />
15800<br />
1995<br />
1996<br />
1997<br />
1998<br />
1999<br />
2000<br />
2001<br />
2002<br />
2003<br />
2004 2005<br />
Fonte: Istat 2006<br />
Turchia 795.768<br />
Iran 460.000<br />
Uzbekistan 365.000<br />
Algeria 269.308<br />
Italia 247.146<br />
Pakistan 192.500<br />
Francia 189.711<br />
Morocco 122.405<br />
Fonte: FAOSTAT © FAO Statistics Division, March 2016 (http://faostat.fao.org)<br />
Il mercato europeo dell’albicocca per il consumo<br />
fresco resta quindi circoscritto ai Paesi del bacino<br />
del Mediterraneo: Italia, Spagna, Francia e Grecia per la<br />
sponda Nord; Marocco, Tunisia, Egitto e Turchia sulla sponda<br />
africana e asiatica. I competitori Nord-africani rappresentano<br />
ormai una realtà con cui fare i conti. Il segmento precoce del<br />
mercato – maggio in particolare – è appannaggio delle produzioni<br />
Nord-africane, normalmente introdotte sul mercato<br />
europeo tramite accordi di partnership con società commerciali<br />
europee. L’inserimento concordato dei competitori d’oltremare,<br />
per anticipare il calendario di presenza sul mercato<br />
della specie, può tuttavia rappresentare un’opportunità per i<br />
produttori della sponda Nord del Mediterraneo.<br />
A livello nazionale l’albicocco è tra i pochi fruttiferi<br />
in costante crescita. Le superfici coltivate in Italia sono<br />
passate da 16.366 ha nel 1995 a 17.318 nel 2005.<br />
L’Italia, con una produzione per l’anno 2012 di 247.146 MT<br />
(Faostat, 2012) è il quinto produttore mondiale e il<br />
primo per la produzione di albicocche da consumo<br />
fresco. Le prime posizioni sono infatti occupate da Paesi<br />
asiatici (Turchia, Iran, Uzbekistan e Algeria) dove l’albicocco<br />
è coltivato in climi continentali ancora prevalentemente per<br />
produrre frutti da essiccare, ma, in prospettiva, per un’utilizzazione<br />
industriale più ampia (puree, nettari, confetture, ecc.).<br />
I ritmi di investimento in impianti di trasformazione in questi<br />
Paesi devono far riflettere sulle prospettive della filiera agroindustriale<br />
italiana.<br />
Spagna 119.400<br />
Egitto 98.772<br />
Grecia 90.200<br />
Giappone 90.000<br />
Afghanistan 83.500<br />
Syrian Arab Republic 72.000<br />
Ukraine 62.900<br />
L’albicocchicoltura continentale rappresenta un<br />
giacimento che non attende altro che di essere<br />
sfruttato dall’industria di trasformazione.<br />
Per contro, la presenza in Italia di una filiera agroindustriale è di<br />
interesse rilevante anche per l’albicocchicoltura da consumo<br />
fresco, per sottrarre al mercato la percentuale di “non qualità”<br />
(grandinato, fuori calibro, sovrammaturo, ultimi stacchi, ecc.)<br />
inevitabilmente connessa alla produzione. Per proseguire in<br />
tale funzione l’industria dovrà probabilmente adeguare le proprie<br />
strutture e modificare i propri obiettivi, guardando al segmento<br />
del trasformato di alta gamma, con garanzia di sicurezza<br />
alimentare (disciplinari di frutticoltura integrata, biologica,<br />
residuo zero) non disponibili presso i nuovi competitori.<br />
La produzione mondiale di albicocche secche nel<br />
2014/2015 è diminuita del 60% rispetto alla stagione 2013/2014<br />
e del 31% rispetto al 2004/2005 a causa dei danni causati da<br />
gelate in Turchia in termini quantitativi.<br />
Produzione mondiale di albicocche secche / MT<br />
239.018<br />
+ 31% over 2004<br />
198.917<br />
158.470<br />
164.350 170.945<br />
159.100<br />
146.950<br />
137.100<br />
124.700<br />
100.100<br />
68.810<br />
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014<br />
La produzione turca per questa stagione è stata stimata a<br />
8.210 MT, con una diminuzione del 93% rispetto alla stagione<br />
precedente. È stato l’Iran, con 20.000 MT a condurre la produzione<br />
di albicocche secche nella stagione 2014/2015.<br />
N/13
Stima produzione di albicocche secche 2014 / MT<br />
La Turchia è comunque la più grande nazione<br />
esportatrice di albicocche secche: con quasi 109.000<br />
MT il Paese ne esporta l’81%. La Russia e gli USA, rispettivamente<br />
con 15.036 MT e 14.861 MT, sono la destinazione<br />
principale dell’esportazione turca.<br />
ESIGENZE CLIMATICHE<br />
E CICLO VEGETATIVO<br />
La Prunus Armeniaca è una pianta molto versatile che sa adattarsi,<br />
a seconda delle varietà e delle diverse tipologie di portainnesti,<br />
alle più svariate condizioni pedoclimatiche. L’albicocco può<br />
essere coltivato in pianura come in altitudine (nelle<br />
zone caratterizzate da climi temperati, la pianta può essere coltivata<br />
anche a 2.000 metri di altezza e più). Esistono alcune varietà<br />
che, durante il riposo vegetativo, possono sopportare, senza<br />
subire danni di particolare intensità, temperature estremamente<br />
basse (-35 °C). Sono invece più temibili le gelate tardive che si dovessero<br />
verificare durante la fase di fioritura o dopo l’allegagione<br />
(la trasformazione da fiore a frutto).<br />
Per quanto concerne l’esposizione, è preferibile posizionare<br />
la pianta in una zona parzialmente ventilata<br />
e priva di umidità; ciò serve alla prevenzione di patologie<br />
fungine, avversità alle quali l’albicocco è purtroppo molto soggetto.<br />
Non c’è bisogno di dire che anche l’albicocco, come la<br />
maggior parte delle piante, da frutto e no, teme molto i ristagni<br />
idrici.<br />
Iran, 20.000 / 29%<br />
Turchia, 8.210 / 12%<br />
Cina, 6.000 / 9%<br />
USA, 2.000 / 3%<br />
Sud Africa, 2.000 / 3%<br />
Altri, 30.000 / 44%<br />
Un breve cenno va alla varietà della pianta da coltivare. Sfortunatamente<br />
sono poche le varietà di albicocco che<br />
hanno dimostrato di sapersi adattare a tutti i tipi<br />
di ambiente; coloro che abitano nelle zone settentrionali<br />
dovrebbero scegliere fra le cultivar Paviot, Reale d’Imola, Tonda<br />
di Castiglione, Val Venosta o Valleggia; chi abita al centro<br />
può orientarsi su Amabile Vecchioni, Bulida, Pisana, Precoce<br />
di Toscana e Romana; infine, coloro che abitano nelle regioni<br />
meridionali possono scegliere fra Baracca, Boccuccia, Leccona,<br />
Pellecchiella e San Giorgio. In sostanza ci si può basare<br />
sulle cultivar locali, quelle cioè che in zona hanno dimostrato di<br />
crescere senza alcun problema. Bisogna infatti tenere conto che<br />
le cultivar originarie di zone dal clima caldo sono poco adatte<br />
a luoghi di coltivazione in cui gli inverni sono lunghi e particolarmente<br />
freddi; al contrario, le cultivar provenienti da zone più<br />
fredde non sono indicate per luoghi dal clima secco e siccitoso,<br />
così come le varietà che crescono bene nelle zone litoranee sono<br />
in difficoltà nelle zone montane (ovviamente vale anche il contrario).<br />
Appare ovvio a tutti che una consolidata cultivar locale darà<br />
meno problemi sia nella coltivazione che nel mantenimento.<br />
Premesso che la riproduzione dell’albicocco<br />
per seme non è una scelta consigliabile, per la<br />
piantagione è possibile effettuare il trapianto di esemplari di<br />
qualsiasi età, ma il consiglio è quello di mettere a dimora<br />
piantine che abbiamo almeno due anni: è opportuno<br />
coltivarle per circa un paio di anni in vaso dopodiché<br />
si potranno mettere nella nuda terra.<br />
Per la messa a dimora, che può essere effettuata da ottobre ad<br />
aprile, si scavi una buca profonda circa 60 cm e larga 80 cm; in<br />
fondo alla buca è consigliabile mettere 100-150 g di cornunghia<br />
(un fertilizzante di origine animale); si riempie poi la buca fino a<br />
metà con terra mescolata a terriccio da piantagione ed eventualmente<br />
un po’ di letame. A questo punto si può inserire la pianta<br />
e riempire la buca con la terra scavata in precedenza. Alla fine si<br />
irrighi la zona con circa 20 litri di acqua. Può essere d’aiuto mettere<br />
un tutore alla pianta per indirizzarne lo sviluppo.<br />
Per quanto concerne gli interventi di irrigazione, si tenga<br />
conto che l’albicocco non è una pianta particolarmente esigente.<br />
Tenendo in debito conto le eventuali precipitazioni, l’irrigazione<br />
deve essere caratterizzata da una certa regolarità. Si eviti di abbondare<br />
con le quantità di acqua quando siamo vicini al periodo<br />
di raccolta. I sistemi di irrigazione più adatti alle piante di albicocco<br />
sono l’irrigazione a goccia o a spruzzo.<br />
Relativamente alla potatura, una volta che la pianta si sarà formata,<br />
si potrà effettuare la potatura di produzione, si rimuoveranno<br />
cioè i rami dall’andamento poco regolare, quelli secchi e quelli<br />
danneggiati o spezzati. Si consideri comunque di non essere<br />
mai aggressivi perché gli interventi di potatura possono risultare<br />
stressanti per questa pianta. Per quanto concerne i periodi, la<br />
potatura invernale va effettuata, a seconda delle zone, nel<br />
periodo che va da fine gennaio a fine febbraio o, al limite,<br />
a marzo se ci troviamo in zone caratterizzate da gelate<br />
tardive. La potatura estiva, che si pone come scopi quello di<br />
arieggiare la pianta e quello di rimuovere i succhioni, dovrebbe<br />
essere effettuata tra fine giugno e inizio luglio, sempre a<br />
seconda della zona.<br />
N/14
Gemma d’inverno Gemma gonfia Gemma visibile<br />
Nel corso del ciclo vegetativo annuale di un albero deciduo,<br />
si verificano diversi stadi di sviluppo. Il primo stadio di accrescimento<br />
attivo, evolve lentamente verso uno stadio di dormienza<br />
comprendente vari processi metabolici. Successivamente subentra<br />
lo stato di dormienza vero e proprio durante il quale la<br />
schiusa della gemma non può essere indotta in alcun modo.<br />
Terminato questo periodo segue uno stato di diminuzione della<br />
dormienza, in cui la stessa è già interrotta, ma le gemme non<br />
possono schiudere per assenza di opportune condizioni climatiche.<br />
Infine nell’ultimo stadio, avviene la schiusa delle gemme e la<br />
ripresa della crescita attiva, concludendo così il ciclo.<br />
Corolla visibile Stammi visibile Fioritura<br />
Caduta petali Allegagione Frutta giovane<br />
Gennaio<br />
Gemme dormienti<br />
Fasi fenologiche<br />
Rottura gemme<br />
Febbraio<br />
Bottoni rosa<br />
Marzo<br />
Fioritura<br />
Fioritura<br />
Avviene prima della fogliazione ai primi di marzo e dura 8-10 giorni;<br />
i bottoni fiorali sono completamente aperti, rendendo visibili<br />
gli organi riproduttivi. È fondamentale che la fioritura dell’impollinatore<br />
e delle varietà autosterili scelte siano più o meno contemporanee<br />
per aumentare la probabilità di fecondazione. Una volta<br />
verificatasi questa fase, i petali cadono naturalmente, il calice invece<br />
rimane ancora attaccato.<br />
Caduta foglie<br />
Ottobre<br />
Caduta petali<br />
Allegagione<br />
È lo stadio in cui il fiore viene fecondato diventando un frutticino<br />
che, una volta caduto il calice ormai secco, si evidenzia bene<br />
(scamiciatura).<br />
Luglio<br />
Maturazione<br />
Giugno<br />
Ingrossamento frutto<br />
Maggio<br />
Frutto noce<br />
Fine aprile<br />
Scamiciatura<br />
Frutto noce<br />
Dopo l’allegagione i frutticini cominciano a ingrossarsi per effetto<br />
di un’elevata attività di divisione cellulare, ad un certo punto il<br />
frutto mostra una stasi di accrescimento durante la quale avviene<br />
l’indurimento del nocciolo, col seme che assume un aspetto<br />
definitivo; questo stadio si verifica 50-60 giorni dopo la fioritura.<br />
Di seguito vengono descritte le fasi fenologiche più importanti<br />
dell’albicocco.<br />
Rigonfiamento delle gemme<br />
Quando le gemme si rigonfiano, si ha il primo segnale della ripresa<br />
vegetativa che avviene nella seconda metà di febbraio.<br />
Bottoni rosa<br />
È la fase precedente alla fioritura, in cui le gemme destinate a<br />
dare i fiori si presentano molto ingrossate con l’apice di colore<br />
rosa; successivamente i peduncoli dei bottoni fiorali si allungano,<br />
i sepali (simili a piccole foglie che stanno al di sotto dei petali,<br />
costituiscono il calice del fiore) si separano e lasciano intravedere<br />
i petali.<br />
Accrescimento del frutto<br />
Il seme perde acqua e accumula sostanze zuccherine che sono<br />
poi traslocate al frutto, esso riprende a ingrossarsi per effetto della<br />
distensione cellulare e comincia a diminuire l’acidità; al termine<br />
di questo stadio avviene l’invaiatura con i frutti che da verdi divengono<br />
di color giallo-arancione, il viraggio interessa almeno il 50%<br />
della superficie del frutto.<br />
Maturazione<br />
All’inizio di questa fase aumentano gli zuccheri solubili grazie all’idrolisi<br />
dell’amido; a maturazione piena i frutti hanno raggiunto le<br />
dimensioni massime, il colore tipico della cultivar di appartenenza<br />
e il giusto equilibrio tra il contenuto zuccherino e l’acidità. A seconda<br />
delle varietà si protrae da inizio giugno a fine luglio.<br />
N/15
TECNICHE COLTURALI<br />
Le forme di allevamento più utilizzate per la coltivazione<br />
dell’albicocco fino agli anni ’60 erano quelle a “palmetta<br />
libera”, “a siepe” e a “vaso cespugliato”. Il vantaggio di<br />
queste, rispetto ai tradizionali impianti, era rappresentato dall’incremento<br />
della densità di piantagione, delle rese per ettaro e dalla<br />
maggiore efficienza nelle operazioni colturali. Tuttavia, l’intensificazione<br />
delle produzioni che ne derivava a lungo andare comportava<br />
un peggioramento qualitativo del prodotto e maggiori difficoltà di<br />
movimento delle macchine e degli operatori.<br />
Oggi i sistemi d’impianto maggiormente diffusi hanno<br />
abbandonato l’idea di forme rigidamente geometriche<br />
a favore di chiome semilibere, che seguono senza particolari<br />
costrizioni il proprio andamento vegetativo. Negli ultimi anni,<br />
infatti, si sono molto diffuse le forme libere di allevamento (a vaso<br />
basso e a vaso ritardato) che comportano un ridimensionamento<br />
della densità di piantagione. Il vaso – composto da tre branche primarie<br />
inserite sul fusto ad un’altezza variabile di 70-100 cm, sulle<br />
quali, nella parte esterna vengono inserite 3-5 branche secondarie<br />
–, basso o ritardato, è la forma che meglio si adatta alla spontanea<br />
crescita dell’albicocco. Esso si caratterizza da distanze d’impianto<br />
tra i 4,5-5 m x 3,5-5 m, da un’altezza della pianta di 2,5-3 m, da<br />
interventi di cimatura dei germogli in fase di allevamento e da una<br />
potatura leggera nei primi anni per non stimolare l’attività vegetativa<br />
e favorire la precoce messa a frutto, dando prevalenza agli<br />
interventi estivi rispetto a quelli invernali.<br />
Scelta del portinnesto<br />
La scelta del portinnesto è una fase fondamentale nell’esecuzione<br />
dell’impianto in quanto da esso dipende la grandezza definitiva della<br />
pianta, il suo ambientamento al terreno, il suo regolare sviluppo, la<br />
sua resistenza ai parassiti e alle malattie e una migliore impollinazione.<br />
I portinnesti utilizzabili per l’albicocco sono molto numerosi. Il “Franco”,<br />
il “Manicot” e il “Mirabolano” sono i più diffusi, grazie alla loro<br />
adattabilità a terreni marginali e difficili; tuttavia essi soddisfano sempre<br />
di meno le attuali esigenze della coltura, poiché caratterizzati da<br />
eterogeneità genetica, elevato vigore e da una lenta messa a frutto.<br />
Tra questi si distingue soltanto il “Mirabolano 29 C”, caratterizzato<br />
da una migliore affinità di innesto, da una precoce messa a frutto e<br />
da un’elevata efficienza produttiva. Tra i portinnesti in corso di<br />
sperimentazione in Italia, “l’Ishtara” è quello che riunisce in sé<br />
buone affinità con le principali cultivar, adattabilità a terreni pesanti,<br />
adeguato rinnovo vegetativo e un vigore inferiore al “Mirabolano”.<br />
La potatura<br />
La potatura, fase essenziale nell’ottimizzazione del rapporto tra<br />
parte vegetativa (rami e foglie) e parte riproduttiva (fiori), deve essere<br />
effettuata considerando le peculiarità delle varie specie. È<br />
possibile distinguere:<br />
• la potatura d’allevamento, fatta nei primi anni di vita della<br />
pianta, che serve a impostare la forma di allevamento prescelta<br />
e a favorire una migliore illuminazione delle foglie e un rapido<br />
raggiungimento della piena fruttificazione;<br />
• la potatura di produzione, che consente il ricambio annuale<br />
di una quota adeguata di legno fruttificante. Eseguita almeno<br />
una volta l’anno, per tutta la vita produttiva del frutteto, ha lo<br />
scopo di far raggiungere alla pianta il massimo potenziale produttivo,<br />
con una fruttificazione costante e una migliore qualità<br />
dei frutti, eliminando rami ammalati o deperiti e ostacolando, in<br />
tal modo, l’attacco dei parassiti.<br />
Diradamento dei frutti<br />
Il diradamento è una pratica indispensabile per ottenere<br />
frutti di buona pezzatura, rispondenti alle esigenze di mercato,<br />
relazionando la carica produttiva alla vigoria delle<br />
formazioni fruttifere così da ridurre sia i rischi di esaurimento<br />
di queste ultime che l’instaurarsi di fenomeni di alternanza produttiva.<br />
La sua esecuzione si effettua manualmente circa 30-40 giorni<br />
dopo la piena fioritura, quando i frutticini raggiungono un diametro<br />
di 15 mm ed è ormai avvenuta la cascola fisiologica (caduta dei<br />
frutti). Poiché nell’albicocco i frutti posti nella parte più interna della<br />
chioma sono poco colorati, più acidi e meno zuccherini di quelli<br />
cresciuti nelle parti periferiche della chioma, il diradamento contribuisce<br />
a ridurre tale eterogeneità qualitativa dei frutti, migliorando<br />
la penetrazione della luce nelle parti intermedie della chioma.<br />
N/16
VARIETÀ E CLASSIFICAZIONE<br />
Le varietà più coltivate nel nostro Paese, spesso con<br />
tecniche diversificate a seconda delle regioni di produzione e<br />
del relativo clima, sono Tyrinthos, Aurora, Reale d’Imola e<br />
Portici, mentre quelle più pregiate sono certamente la Monaco,<br />
la Baracca, la Reale di Imola, la Luizet, la Pesca di<br />
Nancy, la Precoce Cremonini e la Val Venosta.<br />
In generale, il frutto dell’albicocco non si adatta molto alle forme<br />
obbligate richieste dal mercato, tuttavia, poiché la quota di prodotto<br />
destinata alle industrie di trasformazione è costantemente in<br />
crescita e di enorme rilievo in termini assoluti, la tendenza emergente<br />
delle aziende produttrici è di produrre drupe dalle forme libere,<br />
che permettono di raggiungere precocemente la piena produzione<br />
e che si adattano altresì alla raccolta meccanica. Anche per<br />
l’albicocca le richieste di evoluzione varietale tendono ad essere<br />
rivolte verso obiettivi quali la qualità dei frutti, la resistenza alle fitopatie<br />
e alle manipolazioni, l’estensione del calendario di maturazione<br />
e, fondamentalmente, la produttività costante.<br />
chiaro. La pelle è di consistenza solida, con contenuto d’acqua<br />
basso, molto dolce e aromatica. In media, il frutto ha il 24-28% di<br />
solidi solubili, lo 0.20-0.40% di acidità e il pH a 4.5-4.8. Il nocciolo,<br />
di 1.7-2.2 g, è ovale e non si attacca alla polpa; il seme è dolce.<br />
I frutti maturano nella seconda settimana di Luglio in Malatya. I<br />
requisiti di freddo sono 850-100 ore.<br />
Portici<br />
È una pianta vigorosa, dalla produttività elevata e costante. Produce<br />
frutti di calibro medio-grosso, di colore giallo aranciato con<br />
polpa soda, tessitura mediamente fine, di buone qualità gustative.<br />
Ottima da sciroppare e per l’essiccazione.<br />
Dulcina<br />
Cultivar interessante per l’alto tenore in zuccheri, particolarmente<br />
adatta alla trasformazione in puree o per l’essicazione. È molto<br />
produttiva.<br />
Di seguito sono elencate le principali varietà impiegate per<br />
l’essiccazione.<br />
Bulida<br />
A<br />
B<br />
C<br />
È una varietà rustica spagnola che si adatta ad ogni tipo di suolo,<br />
incluso quello secco. Offre alcuni alberi molto vigorosi di produzione<br />
abbondante e regolare, resistente al vento e alla caduta del frutto. I<br />
frutti sono grandi e presentano un solco poco profondo, dal colore<br />
esterno giallo sul carne, dolci, sono abbastanza succosi e profumati.<br />
La raccolta avviene nei primi di giugno e si conserva facilmente.<br />
D<br />
E<br />
A- Bulida<br />
B- Canino<br />
C- HacIhaliloǧlu<br />
D- Portici<br />
E- Dulcina<br />
Canino<br />
Varietà spagnola che presenta esigenza media nel suolo. Offre alcuni<br />
alberi molto vigorosi, resistente ai parassiti e alla caduta dei<br />
frutti. I frutti sono grandi o molto grandi, quasi rotondi, di colore<br />
giallo aranciato intenso, praticamente rossi nella parte esposta al<br />
sole. La pelle esterna è compatta, di sapore buono e mediamente<br />
profumata. La raccolta avviene a fine giugno, conservandosi bene<br />
il frutto ed essendo resistente al trasporto. Questa varietà offre un<br />
frutto di buona qualità e commercialmente interessante.<br />
HacIhaliloǧlu<br />
È la più importante cultivar di albicocche essiccate della Malatya,<br />
selezionata nel 1850. Gli alberi sono vigorosi e producono frutti<br />
ogni anno in frutteti irrigati e ben gestiti. Ha un raccolto medio,<br />
ma è suscettibile alle gelate, alla siccità e ad alcune malattie quali<br />
Sclerotinia laxa e Coryneum beyerinckii. I frutti sono di medie dimensioni,<br />
25-35 g, di forma ovale, simmetrica; pelle e polpa sono<br />
di colore giallo. Il frutto ha la tendenza ad essere di colore rosso<br />
Esistono anche dei tipi genetici di albicocca, che hanno la<br />
caratteristica di essere molto resistenti, soprattutto nelle<br />
fasi post raccolta e trasporto.<br />
Pinkcot<br />
Dall’aspetto attraente con forma tondeggiante, ha colore arancio<br />
intenso e di aspetto luminoso. La buccia è resistente alla manipolazione.<br />
Ha una eccellente conservabilità a bassa temperatura.<br />
Tomcot<br />
Di colore arancio intenso, con sopraccolore rosso brillante. Ha<br />
forma oblunga e regolare, con polpa molto dolce, e succosa.<br />
Anch’essa ha un’ottima conservabilità.<br />
Kioto<br />
Ad elevata tenuta di maturazione, ha un aspetto attraente, con<br />
forma rotonda. La pezzatura è medio elevata così come un elevato<br />
contenuto zuccherino e aroma.<br />
N/18
N/19
trasformazione. Per quanto riguarda le albicocche secche, di<br />
seguito si elencano le fasi del processo di lavorazione successive<br />
alla raccolta.<br />
Cernita dei frutti<br />
Le albicocche vengono sottoposte a cernita per allontanare sia i<br />
frutti danneggiati sia quelli che non si trovano al giusto grado di maturazione.<br />
I frutti non sufficientemente maturi possono infatti creare<br />
problemi nel processo di solfitazione in quanto non assorbono abbastanza<br />
conservante. Al contrario, i frutti molto maturi assorbono<br />
una quantità eccessiva di anidride solforosa.<br />
PROCESSO PRODUTTIVO<br />
RACCOLTA E LAVORAZIONE<br />
La raccolta<br />
L’epoca di raccolta rappresenta un momento fondamentale della<br />
filiera produttiva, perché caratterizza e condiziona la qualità globale<br />
e la serbevolezza del prodotto. La definizione dell’epoca di<br />
raccolta, tenendo conto della scalarità di maturazione dei frutti,<br />
della forte variabilità delle cultivar e della diversa reazione ai fattori<br />
pedoclimatici, è abbastanza difficile, tuttavia alcuni indici si<br />
sono dimostrati di facile applicazione e di sufficiente rispondenza<br />
fisiologica. Gli indici di maturazione più utilizzati nell’albicocco<br />
sono il colore della buccia, che dovrebbe corrispondere<br />
allo stadio virante dal verde al giallo, la durezza della<br />
polpa, misurata con strumenti chiamati “penetrometri”, il residuo<br />
secco rifrattometrico (RSR), che esprime il contenuto<br />
zuccherino, determinato con un rifrattometro, e l’acidità.<br />
Per meglio stabilire l’epoca ottimale di raccolta è buona norma non<br />
riferirsi ad un solo indice di maturazione, ma considerarne diversi<br />
contemporaneamente. Alcuni di essi possono poi essere combinati<br />
tra di loro per ottenere indici composti, come ad esempio il<br />
rapporto RSR/acidità.<br />
La raccolta avviene in 2-3 volte a causa della scalarità di<br />
maturazione dei frutti; può essere manuale oppure integrata, cioè<br />
eseguita mediante l’ausilio di carri raccolta su cui si dispongono<br />
parte degli operatori. In entrambi i casi, i frutti raccolti vengono<br />
messi in cassette poste su bancali (pallet) o, meglio, in cassoni pallettizzati<br />
sollevabili da un elevatore a forche montato sulla trattrice;<br />
un bravo raccoglitore ha una resa media oraria di frutti<br />
raccolti che si aggira intorno agli 80 kg/h.<br />
Certe varietà di albicocche o i frutti non reputati idonei alla vendita<br />
diretta vengono inviati all’industria per subire diversi processi di<br />
Preparazione dei frutti<br />
Oltre al lavaggio effettuato con acqua pulita, ci sono altre pratiche<br />
per ottenere un prodotto finale di alta qualità. È necessario<br />
rimuovere tutte le parti non edibili, come il picciolo e il nocciolo.<br />
Come anche per le pesche e le prugne, l’essiccazione procede più<br />
velocemente se, dopo la denocciolatura, l’albicocca viene “schiacciata”<br />
per avere una superficie più ampia.<br />
Trattamento con anidride solforosa<br />
Le albicocche spesso vengono trattate con anidride solforosa prima<br />
dell’essiccazione. Questo conservante è riconosciuto come<br />
sicuro, nelle dosi consentite, e l’uso nel settore alimentare è stato<br />
approvato dalla Food and Drug Administration. La SO 2<br />
aiuta a prevenire<br />
l’imbrunimento, la perdita di aromi e di vitamina e carotene<br />
ed aiuta a ridurre la microflora presente sul frutto.<br />
Il trattamento può venir fatto mediante l’ausilio di SO 2<br />
in polvere<br />
bruciata per diverse ore in un’apposita stanza (per 2-3 ore circa)<br />
o mediante soluzione (immersione dei frutti in metabisolfito di potassio<br />
e bisolfito di sodio per un minuto). Il primo trattamento ha<br />
un basso costo di realizzazione della camere di fumigazione, che<br />
possono essere costruite con cartone o con legno leggero; i vassoi<br />
all’interno dovranno essere in legno in quanto i fumi corrodono il<br />
metallo. La pratica dell’immersione dei frutti in soluzioni non è il processo<br />
più utilizzato in quanto si ha una penetrazione non uniforme<br />
di anidride solforosa e, inoltre, si aumenta la quantità di acqua nel<br />
frutto aumentando di conseguenza i tempi di essiccazione.<br />
Questi trattamenti comunque hanno degli effetti negativi:<br />
alcuni consumatori non apprezzano il sapore di solfuro<br />
ed altri possono avere reazioni allergiche. Il livello di anidride<br />
solforosa nelle albicocche secche tradizionali è intorno a 2.000<br />
ppm. Questi valori devono rispettare il quantitativo massimo permesso<br />
nei vari Paesi.<br />
Sempre più si stanno diffondendo albicocche secche<br />
che non hanno subito alcun trattamento con bisolfiti<br />
e infatti presentano una colorazione tendente al marrone dovuta<br />
a imbrunimenti enzimatici e non enzimatici.<br />
N/20
la conservazione del cibo.<br />
Ci sono due tipi principali di essiccazione al sole: diretta o indiretta.<br />
ESSICCAZIONE<br />
Essiccazione<br />
La disidratazione è un metodo semplice di processare frutta e verdura<br />
preservando allo stesso tempo la freschezza del prodotto rimuovendo<br />
la maggior parte dell’acqua libera. Questo provoca un<br />
impedimento allo sviluppo di microrganismi e l’acqua rimanente è<br />
intimamente legata ai soluti (acqua non disponibile).<br />
La disidratazione, tramite calore, di frutta e verdura può avvenire in<br />
modi differenti:<br />
• essiccazione diretta con sole;<br />
• essiccazione indiretta con il sole;<br />
• essiccazione mediante processo di riscaldamento (elettrico,<br />
gas, ecc.).<br />
L’essiccazione effettuata mediante impiego di energia solare è sicuramente<br />
la pratica meno costosa e più sostenibile, oltre ad essere<br />
la più naturale, se il clima è favorevole durante la raccolta, ma è<br />
anche il metodo che richiede più tempo e che fornisce un prodotto<br />
di qualità inferiore.<br />
Dal prodotto fresco si parte da una media iniziale di sostanza secca<br />
del 22,3%, per arrivare infine al 75% di base secca.<br />
Calibratura e confezionamento<br />
Una volta che le albicocche hanno raggiunto il giusto grado di umidità<br />
residua vengono divise per calibro per poi passare al confezionamento<br />
vero e proprio.<br />
ESSICCAZIONE AL SOLE<br />
L’essiccazione al sole, che ha risultati migliori in climi caldi e secchi,<br />
era sicuramente la pratica più utilizzata nell’antichità per aumentare<br />
Nell’essiccazione diretta, il prodotto, sistemato su ripiani costituiti<br />
da griglie appoggiate sopra blocchi di legno o cemento, viene<br />
colpito direttamente dalla radiazione solare. Uno strato di garza<br />
può essere appoggiato sopra il prodotto per proteggerlo da insetti<br />
e uccelli.<br />
I vassoi vengono costruiti con materiali adatti al contatto con alimenti,<br />
come acciaio inossidabile, plastica o nylon. Non sono permessi<br />
rame, alluminio e metalli zincati: il rame riduce il contenuto di<br />
vitamina C in molti alimenti, l’alluminio causa la perdita di colore in<br />
alcuni frutti mentre lo zinco e il cadmio vengono corrosi dall’acido<br />
della frutta e rilasciano sostanze nocive nei prodotti. Nei modelli<br />
più complessi, una finestra in vetro o plastica copre il prodotto<br />
proteggendolo da corpi estranei permettendo di accumulare più<br />
calore dal sole.<br />
I frutti vengono posti ad essiccare finché la loro umidità non raggiunge<br />
valori di 15-20%.<br />
Questo tipo di essiccazione ha diversi svantaggi: vi è la necessità<br />
di un’aria con un contenuto di umidità molto basso, c’è un basso<br />
controllo di reazioni avverse prodotte da batteri o enzimi e la possibilità<br />
che il prodotto venga infestato da insetti. Inoltre l’essiccazione<br />
ha tempi molto lunghi portando comunque ad un prodotto non<br />
uniformemente disidratato. Ad esempio, per portare le albicocche<br />
a un umidità del 24% sono necessarie almeno 50 ore, che diventano<br />
poi 31 se si utilizzano dei collettori solari.<br />
Per migliorare l’efficienza dell’essiccazione al sole si possono aggiungere<br />
ventole per migliorare la circolazione d’aria all’interno dei<br />
vassoi.<br />
Nell’essiccazione indiretta il sole colpisce un collettore solare<br />
(una scatola verniciata all’interno di nero e chiusa da una lastra di<br />
vetro) che riscalda l’aria fatta circolare tra i vassoi tramite circolazione<br />
naturale o forzata.<br />
Il vantaggio di questa tecnica è di poter utilizzare energia rinnovabile<br />
e non inquinante. Ma è impiegabile solamente in zone con climi<br />
idonei e per un certo periodo dell’anno.<br />
ESSICCATORE CON CIRCOLAZIONE<br />
D’ARIA FORZATA<br />
Vista in sezione:<br />
Coperchio trasparente<br />
Superficie<br />
assorbente<br />
Presa<br />
d’aria<br />
Aria calda in uscita<br />
Vassoi per il prodotto<br />
Isolante<br />
(Fonte: Yaciuk, 1982)<br />
Camera<br />
di circolazione<br />
Per velocizzare il processo di essiccazione o per eseguirlo in zone<br />
con climi più umidi, si può utilizzare un essiccatore con circolazione<br />
d’aria forzata dove il calore necessario viene fornito<br />
per convezione di aria calda a contatto con il prodotto.<br />
I principali tipi di essiccatori utilizzati sono a forno, armadio e tunnel<br />
o a nastro continuo.<br />
N/21
Forno<br />
È un forno riscaldato da bruciatori a gas in cui il prodotto viene<br />
posto in vassoi forati. Il processo di essiccazione è discontinuo ma<br />
ancora ampiamente utilizzato. Sono necessarie circa 8 ore per arrivare<br />
a un’umidità finale del 15% circa.<br />
Armadio<br />
In questo caso, un flusso d’aria forzata passa attraverso vari ripiani.<br />
Il processo di essiccazione è discontinuo anche se la disidratazione<br />
risulta più uniforme rispetto al classico forno. Questo apparecchio<br />
è adatto per produzioni su piccola scala e, anche se il costo dell’attrezzatura<br />
non è molto elevato, il consumo energetico è notevole in<br />
quanto c’è una bassa efficienza termica.<br />
La disidratazione osmotica è una tecnologia alternativa<br />
atta a ridurre il contenuto d’acqua, principalmente allo scopo<br />
di aumentare la stabilità e la conservabilità di prodotto, nonché<br />
per migliorare la qualità del prodotto finale. Questo processo è usato<br />
dalle industrie per disidratare frutta, verdura, carne e pesce, ma<br />
l’applicazione in termini industriali è ancora limitata.<br />
La disidratazione osmotica implica l’immersione dell’alimento tagliato<br />
in soluzioni concentrate di zucchero o sale (soluzione ipertonica).<br />
A causa della differenza di pressione osmotica si genera<br />
un flusso d’acqua in uscita dai pori dell’alimento e di altri soluti. Il<br />
prodotto perde quindi parte dell’acqua, facendo entrare nei pori del<br />
frutto i soluti presenti nella soluzione ipertonica. Il tasso di disidratazione<br />
osmotica può essere migliorato aumentando la concentrazione<br />
di soluzione osmotica o la temperatura.<br />
Tunnel<br />
È la tecnica più utilizzata. Il principio è simile a quello dell’essiccatore<br />
ad armadio con la differenza che i vassoi si muovono lungo un<br />
tunnel in cui il flusso d’aria corre in parallelo o al contrario rispetto<br />
al prodotto. È un’attrezzatura semplice ed efficiente in quanto<br />
permette di processare un’elevata quantità di prodotto in modo<br />
continuo.<br />
Il fatto che abbiamo un’umidità relativamente bassa, un’elevata<br />
quantità di zuccheri e un basso pH preclude il fatto che il prodotto<br />
non sia soggetto a deterioramento enzimatico e microbico. Il deterioramento<br />
maggiore si ha a carico del colore in quanto si può<br />
avere un imbrunimento dovuto ad una diminuzione di beta carotene,<br />
perso a causa del calore (l’SO 2<br />
non protegge la molecola di<br />
beta carotene dall’energia termica), oltre a una diminuzione di SO 2<br />
a causa del calore di processo. All’aumentare del tempo di disidratazione,<br />
aumenta la perdita di beta carotene. L’imbrunimento<br />
dei frutti non è dannoso in quanto tale ma rende il prodotto meno<br />
appetibile da parte del consumatore. La perdita di SO 2<br />
è un fenomeno<br />
che non può essere bloccato del tutto ma può essere tenuto<br />
sotto controllo.<br />
La temperatura di stoccaggio riveste un ruolo fondamentale per la<br />
shelf-life del prodotto. È un fattore talmente critico che ogni aumento<br />
di grado provoca un dimezzamento della durata del prodotto.<br />
Le albicocche possono anche venire congelate senza subire danni<br />
ma dovranno essere scongelate in un’area appropriata a bassa<br />
umidità.<br />
DISIDRATAZIONE OSMOTICA<br />
L’essicazione con aria calda riduce notevolmente la qualità degli<br />
alimenti lavorati (cambi in colore, forma, perdita del sapore e dei<br />
nutrienti).<br />
L’immagine mostra il diagramma di flusso per la disidratazione<br />
osmotica della frutta. Mango, banana, pera, mela,<br />
mirtilli rossi e fragole (intere o a pezzetti) sono i frutti normalmente<br />
trasformati da questo processo, ma tecnologicamente può essere<br />
applicato anche alle albicocche. La frutta può essere pretrattata, se<br />
necessario, per evitare l’imbrunimento. Il mezzo osmotico è solitamente<br />
una soluzione di zucchero con un rapporto frutta/sciroppo<br />
di 1/3-5 ad una temperatura tra i 20 e i 50°C e leggermente scossa<br />
(Garrote et al., 1992). La durata della lavorazione e la concentrazione<br />
di sciroppo sono specifiche del frutto trattato (Dauthy, 1995).<br />
Dopo che la disidratazione osmotica è stata completata (riducendo<br />
fino al 50% l’iniziale contenuto d’acqua), i frutti vengono asciugati<br />
e posizionati in un essiccatore ad aria calda per raggiungere il contenuto<br />
di umidità finale desiderato. La soluzione di sciroppo può<br />
essere recuperata e, dopo che la concentrazione di zucchero è<br />
stata aggiustata, può essere nuovamente usata per la disidratazione<br />
osmotica.<br />
Frutta<br />
FRUTTA (intera o a pezzi)<br />
PRETRATTAMENTO<br />
(pelatura/sbiancatura, SO 2<br />
, ecc.)<br />
DISIDRATAZIONE OSMOTICA<br />
SGOCCIOLATURA<br />
ESSICCAZIONE AD ARIA<br />
IMMAGAZZINAMENTO<br />
Sciroppo<br />
N/22
Standard di commercializzazione delle <strong>ALBICOCCHE</strong><br />
Per valutare la qualità dei frutti ci si basa sull’Unece Standard DDP-15, riguardante<br />
il controllo della qualità commerciale e di marketing delle albicocche.<br />
1. DEFINIZIONE DEL PRODOTTO<br />
Questo standard si applica alle albicocche secche ottenute da frutta delle<br />
varietà (cultivar) cresciute da Armeniaca vulgaris Lam (Prunus armeniaca<br />
L.), destinate al consumo diretto. Non si applica ad albicocche secche<br />
destinate alla lavorazione o all’uso nell’industria alimentare, se non quando<br />
miste con altri prodotti a consumo diretto senza ulteriore preparazione.<br />
Le albicocche secche possono presentarsi:<br />
(a) intere, con nocciolo;<br />
(b) intere, senza nocciolo;<br />
(c) a metà (tagliate longitudinalmente in due parti prima dell’essiccazione);<br />
(d) a fette, composte da pezzi di albicocche di un colore appropriato alla<br />
loro varietà, ma di forma, dimensione e spessore irregolari.<br />
2. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA QUALITÀ<br />
Lo scopo dello standard è di definire i requisiti di qualità delle albicocche<br />
secche allo stadio di controllo in esportazione dopo la preparazione e il<br />
confezionamento.<br />
A. Requisiti minimi<br />
(i) In tutte le categorie soggette alle disposizioni speciali per ogni categoria,<br />
le albicocche secche devono essere:<br />
• prive di insetti e acari vivi, qualunque sia il loro stadio di sviluppo;<br />
• prive di umidità esterna anormale;<br />
• prive di odori e/o sapori estranei (un leggero odore di SO 2<br />
non è considerato<br />
anomalo).<br />
e, soggetti alle tolleranze indicate, devono essere:<br />
• intere, il frutto può essere snocciolato o tagliato (a metà o a fette)<br />
secondo i requisiti di mercato;<br />
• sane, un prodotto affetto da decomposizione e deterioramento tale da<br />
renderlo inadeguato al consumo è escluso;<br />
• preparate da frutta sufficientemente matura;<br />
• pulite, praticamente prive di ogni materiale estraneo visibile;<br />
• carnose, con polpa elastica o flessibile e poca polpa umida nella cavità<br />
del nocciolo;<br />
• prive di tracce visibili di danni di insetti, acari e altri parassiti;<br />
• prive di fermentazione;<br />
• prive di muffa.<br />
La condizione delle albicocche deve essere tale da garantirle di:<br />
• sopportare il trasporto e il maneggiamento;<br />
• arrivare in condizioni soddisfacenti al luogo di destinazione.<br />
(ii) Il contenuto di umidità delle albicocche secche, ad eccezione delle albicocche<br />
secche reidratate (il cui contenuto di umidità non dove superare<br />
il 37%, se la reidratazione è indicata nel timbro), non deve superare il 22%<br />
come regola generale, o il 25% quando sono usati conservanti (l’anidride<br />
solforosa è considerata conservante).<br />
(iii) I conservanti possono essere usati ai sensi della legislazione del Paese<br />
importatore. Le albicocche reidratate normalmente contengono conservanti.<br />
B. Classificazione<br />
Le albicocche secche sono classificate in tre classi definite come segue:<br />
(i) Classe “Extra”<br />
Le albicocche secche in questa classe devono essere di qualità superiore.<br />
Devono possedere le caratteristiche della varietà e/o genere commerciale,<br />
e colore ragionevolmente uniforme.<br />
Devono essere praticamente prive di difetti ad eccezione di leggerissimi<br />
difetti superficiali, purché questi non influiscano sull’apparenza generale<br />
del prodotto, sulla qualità, sul mantenimento della qualità o sulla sua presentazione<br />
nella confezione.<br />
(ii) Classe I<br />
Le albicocche secche in questa classe devono essere di buona qualità.<br />
Devono essere caratteristici della varietà e/o del genere commerciale.<br />
I seguenti lievi difetti sono permessi, purché non pregiudichino l’aspetto<br />
generale del prodotto, la qualità, il mantenimento della qualità o la sua<br />
presentazione nella confezione.<br />
• lievi difetti nel colore (questa gamma di colori è considerata normale:<br />
giallo chiaro; giallo; giallo arancione; arancione; arancione scuro). Per<br />
albicocche secche non trattate con SO 2<br />
o con un contenuto residuo<br />
inferiore a 500 ppm, sfumature scure che portano ad un colore marrone<br />
scuro non sono considerate un difetto;<br />
• lievi danni nella buccia.<br />
(iii) Classe II<br />
Questa classe include albicocche secche che non si qualificano per l’inclusione<br />
nelle classi superiori, ma che soddisfano i requisiti minimi di qualità<br />
sopra specificati.<br />
I seguenti difetti sono ammessi, purché le albicocche secche mantengano<br />
le loro caratteristiche essenziali per quanto riguarda l’aspetto generale,<br />
la qualità, il mantenimento della qualità e la presentazione:<br />
• difetti nel colore;<br />
• lievi lesioni nella buccia (crepe e sfregamenti).<br />
Le fette possono appartenere solo alla Classe II.
3. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA CALIBRATURA<br />
La calibratura è determinata dal numero di frutti per chilogrammo (1.000<br />
g) secondo la seguente scala:<br />
Gruppo<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
6<br />
7<br />
8<br />
Numero<br />
di frutti interi,<br />
con nocciolo<br />
Meno di 80<br />
80 – 100<br />
101 – 120<br />
121 – 140<br />
141 – 160<br />
161 – 180<br />
181 – 200<br />
201 e oltre<br />
Numero<br />
di frutti interi,<br />
senza nocciolo<br />
Meno di 100<br />
101 – 120<br />
121 – 140<br />
141 – 160<br />
161 – 180<br />
181 – 200<br />
201 – 220<br />
221 e oltre<br />
Numero<br />
di frutti<br />
a metà<br />
Meno di 200<br />
201 – 240<br />
241 – 280<br />
281 – 320<br />
321 – 360<br />
361 – 400<br />
401 – 440<br />
441 e oltre<br />
La calibratura è obbligatoria solo per le albicocche secche nella classe<br />
“Extra” e I.<br />
4. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE TOLLERANZE<br />
Tolleranze nella qualità e dimensione possono essere ammesse in ogni<br />
confezione per prodotti che non soddisfano i requisiti delle classi indicate.<br />
Le tolleranze a peso in un campione minimo di 1.000 g sono le seguenti.<br />
A. Tolleranze nella qualità<br />
Difetti ammessi<br />
Tolleranze ammesse<br />
Percentuale di frutti difettosi<br />
per peso e per numero<br />
Classe<br />
“Extra”<br />
Classe<br />
I<br />
Classe<br />
II<br />
Totale tolleranza 9 15 20<br />
(a) Difetti individuali (entro i limiti delle tolleranze totali)<br />
Difetti sostanziali nel colore o<br />
consistenza e lesioni da calore<br />
5 8 10<br />
Frutta macchiata 3 5 10<br />
Lesioni e calli 3 6 8<br />
Decomposizione 1 1 2<br />
Danni o contaminazione causati da<br />
insetti e altri parassiti morti<br />
1 2 4<br />
Frutta marcia 1 1 1<br />
Fermentazione 2 4 5<br />
Frutta sporca 2 5 5<br />
Sostanze e materiali vegetali<br />
estranei (ad eccezione del nocciolo<br />
nella frutta denocciolata)<br />
(b) Limiti massimi non inclusi nel totale delle tolleranze:<br />
Presenza di noccioli in frutta<br />
denocciolata<br />
Presenza di fette tra la frutta intera<br />
e a metà<br />
0.5 0.5 0.5<br />
1 1 2<br />
2 4 6<br />
B. Impurità minerali<br />
Non superiori a 1 g/kg cenere insolubile acida.<br />
B. Tolleranze nelle dimensioni<br />
In tutte le classi, il 25% delle albicocche può essere delle dimensioni immediatamente<br />
più grandi o piccole e il 20% sopra questa differenza.<br />
4. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA PRESENTAZIONE<br />
A. Uniformità<br />
Il contenuto di ogni confezione deve essere uniforme in colore e contenere<br />
solo albicocche secche della stessa origine, qualità e dimensione (se il<br />
prodotto è calibrato).<br />
La parte visibile del contenuto della confezione deve essere rappresentativa<br />
dell’intero contenuto. Per la Classe “Extra” e la Classe I, la frutta deve<br />
essere della stessa varietà e/o genere commerciale.<br />
B. Confezionamento<br />
Le albicocche secche devono essere confezionate in maniera tale da proteggere<br />
correttamente il prodotto.<br />
Il materiale usato all’interno della confezione deve essere nuovo, pulito e<br />
di una qualità tale da evitare di causare alcun danno esterno o interno al<br />
prodotto. L’uso di materiali, in particolare di carta e timbri contenenti le<br />
specifiche commerciali, è ammesso, purché la stampa e l’etichettatura<br />
siano state fatte con inchiostro o colla non tossici.<br />
Le confezioni devono essere prive di qualsiasi materiale estraneo.<br />
C. Presentazione<br />
Le albicocche secche devono essere presentate in imballi rigidi. Il peso<br />
netto di ogni confezione non deve eccedere i 25 kg. I pacchetti all’interno<br />
di ogni confezione devono avere tutti lo stesso peso.<br />
N/24
N/25
AVVERSITÀ<br />
Sono diversi i parassiti che colpiscono l’albicocco in<br />
modo più o meno grave. Quelli particolarmente dannosi, che<br />
fortunatamente sono pochi grazie all’epoca di raccolta precoce,<br />
incidono sull’attività vegetativa e sui frutti.<br />
ATTACCHI FUNGINI<br />
Monilia<br />
È la più grave malattia fungina dell’albicocco. Interessa tutti<br />
gli organi dell’albero, dai rami alle foglie e ai fiori: determina<br />
un rapido avvizzimento e disseccamento dei<br />
fiori, che rimangono attaccati al ramo. Stesso destino<br />
hanno anche i germogli, sui quali le foglie rimangono attaccate a<br />
mo’ di bandiera per lungo tempo. I rametti, inoltre, si fessurano<br />
e lasciano colare emissioni gommose e la parte distale di questi<br />
è solitamente destinata a necrosi. La virulenza della malattia<br />
è influenzata fortemente da piovosità, umidità e<br />
ventilazione durante il periodo che intercorre dalla fioritura<br />
alla completa scamiciatura dei frutti, oltre all’inoculo presente<br />
sulle piante; di conseguenza, le zone collinari e ventilate sono di<br />
norma molto meno soggette agli attacchi del patogeno, mentre<br />
gli ambienti più a rischio risultano le zone pianeggianti<br />
caratterizzate da nebbie e ristagni di umidità.<br />
Maculatura rossa<br />
È una malattia fungina comparsa di recente negli ambienti<br />
romagnoli e può provocare danni molto consistenti.<br />
Il patogeno dà origine ad infezioni primarie nel periodo che va<br />
da circa metà aprile a metà maggio, in concomitanza di piogge.<br />
Il primo sintomo è costituito dalla comparsa sulle<br />
foglie di aree decolorate che poi necrotizzano. Facilmente<br />
l’area colpita si distacca dal restante lembo fogliare,<br />
lasciando lesioni che possono essere confuse con quelle originatesi<br />
dall’attività trofica di insetti. Le foglie maggiormente colpite<br />
cadono precocemente e, in caso di gravi infezioni, non è<br />
difficile trovare in estate piante completamente defogliate:<br />
in questo modo viene compromessa non solo la produzione<br />
dell’anno in corso ma anche quella dell’anno seguente.<br />
Successivamente, sui frutti compaiono macchie dapprima<br />
di colore rossastro, che poi virano al grigio chiaro. Queste<br />
macchie deprezzano il prodotto che, di conseguenza, può essere<br />
destinato esclusivamente alla trasformazione industriale.<br />
piccoli forellini con contorno più scuro; su quelli colpiti in fase<br />
avanzata si osservano tacche di 1-2 mm, ad alone rossastro,<br />
dalle quali fuoriescono secrezioni gommose. Sui rami la malattia<br />
genera lesioni e fenditure di varia dimensione da cui esce una<br />
sostanza gommosa. Le foglie gravemente colpite riducono la<br />
capacità di effettuare la fotosintesi, compromettendo la vitalità<br />
della pianta. I frutti, che possono venire completamente ricoperti<br />
di macchie, non sono più commestibili.<br />
BATTERIOSI<br />
Il cancro batterico è l’avversità dell’albicocco che pone maggiori<br />
limiti alla coltura. In certi appezzamenti esso è la<br />
causa principale di moria delle piante ed in molti casi<br />
i produttori sono stati costretti ad abbattere l’intero frutteto. Il<br />
batterio responsabile dei danni è lo pv. syringae, un<br />
batterio ubiquitario. Nel frutteto sopravvive tutta l’estate sulla<br />
superficie fogliare senza provocare alcunché. In autunno e in<br />
inverno esso penetra per le piccole ferite naturali sul tronco provocate<br />
dall’uomo o da eventi atmosferici. Nel corso dell’inverno<br />
(Novembre-Febbraio), questi batteri progressivamente penetrano<br />
nei tessuti oltre la corteccia.<br />
I sintomi della malattia si possono osservare in particolare sulle<br />
branche, nelle foglie e sui frutti. Sulle branche compaiono<br />
cancri da cui fuoriescono abbondanti essudati gommosi; scortecciandole<br />
si ha emissione di odore tipico di fermentato. Sulle<br />
foglie compaiono piccole croste di pochi millimetri di diametro;<br />
l’area disseccata si può staccare causando le tipiche bucherellature<br />
alle foglie. Sui frutti si presentano lesioni necrotiche<br />
circondate da un alone rossastro che, progredendo l’infezione,<br />
forma una crosta che si può facilmente staccare.<br />
I danni ai frutti sono saltuari e avvengono in concomitanza<br />
con periodi molto umidi e piovosi sia in primavera, sia in estate.<br />
Molto più gravi sono gli attacchi alle branche, che possono<br />
avvenire in particolar modo nei primi anni di vita delle piante.<br />
Risulta quindi fondamentale un’accurata profilassi nei primi anni<br />
di impianto.<br />
Schema del ciclo della malattia causata da<br />
Pseudomonas syringae su albicocco<br />
Durante il periodo vegetativo,<br />
i cancri circoscrivono le branche,<br />
causando la morte della parte distale.<br />
Corineo (Corineum spp.)<br />
Questa malattia fungina si manifesta principalmente<br />
a carico di frutti, foglie e rametti. Sulla lamina fogliare<br />
compaiono inizialmente chiazze di colore rosso/violaceo con<br />
contorno ingiallito che successivamente imbruniscono, seccano<br />
e si distaccano di netto dalla foglia lasciando fori simili ad<br />
una impallinatura. I frutti, se colpiti precocemente, presentano<br />
Durante l’inverno,<br />
dai punti di penetrazione<br />
le necrosi corticali<br />
si estendono.<br />
Inverno freddo:<br />
temperature<br />
inferiori a -5 °C.<br />
Durante l’estate,<br />
il patogeno vive come<br />
epifiza sulla superficie<br />
delle foglie.<br />
Durante la potatura<br />
i batteri penetrano<br />
attraverso le ferite.<br />
N/26<br />
Fonte: Klement, 1977, ridisegnato
Sede legale:<br />
Via Indipendenza, 46 • Nocera Superiore (SA)<br />
Sede operativa: C.da Cardogna 4/5/6, Zona P.I.P. • Montemiletto (AV)<br />
Tel.: 0825 963002 • Fax: 0825 968663 • P.I./C.F.: 02353260652 • c.s.: 1.032.350 i.v.<br />
info@flessofab.it • www.flessofab.it<br />
N/27
CURIOSITÀ<br />
Una leggenda racconta che in origine l’albicocco era solo<br />
una pianta ornamentale con bei fiori bianchi. Quando l’Armenia<br />
venne invasa dai nemici fu ordinato di abbattere tutti gli alberi<br />
che non producevano frutto per ottenerne legname, e questo<br />
sarebbe stato anche il destino dell’albicocco se una fanciulla non<br />
avesse pianto sotto la sua chioma per tutta la notte. Al mattino<br />
sull’albero erano cresciuti dei frutti dorati: le albicocche, appunto.<br />
In altre leggende l’albicocca viene anche indicata come il frutto<br />
proibito assaggiato da Adamo ed Eva, al posto della<br />
mela. Un’altra notizia si ha dai trattati medici arabi: pare che venisse<br />
usato per curare il mal d’orecchi. Nella tradizione popolare<br />
inglese sognare l’albicocca porta fortuna, mentre altrove<br />
simboleggia la timidezza in amore; secondo un’altra versione se la<br />
si sogna secca preannuncia perdite e danni.<br />
Le albicocche possono essere considerate una fonte<br />
di diversi fitocomposti come polifenoli e carotenoidi.<br />
I polifenoli, come la quercitina e la catechina, hanno un elevato<br />
potere antiossidante ed antinfiammatorio contribuendo a ridurre<br />
il rischio di malattie cardiovascolari. La catechina, responsabile<br />
anche degli effetti benefici del tè verde, può agire inibendo<br />
l’azione di enzimi pro-infiammatori. Inoltre ci sono studi che dimostrano<br />
come una dieta ricca di catechine possa aiutare a<br />
proteggere i vasi sanguigni e mantenere la pressione sanguigna<br />
sotto controllo.<br />
I carotenoidi sono composti vegetali di natura lipidica che si<br />
distinguono per il loro colore giallo-rosso. Possono avere sia<br />
un’attività vitaminica come precursori della vitamina A sia un’attività<br />
antiossidante. Tra i carotenoidi abbiamo le xantofille, composti<br />
oggetto di diversi studi a dimostrazione del loro effetto<br />
protettivo sulla vista. La luteina, tra queste, è particolarmente<br />
associata con un effetto di protezione della retina, la membrana<br />
più interna del bulbo oculare che funge da fototrasduttore, captando<br />
gli stimoli luminosi e convertendoli in segnali bioelettrici,<br />
che a loro volta vengono inviati al cervello attraverso le fibre del<br />
nervo ottico.<br />
Le albicocche sono ricche di fibre, importanti per la salute<br />
dell’apparato digerente. Di queste fibre molte sono di tipo solubile<br />
e aiutano anche a regolare i livelli di colesterolo<br />
nel sangue.<br />
Questi frutti sono anche ricchi di potassio, minerale che svolge<br />
moltissime funzioni nell’organismo, ad esempio interviene nel<br />
funzionamento del sistema nervoso e muscolare. Inoltre aiuta<br />
a mantenere la pressione sanguigna nella norma.<br />
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA<br />
UNECE STANDARD DDP-15 Concerning the marketing and commercial<br />
quality of Dried Apricots, 1996 edition.<br />
Mignani I., Bassi D. – Maturazione e qualità delle albicocche influenza<br />
del portinnesto. Frutticoltura n. 4, 2000.<br />
Mainolfi A., Abbate V., Buccheri M., Damiano C. – Caratterizzazione<br />
molecolare di ecotipi locali e varietà commerciali di albicocco (Prunus<br />
armeniaca L). Italus Hortus 13 (2), 2006.<br />
Aldini A. – Albicocco e susino bio, le avversità più temibili. Frutticoltura,<br />
giugno 2004.<br />
Arboreco – Catàlogo de variedades antiguas de frutales 2016.<br />
A.V. – Speciale Albicocco. Frutticoltura n. 5, 2015.<br />
I.N.C. - Global Statistical Review, 2014-2015.<br />
Franceschelli F., Rossi R., Antoniacci L., Bugiani R. – Difesa dalla Maculatura<br />
rossa dell’albicocco. Frutticoltura, 12, 68-69. 2009.<br />
Karathnos, V.T., Belessiotis, V.G. – Sun and Artificial Air Dryng Kinetics<br />
of some Agricolural Products. Journal of Food Engineering., 31,<br />
35-46, 1996.<br />
Salunkhe, D.K., Kadam S.S. – Handbook of Fruit Science and<br />
Technology: Production, Composition, and Processing. CRC Press<br />
– 632 pag., 1995.<br />
Karabulut, I., Topcu, A., et al. - Effect of hot air drying and sun drying<br />
on color values and beta-carotene content in apricot (Prunus armenica<br />
L.). LWT, 40, 753-758.<br />
Marini, P.R., et al. – Apricot Variety Evaluations in Virginia. Virginia<br />
Cooperative Extension, Virgina Tech, Virginia University. Pubblication<br />
422-761, 1988 – 1995.<br />
Asma, B.M. – Malatya: World’s Capital of Apricot Culture. Chronica<br />
Horticultura,, 27, 20-24, 2007.<br />
Johnson, J.A., Yahia, E.M., Brandl, D.G. – Dried Fruits and Tree Nuts.<br />
Tylor and Francis, 2009.<br />
Ratti, C., Mujudmar, A.S. – Drying of Fruits. CRC press, 2005.<br />
Pellegrino, S., Polara, U. – Prospettive di rinnovamento per la coltivazione<br />
dell’albicocco in Italia. Frutticoltura, 6, 16-19, 2006.<br />
Pellegrino, S., Berra L. - Innovazione varietale albicocco. L’informatore<br />
agrario, 43-46, 2003.<br />
Stefani, E., Mazzucchi U. – Deperimento albicocco: come difendere<br />
la pianta. Inserto Agricoltura. Dicembre 2004. 91-93.<br />
http://www.agraria.org<br />
http://www.faostat.fao.org<br />
http://www. wikipedia.org<br />
http://www.treccani.it<br />
N/28
N/29
Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />
A giugno 2016.<br />
In questo numero vengono illustrati i dati della categoria Frutta<br />
Secca raccolti sul nuovo universo IRi “Infoscan Census”, che<br />
include tutti i punti vendita a libero servizio con dimensione superiore<br />
ai 100 mq; i dati fanno riferimento all’anno terminante Giugno 2016<br />
rilevati sui canali Ipermercati, Supermercati, Libero Servizio Piccolo.<br />
Il mercato della Frutta Secca sviluppa un fatturato di 625 Mio di<br />
Euro in crescita di +9,4% rispetto all’anno precedente, mentre a<br />
volume genera 52.460 (tons) con un trend del +4,4%. La categoria<br />
si sta spostando verso i segmenti con un posizionamento di<br />
prezzo medio più alto rispetto alla media della categoria.<br />
Si evidenziano ottime performance di crescita per tutte le categorie,<br />
l’unica in sofferenza è quella dei Pinoli. La Frutta Secca<br />
Essiccata ed esotica è il segmento più dinamico in crescita del<br />
8,4% a volume e del 19,7% a valore.<br />
Si registra un aumento del prezzo medio su tutti i principali segmenti,<br />
in particolare per Mandorle, Pistacchi e Semi di Zucca.<br />
Il 27,8% dei volumi è sviluppato in promozione, indicatore in crescita<br />
di +2 punti percentuale.<br />
Le categorie più promozionate superiori alla media della categoria<br />
sono le Noci, i Datteri e i Fichi.<br />
L’assortimento a scaffale nell’intero comparto della Frutta Secca<br />
è in continua crescita: nel totale Iper+Super+LSP il numero<br />
medio di referenze è di circa 136 in crescita (+13 Ref.) rispetto<br />
all’anno precedente.<br />
Negli Ipermercati è riscontrabile un numero medio di referenze<br />
pari a 195 in aumento (+18 Ref.), mentre nei Supermercati il numero<br />
medio di referenze è di 138 in crescita (+13 Ref).<br />
Trend<br />
Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Giugno 2016<br />
Semi di Zucca<br />
Tostati<br />
(semi tostati)<br />
Frutta Essiccata<br />
/Esotica/Altri<br />
Mandorle<br />
(frutta secca<br />
senza guscio)<br />
Nocciole<br />
(frutta secca<br />
senza guscio)<br />
Datteri<br />
e Fichi<br />
Pistacchi<br />
Tostati<br />
(semi tostati)<br />
3,2<br />
Arachidi<br />
(frutta secca<br />
con guscio)<br />
2,3<br />
Arachidi<br />
Tostate<br />
(semi tostati)<br />
7,1 7,1<br />
3,5<br />
12,8<br />
Noci<br />
(frutta secca<br />
con guscio)<br />
7,7<br />
2,2<br />
Pinoli<br />
(frutta secca<br />
senza guscio)<br />
Prugne<br />
8,4<br />
Mandorle<br />
(frutta secca<br />
con guscio)<br />
-0,1 -0,2<br />
-2,3<br />
-1,6<br />
2,5<br />
19,7<br />
3,8<br />
1,5<br />
16,8<br />
12,1<br />
10,5<br />
9,3<br />
-4,7<br />
-6,3 -6,4<br />
Var % Volume<br />
Var % Valore<br />
N/30
Peso a volume<br />
Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq)<br />
Anno terminante Giugno 2016<br />
Peso a valore<br />
Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq)<br />
Anno terminante Giugno 2016<br />
Datteri e Fichi<br />
8,6%<br />
Nocciole Frutta Secca Senza Guscio<br />
0,8%<br />
Mandorle Frutta Secca<br />
Senza Guscio<br />
6,5%<br />
Mandorle Frutta Secca<br />
Con Guscio<br />
0,6%<br />
Frutta Essicata/Esotica/Altri<br />
11,5%<br />
Prugne<br />
10,6%<br />
Pinoli Frutta Secca<br />
Senza Guscio<br />
1,3%<br />
Pistacchi Tostati Semi Tostati<br />
4,5%<br />
Arachidi Frutta Secca Con Guscio<br />
10,5%<br />
Arachidi Tostate Semi Tostati<br />
10,3%<br />
Noci Frutta Secca<br />
Con Guscio<br />
18,4%<br />
Semi di Zucca Tostati<br />
Semi Tostati<br />
1,9%<br />
Datteri e Fichi<br />
5,4%<br />
Nocciole Frutta Secca<br />
Senza Guscio<br />
1,5%<br />
Mandorle Frutta Secca<br />
Senza Guscio<br />
11,4%<br />
Mandorle Frutta Secca<br />
Con Guscio<br />
0,6%<br />
Frutta Essicata<br />
/Esotica/Altri<br />
12,7%<br />
Prugne<br />
8,9%<br />
Pistacchi Tostati Semi Tostati<br />
7,3%<br />
Arachidi Frutta Secca Con Guscio<br />
5,7%<br />
Arachidi Tostate Semi Tostati<br />
5,6%<br />
Pinoli Frutta Secca<br />
Senza Guscio<br />
7,6%<br />
Semi di Zucca Tostati<br />
Semi Tostati<br />
1,8%<br />
Noci Frutta Secca<br />
Con Guscio<br />
11,6%<br />
Analyzer Report<br />
Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Giugno 2016<br />
Valore Vendite % Variazione percentuale<br />
Tot Ctg Frutta Secca 625.036.092 9,4<br />
Pistacchi Tostati Semi Tostati 45.931.463 0,7<br />
Arachidi Frutta Secca Con Guscio 35.594.339 2,3<br />
Arachidi Tostate Semi Tostati 34.778.186 7,1<br />
Semi di Zucca Tostati Semi Tostati 11.206.714 12,8<br />
Noci Frutta Secca Con Guscio 72.578.946 2,2<br />
Pinoli Frutta Secca Senza Guscio 47.777.292 -1,6<br />
Prugne 55.903.518 2,5<br />
Frutta Essiccata/Esotica/Altri 79.624.134 19,7<br />
Mandorle Frutta Secca Con Guscio 3.670.899 3,8<br />
Mandorle Frutta Secca Senza Guscio 71.302.796 16,8<br />
Nocciole Frutta Secca Senza Guscio 9.469.395 12,1<br />
Datteri e Fichi 33.992.523 10,5<br />
Analyzer Report<br />
Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Giugno 2016<br />
Volume Vendite % Variazione percentuale<br />
Tot Ctg Frutta Secca 52.460.806 4,4<br />
Pistacchi Tostati Semi Tostati 2.373.911 -6,3<br />
Arachidi Frutta Secca Con Guscio 5.503.522 -0,1<br />
Arachidi Tostate Semi Tostati 5.402.867 7,1<br />
Semi di Zucca Tostati Semi Tostati 1.010.051 3,5<br />
Noci Frutta Secca Con Guscio 9.659.871 7,7<br />
Pinoli Frutta Secca Senza Guscio 689.268 -2,3<br />
Prugne 5.557.713 -4,7<br />
Frutta Essiccata/Esotica/Altri 6.020.561 8,4<br />
Mandorle Frutta Secca Con Guscio 318.831 -6,4<br />
Mandorle Frutta Secca Senza Guscio 3.411.336 1,5<br />
Nocciole Frutta Secca Senza Guscio 419.370 -0,2<br />
Datteri e Fichi 4.503.748 9,3
NEI DINTORNI:<br />
a tavola con la birra.<br />
In questo numero di Nutspaper dedicato alle albicocche<br />
secche abbiamo pensato di offrire ai lettori due novità, in<br />
linea con alcune tendenze alimentari che si stanno affermando<br />
sempre più in Italia e come omaggio a un frutto dalle origini<br />
orientali e antichissime, considerato che si registra la sua diffusione<br />
dal 3000 a.C. in Cina e nell’Asia centrale.<br />
Le ricette sono quindi tutte vegetariane e, inoltre, anziché<br />
scegliere un vino da accompagnare a ciascuna portata,<br />
perché non gustare i piatti in compagnia di una buona<br />
birra? La grande varietà di aromi e gradazioni rende agevole<br />
la scelta dell’abbinamento e, soprattutto, garantisce che ogni<br />
palato possa esserne soddisfatto.<br />
Croccantissima:<br />
frutta, verdura,<br />
semi e germogli.<br />
Una blanche del Birrificio Baladin della<br />
provincia di Cuneo, la Open White è<br />
una birra che gioca sulla leggerezza<br />
e la fragranza dei profumi. Il corpo<br />
è cremoso, profumato e agrumato<br />
leggermente amaro grazie a un sapiente<br />
uso di luppoli e radici di genziana. Il<br />
gusto fresco e beverino, unito alla bassa<br />
gradazione alcolica la rende un ideale<br />
abbinamento ai piatti vegetariani.<br />
Baladin<br />
Open White<br />
Maccheroncini<br />
di Campofilone tiepidi<br />
con albicocche, bacche di Goji,<br />
crema di squacquerone<br />
e limone bio.<br />
La Chouffe è una birra bionda belga<br />
nota per la presenza sull’etichetta uno<br />
gnomo con un cappello rosso ed una<br />
folta barba bianca, come omaggio<br />
alle leggende popolari diffuse nelle<br />
Ardenne. Si tratta di una birra bionda ad<br />
alta fermentazione, più precisamente<br />
una Pale ale, non pastorizzata e non<br />
filtrata. Presenta un aroma che ricorda i<br />
fiori d’arancio e la mela acerba il che la<br />
rende perfetta per l’abbinamento con<br />
i formaggi morbidi, la frutta e per primi<br />
piatti leggeri e non troppo strutturati.<br />
Brasserie d’Achouffe<br />
La Chouffe Blonde<br />
Caprino, rapa,<br />
albicocche e lattuga.<br />
Prodotta dal Birrificio Amarcord<br />
(RN): dal nome dell’azienda alle birre<br />
prodotte, questo birrificio è noto per aver<br />
omaggiato l’omonimo film di Federico<br />
Fellini. Grazie alla bassa fermentazione<br />
la “Gradisca” è una birra molto beverina,<br />
color giallo paglierino, la schiuma non<br />
risulta molto persistente e al naso si<br />
percepiscono tenui sentori floreali.<br />
In bocca è rotonda e delicata, solamente<br />
nel finale emerge l’amaro dei luppoli.<br />
Per le sue caratteristiche si adatta<br />
a ogni piatto.<br />
Amarcord<br />
Gradisca Lager Chiara<br />
Macarons assortiti<br />
con crema di cioccolato al latte,<br />
albicocche e birra volpina.<br />
Prodotta dal Birrificio Amarcord, la Birra<br />
Rossa Volpina ha un inconfondibile<br />
color rosso rubino. Il gusto che rimane<br />
al palato ha note di caramello dolce e<br />
un retrogusto amaro. Questo particolare<br />
aroma è sprigionato grazie all’utilizzo<br />
del luppolo di Saaz, considerato un<br />
“luppolo nobile”. La persistenza di note<br />
dolci e speziate rendono la birra Volpina<br />
perfetta in abbinamento a questo piatto<br />
dolce e profumato, con punte di acidità<br />
date dalle albicocche e di amaro date<br />
dalla riduzione di birra.<br />
Amarcord<br />
Volpina Red Ale<br />
N/33
LE RICETTE CREATIVE,<br />
INTERPRETATE DA CHEF DELLA SCUOLA ARTUSIANA<br />
QUATTRO PIATTI DA GUSTARE E COLLEZIONARE.<br />
I piatti da collezionare, presentati di seguito, continuano ad arricchire<br />
l’originale ricettario dedicato alla frutta secca.<br />
Ogni ricetta può essere staccata e collezionata nel raccoglitore,<br />
suddiviso idealmente in antipasti, primi piatti, secondi e dessert.<br />
Il risultato è un assortimento di sapori sfiziosi e unici, caratterizzati<br />
dall’originale presenza della frutta secca. Le deliziose proposte<br />
sono espressioni di cucina creativa che uniscono la tradizione<br />
culinaria di Pellegrino Artusi con l’innovativa presenza del gusto<br />
della frutta secca. L’Istituto professionale per i Servizi Alberghieri e<br />
della Ristorazione “Pellegrino Artusi” di Forlimpopoli è stato, infatti,<br />
teatro dell’elaborazione delle ricette presentate nelle prossime<br />
pagine, ideate dalla creatività del cuoco Luca Zannoni, insegnante<br />
di cucina proprio in questa scuola.<br />
Dopo aver lavorato nei ristoranti dei più prestigiosi hotel quattro<br />
stelle della riviera romagnola, oggi è chef di cucina e consulente<br />
esterno al Centro Sportivo Federale di Coverciano. Nel 2008 ha<br />
rivestito il prestigioso incarico di Executive chef alle Olimpiadi di<br />
Pechino, presso Casa Italia e, nel 2009, ha seguito la Nazionale<br />
italiana di calcio in trasferta in Sud Africa per la Confederation<br />
Cup. Insegna all’Istituto Pellegrino Artusi e tiene corsi di pasticceria<br />
e cucina per le principali associazioni di categoria.<br />
Lo chef Luca Zannoni vanta un’esperienza di quasi 20 anni,<br />
avendo avuto la vocazione fin dalla più tenera età. Con esperienze<br />
internazionali, tra cui spicca l’incarico all’Harris Bar di Londra, è<br />
stato il più giovane “capo partita” del Grand Hotel di Rimini.<br />
L’Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della<br />
Ristorazione “Pellegrino Artusi” sorge nella città natale<br />
dell’Artusi e di questi promuove il pensiero e l’attitudine “dell’arte<br />
di mangiare bene”. La fama della scuola supera i confini locali e ad<br />
oggi è frequentata da centinaia di studenti.<br />
Sopra, il gruppo di lavoro in cucina.<br />
N/34
ANTIPASTO - <strong>ALBICOCCHE</strong> SECCHE<br />
Croccantissima: frutta, verdura, semi e germogli.<br />
INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />
• 160 gr Misticanza<br />
• n. 5 o 6 Ciliegie denocciolate<br />
• 80 gr Albicocche secche saltate in padella<br />
• 120 gr Ananas<br />
• 40 gr Kiwi<br />
• 12 gr Germogli<br />
• 120 gr Fiocchi di formaggio fresco<br />
• 16 gr Semi di girasole e zucca<br />
• 60 gr Maionese<br />
TEMPO RICHIESTO: 30’<br />
DIFFICOLTÀ: bassa<br />
SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />
Preparazione: mondare frutta e verdura, tagliarla della grandezza<br />
voluta, spaccare a metà le albicocche (il taglio di frutta e verdura<br />
viene sempre condizionato dal contenitore dell’insalatona e da come<br />
intendiamo il piatto, se come piatto unico, come inizio pasto o piatto di<br />
mezzo). Comporre l’insalata a strati aggiungendo il formaggio fresco.<br />
Terminare con i semi di zucca, qualche pennellata di maionese, un filo<br />
di olio e.v.o., pochissimo sale e pepe nero.<br />
Abbinamento gastronomico cibo-birra:<br />
Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />
, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />
Baladin<br />
Open White<br />
N/35
PRIMO - <strong>ALBICOCCHE</strong> SECCHE<br />
Maccheroncini di Campofilone tiepidi con albicocche,<br />
bacche di Goji, crema di squacquerone e limone bio.<br />
INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />
Per la crema<br />
• 100 gr Squacquerone<br />
• n. 2 Albicocche secche<br />
• Acqua fredda q.b.<br />
• ½ Limone bio<br />
• Sale<br />
Per la pasta<br />
• 160 gr Maccheroncini di Campo Filone<br />
• n. 4 cucchiai di Olio e.v.o.<br />
• 40 gr Bacche di Goji<br />
• 40 gr Albicocche secche<br />
• Erbe aromatiche<br />
• Semi di zucca<br />
TEMPO RICHIESTO: 35’<br />
DIFFICOLTÀ: bassa<br />
SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />
Preparazione: Unire lo squacquerone con le albicocche, passare<br />
con il frullatore a immersione montando la crema all’acqua, regolarla di<br />
sale, aggiungere a piacere poco olio e.v.o. e infine, solo prima di servire,<br />
aggiungere la buccia di limone. Cuocere i maccheroncini in acqua<br />
salata, saltarli in padella con poco olio e.v.o., unendo le bacche di Goji<br />
e le albicocche spezzettate grossolanamente.<br />
Impiattare i maccheroncini con la crema e aromatizzare a piacere con<br />
erbe aromatiche e semi di zucca.<br />
Abbinamento gastronomico cibo-birra:<br />
Queste ricette sono state realizzate con i prodotti , dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli. Brasserie d’Achouffe<br />
La Chouffe Blonde<br />
N/36
SECONDO - <strong>ALBICOCCHE</strong> SECCHE<br />
Caprino, rapa, albicocche e lattuga.<br />
INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />
• 120 gr Crema di lattuga e zucchine<br />
• 40 gr Misticanza<br />
• 160 gr Caprino<br />
• 80 gr Albicocche secche<br />
• 120 gr Rapa bianca scottata<br />
• 40 gr Noci di Pecan tostate<br />
• 16 gr Cocco a scaglie<br />
• 1 fetta di Pane tostato<br />
• Erbe aromatiche e germogli<br />
• Semi di zucca<br />
TEMPO RICHIESTO: 40’<br />
DIFFICOLTÀ: media<br />
SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />
Preparazione: confezionare la crema di lattuga e zucchine facendo<br />
ammorbidire i vegetali in poca acqua, frullarli, regolarli di sapore e<br />
aromatizzare con il basilico. Mondare la rapa, tagliarla in dadi regolari e<br />
scottarla a fuoco vivo. Ripassare le albicocche in padella con poco olio<br />
e.v.o. e un pizzico di sale. Tostare le noci. Comporre il piatto formando<br />
piccole macchie di crema di lattuga in ordine sparso e disporre il resto<br />
degli ingredienti seguendo il disegno della crema.<br />
Abbinamento gastronomico cibo-birra:<br />
Queste ricette sono state realizzate con i prodotti , dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli. Amarcord<br />
Gradisca Lager Chiara<br />
N/37
DOLCE - <strong>ALBICOCCHE</strong> SECCHE<br />
Macarons assortiti con crema di cioccolato al latte,<br />
albicocche e birra volpina.<br />
INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />
Macaron alle albicocche<br />
• 100 gr Farina di mandorle<br />
• 200 gr Zucchero a velo (tpt)<br />
• 100 gr Saccarosio<br />
• 125 gr Albumi<br />
• 13 gr Crema<br />
di albicocche secche<br />
Per la farcitura<br />
• 200 gr Cioccolato bianco<br />
• 60 gr Panna<br />
• 30 gr Crema<br />
di albicocche disidratate<br />
Per la salsa al cioccolato al latte<br />
• 100 gr Cioccolato al latte<br />
• 10 gr Olio e.v.o.<br />
• 10 gr Glucosio<br />
• 60 gr Birra ridotta<br />
• 30 gr Albicocche<br />
tagliate grossolanamente<br />
TEMPO RICHIESTO: 180’<br />
DIFFICOLTÀ: elevata<br />
SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />
Preparazione: ammollare 50 gr di albicocche secche in acqua calda,<br />
fatele cuocere per dieci minuti e, una volta raffreddate passatele al<br />
mixer riducendole in crema. Per i macarons, setacciare bene farina di<br />
mandorle e zucchero a velo, a parte montare gli albumi aggiungendo<br />
lo zucchero poco alla volta, unire il tpt e la crema di albicocche alla<br />
massa montata quindi formare con un sac à poche i macarons ad<br />
un’altezza di cm 0.5 e della larghezza desiderata. Lasciar cuocere per<br />
circa 1 ora e poi cuocere a 150-160°C per circa 15’ o comunque fino a<br />
quando i biscotti non si staccano dal tappetino in silicone o dalla carta<br />
da forno. Lasciar freddare e farcire con la crema fredda di albicocche<br />
ottenuta sciogliendo cioccolato e panna. Abbinare alla crema di cioccolato<br />
e birra fatta cadere sul piatto in modo da formare il classico<br />
effetto “Pollock”. Terminare con albicocche secche tagliate grossolanamente<br />
e frutti di bosco.<br />
Abbinamento gastronomico cibo-birra:<br />
Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />
, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />
Amarcord<br />
Volpina Red Ale<br />
N/38