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NUTSPAPER 6 frutti

• Essiccazione a bassa temperatura • Frutta Disidratata ITALIANA • Dati IRI: Andamento delle vendite nella grande distribuzione Ad agosto 2017 • Nei dintorni: mangiare e bere, dalla natura alla tavola • Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana Sei piatti da gustare e collezionare

• Essiccazione a bassa temperatura • Frutta Disidratata ITALIANA • Dati IRI: Andamento delle vendite nella grande distribuzione Ad agosto 2017 • Nei dintorni: mangiare e bere, dalla natura alla tavola • Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana Sei piatti da gustare e collezionare

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Essiccazione a bassa temperatura<br />

Tutte le proprietà dei vegetali, solo il gusto della natura<br />

Frutta Disidratata ITALIANA<br />

IRI Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />

Ad agosto 2017<br />

Nei dintorni:<br />

mangiare e bere, dalla natura alla tavola<br />

PRODOTTI DEL MESE<br />

MELA<br />

PRUGNA<br />

PESCA<br />

ALBICOCCA<br />

PERA<br />

MELONE<br />

Le ricette creative, interpretate da chef della scuola Artusiana<br />

Sei piatti da gustare e collezionare 3/2017


LA FRUTTA SENZA ZUCCHERI AGGIUNTI<br />

NIENT’ALTRO DA AGGIUNGERE.<br />

=<br />

Tutta la bontà genuina dell’Albicocca<br />

SENZA ZUCCHERI AGGIUNTI<br />

solo gli zuccheri della frutta per un gusto veramente naturale.<br />

Semplicemente Frutta.<br />

Euro Company S.r.l. • Via Faentina, 280-286 • Godo – Russi (RA) - Tel. +39 0544 416711 - Fax +39 0544 418618 • www.semplicementefrutta.it


EDITORIALE<br />

<strong>NUTSPAPER</strong>,<br />

periodico d’informazione sulla frutta secca.<br />

Mela, albicocca, prugna, pera,<br />

pesca, melone: tutti ne conosciamo<br />

il buon sapore, al punto da averli fatti<br />

diventare parte integrante della<br />

nostra alimentazione e da portarli<br />

ogni giorno, ognuno in specifici<br />

periodi dell’anno, sulle nostre tavole.<br />

Eppure cosa sappiamo di questi<br />

<strong>frutti</strong>? Qual è la loro storia? Come<br />

si coltivano? Quali sono le loro<br />

effettive proprietà?<br />

A tutte queste domande abbiamo<br />

risposto in questo numero di<br />

Nutspaper: una guida illustrata su<br />

alcuni dei <strong>frutti</strong> più saporiti al mondo,<br />

dalla loro classificazione botanica<br />

alle tecniche di coltivazione<br />

e raccolta.<br />

Per mantenere inalterati i valori<br />

nutrizionali dei vegetali è necessario<br />

associare alle specifiche tecniche<br />

di coltivazione e raccolta le giuste<br />

modalità di conservazione.<br />

Un focus sull’essiccazione a basse<br />

temperature illustra tutti i vantaggi<br />

di questa tecnica di conservazione,<br />

in grado di mantenere inalterate<br />

le proprietà nutrizionali dei vegetali,<br />

esaltandone il gusto in modo<br />

completamente naturale.<br />

Dai campi alla tavola: la frutta<br />

diventa un ingrediente per piatti<br />

sfiziosi e prelibati. Attraverso<br />

le nostre ricette vi mostriamo<br />

come mela, albicocca, prugna, pera,<br />

pesca e melone possono rendere<br />

gustose diverse pietanze, dai primi<br />

ai secondi. Sapori avvolgenti e mai<br />

banali, accompagnati da ottimi vini,<br />

gustose birre, succhi di frutta<br />

e frullati di prima qualità.<br />

N/3


SOMMARIO<br />

Essiccazione a bassa temperatura<br />

Tutte le proprietà dei vegetali, solo il gusto della natura.<br />

di Monica Monti<br />

pag. 6<br />

Frutta Disidratata ITALIANA<br />

di Francesca Buccella, Francesca Nanni<br />

e Veronica Babini.<br />

pag. 10<br />

Approfondimenti sui 6 <strong>frutti</strong><br />

di Francesca Buccella, Francesca Nanni e Veronica Babini<br />

Mela pag. 12<br />

Prugna pag. 18<br />

Pesca pag. 24<br />

Albicocca pag. 30<br />

Pera pag. 36<br />

Melone pag. 44<br />

“<strong>NUTSPAPER</strong>” anno X - n° 3<br />

agosto - settembre - ottobre 2017<br />

Reg. al Tribunale di Forlì il 17/04/2007 n.6/07<br />

www.nutspaper.com<br />

Editore: Menabò Group s.r.l.<br />

Direttore Responsabile: Andrea Masotti<br />

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri<br />

Elaborazione testi: Elisa Ravaglia, Elena De Tullio<br />

Menabò Group s.r.l.<br />

via Napoleone Bonaparte, 50<br />

47122 Forlì (FC)<br />

tel. 0543.798463<br />

fax 0543.774044<br />

www.menabo.com<br />

info@menabo.com<br />

Comitato di redazione:<br />

Dr.ssa Francesca Buccella<br />

Dr.ssa Monica Monti<br />

Dr.ssa Francesca Nanni<br />

Veronica Babini<br />

IRI Andamento delle vendite<br />

nella grande distribuzione<br />

Ad agosto 2017.<br />

pag. 52<br />

Nei dintorni:<br />

mangiare e bere, dalla natura alla tavola.<br />

pag. 55<br />

Le ricette creative, interpretate da chef<br />

della scuola Artusiana<br />

Sei piatti da gustare e collezionare.<br />

pag. 56<br />

RICETTE<br />

Strudel di mele, prugne e panna di riso.<br />

pag. 57<br />

Tapioca pudding, confettura di mirtilli, albicocche disidratate<br />

e frutta fresca.<br />

pag. 58<br />

Toast di pane guttiau, tofu alle olive, foglie di melone e tzatziki.<br />

pag. 59<br />

Stampa: Faenza Industrie Grafiche<br />

Chiuso per la stampa nel mese di ottobre 2017<br />

Carnaroli mantecato con rapa rossa e pere in foglie, dukkah e uva.<br />

pag. 60<br />

Cotolette di seitan alla milanese, insalatina di pesche<br />

e cavolo cappuccio, riduzione di Chianti Classico.<br />

pag. 61<br />

N/4<br />

Tataki di mopur, pesche mele e sedano.<br />

pag. 62


Essiccazione a bassa temperatura<br />

Tutte le proprietà dei vegetali, solo il gusto della natura.<br />

Il processo di essiccazione consiste nell’eliminare progressivamente<br />

dal prodotto parte del contenuto di acqua iniziale, mediante<br />

la somministrazione del calore. Abbassare il grado di umidità aiuta<br />

a ridurre l’attività enzimatica limitando al minimo le fermentazioni.<br />

L’essiccazione dei vegetali è uno dei metodi più antichi<br />

per la conservazione del cibo. Un metodo che attualmente<br />

è in forte riscoperta a causa del desiderio di avere tutto<br />

l’anno cibi con ottime qualità nutrizionali, senza additivi vari (conservanti).<br />

In genere l’essiccazione evita i problemi che si hanno<br />

con gli altri metodi.<br />

L’uso di alte temperature (sterilizzazione) distrugge una buona<br />

percentuale di sostanze utili. Le medie temperature (pastorizzazione)<br />

consentono una conservazione molto limitata. Le basse<br />

temperature bloccano l’attività dei microorganismi, che riprende<br />

appena il prodotto torna a temperatura ambiente. L’aggiunta di<br />

conservanti naturali altera le caratteristiche organolettiche e nutrizionali<br />

del prodotto.<br />

L’essiccazione è un metodo molto semplice che estrae<br />

l’80-90% dell’acqua dell’alimento in modo da privare i<br />

microrganismi di un elemento necessario al loro metabolismo.<br />

La sola estrazione dell’acqua permette di conservare<br />

vitamine, minerali, composti organici senza alterare per esempio<br />

il contenuto calorico o il gusto. Altri vantaggi non secondari sono<br />

l’economicità del metodo e la drastica riduzione dei volumi e dei<br />

pesi che consente un facile trasporto e un facile stoccaggio.<br />

Generalmente non si usano più i metodi di una volta con forno<br />

a legna e irraggiamento solare, metodi imprecisi, lunghi, a volte<br />

improbabili. L’essiccazione viene eseguita in impianti<br />

dotati di sorgenti di calore che riscaldano una certa<br />

massa d’aria per aumentare la capacità evaporativa.<br />

Questa massa investe il prodotto da essiccare e ne fa aumentare<br />

la tensione di vapore superficiale, consentendo l’evaporazione<br />

dell’acqua contenuta.<br />

Le variabili da considerare sono:<br />

• temperatura dell’aria e del prodotto;<br />

• umidità dell’aria e del prodotto;<br />

• velocità dell’aria.<br />

Oggi esistono essiccatori professionali elettrici che garantiscono<br />

un risultato veramente sorprendente. In genere sono<br />

costituiti da:<br />

• una resistenza elettrica che funge da generatore di calore, azionabile<br />

manualmente e con termostato regolabile;<br />

• una ventola che smuove l’aria intorno al prodotto;<br />

• ripiani forati su cui riposa l’alimento da essiccare.<br />

A seconda del movimento d’aria esistono due tipi di essiccatori, a<br />

flusso d’aria verticale o orizzontale.<br />

Flusso d’aria verticale: come dice il nome, sono a ripiani sovrapposti<br />

con la ventola in basso (raramente è superiore); il flusso<br />

dell’aria va dall’alto in basso, è minimo all’inizio del processo (il<br />

prodotto da essiccare occupa gran parte dello spazio), sempre<br />

più forte quando il prodotto si è ritirato.<br />

Flusso d’aria orizzontale: i ripiani sono rettangolari, posti<br />

all’interno di un contenitore rettangolare in pile di 4-6, in modo che<br />

un flusso d’aria orizzontale possa lavorarli tutti efficientemente.<br />

Se il prodotto da essiccare è poco, è conveniente riempire l’essiccatore<br />

vicino al flusso d’aria per velocizzare le operazioni, anche<br />

se sarebbe buona regola caricare il prodotto dalla parte opposta<br />

della ventola. Se si vuole risparmiare tempo è anche possibile intervenire<br />

manualmente, ridisponendo il materiale parzialmente essiccato<br />

in posizione più vicina alla sorgente di calore.<br />

Chi, invece, vuole un’essiccazione ottimale e non ha fretta, deve<br />

considerare che il percorso del prodotto è contrario a quello della<br />

direzione dell’aria: si carica l’essiccatore dalla parte opposta della<br />

ventola e si scarica dalla parte di quest’ultima.<br />

Poiché l’essiccazione avviene per evaporazione<br />

dell’acqua è necessario che il processo la estragga a<br />

livello cellulare portandola in superficie. Poiché per un<br />

millimetro di spessore ci possono essere anche dieci strati di cellule,<br />

quanto più le fette dell’alimento sono spesse tanto più durerà<br />

il processo di essiccazione. Ovviamente diminuendo lo spessore<br />

delle fette queste aumentano di numero, richiedendo un’area più<br />

grande. È necessario, quindi, raggiungere un compromesso fra<br />

area totale da essiccare e spessore delle singole fette, spessore<br />

che è correlato alla durata dell’essiccazione.<br />

L’esperienza dimostra che lo spessore delle fette deve essere<br />

compreso tra 4 e 10 mm, non escludendo casi particolari.<br />

Per esempio per le erbe aromatiche a foglia larga, lucida e pelosa,<br />

l’uso dell’essiccatore non è consigliato perché lo spessore non<br />

può essere ulteriormente ridotto e la foglia presenta una superficie<br />

di per sé molto resistente all’evaporazione (cosa che non accade<br />

per esempio con una fetta di ananas). In questo caso è preferibile<br />

la vecchia procedura dell’essiccazione all’aria per diversi giorni.<br />

In altri casi (erbe officinali) si deve evitare una temperatura superiore<br />

ai 35° che distruggerebbe i principi attivi della pianta, molto più<br />

critici dei normali principi nutrizionali. Per <strong>frutti</strong> di grandi dimensioni<br />

è obbligatorio procedere a una suddivisione in fette. Importantissima<br />

l’uniformità (grandezza e spessore) delle fette per garantire<br />

un risultato omogeneo. Per frutta e verdura di medie dimensioni<br />

è possibile limitarsi a tagliare in due il singolo pezzo. Per la frutta<br />

di piccole dimensioni è opportuno rendere permeabile la buccia,<br />

immergendo la frutta in acqua bollente o vicina all’ebollizione per<br />

60-90 secondi. I tempi tipici di essiccazione sono di due o tre ore<br />

per ogni millimetro di spessore, anche se è opportuno rifarsi al<br />

manuale dell’essiccatore usato per avere una maggior precisione<br />

nel prevedere la durata del processo. Al termine dell’essiccazione<br />

è opportuno conservare il prodotto in recipienti ermeticamente<br />

chiusi (in teoria non è necessario ma si allungano notevolmente i<br />

tempi di conservazione), al riparo dalla luce.<br />

N/6


Le esigenze di mercato negli ultimi tempi indirizzano verso trattamenti<br />

dei prodotti alle temperature più basse possibile; così è<br />

stato studiato e messo in produzione un essiccatoio<br />

completamente innovativo a bassa temperatura. Ci si è<br />

posti alcuni obiettivi inderogabili che hanno fatto da filo conduttore<br />

per lo sviluppo di questo nuovo progetto.<br />

Questi obiettivi erano:<br />

• Ridurre i costi energetici. Questi sono stati drasticamente<br />

ridotti, adottando ventilatori ad alta efficienza. Attraverso la lettura<br />

del tasso di umidità dell’aria di processo è stato possibile<br />

modulare l’estrazione dell’aria carica di umidità. Attraverso una<br />

serie di strumenti si può avere in tempo reale il consumo energetico<br />

istantaneo per ogni lotto di produzione. Per mezzo del<br />

programma di supervisione le informazioni acquisite vengono<br />

inviate in formato excel al PC per la compilazione dei dati relativi<br />

al lotto di produzione.<br />

• Essiccazione in ambiente sterile. Per mezzo di appositi filtri<br />

viene garantito al processo di essiccazione un reintegro di aria<br />

altamente filtrata. Possibilità di sterilizzazione per mezzo di ozono.<br />

• Mantenere le qualità organolettiche, olfattive e gustative<br />

del prodotto originale. Il risultato viene ottenuto per mezzo di<br />

un controllo accurato della temperatura dell’aria di processo,<br />

che non supera mai i 70° e che decresce mano amano che<br />

diminuisce l’umidità del prodotto; in questo modo il prodotto<br />

non supererà mai i 43° e garantirà un’essiccazione a crudo.<br />

• Omogeneità del prodotto. Buona parte del tempo di progettazione<br />

è stato speso per studiare il movimento dell’aria all’interno<br />

dell’essiccatoio. Il flusso orizzontale dell’aria è assicurato<br />

da appositi deflettori che distribuiscono l’aria ripartita in quantità<br />

uguale per ogni ripiano di vassoi. Inoltre il flusso di aria viene<br />

invertito da destra a sinistra e viceversa in cicli programmabili<br />

da PLC.<br />

• Versatilità. Per mezzo di un ricettario è possibile impostare un<br />

programma nel quale sono impostabili il tempo totale del processo<br />

e il numero di cicli di inversione del flusso dell’aria. In<br />

ogni ciclo sono impostabili la velocità dell’aria, la temperatura<br />

di lavoro e l’umidità di estrazione dell’aria esausta.<br />

• Automazione e controllo. Oltre alla semplicità di programmazione<br />

e gestione del ciclo di essiccazione, è possibile ricevere a<br />

distanza tutte le informazioni relative al funzionamento dell’impianto.<br />

Questa nuova generazione di essiccatori a basse temperature è<br />

stata concepita per il miglioramento industriale come:<br />

• Controllo preciso delle temperature di esercizio. Tutti gli<br />

essiccatori sono attrezzati con speciali scambiatori di calore,<br />

progettati e realizzati per ottenere il controllo accurato della<br />

temperatura, con tolleranza +/- 1°C.<br />

• L’accuratezza del riscaldamento dell’aria di essiccamento<br />

impedisce il surriscaldamento della camera di combustione del<br />

prodotto e la combustione di eventuali gas liberati dal prodotto<br />

durante il processo, con riduzione dell’inquinamento dovuto<br />

agli scarichi d’aria esausta nell’ambiente.<br />

• Rendimento e diminuzione dei consumi.<br />

• Miglioramento della qualità del prodotto: Il trattamento controllato<br />

e delicato consente di mantenere inalterate le proprietà<br />

chimico, fisiche e organolettiche. Possibilità di variare la curva<br />

di essiccazione in funzione della materia prima e del prodotto<br />

finale da ottenere.<br />

Il riscaldamento dell’aria di essiccazione può essere fatto indirettamente<br />

con il vapore, oppure direttamente con bruciatori in vena<br />

d’aria a fiamma modulabile a GPL o Metano.<br />

In zone climatiche favorevoli è possibile utilizzare pannelli solari termici<br />

che riscaldano acqua che verrà poi utilizzata.<br />

Esistono due tipologie di essiccatori a bassa temperatura: essiccatoi<br />

a letto fluido, particolarmente adatti per l’essiccamento<br />

di prodotti di piccole dimensioni, con consistenza elevata, o vegetali<br />

in foglia, ed essiccatoi statici a carrelli.<br />

ESSICCATOIO STATICO A CARRELLI<br />

Principio di funzionamento<br />

L’essiccatoio statico a carrelli unisce alle doti di semplicità e flessibilità<br />

tipiche degli essiccatori statici, una sofisticata gestione della<br />

circolazione dell’aria e delle temperature durante il processo di<br />

essiccazione. L’aria viene ricircolata orizzontalmente sul prodotto<br />

e, per una maggior omogeneità dell’essiccazione, il flusso viene<br />

invertito in modo temporizzato.<br />

Il reintegro dell’aria avviene per mezzo di un deumidificatore ad<br />

assorbimento e attraverso una serie di filtri che rendono l’aria di<br />

processo priva di qualsiasi organismo o elemento inquinante. Il<br />

principio di funzionamento del deumidificatore è estremamente<br />

innovativo: il deumidificatore ad assorbimento sottrae l’acqua in<br />

modalità permanente all’aria umida mediante l’assorbente igroscopico<br />

applicato a un supporto ceramico. L’aria da deumidificare<br />

viene aspirata tramite un ventilatore attraverso un filtro e convogliata<br />

al rotore di essiccazione in lenta rotazione, dove avviene lo<br />

scambio di umidità. Il passaggio dell’aria, attraverso una sezione<br />

del rotore di essiccazione in silicagel, determina l’adesione delle<br />

molecole dell’acqua alla superficie del mezzo assorbente. Ruotando<br />

la sezione satura di umidità incontra un secondo ventilatore<br />

che, in controcorrente, espelle verso l’esterno l’umidità precedentemente<br />

trattenuta.<br />

In base alle tendenze attuali a livello di abitudini alimentari, è nostra<br />

convinzione che gli essiccatori a bassa temperatura prenderanno<br />

sempre più piede e finiranno per sostituirsi in maniera quasi totale<br />

agli essiccatori a temperatura più elevata.<br />

N/7


LA FRUTTA SENZA ZUCCHERI AGGIUNTI<br />

DAL CAMPO<br />

PRODUZIONE<br />

Agricoltori<br />

LAVORAZIONE ED<br />

ESSICCAZIONE<br />

Rete Impresa Italiana<br />

SELEZIONE E<br />

CONFEZIONAMENTO<br />

Euro Company<br />

FILIERA<br />

CONTROLLATA<br />

AL CONSUMATORE


Frutta Disidratata ITALIANA<br />

La linea Euro Company “Semplicemente frutta, origine Italia” è costituita da materie prime coltivate e trasformate esclusivamente in<br />

Italia. Questo ci permette di valorizzare il patrimonio agro-alimentare del territorio nazionale, garantendo l’origine e la tracciabilità.<br />

MELA<br />

La mela, conosciutissima fin da tempi remoti, è un frutto originario<br />

della zona caucasica. La coltivazione del melo nelle<br />

diverse zone dell’Italia ha origini remote. Oggi, la produzione<br />

di mele è concentrata nelle regioni settentrionali; la stragrande<br />

maggioranza del raccolto infatti è relativo alle regioni del<br />

Trentino Alto Adige, dell’Emilia Romagna e del Veneto. Altre<br />

regioni con produzioni relativamente considerevoli sono il Piemonte,<br />

la Lombardia e la Campania.<br />

PRUGNA<br />

Se la prugna fu introdotta in Europa circa 20.000 anni fa dai<br />

territori dell’Eurasia e del Nord America, le nostre prugne sono<br />

coltivate e lavorate in Italia, dove la coltura è molto diffusa.<br />

La produzione annua media si attesta sulle 180.000 tonnellate,<br />

di cui circa 40.000 esportate. Le regioni maggiori produttori<br />

di susine in Italia sono: Emilia Romagna, Campania e<br />

Lazio (fonte: CSO, 2013). Interessante è anche la produzione<br />

in Trentino (Dro-Basso Sarca).<br />

PESCA<br />

Il pesco, originario della Persia, viene coltivato in molti stati<br />

nelle zone con clima temperato mite. L’Italia è una grandissima<br />

produttrice e le regioni maggiori produttrici sono l’Emilia-<br />

Romagna, la Campania, il Veneto e il Lazio. I primi pescheti<br />

specializzati in Italia risalgono alla fine dell’800 e sono stati<br />

realizzati in provincia di Ravenna.<br />

N/10


ALBICOCCA<br />

La coltivazione dell’albicocco, albero da frutto versatile che<br />

sa adattarsi, è molto diffusa in varie regioni del nostro Paese,<br />

in particolare al sud. Le regioni che producono di più sono:<br />

Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Piemonte e Veneto.<br />

PERA<br />

Attraverso reperti paleontologici si è potuto stabilire che il<br />

pero in Italia era conosciuto fin dai tempi più antichi. Forse<br />

già 4000 anni fa l’uomo si cibava dei <strong>frutti</strong> di questa pomacea.<br />

Anche oggi le pere vengono coltivate in Italia (oltre i 2/3<br />

della superficie nazionale è coltivata a pero), in particolare in<br />

Emilia-Romagna che, grazie alla specifica vocazione del territorio<br />

e per il grande “know-how” tecnico che negli anni è<br />

stato acquisito lunga tutta la filiera produttiva, è la culla della<br />

produzione di pere italiane.<br />

MELONE<br />

Il melone, originario dell’Africa, oggi è un prodotto diffuso in<br />

tutto il mondo. In Italia si coltiva su circa 23.000 ettari, in gran<br />

parte in pieno campo ma anche in coltura semi-forzata o in<br />

serra. Il melone è coltivato soprattutto al sud e al centro Italia.<br />

Un bacino importante è la Campania con le sue colture protette,<br />

mentre il resto del centro-sud Italia ha una produzione<br />

prevalentemente a pieno campo. Se nel veronese troviamo<br />

una frazione importante per la produzione di meloni caratterizzati<br />

da precocità, nelle zone della Valle del Po troviamo<br />

anche le zone dell’unico Igp riguardante il melone d’Italia.<br />

N/11


MELA<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Apple<br />

Nome scientifico: Malus domestica<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Malus<br />

Specie: Malus domestica<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 48<br />

Energia: kJ 200<br />

Proteine: g 0.27<br />

Carboidrati: g 11.46<br />

di cui zuccheri: g 10.10<br />

Grassi: g 0.13<br />

di cui saturi: g 0.021<br />

Fibre alimentari: g 1.3<br />

Sale: g 0.00<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 5<br />

Ferro mg 0.07<br />

Magnesio mg 4<br />

Fosforo mg 11<br />

Potassio mg 90<br />

Sodio mg 0<br />

Zinco mg 0.05<br />

Rame mg 0.031<br />

Manganese mg 0.038<br />

Selenio µg 0.0<br />

Ac. Ascorbico mg 4.0<br />

Tiamina mg 0.019<br />

Riboflavina mg 0.028<br />

Niacina mg 0.091<br />

Ac. Pantotenico mg 0.071<br />

Vitamina B6 mg 0.037<br />

Folati µg 0<br />

Vitamina B12 µg 0.0<br />

Vitamina A IU IU 38<br />

Vitamina A, RE µg 2<br />

Vitamina E, αTe mg 0.05<br />

Vitamina K µg 0.6<br />

Triptofano* g 0.001<br />

Treonina* g 0.006<br />

Isoleucina* g 0.006<br />

Leucina* g 0.014<br />

Lisina* g 0.013<br />

Metionina* g 0.001<br />

Cistina g 0.007<br />

Fenilalanina* g 0.001<br />

Tirosina g 0.012<br />

Valina* g 0.006<br />

Arginina g 0.005<br />

Istidina* g 0.012<br />

Alanina g 0.074<br />

Ac. Aspartico g 0.026<br />

Ac. glutammico g 0.009<br />

Glicina g 0.006<br />

Prolina g 0.011<br />

Serina g 0.035<br />

A. grassi saturi g 0.021<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.001<br />

14:0 g 0.013<br />

16:0 g 0.017<br />

18:0 g 0.002<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.005<br />

16:1 g 0.000<br />

18:1 g 0.005<br />

20:1 g 0.000<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.037<br />

18:2 g 0.031<br />

18:3 g 0.007<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo g 0<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/12<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Il melo (Malus communis o Malus domestica) è una pianta vigorosa,<br />

di dimensioni medio-elevate, con un apparato radicale<br />

superficiale. Dal tronco, con una corteccia tipicamente liscia e<br />

dal portamento eretto, si estende una ramificazione simile a quella<br />

del pero. Generalmente l’albero di melo possiede una chioma<br />

espansa (dove la potatura influenzerà di molto la forma e le dimensioni<br />

finali della pianta). Le foglie sono alterne e semplici, a<br />

lamina ovale, leggermente seghettate, con apice acuto e base arrotondata,<br />

di 5-12 centimetri di lunghezza e 3-6 cm di larghezza,<br />

glabre superiormente e con una certa tomentosità sulla pagina<br />

inferiore, il picciolo è lungo 2-5 cm.<br />

Le ramificazioni produttive del melo sono quelle che hanno 2 o<br />

più anni.<br />

I rami <strong>frutti</strong>feri portano gemme piccole e gemme a frutto che<br />

sviluppano successivamente i fiori, le gemme piccole portano<br />

allo sviluppo di ramificazioni con fiori soltanto dal secondo anno<br />

in poi.<br />

I fiori sono ermafroditi di colore bianco-rosato esternamente e<br />

bianco internamente, a simmetria pentamera, hanno una corolla<br />

composta da 5 petali e sono larghi 2,5-3,5 cm e ovario infero.<br />

Sono riuniti in infiorescenze a corimbo, in numero di 3-7.<br />

La fioritura si svolge in primavera, simultaneamente al germogliamento,<br />

l’impollinazione è entomofila.<br />

I <strong>frutti</strong> compaiono anche su alcuni tipi di ramificazioni corte chiamate<br />

lamburde, queste si sviluppano principalmente su rami di<br />

età avanzata. Tuttavia anche i rametti di un anno possono presentare<br />

dei <strong>frutti</strong>, questi però avranno una velocità di maturazione<br />

più lenta.<br />

Il frutto è un pomo o melonide (falso frutto), si forma per accrescimento<br />

del ricettacolo fiorale insieme all’ovario ed è perciò un<br />

falso frutto; ha forma globosa, generalmente di 5-9 cm di diametro,<br />

prima verde e a maturazione, estivo-autunnale, con colore<br />

variabile dal giallo-verde al rosso. Il frutto vero, derivato dall’accrescimento<br />

dell’ovario è in realtà costituito dal torsolo, di consistenza<br />

più coriacea rispetto alla polpa. Il pericarpo contiene cinque<br />

carpelli disposti come una stella a cinque punte; ogni carpello<br />

contiene da uno a tre semi.<br />

Ha una buccia che può essere “rugginosa” o liscia, di colore giallo,<br />

rosso o verde con macchie e striature. La polpa, bianca o<br />

giallognola, è soda e succosa, talvolta farinosa, ha sapore dolce<br />

o acidulo.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

La produzione mondiale di mele si attesta a circa 80,8 milioni di<br />

tonnellate. Stando ai dati Faostat 2013, il produttore leader ad<br />

oggi è proprio la Cina con oltre 39,7 milioni di tonnellate. Al secondo<br />

posto gli Usa – in lento declino dagli anni Novanta – con<br />

4 milioni di tonnellate. Gli altri quattro attori ricadenti nella top five<br />

sono Turchia (3,1 milioni di tons), Polonia (3,1 mio di tons), Italia<br />

(2,2 mio di tons) e India (1,9 mio di tons).<br />

L’unico a non presentare crescite dai primi anni Sessanta è proprio<br />

il Bel Paese, che mantiene stazionarie le proprie produzioni.<br />

Stando ai dati Istat, le produzioni italiane di mele (2,5 milioni di<br />

tonnellate nel 2015) si concentrano in due grandi poli che raccolgono<br />

più del 50% della superficie totale investita: la provincia di<br />

Trento (18%) e quella di Bolzano (33%). Durante il 2015, il Trentino-<br />

Alto Adige ha prodotto 1.663.119 tonnellate che rappresentano il<br />

67% del totale italiano. Le altre regioni protagoniste a livello produttivo<br />

sono il Veneto (11%), il Piemonte (6%), l’Emilia-Romagna<br />

(6%) e la Campania (3%).<br />

N/13


PRODUZIONE ANNUALE DI MELE IN GENERALE<br />

Primi 5 paesi<br />

6˙000˙000<br />

5˙000˙000<br />

Tonnellate<br />

4˙000˙000<br />

3˙000˙000<br />

2˙000˙000<br />

1˙000˙000<br />

0<br />

USA Turchia Polonia Italia India<br />

Anni ’60 Anni ’70 Anni ’80 Anni ’90 Anni 2000 2010-2013<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

Regione<br />

Prime 5 regioni<br />

Anno 2015<br />

Superficie<br />

in Ettari<br />

Produzione<br />

in Tonnellate<br />

Italia 55˙476 2˙494˙017<br />

Bolzano 18˙540 1˙127˙220<br />

Trento 10˙060 535˙899<br />

Veneto 6˙000 286˙509<br />

Piemonte 5˙343 154˙032<br />

Emilia-Romagna 4˙418 150˙874<br />

EXPORT ITALIANO DI MELE FRESCHE A VALORE<br />

Mercati di destinazione<br />

900<br />

800<br />

Milioni di Euro<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

259<br />

71<br />

292<br />

242<br />

154<br />

109<br />

192 210 248<br />

131<br />

2000 2005 2010 2015<br />

Germania UE28 - escl. Germania Nord Africa + Medio Oriente Altro<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

N/14


La mela è il frutto italiano più esportato in assoluto ed è anche<br />

quello tra i primi quattro (mele, uva da tavola, kiwi, pomodori) a<br />

presentare l’incremento in termine di valore più importante dal<br />

2000 con un +227% (fonte Eurostat).<br />

Questa performance è da attribuire principalmente alla diversificazione<br />

dei Paesi Extra Ue, che oggi rappresenta il 38% del<br />

totale. Dall’analisi su dati Eurostat, elaborati dal Monitor Ortofrutta<br />

di Agroter, si evince che dal 2000 al 2015 l’export italiano di mele<br />

fresche è incrementato infatti da 264 a 866 milioni di euro.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

La temperatura nella maggior parte dei casi non è un problema, il<br />

melo infatti riesce a resistere bene anche a temperature particolarmente<br />

basse (fino a -25°C, con qualche eccezione), la sensibilità<br />

alle gelate tardive dipende dall’epoca di fioritura.<br />

L’esposizione della pianta di melo può essere in pieno sole, deve<br />

però essere un luogo non soggetto a forti raffiche di vento.<br />

Il melo può essere coltivato ovunque, ma preferisce un clima fresco<br />

e le zone che si trovano tra i 600 e i 1.000 metri sopra il livello<br />

del mare. La pianta teme la siccità e i ristagni idrici.<br />

Il melo è una pianta che sa adattarsi molto bene a una gran varietà<br />

di terreni, quelli più adatti alla sua coltivazione sono i terreni<br />

profondi, ricchi di sostanza organica, dotati di buon drenaggio<br />

e non eccessivamente calcarei, anche se i territori più favorevoli<br />

alla crescita e alla produzione del melo sono quelli collinari e<br />

montani. È consigliabile evitare quei terreni la cui profondità utile<br />

all’apparato radicale sia inferiore ai 40 cm. Il pH ideale va da 6,5<br />

a 7,5; vanno evitati i suoli con pH inferiore a 5,4 e quelli con pH<br />

superiore a 8,8.<br />

possibile rimuovere il sostegno e lasciare crescere liberamente la<br />

pianta, che a quel punto avrà raggiunto una posizione corretta.<br />

Un’altra pratica volta a migliorare la resa finale consiste nell’asportazione<br />

dei <strong>frutti</strong> in eccesso.<br />

Ogni gruppo di fiori in genere produce 4-5 <strong>frutti</strong>, se la pianta ne<br />

produce in eccesso sarà necessario scartarne alcuni per dare<br />

possibilità alla pianta di intensificare il nutrimento di quelli rimanenti,<br />

ne consegue una qualità generale dei <strong>frutti</strong> migliore. Questa<br />

tecnica viene applicata intorno al mese di giugno o successivamente<br />

nel mese di luglio, circa 2-3 settimane dopo la fioritura.<br />

Vengono lasciati in genere 2-3 <strong>frutti</strong> per ogni infiorescenza, gli altri<br />

vanno recisi al peduncolo, lasciando quelli più grandi e qualcuno<br />

dei più piccoli. Questa è un’operazione un po’ delicata, per questo<br />

è consigliabile affidarsi a un vivaista o a un esperto del settore.<br />

Irrigazione<br />

Le irrigazioni non devono essere particolarmente abbondanti,<br />

ma è necessario che siano frequenti, in particolar modo se la<br />

stagione è particolarmente siccitosa, è consigliabile predisporre<br />

un impianto a goccia. Le irrigazioni devono comunque essere<br />

sospese quando manca un mese alla raccolta. Per ogni metro<br />

quadrato di coltivazione sono necessari mediamente 110 litri di<br />

acqua, distribuiti a intervalli di dieci giorni.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

La messa a dimora delle piante viene effettuata nel periodo autunnale<br />

dopo la caduta delle foglie, in genere nel mese di novembre,<br />

in alternativa se il terreno è troppo umido è necessario<br />

rimandare la piantumazione a gennaio subito prima della germogliazione.<br />

Durante i primi mesi dopo la messa a dimora il terreno<br />

dovrà essere sgombro da erbe infestanti, ed è consigliabile effettuare<br />

una pacciamatura del terreno con della paglia per evitarne<br />

la crescita oltre che per evitare un’eccessiva evaporazione<br />

dell’acqua dal terreno.<br />

Le forme di allevamento prevalenti oggi sono la palmetta e il fusetto<br />

con sesti di impianto che partono da un minimo di 3 m per<br />

1 m e 5 m per 4 m, rispettivamente; la densità d’impianto varia<br />

da 500 fino a 3000 piante/ha. Le piante potranno essere dotate<br />

di tutori per i primi anni della loro crescita, successivamente sarà<br />

N/15


Concimazione<br />

La concimazione andrà fatta nel momento della messa a dimora,<br />

per ogni buca verranno inseriti 2-3 kg di letame ben maturo.<br />

Nella primavera successiva si dovranno integrare per ogni pianta<br />

circa 100 g di solfato d’ammonio. Ogni anno alla fine del periodo<br />

invernale dovrà essere somministrata una concimazione prevalentemente<br />

azotata, all’incirca 60 g di solfato d’ammonio per<br />

ogni metro quadrato di coltivazione, ogni due anni è bene inoltre<br />

effettuare una concimazione di fosforo e potassio, da distribuire<br />

smuovendo leggermente il terreno in superficie e cercando<br />

di distribuirla uniformemente il più possibile. La concimazione ci<br />

rimanda alle metodiche agronomiche del calcolo delle asportazioni<br />

e dell’analisi fogliare; si tenga conto che gli elementi primari<br />

richiesti sono N (80-90 kg/ha/anno) e K (50-80 kg/ha/anno), il P<br />

in quantità inferiore alla metà dei precedenti (100-120 kg/ha biennale<br />

o triennale). Sono importanti anche Ca, Mg, Bo, Fe, Zn, S.<br />

Potatura<br />

• Potatura di formazione: segue la pianta nei suoi primi anni di<br />

crescita, assicura una base solida, permette di correggere gli<br />

squilibri della chioma e dona alla pianta una forma stabile che<br />

le permetterà di resistere non solo al carico dei <strong>frutti</strong>, ma anche<br />

alle intemperie.<br />

• Potatura di produzione: va effettuata annualmente su<br />

tutte le piante e serve a gestire in modo ottimale l’equilibrio<br />

tra produzione e vegetazione. Questo tipo di intervento<br />

ha come obiettivo equilibrare i diversi tipi di ramificazioni.<br />

Si dovranno quindi effettuare dei tagli di livellamento sulle ramificazioni<br />

più sviluppate e più presenti. I tagli iniziano a partire dal<br />

quarto anno considerando che i primi tre anni di allevamento<br />

sono serviti per lo sviluppo della pianta secondo la forma di<br />

allevamento scelta. Il rinnovo con un taglio di contenimento è a<br />

carico delle ramificazioni <strong>frutti</strong>fere che si sviluppano al disopra<br />

dei rami di tre anni. I brindilli non vanno mai accorciati, ma solo<br />

diradati parzialmente nel caso ce ne fosse bisogno.<br />

• Potatura di rinnovo: si effettua nel periodo invernale. Questa<br />

tecnica prevede l’eliminazione di una parte delle ramificazioni<br />

più vecchie, quelle che hanno <strong>frutti</strong>ficato l’anno precedente.<br />

I tagli su questo tipo di rami stimolano la pianta a produrre<br />

nuovi getti verdi che porteranno <strong>frutti</strong> negli anni successivi,<br />

rinnovando così parte della chioma. L’obiettivo della potatura<br />

di rinnovo è anche quello di mantenere la chioma equilibrata e<br />

areata nella parte centrale. Per questo motivo sempre nel periodo<br />

invernale si eliminano tutti quei rami affastellati e quelle<br />

ramificazioni che creano troppa ombra nella parte centrale. I<br />

getti guida (ovvero quei rami che controllano lo sviluppo delle<br />

ramificazioni principali) dovranno essere accorciati soltanto<br />

con una spuntatura nella parte apicale.<br />

RACCOLTA<br />

La raccolta a seconda delle varietà si estende da luglio a ottobre.<br />

La raccolta del melo viene effettuata quando il frutto ha raggiunto<br />

uno stadio di maturazione avanzato. Un metodo semplice per<br />

capire se la mela è abbastanza matura è quello di coglierla effettuando<br />

una rotazione, a questo punto il peduncolo dovrebbe<br />

staccarsi dalla pianta e rimanere attaccato al frutto.<br />

Le mele possono essere conservate per un periodo variabile da<br />

uno a due mesi sempre a seconda delle varietà, quelle invernali,<br />

ad esempio, una volta colte dovranno continuare la loro maturazione<br />

per altre 4-6 settimane, queste varietà andranno tenute in<br />

un luogo fresco, a una temperatura di 3-4 gradi. La produzione<br />

si aggira sulle 40 t/ha.<br />

Per quanto concerne la raccolta ci si basa su indici quali il colore,<br />

la resistenza della polpa (penetrometro) e il contenuto in amido<br />

della polpa. Metodi di conservazione possibili sono: l’atmosfera<br />

normale, con temperatura intorno a 0°C, UR di 85-90%, che<br />

mantiene le mele per 2-3 mesi; l’atmosfera controllata, con<br />

temperatura poco sopra lo 0°C e concentrazione di O2 e CO2<br />

inferiore a 10%; il sistema Ultra Low Oxygen a bassissima concentrazione<br />

di O2; è possibile anche la conservazione subatmosferica,<br />

con pressione di 0,13 atm, e anche la rimozione di<br />

etilene durante la conservazione, con KMnO2.<br />

VARIETÀ<br />

Di seguito vengono descritte le varietà principalmente utilizzate<br />

per i disidratati italiani “Semplicemente frutta”.<br />

Mela Fujion: Esempio eccellente di <strong>frutti</strong>coltura moderna, la<br />

mela Fujion brevettata dal CIV di Ferrara (Consorzio Italiano Vivaisti)<br />

è la novità più dolce degli ultimi anni, non solo per il suo<br />

gusto leggero e delicato, ma anche per la sua produttività e per<br />

la naturale resistenza alle malattie. La mela Fujion dal profumo<br />

delicato, si presenta di medie dimensioni, dal colore rosso intenso<br />

con striatura molto evidente, distribuita sulla quasi totalità<br />

della superficie. La forma è rotonda, leggermente allungata,<br />

molto regolare e di calibro più omogeneo rispetto alla Fuji. La<br />

polpa è croccante, succosa, con una percezione di dolcezza<br />

molto intensa, generalmente superiore a Fuji. La buccia è sottile<br />

e naturalmente ricca di pectina. La raccolta è prevista per l’inizio<br />

di settembre.<br />

Mela Bukeye: è la mutazione rossa di Imperial Gala originaria<br />

degli USA, la cui caratteristica principale è la colorazione decisa<br />

N/16


e precoce. Si distingue per il suo colore rosso brillante e striato<br />

su tutta la superficie del frutto. La colorazione precoce permette<br />

la raccolta del frutto a un giusto livello di maturazione, con<br />

conseguente riduzione del numero dei passaggi e dei rischi di<br />

spaccature, conferendo a questa varietà un eccellente grado di<br />

conservabilità. Questo frutto si presenta molto attraente, con<br />

un colore più rosso del Gala, evidenziando un colore brillante<br />

sull’intera superficie. La colorazione è del tipo lavato striato. La<br />

polpa è tipica del Gala, croccante, dall’aroma spiccato e dal<br />

sapore dolce.<br />

AVVERSITÀ<br />

La pianta del melo può essere interessata da varie avversità, carenze<br />

e fisiopatie che possono comportare spaccature dei <strong>frutti</strong>,<br />

cascola dei <strong>frutti</strong> e rugginosità suberosa.<br />

Fitopatie si manifestano in conservazione: disfacimento interno<br />

e sugoso, riscaldo molle. Altre ancora le alterazione fisiologiche.<br />

Importante malattia batterica è il colpo di fuoco batterico<br />

(Erwinia Amilovora), tra le crittogame sono da ricordare la<br />

ticchiolatura (per la quale esistono cv resistenti), mal bianco.<br />

Degli insetti si ricordano lepidotteri, quali carpocapsa (Cydia<br />

pomonella), rodilegno rosso (Cossus cossus) e giallo (Zeuzera<br />

Pyrina), afidi, quali grigio, lanoso, verde, oltre alla cocciniglia di<br />

San Josè (Quadrapsidiotus perniciosus).<br />

CURIOSITÀ<br />

Contrariamente a quanto si è sempre sostenuto, non c’è alcuna<br />

menzione della mela nella Bibbia come “frutto proibito”. Nel testo si<br />

parla del “Frutto dell’albero della Conoscenza”, senza nessuna<br />

specifica sul tipo di frutto. Fu solo dopo il 1470, quando Hugo Van<br />

Der Goes dipinse una mela nel suo “The fall of Man”, che si fece<br />

sempre più convincente l’associazione con questo frutto.<br />

•<br />

Secondo alcune credenze popolari, la mela che Adamo ed Eva<br />

mangiarono nell’Eden si fermò in gola ad Adamo: da qui la denominazione<br />

di pomo d’Adamo.<br />

La mela è considerato il “simbolo ufficiale” di Washington,<br />

New York, West Virginia e Rhode Island. Il consumo medio di<br />

mele pro capite negli Stati Uniti è di circa 65 l’anno.<br />

•<br />

Shakespeare aveva una vera e propria passione per un particolare<br />

tipo di mela: la leathercoat. Frutto estinto per anni è stato da<br />

poco riscoperto con grande entusiasmo.<br />

•<br />

Quando la mela non è più fresca la buccia si “affloscia”: ciò è<br />

dovuto al fatto che la mela è costituita, per il 25%, d’aria.<br />

•<br />

Il finanziere, politico americano Bernard Baruch – consigliere di<br />

Roosevelt – era solito dire “Tutti videro cadere la mela, Newton<br />

fu l’unico a chiedersi il perché”.<br />

•<br />

Oltre che per il tradizionale consumo fresco, la mela può essere<br />

utilizzata per la produzione di succhi, marmellate, sciroppi,<br />

dolci, sidro oppure essiccata. In cucina trova largo impiego<br />

come ingrediente per pietanze, dolci e macedonie.<br />

•<br />

La quantità di raccolto è molto variabile, per una stima bisogna<br />

tenere presente che esistono diversi fattori determinanti. Uno di<br />

questi è la pezzatura del frutto, esistono varietà dal frutto piccolo<br />

e altre dai <strong>frutti</strong> molto grandi. C’è poi la vigoria della pianta,<br />

difficilmente piante allevate su portainnesto nanizzante riusciranno<br />

a portare un grosso raccolto. In genere si va dai 10 kg per gli<br />

esemplari più piccoli a oltre 100 kg per le piante più vigorose.<br />

•<br />

La mela è il frutto più famoso per le sue proprietà, caratteristiche,<br />

e per il suo valore simbolico, ripreso sia nella mitologia che<br />

nell’antichità. Il proverbio dice: “una mela al giorno toglie il medico<br />

di torno”, e non è solo un vecchio proverbio da quello che<br />

affermano gli specialisti. Perché? Grazie alle proprietà nutrizionali<br />

la mela è un vero e proprio alleato per il benessere. Le mele rappresentano<br />

una fonte alimentare essenziale di polifenoli (circa il<br />

22% dei polifenoli necessari vengono assunti attraverso questi<br />

<strong>frutti</strong>). La quantità di polifenoli in una mela va da 110 a 347 mg per<br />

100 g di parte edibile. Sono presenti anche discrete quantità di<br />

flavonoidi. Si pensi che nel corso di uno studio sono stati estratti<br />

oltre 12 kg di flavonoidi dalla sola buccia di circa un quintale di<br />

mele rosse (del tipo Delizia).<br />

N/17


PRUGNA<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Plum<br />

Nome scientifico: Prunus domestica<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Prunus<br />

Specie: Prunus domestica<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 46<br />

Energia: kJ 192<br />

Proteine: g 0.70<br />

Carboidrati: g 10.02<br />

di cui zuccheri: g 9.92<br />

Grassi: g 0.28<br />

di cui saturi: g 0.017<br />

Fibre alimentari: g 1.4<br />

Sale: g 0.00<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 6<br />

Ferro mg 0.17<br />

Magnesio mg 7<br />

Fosforo mg 16<br />

Potassio mg 157<br />

Sodio mg 0<br />

Zinco mg 0.10<br />

Rame mg 0.057<br />

Manganese mg 0.052<br />

Selenio µg 0.0<br />

Ac. Ascorbico mg 9.5<br />

Tiamina mg 0.028<br />

Riboflavina mg 0.026<br />

Niacina mg 0.417<br />

Ac. Pantotenico mg 0.135<br />

Vitamina B6 mg 0.029<br />

Folati µg 5<br />

Vitamina B12 µg 0.0<br />

Vitamina A IU IU 345<br />

Vitamina A, RE µg 17<br />

Vitamina E, αTe mg 0.26<br />

Vitamina K µg 6.4<br />

Triptofano* g 0.009<br />

Treonina* g 0.010<br />

Isoleucina* g 0.014<br />

Leucina* g 0.015<br />

Lisina* g 0.016<br />

Metionina* g 0.008<br />

Fenilalanina* g 0.014<br />

Tirosina g 0.008<br />

Valina* g 0.016<br />

Arginina g 0.009<br />

Istidina* g 0.009<br />

Alanina g 0.028<br />

Ac. Aspartico g 0.352<br />

Ac. glutammico g 0.035<br />

Glicina g 0.009<br />

Prolina g 0.027<br />

Serina g 0.023<br />

A. grassi saturi g 0.017<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.000<br />

14:0 g 0.000<br />

16:0 g 0.014<br />

18:0 g 0.003<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.134<br />

16:1 g 0.002<br />

18:1 g 0.132<br />

20:1 g 0.000<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.044<br />

18:2 g 0.044<br />

18:3 g 0.000<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo g 0<br />

Fitosteroli g 7<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/18<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Prunus domestica appartiene alla famiglia delle rosacee ed è<br />

originaria, a seconda delle varietà, dell’Asia, dell’Europa o dell’America.<br />

Questa pianta rustica e robusta ha un portamento assurgente,<br />

con una chioma che tende a svilupparsi verso l’alto, si adatta<br />

in modo ottimale alle forme di allevamento a fuso e a fusetto.<br />

La fioritura avviene nel periodo primaverile, i fiori, che sono autofertili,<br />

possono essere di colore bianco o leggermente rosati, uniti<br />

a 2, hanno 5 petali bianchi e si aprono prima della comparsa delle<br />

foglie; queste sono ovali a margini seghettati.<br />

I <strong>frutti</strong> si formano sulle ramificazioni nel periodo che va da luglio<br />

a settembre o anche prima a seconda della cultivar, la precocità<br />

di maturazione dipende dalla varietà scelta. Il frutto è una drupa<br />

oblunga o tonda, con polpa filamentosa e buccia di colore giallo<br />

o rosso-violaceo, ma che può assumere anche altre colorazioni,<br />

verde-rosacea oppure blu intenso, e ciò non indica tempi diversi<br />

di maturazione, ma solo varietà differenti.<br />

La polpa deve risultare morbida, ma non molle al tatto; il sapore<br />

dei <strong>frutti</strong> è lievemente acidulo, per la presenza di acido malico.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

Secondo le elaborazioni del CSO su dati FAO, la produzione di<br />

susine nei Paesi dell’Unione europea si è stabilizzata nelle ultime<br />

stagioni intorno a 1,5 milioni di tonnellate. Il principale Paese<br />

produttore di susine rimane la Romania che, pur presentando<br />

un’offerta caratterizzata da forti oscillazioni annuali e destinata<br />

soprattutto all’industria di trasformazione, ha un potenziale produttivo<br />

che supera le 600 mila tonnellate annue. Seguono nell’ordine<br />

Francia, Spagna e Italia con quote del 14%, 13% e<br />

12%, rispettivamente, prendendo come riferimento la media del<br />

periodo che va dal 2009 al 2011.<br />

La produzione italiana è concentrata in Emilia Romagna dove<br />

sono presenti il 35% delle superfici investite nel Paese (Fonte:<br />

CSO su dati ISTAT), per un totale di quasi 4.500 ettari; segue la<br />

Campania, dove la superfice negli ultimi anni è lievemente scesa<br />

attorno ai 3.500 ettari, quasi il 20% del totale. Basilicata, Lazio e<br />

Piemonte detengono ciascuna un’area di coltivazione attorno ai<br />

1.000 ettari e mostrano una certa stabilità tra il 2004 e il 2012.<br />

Più di un terzo delle superfici in Emilia-Romagna sono dedicate<br />

alla varietà Angeleno. Si supera il 50% aggiungendo<br />

Fortune e Stanley.<br />

Le esportazioni di susine italiane vengono indirizzate soprattutto<br />

verso la Germania e il Regno Unito. Il mercato tedesco ne ha<br />

assorbite, in media, 13 mila tonnellate nel corso degli ultimi tredici<br />

anni (periodo 2000-2012), vale a dire il 30% dell’export italiano.<br />

Il Regno Unito ha acquistato invece 7-8 mila tonnellate di susine<br />

italiane negli anni più recenti, dopo una evidente tendenza all’aumento<br />

dal 2006 al 2009.<br />

Sul fronte delle destinazioni minori cresce l’export verso la Russia<br />

(4 mila tonnellate nel 2012), l’Austria (2,5 mila tonnellate), la<br />

Polonia (oltre 2 mila tonnellate), la Svezia (quasi 2 mila tonnellate)<br />

e la Danimarca (quasi 2 mila tonnellate). La presenza di prodotto<br />

italiano all’estero diventa incisiva dal mese di settembre in avanti.<br />

Ormai da diversi anni i mercati esteri vengono dominati dall’Italia<br />

nei mesi di ottobre (oltre 20 mila tonnellate nel 2012) e novembre<br />

(12 mila tonnellate.)<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

Si tratta di una pianta che si adatta bene ad esposizioni in pieno<br />

sole dove può avere il massimo rendimento nella produzione di<br />

<strong>frutti</strong>.<br />

Ha un buon grado di adattamento e riesce a vegetare senza troppa<br />

difficoltà sia nei climi temperati che in quelli caldi e siccitosi.<br />

N/19


PRODUZIONE DI SUSINE NEI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA<br />

700˙000<br />

600˙000<br />

500˙000<br />

Tonnellate<br />

400˙000<br />

300˙000<br />

200˙000<br />

100˙000<br />

0<br />

2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011<br />

Italia Spagna Francia Romania Polonia Altri Paesi<br />

Nel periodo di dormienza invernale tollera senza problemi temperature<br />

che arrivano oltre i -15 gradi, tuttavia mal sopporta i ritorni<br />

di freddo in fase di fioritura soprattutto le cultivar molto precoci, è<br />

necessario dunque scegliere oculatamente le piante che vengono<br />

coltivate in funzione del luogo.<br />

La pianta riesce a vegetare senza troppi problemi nei terreni argillosi<br />

e compatti purché privi di ristagni idrici, i migliori risultati si<br />

hanno in un terreno ricco di sostanza organica, di medio impasto<br />

e con una buona umidità, si ha un adattamento anche a terreni<br />

calcarei grazie all’impiego dei vari portainnesti.<br />

Il pH tollerato dalla pianta va da 5 a 8,5 quindi può essere coltivata<br />

in terreni acidi e in terreni basici senza problemi, è necessario<br />

però scegliere un portainnesto adatto. La preparazione del<br />

terreno comporta, come per le altre drupacee, una lavorazione<br />

più o meno profonda a seconda della struttura del suolo, con<br />

interramento di sostanza organica, di concimi fosfatici e potassici<br />

in buona quantità per elevare a livelli ottimali la fertilità.<br />

L’aratura o ripuntatura deve essere più profonda in zone siccitose<br />

o non irrigabili.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Prima dell’impianto si procede allo scavo della buca profonda e<br />

larga circa 60-70cm, ai lati di essa vengono distribuiti circa 25<br />

kg di letame maturo. Le piante a radice nuda ma anche quelle<br />

in zolla possono avvantaggiarsi della pratica dell’inzaffardatura<br />

che consiste nel mantenere le radici a contatto con acqua e<br />

argilla, questo favorisce il successivo attecchimento delle radici.<br />

I sesti di impianto variano a seconda del tipo di portainnesto scelto,<br />

della forma di allevamento e dalla fertilità del terreno. Le piante<br />

allevate a vaso vanno distanziate di 5 m tra le file e tra i singoli<br />

esemplari in terreni di media fertilità. Nei terreni molto fertili le distanze<br />

si accorciano a 4 metri tra le file e 3,5 m tra le piante. Come<br />

già accennato nella descrizione dell’impianto i giovani esemplari di<br />

susino avranno bisogno fin da subito di accorgimenti colturali. Anche<br />

dopo la messa a dimora sarà necessario provvedere al diserbo<br />

eliminando le piante infestanti e mantenendo pulito l’interfilare.<br />

Tuttavia l’inerbimento permanente del terreno nel frutteto di susino<br />

è sconsigliato soprattutto se non si dispone di un impianto<br />

di irrigazione automatizzato, in tal caso si può provvedere senza<br />

problemi alla copertura con prato.<br />

Per le giovani piante è opportuno interrare un sostegno che<br />

servirà per guidare il tronco nella giusta direzione di crescita e<br />

sostenere la pianta fino a che non avrà formato un apparato radicale<br />

robusto. Il palo andrà poi eliminato dopo il quarto o quinto<br />

anno. Per i portainnesti nanizzanti invece è necessario mantenerlo<br />

e rinnovarlo ogni 5-7 anni in caso si utilizzi un palo in legno.<br />

Una pratica comune a cui si sottopongono le piante è quella del<br />

diradamento dei <strong>frutti</strong>cini. Tale pratica colturale è impiegata anche<br />

su altri <strong>frutti</strong>feri come il pesco e l’albicocco, le finalità sono<br />

mirate a massimizzare il raccolto eliminando i <strong>frutti</strong> non idonei<br />

alla vendita, quelli malati o che comunque non giungerebbero a<br />

maturazione. L’operazione di diradamento dei <strong>frutti</strong>cini si effettua<br />

in concomitanza con la cascola naturale dei <strong>frutti</strong> quando sono<br />

pressappoco grandi come una nocciola.<br />

Irrigazione<br />

L’irrigazione è fondamentale nel periodo della fioritura, dell’alle-<br />

N/20


Piemonte<br />

5%<br />

Basilicata<br />

5%<br />

gagione e dell’accrescimento del frutto, in generale per lo sviluppo<br />

della pianta, che non presenta problemi di nutrizione. Le<br />

irrigazioni vengono effettuate fin dalla primavera per le piante<br />

giovani la quantità di acqua deve essere proporzionata alle dimensioni<br />

della pianta, evitare in ogni caso i ristagni e gli eccessi.<br />

Nei periodi di maggiore caldo estivo è opportuno aumentare le<br />

quantità di acqua in funzione delle temperature. È importante<br />

mantenere l’attività vegetativa continuamente attiva, senza indurre<br />

stress idrici che possano provocare cattiva allegagione,<br />

cascola pre-raccolta e spaccatura dei <strong>frutti</strong>; l’apporto di acqua<br />

deve essere costante e leggermente superiore all’evaporazione,<br />

variabile secondo i vari ambienti da 50 a 120 mc/ha/giorno, con<br />

turni brevi di pochi giorni con impianti fissi e terreni sciolti; con<br />

turni più allungati con terreni pesanti o con l’uso di impianti volanti<br />

o col sistema a scorrimento.<br />

Concimazione<br />

Per la concimazione si utilizzano in genere concimi animali o concimi<br />

organici.<br />

Le piante, nel terzo anno di sviluppo, necessitano nel periodo di<br />

ripresa vegetativa di una concimazione con letame maturo, con<br />

una quantità di circa 20 kg per pianta. Alla fine del periodo invernale<br />

si impiega una concimazione a base di azoto di cui la pianta<br />

ha molto bisogno, si utilizzano circa 25-30 g di urea tecnica per<br />

pianta.<br />

Lazio 9%<br />

Altri 21%<br />

Ad anni alterni per le piante già sviluppate si effettua una concimazione<br />

con letame ben maturo, si utilizzano circa 20 kg di letame<br />

per pianta in aggiunta a perfosfato e solfato potassico ogni 10<br />

metri quadrati di coltura.<br />

Campania<br />

20%<br />

Emilia Romagna<br />

40%<br />

L’azoto è l’elemento maggiormente considerato nella concimazione<br />

del susino, ma per ottimizzare la produttività e la qualità<br />

dei <strong>frutti</strong> sono importanti anche il fosforo e il potassio, macro<br />

elementi che vanno somministrati in autunno, nonché magnesio,<br />

boro, calcio e ferro, microelementi da somministrare anche per<br />

via fogliare o sotto forma di chelati. La quantità di azoto deve<br />

essere giusta, sufficiente per ottenere un normale rinnovo vegetativo,<br />

mai eccessivo; la distribuzione va fatta un terzo in autunno,<br />

un terzo dopo l’allegagione e il rimanente durante l’accrescimento<br />

dei <strong>frutti</strong> (vedi anche la concimazione del pesco).<br />

Potatura<br />

La potatura è indispensabile già dai primi anni per conferire alla<br />

pianta una forma prestabilita, oltre che per raggiungere il massimo<br />

potenziale produttivo e la miglior qualità. Le forme più diffuse di allevamento<br />

del susino sono quella a fuso e quella a cespuglio; la forma<br />

a vaso o vaso libero è poco impiegata, solo per alcune cultivar.<br />

Gli interventi di taglio quindi inizieranno dai primi anni, è importante<br />

sapere fin da subito che è necessario evitare i tagli drastici.<br />

Come di consueto annualmente si elimineranno le ramificazioni<br />

malate e quelle danneggiate dalle intemperie. La pianta inizierà<br />

a diventare produttiva dopo il quarto o quinto anno, a questo<br />

punto sarà necessario concentrarsi sulla potatura di produzione,<br />

effettuando dei tagli di sfoltimento a carico delle ramificazioni più<br />

giovani, accorciando quelli vigorosi e assurgenti e praticando dei<br />

tagli di ritorno.<br />

Diradamento<br />

Se si hanno eccessi di <strong>frutti</strong>ficazione i dardi <strong>frutti</strong>feri, che hanno<br />

una durata produttiva di 4 - 8 anni, vanno rinnovati con il giusto<br />

criterio o anche raccorciati o eliminati per ridurre il diradamento<br />

dei <strong>frutti</strong>cini. In presenza di eccessiva vegetazione è opportuno<br />

eseguire gli interventi di potatura in verde, al contrario si eseguiranno<br />

durante il riposo vegetativo se la vegetazione nuova è<br />

scarsa. Quando l’allegagione è elevata occorre regolare la carica<br />

delle piante mediante il diradamento dei <strong>frutti</strong>cini che viene fatto<br />

a mano, lasciando sui rami un frutto ogni 10 - 15 cm, secondo le<br />

varietà e diradando quelli sui dardi, lasciando un giusto spazio di<br />

crescita ai <strong>frutti</strong> che restano. Questa operazione è indispensabile<br />

per ottenere la miglior pezzatura e una sufficiente preparazione di<br />

gemme per l’anno successivo.<br />

RACCOLTA<br />

La raccolta copre un periodo ampio, da giugno ad ottobre, perciò<br />

possono essere eseguite anche cinque raccolte. Gli indici di<br />

maturazione sono: il grado rifrattometrico, la resistenza della polpa<br />

(misurata col penetrometro), il rapporto solidi solubili/acidità<br />

totale, infine la variazione del colore di fondo della buccia.<br />

La prima raccolta è sempre la migliore, mentre la terza dà <strong>frutti</strong><br />

N/21


CURIOSITÀ<br />

di seconda qualità. Per l’essiccazione va ritardata la raccolta ed<br />

eseguita con unico passaggio.<br />

La conservazione in frigorifero delle susine può essere solo di<br />

breve durata, in quanto questi <strong>frutti</strong> mal sopportano i trattamenti<br />

termici di conservazione, essendo facilmente soggetti all’imbrunimento<br />

della polpa. Una pianta adulta riesce a produrre come<br />

quantità massima 50-60 kg di <strong>frutti</strong>.<br />

VARIETÀ<br />

Di seguito viene descritta la varietà utilizzata per i disidratati italiani<br />

“Semplicemente Frutta”.<br />

Angeleno: questa varietà risulta essere la susina cino-giapponese<br />

più diffusa nel nostro paese. L’albero si presenta con una<br />

maturazione tardiva, con una elevata vigoria, un portamento intermedio.<br />

La produttività è elevata e costante mentre la fioritura è<br />

medio-tardiva e autoincompatibile.<br />

Il frutto è molto grosso, sferoidale - appiattito, e la buccia è di<br />

colore viola-nero, pruinosa. La polpa è giallo chiaro, molto soda,<br />

consistente e diventa spicca a maturità. Può essere conservata<br />

in frigo fino a dicembre; ritardando la raccolta, inoltre, si migliorano<br />

le qualità gustative.<br />

AVVERSITÀ<br />

Il susino è facilmente attaccato da afidi, Anarsia, Carpocapsa,<br />

Cocciniglie e acari (ragnetto rosso). Sono importanti le batteriosi<br />

quali il cancro batterico delle drupacee, Pseudomonas morsprunorum,<br />

e la maculatura batterica, Xantomonas campestris pv<br />

pruni; da non dimenticare la Sharka o Plum Pox Virus, che si trasmette<br />

ad opera di molti afidi. Alle malattie dette, di cui si occupa<br />

il miglioramento genetico, si aggiungono Moniliosi, con Monilia<br />

laxa e fructigena, e non mancano lepidotteri, tra cui tignola, ed<br />

afidi. È anche soggetto a clorosi ferrica.<br />

Il pruno, Prunus domestica, è originario della zona del Caucaso<br />

e cominciò ad essere coltivato in Siria, principalmente a Damasco;<br />

i Romani, verso il 150 a.C., lo introdussero nell’area del<br />

Mediterraneo ma furono i Cavalieri della Prima Crociata a portarlo<br />

in tutta l’Europa intorno al 1200 d.C., dapprima in Francia, poi in<br />

Germania e così via.<br />

•<br />

L’origine della parola prugna è alquanto incerta: probabilmente,<br />

deriva dalla radice indoeuropea prus, bruciare, da cui deriva<br />

anche il greco pyrsòs, rosso, colore del fuoco ardente. La prugna<br />

sarebbe stata chiamata così, quindi, per il suo colore scuro, simile<br />

a qualcosa di bruciato, oppure per l’antica abitudine di usare il<br />

legno di pruno per il fuoco.<br />

•<br />

Il poeta cileno Pablo Neruda dedica nelle sue Odi elementari<br />

scritte nel 1954 intere poesie a diversi alimenti, tra cui ortaggi<br />

e frutta. Anche alla prugna è dedicata una poesia, dove viene<br />

rappresentata come il frutto della memoria, perché il poeta, tenendone<br />

una tra le mani, rivive momenti della sua infanzia, ricordando<br />

le emozioni e le scoperte di quando era “un ragazzino<br />

silvestre”.<br />

•<br />

In Cina le ragazze da marito contano le prugne mature rimaste<br />

sull’albero, per calcolare quando arriverà uno sposo anche per<br />

loro.<br />

•<br />

La prugna può essere utilizzata per la preparazione di marmellate,<br />

confetture e gelatine, le quali possono fare da contorno anche<br />

a primi piatti; le prugne secche possono essere utilizzate per<br />

secondi piatti a base di carne di maiale o di pollo, quest’ultimo<br />

un tradizionale piatto marocchino. Sono molto diffuse le grappe<br />

a base di prugna, la più nota delle quali è la Slivovitz, tipica della<br />

Slovenia, della Serbia e della Croazia, dove la coltivazione è sempre<br />

stata abbondante.<br />

•<br />

Il sapore della susina è dolce e lievemente acidulo per l’abbondante<br />

presenza di zuccheri quali maltosio, xilosio e fruttosio e<br />

di alcuni acidi, tra cui malico, succino e tartarico. Visto l’elevato<br />

contenuto di zuccheri, il suo consumo non è indicato nelle<br />

cure dimagranti. Oltre al maggiore apporto calorico, la prugna ha<br />

anche una marcata concentrazione di zuccheri e sali minerali,<br />

ma risulta più povera di vitamine. Nella polpa sono stati isolati<br />

polifenoli e un flavonoide, la quercitina, che ha effetto contro<br />

i radicali liberi e sembra agisca anche come fluidificante del sangue;<br />

vi è anche una sostanza, la difenil-isatina, che svolge una<br />

funzione stimolante a livello intestinale, conferendo al frutto, sia<br />

fresco che essiccato, un discreto potere lassativo.<br />

N/22


N/23


PESCA<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Peach<br />

Nome scientifico: Prunus persica<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Prunus<br />

Specie: P. persica<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 39<br />

Energia: kJ 165<br />

Proteine: g 0.91<br />

Carboidrati: g 8.04<br />

di cui zuccheri: g 8.39<br />

Grassi: g 0.25<br />

di cui saturi: g 0.019<br />

Fibre alimentari: g 1.5<br />

Sale: g 0.00<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 6<br />

Ferro mg 0.25<br />

Magnesio mg 9<br />

Fosforo mg 20<br />

Potassio mg 190<br />

Sodio mg 0<br />

Zinco mg 0.17<br />

Rame mg 0.068<br />

Manganese mg 0.061<br />

Selenio µg 0.1<br />

Ac. Ascorbico mg 6.6<br />

Tiamina mg 0.024<br />

Riboflavina mg 0.031<br />

Niacina mg 0.806<br />

Ac. Pantotenico mg 0.153<br />

Vitamina B6 mg 0.025<br />

Folati µg 4<br />

Vitamina B12 µg 0.0<br />

Vitamina A IU IU 326<br />

Vitamina A, RE µg 16<br />

Vitamina E, αTe mg 0.73<br />

Vitamina K µg 2.6<br />

Triptofano* g 0.010<br />

Treonina* g 0.016<br />

Isoleucina* g 0.017<br />

Leucina* g 0.027<br />

Lisina* g 0.030<br />

Metionina* g 0.010<br />

Fenilalanina* g 0.019<br />

Tirosina g 0.014<br />

Valina* g 0.022<br />

Arginina g 0.018<br />

Istidina* g 0.013<br />

Alanina g 0.028<br />

Ac. Aspartico g 0.418<br />

Ac. glutammico g 0.056<br />

Glicina g 0.021<br />

Prolina g 0.018<br />

Serina g 0.032<br />

A. grassi saturi g 0.019<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.000<br />

14:0 g 0.000<br />

16:0 g 0.017<br />

18:0 g 0.002<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.067<br />

16:1 g 0.002<br />

18:1 g 0.065<br />

20:1 g 0.000<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.086<br />

18:2 g 0.084<br />

18:3 g 0.002<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo mg 0<br />

Fitosteroli mg 10<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/24<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Il pesco è un arbusto o piccolo albero appartenente alla specie<br />

della famiglia Rosaceae che produce un frutto commestibile<br />

chiamato pesca. Il pesco è un albero di modeste dimensioni,<br />

che raggiunge altezze di circa 5/6 metri (ma ci possono essere<br />

differenze importanti a seconda dei vari portainnesti) con apparato<br />

radicale molto superficiale. La corteccia si presenta<br />

di colore rosso scuro nelle giovani piante, mentre in quelle più<br />

vecchie con il passare del tempo diviene sempre più chiara (di<br />

colore grigio); i rami sono radi, divaricati e con una colorazione<br />

rosso-bruno. Le foglie che hanno origine da un corto peduncolo,<br />

sono di colore verde che può essere sia chiaro che<br />

verde scuro, hanno una forma lanceolata e margine dentato e<br />

seghettato. Sulla pagina superiore sono lucide e sono lunghe al<br />

massimo 15 cm.<br />

I fiori, che sbocciano prima della comparsa delle foglie, sono<br />

ermafroditi, ascellari, pentameri, colorati in rosa più o meno intenso,<br />

sono posti in zona apicale sui rami più giovani, ma non<br />

sui polloni di sviluppo. I petali sono cinque, il calice è gamosepalo,<br />

con cinque sepali; gli stami sono numerosi, fino a 20-30.<br />

I fiori sono di colore rosa, ma esiste una notevole differenza tra<br />

le varietà, i petali possono essere piccoli e stretti, o ampi e larghi;<br />

se hanno l’interno dei petali di colore più scuro-aranciato, si<br />

avranno <strong>frutti</strong> a polpa gialla, se l’interno dei petali, pur sempre<br />

rosa, è sfumato in chiaro i <strong>frutti</strong> saranno a polpa bianca.<br />

I <strong>frutti</strong> sono drupe carnose, succose, zuccherine, più o meno<br />

acidule, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato.<br />

Hanno la buccia di colore giallo-rossastra ma anche bruna,<br />

che può essere sottile e tomentosa o liscia (nettarine). La polpa<br />

è dolcissima e profumata e, secondo la varietà, può essere<br />

gialla o bianca con venature rosse più evidenti in prossimità<br />

del nocciolo. Sono state selezionate varietà a polpa bianca<br />

con il colore rosso esteso a tutta o quasi tutta la polpa. La<br />

polpa può essere aderente al nocciolo (pesche duracine o<br />

“percoche”), o non aderente (pesche spiccagnole).<br />

Le percoche per la difficoltà al consumo sono meno usate<br />

come frutta fresca (la polpa pur se più profumata è aderente al<br />

nocciolo e più soda e, quindi, va rimossa con un coltello) ma<br />

sono utilizzate per la produzione di frutta sciroppata (reggono<br />

bene la cottura e rimangono ben sode) o per la produzione di<br />

succhi.<br />

Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla)<br />

solcato profondamente, che è di sapore amaro per l’elevato<br />

contenuto di amigdalina, un glucoside cianogenetico caratteristico<br />

di alcune drupacee.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

Stando ai dati Faostat più aggiornati, il primo produttore mondiale<br />

di pesche e nettarine, escludendo la Cina, è l’Italia, che nel<br />

periodo 2010/14 ha prodotto in media quasi 1,5 milioni di tonnellate.<br />

Subito dietro viene la Spagna, con 1,3 milioni di tonnellate,<br />

con una crescita rapida e costante. Completano la classifica Stati<br />

Uniti (circa un milione di tonnellate), Grecia (759mila tonnellate)<br />

e Turchia (581mila tonnellate). Da una elaborazione del Monitor<br />

Ortofrutta su dati Eurostat, si nota che nel 2016 l’Italia è il primo<br />

paese europeo per produzione, mentre la Spagna, che nel 2015<br />

aveva superato il Belpaese valicando quota 1,5 milioni di tonnellate,<br />

nel 2016 torna al secondo posto.<br />

Secondo i dati Istat aggiornati al 2016, gli ettari coltivati in Italia a<br />

pesche e nettarine sono quasi 66mila. Se si comparano i numeri<br />

con quelli del 2015 si nota una contrazione delle superfici di circa<br />

il 3%, con una perdita di circa 1.700 ettari. Le produzioni invece<br />

rimangono stabili, a circa 1,4 milioni di tonnellate, in lieve rialzo<br />

rispetto al 2015 (+0,3%). Le regioni dove si concentra la produzione<br />

italiana sono Campania (oltre 400mila tonnellate), Emilia-Romagna<br />

(oltre 300mila tonnellate), Piemonte (134mila tonnellate),<br />

Sicilia (quasi 123mila) e Puglia (85mila tonnellate).<br />

I principali mercati di esportazione delle pesche italiane nel 2016<br />

sono stati quelli dell’Europa Centrale, seguiti dai Paesi dell’Europa<br />

orientale, dal Regno Unito e dalla Svezia. Stando ai dati Eurostat,<br />

l’Italia ha esportato nel 2016 oltre 90mila tonnellate di pesche e<br />

nettarine verso la Germania, che si conferma il primo mercato di<br />

sbocco, mentre al secondo posto si colloca la Danimarca (oltre<br />

32mila tonnellate) e al terzo l’Austria (circa 20mila tonnellate).<br />

N/25


PRODUZIONE MONDIALE DI PESCHE - NETTARINE<br />

(migliaia di tonnellate)<br />

1˙468<br />

1˙340<br />

1˙082<br />

759<br />

581<br />

Italia Spagna<br />

USA Grecia Turchia<br />

Anni ’60 Anni ’70 Anni ’80 Anni ’90 Anni 2000 2010-2014<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

Regione<br />

Prime 5 regioni<br />

Anno 2016<br />

Superficie<br />

in Ettari<br />

Produzione<br />

in Tonnellate<br />

Italia 65˙761 1˙427˙573<br />

Campania 19˙231 418˙053<br />

Emilia-Romagna 13˙264 333˙644<br />

Piemonte 4˙233 134˙097<br />

Sicilia 6˙821 122˙820<br />

Puglia 3˙960 85˙575<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

In linea di massima le condizioni climatiche italiane e degli altri<br />

Paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco che<br />

può sopportare limiti assai ampi, da minime invernali di anche<br />

-15/-18°C fino ad ambienti subtropicali dove il riposo invernale è<br />

alquanto limitato.<br />

L’esposizione necessaria per la pianta di pesco è in pieno sole.<br />

La pianta risulta essere molto resistente alle basse temperature<br />

nel periodo di dormienza tollera picchi sotto i -15/-20 gradi. Diversamente<br />

i geli tardivi in fase di fioritura sono molto dannosi.<br />

minimo della durata media di 700 ore a temperatura inferiore ai<br />

7 gradi. Nei territori più freddi è diffusa anche la coltivazione del<br />

pesco in serra.<br />

Il pesco si adatta bene a diverse tipologie di terreno, questo<br />

grazie all’utilizzo di diversi portainnesti. I risultati migliori si hanno<br />

in un terreno composto da una buona percentuale di sostanza<br />

organica, tessitura media; sono da escludere i terreni troppo<br />

compatti che portano a ristagni idrici e quelli troppo acidi. Nei<br />

terreni prevalentemente sabbiosi la pianta si sviluppa bene se<br />

ha a disposizione una buona percentuale di sostanza organica,<br />

avrà però bisogno di innaffiature più frequenti.<br />

Il luogo ideale di coltivazione deve avere un clima temperato<br />

con un’umidità media, non troppo elevata, sono raccomandati<br />

luoghi abbastanza riparati e non troppo esposti ai venti. Durante<br />

il periodo invernale la pianta necessita di un riposo vegetativo<br />

Il pH ideale del terreno deve essere neutro o leggermente alcalino<br />

con valori che vanno da 7 a 8, tuttavia dipende anche dal<br />

portainnesto utilizzato, sono tollerati anche valori sub-acidi tra<br />

6,5 e 7.<br />

N/26


TECNICHE COLTURALI<br />

Le piante di pesco necessitano di diversi interventi colturali per<br />

vegetare al meglio. Le piante nelle prime fasi di crescita vanno<br />

allevate scegliendo un’impostazione da dare alla chioma, si dovranno<br />

praticare delle potature, molte varietà avranno bisogno<br />

almeno per i primi anni di un sostegno verticale per guidare la<br />

crescita del tronco.<br />

I sistemi di allevamento del pesco si possono classificare in: forme<br />

in volume, forme a parete verticale e a pareti inclinate. Tutte<br />

le forme si possono ottenere più o meno rapidamente a seconda<br />

che si privilegi una potatura che si preoccupi soprattutto<br />

della forma voluta oppure la precoce entrata in produzione,<br />

limitando quanto più possibile interventi di taglio nei primi anni,<br />

arrivando alla forma voluta più tardi. La moderna <strong>frutti</strong>coltura<br />

tende sempre più al secondo metodo per ammortizzare i costi<br />

nel minor tempo possibile. Oltre a questi interventi ci sono le<br />

esigenze vere e proprie come la tipologia di terreno e l’esposizione<br />

della pianta, nonché la temperatura che insieme determinano<br />

la reale riuscita della coltura. La coltivazione del pesco di<br />

solito viene avviata partendo da piante già innestate di un anno<br />

di età (astoni). Il pesco dovrebbe essere piantato in pieno sole,<br />

in un’area moderatamente ventilata per attutire i rigori delle gelate<br />

invernali e delle arsure estive. La messa a dimora dovrebbe<br />

avvenire all’inizio dell’inverno, per lasciare alle radici il tempo di<br />

prepararsi per il risveglio primaverile. I filari nelle coltivazioni dovrebbero<br />

essere ordinati sull’asse Nord - Sud.<br />

Irrigazione<br />

Per una crescita ottimale il pesco richiede un’irrigazione regolare<br />

da aumentare durante la fioritura e l’allegagione, diminuendola<br />

solo in fase di distensione cellulare successiva alla citochinesi,<br />

durante la quale si verifica la lignificazione del nòcciolo. I fabbisogni<br />

idrici del pesco variano a seconda di diversi fattori: terreno,<br />

piovosità, portinnesto, varietà, gestione del suolo. È stato calcolato<br />

che un ettaro di pescheto in produzione consuma da 2500 a<br />

4000 mq d’acqua pari a 250-400 mm di pioggia; considerando<br />

però che le piante utilizzano solo una parte dell’acqua che arriva<br />

loro per le precipitazioni o per l’irrigazione, l’apporto deve<br />

essere sensibilmente superiore. La distribuzione del totale volume<br />

di adacquamento deve differenziarsi in funzione delle diverse<br />

situazioni: più frequente nei terreni sciolti che in quelli compatti;<br />

più concentrata in primavera-inizio estate per le varietà precoci;<br />

abbondante nella fase di fioritura, scarsa fino all’indurimento del<br />

nocciolo, più forte durante l’accrescimento del frutto, ancora limitata<br />

dopo la raccolta seppur continua, per favorire la differenziazione<br />

delle gemme e l’accumulo di sostanze di riserva.<br />

Concimazione<br />

Il pesco ha una maggiore necessità di azoto rispetto ad altre<br />

piante da frutto. La concimazione azotata incide positivamente<br />

sulla resa quantitativa e sulla pezzatura dei <strong>frutti</strong>, specialmente<br />

nelle cultivar precoci. L’eventuale clorosi o una ridotta dimensione<br />

delle foglie può essere un indice della carenza azotata,<br />

perciò è consigliabile intervenire con la somministrazione di un<br />

concime organico a basso rapporto carbonio/azoto o, meglio,<br />

un concime minerale a pronto effetto (nitrati). La concimazione<br />

ordinaria, eseguita con concimi minerali ternari (NPK) o con<br />

concimi organici, si esegue a fine inverno, prima della ripresa<br />

vegetativa, ma risultati positivi si ottengono anche con la somministrazione,<br />

prima del riposo vegetativo, di concimi ternari<br />

contenenti azoto a lento rilascio. Durante l’attività vegetativa<br />

primaverile e la prima fase di accrescimento dei <strong>frutti</strong> può rivelarsi<br />

utile, se non necessaria, la somministrazione di quantità<br />

moderate di concimi azotati. Le concimazioni azotate tardive,<br />

eseguite nel corso della maturazione dei <strong>frutti</strong> o nel periodo tardo<br />

estivo, hanno invece effetti negativi: nel primo caso peggiorano<br />

le qualità organolettiche dei <strong>frutti</strong> (serbevolezza, sapidità,<br />

tenore in zuccheri), nel secondo caso ostacolano il processo di<br />

lignificazione dei germogli, rendendo la pianta più vulnerabile<br />

alle gelate autunnali. Gli eccessi azotati sono da evitare per-<br />

N/27


nocciolo, ne accentua il difetto. Nelle varietà molto precoci e sotto<br />

tunnel di forzatura, può essere utile eseguire il diradamento in due<br />

volte, una prima volta energica e una seconda di rifinitura.<br />

RACCOLTA<br />

ché incidono negativamente sulla qualità dei <strong>frutti</strong> e rendono la<br />

pianta più vulnerabile agli attacchi dei parassiti fungini. Più che<br />

la quantità assoluta di azoto è fondamentale il rapporto azotopotassio<br />

nella formula di concimazione, in quanto il potassio<br />

ha un effetto compensativo nei confronti degli eccessi azotati.<br />

Potatura<br />

La potatura di produzione ha lo scopo di regolare la produzione<br />

e migliorare la qualità dei <strong>frutti</strong>. Nel pesco inizia molto presto: già<br />

al secondo anno compaiono diversi <strong>frutti</strong> e al quarto o al quinto<br />

anno si passa alla piena produzione; l’intensità del diradamento<br />

dei rami misti deve anch’essa essere man mano maggiore fino<br />

a raggiungere il 50-70% nella fase adulta. Al raggiungimento della<br />

piena <strong>frutti</strong>ficazione si deve porre la massima attenzione per<br />

mantenere il giusto equilibrio fra vegetazione e produzione, distribuendo<br />

quest’ultima sulle branche primarie e secondarie in modo<br />

razionale mediante l’asportazione dei rami che hanno prodotto e<br />

tagli di ritorno sopra uno o più rami misti di giusto vigore, eliminando<br />

i rami troppo vigorosi o male inseriti, così da mantenere i rami<br />

a frutto il più possibile vicino alla struttura scheletrica della pianta.<br />

Diradamento<br />

Il diradamento dei <strong>frutti</strong> è la più importante operazione per ottenere<br />

<strong>frutti</strong> di pezzatura commerciale a complemento della potatura<br />

sia di allevamento che di produzione. Va eseguita alla quarta-sesta<br />

settimana (25-35 giorni) dopo la piena fioritura: iniziata precocemente<br />

assicura una miglior pezzatura dei <strong>frutti</strong>, un anticipo della<br />

maturazione, miglior colore e maggiore differenziazione di gemme<br />

per l’anno successivo ma, nelle varietà soggette a spaccatura del<br />

La maturazione dei <strong>frutti</strong>, e di conseguenza la raccolta, avviene<br />

tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali,<br />

fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive. Per determinare<br />

il momento ottimale per eseguire la raccolta si può ricorrere<br />

all’uso di penetrometri, strumenti che consentono di determinare<br />

la resistenza alla penetrazione di puntali di superficie nota, anche<br />

se per il pesco si ricorre spesso ad altri parametri, tra cui il controllo<br />

della colorazione dell’epidermide, in particolare modo del<br />

colore di fondo.<br />

La raccolta viene effettuata generalmente in più volte; sono escluse<br />

le percoche qualora si pratichi la raccolta meccanica. Questa<br />

operazione può essere fatta ricorrendo ai sistemi tradizionali, cioè<br />

alle scale oppure ad appositi carri raccolta, opportunamente attrezzati<br />

per l’utilizzazione dei pallets.<br />

La produttività degli impianti peschicoli può variare notevolmente:<br />

risulta minore per le cultivar precoci mentre tende ad aumentare<br />

per quelle tardive; nelle cultivar più produttive può giungere<br />

fino a 400 q/ha.<br />

VARIETÀ<br />

Di seguito vengono descritte le varietà principalmente utilizzate<br />

per i disidratati italiani “Semplicemente frutta”.<br />

Big Top: è una cultivar vigorosa che produce <strong>frutti</strong> eccellenti,<br />

infatti è diventata il riferimento per le Nettarine a pasta gialla.<br />

La forma è rotonda, la pezzatura notevole (peso medio 159 g),<br />

il sovracolore diffuso sulla totalità della superfice. Il frutto deve<br />

profumare, la buccia deve essere liscia, di un colore giallo-rosso<br />

brillante, senza ammaccature e parti molli e la polpa deve essere<br />

soda, ma non troppo dura, dal sapore subacido ma gradevole.<br />

Vistarich: è un frutto di pezzatura elevata, dalla forma rotondo-oblata,<br />

leggermente asimmetrica, con una cavità peduncolare<br />

stretta e profonda. Il calibro prevalente è A-AA. Ha una<br />

linea di sutura superficiale sull’epidermide giallo aranciata, poco<br />

tomentosa, con sovraccolore da rosso scuro a rosso arancio<br />

esteso sul 90-100% della superficie. Il nocciolo è di medie dimensioni.<br />

La polpa è gialla, spicca, di buona consistenza e di<br />

buon sapore equilibrato. Questa cultivar di nuova generazione,<br />

che ricorda Rich Lady per vigoria, viene valutata soprattutto per<br />

la costanza produttiva.<br />

N/28


Ali Top: è una nettarina a polpa gialla a maturazione intermedia,<br />

epoca di fioritura precoce e di buona intensità. L’albero dal<br />

portamento standard, è aperto, con vigore medio e una produttività<br />

medio-elevata. Il frutto si presenta di media-grossa pezzatura<br />

(164 g), dalla forma rotonda-oblunga tendenzialmente<br />

simmetrica, con l’apice leggermente incavato. Il colore di fondo<br />

è giallo-verde, sovraccolorata di rosso intenso e brillante, esteso<br />

sul 90% della superficie. La polpa è di colore giallo venata di<br />

rosso, con un’elevata consistenza, di buon sapore sub-acido e<br />

buone caratteristiche organolettiche.<br />

Magique: Questa nettarina dalla polpa bianca, si presenta con<br />

una forma rotonda-oblunga e una colorazione gialla con sovraccolore<br />

rosso intenso sull’80% della superficie. Le caratteristiche<br />

gustative presentano una buona consistenza e un buonissimo<br />

sapore subacido. La polpa è semispicca, fondente, molto consistente<br />

e a maturazione lenta. La pezzatura mediamente è A-AA.<br />

Orion: questa varietà, dal frutto grosso o molto grosso (pezzatura<br />

AA-AAA), ha una forma sferica molto regolare di colore<br />

rosso chiaro brillante. La polpa ha una colorazione gialla venata<br />

di rosso attorno al nocciolo, soda e fondente, dal sapore buono<br />

ed equilibrato.<br />

AVVERSITÀ<br />

Il pesco soffre facilmente le avversità di natura biologica. I parassiti<br />

animali più importanti sono senz’altro gli insetti: fra i più<br />

frequenti ricorrono alcune specie di afidi (l’afide bruno Brachycaudus<br />

prunicola, l’afide nero Brachycaudus persicae, l’afide<br />

verde Myzus persicae e l’afide farinoso Hyalopterus amygdali),<br />

di Cocciniglie (in particolare la cocciniglia bianca Diaspis<br />

pentagona), alcuni lepidotteri, come la tignola delle gemme e<br />

dei <strong>frutti</strong> (Anarsia lineatella), la tignola orientale (Cydia molesta)<br />

e il rodilegno rosso Cossus cossus e un dittero, la mosca mediterranea<br />

della frutta (Ceratitis capitata).<br />

Altre importanti avversità si annoverano fra le virosi (es. la Sharka)<br />

e le affezioni da funghi, le più frequenti delle quali sono la Bolla<br />

del pesco (Taphrina deformans), il Corineo delle drupacee, la Moniliosi,<br />

il Cancro delle drupacee, il mal bianco, il mal del piombo<br />

parassitario, il marciume del colletto da Phytophthora spp. e i<br />

marciumi radicali da Armillaria mellea e Rosellinia necatrix.<br />

CURIOSITÀ<br />

Il pesco è un albero originario della Cina, dove fu considerato<br />

simbolo d’immortalità, e i cui fiori sono stati celebrati da poeti,<br />

pittori e cantanti. Dall’oriente il pesco giunse in Persia e da qui<br />

in Europa; dalla Persia deriva quindi il nome della specie, con<br />

significato di “della Persia” (ripreso ancor oggi in molti dialetti<br />

italiani come per esempio nel romanesco “persica”, o del genovese<br />

“persiga”). In Egitto la pesca era sacra ad Arpocrate,<br />

dio del silenzio e dell’infanzia, tanto che ancora oggi le guance<br />

dei bambini vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza<br />

e carnosità. Il frutto arrivò a Roma nel I secolo d.C. e<br />

grazie ad Alessandro Magno si diffuse in tutto il bacino del Mar<br />

Mediterraneo. Pare infatti, secondo lo scrittore romano Rutilio<br />

Tauro Emiliano Palladio, che esso ne fosse rimasto affascinato<br />

quando lo vide per la prima volta nei giardini di re Dario III,<br />

durante la spedizione contro la Persia.<br />

•<br />

In Giappone l’albero del pesco è considerato protettore dalle<br />

forze malefiche e associato agli esorcismi, mentre in Europa<br />

è l’albero maledetto degli stregoni, che guariscono i loro pazienti<br />

trasferendo sull’albero il loro male. A Marsiglia si diceva<br />

che bastava addormentarsi con la schiena appoggiata a un<br />

pesco e restarci per due o tre ore per far passare la febbre<br />

che sarebbe passata all’albero le cui foglie sarebbero ingiallite<br />

e cadute. Altre tradizioni dicono che le foglie tritate, poste<br />

sull’ombelico, ammazzino i vermi e che se si soffre di febbri<br />

intermittenti bisogna alzarsi di notte ed abbracciare il tronco<br />

di un pesco fiorito.<br />

•<br />

Non mancano nemmeno i riferimenti nell’arte: il frutto è presente<br />

in quadri di Arcimboldo e Caravaggio e addirittura Renoir<br />

ha intitolato una sua opera “Natura morta con pesche”.<br />

Se pensiamo poi ai fiori come non ricordare Lucio Battisti e<br />

la sua “Fiori rosa, fiori di pesco”? E come già è successo per<br />

l’albicocca anche la pesca ha dato il suo nome a una tonalità<br />

di arancione, che ricorda il colore della pelle interna del frutto.<br />

•<br />

La pesca oltre che essere consumata allo stato fresco in numerose<br />

preparazioni è largamente utilizzata nella produzione<br />

di marmellate, succhi e pesche sciroppate, pesche essiccate,<br />

mostarda e canditi, <strong>frutti</strong> al brandy, alcool. In Italia l’industria<br />

conserviera di pesche occupa un posto di primo piano.<br />

•<br />

La pesca possiede anche molte proprietà benefiche e preziose<br />

per il nostro corpo: è ricchissima di minerali, è depurativa,<br />

diuretica e piena di fibre. Quel che è certo è che sono ricche di<br />

acqua e fibre, poco caloriche, prive di grassi: le pesche sono<br />

<strong>frutti</strong> indicati nelle diete ipocaloriche, sia per i valori nutrizionali<br />

sia per la capacità di saziare. Posseggono inoltre proprietà<br />

antiossidanti, blandamente lassative grazie alla pectina, ma<br />

soprattutto diuretiche.<br />

Attenzione al nocciolo, che è tossico.<br />

N/29


ALBICOCCA<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Apricot<br />

Nome scientifico: Prunus armeniaca<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Prunus<br />

Specie: P. persica<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 48<br />

Energia: kJ 201<br />

Proteine: g 1.40<br />

Carboidrati: g 9.12<br />

di cui zuccheri: g 9.24<br />

Grassi: g 0.39<br />

di cui saturi: g 0.027<br />

Fibre alimentari: g 2.0<br />

Sale: g 0.025<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 13<br />

Ferro mg 0.39<br />

Magnesio mg 10<br />

Fosforo mg 23<br />

Potassio mg 259<br />

Sodio mg 1<br />

Zinco mg 0.20<br />

Rame mg 0.078<br />

Manganese mg 0.077<br />

Selenio µg 0.1<br />

Ac. Ascorbico mg 10.0<br />

Tiamina mg 0.030<br />

Riboflavina mg 0.040<br />

Niacina mg 0.600<br />

Ac. Pantotenico mg 0.240<br />

Vitamina B6 mg 0.054<br />

Folati µg 9<br />

Vitamina B12 µg 0.00<br />

Vitamina A IU IU 1926<br />

Vitamina A, RE µg 96<br />

Vitamina E, αTe mg 0.89<br />

Vitamina K µg 3.3<br />

Triptofano* g 0.015<br />

Treonina* g 0.047<br />

Isoleucina* g 0.041<br />

Leucina* g 0.077<br />

Lisina* g 0.097<br />

Metionina* g 0.006<br />

Fenilalanina* g 0.052<br />

Tirosina g 0.029<br />

Valina* g 0.047<br />

Arginina g 0.045<br />

Istidina* g 0.027<br />

Alanina g 0.068<br />

Ac. Aspartico g 0.314<br />

Ac. glutammico g 0.157<br />

Glicina g 0.040<br />

Prolina g 0.101<br />

Serina g 0.083<br />

A. grassi saturi g 0.027<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.000<br />

14:0 g 0.000<br />

16:0 g 0.024<br />

18:0 g 0.003<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.170<br />

16:1 g 0.002<br />

18:1 g 0.170<br />

20:1 g 0.000<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.077<br />

18:2 g 0.077<br />

18:3 g 0.002<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo mg 0<br />

Fitosteroli mg 18<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/30<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Il Prunus armeniaca conosciuto con il nome comune di Albicocco<br />

è un <strong>frutti</strong>fero appartenente alla famiglia Rosaceae, sottofamiglia<br />

delle Prunoideae, genere Prunus.<br />

Si presenta come un alberello a foglia caduca che può raggiungere<br />

i 5/6 metri di altezza. Nelle coltivazioni, tuttavia, la pianta<br />

viene tenuta sotto i 3,5 metri per agevolare la raccolta dei <strong>frutti</strong>.<br />

L’albicocco è dotato di un apparato radicale abbastanza sviluppato,<br />

ciò comunque è influenzato molto dalla varietà coltivata.<br />

Nelle giovani piante il colore della corteccia è rossiccio, sono<br />

ampiamente visibili le lenticelle, mentre nelle piante adulte e in<br />

quelle più anziane il colore della corteccia scurisce progressivamente<br />

con una colorazione tendente al grigio.<br />

Ha una chioma a ombrello, con tronco e rami sottili e leggermente<br />

contorti. Il fogliame è di colore verde chiaro e le foglie sono poco<br />

resistenti di forma ovata, margine seghettato e apice acuminato.<br />

Le piante ben tenute di albicocco riescono a produrre <strong>frutti</strong> per<br />

diversi decenni. Ogni singola pianta in stato ottimale produce dai<br />

60 ai 70 kg di <strong>frutti</strong>.<br />

Le foglie sono ellittiche, con punte acuminate e bordo seghettato<br />

e piccioli rosso violaceo. La larghezza media è di 7–8 cm,<br />

ma varia da una cultivar (varietà) all’altra, pur restando più larga di<br />

altre piante della medesima famiglia.<br />

I fiori sono molto simili ai loro cugini ciliegio, pruno e pesco. I<br />

fiori sono singoli, ma sbocciano a gruppetti che si situano all’attaccatura<br />

delle foglie. Hanno 5 sepali e petali, molti stami eretti e<br />

variano dal bianco puro ad un lieve colore rosato. La pianta viene<br />

impollinata usualmente dagli insetti (api) e non richiede impollinazione<br />

manuale. Non presenta di norma fenomeni di autosterilità,<br />

e quindi anche un albero singolo <strong>frutti</strong>fica regolarmente.<br />

Le stagionalità di raccolta sono giugno, luglio, agosto.<br />

Il frutto, detto drupa, ha una dimensione tra i 3,5 e i 6 cm, un colore<br />

giallo uovo-arancione con lievi sfumature rosse e una buccia<br />

leggermente vellutata. Presenta un seme singolo, che somiglia a<br />

una mandorla. Gli albicocchi sono abbastanza precoci e cominciano<br />

a <strong>frutti</strong>ficare già dal secondo anno, ma la piena produzione<br />

non comincia prima del terzo/quinto ed è più abbondante su alberi<br />

piccoli, e rami corti. Le albicocche necessitano di un periodo<br />

dai 3 ai 6 mesi per svilupparsi e maturare e sono prevalentemente<br />

raccolte a mano dai primi di maggio alla metà di luglio.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

Secondo i dati Faostat più aggiornati, l’Italia si classifica quinta<br />

per tonnellate prodotte, nel periodo 2010-2014, con una media<br />

di oltre 236 mila tonnellate di albicocche. Davanti a lei l’Iran, che<br />

con 256 mila tonnellate perde una posizione a favore dell’Algeria<br />

che con 258 mila tonnellate, in netta crescita rispetto alle decadi<br />

passate, balza al terzo posto. A guidare la classifica è la Turchia,<br />

con oltre seicentomila tonnellate di albicocche prodotte, seguita<br />

al secondo posto, dall’Uzbekistan, che ne produce 432 mila.<br />

È italiano il primato di produzione di albicocche tra i Paesi europei.<br />

Infatti, secondo i dati Eurostat elaborati dal Monitor ortofrutta<br />

di Agroter, nel 2016 l’Italia con 236 mila tonnellate ha prodotto e<br />

raccolto il 36% di tutte le albicocche europee, superando nettamente<br />

la Spagna (139 mila tonnellate, pari al 21%), la Francia (110<br />

mila tonnellate), e la Grecia (84 mila tonnellate).<br />

La prima regione per produzione totale di albicocche in Italia è<br />

la Campania, con quasi 70 mila tonnellate prodotte nel 2016,<br />

mentre è l’Emilia-Romagna la regione con la maggior superficie<br />

coltivata (5.691 ettari). Sempre l’Emilia-Romagna produce circa<br />

60 mila tonnellate di albicocche, seguita da Basilicata (43 mila<br />

tonnellate), Puglia (15 mila tonnellate) e Sicilia (11 mila tonnellate).<br />

Nonostante le ottime performance a livello produttivo, l’Italia fatica<br />

ad affermarsi come esportatore di albicocche, indirizzando la<br />

maggior parte del prodotto al mercato interno. Infatti, secondo i<br />

dati Eurostat, nel 2016 solo 25 mila tonnellate di albicocche sono<br />

state vendute su mercati esteri, per un valore di 37 milioni di euro.<br />

N/31


PRODUZIONE MONDIALE DI ALBICOCCHE<br />

(volumi in tonnellate)<br />

700˙000<br />

600˙000<br />

500˙000<br />

Tonnellate<br />

400˙000<br />

300˙000<br />

200˙000<br />

100˙000<br />

0<br />

Turchia Uzbekistan Algeria Iran Italia<br />

Anni ’60 Anni ’70 Anni ’80 Anni ’90 2000-2009 2010-2014<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

Regione<br />

Prime 5 regioni<br />

Anno 2016<br />

Superficie<br />

in Ettari<br />

Produzione<br />

in Tonnellate<br />

Italia 18˙917 243˙486<br />

Campania 4˙142 69˙081<br />

Emilia-Romagna 5˙691 60˙639<br />

Basilicata 3˙780 43˙808<br />

Puglia 1˙125 15˙380<br />

Sicilia 957 11˙874<br />

QUOTE DI PRODUZIONE<br />

DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI<br />

(dato in volume)<br />

I PRIMI CINQUE ESPORTATORI EUROPEI<br />

DI ALBICOCCHE<br />

(dato a valore e a volume)<br />

13%<br />

Altri<br />

13%<br />

Grecia<br />

17%<br />

Francia<br />

36%<br />

Italia<br />

21%<br />

Spagna<br />

115<br />

120<br />

100<br />

80 76<br />

80<br />

60<br />

42 37<br />

40<br />

25<br />

14 16<br />

20<br />

7 3<br />

0<br />

Spagna Francia Italia Grecia Belgio<br />

Valore (milioni di euro) Volume (migliaia di tonnellate) Fonte Italia Fruit News<br />

N/32


La Spagna invece, nonostante il livello di produzione più basso,<br />

riesce a esportare ben 80 mila tonnellate di albicocche, per un valore<br />

di 115 milioni di euro, mentre la Francia invia all’estero 42 mila<br />

tonnellate, per un valore di 76 milioni di euro. Le albicocche italiane<br />

vengono vendute prevalentemente nei Paesi di lingua tedesca.<br />

Questo il primo dato sull’analisi dei mercati di destinazione del<br />

Monitor Ortofrutta di Agroter su dati Eurostat, che, analizzando i<br />

dati di import-export per il 2016, rivela che il 65% delle albicocche<br />

esportate viene spedito in Germania e in Austria, i mercati più<br />

importanti per l’export nostrano. A seguire i Paesi dell’Est-Europa,<br />

come Repubblica Ceca, Slovenia e Croazia che sommati assieme<br />

hanno assorbito nel 2016 quasi quattromila tonnellate.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

La pianta in sé non patisce il freddo e sopporta temperature davvero<br />

rigide, tuttavia fiorisce molto presto rispetto a quasi tutti gli altri<br />

alberi da frutto e questo rende la produzione di albicocche vulnerabile<br />

alle gelate primaverili. Importante quindi è anche il luogo scelto<br />

per l’impianto, evitare zone dove sono frequenti gelate tardive e<br />

territori molto umidi, condizione che agevola molto la presenza di<br />

parassiti fungini. Inoltre l’albicocco è soggetto a funghi se troppo<br />

bagnato e le albicocche stesse possono marcire sulla pianta: questi<br />

fattori hanno determinato la sua diffusione in climi caldi e asciutti,<br />

dove il rischio di gelate è minore e minori sono le precipitazioni.<br />

Per vegetare al meglio, la pianta necessita di una totale esposizione<br />

al sole, soltanto in questo modo si può avere un buon sviluppo<br />

della chioma e una completa maturazione dei <strong>frutti</strong>. Deve essere<br />

scelto però un luogo abbastanza riparato dai venti, nel periodo invernale<br />

infatti le piante su portainnesto debole potrebbero venire<br />

danneggiate dalle intemperie. La necessità di calore è quindi un<br />

fattore primario che determina il completo sviluppo dei <strong>frutti</strong>. Allo<br />

stesso modo è importante anche il periodo di vernalizzazione che<br />

in media corrisponde a un intervallo che va dalle 350 alle 900 ore.<br />

In questo periodo la temperatura deve essere necessariamente<br />

al disotto dei 7 gradi.<br />

Per quanto riguarda la tipologia di terreno più adatto bisogna<br />

tenere a mente che un adeguato grado di pH del terreno<br />

può influenzare di molto la resa della coltura. Valori ideali<br />

di pH si aggirano intorno a 7-8,5. Sono da evitare comunque<br />

i terreni eccessivamente calcarei e quelli troppo sabbiosi.<br />

Esattamente come per altre piante da frutto è necessario assicurare<br />

un buon drenaggio del terreno. Se ci si trova su un territorio<br />

dove piove molto è necessario valutare attentamente le operazioni<br />

da fare per agevolare lo sgrondo delle acque, se necessario quindi<br />

dovranno essere realizzati dei canali di scolo e si dovrà provvedere<br />

a fornire un buon strato drenante in modo da far defluire<br />

l’acqua in eccesso evitando in tutti i modi i ristagni idrici.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

Le piante di albicocco possono essere messe a dimora alla fine<br />

del periodo autunnale o se il tempo lo permette, anche in inverno<br />

scegliendo un periodo di bel tempo.<br />

Le piante di albicocco vengono coltivate in prevalenza su portinnesti.<br />

In questo modo si possono controllare vari aspetti della<br />

pianta aumentando e migliorando sia la produzione che la resistenza<br />

generale alle malattie e alle varie condizioni.<br />

Il portainnesto più conosciuto e forse più diffuso è il franco.<br />

La resistenza alle basse temperature e la vigoria sono i segni<br />

principali che lo caratterizzano. Gli aspetti negativi di questo<br />

tipo di portainnesto è la lenta entrata in produzione e la difficile<br />

gestione delle dimensioni, che non ne fanno una buona<br />

scelta per l’impianto di un frutteto in monocoltura di albicocco.<br />

Un altro portainnesto diffuso e più indicato per una coltivazione<br />

da reddito è il mirabolano, che si adatta in modo ottimale ai<br />

terreni freschi e con un grado di pH più tendente a valori acidi.<br />

Per determinare le distanze di impianto bisogna tenere in mente<br />

le varie tipologie di portainnesto, il loro sviluppo generale e le singole<br />

esigenze.<br />

Irrigazione<br />

Durante la fase di sviluppo della pianta, ovvero dal momento della<br />

messa a dimora e almeno per il primo anno di coltivazione, si<br />

dovranno aiutare i nuovi impianti con l’apporto costante di acqua.<br />

Le piante adulte e soprattutto quelle su portainnesti vigorosi<br />

possono ricevere meno cure al riguardo, è comunque necessario<br />

valutare caso per caso le necessita idriche.<br />

Per i grandi frutteti l’irrigazione è uno dei lavori primari da effettuare.<br />

C’è, inoltre, da sottolineare un aspetto importante che riguarda le<br />

innaffiature durante il periodo di invaiatura dei <strong>frutti</strong>. In questa fase<br />

è necessario sospendere le irrigazioni fino al periodo di raccolta,<br />

in modo da permettere una maggiore concentrazione di zuccheri<br />

nel frutto e limitare il pericolo di diffusione di malattie fungine su di<br />

essi. L’irrigazione, spesso assente, è auspicabile nella quantità di<br />

2000m 3 /ha in maggio-settembre.<br />

Concimazione<br />

Per le piante appena messe a dimora si provvede a incorporare una<br />

certa quantità di letame maturo, in genere 30-40 kg, da sistemare<br />

ai lati della buca, altrimenti se si vuole formare un nuovo frutteto le<br />

N/33


concimazioni vanno fatte al momento della lavorazione di fondo.<br />

Per la concimazione è da ricordare che è una pianta che richiede<br />

molto N, il quale però non va dato in abbondanza poiché produrrebbe<br />

molto legno e debole, perciò si distribuisce in 4-5 volte,<br />

in modo che la pianta lo distribuisca equilibratamente. Elementi<br />

principali: N (100 kg), K (170 kg ogni 10 t di albicocche prodotte),<br />

Ca, Bo, P (40 kg).<br />

Annualmente le piante di albicocco possono ricevere una fertilizzazione<br />

distribuendo per ogni pianta circa 1,5 kg di solfato di<br />

ammonio, oppure di urea tecnica in dosi di 500 g e solfato di<br />

potassio in dosi di 500 g. Ogni due anni si può somministrare una<br />

dose di 500 g per pianta di perfosfato minerale.<br />

Potatura<br />

Gli interventi di potatura sono necessari per dare alla pianta la<br />

giusta forma e favorire così le varie operazioni di distribuzione dei<br />

fertilizzanti e lotta ai parassiti. Gli interventi di potatura dell’albicocco<br />

saranno concentrati maggiormente nei primi anni di crescita<br />

della pianta, dove sarà necessario applicare anche alcune<br />

tecniche come la curvatura e la piegatura, utili per conferire la<br />

forma ed educare le piante allo sviluppo.<br />

RACCOLTA<br />

La raccolta dell’albicocco avviene in modo scalare, ciò significa<br />

che sono necessari alcuni giorni per raccogliere tutti i <strong>frutti</strong> in<br />

quanto la maturazione non avviene in modo uniforme. A seconda<br />

della varietà coltivata e del luogo di impianto la raccolta può avvenire<br />

da giugno fino a luglio.<br />

La raccolta, essendo le albicocche di modeste dimensioni e delicate,<br />

viene fatta a mano con rendimenti del lavoro non elevati<br />

(circa 20-25 kg/h utile di lavoro con forma di allevamento a palmetta<br />

e applicando la pallettizzazione; nel vaso i rendimenti sono<br />

inferiori). La resa è ovviamente superiore se meccanica: in questo<br />

caso, i <strong>frutti</strong> lesionati dovranno essere destinati alla preparazione<br />

di succhi e marmellate. Importante caratteristica è la polpa compatta<br />

per lo sciroppato, mentre per la trasformazione in liquido il<br />

succo dovrà essere limpido.<br />

Le produzioni per ettaro sono in relazione alle densità di piantagione<br />

e alla forma di allevamento prescelta; normalmente si considera<br />

normale una produzione di 180-220 q.li/ha.<br />

VARIETÀ<br />

Diradamento<br />

Non sempre sono necessari ma a volte possono rivelarsi utili gli interventi<br />

di diradamento dei <strong>frutti</strong>cini, da effettuarsi dopo la cascola<br />

naturale dei <strong>frutti</strong> che in genere avviene in maggio. Questa operazione<br />

è necessaria per vari motivi, quello primario e più importante<br />

è assicurare la maturazione dei <strong>frutti</strong> sani, secondariamente l’operazione<br />

permette di eliminare <strong>frutti</strong> deformi, malati ed esteriormente<br />

non rispondenti ai canoni per la vendita sul mercato.<br />

Di seguito vengono descritte le varietà principalmente utilizzate<br />

per i disidratati italiani “Semplicemente frutta”.<br />

Pricia: presenta <strong>frutti</strong> medio grandi (peso medio di 70 g) dalla<br />

forma ellittica, con buccia dal colore di fondo arancio con sovracolore<br />

esteso sul 50% del frutto. La polpa è di colore arancio<br />

e ci consistenza soda. Al gusto presenta un sapore equilibrato<br />

molto piacevole e aromatico.<br />

Un altro motivo che spinge l’allevatore al diradamento dei <strong>frutti</strong> è<br />

alleggerire i rami dall’eccessivo carico che potrebbe danneggiare<br />

le ramificazioni, in questo caso una pratica molto diffusa è la legatura<br />

e la dotazione di pali di sostegno esterni.<br />

Farbaly: questa albicocca si presenta con una pezzatura medio<br />

elevata, con una colorazione aranciata con rosso sul 30% della<br />

superficie. Il sapore è dolce e buono mentre la polpa è consistente<br />

e semi aderente.<br />

Le varietà<br />

Pricia Farbaly Pinkcot Portici


Pinkcot: il frutto è di grossa pezzatura: da 3A a 4A (diametro<br />

50-55 mm) e peso medio 85 g.<br />

La forma è rotonda e l’epidermide ha una colorazione aranciata<br />

con sovraccolore (“blush”) rosso uniforme su oltre il 60% della superficie.<br />

Le qualità gustative sono buone e la buccia leggermente<br />

acidula. La polpa è di colore aranciato, succosa e consistente.<br />

Portici: i <strong>frutti</strong> sono di calibro medio-grosso, oblunghi e di colorazione<br />

giallo intensa, con leggera sovracolorazione rossa sulla parte<br />

esposta. La polpa è soda e di tessitura mediamente fine. Buone<br />

qualità gustative, dal sapore aromatico e buccia non acidula.<br />

AVVERSITÀ<br />

Le malattie che possono colpire l’albicocco sono molte tra queste<br />

ci sono in particolare fitopatie di origine fungina. Le malattie<br />

più diffuse sono spesso favorite da errati accorgimenti colturali,<br />

è necessario per questo conoscere con precisione le esigenze<br />

della pianta evitando così di provvedere a rimediare i danni in<br />

seguito. Principale malattia è la Sharka (Plant Pot Virus), poi tra<br />

le crittogame vi sono moniliosi (Monilia laxa e fructigena), l’oidio<br />

(Podosphaera oxycanthae) e tra le batteriosi Pseudomonas syringae,<br />

Agrobacterium e Xantomonas.<br />

CURIOSITÀ<br />

L’albicocco è una pianta originaria della Cina nordorientale al<br />

confine con la Russia. La sua presenza data più di 5000 anni<br />

di storia. Da lì si estese lentamente verso ovest attraverso l’Asia<br />

centrale sino ad arrivare in Armenia (da cui prese il nome) dove,<br />

si dice, venne scoperta da Alessandro Magno. I Romani la introdussero<br />

in Italia e in Grecia nel 70-60 a.C., ma la sua diffusione<br />

nel bacino del Mediterraneo fu consolidata successivamente dagli<br />

arabi. L’albicocca crescerebbe in natura selvatica in Cina da<br />

ben 4000 anni. Oggi l’albicocco è diffuso in oltre 60 paesi e viene<br />

coltivato in climi caldi o temperati e relativamente asciutti.<br />

•<br />

Sull’etimologia della parola “albicocca” esiste qualche perplessità.<br />

La maggioranza degli studiosi concorda tuttavia sul fatto che<br />

la parola di riferimento sia araba (al-barq q) e che questa<br />

sia stata adottata poi nel tardo latino praecox, nel senso di “precoce”.<br />

Da essa deriverebbe la parola “percoca”, usata essenzialmente<br />

per indicare una varietà di pesca a polpa gialla.<br />

•<br />

Le albicocche vanno scelte ben mature e consumate entro<br />

pochi giorni dall’acquisto poiché sono <strong>frutti</strong> deperibili. Proprio<br />

per questa loro fragilità vengono conservate o trattate in numerosi<br />

modi: essiccate (specie negli USA), sciroppate e conservate in<br />

lattine o congelate. Altrettanto comuni sono i prodotti derivati:<br />

il succo, la marmellata e la gelatina di albicocca, molto usata<br />

in pasticceria per apricottare (da Apricot, il nome in inglese di<br />

tale frutto) torte e pasticcini. L’apricottatura consiste nello spennellare<br />

la superficie di una torta di gelatina di albicocche prima di<br />

glassarla. Un esempio classico di questa tecnica, molto diffusa,<br />

è la famosa torta Sacher.<br />

•<br />

Tuttavia il loro gusto lievemente acidulo le rende adatte anche<br />

ad accostamenti salati, come le salse di accompagnamento<br />

alle carni rosse. Esse vengono anche utilizzate in liquoreria:<br />

un’acquavite di albicocche viene distillata nel Canton Vallese in<br />

Svizzera e porta il nome d’Abricotine, la più rinomata proviene da<br />

un’antica varietà, la Luizet. Anche nei Balcani si ottiene un distillato<br />

d’albicocca chiamato Kajsija.<br />

•<br />

Il seme dell’albicocca, come quello della pesca, viene detto armellina.<br />

Le armelline hanno usualmente un retrogusto gradevolmente<br />

amarognolo e vengono usate in pasticceria come essenza,<br />

come ingrediente negli amaretti, in sciroppi o liquori e in<br />

generale in abbinamento alle mandorle dolci per renderne più<br />

interessante il gusto. Tuttavia il loro consumo viene limitato a un<br />

uso aromatico poiché, come le foglie e i fiori dell’albicocco, contengono<br />

un derivato dell’acido cianidrico che, ad alte dosi, risulterebbe<br />

altamente tossico.<br />

•<br />

Quando pensate alle albicocche, immaginatele come una potente<br />

miscela compatta di sostanze benefiche. I principi<br />

nutritivi che nobilitano queste sferette dolci e vellutate sono<br />

soprattutto betacarotene e licopene. Le albicocche sono inoltre<br />

alimenti ad alto contenuto di fibre, utili per dimagrire e tenere sotto<br />

controllo l’iperglicemia. Hanno inoltre un forte potere antiossidante,<br />

dovuto alla vitamina A, che contribuisce ad arginare gli<br />

effetti dei radicali liberi. L’albicocca è ricca di carotenoidi, precursori<br />

della vitamina A, due etti di albicocche fresche forniscono<br />

il 100% del fabbisogno giornaliero di vitamina A di un adulto.<br />

L’albicocca contiene magnesio, fosforo, ferro, calcio e potassio,<br />

facendone un alimento irrinunciabile per chi è spossato e stanco.<br />

Il sorbitolo invece conferisce all’albicocca leggere proprietà<br />

lassative.<br />

N/35


PERA<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Pear<br />

Nome scientifico: Pyrus<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Rosales<br />

Famiglia: Rosaceae<br />

Genere: Pyrus<br />

Specie: P. communis<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 57<br />

Energia: kJ 239<br />

Proteine: g 0.36<br />

Carboidrati: g 12.13<br />

di cui zuccheri: g 9.75<br />

Grassi: g 0.14<br />

di cui saturi: g 0.022<br />

Fibre alimentari: g 3.1<br />

Sale: g 0.0025<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 9<br />

Ferro mg 0.18<br />

Magnesio mg 7<br />

Fosforo mg 12<br />

Potassio mg 116<br />

Sodio mg 1<br />

Zinco mg 0.10<br />

Rame mg 0.082<br />

Manganese mg 0.048<br />

Selenio µg 0.1<br />

Ac. Ascorbico mg 4.3<br />

Tiamina mg 0.012<br />

Riboflavina mg 0.026<br />

Niacina mg 0.161<br />

Ac. Pantotenico mg 0.049<br />

Vitamina B6 mg 0.029<br />

Folati µg 7<br />

Vitamina B12 µg 0.00<br />

Vitamina A IU IU 25<br />

Vitamina A, RE µg 1<br />

Vitamina E, αTe mg 0.12<br />

Vitamina K µg 4.4<br />

Triptofano* g 0.002<br />

Treonina* g 0.011<br />

Isoleucina* g 0.011<br />

Leucina* g 0.019<br />

Lisina* g 0.017<br />

Metionina* g 0.002<br />

Fenilalanina* g 0.011<br />

Tirosina g 0.002<br />

Valina* g 0.017<br />

Arginina g 0.010<br />

Istidina* g 0.002<br />

Alanina g 0.014<br />

Ac. Aspartico g 0.105<br />

Ac. glutammico g 0.030<br />

Glicina g 0.013<br />

Prolina g 0.021<br />

Serina g 0.015<br />

A. grassi saturi g 0.022<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.000<br />

14:0 g 0.000<br />

16:0 g 0.017<br />

18:0 g 0.003<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.084<br />

16:1 g 0.002<br />

18:1 g 0.081<br />

20:1 g 0.001<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.094<br />

18:2 g 0.093<br />

18:3 g 0.001<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo mg 0<br />

Fitosteroli mg 8<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/36<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Il pero è un albero da frutto molto diffuso, ed è un genere di pianta<br />

appartenente alla famiglia delle Rosaceae, comprendente specie<br />

arboree e arbustive con fioritura delicata e variamente colorata,<br />

del genere Pyrus.<br />

Sono alberi di medie dimensioni, che raggiungono i 10-15 metri<br />

ma, se coltivati per la produzione dei <strong>frutti</strong>, l’altezza è molto più<br />

contenuta considerando anche gli interventi di potatura necessari<br />

per ottimizzare la produzione. La maggior parte sono decidui,<br />

ma una o due specie nell’Asia sud-orientale sono sempreverdi.<br />

Il tronco è inizialmente liscio nei primi anni di crescita, successivamente<br />

con il tempo presenta profonde e numerose spaccature<br />

della corteccia in sezioni quadrangolari; si presenta grigiastro.<br />

Questa pianta dal portamento eretto, ha foglie che sono lunghe<br />

fino a 12 cm, dalla forma ellittica, di colore verde lucido in alcune<br />

specie, argenteo-pelose in altre, la pagina superiore è lucida rispetto<br />

a quella inferiore che risulta opaca e di un verde più chiaro;<br />

la forma delle foglie varia dall’ovale al lanceolato stretto.<br />

I fiori, raccolti in corimbi, sono di colore giallo o rosa bianco<br />

e raramente tinto, di diametro 2-4 cm e hanno cinque petali.<br />

Sbocciano fra aprile e maggio, fino a una quota di 1.000 metri.<br />

L’impollinazione dei fiori avviene grazie alla presenza di insetti impollinatori,<br />

le piante di pero sono in gran parte autoincompatibili<br />

e quindi per produrre pere necessitano di almeno un’altra varietà<br />

coltivata nelle vicinanze. Al riguardo è sempre utile scegliere<br />

per la coltivazione almeno due varietà compatibili per impollinazione,<br />

in modo da assicurarsi una buona produzione di <strong>frutti</strong>.<br />

La pera ovvero il frutto (in realtà un falso frutto) può variare per<br />

dimensioni, forma, consistenza della polpa, colore e grado di dolcezza.<br />

I <strong>frutti</strong> vengono utilizzati per il consumo fresco, per la preparazione<br />

di confetture, succhi di frutta, estratti e gelatine.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

I dati Istat relativi al commercio estero italiano della campagna<br />

commerciale 2014-2015 (da giugno a maggio) evidenziano, con<br />

oltre 163.000 tonnellate, un aumento delle esportazioni del 14%<br />

rispetto ai valori raggiunti nel 2013-2014. A fronte di volumi in crescita,<br />

si legge nel dossier del Cso, si contrappone un posizionamento<br />

del valore in leggera diminuzione: 153 milioni di euro complessivi.<br />

Ciò è dovuto alla contrazione del prezzo medio annuo<br />

che, con 0,94 euro/kg scende del 13% rispetto alle quotazioni<br />

medie sostenute durante la campagna precedente.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

Le temperature in autunno e all’inizio dell’inverno non devono<br />

scendere sotto i -20° C e devono consentire il superamento della<br />

dormienza delle gemme. Il pero è una specie alquanto esigente<br />

in fabbisogno di freddo, perché numerose cultivar richiedono in<br />

media 1000 ore in cui la temperatura si mantiene entro 7,2° C. In<br />

ogni caso dipende dalla varietà. Le temperature di fine inverno –<br />

primaverili, se caratterizzate da ritorni di freddo, possono danneggiare<br />

i fiori e/o i <strong>frutti</strong> in funzione dello stadio fenologico. Gran<br />

parte delle specie tollerano il freddo polare, con temperature fra<br />

-25 °C e -40 °C in inverno, tranne le specie sempreverdi, che<br />

tollerano solo temperature fino a -15 °C. Le varietà tardive necessitano<br />

di un tempo mite per la completa maturazione dei <strong>frutti</strong>,<br />

risultano più adatte alle zone dove le temperature autunnali sono<br />

piuttosto miti. Tuttavia hanno bisogno di un periodo di vernalizzazione<br />

di almeno un mese a temperature prossime ai 3-4 gradi.<br />

Nei confronti del terreno le esigenze del pero sono strettamente<br />

collegate al tipo di portainnesto utilizzato. Il pero innestato su<br />

franco si adatta anche a terreni poco fertili, calcarei e siccitosi; il<br />

pero innestato su cotogno ha maggiori esigenze e richiede terreni<br />

fertili, con elevato contenuto in sostanza organica, profondi,<br />

con pH neutro o lievemente sub-alcalino, con basso contenuto<br />

in calcare verso cui è sensibile.<br />

Le esigenze in fatto di terreno richiedono un substrato tipicamente<br />

neutro (valori di pH intorno a 6,5-7) si adatta bene anche a un<br />

N/37


PERE, ITALIA: ESPORTAZIONI PER CAMPAGNA COMMERCIALE<br />

(giugno-maggio)<br />

2009/10 2010/11 2011/12 2012/13 2013/14 2014/15<br />

var % 2014/15<br />

su 2013/14<br />

Quantità (tonnellate) 137.902 125.603 191.923 142.140 143.399 163.408 +14<br />

Valore (migliaia di €) 136.765 147.264 144.790 167.408 154.428 153.312 -1<br />

Prezzo medio (€/kg) 0,99 1,17 0,75 1,18 1,08 0,94 -13<br />

200˙000<br />

1,40<br />

180˙000<br />

160˙000<br />

140˙000<br />

0,99<br />

1,17<br />

1,18<br />

1,08<br />

0,94<br />

1,20<br />

1,00<br />

120˙000<br />

100˙000<br />

0,75<br />

0,80<br />

80˙000<br />

0,60<br />

60˙000<br />

0,40<br />

40˙000<br />

20˙000<br />

0,20<br />

0<br />

2009/10<br />

2010/11 2011/12 2012/13 2013/14 2014/15<br />

0,00<br />

Quantità (tonnellate) Valore (migliaia di €) Prezzo medio (€/kg)<br />

Fonte: elaborazioni CSO su dati ISTAT<br />

substrato sub-acido (un pH con valori intorno a 5-5,5) o calcareo<br />

con pH di 7,5-8. Un terreno ideale deve essere fresco, profondo<br />

e di medio impasto. Se si innesta un pero su franco (ovvero un<br />

portainnesto selvatico riprodotto da seme) l’adattabilità al terreno<br />

può divenire migliore, la pianta riesce a crescere senza problemi<br />

su terreni compatti, aridi e scarsamente irrigui.<br />

VARIETÀ<br />

Di seguito viene descritta la varietà utilizzata per i disidratati italiani<br />

“Semplicemente Frutta”.<br />

più o meno avanzato – con zone rugginose più o meno estese.<br />

Occasionalmente i <strong>frutti</strong> possono presentare una colorazione<br />

rosso-rosata dell’epidermide nelle parti più direttamente esposte<br />

al sole. Talvolta sulla buccia sono presenti tracce leggere<br />

di rugginosità. I <strong>frutti</strong> più verdi sono croccanti e molto succosi.<br />

Mano a mano che l’epidermide assume una colorazione progressivamente<br />

più gialla, la polpa diventa sempre più morbida e<br />

fondente. La William è la pera maggiormente coltivata in Italia, e<br />

la raccolta inizia dalla metà di agosto.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

William: è una pera che venne selezionata per la prima volta<br />

verso la fine del Settecento nella città di Aldernaston in Inghilterra<br />

e diffusa in Italia principalmente nella pianura del Po e in<br />

Emilia Romagna. Si tratta di un frutto dalla forma cidoniforme<br />

(a fiaschetto, nel lessico comune) e dalla pezzatura media. La<br />

buccia è sottile e liscia, dal colore di fondo dell’epidermide variabile<br />

dal verde al giallo in relazione allo stato di maturazione<br />

È una pianta piuttosto plastica nelle forme di allevamento sebbene<br />

si tenga presente che la produzione passa dai brindelli<br />

e rami misti i primi anni, alle lamburde. Per la coltivazione del<br />

pero si può procedere all’innesto su franco che viene supportato<br />

da una grande varietà di peri, questo portainnesto inoltre<br />

si rivela molto resistente alla crescita in condizioni non ottimali.<br />

In alternativa si possono effettuare innesti su Cotogni, piante di<br />

N/38


N/39


questo tipo richiedono però maggiori cure e sono più soggette<br />

a malattie rispetto alle piante innestate su franco. Altri metodi<br />

con cui è possibile moltiplicare il pero sono il seme, la propaggine<br />

e la margotta.<br />

Le buche per l’impianto dovranno essere effettuate delle giuste<br />

dimensioni, si potranno eseguire delle concimazioni di fondo e<br />

una correzione del terreno nel caso non rispondesse alle esigenze<br />

richieste. Se si procede alla coltivazione su un terreno<br />

unicamente dedicato alla produzione di pere, è necessario che<br />

il terreno tra le piante sia mantenuto coperto da erba, la quale<br />

necessita di una falciatura periodica.<br />

Nel periodo dopo la formazione dei <strong>frutti</strong>cini si dovrà controllare il<br />

loro stato di salute ed eventualmente scartare quelli malati o che<br />

presentano gravi difetti. La pratica dell’asportazione dei <strong>frutti</strong> non<br />

sempre è applicata, la produzione di <strong>frutti</strong> è quasi sempre equilibrata<br />

e anche per questo motivo l’alternanza della produzione si<br />

verifica raramente.<br />

Irrigazione<br />

L’irrigazione nel pero è fondamentale, ma è bene evitare elevate<br />

disponibilità idriche durante l’intensa crescita vegetativa e in<br />

post-raccoltà, mentre attenzione alla carenza in pre e post fioritura<br />

cui seguono fenomeni di stress idrico. È preferibile sempre<br />

il sistema a microportata.<br />

La pianta di pero adulta non necessita di particolari accorgimenti<br />

in fatto di irrigazione, resiste bene infatti a lunghi periodi di siccità.<br />

Concimazione<br />

Per la concimazione, come di norma, è obbligatorio eseguire l’analisi<br />

del terreno e fogliare per evidenziare le carenze. Elementi<br />

fondamentali sono N, K, Ca, in secondo luogo P e Mg; qualche<br />

volta anche Bo e Fe sono da tener conto.<br />

Appena effettuata la messa a dimora delle piante si può effettuare<br />

una concimazione con letame ben maturo attorno alle piante.<br />

Nel periodo primaverile è possibile apportare una quantità di<br />

solfato di ammonio di 400g ogni 10 metri quadri di coltivazione,<br />

in alternativa si possono usare 200 grammi di urea per la stessa<br />

superficie. Se le interfile tra le piante sono mantenute coperte<br />

da un prato si dovranno aumentare le concimazioni di solfato di<br />

ammonio di circa 80g e 40g in più per l’urea.<br />

Annualmente nel periodo autunnale appena sotto lo strato superficiale<br />

del terreno si somministrano dei concimi potassici e fosfatici<br />

all’incirca 400 grammi per 10 metri quadri di coltivazione, ogni<br />

due anni nel periodo autunnale è possibile aggiungere anche del<br />

letame animale o compost ben maturo.<br />

Potatura<br />

Per quanto riguarda la potatura bisogna sempre considerare<br />

dove vogliamo la produzione; in generale è bene diradare e<br />

N/40


La messa a dimora del pero si effettua nel mese di ottobre o<br />

novembre e prima dell’inizio della vera stagione invernale. La<br />

piantumazione del pero può essere effettuata in alternativa nel<br />

mese di marzo.<br />

La raccolta del pero va effettuata quando i <strong>frutti</strong> presentano un<br />

colore uniforme e le dimensioni sono tipiche della cultivar di appartenenza.<br />

Indicativamente la raccolta delle pere si effettua dal<br />

mese di giugno fino alla fine del mese di ottobre. È importante<br />

raccogliere le pere comprensive di picciolo, che essendo lignificato<br />

dovrà essere staccato con cura dal ramo senza danneggiare<br />

la parte superiore della pera.<br />

La conservazione delle pere va effettuata a basse temperature,<br />

circa 3-4 gradi e comunque vanno consumate entro breve<br />

periodo, circa 1-2 settimane. Le pere possono essere anche<br />

tenute in frigorifero se non si ha a disposizione un ambiente<br />

fresco e ben ventilato.<br />

AVVERSITÀ<br />

sfoltire i rami ma non accorciarli, in quanto siamo su una pomacea,<br />

e verranno eliminati parte di quelli che hanno già <strong>frutti</strong>ficato;<br />

si preferisce sempre eseguire piegature anziché tagliare.<br />

La potatura verde è importante specie nell’allevamento. Il pero<br />

è una specie che si adatta molto bene alla potatura meccanica.<br />

Il diradamento è da eseguirsi dopo la cascola di giugno.<br />

La pianta di pero tende ad assumere una forma piramidale, le<br />

forme di allevamento e le relative potature sono finalizzate a conferire<br />

una forma quanto più possibile naturale.<br />

RACCOLTA<br />

La raccolta va da giugno ad ottobre. Il momento opportuno è<br />

scelto mediante indici di raccolta quali il colore di buccia o polpa,<br />

la durezza della polpa, la resistenza al distacco ed altri. Il rendimento<br />

ad operaio si aggira sui 50-80 kg per forme in volume<br />

rispetto ai 60-180 kg per le forme appiattite. Per quanto riguarda<br />

la conservazione le tecniche sono Atmosfera normale oppure Atmosfera<br />

controllata; la conservazione avviene a basse temperature<br />

appena sotto lo 0°C, è simile a quella per mele anche se le<br />

pere sono più sensibili alla CO 2<br />

e perciò è buono il metodo ULO<br />

(ultra low oxygen).<br />

Bisogna tener conto di danni di origine abiotica quali agenti metereologici,<br />

carenze di Bo e Fe, fitopatie post-raccolta tra cui il riscaldo.<br />

Importanti sono micoplasmosi, fitoplasmosi con accartocciamento;<br />

tra le micosi ricordiamo il cancro delle drupacee,<br />

la moniliosi, l’oidio, la maculatura bruna del pero (causata da<br />

Stemphylium vesicarium), il marciume rosa delle pere (causato<br />

da Trichothecium roseum) e la ticchiolatura.<br />

Negli insetti troviamo lepidotteri quali carpocapsa (Cydia pomonella),<br />

rodilegno, tignola, molti afidi e tra altri vi è la cocciniglia<br />

di San Josè (Quadrapsidiotus pernicosus). Tra i batteri<br />

assume una notevole importanza l’Erwinia amylovora, agente<br />

del colpo di fuoco.<br />

CURIOSITÀ<br />

I medici della Scuola Salernitana consideravano la pera non<br />

adatta all’alimentazione dei malati, perché la ritenevano fonte di<br />

malinconia; nel 1700 era diventata cibo da passeggio e veniva<br />

offerta lungo le strade da venditori ambulanti, i peracottari,<br />

che preparavano pere cotte, ricoperte di caramello e infilzate<br />

in un bastoncino per farle mordere comodamente. Il termine<br />

di peracottaro è ancora in uso ma ha assunto il significato di<br />

persona ingenuotta, imbranata, tanto che si è soliti dire “hai fatto<br />

la figura da peracottaro”.<br />

•<br />

Nella letteratura sono conosciute le tre pere di Pinocchio,<br />

il burattino creato da Collodi, che prima le sbucciò e poi per la<br />

fame tornò a mangiarne torsoli e scorze.<br />

•<br />

N/41


Ci sono anche altri proverbi e detti. I più conosciuti? “Cadere<br />

come una pera cotta” per indicare la dabbenaggine di qualcuno<br />

di fronte a un’affermazione o a una proposta ingannevole e<br />

“al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le<br />

pere” per gli evidenti motivi di gusto che vedono l’accoppiata “cacio<br />

- pere” ottenere un gran successo.<br />

•<br />

In Cina, il pero è simbolo di giustizia, longevità, purezza,<br />

saggezza e buona amministrazione. I candidi fiori<br />

di pero sono invece simbolo di lutto, sia per il colore bianco<br />

dei petali (che in Cina è un colore funebre), che per il loro passaggio<br />

repentino (la loro breve vita), che diviene una metafora<br />

della tristezza, della freddezza e della morte.<br />

•<br />

In Corea la pera personifica la grazia, la nobiltà e la purezza;<br />

mentre l’albero di pero rappresenta il conforto e l’agiatezza.<br />

Esistono svariate leggende coreane che coinvolgono la<br />

pera nel donare fertilità alla donna, buona fortuna agli esami,<br />

saggezza e salute.<br />

•<br />

In Giappone al pero viene attribuita la capacità di tenere lontano<br />

il male, grazie al suono della parola nashi che in giapponese<br />

significa “non esiste”.<br />

•<br />

Nel “linguaggio dei fiori” occidentale il bocciolo di pero è il<br />

fiore di chi è nato il 17 di agosto simboleggiante affetto e tenerezza.<br />

In molte parti del mondo la pera simboleggia il cuore<br />

umano, a cui assomiglia nella forma.<br />

•<br />

Le proprietà benefiche della pera sono diverse. Innanzi tutto<br />

essa costituisce un frutto facilmente digeribile; ha un alto contenuto<br />

di fibre e, proprio per questo motivo, può essere utile a<br />

regolarizzare l’intestino. A questa azione contribuiscono anche<br />

i polifenoli, che conferiscono alla pera delle importanti proprietà<br />

antiossidanti. In virtù di questa azione contro i radicali liberi, viene<br />

favorita l’elasticità e la tonicità delle pareti dei vasi sanguigni,<br />

perciò anche la pera contribuisce, come la frutta in generale,<br />

a prevenire il rischio di malattie cardiovascolari e il pericolo di<br />

incorrere in un infarto.<br />

•<br />

La pera può essere mangiata anche come uno snack, perché è<br />

ricca di fruttosio, uno zucchero naturale, il quale, oltre ad avere<br />

un alto potere dolcificante, riesce a dare energia e a saziare. Lo<br />

stesso discorso vale per il glucosio. La pera, inoltre, è ricca di<br />

boro, che aiuta l’organismo a trattenere il calcio e a contrastare i<br />

danni provocati dall’osteoporosi.<br />

•<br />

Il frutto abbonda di potassio, un minerale fondamentale nell’organismo,<br />

perché contribuisce a far rimanere in salute il sistema<br />

nervoso, quello linfatico e i reni. La pera contiene vitamine, sali<br />

minerali, tannino, acido malico e citrico oltre a un alto contenuto<br />

di fibre.<br />

N/42


N/43


MELONE<br />

Semplicemente frutta.<br />

Nome inglese: Melon<br />

Nome scientifico: Cucumis melo<br />

Classificazione botanica<br />

Classe: Magnoliopsida<br />

Ordine: Cucurbitales<br />

Famiglia: Cucurbitaceae<br />

Genere: Cucumis<br />

Specie: C. melo<br />

INFORMAZIONI NUTRIZIONALI<br />

valori medi per 100 g di prodotto fresco<br />

Calorie: kcal 34<br />

Energia: kJ 141<br />

Proteine: g 0.84<br />

Carboidrati: g 7.26<br />

di cui zuccheri: g 7.86<br />

Grassi: g 0.19<br />

di cui saturi: g 7.26<br />

Fibre alimentari: g 0.9<br />

Sale: g 0.04<br />

Minerali Vitamine<br />

Aminoacidi Grassi<br />

Calcio mg 9<br />

Ferro mg 0.21<br />

Magnesio mg 12<br />

Fosforo mg 15<br />

Potassio mg 267<br />

Sodio mg 16<br />

Zinco mg 0.18<br />

Rame mg 0.041<br />

Manganese mg 0.041<br />

Selenio µg 0.4<br />

Ac. Ascorbico mg 36.7<br />

Tiamina mg 0.041<br />

Riboflavina mg 0.019<br />

Niacina mg 0.734<br />

Ac. Pantotenico mg 0.105<br />

Vitamina B6 mg 0.072<br />

Folati µg 21<br />

Vitamina B12 µg 0.0<br />

Vitamina A IU IU 3382<br />

Vitamina A, RE µg 169<br />

Vitamina E, αTe mg 0.05<br />

Vitamina K µg 2.5<br />

Triptofano* g 0.002<br />

Treonina* g 0.017<br />

Isoleucina* g 0.021<br />

Leucina* g 0.029<br />

Lisina* g 0.030<br />

Metionina* g 0.012<br />

Fenilalanina* g 0.023<br />

Tirosina g 0.014<br />

Valina* g 0.033<br />

Arginina g 0.029<br />

Istidina* g 0.015<br />

Alanina g 0.095<br />

Ac. Aspartico g 0.136<br />

Ac. glutammico g 0.209<br />

Glicina g 0.026<br />

Prolina g 0.019<br />

Serina g 0.042<br />

A. grassi saturi g 0.051<br />

4:0 g 0.000<br />

6:0 g 0.000<br />

8:0 g 0.000<br />

10:0 g 0.000<br />

12:0 g 0.001<br />

14:0 g 0.001<br />

16:0 g 0.043<br />

18:0 g 0.005<br />

A. grassi monoinsaturi g 0.003<br />

16:1 g 0.000<br />

18:1 g 0.003<br />

20:1 g 0.000<br />

22:1 g 0.000<br />

A. grassi polinsaturi g 0.081<br />

18:2 g 0.035<br />

18:3 g 0.046<br />

18:4 g 0.000<br />

20:4 g 0.000<br />

20:5 n-3 g 0.000<br />

22:5 n-3 g 0.000<br />

22:6 n-3 g 0.000<br />

Colesterolo mg 0<br />

Fitosteroli mg 10<br />

* aminoacidi essenziali<br />

N/44<br />

Fonte: USDA National Nutrient Database for Standard Reference


CENNI BOTANICI<br />

Il melone (Cucumis melo L.) è una pianta della famiglia delle Cucurbitaceae,<br />

la stessa famiglia dei cetrioli e delle zucche gialle,<br />

con la differenza che esso viene consumato come frutto.<br />

Questa pianta è costituita da un fusto principale strisciante, che<br />

si ramifica e, grazie ai viticci, può diventare rampicante, se fornito<br />

di sostegni. Il termine melone indica sia il frutto che la pianta stessa,<br />

a seconda dei contesti in cui viene utilizzato.<br />

Le radici fibrose possono estendersi nella terra anche oltre i 150<br />

cm.; il fusto, ricco di peluria, è ramificato con cirri.<br />

Le foglie sono arrotondate, reniformi o divise in lobi, ruvide al<br />

tatto. Le radici sono molto sviluppate in superficie, opposte ai<br />

cirri, cordate alla base, lunghe più di dieci centimetri, quanto il loro<br />

picciolo, ma scendono molto anche in profondità.<br />

La pianta di melone è di norma monoica: prima si sviluppano<br />

fiori maschili, poi i fiori femminili; però non sono rari i tipi andromonoici<br />

con fiori maschili e fiori ermafroditi. Nonostante la<br />

copiosa fioritura, che dura tutta l’estate da maggio a settembre,<br />

solo il 10% diventa frutto.<br />

Il frutto è un peponide di notevoli dimensioni e peso (1-4 kg)<br />

costituito da un epicarpo (la buccia, che può essere liscia o<br />

retata) saldato a un mesocarpo carnoso che costituisce la parte<br />

edule, al cui interno si forma una cavità riempita da un massa<br />

spugnosa nella quale sono inseriti numerosi semi. Questi sono<br />

allungati, appuntiti a un’estremità, bianchi, di peso variabile da<br />

20 a 70 mg. Dal gusto dolce e profumato, il melone è un frutto<br />

voluminoso, di forma ovale o tondeggiante e sulla buccia sono<br />

visibili delle divisioni “a fette”.<br />

Esistono diverse varietà che si differenziano per dimensioni, colore<br />

esterno e colore della polpa, nonché per il sapore. Quelle più<br />

diffuse sono il melone cantalupo, il melone reticolato (o melone a<br />

rete) e il melone d’inverno.<br />

l’Italia, che nonostante sia al secondo posto, mostra un trend in<br />

crescita, sia pure con alti e bassi, arrivando nel 2015 a produrre<br />

596 mila tonnellate.<br />

Stando ai dati Istat aggiornati al 2016, la regione italiana in cui si<br />

coltivano più meloni è la Sicilia, che dedica quasi novemila ettari,<br />

con una produzione di quasi 155 mila tonnellate. A seguire<br />

la Lombardia (118 mila tonnellate), la Campania (68 mila tonnellate),<br />

la Puglia (quasi 50 mila tonnellate) e l’Emilia-Romagna (46<br />

mila tonnellate). Per quanto riguarda il metodo di coltivazione,<br />

l’86% degli ettari sono coltivati senza protezione, in pieno campo,<br />

mentre il restante 14% è sotto serra.<br />

È il Lazio la regione in cui si coltivano più angurie secondo l’Istat.<br />

Vi si producono infatti oltre 113 mila tonnellate di angurie, in circa<br />

duemila ettari. Quindi la Campania, con 106 mila tonnellate<br />

prodotte e oltre 1.800 ettari dedicati. A seguire la Puglia (oltre 75<br />

mila tonnellate), la Lombardia (64 mila tonnellate) e la Sicilia (46<br />

mila tonnellate). Così come per il melone, anche per l’anguria si<br />

ha una prevalenza di superfici coltivate senza protezione (80%<br />

in pieno campo), mentre il restante 20% è coltivato sotto serra.<br />

Per la prima volta in dieci anni la bilancia commerciale italiana<br />

torna in positivo. Nel 2016 infatti l’Italia ha esportato oltre 45<br />

mila tonnellate di melone, importandone circa 30 mila tonnellate.<br />

Come si può notare dal grafico sottostante, a fronte di un<br />

import che rimane stabile, sono le esportazioni italiane a essere<br />

in costante crescita.<br />

ESIGENZE CLIMATICHE E TERRENO<br />

Le esigenze ambientali del melone sono elevate: esige alte temperature,<br />

teme l’eccessiva umidità, vuole terreno profondo e perfettamente<br />

drenato.<br />

PAESI PRODUTTORI<br />

E PRODUZIONE IN ITALIA<br />

Stando ai dati Faostat più recenti elaborati dal Monitor Ortofrutta<br />

di Agroter, il primo produttore mondiale di meloni è la Turchia,<br />

che nel 2014 ha raggiunto 1,7 milioni di tonnellate, seguita<br />

dall’Iran (1,5 milioni circa), l’Egitto (circa 1 milione di tonnellate) e<br />

l’India con 1 milione di tonnellate. L’Italia è undicesima con 560<br />

mila tonnellate.<br />

Osservando i dati Eurostat, elaborati dal Monitor Ortofrutta di<br />

Agroter, si può notare che la Spagna, primo produttore europeo<br />

di meloni, continua a calare nei volumi, passati dalle 872 mila<br />

tonnellate del 2011 alle 692 mila del 2015. Trend inverso per<br />

N/45


1˙800<br />

1˙707<br />

PRINCIPALI PAESI PRODUTTORI DI MELONI<br />

(dati FAO 2014 in migliaia di tonnellate)<br />

1˙600<br />

1˙400<br />

1˙477<br />

Migliaia di tonnellate<br />

1˙200<br />

1˙000<br />

800<br />

600<br />

1˙050 1˙034 915<br />

787 750 737<br />

644<br />

590 560<br />

400<br />

200<br />

0<br />

Turchia<br />

Iran Egitto India Kazakhstan USA Spagna Marocco Guatemala Brasile Italia<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

900<br />

872<br />

PRINCIPALI PAESI EUROPEI PRODUTTORI DI MELONI<br />

(dato in migliaia di tonnellate)<br />

Migliaia di tonnellate<br />

800<br />

700<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

692<br />

536<br />

596<br />

277<br />

274<br />

225<br />

242<br />

127<br />

100<br />

0<br />

Spagna Italia Francia Serbia Grecia<br />

2011 2012 2013 2014 2015<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

Regione<br />

Prime 5 regioni<br />

Anno 2016<br />

Superficie<br />

in Ettari<br />

Produzione<br />

in Tonnellate<br />

Italia 18˙917 243˙486<br />

Sicilia 4˙142 69˙081<br />

Lombardia 5˙691 60˙639<br />

Campania 3˙780 43˙808<br />

Puglia 1˙125 15˙380<br />

Emilia-Romagna 957 11˙874<br />

N/46


IMPORT - EXPORT DI MELONI IN TONNELLATE<br />

(tot. Italia vs. mondo)<br />

50˙000<br />

45˙000<br />

45˙067<br />

40˙000<br />

35˙226<br />

35˙000<br />

Tonnellate<br />

30˙000<br />

25˙000<br />

20˙000<br />

18˙653<br />

30˙090<br />

15˙000<br />

10˙000<br />

5˙000<br />

0<br />

2005<br />

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016<br />

import export<br />

Fonte Italia Fruit News<br />

Il melone è una pianta tipica dei climi caldi, per cui il seme inizia<br />

a germinare sopra ai 24 gradi e ama un clima intorno ai 30 gradi,<br />

teme le gelate e basta che la temperatura scenda sotto i 14 gradi<br />

per provocare stasi vegetativa e inibire la crescita.<br />

Il terreno più adatto per il melone è quello di impasto medio e<br />

profondo, esente da ristagni d’acqua ma umido, ricco di sostanza<br />

organica e nutrimento, che sia possibilmente tendenzialmente<br />

poco acido e ben esposto al sole. Il melone è una pianta potassofila<br />

(il potassio serve per aumentare il quantitativo di zuccheri)<br />

e, pertanto, il terreno va arricchito usando compost o cenere.<br />

TECNICHE COLTURALI<br />

La semina si fa in primavera avanzata (aprile-maggio), quando la<br />

temperatura ha raggiunto i 14-15 °C. Per coltivare il melone in piena<br />

terra dopo le dovute lavorazioni al terreno si possono scegliere<br />

due metodi, a fila o a postarelle. La coltivazione a filari prevede<br />

la realizzazione di solchi profondi circa 3-4 cm distanziati tra loro<br />

di circa un metro, i semi si collocano a circa un metro/metro e<br />

mezzo in numero di 2-3, si ricopre poi con della terra e si innaffia<br />

in modo uniforme per far assestare il terreno.<br />

La coltivazione in postarelle richiede la realizzazione di buchette<br />

profonde all’incirca 3 cm in cui verranno collocati 3-4 semi distanziati<br />

a circa 4 cm gli uni dagli altri, collocati sempre con la punta<br />

in basso. Si ricopre poi con della terra e si innaffia. Tra le buchette<br />

andranno lasciati 1,5 metri di distanza e tra le file circa un metro.<br />

La semina in campo in pien’aria è il sistema più diffuso, ma non<br />

trascurabile importanza ha la coltura del melone pacciamata e<br />

semi-forzata (oltre a quella in serra che esula da questa trattazione).<br />

Il terreno subirà almeno una lavorazione a seconda delle<br />

possibilità. Si possono effettuare due lavorazioni distinte una a<br />

fine estate e una prima del trapianto o della semina diretta in<br />

terra qualche settimana prima.<br />

Nella prima lavorazione si esegue, a seconda della coltura che<br />

ha preceduto, un’aratura oppure una zappatura con motocoltivatore<br />

o fresa, in questo stesso momento è possibile interrare<br />

dello stallatico fresco o semi-maturo, il letame può essere disposto<br />

uniformemente prima dell’operazione di zappatura.<br />

La seconda lavorazione si potrà fare come già detto prima della<br />

semina, in genere con qualche giorno di anticipo. Consiste in<br />

una zappatura superficiale di circa 30 cm in modo da eliminare<br />

eventuali infestanti e rimescolare il terreno areando al contempo<br />

lo strato organico.<br />

Se non si ha la possibilità di effettuare due lavorazioni se ne<br />

può fare soltanto una prima della semina, una zappatura profonda<br />

a circa 40 cm da effettuare a macchina o con un motocoltivatore<br />

adatto, è possibile incorporare del letame o del<br />

terriccio organico necessariamente maturi e ben decomposti.<br />

La piantumazione del melone può iniziare dal mese di febbraio<br />

e durare fino ad aprile in tutta la zona del centro Italia e al nord.<br />

N/47


COME SONO COLTIVATI I MELONI IN ITALIA?<br />

(% di superficie in ha.)<br />

14%<br />

sotto terra<br />

consumo viene praticata l’irrigazione: a pioggia, a solchi, a goccia<br />

o con manichette forate disposte sotto la pacciamatura.<br />

Come spiegato all’inizio la coltura del melone richiede un apporto<br />

idrico elevato, sono consigliati pertanto terreni umidi di natura.<br />

Le innaffiature del melone dovranno essere costanti e abbondanti,<br />

in genere un’annaffiatura a giorni alterni durante lo sviluppo<br />

dei <strong>frutti</strong>. Se si ha la possibilità è consigliato l’allestimento di un<br />

impianto a goccia in modo da fornire un costante e continuo afflusso<br />

d’acqua, senza la necessità di interventi manuali.<br />

86%<br />

pieno campo<br />

Le annaffiature dovranno essere sospese prima della completa<br />

maturazione dei <strong>frutti</strong>, ovviamente nei periodi di pioggia non saranno<br />

necessarie ulteriori innaffiature nei giorni seguenti a seconda<br />

della portata delle precipitazioni.<br />

In ogni caso bisogna tenere presente che per la riuscita di questa<br />

coltura c’è bisogno di molto calore sia da parte del terreno che<br />

dell’aria, è necessario verificare quindi anche il microclima.<br />

La coltivazione del melone in cassoni, vasi o contenitori si effettua<br />

in piccole buchette di 2-3 cm di profondità, i semi vanno collocati<br />

in numero di 1-2 con la parte più stretta (la punta) rivolta verso il<br />

basso, le buchette verranno ricoperte con un sottile strato di terra<br />

o di terriccio generico per la semina da reperire in un consorzio<br />

agrario o un vivaio, se non si possiede già un terreno molto fine<br />

e adatto allo scopo.<br />

Piantare il melone in cassoni o contenitori di polistirolo richiede<br />

comunque il trapianto in piena terra che verrà fatto quando le<br />

temperature lo permetteranno, in genere se si è seminato in febbraio<br />

si è pronti per il trapianto ad aprile. Il trapianto comunque si<br />

esegue quando le piantine avranno formato la quarta foglia, se in<br />

questo periodo le temperature saranno inferiori alla soglia minima<br />

si dovranno effettuare delle campanature con tunnel in plastica o<br />

in altro modo, al fine di proteggere le piante dal freddo.<br />

Concimazione<br />

La concimazione del melone richiede l’apporto di 60-100 kg/ha<br />

di P 2<br />

O 5<br />

, 150-200 kg/ha di K 2<br />

O e 120-180 kg/ha d’azoto; i concimi<br />

fosfatici e potassici vanno dati al momento della preparazione<br />

del terreno, dovendo essere interrati; quelli azotati (nitrato<br />

ammonico o urea) parte all’impianto, parte in copertura.<br />

Il controllo delle erbe infestanti si fa con sarchiature finché lo<br />

sviluppo della coltura lo consente; la sarchiatura deve essere<br />

piuttosto superficiale per evitare di danneggiare le radici che<br />

sono particolarmente sviluppate nei primi strati di terreno. Il diserbo<br />

è possibile con certi prodotti idonei al trattamento di preemergenza<br />

o post-emergenza (pre-trapianto o post-trapianto).<br />

Il melone per svilupparsi al meglio come già spiegato necessita<br />

di terreni ricchi di sostanza organica, per questo motivo una<br />

concimazione può venire utile nella maggior parte dei terreni,<br />

specialmente se nella coltura precedente non è stato somministrato<br />

nessun concime. In genere si utilizza del composto<br />

organico o del letame animale circa 4-5 kg per metro quadro<br />

di coltivazione. Per ottenere una resa ottimale è consigliabile<br />

effettuare le operazioni di concimazione in concomitanza con la<br />

prima lavorazione del terreno.<br />

Il trapianto va effettuato seguendo delle semplici regole: la buca<br />

dovrà essere fatta considerando le dimensioni del panetto di terra<br />

aggiungendo circa 5 cm in più sia in larghezza che in altezza,<br />

per questo motivo è sempre consigliato usare per la semina dei<br />

vasetti piccoli al massimo di 10 cm di diametro. Le distanze sono<br />

le stesse per la coltivazione diretta spiegata di seguito.<br />

Irrigazione<br />

Anche se in certe aree meridionali il melone da inverno è tradizionalmente<br />

coltivato in asciutto, di norma al melone da pronto<br />

Cimatura<br />

La cimatura dei getti è un’operazione che molti praticano per agevolare<br />

la produzione di fiori e per l’accrescimento dei <strong>frutti</strong>, tuttavia<br />

questa è una pratica opzionale e non fondamentale. Lo stelo<br />

principale prima e gli steli secondari poi vengono spuntati opportunamente,<br />

lasciando 2-4 foglie; in questo modo si favorisce e si<br />

anticipa l’emissione dei fiori femminili. In effetti non c’è nessuna<br />

prova dell’effettiva validità nell’aumento di produzione. La cimatura<br />

inoltre è persino da evitare su cultivar di recente introduzione che<br />

presentano una maggioranza di fiori femminili.<br />

N/48


N/49


RACCOLTA<br />

La raccolta inizia indicativamente 90-110 giorni dopo la semina e<br />

prosegue scalarmente per 15-30 giorni. I meloni vanno raccolti ad<br />

uno stadio di sviluppo ben preciso perché un ritardo compromette<br />

la serbevolezza, un anticipo compromette la qualità (almeno<br />

il 10% di contenuto zuccherino). Segni visibili della maturazione<br />

sono il distacco del peduncolo dal frutto (in certe varietà retate),<br />

la comparsa di screpolature concentriche intorno al peduncolo,<br />

la scomparsa della peluria dal peduncolo, la retatura assume un<br />

colore più chiaro.<br />

Le produzioni di <strong>frutti</strong> commerciabili sono di 20-35 t/ha in pien’aria,<br />

di 30-40 t/ha in quelle semi-forzata; ai fini del ricavo, oltre alla<br />

quantità, grande importanza ha la precocità.<br />

I <strong>frutti</strong> raccolti nelle ore calde dovrebbero essere prerefrigerati<br />

con acqua fredda; per i cantalupi e i retati la conservazione non<br />

ha senso perché il loro destino è il consumo immediato, comunque<br />

potrebbero essere conservati per 10-15 giorni a 2-5 °C con<br />

umidità relativa del 90-95%; i meloni da inverno si conservano<br />

fino a 5 mesi a 7-10 °C e con 85-90% d’umidità relativa.<br />

La coltivazione del melone richiede 120/160 giorni circa tra la semina<br />

e la raccolta. Il frutto del melone quando è maturo si stacca<br />

da solo, basta una piccola torsione all’attacco del frutto alla<br />

pianta. Il colore della buccia è utile a capire se il melone è pronto<br />

per la raccolta. Gli zuccheri del melone si concentrano nell’ultima<br />

settimana di crescita, attenzione quindi a raccoglierlo maturo, altrimenti<br />

resta insipido. Anche la mancanza di potassio nel terreno<br />

causa meloni senza sapore. Il consiglio è di aspettare qualche<br />

ora a mangiarlo, meglio ancora almeno un giorno. Un melone<br />

tenuto in frigorifero si conserva 10 giorni.<br />

Vi sono i cosiddetti meloni di inverno, a polpa chiara e buccia verde<br />

o gialla, in questo caso è più difficile capire il momento giusto<br />

in cui il frutto è maturo.<br />

Il melone viene consumato fresco alla raccolta e in genere viene<br />

riposto in frigo o in ambiente fresco prima del consumo per<br />

esaltarne il sapore. Varietà come il melone d’inverno invece<br />

possono essere conservati a lungo e consumati secondo le<br />

necessità, in genere si possono tenere in un ambiente fresco<br />

al riparo dalla luce diretta per circa 2-3 mesi. Le temperature<br />

di conservazione non devono essere inferiore ai 5°C per non<br />

rovinare la consistenza del frutto.<br />

VARIETÀ<br />

Di seguito viene descritta la varietà utilizzata per i disidratati italiani<br />

“Semplicemente Frutta”.<br />

Melone retato: è riconoscibile grazie alla buccia reticolata,<br />

possono avere forma tondeggiante o ovale. Se l’esterno è<br />

grigio-verde, con scanalature leggere ma fitte a formare un reticolato,<br />

la polpa è succosa, aranciata, con sfumature gialloverdognole.<br />

Molto profumato, è detto anche melone americano,<br />

per sottolineare la ricca produzione negli Usa. Le varietà del<br />

Retato sono numerosissime, tra le più diffuse: Talento, Palatino,<br />

Pregiato, Sogno, Stomboli, Merlin, Expo. Il peso è variabile, ma<br />

generalmente resta tra 1 e 2.5 kg.<br />

AVVERSITÀ<br />

I più temibili e frequenti parassiti che possono aggredire il melone<br />

sono:<br />

Mal bianco (Erisiphe cichoracearum). Forma sulle foglie macchie<br />

farinose con conseguente ingiallimento e necrosi. Trattamenti<br />

ripetuti sono necessari.<br />

Peronospora (Pseudoperonospora cubensis). Forma sulle<br />

foglie macchie che all’inizio sono traslucide (macchia d’olio),<br />

poi diventano giallo-brunastre, con muffa grigio-violacea sulla<br />

pagina inferiore; il fogliame così attaccato si dissecca completamente<br />

in pochi giorni. Adottare rotazioni adeguatamente lunghe,<br />

irrigare a goccia sì da non bagnare il fogliame, fare trattamenti<br />

preventivi ripetuti sono i mezzi per prevenire e controllare<br />

questa temibile malattia.<br />

N/50


Tracheofusariosi (Fusarium oxysporum). Provoca l’ingiallimento<br />

e l’avvizzimento di tutta la pianta, seguiti da gommosi alla<br />

base del fusto e spaccature longitudinali. Bisogna evitare per 10<br />

anni di coltivare su terreno infetto; utilizzare piantine innestate su<br />

Benincasa cerifera (cucurbitacea affine, resistente).<br />

Afide delle cucurbitacee (Aphis gossypii). Afide di colore<br />

dal giallastro al verde scuro che colonizza le cucurbitacee sulle<br />

quali provoca ingiallimento e deperimento di foglie, fiori e <strong>frutti</strong>;<br />

è pericoloso vettore del virus del mosaico del cetriolo. Bisogna<br />

intervenire con aficidi specifici alla prima comparsa.<br />

CURIOSITÀ<br />

Di possibili origini africane (secondo alcuni invece dall’Asia,<br />

nell’antica Persia, dall’India o dai deserti dell’Iran), nel V secolo<br />

a.C. il popolo egizio iniziò ad esportarlo nel bacino del Mediterraneo<br />

e arrivò in Italia nella prima età imperiale come raccontato<br />

da Plinio (I secolo d.C.) nel suo libro Naturalis Historia, che lo<br />

uniformò al cetriolo a forma di mela cotogna, melopepaes. Le<br />

attuali conoscenze sulla sua diffusione nel bacino del Mediterraneo<br />

però sono state messe in discussione dalle recenti scoperte<br />

archeologiche fatte in Sardegna dove semi di melone riferibili<br />

all’età del Bronzo (tra il 1310-1120 a.C., in piena epoca nuragica),<br />

quindi in epoca ben antecedente, sono stati rinvenuti nel sito archeologico<br />

di Sa Osa a Cabras, in provincia di Oristano, poco distante<br />

dal luogo nel quale sono state trovate le statue dei Giganti<br />

di Monte Prama.<br />

•<br />

Durante l’Impero Romano il melone si diffuse rapidamente<br />

(utilizzato però come verdura, servito in insalata), tanto che al<br />

tempo dell’imperatore Diocleziano venne emesso un apposito<br />

editto per tassare quegli esemplari di melone che superassero<br />

il peso di 200 grammi.<br />

•<br />

Alexandre Dumas scrisse “per rendere il melone digeribile, bisogna<br />

mangiarlo con pepe e sale, e berci sopra un mezzo bicchiere<br />

di Madera, o meglio di Marsala”; egli apprezzava i meloni conosciuti<br />

in Francia come Cavaillon, per la zona di produzione, e fece<br />

richiesta alla biblioteca della città di uno scambio tra le sue opere<br />

(circa 400 volumi) ed una rendita vitalizia di 12 meloni l’anno, cosa<br />

che accadde fino alla sua morte nel 1870. Fu in suo onore che<br />

venne istituita la confraternita dei Cavalieri dei meloni di Cavaillon.<br />

•<br />

Il melone venne anticamente considerato simbolo di fecondità,<br />

forse in ragione dei numerosissimi semi, ed altresì associato<br />

al concetto di sciocco e goffo (uno stolto veniva chiamato<br />

mellone e una scemenza mellonaggine). Secondo Angelo De<br />

Gubernatis, la ragione di tale associazione è da ricercare nell’estrema<br />

fecondità di questi <strong>frutti</strong>, alla loro capacità generatrice,<br />

incontrollata, opposta alla ragione dell’intelligenza.<br />

•<br />

Altri medici del tempo li consideravano nocivi e imputarono al<br />

melone la morte di ben quattro imperatori e due pontefici. Anche<br />

il naturalista romano Castore Durante (1529-1590) nel suo<br />

Herbario nuovo del 1585 ammoniva di non abusarne perché<br />

«sminuiscono il seme genitale» e ne sconsigliava l’uso a diabetici,<br />

dispeptici e a tutti coloro che soffrono di disturbi dell’apparato digerente,<br />

promuovendo per tutti gli altri invece le virtù rinfrescanti,<br />

diuretiche e lassative.<br />

•<br />

I <strong>frutti</strong> del melone, oltre essere mangiati crudi come antipasto o<br />

come dessert, si possono anche cuocere per ottenere composte<br />

e marmellate. A fine raccolta sulle piante dei meloni restano dei<br />

<strong>frutti</strong>cini che non avranno tempo per una corretta maturazione,<br />

non sprecate: si possono mettere sottaceto e sono buonissimi,<br />

più dolci dei cetrioli.<br />

•<br />

Il melone, è il frutto ideale per chi accusa gli effetti del caldo perché<br />

oltre contenere una elevata percentuale d’acqua, è anche<br />

ricchissimo di sali minerali e di potassio (è quello che ne contiene<br />

di più in assoluto). Ha poche calorie e pertanto è indicato sia nelle<br />

diete dimagranti che per soggetti diabetici; disseta, rinfresca e favorisce<br />

la diuresi. E ancora, stimola la produzione della melanina<br />

(contiene betacarotene), contiene sostanze antiossidanti.<br />

N/51


Andamento delle vendite nella grande distribuzione<br />

Ad agosto 2017.<br />

In questo numero vengono illustrati i dati della categoria Frutta Secca<br />

raccolti sul nuovo universo Iri “Infoscan Census”, che include tutti<br />

i punti vendita a libero servizio con dimensione superiore ai 100 mq;<br />

i dati fanno riferimento all’anno terminante ad Agosto 2017 rilevati sui<br />

canali Ipermercati, Supermercati, Libero servizio piccolo.<br />

Il mercato della Frutta Secca sviluppa un fatturato di quasi 840 Mio<br />

di Euro in crescita +7,4% rispetto all’anno precedente, mentre a<br />

volume genera 74.129 (tons) con un trend del +5,4%.<br />

La categoria si sta spostando verso i segmenti con un posizionamento<br />

di prezzo medio più alto rispetto alla media della categoria.<br />

In generale si mantengono ottime performance di crescita per le<br />

varie categorie, mentre si evidenzia una sofferenza su Pistacchi,<br />

Arachidi, Semi di Zucca, Pinoli, Mandorle con guscio e Prugne.<br />

Si registra un aumento del prezzo medio su tutti i prinicpali segmenti,<br />

aumento che non coinvolge Pinoli e Mandorle con guscio.<br />

L’assortimento a scaffale nell’intero comparto della Frutta Secca è in<br />

continua crescita: nel totale Iper+Super+LSP il numero medio di referenze<br />

è di 133, in crescita (+12,6 Ref.) rispetto all’anno precedente.<br />

Trend<br />

Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Agosto 2017<br />

Mandorle<br />

(senza guscio)<br />

Mandorle<br />

(con guscio)<br />

Nocciole<br />

(senza guscio)<br />

Frutta<br />

essiccata /<br />

esotica /<br />

altri<br />

Frutta<br />

secca<br />

Noci<br />

(con guscio)<br />

21,2<br />

15,2<br />

5,4<br />

7,4<br />

Pistacchi<br />

(tostati e<br />

semi tostati) Arachidi<br />

(con guscio)<br />

0,6<br />

-0,5<br />

Arachidi<br />

(tostate e<br />

semi tostate)<br />

Semi<br />

di zucca<br />

(tostati e<br />

semi tostati)<br />

1,0 1,0<br />

9,1<br />

9,1<br />

Pinoli<br />

(senza guscio)<br />

2,0<br />

-1,1-0,3 -0,7<br />

-0,4<br />

-1,3<br />

11,3<br />

-1,2<br />

12,0<br />

10,5<br />

7,3<br />

12,6<br />

Prugne<br />

0,6 1,3<br />

Datteri<br />

e fichi<br />

1,3<br />

4,8<br />

Var % Volume<br />

Var % Valore<br />

N/52


Peso a volume<br />

Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq)<br />

Anno terminante Agosto 2017<br />

Frutta essiccata /<br />

esotica / altri<br />

12,5%<br />

Prugne<br />

9,8%<br />

Nocciole<br />

senza guscio<br />

0,8%<br />

Mandorle senza guscio<br />

7,3%<br />

Mandorle<br />

Datteri e fichi<br />

7,6%<br />

con guscio<br />

0,7%<br />

Pistacchi tostati -<br />

semi tostati<br />

4,1%<br />

Pinoli<br />

senza guscio<br />

1,2%<br />

Arachidi<br />

con guscio<br />

9,3%<br />

Noci con guscio<br />

16,6%<br />

Arachidi<br />

tostate -<br />

semi tostate<br />

12,3%<br />

Semi<br />

di zucca<br />

1,9%<br />

Peso a valore<br />

Totale Italia Iper+Super+LSP (da 100 a 399 mq)<br />

Anno terminante Agosto 2017<br />

Frutta essiccata /<br />

esotica / altri<br />

13,6%<br />

Nocciole<br />

senza guscio<br />

1,6%<br />

Prugne<br />

8,2%<br />

Pistacchi tostati -<br />

Datteri e fichi<br />

semi tostati<br />

4,9%<br />

6,8%<br />

Mandorle senza guscio<br />

12,1% Mandorle<br />

con guscio<br />

0,6%<br />

Arachidi<br />

con guscio<br />

5,1%<br />

Pinoli<br />

senza guscio<br />

7%<br />

Arachidi<br />

tostate -<br />

semi tostate<br />

6,3%<br />

Semi<br />

di zucca<br />

1,8%<br />

Noci<br />

con guscio<br />

11%<br />

Analyzer Report<br />

Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Agosto 2017<br />

Volume Vendite % Variazione percentuale<br />

Tot Ctg Frutta secca 74.129.584 5,4<br />

Pistacchi tostati - semi tostati 3.031.836 -0,5<br />

Arachidi con guscio 6.892.354 -1,1<br />

Arachidi tostate - semi tostate 9.089.141 -0,7<br />

Semi di zucca tostati - semi tostati 1.397.629 -0,4<br />

Noci con guscio 12.278.545 9,1<br />

Pinoli senza guscio 919.408 2,0<br />

Mandorle con guscio 516.483 11,3<br />

Mandorle senza guscio 5.423.834 21,2<br />

Nocciole senza guscio 585.739 10,5<br />

Frutta essiccata / esotica / altri 9.301.445 7,3<br />

Prugne 7.287.854 0,6<br />

Datteri e Fichi 5.636.171 1,3<br />

Analyzer Report<br />

Totale Italia Iper+super+LSP (da 100 a 399 mq) - Anno terminante Agosto 2017<br />

Valore Vendite % Variazione percentuale<br />

Tot Ctg Frutta secca 839.825.708 7,4<br />

Pistacchi tostati - semi tostati 57.392.440 0,6<br />

Arachidi con guscio 42.783.428 -0,3<br />

Arachidi tostate - semi tostate 53.016.413 1,0<br />

Semi di zucca tostati - semi tostati 14.831.802 1,0<br />

Noci con guscio 92.188.424 9,1<br />

Pinoli senza guscio 58.388.698 -1,3<br />

Mandorle con guscio 5.021.075 -1,2<br />

Mandorle senza guscio 101.705.629 15,2<br />

Nocciole senza guscio 13.098.542 12,0<br />

Frutta essiccata / esotica / altri 114.402.974 12,6<br />

Prugne 68.935.449 1,3<br />

Datteri e Fichi 41.171.742 4,8<br />

N/53


NEI DINTORNI:<br />

mangiare e bere, dalla natura alla tavola.<br />

Frutti buoni da mangiare e da cucinare. Mela, albicocca, prugna,<br />

pera, pesca e melone sono ingredienti perfetti per chi ama mangiare<br />

vegetale, senza rinunciare al gusto.<br />

Combinati con verdure di stagione e condimenti di ottima qualità,<br />

danno vita a piatti dal sapore caratteristico e dall’aspetto colorato<br />

e invitante. Un modo salutare per coccolarsi a tavola.<br />

Il nostro chef ha abbinato a ogni piatto una bevanda specifica per<br />

esaltarne maggiormente il sapore:<br />

Succo di mela e zenzero Bio Achillea Azienda Montana, un<br />

concentrato di frutta fresca, ricco di vitamine e buono in ogni momento<br />

della giornata; Succo di melagrana 100% Bio Achillea<br />

Azienda Montana, ricco di antiossidanti, ideale per il benessere<br />

di tutto l’organismo; Frullato verde Bio di mango, cavolo riccio<br />

e spinaci Voelkel, un mix di sapori, da quelli più esotici a quelli<br />

più classici, sempre buono e dissetante; Bardolino Chiaretto<br />

DOC Cantina di Custoza, vino rosato dal sapore fresco e persistente<br />

e dal profumo deliziosamente fruttato; Chianti “Nature”<br />

DOCG senza solfiti aggiunti Fattoria di Romignano, un classico<br />

intramontabile, dal sapore intenso e deciso; Birra Emmer<br />

Riedenburger, una bevanda tradizionale e ricca di sapore.<br />

Strudel di mele,<br />

prugne e panna<br />

di riso.<br />

Delizioso succo rinfrescante,<br />

dal sapore piacevolmente<br />

aspro per la presenza<br />

dello zenzero. Un<br />

succo di pura frutta fresca,<br />

che proviene esclusivamente<br />

da agricoltura<br />

biologica o da raccolta<br />

spontanea.<br />

Buono e sano è un vero<br />

toccasana per il benessere<br />

del corpo. Il suo gusto<br />

fresco lo rende una bevanda versatile,<br />

che può essere consumata in qualunque<br />

altro momento della giornata.<br />

Succo di mela e zenzero Bio<br />

Achillea Azienda Montana<br />

Tapioca pudding,<br />

confettura<br />

di mirtilli, albicocche<br />

disidratate e frutta<br />

fresca.<br />

Questo succo è un vero<br />

e proprio concentrato<br />

di antiossidanti; la<br />

melagrana contiene,<br />

infatti, un alto contenuto<br />

di flavonoidi. Inoltre, un<br />

solo bicchiere di succo<br />

di melagrana apporta<br />

circa il 40% del bisogno<br />

giornaliero di vitamina<br />

C e, in aggiunta a questo, è ricco di<br />

potassio, vitamina A, E, e acido folico.<br />

Succo di melagrana 100% Bio<br />

Achillea Azienda Montana<br />

Toast di pane<br />

guttiau, tofu alle<br />

olive, foglie di<br />

melone e tzatziki.<br />

Gli ingredienti per<br />

realizzare questo succo<br />

sono stati scelti con<br />

cura e in piena armonia<br />

con la natura. Ricco di<br />

vitamine, sali minerali<br />

e antiossidanti, questo<br />

prodotto unisce il gusto<br />

esotico del mango a<br />

quello salato di cavolo e<br />

spinaci. Un mix buono e<br />

dissetante, ideale in qualsiasi momento<br />

della giornata; una bevanda in grado di<br />

portare in tavola nuovi colori.<br />

Frullato verde Bio<br />

di mango, cavolo riccio e spinaci<br />

Voelkel<br />

Carnaroli mantecato<br />

con rapa rossa<br />

e pere in foglie,<br />

dukkah<br />

e uva.<br />

Fiore all’occhiello della<br />

zona di Bardolino sul<br />

Lago di Garda, questo<br />

vino rosato nasce da<br />

uve autoctone corvina,<br />

molinara e rondinella.<br />

Vino dal sapore fresco<br />

e persistente, con note<br />

leggere di piccoli <strong>frutti</strong><br />

rossi. In bocca risulta<br />

corposo e dotato di buona acidità. È<br />

un vino di grande versatilità, in grado di<br />

soddisfare palati dalle esigenze diverse.<br />

Bardolino Chiaretto DOC<br />

Cantina di Custoza<br />

Cotolette di seitan<br />

alla milanese,<br />

insalatina di pesche<br />

e cavolo cappuccio,<br />

riduzione di Chianti<br />

Classico.<br />

Un vino un rosso dalla<br />

forte personalità.<br />

Il suo gusto è ben<br />

bilanciato, armonico e<br />

asciutto con avvolgenti<br />

note floreali di mammole<br />

e giaggiolo, unite a un<br />

tipico carattere di <strong>frutti</strong><br />

rossi. Il colore è un rosso<br />

rubino intenso che, secondo l’origine,<br />

può tendere al nero.<br />

Chianti “Nature” DOCG<br />

senza solfiti aggiunti<br />

Fattoria di Romignano<br />

Tataki di mopur,<br />

pesche mele<br />

e sedano.<br />

Realizzata con tre diversi<br />

tipi di frumento, è una<br />

birra cruda e non filtrata.<br />

Il suo colore è scuro non<br />

per la tostatura del malto<br />

ma per la qualità dei<br />

grani impiegati.<br />

Birra dal profumo<br />

speziato al palato<br />

lascia percepire una<br />

sensazione maltata,<br />

contrastata dal finale<br />

leggermente acidulo.<br />

Birra Emmer<br />

Riedenburger<br />

N/55


LE RICETTE CREATIVE,<br />

INTERPRETATE DA CHEF DELLA SCUOLA ARTUSIANA<br />

OTTO PIATTI DA GUSTARE E COLLEZIONARE.<br />

I piatti da collezionare, presentati di seguito, continuano ad arricchire<br />

l’originale ricettario dedicato alla frutta secca.<br />

Ogni ricetta può essere staccata e collezionata nel raccoglitore,<br />

suddiviso idealmente in antipasti, primi piatti, secondi e dessert.<br />

Il risultato è un assortimento di sapori sfiziosi e unici, caratterizzati<br />

dall’originale presenza della frutta secca. Le deliziose proposte<br />

sono espressioni di cucina creativa che uniscono la tradizione<br />

culinaria di Pellegrino Artusi con l’innovativa presenza del gusto<br />

della frutta secca. L’Istituto professionale per i Servizi Alberghieri e<br />

della Ristorazione “Pellegrino Artusi” di Forlimpopoli è stato, infatti,<br />

teatro dell’elaborazione delle ricette presentate nelle prossime<br />

pagine, ideate dalla creatività del cuoco Luca Zannoni, insegnante<br />

di cucina proprio in questa scuola.<br />

Dopo aver lavorato nei ristoranti dei più prestigiosi hotel quattro<br />

stelle della Riviera romagnola, oggi è chef di cucina e consulente<br />

esterno al Centro Sportivo Federale di Coverciano. Nel 2008 ha<br />

rivestito il prestigioso incarico di Executive chef alle Olimpiadi di<br />

Pechino, presso Casa Italia e, nel 2009, ha seguito la Nazionale<br />

italiana di calcio in trasferta in Sud Africa per la Confederation<br />

Cup. Insegna all’Istituto Pellegrino Artusi e tiene corsi di pasticceria<br />

e cucina per le principali associazioni di categoria.<br />

Lo chef Luca Zannoni vanta un’esperienza di quasi 20 anni,<br />

avendo avuto la vocazione fin dalla più tenera età. Con esperienze<br />

internazionali, tra cui spicca l’incarico all’Harris Bar di Londra, è<br />

stato il più giovane “capo partita” del Grand Hotel di Rimini.<br />

L’Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della<br />

Ristorazione “Pellegrino Artusi” sorge nella città natale<br />

dell’Artusi e di questi promuove il pensiero e l’attitudine “dell’arte<br />

di mangiare bene”. La fama della scuola supera i confini locali e ad<br />

oggi è frequentata da centinaia di studenti.<br />

Sopra, il gruppo di lavoro in cucina.<br />

N/56


PRUGNE<br />

Strudel di mele, prugne e panna di riso.<br />

INGREDIENTI<br />

PER 4 PERSONE:<br />

• Pasta sfoglia vegana<br />

per il ripieno:<br />

• 1 kg mele<br />

• 120 gr uvetta<br />

• 120 gr pane grattato<br />

• 100 gr biscottini vegani<br />

• 30 gr foglie di prugne secche<br />

• 200 gr burro di soia<br />

• 180 gr zucchero di canna<br />

• 120 gr mandorle<br />

• 100 gr pinoli<br />

• 30 gr Amaretto di Saronno<br />

TEMPO RICHIESTO:<br />

2 ore circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: per il ripieno appassire le mele a cubetti con lo<br />

zucchero e l’uva passa, togliere dal fuoco e aggiungere il resto degli<br />

ingredienti. Stendere la pasta sottile, spennellarla con olio di semi<br />

e farcirla con il ripieno, arrotolare e cuocere a 170°C per circa 30’.<br />

Abbinare lo strudel con panna di riso leggermente montata e briciole<br />

di meringhe di ceci.<br />

In abbinamento:<br />

Tipico dessert della tradizione, croccante e profumato dal gusto pieno<br />

e dolce.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

Succo di mela e zenzero Bio<br />

Achillea Azienda Montana<br />

N/57


ALBICOCCHE<br />

Tapioca pudding, confettura di mirtilli, albicocche disidratate<br />

e frutta fresca.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 200 gr perle di tapioca<br />

• 500 ml latte di avena<br />

• 200 ml latte di cocco<br />

• 500 ml latte di riso<br />

• 150 gr zucchero di canna integrale<br />

• un pizzico di sale<br />

• 1 gr pasta vaniglia<br />

• 20 gr foglie di albicocche<br />

TEMPO RICHIESTO:<br />

10’ di cottura e 30’ di ammollo<br />

DIFFICOLTÀ: semplice<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: ammollare la tapioca per almeno 30’ in acqua fredda.<br />

Scolare bene le perle, aggiungere latte, sale, vaniglia e zucchero<br />

e porre il tutto in una casseruola. Portare a ebollizione a fuoco dolce<br />

e poi aggiungere le albicocche tagliuzzate grossolanamente. Lasciare<br />

sobbollire 4-5 minuti, fino a quando la tapioca non diventa traslucida,<br />

poi colare in tazza e servire con confettura di mirtilli, frutta fresca e<br />

foglie di albicocche.<br />

Piatto dolce e aromatico, sano e sostanzioso per una colazione da<br />

campioni.<br />

In abbinamento:<br />

La frutta disidratata e fresca, in abbinamento alla confettura, dona profumo,<br />

croccantezza e acidità.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

Succo di melagrana 100% Bio<br />

Achillea Azienda Montana<br />

N/58


MELONE<br />

Toast di pane guttiau, tofu alle olive, foglie di melone e tzatziki.<br />

INGREDIENTI<br />

PER 4 PERSONE:<br />

• 200 gr pane carasau<br />

• 400 gr tofu alle olive<br />

• 200 gr salsa tzatziki<br />

• 10 gr pasta di semi di zucca<br />

• 40 gr foglie di melone<br />

• pepe nero<br />

• fiori eduli<br />

TEMPO RICHIESTO:<br />

1 ora circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: per il pane guttiau, preparare una padella e riscaldarla,<br />

aggiungervi abbondante olio evo e rosolare dolcemente il pane<br />

carasau. Tagliare delle fettine sottili di tofu e confezionare dei quadri,<br />

passarle in padella calda e rosolarle con poco olio evo.<br />

Per la salsa tzatziki, spellare e tagliare i cetrioli in brunoise, strizzarli<br />

bene in un canovaccio per fare uscire il liquido amaro; unire 300 gr di<br />

cetrioli, 500 gr di yogurt di soia, 20 gr di prezzemolo + menta tritati,<br />

olio evo, 10-20 gr di cipollotto, sale e pepe bianco; mantenere in frigo<br />

e lasciare riposare per 12 ore.<br />

Comporre il piatto alternando i crackers spalmati con salsa tzatziki, il<br />

tofu ben caldo e le fettine di melone, ottenendo un toast. Posizionare<br />

un cucchiaio di salsa nel piatto e tirarla con il pettine, adagiarvi sopra il<br />

toast e terminare con pepe nero al mulinello e fiori eduli.<br />

Piatto saporito e profumato ma molto strutturato. La preparazione<br />

alterna alla sapida grassosità del toast la freschezza e l’acidità della<br />

salsa, arrivando così a un perfetto equilibrio.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

In abbinamento:<br />

Frullato verde Bio<br />

di mango, cavolo riccio e spinaci<br />

Voelkel<br />

N/59


PERE<br />

Carnaroli mantecato con rapa rossa e pere in foglie, dukkah e uva.<br />

INGREDIENTI<br />

PER 4 PERSONE:<br />

• 240 gr riso Carnaroli<br />

• 120 gr rape rosse a macedonia<br />

• 20 gr burro di soia<br />

• 20 gr foglie di pere<br />

• 8 gr dukkah<br />

• uva da tavola bianca e rossa<br />

• 20 gr yogurt di soia al naturale<br />

per il dukkah:<br />

• 200 gr sesamo bianco<br />

• 50 gr cumino<br />

• 50 gr coriandolo<br />

• 100 gr nocciole<br />

• sale e pepe q.b.<br />

TEMPO RICHIESTO: 1 ora circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: comporre il dukkah miscelando sesamo bianco,<br />

cumino e coriandolo in polvere grossolana, nocciole tritate finemente,<br />

regolare di sale, pepe nero e mantenere in un contenitore chiuso.<br />

Tostare il riso in casseruola, aggiungere la rapa rossa e cuocere in<br />

maniera tradizionale con brodo vegetale, dopo 10’ di cottura unire le<br />

pere tagliuzzate grossolanamente. Una volta cotto, mantecare con<br />

burro di soia. Impiattare distribuendo uniformemente sul risotto lo<br />

yogurt magro di contrasto, dukkah, uva e le pere rimanenti.<br />

In abbinamento:<br />

Piatto corposo e profumato, sapido e dal retrogusto terroso.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

Bardolino Chiaretto DOC<br />

Cantina di Custoza<br />

N/60


PESCHE<br />

Cotolette di seitan alla milanese, insalatina di pesche e cavolo cappuccio,<br />

riduzione di Chianti Classico.<br />

INGREDIENTI<br />

PER 4 PERSONE:<br />

• 8 piccole cotolette di seitan<br />

• 50 gr pane grattugiato<br />

• 30 gr farina<br />

per l’insalata:<br />

• 50 gr cavolo cappuccio bianco e rosso<br />

• 50 gr misticanza<br />

• 20 gr pesche disidratate<br />

• 4-8 datterini<br />

• noci a piacere<br />

per la riduzione di Chianti:<br />

• 1 lt Chianti Classico<br />

• 50 gr zucchero di canna<br />

TEMPO RICHIESTO:<br />

1 ora circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: impanare le fettine di seitan partendo da una pastella<br />

di acqua e farina, poi passarle nel pane. Mondare e lavare le<br />

verdure, confezionare l’insalatina di abbinamento, aggiungere noci a<br />

piacere e condire con poca citronette alla senape. Friggere le cotolette<br />

in padella, salarle leggermente e impiattarle calde con l’insalatina e<br />

il Chianti ridotto.<br />

In abbinamento:<br />

Piatto sostanzioso e croccante nelle consistenze, untuoso e fresco<br />

allo stesso tempo, sembra di mangiare una cotoletta classica.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

Chianti “Nature” DOCG<br />

senza solfiti aggiunti<br />

Fattoria di Romignano<br />

N/61


MELE<br />

Tataki di mopur, pesche mele e sedano.<br />

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:<br />

• 4 fette di mopur<br />

• mix di semi per crosta: sesamo, lino, canapa<br />

per l’insalata:<br />

• 1 mela<br />

• 1 pesca noce<br />

• 2 coste di sedano<br />

• 24 gr mela disidratata<br />

per la salsa di contrasto:<br />

• 80 gr yogurt di soia<br />

• 20 gr salsa di soia<br />

• 2 gr curcuma<br />

TEMPO RICHIESTO: 1 ora circa<br />

DIFFICOLTÀ: media<br />

SVOLGIMENTO DELLA RICETTA:<br />

Preparazione: inumidire le fette di mopur leggermente e impanarle<br />

con il mix di semi. Passare rapidamente in padella calda con olio evo e<br />

montare il tataki su un sasso caldo, terminare con la salsa di contrasto<br />

e l’insalatina di frutta e i germogli.<br />

In abbinamento:<br />

Piatto leggero e aromatico, il mopur viene dressato dalla salsa morbida<br />

ed equilibrato nel sapore dalla freschezza dell’insalata di frutta.<br />

Queste ricette sono state realizzate con i prodotti<br />

, dalla scuola Artusiana di Forlimpopoli.<br />

Birra Emmer<br />

Riedenburger<br />

N/62

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