LA RECENSIONE DI GIORGIO FOGAZZI Il Festival di Paolo Fresu non è una rassegna qualsiasi. Per capirlo non basta essere dei musicisti; bisogna frequentarlo, entrare nello spirito. Che non è fatto di sole note musicali; è qualcosa che, nel suo insieme, si chiama “spirito Time in Jazz”. Compreso Sebastiano, il responsabile logistico, che rende possibile i concerti all’aperto, quale che sia il tempo, con o senza vento, nei 26 gradi di un mattina frizzante o con i 40 gradi del mezzogiorno agostano. Il pubblico - quello degli spettatori - presenzia a uno dei due e anche tre concerti giornalieri (per 10 giorni di fila) stando spesso seduto per terra; mai un lamento. Fresu è la mente ed uno tra gli illustri esecutori; sempre presente a tutti i concerti, dei quali si propone come impeccabile presentatore (è un classico del Festival). Il cuore delle manifestazioni sta a Berchidda: il centro di un sole. I raggi sono le altre località dove si svolgono i concerti: Tempio, Ozieri, Telti, Porto San Paolo, San Teodoro, Mores… Quest’anno è stato ammirato un grandissimo pianista, Justin Kauflin, pupillo di Clark Terry e protagonista di un film proiettato in Piazza del Popolo, a Berchidda, che esalta i suoi rapporti col grandissimo trombettista. Ci sono state altre presenze accattivanti: tra queste, Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, il clarinettista/ sassofonista ed il fisarmonicista. Le loro esecuzioni GENTE DI BERCHIDDA hanno confermato la mia preferenza per la musica strumentale non amplificata dall’elettronica. Riesce a toccare la sensibilità nei modi che rendono l’emozione qualcosa di intimo e silenzioso; per dire che la musica non sono i suoni in sé, ma proprio l’arricchimento di chi ne fruisce; che si legge in un vissuto nobilitato. Gianni Coscia ha condiviso l’apprezzamento per Justin Kauflin, con una affettuosa chiosa: “diventerà sublime quando il tempo consentirà, alla sua tecnica straordinaria, di essere vissuta nella normalità del suo stile”. C’è anche un appunto, che mi sento di muovere al Festival, proprio perché è molto apprezzato ed apprezzabile: la presenza d’obbligo del linguaggio politicamente coretto, ostentato dalle voci che fanno da cornice all’evento musicale, con tutti i suoi tabernacoli, introduce una presenza ideologica che male si concilia con la vocazione dell’arte per l’assoluto, e con l’orientamento diversificato degli spettatori, che deve essere dato per scontato. Persino la serata per la Norma di Vincenzo Bellini, ha dato la sensazione di appartenere a questa linea. Il miscuglio della lirica col Jazz, ha infatti mostrato vuoti logici e improponibili contrapposizioni, che la tromba sapiente di Fresu, chiamata a fare da filo conduttore, non ha consentito di colmare. È mancata l’identità. (Giorgio Fogazzi è uno dei più longevi estimatori di T.I.J.) 52 ITA EVENTI
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