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Carte bollate - Polizia Penitenziaria

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Droga<br />

l’incHieSta – Destinazione carcere, sulle ali della droga<br />

L’illusione di vivere<br />

alla grande<br />

tra i problemi più gravi che si incontrano<br />

in carcere – e Bollate<br />

non ne è esente – c’è quello della<br />

tossicodipendenza, che è un fenomeno<br />

in crescita e una emergenza<br />

da affrontare. Si tratta di un problema<br />

che coinvolge indistintamente italiani<br />

e stranieri, ed è soprattutto di loro che<br />

parleremo in questo articolo<br />

In Italia esiste una struttura, il Sert,<br />

operante anche all’interno delle case<br />

di reclusione, che si occupa di tutti<br />

quelli che hanno problemi di tossicodipendenza<br />

e abbiamo intervistato gli<br />

operatori del Sert interno al carcere, la<br />

dottoressa Elena Barbàra, la dottoressa<br />

Karen Papazian e il dottor Walter Troielli.<br />

Dalle loro parole emerge il fatto che<br />

la migrazione forzata è spesso causa<br />

di disturbo post traumatico da stress:<br />

le condizioni in cui si svolge il viaggio<br />

verso ‘l’Eldorado’, l’arrivo in una terra<br />

sconosciuta e spesso percepita come<br />

ostile, la perdita dei rapporti con la famiglia,<br />

talora inducono lo straniero alla<br />

depressione e «… chi soffre di depressione<br />

o ansia è più vulnerabile alla tossicodipendenza.<br />

Spesso la mancanza di<br />

lavoro o la presenza di lavori saltuari<br />

possono lasciare molto tempo libero<br />

pieno di ansie e angosce e si può ricorrere<br />

a sostanze psicotrope per “autocurarsi”».<br />

Un altro elemento messo in luce da questi<br />

operatori riguarda l’atteggiamento<br />

che le diverse nazionalità hanno di<br />

fronte alla tossicodipendenza.<br />

«I migranti nordafricani – affermano -<br />

giungono in Europa anche minorenni, a<br />

volte completamente da soli. Questi coraggiosi<br />

ragazzini che si avventurano in<br />

un mondo completamente nuovo, spesso<br />

si fanno coraggio e si consolano con<br />

l’uso di droghe, che in questi casi inizia<br />

molto precocemente. In generale i detenuti<br />

tossicodipendenti nordafricani<br />

tendono a soffrire maggiormente, anche<br />

una volta disintossicati, di disturbi<br />

ansioso-depressivi di matrice culturale.<br />

Spesso la vergogna e lo stigma dell’essere<br />

tossicodipendenti e carcerati pesa<br />

molto su queste persone. A volte si passano<br />

interi mesi o anni in uno stato d’intossicazione<br />

cronica da alcol e cocaina<br />

con conseguenze psichiatriche anche<br />

12 carteBollate<br />

gravi e progressiva perdita di contatto<br />

con la realtà e del controllo sugli impulsi<br />

aggressivi».<br />

Questa affermazione è confermata<br />

dall’esperienza di alcuni detenuti provenienti<br />

dal Nord- Africa.<br />

la solitudine di Mohamed<br />

Mohamed Mezian, infatti, ci dice:<br />

«Sono arrivato in questo paese all’età<br />

di 8 anni, non avevo nessun familiare e<br />

mi sono trovato solo. La mia vita è stata<br />

molto difficile, ho dovuto affrontare<br />

molti ostacoli poi, man mano che crescevo,<br />

riuscivo bene o male a sopravvivere<br />

e a procurami il pane giornaliero<br />

con molta difficoltà e tanti sacrifici. Ho<br />

conosciuto una famiglia italiana che mi<br />

ha cresciuto e mi ha trattato come uno<br />

di loro. Con il passar degli anni, però,<br />

per la testa mi frullavano mari e monti<br />

di mondi, domande alle quali non riuscivo<br />

a rispondere e in quei momenti<br />

di stress e di debolezza, senza rendermene<br />

conto, mi sono trovato nel tunnel<br />

della droga» .<br />

Giù la maschera<br />

Il tunisino Ben Jrad Mehdi racconta:<br />

«Sono un ragazzo tunisino mi chiamo<br />

Ben Jrad Mehdi ho 32 anni arrivato in<br />

Italia nel 1998, faccio uso di droga dal<br />

2004. Nella mia famiglia non lo sanno<br />

tutti, solo mia moglie e mio fratello, che<br />

sono rimasti delusi del mio comportamento.<br />

Il mio progetto adesso è quello<br />

di togliermi la maschera di delinquente,<br />

io trascorro la mia giornata di mattina<br />

a scuola e pomeriggio nei vari gruppi<br />

o svolgendo attività sociali di reinserimento.<br />

Gli agenti si comportano bene<br />

e sono sempre disponibili. Nella mia<br />

vita voglio vivere tranquillo, come una<br />

persona normale, senza maschere né<br />

paura di fuggire» .<br />

la mia famiglia che non sa<br />

Faouzi è ancora più perentorio:<br />

«La mia famiglia non sa che ho il problema<br />

della tossicodipendenza perché<br />

per loro arrivare a questa condizione<br />

significa suicidio e non esiste nulla da<br />

fare per uscirne, anzi è considerato<br />

come uno scandalo per la famiglia, inoltre<br />

nel nostro paese chi fa uso di droga<br />

commette un reato penale e viene punito<br />

con una condanna da 1 anno fino a<br />

5 anni, senza pensare alla cura che non<br />

è mai esistita e mai esisterà».<br />

le seduzioni<br />

della bella Milano<br />

Anche l’esperienza di Jamal è emblematica:<br />

«Mi chiamo Jamal, ho 30 anni di cui<br />

metà passati in Marocco e l’altra metà<br />

tra Italia, Francia e Belgio. Quando stavo<br />

nel mio paese non mi è mai passato<br />

per la mente di usare la droga, ma purtroppo<br />

è successo quando sono arrivato<br />

in Italia: ho cominciato con uno spinello<br />

per farmi vedere in compagnia nel<br />

paesino dove abitavo, poi ho cominciato<br />

a scoprire come si può procurarselo<br />

senza pagarlo ed è successo quando<br />

cominciai a frequentare la bella Milano<br />

e conoscere gente nuova: era un altro

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