Carte bollate - Polizia Penitenziaria
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Droga<br />
l’analiSi – Parlano gli addetti ai lavori del Sert<br />
Per gli stranieri alternative negate<br />
il permesso di soggiorno è il grandissimo<br />
problema di fronte al quale<br />
spesso si infrangono anche i tentativi<br />
del Sert di prendere in carico gli<br />
extracomunitari. La dottoressa Elena<br />
Barbàra, psichiatra dell’Asl di Milano, la<br />
dottoressa Karen Papazian, educatrice<br />
professionale e il dottor Walter Troielli,<br />
psicoterapeuta, ci dicono: “Proprio la<br />
mancanza di documenti validi costituisce<br />
poi un problema enorme nel coniugare<br />
esigenze terapeutiche, riconosciute<br />
universalmente in termini di legge,<br />
alle esigenze costrittive e contenitive<br />
del contesto penale e carcerario”.<br />
Far capire al soggetto tossicodipendente<br />
straniero che a volte una presa<br />
in carico non è possibile proprio per<br />
mancanza di documentazione minima<br />
e sufficiente è un compito difficile e doloroso<br />
che riattiva vissuti di esclusione<br />
e persecutori nel paziente.<br />
Gli stranieri sono infatti tra le categorie<br />
di detenuti che soffrono maggiormente<br />
di situazioni di abbandono, di carenze<br />
di progetti trattamentali e di intervento,<br />
di scarsa tutela dei diritti fondamentali<br />
della persona; spesso questo rende<br />
difficoltoso formulare un programma<br />
alternativo al carcere.<br />
Programmi territoriali che prevedono<br />
la cura della tossicodipendenza abbinata<br />
al ritorno nella propria famiglia<br />
e dimora non sono ipotizzabili perché<br />
ci si trova spesso davanti una persona<br />
senza legami affettivi, arrivata da sola<br />
in Italia in cerca di fortuna.<br />
Anche i programmi comunitari non<br />
sono sempre facili da progettare in<br />
quanto le ultime fasi del periodo in<br />
comunità sono incentrate sull’inserimento<br />
territoriale e lavorativo; questi<br />
progetti ovviamente diventano molto<br />
più difficili se il paziente non possiede<br />
14 carteBollate<br />
Gli stranieri<br />
sono tra<br />
le categorie<br />
di detenuti<br />
che soffrono<br />
maggiormente<br />
per situazioni<br />
di abbandono,<br />
e carenze<br />
di progetti<br />
trattamentali<br />
permesso di soggiorno e ancor di più se<br />
ci sono decreti di espulsione.<br />
Sono gli stessi operatori comunitari<br />
che spesso espongono chiaramente le<br />
loro perplessità a inserire un soggetto<br />
straniero senza documenti nelle strutture<br />
poiché una gran parte del lavoro<br />
terapeutico sarebbe vana in vista di<br />
un’espulsione dal territorio italiano.<br />
Soprattutto durante i primi colloqui<br />
con persone straniere spesso ci si trova<br />
davanti ad uno sguardo perso, che<br />
esprime tanti interrogativi. Capita anche,<br />
di percepire una diffidenza iniziale<br />
dovuta al primo approccio con un’operatrice<br />
che è di sesso femminile.<br />
Emergono spesso anche durante i colloqui<br />
difficoltà linguistiche che a volte<br />
rallentano il processo di conoscenza e<br />
quindi di valutazione di un programma<br />
terapeutico più adeguato; la presenza<br />
del mediatore culturale, che purtroppo<br />
per carenza di fondi spesso non c’è, potrebbe<br />
essere un ponte fondamentale<br />
tra culture e mondi diversi.<br />
Si ascoltano frequentemente storie di<br />
solitudine, di allontanamento dalla<br />
propria famiglia o dai propri cari per<br />
andare alla ricerca di fortuna, ma spesso<br />
l’arrivo in Italia dopo interminabili<br />
viaggi si rivela deludente e l’inserimento<br />
molto difficoltoso. I migranti si trovano<br />
a iniziare una seconda vita ma in un<br />
mondo difficile e ostile e spesso questa<br />
difficoltà viene alleviata da una falsa<br />
speranza di rinascere grazie a un guadagno<br />
facile, ossia la strada dei reati.<br />
Anche l’approccio con la sostanza sembra<br />
un anestetico contro il dolore e la<br />
solitudine; il traffico di eroina e cocaina<br />
crea inevitabilmente false amicizie<br />
e un allontanamento illusorio<br />
dalla solitudine. Ma tutto svanisce nel<br />
momento in cui il soggetto viene arrestato<br />
ripiombando nella situazione<br />
di partenza. A questo si aggiunge che<br />
sono pochi i detenuti stranieri che riescono<br />
ad usufruire di colloqui, sia per<br />
la condizione di clandestinità che non<br />
consente di comprovare le relazioni di<br />
parentela, sia perché i familiari vivono<br />
ancora nel paese d’origine o sono<br />
comunque impossibilitati a recarsi in<br />
visita nel carcere dove il proprio caro<br />
è detenuto”.<br />
Anche l’avvocato Marco Cafiero nel suo<br />
intervento Carcere e droga: Il percorso<br />
a ostacoli sul sito www.progettouomo.net<br />
sostiene:<br />
“…che non sia possibile predisporre<br />
un progetto di recupero che si effettui<br />
esclusivamente tra le mura penitenziarie<br />
e non preveda un accompagnamento<br />
fuori dal carcere, sia che si tratti<br />
di un reinserimento sociale, sia che si<br />
tratti della prosecuzione del trattamento<br />
all’esterno o con i servizi territoriali<br />
di competenza o con le realtà del privato<br />
sociale.<br />
Un progetto limitato alla permanenza<br />
carceraria renderà verosimile il rischio<br />
che il soggetto, non ritrovando all’esterno<br />
quell’ambiente affettivo e protettivo<br />
creato dagli operatori, ricada in una<br />
situazione di emarginazione che, attraverso<br />
il meccanismo della “porta girevole”,<br />
lo riporterà in carcere».<br />
m. L.