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IL FENOMENO DEL LOOK ALIKE: “SAILING TOO CLOSE ... - Indicam

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“Il continuo uso di un marchio simile a quello del titolare, che determina inevitabili conseguenze<br />

negative sulla capacità distintiva del marchio del titolare e, se egli non si adopera per prevenire<br />

tale uso, il suo marchio perderà interamente la sua capacità distintiva. Questo attacco differisce<br />

notevolmente dal concetto di confusione. Questa confusione determina immediatamente un danno,<br />

mentre la dilution porta inevitabilmente alla distruzione del valore pubblicitario del marchio” 8 .<br />

Il concetto di dilution non è stato considerato allo stesso modo in tutti i Paesi. In particolare, la<br />

teoria della dilution si è sviluppata negli Stati Uniti e, nella Comunità Europea, in Germania e Gran<br />

Bretagna.<br />

Negli Stati Uniti, i giudici hanno stabilito che per avere successo in un’azione di dilution occorre<br />

che il titolare del marchio dimostri il cosiddetto “likelihood of injury” (rischio di danno) alla<br />

reputazione commerciale e la perdita di distintività del cosiddetto “distinctive quality” del<br />

marchio”. È stato detto, da più parti, che il concetto di “distinctive quality” riguarda i marchi con<br />

una significativa reputazione, o marchi con un ben fondato secondary meaning.<br />

In Europa, il concetto di dilution ha ricevuto una diversa interpretazione.<br />

Per esempio, in Germania, la dilution è stata sviluppata per proteggere i marchi notori. Gli elementi<br />

importanti che vengono tenuti in considerazione dalle Corti tedesche riguardano l’ambito in cui il<br />

marchio è conosciuto; se esso viene usato seriamente ed effettivamente, ed il pubblico di<br />

riferimento (sono state, per esempio, avviate con successo azioni di dilution dai titolari dei famosi<br />

marchi 4711, Roll Royce e Whisky Dimple).<br />

In Inghilterra, la teoria della dilution si è sviluppata molto più recentemente che negli Stati Uniti. Il<br />

nuovo Trademark Act del 1994 è il primo statuto inglese che ha riconosciuto la dilution in pratica,<br />

anche se non espressamente (la sezione 10 che riguarda la contraffazione del marchio e la sezione<br />

10.3, disciplina l’ipotesi dell’uso di un marchio simile o identico su prodotti differenti che<br />

costituisce contraffazione, se il marchio gode di reputazione nel Regno Unito, e l’uso del segno è<br />

idoneo a determinare perdita di capacità distintiva o di reputazione al marchio).<br />

Infine, tutti i Paesi che prevedono una legge di concorrenza sleale hanno previsto, come strumento<br />

alternativo alla tutela delle azioni concernenti il look-alike dei prodotti, un’azione di concorrenza<br />

sleale, in particolare per la cosiddetta “misappropriation”.<br />

Il concetto di misappropriation sta ad indicare l’ipotesi in cui il produttore del prodotto che, per il<br />

suo aspetto esteriore, assomiglia ad un prodotto più conosciuto, si sia appropriato dello sforzo<br />

creativo del primo produttore. E ciò indipendentemente da un rischio di confusione tra i due<br />

prodotti. Questa è l’impostazione tenuta anche dalle Corti francesi, per esempio in relazione alle<br />

azioni di concorrenza sleale e di cosiddetto parassitismo (o imitazione servile) dove i Tribunali<br />

guardano alle caratteristiche del packaging del prodotto, così come esso appare sul secondo<br />

prodotto, al fine di stabilire se questo packaging trae origine dal primo, oppure no. A questo<br />

proposito, ricordiamo il caso della “Classic Cola” che ottenne, con successo, una condanna in<br />

Francia di un produttore di Cola in bottiglie simili alla più famosa Coca Cola.<br />

3. La tutela contro il look-alike in Italia<br />

3.1 La confezione del prodotto: marchio o cos’altro?<br />

La tutela della confezione di un prodotto induce ad alcune riflessioni. Occorre, prima di tutto,<br />

stabilire se la confezione sia un segno oppure no.<br />

Riterremmo che i giudici tendono troppo spesso a sottovalutare il ruolo della confezione del<br />

prodotto. I magistrati danno maggiore importanza ai marchi apposti sulle confezioni, più che alla<br />

confezione in sé, cioè intesa come un insieme di colori, di forme, di scritte, di immagini che<br />

trasmettono messaggi importanti al consumatore. Nelle motivazioni dei giudici che si sono occupati<br />

di imitazione di confezioni, il principio diffuso e generalizzato è quello di considerare la confezione<br />

del prodotto come priva di capacità distintiva. Il giudice spesso ritiene che la confezione è un<br />

insieme di simboli diffusi, banali, non individualizzanti, dunque non meritevoli di protezione.<br />

Questa impostazione non è corretta. Stabilire se una confezione sia dotata di capacità distintiva, non<br />

dipende assolutamente da ciò che è riprodotto sulla confezione, bensì da come questa immagine è<br />

8 Callmann, The Law of Unfair Competition and Trademarks, 2 nd edition 1950, 1643.<br />

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