IL FENOMENO DEL LOOK ALIKE: “SAILING TOO CLOSE ... - Indicam
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essere considerati illeciti: la distanza che il secondo concorrente deve mantenere dal marchio di<br />
fatto può variare nel tempo, e così anche la modalità degli atti lesivi e la loro natura. Diversamente,<br />
in tema di marchi registrati, può variare la valutazione del Tribunale circa la maggiore o minore<br />
vicinanza dell’imitazione al segno, ma l’imitazione, ci pare, rimane sempre quella. Pertanto, a<br />
differenza della concorrenza sleale la violazione di marchio sarebbe “a geometria fissa”.<br />
Per esempio, è proprio a proposito del marchio registrato che si possono nutrire dei dubbi sul punto<br />
se il rischio di confusione comprende il rischio di associazione (rischio di associazione che<br />
presuppone la confusione 16 oppure che non la presuppone 17 ). Questo perché la fattispecie è<br />
tipizzata e, pertanto, ciò che deve essere valutato è solo la distanza tra il marchio registrato e il<br />
marchio contraffattore. Per l’atto di concorrenza sleale, invece, possono anche essere diversi gli atti<br />
di aggressione, ovvero le modalità con cui l’illecito è posto in essere.<br />
4. Il rischio di confusione in tema di concorrenza sleale.<br />
Dal “passing off” alla tutela del “goodwill” alla repressione della slealtà<br />
Dottrina e giurisprudenza individuano l’atto di concorrenza sleale in presenza di due requisiti:<br />
i) un livello, anche minimo, di novità nella realizzazione del soggetto passivo dell’atto;<br />
ii) la confusione creata dal soggetto attivo.<br />
Qui interessa il punto sub ii).<br />
Il concetto di confusione ha subito una profonda evoluzione nel tempo.<br />
La prima costruzione si riferiva al concetto di confusione intesa nel senso di scambiabilità (il<br />
consumatore acquista il prodotto A credendo che sia il prodotto B); il principio, secondo la<br />
terminologia inglese, si chiama “passing off” o “palming off”. Da questa impostazione iniziale si<br />
passa in seguito ad un concetto di confusione legato alla tutela dell’avviamento (“goodwill”). E<br />
allora non si guarda tanto alla confusione, ma quanto alla necessità di tutelare l’avviamento creato e<br />
quindi di evitare che i concorrenti “si approprino della messe di colui che ha seminato” 18 . Questo<br />
indirizzo ha dato poi il via alla costruzione moderna dell’istituto come appunto basata soprattutto<br />
sulla necessità di tutelare l’avviamento.<br />
La riforma della Convenzione di Parigi, con la riformulazione dell’art. 10 bis, (testo adottato a<br />
Stoccolma il 14 luglio 1967; il testo di Stoccolma è stato ratificato e reso esecutivo per l’Italia con<br />
Legge 28 aprile 1976) introduce un elemento di tutela del consumatore: occorrerà allora guardare<br />
non più o non solo alla scambiabilità tra prodotti e alla tutela dell’avviamento del produttore, ma<br />
alla confusione (di qualunque tipo) che si crea nella mente del consumatore, alterando il processo<br />
decisionale di quest’ultimo, al momento dell’acquisto del prodotto.<br />
Recentemente, si è tornati, tuttavia, ad una valutazione della confusione più vicina alla concezione<br />
originaria. E’ necessario valutare la slealtà del comportamento che deve essere vietato, tutelando il<br />
lavoro dell’imprenditore e garantendo di conseguenza un regime concorrenziale basato sulla<br />
correttezza e la lealtà 19 .<br />
Ci sembra, allora, che si possa adottare una nozione unitaria del concetto di rischio di confusione.<br />
Tale conclusione, da un lato rappresenta il naturale sviluppo dell’interpretazione attribuita al<br />
concetto di rischio di confusione in materia di marchi, dall’altro è l’unica comunque utilizzabile in<br />
16 Tale è l’orientamento della Corte di Giustizia, Caso C-251/95, Sabel BV v. Puma AG, in Dir. Ind. 1998, 2, 132; C-39-<br />
97, 29 settembre 1998, Canon Kabushiki v. Metro Goldwyn Mayer Inc., in GADI 1999, 4038; C-342/97 Lloyd<br />
Schuhfabrik Meyer & Co. GmbH v. Klijsen Handel BV, in GADI 1999, 4045.<br />
17 Si tratta dell’orientamento di una parte di dottrina minoritaria, orientamento a cui aderiamo, secondo il quale il rischio<br />
di associazione (concetto tipico del diritto del Benelux) deve essere inteso quale rischio indipendente dal rischio di<br />
confusione sull’origine e più ampio di quest’ultimo. Cfr. M. FRANZOSI, Sulla funzione del marchio e sul rischio di<br />
associazione, in Dir. ind. 1999, 138; GALLI, Il diritto transitorio dei marchi, Milano 1994; Funzione del marchio e<br />
ampiezza della tutela, Milano, 1996; G CASABURI, Rischio di associazione: tutela avanzata del marchio, in Segni e<br />
forme distintive, Giuffrè 2001; M. BOSSHARD, Rischio di associazione tra segni, ampiezza della tutela e funzione del<br />
marchio nella recente giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Contratto e Impresa, 1999, pag. 1.<br />
18 International New Service v. Associated Press, Corte Suprema Americana, 1918.<br />
19 Cfr. Cass., 9 marzo 1998 n. 2578, in questa rivista 1998, II, 255; Cass., 28 maggio 1999 n. 5243, ivi 2000, I, 3.<br />
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