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Fulvia Mercantini<br />
con la partecipazione di<br />
Daniele Blandini e Stefania Filippi<br />
Donna<br />
Piccolo manuale di informazione tecnica<br />
sulla tua salute
DONNA<br />
Piccolo manuale<br />
di informazione tecnica<br />
sulla tua salute<br />
Fulvia Mercantini<br />
con la partecipazione di<br />
Daniele Blandini e Stefania Filippi
Fulvia Mercantini<br />
Medico pluri-specialista, autrice di oltre 100 pubblicazioni scientifiche di argomento<br />
prevalentemente ematologico , attualmente è libero-professionista in Lodi dopo 20<br />
anni di attività ospedaliera nell’ambito della diagnostica.<br />
Nativa di Soresina (Cr) è rotariana dal 2001 e socia fondatrice del Rotary Club Adda<br />
Lodigiano .<br />
Daniele Blandini<br />
Medico specialista in Chirurgia Plastica, da molti anni Primario del reparto di Chirurgia<br />
Plastica dell’ASST di Lodi.<br />
Nativo di Modena è rotariano dal 2001 e socio fondatore del Rotary Club Adda Lodigiano<br />
Stefania Filippi<br />
Psicologa, selezionatrice del Personale per un’azienda di settore basata a Mantova.<br />
Nativa di Soresina (Cr) è Rappresentante Distrettuale (RD) del Rotaract del distretto<br />
2050 per l’anno rotariano in corso .<br />
È vietata la riproduzione e la diffusione, anche parziale e con qualsiasi mezzo analogico<br />
o digitale, dei contenuti di questa pubblicazione senza il consenso scritto degli autori.<br />
2
PRESENTAZIONE DEL GOVERNATORE<br />
Compito del Rotary è individuare e contribuire al benessere sociale, rilevare le esigenze<br />
della popolazione e farsi carico del loro soddisfacimento, nei nostri territori come in<br />
tutto il mondo: siamo un milione e trecentomila soci, siamo nati nel 1905 a Chicago<br />
per opera di Paul Harris e da allora operiamo volontariamente al servizio dell’umanità.<br />
Un esempio per tutti l’eradicazione della poliomielite nel mondo con la vaccinazione<br />
di circa tre miliardi di bambini.<br />
Quale Governatore del Distretto Rotary 2050 sono onorato di redigere questa breve<br />
prefazione all’opera “DONNA”: raramente ho visto concentrate tanta chiarezza, semplicità,<br />
precisione descrittiva ed anche piacevolezza in un’opera importante che accompagna<br />
la vita della donna, anche in momenti non belli riguardanti la salute. L’autrice,<br />
Fulvia Mercantini, socia del Club Adda Lodigiano appartenente al mio Distretto,<br />
ha profuso le sue vaste conoscenze sugli argomenti trattati, senza tralasciare nulla,<br />
esponendoli con serena rigorosità, affinché le lettrici conoscano in modo approfondito<br />
e scientificamente valido i problemi e le soluzioni per mantenere e curare la propria<br />
salute.<br />
Il volumetto, riedizione del precedente “TU DONNA”, è arricchito da due capitoli<br />
elaborati dal dottor Daniele Blandini (anche lui socio del Club Adda Lodigiano) e<br />
dalla dottoressa Stefania Filippi (Rappresentante Distrettuale Rotaract 2050).<br />
Questa guida donata a voi, care Lettrici, vuole essere una mattonella della “casa del<br />
bene” con la certezza che vi accompagnerà lungo il cammino della vita per aiutarvi a<br />
rendere più protetto e sano il corpo e la mente, Voi persone meravigliose che gelosamente<br />
custodite la bellezza nel Creato.<br />
Vi auguro una buona lettura e vi porgo un cordiale saluto.<br />
Angelo Pari<br />
Governatore del Distretto Rotary 2050<br />
3
4
INTRODUZIONE<br />
(Istruisci una ragazza e avrai istruito un popolo…)<br />
Questo opuscolo è un piccolo manuale tecnico sulla salute della donna.<br />
Non contiene consigli generici o incoraggiamenti melensi. Contiene informazioni di<br />
semplice comprensione, ma scientificamente rigorose e aggiornate, su argomenti che<br />
vengono solo accennati durante l’iter dell’istruzione scolastica e che diventano spesso<br />
terreno di divulgazione non disinteressata e non corretta nella stampa femminile, nelle<br />
chat e nei blog. Intende dare alle donne le conoscenze basilari per sorvegliare la loro<br />
salute, per fare le loro scelte sul tema della sessualità e della procreazione responsabile<br />
e per interagire con i medici in maniera piu’ proficua, con una consapevolezza maggiore.<br />
Le destinatarie privilegiate dell’opuscolo sono le ragazze maturande.<br />
Puo’ apparire fuori luogo informare le ragazze di 19 anni su temi come la menopausa,<br />
la fecondazione assistita, i tumori: il loro interesse immediato verso tali argomenti è<br />
nullo e quando si dovessero trovare ad affrontare queste problematiche in prima<br />
persona, sarebbe passato sufficiente tempo da rendere obsolete buona parte delle informazioni<br />
di questo opuscolo.<br />
Io ritengo pero’ che le maturande abbiano sufficiente cultura e maturità di crescita<br />
personale da renderle autorevoli dispensatrici di consigli a sorelle maggiori in cerca<br />
di gravidanza, mamme in menopausa, nonne, zie , amiche e conoscenti alle prese con<br />
disturbi femminili di vario genere.<br />
Ritengo cioè che le maturande possano essere un preziosissimo cavallo di troia per<br />
introdurre nella loro cerchia di conoscenze femminili una maggior consapevolezza<br />
sanitaria e la cultura della prevenzione.<br />
Il testo puo’ apparire freddo e asettico come il manuale di istruzioni di un elettrodomestico,<br />
ma assicuro che è stato scritto con l’intento affettuoso di riversarvi il piu’<br />
possible per migliorare (con i limiti delle mie capacità) la qualità di vita delle donne.<br />
Lo stile è a volte martellante. E’ certamente un retaggio di mio padre, maestro elementare<br />
d’altri tempi, che agli allievi esasperati dal suo rigore diceva: “Non mi importa<br />
se adesso mi odiate, basta che impariate!”.<br />
I 2 capitoli finali sono il contributo specialistico di due amici rotariani , professionisti<br />
di chiara fama: il Dott. Daniele Blandini (Chirurgo Plastico) e la Dott.ssa Stefania<br />
Filippi (Psicologa): un grande grazie a Loro, per aver condiviso l’onere con prontezza<br />
e competenza.<br />
5
Credo infine che conoscere i contenuti dell’opuscolo possa essere di grande utilità<br />
anche per i maturandi e i “maschi” in genere. Vari argomenti trattati sono comunque<br />
condivisi (la scelta del metodo contraccettivo, l’infertilità, la gravidanza, le malattie<br />
a trasmissione sessuale, i disturbi alimentari); inoltre conoscere l’altra metà del cielo<br />
vuol dire non solo essere compagni piu’consapevoli della propria donna ma anche<br />
poter “sorvegliare” le donne di casa e sollecitarle a fare periodicamente le visite e i<br />
test di prevenzione .<br />
Un abbraccio affettuoso a tutti voi che avete già letto fin qui.<br />
Fulvia Mercantini<br />
Lodi, 22 Aprile 2017<br />
Seconda Giornata Nazionale della Salute della Donna<br />
la con-<br />
6
INDICE<br />
Anatomia e Terminologia in immagini .........................................................................................Pag. 9<br />
La Contraccezione ................................................................................................................................................Pag. 11<br />
L’Infertilità e la Procreazione Medicalmente Assistita ..............................................Pag. 29<br />
La Gravidanza ..........................................................................................................................................................Pag. 37<br />
La Menopausa ...........................................................................................................................................................Pag. 51<br />
Le Malattie Sessualmente Trasmissibili ......................................................................................Pag. 65<br />
la contraccezione<br />
I Tumori Femminili Maligni .....................................................................................................................Pag. 71<br />
Chirurgia estetica ..................................................................................................................................................Pag. 81<br />
La Dismorfobia e i disturbi alimentari.........................................................................................Pag. 89<br />
7
8
ANATOMIA E TERMINOLOGIA<br />
DELL’APPARATO GENITALE FEMMINILE INTERNO<br />
4<br />
3<br />
5<br />
6<br />
2<br />
1<br />
1) VAGINA - 2) COLLO DELL’UTERO - 3) UTERO - 4) TUBE DI FALLOPPIO<br />
- 5) OVAIO - 6) FIMBRIE<br />
9
10<br />
LA CONTRACCEZIONE<br />
Contraccettivi di barriera, contraccettivi ormonali,<br />
contraccettivi impiantabili, contraccettivi di emergenza,<br />
metodi naturali
UN PO’ DI FISIOLOGIA<br />
Nel periodo fertile della vita della donna (tra la pubertà e la menopausa) circa ogni<br />
mese, sotto l’influsso degli ormoni della ghiandola Ipofisi e dell’Ipotalamo, cresce e<br />
matura un follicolo. A maturazione completa, il follicolo si rompe (ovulazione) liberando<br />
nella tuba la cellula-uovo o ovocita. Il follicolo resta poi attivo solo per pochi<br />
giorni producendo l’ormone progesterone.<br />
L’ovocita ha addirittura solo 24 ore di vita. Se entro tale periodo uno spermatozoo penetra<br />
nell’ovocita, si verifica la fecondazione e si genera un embrione. Queste due<br />
tappe avvengono nella tuba.<br />
Nel frattempo, grazie all’ormone progesterone prodotto dal follicolo, la mucosa uterina<br />
(endometrio) subisce delle modificazioni per diventare idonea all’impianto dell’embrione.<br />
L’embrione fecondato arriva nell’utero per impiantarsi dopo circa 5 giorni.<br />
Se l’uovo non viene fecondato, si verifica una brusca riduzione del progesterone e<br />
l’endometrio si sfalda e viene espulso tramite la mestruazione.<br />
Nei giorni dell’ovulazione, anche il muco prodotto nel canale cervicale dell’utero si<br />
modifica per rendere più agevole il passaggio degli spermatozoi. Al contrario, nei<br />
giorni successivi, quando inizia la produzione del progesterone, il muco diventa denso<br />
ed “ostile” al passaggio degli spermatozoi.<br />
la contraccezione<br />
11
I più diffusi metodi contraccettivi agiscono, singolarmente o contemporaneamente,<br />
proprio su queste diverse tappe:<br />
a) bloccano meccanicamente l’accesso all’utero degli spermatozoi<br />
b) modificano il muco cervicale<br />
c) bloccano l’ovulazione<br />
d) impediscono l’annidamento dell’embrione<br />
La contraccezione è l’insieme dei metodi che consente di controllare in modo temporaneo<br />
e reversibile il processo della riproduzione.<br />
Va sottolineato che solo l’astensione totale dai rapporti garantisce una protezione da<br />
gravidanze indesiderate (e malattie sessualmente trasmissibili) pari al 100%.<br />
Tutti gli altri metodi contraccettivi presentano margini di rischio.<br />
Ogni donna (e ogni coppia) ha esigenze contraccettive peculiari e non esiste “il”<br />
metodo valido per tutte.<br />
Le informazioni tecniche seguenti saranno solo la 1^ tappa di un orientamento decisionale<br />
che deve forzatamente coinvolgere anche il partner e il ginecologo.<br />
I contraccettivi oggi disponibili sono:<br />
Contraccettivi di barriera (Preservativo, Diaframma, Profilattico femminile,<br />
Spermicidi)<br />
Contraccettivi ormonali (“Pillola”, “Minipillola”, Cerotto, Anello vaginale,<br />
Pillola trimestrale, Spirale IUD ormonale, Iniezione periodica)<br />
Contraccettivi impiantabili (Spirale IUD al rame, Spirale IUD ormonale,<br />
Bastoncini impiantabili sottocute)<br />
Contraccettivi d’emergenza (“Pillola del giorno dopo”, Spirale IUD al<br />
rame)<br />
Metodi naturali (Coito interrotto, Metodo Ogino-Knaus, Metodo Billings,<br />
Metodo della temperatura basale)<br />
la contraccezione<br />
12
CONTRACCETTIVI DI BARRIERA<br />
PRESERVATIVO (CONDOM, PROFILATTICO)<br />
Il preservativo è una sottilissima guaina di gomma che avvolge<br />
il pene in erezione impedendogli il contatto diretto con l’apparato<br />
genitale femminile.<br />
Deve essere infilato sul pene in erezione prima di qualsiasi contatto con l’apparato<br />
genitale della donna: già all’inizio dell’erezione il pene può emettere gocce di secrezione<br />
contenenti spermatozoi.<br />
Il pene deve essere integralmente avvolto dal preservativo, fino alla base.<br />
Il pene va ritirato dalla vagina quando è ancora in erezione per evitare fuoriuscite<br />
laterali di sperma. Per lo stesso motivo, durante la retrazione, il preservativo va tenuto<br />
bloccato con le dita.<br />
È meglio comunque associare sempre il preservativo all’impiego di prodotti spermicidi.<br />
Ogni preservativo va usato 1 sola volta.<br />
Non vanno utilizzati lubrificanti vaginali oleosi se il preservativo è di lattice (aumentano<br />
il rischio di rottura).<br />
Il preservativo ha il grande vantaggio di proteggere dalle malattie sessualmente<br />
trasmissibili (dal Trichomonas al Papillomavirus o all’Hiv). Per questo motivo andrebbe<br />
usato comunque (nonostante siano già in atto altre metodiche contraccettive,<br />
quali la “pillola” o la spirale) in caso di rapporti con partners occasionali o con partners<br />
che frequentino altri partners.<br />
Ne esistono di vari tipi adatti a ogni esigenza e sono liberamente in vendita.<br />
I rischi del preservativo sono legati alla possibilità di rottura e al suo utilizzo<br />
maldestro, cioè alla non osservanza delle indicazioni su riportate.<br />
Se correttamente utilizzato, il preservativo ha una sicurezza tra l’85% e il 98.8%.<br />
la contraccezione<br />
13
DIAFRAMMA<br />
Il diaframma è una cupola di gomma o di lattice montata su un<br />
anello flessibile che la donna colloca sul fondo della vagina coprendo<br />
il collo dell’utero; impedisce pertanto agli spermatozoi di entrare<br />
nell’utero.<br />
la contraccezione<br />
Può essere inserito dalla donna anche ore prima del rapporto. Però va associato a<br />
un prodotto spermicida. Lo spermicida va spalmato sui bordi e sul fondo del diaframma<br />
ma ha una durata di efficacia breve. Pertanto, prima del rapporto, anche senza togliere<br />
il diaframma, è meglio inserire in vagina una nuova dose di spermicida.<br />
Il diaframma deve essere tenuto in vagina per almeno 6-8 ore dopo il rapporto,<br />
per consentire allo spermicida di fare effetto. Per evitare di asportare lo spermicida,<br />
durante le 6-8 ore vanno evitate le lavande.<br />
In ogni caso il diaframma non deve stare in vagina per più di 24 ore.<br />
La sua presenza non è avvertita né dalla donna né dal suo partner.<br />
Dopo l’uso va lavato con acqua e sapone neutro, asciugato bene e protetto in un contenitore<br />
rigido.<br />
Prima del nuovo uso, va controllato controluce, per escludere la presenza di fori o un<br />
assottigliamento della gomma.<br />
Si impara facilmente a collocare il diaframma in vagina, ma occorre inizialmente<br />
l’addestramento di un’ostetrica o del ginecologo.<br />
Il diaframma è in libera vendita ma va prescritto dal ginecologo o dall’ostetrica<br />
dopo un’accurata visita perché deve essere “su misura”, dovendosi adattare perfettamente<br />
al fondo vaginale della donna. La misura inoltre cambia nel tempo:<br />
ad esempio se il peso corporeo aumenta di più di 5 kg o dopo una gravidanza.<br />
Proprio perché si deve adattare perfettamente all’anatomia della donna, il diaframma<br />
è controindicato in presenza di malformazioni o malposizioni della vagina (prolasso<br />
uterino, rettocele, cistocele, etc.), in chi soffre di infiammazioni vaginali (ad es.<br />
Candidosi), in chi è allergica o mal tollera il contatto con i prodotti spermicidi<br />
(oppure se è il partner ad esserlo).<br />
Non protegge dalle malattie sessualmente trasmissibili.<br />
14
PRESERVATIVO FEMMINILE (FEMIDOM)<br />
Il preservativo femminile è una specie di guaina a fondo chiuso<br />
lunga quanto un preservativo maschile e costituita di materiale<br />
similare (lattice, poliuretano).<br />
Il fondo e l’imboccatura della guaina sono montati su 2 anelli flessibili: l’anello del<br />
fondo viene inserito profondamente in vagina e si colloca in modo da coprire il collo<br />
uterino (in maniera similare al diaframma).<br />
L’anello dell’imboccatura, assai più largo, resta all’esterno a coprire parzialmente i<br />
genitali e serve per inserire il pene.<br />
È un dispositivo piuttosto recente (1993) e poco diffuso in Italia.<br />
È sicuro quanto il preservativo maschile e protegge dalle malattie sessualmente<br />
trasmissibili.<br />
Il preservativo femminile è particolarmente utile in occasione di rapporti occasionali,<br />
quando la donna non può delegare al partner l’uso di sistemi di protezione dalle infezioni.<br />
Riduce la sensibilità maschile meno del preservativo.<br />
Richiede un certo addestramento per essere correttamente inserito.<br />
Può generare gli stessi problemi di bassa tolleranza o allergia del preservativo.<br />
lato<br />
chiuso<br />
lato<br />
aperto<br />
SPERMICIDI<br />
Gli spermicidi sono prodotti chimici che, a contatto con gli spermatozoi, ne causano<br />
il danneggiamento o la morte.<br />
Devono essere utilizzati esclusivamente in associazione con il preservativo o il<br />
diaframma, poiché da soli non sono sufficienti a garantire la contraccezione.<br />
la contraccezione<br />
15
Sono disponibili in creme, gel, ovuli, capsule.<br />
Vanno inseriti profondamente in vagina appena prima del rapporto: l’efficacia spermicida<br />
è di breve durata (60 minuti).<br />
Possono essere allergizzanti o irritanti sulla mucosa vaginale e alterarne la flora<br />
batterica saprofita (cioè “sana”).<br />
Possono essere irritanti o allergizzanti anche per il partner maschile.<br />
CONTRACCETTIVI ORMONALI<br />
I contraccettivi ormonali sono certamente il metodo contraccettivo<br />
più diffuso e sono dotati di altissima sicurezza (fino a oltre il 99%).<br />
Hanno talora anche un’indicazione terapeutica:<br />
● regolarizzano il ciclo mestruale<br />
● curano patologie quali endometriosi, fibromi, cisti ovariche, menopausa<br />
precoce, cefalea periodica<br />
● alleviano i dolori mestruali<br />
● riducono i sintomi della sindrome premestruale<br />
● riducono la perdita mestruale e quindi il rischio di anemia da carenza di<br />
ferro<br />
● possono essere curativi di disturbi estetici quali acne, peli superflui o diradamento<br />
dei capelli<br />
Tuttavia:<br />
la contraccezione<br />
● non proteggono dalle malattie sessualmente trasmissibili<br />
● hanno controindicazioni in varie condizioni patologiche (ipertensione arteriosa,<br />
diabete mellito, obesità, ipercoagulabilità)<br />
● alcuni aumentano il rischio di tumore della mammella<br />
● per alcune donne hanno effetti collaterali pesanti (nausea, secchezza vaginale,<br />
macchie cutanee).<br />
16
PILLOLA<br />
La “Pillola” per antonomasia è un’associazione di 2 ormoni (un<br />
estrogeno e un progestinico). Tale associazione blocca l’ovulazione.<br />
Ne esistono numerosi tipi, diversi in base al dosaggio dell’estrogeno (etinilestradiolo),<br />
al tipo di progestinico (desogestrel, drospirenone, gestodene, levonorgestrel)<br />
e al dosaggio del progestinico.<br />
Gli effetti curativi e le controindicazioni sono dunque diversi e solo il ginecologo è in<br />
grado di fare la corretta scelta.<br />
Si assume normalmente per 21 giorni, possibilmente sempre alla stessa ora.<br />
Alcuni marchi, per non far perdere alla donna l’abitudine di assumere la pillola tutti i<br />
giorni alla stessa ora, contengono 28 compresse: di queste solo 21 contengono ormoni,<br />
le ultime 7 (diversamente colorate) sono “vuote” (placebo).<br />
Quando si inizia da zero l’assunzione della pillola, la 1° pillola va assunta il 1° giorno<br />
del flusso mestruale.<br />
La mestruazione compare nella settimana di sospensione; la nuova serie di pillole va<br />
assunta a partire esattamente dall’8° giorno di sospensione, indipendentemente dal<br />
fatto che la mestruazione sia ancora in corso o non si sia verificata.<br />
Se la mestruazione non è arrivata, è però obbligatorio eseguire preventivamente un<br />
test di gravidanza: la pillola non può essere riassunta se il test risulta positivo.<br />
Se si dimentica l’assunzione di una pillola, si può assumerla entro 12-24 ore. L’efficacia<br />
contraccettiva tuttavia in quel mese non è garantita e vanno associati altri metodi contraccettivi<br />
(ad esempio il preservativo).<br />
Analogamente, non vi è efficacia contraccettiva se intervengono diarrea o vomito<br />
nelle 5 ore successive all’assunzione della pillola.<br />
Può ridurre l’efficacia contraccettiva della pillola anche l’assunzione contemporanea<br />
di antibiotici, antiepilettici e altri farmaci, compresi farmaci da banco senza necessità<br />
di prescrizione medica o prodotti erboristici (ad esempio l’iperico o erba di San Giovanni).<br />
La pillola si può assumere immediatamente dopo un aborto.<br />
Al contrario, dopo una gravidanza, se è in corso l’allattamento al seno, la pillola è<br />
controindicata ed è consigliabile assumere la “minipillola”.<br />
A volte il ginecologo (in caso di patologie particolari come le cefalee periodiche<br />
gravi) può autorizzare l’assunzione continuativa di pillola senza sospensione fino a<br />
13 settimane. Non è invece consigliabile evitare la settimana di pausa per motivi futili<br />
(come la vacanza!).<br />
Tipologie particolari di “pillola” che il ginecologo può prescrivere sono le “bifasiche”<br />
e le “trifasiche”.<br />
la contraccezione<br />
17
In queste pillole la concentrazione di estrogeno e progestinico non è uguale in tutte le<br />
compresse ma varia nelle diverse settimane, mimando meglio ciò che si verifica fisiologicamente<br />
nel corpo delle donne.<br />
La scelta della pillola va comunque riservata al ginecologo. Questi, oltre alla visita<br />
ginecologica, misurerà peso, altezza e pressione arteriosa, farà l’esplorazione mammaria,<br />
raccoglierà l’anamnesi relativamente a malattie tromboemboliche e prescriverà<br />
poche analisi di routine: emocromo, transaminasi, glicemia, esame delle urine, colesterolo<br />
totale e HDL, trigliceridi. In casi particolari potrà richiedere un approfondimento<br />
dei test di coagulazione.<br />
La pillola infatti tende a: dare aumento di peso e aumento della pressione arteriosa, peggiorare<br />
il diabete mellito e talune patologie del fegato e del rene, aumentare il rischio di<br />
patologie cardiovascolari, tromboemboliche e il rischio di tumore mammario.<br />
Richiede pertanto obbligatoriamente la ricetta medica e va monitorata con visite<br />
periodiche dal ginecologo.<br />
MINIPILLOLA<br />
La minipillola è una pillola a base di solo progestinico e la sua<br />
azione contraccettiva è basata prevalentemente sulla modificazione<br />
del muco del collo dell’utero.<br />
la contraccezione<br />
18<br />
La minipillola ha un’efficacia contraccettiva lievemente inferiore alla “pillola”.<br />
Deve essere assunta quotidianamente senza interruzione (28 giorni su 28) e rispettando<br />
l’orario di assunzione; l’interferenza da parte di vomito o diarrea nelle 5<br />
ore successive all’assunzione e l’interferenza da parte dei farmaci è simile a quanto<br />
già detto per la “pillola”.<br />
La minipillola richiede anch’essa la ricettazione medica, la visita ginecologica<br />
preliminare e i controlli periodici.<br />
Ha il vantaggio di non interferire con la lattazione e di essere utilizzabile subito<br />
dopo il parto anche se si desidera l’allattamento.<br />
Ha meno controindicazioni di salute rispetto alla “pillola” (non peggiora le patologie<br />
della coagulazione e del metabolismo lipidico né l’ipertensione arteriosa).<br />
CEROTTO<br />
Il cerotto transdermico contiene ormoni estrogeni e progestinici<br />
come la “pillola” e pertanto impedisce l’ovulazione; cambia solo il<br />
modo di assunzione degli ormoni che anziché avvenire per via orale<br />
avviene tramite la cute.<br />
Il cerotto rilascia infatti gradualmente gli ormoni nella cute.<br />
1 cerotto dura 7 giorni, dopo i quali va sostituito; la sostituzione deve avvenire sempre
nello stesso giorno, non necessariamente alla stessa ora.<br />
Dopo 3 cerotti (cioè dopo 3 settimane), si attua 1 settimana di sospensione, nel corso<br />
della quale arriva la mestruazione.<br />
Il cerotto ha il vantaggio di dover essere applicato solo 3 volte nel mese e di non<br />
dover rispettare necessariamente l’orario di applicazione.<br />
Non subisce interferenza da vomito o diarrea.<br />
Può tuttavia staccarsi dalla cute o generare dermatiti nel punto di applicazione.<br />
Subisce la stessa interferenza già descritta per la pillola e la minipillola in caso di assunzione<br />
contemporanea di farmaci (antibiotici, antiepilettici, farmaci da banco o erboristici).<br />
Ha le stesse controindicazioni di salute della pillola e richiede la ricettazione medica,<br />
la visita ginecologica preliminare e i controlli periodici.<br />
La sua efficacia contraccettiva è paragonabile alla pillola ma non è sicura nelle donne<br />
obese e nelle donne con peso superiore ai kg 90: in queste situazioni la concentrazione<br />
di ormoni raggiunta nel sangue potrebbe essere troppo bassa.<br />
ANELLO VAGINALE<br />
È un anello di materiale plastico antiallergico imbevuto di ormoni<br />
estrogeni e progestinici analoghi a quelli della “pillola” e del “cerotto”.<br />
Pertanto anche l’anello vaginale agisce primariamente bloccando<br />
l’ovulazione.<br />
Va posizionato profondamente in vagina, lasciato per 3 settimane consecutive e quindi<br />
rimosso. Non viene avvertito né dalla donna né dal partner.<br />
Dopo le 3 settimane, si attua 1 settimana di sospensione (in cui comparirà la mestruazione)<br />
e quindi va ricollocato un nuovo anello.<br />
L’anello vaginale ha il vantaggio di essere applicato solo 1 volta al mese; l’applicazione<br />
è facilmente eseguibile dalla donna.<br />
Ha la stessa sicurezza contraccettiva della pillola.<br />
Non subisce interferenze da vomito e diarrea ma ha le stesse controindicazioni di<br />
salute e le stesse interferenze da farmaci.<br />
Richiede pertanto la ricettazione medica, la visita ginecologica preliminare e i controlli<br />
periodici.<br />
A causa delle sue modalità di inserimento, può aumentare il rischio di<br />
infiammazioni/infezioni vaginali e cervicali (in particolare da Candida).<br />
la contraccezione<br />
19
PILLOLA TRIMESTRALE<br />
È da poco in commercio anche in Italia (2015).<br />
È una pillola a base di estrogeni e progestinici, come la pillola<br />
classica, ma formulati secondo un dosaggio che rende possibile l’assunzione<br />
senza interruzione per 3 mesi.<br />
Al termine dei 3 mesi si interrompe per 1 settimana e poi si riprende l’assunzione per<br />
altri 3 mesi, e così via.<br />
Con la pillola trimestrale i flussi mestruali annuali si riducono dai normali 13 a 4.<br />
Questo comporta grandi vantaggi in alcune situazioni cliniche quali l’endometriosi, la<br />
dismenorrea (mestruazioni dolorose), l’anemia da carenza di ferro, le cefalee periodiche,<br />
le sindromi premestruali molto accentuate.<br />
Presenta anche vantaggi di tipo non medico: la maggior libertà dal flusso mestruale<br />
può essere apprezzata dalle atlete o comunque dalle donne che vogliono essere al<br />
massimo della forma fisica per il loro tipo di lavoro o che vogliono programmare più<br />
liberamente la vita sessuale o la vacanza.<br />
La pillola trimestrale non implica un maggior sovraccarico ormonale rispetto alla<br />
pillola classica. Condivide con la pillola classica tutte le controindicazioni e quindi<br />
necessita della stessa tipologia di controlli ginecologici ed ematochimici.<br />
A breve arriverà in commercio anche la pillola annuale.<br />
SPIRALE ORMONALE (IUD)<br />
È un piccolo dispositivo a forma di T, imbevuto di ormone<br />
progesterone.<br />
la contraccezione<br />
Viene impiantato nell’utero dal ginecologo durante la mestruazione e resta in sede<br />
per 3-5 anni, nel corso dei quali rilascia gradualmente progesterone.<br />
È quindi simile alla “minipillola”: non blocca l’ovulazione ma impedisce il transito<br />
degli spermatozoi e rende meno ospitale l’endometrio all’impianto di eventuali embrioni.<br />
Riduce notevolmente il flusso mestruale evitando mestruazioni abbondanti ed emorragiche<br />
e riduce il rischio di formazione di polipi uterini.<br />
Tuttavia, durante il periodo mestruale, la spirale potrebbe spostarsi (in rari casi essere<br />
espulsa).<br />
Inoltre aumenta il rischio di infezioni dell’endometrio.<br />
Nonostante abbia una validità di lunga durata, necessita di controlli periodici<br />
dal ginecologo (almeno 1 volta l’anno).<br />
20
INIEZIONE DI PROGESTINICI<br />
È un metodo ancora poco diffuso in Italia.<br />
Consiste nell’iniezione intramuscolare di un progestinico che assicura<br />
l’assenza di ovulazione per circa 3 mesi, con una sicurezza<br />
contraccettiva molto elevata (> 99%).<br />
Dopo i 3 mesi l’iniezione va ripetuta.<br />
Si sconsiglia di proseguire il trattamento per più di 2 anni poiché ci sarebbe<br />
rischio di riduzione della densità ossea (osteoporosi).<br />
Ha il vantaggio di ridurre la perdita mestruale, a volte fino alla scomparsa.<br />
Spesso si associa però a sensazione di gonfiore, tensione mammaria, cefalea.<br />
CONTRACCETTIVI IMPIANTABILI<br />
Di uno (la Spirale al progesterone) abbiamo già parlato nel precedente paragrafo,<br />
poiché oltre ad essere “impiantabile” è anche ormonale.<br />
Il contraccettivo impiantabile per antonomasia è la Spirale al rame.<br />
SPIRALE IUD AL RAME<br />
La spirale al rame è un piccolo dispositivo di plastica a forma di T<br />
circondato da un filo sottile spiralizzato di rame.<br />
Viene impiantato nell’utero dal ginecologo durante la mestruazione e resta in sede<br />
per 3-5 anni, nel corso dei quali rilascia costantemente piccole quantità di rame. Il<br />
rame ha un’ottima attività spermicida e rende inospitale l’endometrio all’impianto di<br />
un eventuale embrione.<br />
Per questo motivo la Spirale al rame è considerata anche un metodo di cosiddetta<br />
“Contraccezione d’Emergenza”: inserita entro 5 giorni da un rapporto a rischio,<br />
evita la gravidanza nel 99% dei casi. Tecnicamente, più che di contraccezione di<br />
emergenza, si dovrebbe pertanto parlare di impedimento dell’annidamento dell’embrione,<br />
quindi di aborto precoce.<br />
Durante il flusso mestruale potrebbe spostarsi; la spirale è provvista di un breve filo<br />
che il ginecologo lascia sporgere fuori dal collo dell’utero, in vagina; la donna deve periodicamente<br />
verificarne la presenza cercando il filo con un dito inserito in vagina.<br />
Aumenta il rischio di infezioni dell’utero e delle tube.<br />
Può indurre reazioni allergiche al rame (soprattutto nelle donne già allergiche al nichel).<br />
Diversamente dalla spirale al progesterone, può incrementare la perdita mestruale,<br />
lo spotting intermestruale, i dolori mestruali.<br />
Necessita di controlli ginecologici frequenti (almeno 2 volte l’anno).<br />
la contraccezione<br />
21
BASTONCINI IMPIANTABILI<br />
Sono ancora poco diffusi in Italia.<br />
Si tratta di veri e propri bastoncini (cm 4 x 0.2) di materiale atossico<br />
imbevuto di ormoni progestinici, come la spirale al progesterone e<br />
la “minipillola”.<br />
Vengono impiantati tra il 1° e il 5° giorno della mestruazione, sul lato interno del<br />
braccio non dominante, sottopelle, 6-8 cm sopra al gomito; come la spirale al progesterone,<br />
sono attivi per 3-5 anni.<br />
I bastoncini però non danno i vantaggi mestruali della spirale al progesterone, anzi<br />
danno spesso mestruazioni emorragiche.<br />
Hanno le stesse controindicazioni di salute e le stesse interferenze da farmaci della<br />
minipillola.<br />
CONTRACCETTIVI DI EMERGENZA<br />
la contraccezione<br />
Sono i metodi utilizzabili dopo che si è verificato un rapporto sessuale<br />
a rischio di gravidanza.<br />
Di uno abbiamo già parlato: la spirale al rame.<br />
Come già detto, l’impianto in utero della spirale al rame entro 5 giorni dal rapporto a<br />
rischio riduce del 99% la probabilità di avvio della gravidanza. E, come già detto, più<br />
che di un metodo “contraccettivo” si tratta di un metodo abortivo, poiché impedisce<br />
all’eventuale embrione di impiantarsi nell’utero.<br />
La spirale al rame ha però il vantaggio di poter essere poi mantenuta dalla donna<br />
come metodo contraccettivo stabile nei 3-5 anni seguenti.<br />
L’altro (più noto) contraccettivo di emergenza è la “pillola del giorno dopo”.<br />
22
PILLOLA DEL GIORNO DOPO (o pillola post-coitale)<br />
La “pillola del giorno dopo” non va confusa con la pillola RU-486<br />
che è una pillola abortiva, utilizzata per indurre aborto non chirurgico<br />
fino alla 7° settimana di gravidanza.<br />
La “pillola del giorno dopo” non può e non deve essere utilizzata come un metodo<br />
contraccettivo cui ricorrere con frequenza, ma va riservata a situazioni critiche<br />
ed occasionali:<br />
● stupro/abuso sessuale<br />
● fallimento di un metodo contraccettivo di barriera (rottura del preservativo<br />
o del diaframma)<br />
● distacco del cerotto transdermico<br />
● distacco dell’anello vaginale<br />
● espulsione della spirale<br />
● dimenticanza della “pillola”<br />
● errore di calcolo dei giorni fertili secondo i Metodi Naturali<br />
Si tratta di una pillola a base di solo ormone progestinico che agisce arrestando l’ovulazione<br />
(se non è ancora avvenuta) e ostacolando la funzionalità degli spermatozoi e<br />
il loro passaggio verso l’utero e le tube.<br />
Va assunta entro e non oltre 72 ore dal rapporto a rischio.<br />
Ha un’efficacia contraccettiva del 99.5% se assunta entro 12 ore, dell’85% se assunta<br />
entro 24 ore e del 58% se assunta entro 72 ore.<br />
Non è una pillola abortiva poiché non ha alcun effetto sull’impianto dell’embrione:<br />
qualora fosse già avvenuto l’impianto, la gravidanza procederebbe senza danni.<br />
Non ha controindicazioni di salute e non dà segni di tossicità acuta. Tuttavia, se<br />
abusata, può dare tossicità epatica.<br />
Subisce (come tutti i metodi ormonali) interferenza in caso di assunzione contemporanea<br />
di farmaci (soprattutto antibiotici e antiepilettici).<br />
Può alterare le caratteristiche dei cicli mestruali successivi (può dare spotting, mestruazioni<br />
multiple nel mese, mestruazioni molto abbondanti).<br />
la contraccezione<br />
23
METODI NATURALI<br />
I Metodi Naturali sono tutti i metodi di prevenzione della gravidanza<br />
che non si avvalgono di alcun dispositivo (né di barriera, né ormonale,<br />
né impiantabile).<br />
Sono basati o sull’interruzione del coito prima dell’eiaculazione o sull’individuazione<br />
dei giorni fecondi della donna e sull’astensione dai rapporti sessuali in tali giorni.<br />
Il coito interrotto, al di là della difficoltà tecnica dell’interruzione del rapporto al<br />
momento opportuno (e della conseguente ansia che accompagna l’atto sessuale), presenta<br />
il suo maggior limite di efficacia contraccettiva nel fatto che anche le gocce di<br />
sperma prodotte nelle fasi iniziali del coito possono contenere spermatozoi.<br />
Il metodo Ogino-Knaus, il metodo Billings e il metodo della temperatura basale<br />
sono invece metodi basati sull’individuazione dei giorni fecondi nel mese.<br />
Il metodo Ogino-Knaus propone l’astensione dai rapporti tra il 10° e il 18° giorno<br />
del ciclo (calcolando come 1° giorno del ciclo il 1° giorno della mestruazione).<br />
la contraccezione<br />
Solamente le donne con un ciclo sempre molto regolare di 27-32 giorni potrebbero<br />
idealmente utilizzare questo metodo che ha comunque un’elevata percentuale di fallimento<br />
(9%).<br />
Il metodo Billings propone di individuare il periodo fertile non in base a un<br />
calcolo ma in base all’osservazione del muco cervicale. Quando il muco è particolarmente<br />
filamentoso e abbondante, probabilmente la donna sta ovulando.<br />
È evidente che anche altri fattori (come infiammazioni banali dell’ambiente vaginale)<br />
possono interferire con l’aspetto del muco. Pertanto anche questo metodo si associa a<br />
un’elevata percentuale di fallimento.<br />
24
Il metodo della temperatura basale invece individua i giorni dell’ovulazione sulla<br />
base dell’incremento di 0.5-0.6 gradi centigradi che si verifica in concomitanza<br />
con l’ovulazione.<br />
È evidente che la temperatura corporea può essere influenzata da moltissimi altri<br />
fattori fuorvianti (stress, stato di nutrizione, stanchezza, infezioni anche banali).<br />
È stato anche proposto un metodo naturale che associa la rilevazione della temperatura<br />
basale all’analisi del muco (Metodo sinotermico).<br />
La percentuale di insuccesso di tali 2 metodi associati è comunque molto elevata.<br />
Per individuare i giorni fecondi si trovano in commercio vari test la cui esecuzione è<br />
analoga a quella dei test di gravidanza .<br />
Questi test individuano la comparsa nell’urina dell’ormone LH la cui presenza<br />
indica che è in corso l’ovulazione.<br />
Si tratta di stick che vanno messi a contatto con l’urina della donna (direttamente dal<br />
getto o da un vasetto di raccolta). Lo stick è a lettura diretta (dopo qualche minuto<br />
compaiono 1 o 2 righe colorate) . Quando il test risulta positivo , significa che l’ovulazione<br />
avverrà probabilmente entro 24-48 ore.<br />
Alcuni test (piu’ costosi) individuano anche la comparsa del picco degli estrogeni e si<br />
avvalgono non di stick ma di piccoli apparecchietti a pile, simili ai termometri ; il risultato<br />
di fertilità è espresso con un emoticon (faccina sorridente).<br />
Tuttavia nessun ginecologo al giorno d’oggi ritiene sufficiente la sicurezza contraccettiva<br />
dei Metodi Naturali , nemmeno quando sono assistiti dai test-LH.<br />
Paradossalmente i Metodi Naturali hanno una loro validità nelle coppie alla<br />
ricerca di un figlio, per individuare i giorni piu’ idonei per concentrare i rapporti.<br />
Hanno una loro validità come metodo contraccettivo solo nelle coppie in cui, per<br />
motivi etico-religiosi o culturali o affettivi, un figlio, per quanto non cercato e<br />
“programmato” sarebbe comunque accolto e ben accettato.<br />
la contraccezione<br />
25
28<br />
L’INFERTILITÀ<br />
L’infertilità maschile, l’infertilità femminile,<br />
la procreazione medicalmente assistita (PMA),<br />
la fecondazione eterologa,
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’infertilità “il mancato raggiungimento<br />
della gravidanza dopo 12 mesi di rapporti frequenti, non protetti e mirati”.<br />
La frequenza consigliata è 2-3 volte la settimana.<br />
La “finestra fertile”, cioè i giorni in cui c’è la massima probabilità di concepimento e<br />
in cui vanno pertanto preferibilmente mirati i rapporti, sono il giorno dell’ovulazione<br />
e i 6 giorni che la precedono.<br />
In una coppia normalmente fertile, la probabilità di ottenere una gravidanza nell’arco<br />
del mese con rapporti frequenti, non protetti e mirati è comunque solo del 20%.<br />
Cause dell’infertilità di una coppia<br />
L’infertilità non è problema prioritariamente femminile come un tempo ritenuto.<br />
È ripartita in 4 gruppi pressoché equivalenti:<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
● Infertilità da causa inspiegata (29%)<br />
● Infertilità da causa maschile (27%)<br />
● Infertilità da causa femminile (26%)<br />
● Infertilità di coppia (i 2 partners non sono biologicamente “compatibili”)<br />
(18%)<br />
29
L’INFERTILITÀ MASCHILE<br />
L’infertilità maschile è lievemente più frequente di quella femminile ed è la situazione<br />
che determina ben il 34% dei ricorsi alle tecniche di PMA.<br />
Può essere determinata da cause escretorie (cioè da alterazioni delle vie di deflusso<br />
degli spermatozoi dai testicoli al glande), oppure da cause secretorie (cioè da alterazioni<br />
qualitative o quantitative dello sperma).<br />
L’esame clinico andrologico stabilirà l’iter diagnostico e terapeutico.<br />
Dovrebbe diventare prassi corrente che, così come le ragazze ormai tendono a sottoporsi<br />
alla 1° visita ginecologica poco dopo la pubertà, anche i ragazzi si sottoponessero<br />
già durante l’adolescenza alla 1° visita andrologica. Alcune forme di infertilità (ad<br />
esempio quelle correlate a varicocele) potrebbero essere non più curabili se diagnosticate<br />
con 20 anni di ritardo, in occasione della visita effettuata per l’infertilità!<br />
L’INFERTILITÀ FEMMINILE<br />
L’infertilità femminile è da riferire principalmente a 4 fattori:<br />
a) il fattore endocrino-ovulatorio (funzionalità ovulatoria)<br />
b) il fattore tubarico<br />
c) il fattore uterino<br />
d) l’endometriosi<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
30<br />
a) La funzionalità ovulatoria<br />
La funzionalità ovulatoria è legata in primo luogo all’età: si riduce drasticamente<br />
sopra i 35 anni fino a quasi azzerarsi sopra i 42 anni.<br />
La causa sta nella cosiddetta “riserva ovarica”, cioè nel numero di follicoli. Questi<br />
sono 300-500mila alla pubertà, 20-25mila a 35-37 anni e circa 1000 a 51 anni, età<br />
media di insorgenza della menopausa.<br />
La riduzione nel tempo del numero di ovociti disponibili si accompagna anche a un<br />
loro decadimento qualitativo e quindi a una minor capacità di venir fecondati dagli<br />
spermatozoi.<br />
Con l’età si verifica anche un incremento delle patologie dell’eventuale embrione (ad<br />
esempio la trisomia 21 o mongolismo).<br />
L’illusione dell’eterna giovinezza esteriore e i fattori socio-economici che oggi tendono<br />
a rinviare la ricerca della gravidanza si scontrano dunque con l’ineluttabilità dell’orologio<br />
biologico: anche le tecniche di PMA non sono onnipotenti e si arrendono se la<br />
riserva ovarica è esaurita.<br />
Peraltro il declino della riserva ovarica può subire drastiche accelerazioni anche in<br />
giovane età per svariate cause (ad es. malattie, fumo di sigaretta).<br />
La riserva ovarica può oggi essere misurata da vari tests (ad es. il dosaggio dell’ormone<br />
anti-mulleriano o AMH).
) Il Fattore tubarico<br />
Le tube sane sono “percorribili” in tutto il loro percorso tra l’ovaio e l’utero; la mucosa<br />
che le riveste deve essere priva di infiammazioni, per non contrastare il passaggio<br />
degli spermatozoi e anzi favorire l’incontro tra spermatozoi e ovocita e le prime fasi<br />
di sviluppo dell’embrione.<br />
La maggior parte delle infertilità da causa tubarica sono di origine infiammatoria e<br />
dipendono da malattie infettive sessualmente trasmissibili (ad es. da Chlamydia<br />
Trachomatis, Neisseria Gonorrhoeae, Mycoplasma Hominis, Ureaplasma Urealitycum).<br />
Tali microorganismi dalla vagina superano la barriera del muco cervicale, transitano<br />
attraverso l’utero fino alle tube e talora arrivano a infettare anche le ovaie e il peritoneo<br />
che le circonda, generando una cosiddetta Malattia Infiammatoria Pelvica.<br />
A volte l’infezione è sintomatica (almeno nella sua fase acuta iniziale); altre volte<br />
purtroppo è asintomatica e danneggia silenziosamente le tube.<br />
A distanza di tempo pertanto le tube possono essere deformate (non più percorribili<br />
né dall’ovocita né dagli spermatozoi) o essere rivestite da una mucosa inospitale, incapace<br />
di favorire la fecondazione e lo sviluppo iniziale dell’embrione.<br />
Per indagare il Fattore tubarico, il ginecologo chiederà tests come l’Isterosalpingografia<br />
o la sonoisterosalpingografia o la laparoscopia o tests di indagine microbiologica.<br />
c) Il Fattore Uterino<br />
L’utero non deve avere malformazioni né infiammazioni della sua mucosa (endometrio):<br />
entrambe queste situazioni ostacolerebbero dapprima la risalita degli spermatozoi e<br />
successivamente un adeguato impianto e sviluppo dell’embrione.<br />
Spesso le infiammazioni dell’endometrio hanno la stessa causa delle infiammazioni<br />
tubariche.<br />
Al “Fattore Uterino” partecipa anche il muco cervicale (prodotto dalle ghiandole del<br />
collo dell’utero). Nei giorni fertili il muco cervicale assume una consistenza favorente<br />
la risalita degli spermatozoi. In situazioni di infiammazione cervicovaginale può<br />
invece fare da barriera.<br />
d) L’endometriosi<br />
L’endometriosi è una malattia spesso progressiva per cui si sviluppano isole o noduli<br />
di mucosa uterina (endometrio) al di fuori dell’utero. Di solito questi noduli si producono<br />
nel basso ventre (nelle ovaie, nelle tube, nel retto, nella vescica, sul peritoneo);<br />
più raramente in organi distanti (il polmone, la cute).<br />
Colpisce, fortunatamente con livelli diversi di gravità, il 20% delle donne.<br />
Le isole endometriosiche subiscono le stesse modificazioni mensili dell’endometrio<br />
normale: pertanto vanno incontro a sfaldamento ed emorragia in concomitanza con<br />
ogni mestruazione.<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
31
Ciò comporta innanzitutto dismenorrea (dolore mestruale), spesso diffusa a tutto il<br />
basso ventre. Inoltre, questo sfaldamento emorragico causa un’infiammazione<br />
mensile ricorrente dei tessuti circostanti e può alterare la funzionalità degli organi<br />
colpiti. Se è colpito il retto, possono manifestarsi dolore vivo e alterazioni della defecazione;<br />
se è colpita la vescica possono manifestarsi dolore vivo e alterazioni della<br />
minzione (emissione dell’urina).<br />
Se i focolai di endometriosi sono nell’ovaio, le sostanze biochimiche prodotte dall’infiammazione<br />
possono già di per sé inibire l’ovulazione. Inoltre possono formarsi aderenze<br />
intorno all’ovaio, con intrappolamento degli ovuli. Se i focolai di endometriosi<br />
sono nelle tube, l’infiammazione produce aderenze nella mucosa, impedendo l’incontro<br />
dell’ovulo con lo spermatozoo o le prime fasi di sviluppo dell’embrione. Anche i<br />
noduli endometriosici intrauterini possono impedire il corretto annidamento dell’embrione.<br />
L’endometriosi è oggi facilmente diagnosticabile mediante l’ecografia pelvica, la Risonanza<br />
Magnetica, la Laparoscopia. È anche ben curabile (mediante chirurgia laparoscopica<br />
o mediante la “pillola” trimestrale o mediante l’induzione di una temporanea<br />
menopausa con i cosiddetti farmaci agonisti del GnRH).<br />
È infine fondamentale per la fertilità la salute generale della donna. Patologie endocrine<br />
(ad es. della tiroide), diabete mellito, insufficienza renale, insufficienza epatica,<br />
anemia marcata, grave sottopeso o sovrappeso possono alterare lo stato di fertilità pur<br />
in assenza di problematiche ginecologiche. Se sono presenti tali patologie, esse vanno<br />
curate prima di poter far ricorso alla Procreazione Medicalmente Assistita.<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
32
?<br />
?? ?<br />
IUI<br />
ICSI<br />
FIVET<br />
INFERTILITÀ<br />
LA PROCREAZIONE<br />
MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)<br />
Per Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) si intende l’insieme<br />
di tutte le tecniche mediche utilizzabili per aiutare il concepimento<br />
e l’impianto dell’embrione, laddove questi non si verificano spontaneamente.<br />
TECNICHE DI PMA<br />
In base al diverso grado di difficoltà, si dividono in tecniche di 1° e 2° livello.<br />
Le tecniche di 1° livello sono:<br />
● il monitoraggio ecografico dell’ovulazione<br />
● l’inseminazione intrauterina<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
Il monitoraggio ecografico dell’ovulazione serve per individuare il momento dell’ovulazione<br />
(sia essa spontanea o indotta da ormoni stimolatori dell’ovulazione).<br />
Consente di concentrare i rapporti al momento giusto.<br />
L’inseminazione intrauterina consiste nella deposizione del seme direttamente nella<br />
cavità uterina.<br />
L’inseminazione intrauterina è preceduta da un’induzione controllata dell’ovulazione<br />
(in modo da avere più follicoli maturi) e da un arricchimento del seme maschile (ottenuto<br />
in laboratorio).<br />
33
Quando l’ecografia mostra che i follicoli sono pronti, il seme viene deposto direttamente<br />
nella cavità uterina, evitando in tal modo agli spermatozoi il passaggio (talora impervio)<br />
attraverso il muco del collo dell’utero.<br />
Questa procedura è attuabile solo se almeno una delle tube è aperta e se l’eventuale<br />
ipofertilità maschile è lieve.<br />
Le tecniche di 2° livello sono:<br />
● la Fecondazione in Vitro e il trasferimento in utero dell’embrione<br />
(FIVET)<br />
● la Fecondazione in Vitro con iniezione intracitoplasmatica dello<br />
spermatozoo e trasferimento in utero dell’embrione (ICSI)<br />
● la Fecondazione in Vitro con prelievo chirurgico degli spermatozoi<br />
e trasferimento in utero dell’embrione (MESA/TESA)<br />
La 1° gravidanza ottenuta con la FIVET risale al lontano 1978: la neonata era inglese<br />
e si chiamava Louise Brown.<br />
Tutte e 3 queste tecniche prevedono una fase iniziale simile:<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
● l’assunzione di farmaci che inducono l’ovulazione<br />
● l’assunzione di farmaci che fanno maturare gli ovociti<br />
● il prelievo degli ovociti (attualmente eseguito, in anestesia locale,<br />
per via transvaginale ecoguidata)<br />
Successivamente le 3 tecniche si differenziano.<br />
Nella FIVET ciascun ovocita prelevato viene deposto in una provetta contenente<br />
un mezzo di coltura specifico e liquido seminale arricchito (portato mediante centrifugazione<br />
alla concentrazione di almeno 100.000 spermatozoi per provetta). Se la<br />
FIVET riesce, entro 12-18 ore ha luogo la fecondazione.<br />
Nella ICSI, invece, vengono selezionati al microscopio singoli spermatozoi che<br />
vengono direttamente inoculati negli ovuli raccolti.<br />
Questa tecnica è più recente (1993) e viene utilizzata nei casi di grave infertilità maschile:<br />
oligospermia (bassa concentrazione degli spermatozoi), astenospermia (bassa<br />
motilità), teratospermia (basso numero di forme normali).<br />
In casi ancora più gravi di ipofertilità maschile si deve ricorrere al prelievo microchirurgico<br />
degli spermatozoi direttamente dai testicoli (TESA) o dall’epididimo<br />
(MESA).<br />
Lo stadio finale per tutte e 3 le tecniche di Fecondazione in vitro è di nuovo<br />
simile: è il trasferimento dell’embrione dalla provetta all’utero (Embriotransfer).<br />
34
L’Embriotransfer (fase assai delicata) viene attualmente eseguito mediante catetere<br />
endouterino ecoguidato. Le probabilità di attecchimento sono maggiori se l’embrione<br />
è stato incubato in provetta per 5-6 giorni, fino allo stadio di cosiddetta blastocisti.<br />
Infatti, nella fecondazione spontanea, l’embrione si forma nelle tube e 5-6 giorni è il<br />
tempo fisiologico che l’embrione impiega a raggiungere l’utero per l’impianto.<br />
L’impianto va comunque agevolato dall’assunzione di ormoni specifici da parte dell’aspirante<br />
madre.<br />
LA FECONDAZIONE ETEROLOGA<br />
Le tecniche precedentemente descritte sono definite “autologhe” poiché gli ovuli e gli<br />
spermatozoi utilizzati sono prodotti dalla coppia di aspiranti genitori.<br />
Quando non è possibile ricorrere alle tecniche di Procreazione Assistita Autologa<br />
poiché la coppia non è in grado di produrre ovuli e/o spermatozoi, il desiderio di<br />
genitorialità può essere assecondato da:<br />
a) donazione dei gameti (ovodonazione e donazione dello sperma)<br />
b) donazione dell’embrione<br />
Nella fecondazione eterologa (da poco ammessa dalla Legislazione Italiana), l’ovocita<br />
o lo spermatozoo vengono ricevuti da persone esterne alla coppia.<br />
Nell’embriodonazione viene ricevuto direttamente l’embrione.<br />
Le tecniche ricalcano quanto già descritto per i gameti e gli embrioni di produzione<br />
della coppia.<br />
Cambiano certamente il contesto psicologico e il quadro normativo (quest’ultimo in<br />
rapida e continua evoluzione).<br />
Inoltre, nei casi di ovodonazione ed embriodonazione, la mucosa uterina va preparata<br />
all’impianto con assunzioni di ormoni estrogeni e di ormoni progestinici.<br />
Per evitare l’interferenza su questa fase preparatoria da parte degli ormoni prodotti direttamente<br />
dall’organismo della donna, la somministrazione di estrogeni e progestinici<br />
viene fatta precedere da una terapia ormonale di soppressione dell’attività ipofisaria.<br />
infertilità e procreazione<br />
medicalmente assistita (PMA)<br />
35
36<br />
LA GRAVIDANZA<br />
Programmazione, gestazione, parto,<br />
puerperio e allattamento
LA PROGRAMMAZIONE<br />
Attualmente la maggior parte delle coppie programma la gravidanza, cioè decide<br />
quando è il momento opportuno per “mettere in cantiere” un figlio. Nell’ambito della<br />
programmazione vanno inseriti i tests di controllo preconcezionale.<br />
Si tratta di tests volti ad accertare la salute dei 2 genitori e ad escludere i fattori<br />
di rischio che potrebbero compromettere la gravidanza o la salute del bambino.<br />
Gli esami del sangue consigliati per entrambi i genitori sono<br />
innanzitutto i test infettivologici per:<br />
Hiv<br />
Epatite B e C<br />
Sifilide<br />
Inoltre:<br />
Gruppo sanguigno e fattore Rh<br />
Emocromo (per escludere anemie<br />
ereditarie)<br />
la gravidanza<br />
Per la sola madre sono opportuni anche i tests per:<br />
Rosolia<br />
Toxoplasmosi<br />
Anticorpi antieritrociti (test di<br />
Coombs)<br />
Funzionalità epatica (transaminasi,<br />
bilirubina)<br />
Funzionalità renale (creatinina,<br />
esame delle urine)<br />
Urocoltura<br />
Funzionalità tiroidea<br />
Diabete (glicemia)<br />
37
In situazioni particolari, quando tra i genitori vi è uno stretto grado di parentela o<br />
quando uno o entrambi i genitori hanno una familiarità di malattie ereditarie, è opportuno<br />
consultare anche il medico genetista, il quale indicherà esami genetici specifici.<br />
Quando si programma la gravidanza, è anche opportuno iniziare ad assumere quotidianamente<br />
acido folico e adottare uno stile di vita più sano: smettere di fumare, ridurre<br />
le quantità di alcool e caffè, eliminare l’eventuale sovrappeso, fare un po’ di<br />
movimento all’aria aperta (mezz’ora al giorno di passeggiata).<br />
la gravidanza<br />
LA GESTAZIONE<br />
La gravidanza o gestazione è lo stato della donna che porta nel proprio utero il<br />
“prodotto del concepimento”.<br />
Le organizzazioni mediche non sono in accordo su quando “inizi” la gravidanza.<br />
L’Organizzazione Mondiale della Sanità fa partire la gravidanza dal momento dell’impianto<br />
in utero; altre organizzazioni scientifiche fanno partire la gravidanza dal<br />
momento della fecondazione, cioè della fusione tra cellula uovo e spermatozoo. Questa<br />
divergenza ha ovviamente varie conseguenze bioetiche.<br />
È in ogni caso difficile per la donna stabilire il giorno del concepimento: questo non<br />
coincide necessariamente con il giorno del rapporto sessuale. Lo spermatozoo può<br />
infatti rimanere vitale fino a 6 giorni.<br />
Le organizzazioni mediche hanno pertanto convenuto che, ai fini pratici del calcolo<br />
della data del parto, l’inizio della gravidanza si faccia risalire al 1° giorno dell’ultimo<br />
flusso mestruale. Da tale giorno, per prevedere la data del parto, si contano 40<br />
settimane (282 giorni). La gravidanza si definisce “a termine” se il parto avviene tra<br />
la 38° e la 42° settimana.<br />
Si definisce abortiva se si interrompe prima della 22° settimana. Si definisce “pretermine”<br />
con “parto prematuro”se il parto avviene prima della 37° settimana.<br />
Si definisce “protratta” con “parto oltre il termine” quando il parto avviene oltre la<br />
42° settimana.<br />
Rispetto alla data in cui dovrebbe arrivare il flusso mestruale si può parlare di “ritardo”<br />
già quando questa data è stata superata: a questo punto se il test è positivo, sono già<br />
passate le prime 4 settimane di gravidanza!<br />
I tests di gravidanza reperibili in commercio (anche nei supermercati) sono molto<br />
sensibili e sono già attendibili dopo 1 solo giorno di ritardo se il ciclo è solitamente<br />
molto puntuale. Sono tutti basati sulla ricerca nell’urina di un ormone (beta-HCG)<br />
che viene prodotto dall’embrione.<br />
Se il test è dubbio o negativo nonostante persista l’assenza di mestruazione, il ginecologo<br />
può prescrivere il dosaggio del beta-HCG nel sangue materno.<br />
Spesso già dopo pochi giorni di ritardo mestruale possono manifestarsi sintomi come<br />
il seno congestionato o la nausea mattutina o una grande stanchezza: ovviamente<br />
questa sintomatologia non è sufficiente a far diagnosi di gravidanza.<br />
38
Il 20-25% delle gravidanze si conclude entro i primi 3 mesi con un aborto spontaneo.<br />
L’ACCRESCIMENTO DEL BAMBINO E QUELLO DELLA MAMMA<br />
Quando la gravidanza prosegue, ecco le tappe dello sviluppo del bambino:<br />
3° settimana: il “prodotto del concepimento” è un ammasso di cellule<br />
delle dimensioni di una capocchia di spillo e si impianta nell’utero.<br />
4° settimana: in ecografia si può vedere la “camera gestazionale”.<br />
6° settimana: l’embrione misura 6-7 millimetri e cresce di 1 millimetro al<br />
giorno; in ecografia si può già vedere il battito cardiaco.<br />
8° settimana: l’embrione ha preso la forma di un girino con una grossa<br />
testa.<br />
11° settimana: il feto misura 5 cm dal vertice del cranio all’osso sacro.<br />
13° settimana: il feto fa i suoi primi movimenti (ancora non avvertibili<br />
dalla madre).<br />
16° settimana: il feto misura 16-18 cm dalla testa al tallone; in ecografia è<br />
possible identificare il sesso.<br />
20° settimana: il feto pesa circa 250 g e i suoi movimenti diventano avvertibili<br />
dalla madre.<br />
23° settimana: il feto comincia a distinguere i suoni del mondo esterno, la<br />
voce della madre e il suo battito cardiaco.<br />
la gravidanza<br />
26° settimana: il feto misura 33-34 cm.<br />
31° settimana: il feto misura 41 cm.<br />
35° settimana: il feto misura 46-47 cm ed ha già assunto la posizione utile<br />
al parto, con la testa verso il basso.<br />
38° settimana: il feto è completo e maturo e può nascere in qualunque momento.<br />
40° settimana: il feto ha una lunghezza media di 50 cm e un peso medio di<br />
kg 3-3.2.<br />
39
Se dopo la 40^ settimana il bambino non nasce, il ginecologo farà il cosiddetto “monitoraggio”,<br />
cioè visiterà a distanza di pochi giorni la madre, per sorvegliare la vitalità<br />
del feto ed eventualmente “indurre” (cioè provocare) il parto.<br />
Il corretto incremento ponderale materno al parto è di 9-12 kg.<br />
Di questi:<br />
3-4 kg è il peso del bambino<br />
1-2 kg è il peso del liquido amniotico<br />
0.5 kg è il peso della placenta<br />
2-3 kg è il peso dell’utero a termine<br />
Il restante peso è dato dalla maggiore ritenzione idrica nei tessuti della madre e dall’incremento<br />
fisiologico di tessuto adiposo che la madre accumula nel seno, nelle natiche<br />
e nelle cosce per avere una riserva di energia per l’allattamento.<br />
Per restare entro il corretto incremento del peso non bisogna certo “mangiare per 2” o<br />
dare libero sfogo alle cosiddette “voglie”! Queste regole valevano fino a qualche decennio<br />
fa, quando le donne erano sottoalimentate a causa della miseria e solo la gravidanza<br />
poteva riconoscere loro il diritto (transitorio) di mangiare di più o di mangiare<br />
finalmente qualcosa di sfizioso.<br />
L’alimentazione in gravidanza è semmai soggetta a restrizioni.<br />
la gravidanza<br />
Le restrizioni scaturiscono innanzitutto dal rischio di contrarre infezioni o intossicazioni<br />
alimentari.<br />
Le restrizioni più tassative riguardano le donne con il test per la toxoplasmosi negativo.<br />
Il toxoplasma è un microbo (protozoo) che viene ospitato dall’intestino del gatto; il<br />
gatto dissemina il toxoplasma con le sue feci (nel terreno, sugli ortaggi, nella sua<br />
lettiera se è un gatto domestico). Se un animale a sangue caldo (un bovino, un suino)<br />
ingerisce il toxoplasma, questo si sviluppa poi nelle sue carni, che diventano un’altra<br />
fonte di infezione.<br />
La toxoplasmosi, se contratta in gravidanza, può causare aborto o malformazioni<br />
fetali. Le donne con il test per la toxoplasmosi negativo non hanno anticorpi che le<br />
proteggano dal toxoplasma e quindi sono a rischio di ammalarsi.<br />
Pertanto le donne gravide con il test per la toxoplasmosi negativo devono:<br />
● evitare il contatto con la lettiera del gatto o con oggetti potenzialmente<br />
contaminabili da feci di gatto<br />
● indossare guanti se toccano terriccio o eseguono lavori di giardinaggio<br />
o di agricoltura<br />
● lavare sempre le mani prima, durante e dopo la manipolazione dei cibi<br />
40
● lavare bene la verdura (comprese le insalate già pronte) e la frutta<br />
(anche se poi verrà sbucciata) oppure mangiarle cotte<br />
● evitare il consumo di carni e salumi crudi o poco cotti o essicati<br />
(salame, prosciutto crudo, bresaola, carne salada, bistecche “al sangue”).<br />
Non toccare le mucose (labbra e occhi) dopo aver toccato carni<br />
crude<br />
● evitare il consumo di latte crudo se non è pastorizzato o UHT<br />
Per tutte le gravide va anche ridotto il rischio di contagio alimentare da Salmonella.<br />
Le regole da rispettare per prevenire le infezioni da Salmonella sono:<br />
● lavare bene la frutta e la verdura prima del consumo<br />
● lavare le mani prima, durante e dopo la preparazione degli alimenti<br />
● cuocere bene tutti gli alimenti derivati da animali (soprattutto pollame,<br />
maiale e uova)<br />
● evitare le uova poco cotte (“occhio di bue”) o crude (maionese domestica,<br />
tiramisu, gelati o zabaioni fatti in casa) o le uova sporche o<br />
rotte<br />
● evitare i frutti di mare crudi (cozze, ostriche)<br />
● consumare il latte solo pastorizzato o UHT<br />
● evitare che persone con diarrea preparino i cibi<br />
● proteggere i cibi preparati dalla contaminazione di insetti o piccoli<br />
roditori<br />
● evitare le contaminazioni tra cibi, tenendo separati i prodotti crudi da<br />
quelli cotti<br />
Per completare la lista delle restrizioni alimentari, anche i seguenti tipi di cibi<br />
vanno sconsigliati a tutte le gestanti:<br />
la gravidanza<br />
● formaggi a pasta molle da latte crudo e muffe (Brie, Camembert, formaggi<br />
con venature blu)<br />
● fegato e prodotti derivati<br />
● pesci crudi freschi (non “abbattuti” nel congelatore)<br />
● pesci ricchi di metilmercurio (tonno, pesce spada); sono ammessi<br />
settimanalmente solo 2 scatolette di tonno o 1 bistecca di tonno fresco/pesce<br />
spada<br />
● superalcolici (è invece ammesso ½ bicchiere di vino ai pasti)<br />
● caffè/tè/bevande a base di caffeina (cole) (sono ammessi 2 caffè al<br />
giorno o 2 tazze di tè al giorno)<br />
41
A parte queste restrizioni legate soprattutto a rischi di infezioni o di sostanze nocive,<br />
in assenza di patologie specifiche (diabete gestazionale, ipertensione gravidica, sovrappeso),<br />
non è necessario modificare in modo sostanziale le abitudini alimentari<br />
pregravidiche.<br />
Il consiglio è di assumere più acqua e più fibre vegetali (privilegiando farinacei<br />
integrali e verdure) per contrastare la stitichezza gravidica e di aumentare leggermente<br />
il consumo di cibi ricchi di calcio (Parmigiano, yogurt interi).<br />
L’aumento ponderale consigliato nel 1° trimestre è di 1-2 kg.<br />
Successivamente si consiglia un aumento di:<br />
0.4 kg/settimana nelle gravide normopeso<br />
0.3 kg/settimana nelle gravide sovrappeso<br />
0.2 kg/settimana nelle gravide obese.<br />
Si accetta un incremento di 0.5 kg/settimana nelle gravide sottopeso.<br />
Incrementi veloci e improvvisi del peso (specie se accompagnati da gonfiore alle<br />
caviglie) devono indurre a contattare il ginecologo: potrebbe trattarsi di un inizio di<br />
eclampsia. L’eclampsia è una patologia della gravidanza ad esordio improvviso e che<br />
può avere gravi conseguenze su madre e feto se non rapidamente curata. È più frequente<br />
negli ultimi mesi di gravidanza; si associa anche a ipertensione, mal di testa, visione<br />
sfocata/lampi, dolore a barra sottocostale.<br />
la gravidanza<br />
IL MONITORAGGIO DELLA GRAVIDANZA<br />
Proprio per sorvegliare la salute della gravida e il corretto sviluppo del feto sono opportune<br />
visite ginecologiche periodiche da completare con l’esecuzione di tests specifici<br />
ed ecografie.<br />
Il calendario di questo monitoraggio è molto variabile ed è il ginecologo ad impostarlo<br />
con la singola gravida.<br />
Per quanto concerne le visite ginecologiche, la 1° visita è caldeggiata alla 6°-7° settimana<br />
o comunque entro la 10°. In linea di massima, se la gravidanza decorre normalmente<br />
sono sufficienti solo altre 3 visite.<br />
Per quanto concerne le ecografie, se ne consigliano 3:<br />
alla 11° settimana per datare correttamente la gravidanza<br />
alla 19°-21° settimana per una valutazione morfologica del feto<br />
alla 30°-34° settimana per valutare l’accrescimento.<br />
42
Per quanto concerne le analisi, alcune sono fortemente caldeggiate e altre facoltative.<br />
Tra le fortemente caldeggiate da eseguire all’inizio della gravidanza, se non sono<br />
state ancora eseguite, sono le analisi già indicate come opportune nella fase di programmazione<br />
della gravidanza (i tests per Hiv, Epatite B e C, sifilide, rosolia e toxoplasmosi,<br />
il gruppo sanguigno con Rh, l’emocromo, le transaminasi, la bilirubina, la<br />
creatinina, l’esame delle urine, la glicemia e il TSH).<br />
Nei mesi successivi vanno di massima eseguiti soltanto l’esame delle urine, la glicemia<br />
e l’emocromo. All’8° mese è fortemente caldeggiato anche il tampone vaginale e<br />
anale per la ricerca dello Streptococco Agalactiae che potrebbe essere trasmesso al<br />
bambino durante il parto. A termine gravidanza, vanno ripetuti anche i test per Hiv,<br />
Epatite B e C, sifilide, patologie trasmissibili al feto durante il parto naturale.<br />
Nelle donne con il test per la toxoplasmosi negativo, il test va eseguito ogni 4-6 settimane<br />
per tutta la gravidanza.<br />
Le donne con Rh negativo e partner Rh positivo, o che hanno avuto precedenti gravidanze<br />
o aborti o trasfusioni, devono eseguire mensilmente anche il cosiddetto test di<br />
Coombs.<br />
Nelle donne con il test per la Rosolia negativo, il test va ripetuto alla 17° settimana (e<br />
va programmata la vaccinazione dopo il parto).<br />
Il ginecologo individuerà poi i casi particolari (ad esempio di anemia per mancanza di<br />
ferro o di rischio di diabete gestazionale o di rischio di infezione delle vie urinarie) e<br />
prevederà analisi specifiche.<br />
Tra le analisi facoltative, le più prescritte sono quelle volte a individuare<br />
malattie cromosomiche e genetiche:<br />
● il “test combinato”<br />
● la villocentesi<br />
● “il test del DNA fetale”<br />
● l’amniocentesi<br />
Il “test combinato” prevede un’ecografia per misurare la “translucenza nucale” (uno<br />
spazio liquido dietro la nuca del feto) e un prelievo di sangue per dosare 2 proteine<br />
prodotte dalla placenta (beta-HCG e PAPP-A). Si esegue tra l’11° e la 13° settimana e<br />
identifica il 90% dei feti con sindrome di Down. Non è dunque invasivo. Se positivo,<br />
il test va confermato da test più specifici: la villocentesi o l’amniocentesi.<br />
Il Test del DNA fetale consiste in un prelievo di sangue materno , eseguibile di preferenza<br />
alla 12°settimana. Nel sangue materno circolano in piccolo numero cellule rilasciate<br />
dalla placenta, che contengono il DNA del feto. Con strumentazioni sofisticate<br />
questo DNA viene isolato e replicato. In futuro saranno identificabili con questa procedura<br />
tutte le anomalie genetiche del feto. Allo stato attuale il test è considerato attendibile<br />
al 100% solo per quanto concerne il sesso del feto e il suo gruppo sanguigno.<br />
E’ considerato un ottimo test di screening per le trisomie cromosomiche : la trisomia<br />
21 (Sindrome di Down), la trisomia 13, la trisomia 18. Addirittura per la Sindrome di<br />
Down è considerato più attendibile del “test combinato”. Resta tuttavia un test di<br />
la gravidanza<br />
43
screening, pertanto i casi positivi vanno confermati con la villocentesi o l’amniocentesi.<br />
E’ tuttora molto costoso (centinaia di euro) e non compreso nelle prestazioni del<br />
Servizio Sanitario Nazionale.<br />
La villocentesi consiste nel prelevare piccoli frammenti della placenta mediante un<br />
ago inserito nell’addome materno sotto guida ecografica. Si esegue intorno alla 12°<br />
settimana; è un test invasivo e ha un rischio dell’1% di indurre aborto. Serve per diagnosticare<br />
patologie cromosomiche (come la sindrome di Down) o specifiche malattie<br />
genetiche su richiesta del genetista. Non diagnostica tutte le migliaia di possibili<br />
malattie genetiche ma ricerca soltanto quelle direttamente indicate dal genetista<br />
sulla base di precisi sospetti familiari.<br />
L’amniocentesi consiste nel prelevare una piccola quantità di liquido amniotico mediante<br />
un ago inserito nell’addome materno sotto guida ecografica. Si esegue tra la<br />
15° e la 18° settimana; è invasivo e ha un rischio dell’1% di indurre aborto. Ha lo<br />
stesso scopo e le stesse potenzialità diagnostiche della villocentesi.<br />
Non implicano necessità di indagini particolari e non sono considerati patologici la<br />
nausea e il vomito. Compaiono precocemente e scompaiono spontaneamente tra la<br />
16° e la 20° settimana. Non compromettono lo sviluppo del feto né la salute della<br />
madre, anche se dovessero portare a un lieve calo di peso.<br />
Analogo discorso vale per la pirosi (bruciore alla “bocca dello stomaco” e dietro lo<br />
sterno) che compare nell’80% delle gravide alla 31° settimana.<br />
la gravidanza<br />
44<br />
Soprattutto, non bisogna mai lasciarsi tentare dall’automedicazione:<br />
i farmaci (compresi quelli da banco “senza ricetta medica”), i prodotti<br />
da erboristeria e gli stessi integratori vanno assunti tutti solo<br />
su consiglio del ginecologo.<br />
Va comunque sottolineato che, a meno di patologie particolari, la gravidanza è una situazione<br />
fisiologica che deve inserirsi armoniosamente nella normalità della vita della<br />
donna, senza necessità di apportare variazioni di rilievo alle abitudini.<br />
Ad esempio:<br />
● le cinture di sicurezza in automobile vanno comunque (e a maggior ragione)<br />
allacciate: una si posiziona sotto l’addome e l’altra in mezzo ai seni<br />
● i rapporti sessuali possono proseguire per tutta la durata della gravidanza<br />
con le avvertenze di scegliere una posizione che non comprima<br />
l’addome, di proteggersi dalle malattie sessualmente<br />
trasmissibili se il partner è a rischio, di smettere in caso di comparsa<br />
di sanguinamento o dolore<br />
● i viaggi sono ammessi: se la distanza è lunga, meglio scegliere mezzi<br />
come il treno o l’aereo per consentire di passeggiare in corridoio 5 minuti<br />
ogni ora; oppure prevedere analoghe soste se il percorso è in automobile<br />
● gli sports sono ammessi tranne le immersioni subacquee, le discipline
che prevedono salti e atterraggi, il sollevamento pesi o comunque gli<br />
sports che sottopongono a sforzi fisici importanti. Ottimo il nuoto e i<br />
vari corsi di acquaticità per le gravide offerti dal commercio; ottime<br />
anche le discipline di rilassamento come lo yoga e quelle di stretching<br />
muscolare<br />
● i trattamenti per i capelli possono essere proseguiti per tutta la gravidanza:<br />
cautela particolare va posta solo a tinte e a permanenti aggressive<br />
nel 1° trimestre<br />
● le cure odontoiatriche si possono proseguire. Anzi: in gravidanza<br />
c’è un rischio maggiore di gengiviti e problemi dentali e quindi i controlli<br />
odontoiatrici e l’igiene orale devono essere ancora più scrupolosi.<br />
Anche l’eventuale anestesia locale è ammessa.<br />
IL PARTO<br />
Il parto è l’espulsione del prodotto del concepimento (cioè del feto,<br />
della placenta, delle membrane coriali, del funicolo e del liquido<br />
amniotico).<br />
È suddiviso in 4 fasi:<br />
● fase prodromica ● fase dilatante ● fase espulsiva ● secondamento<br />
La fase prodromica è caratterizzata dalla presenza di contrazioni sempre più regolari<br />
associate a dolore sovrapubico (di variabile entità) e, talora, dall’emissione del cosiddetto<br />
“tappo mucoso”(sostanza gelatinosa, spesso striata di sangue). Può durare qualche<br />
ora. Durante questa fase il collo dell’utero è ancora chiuso.<br />
Nella fase dilatante le contrazioni si presentano ogni 3-4 minuti e aumentano la loro<br />
durata (30-40 secondi) e l’intensità. Il dolore è più spesso localizzato in regione lombosacrale.<br />
La fase dilatante dura mediamente 4-5 ore nelle donne che non hanno mai<br />
partorito (nullipare) e meno di 2 ore nelle donne che hanno già partorito più volte<br />
(pluripare). Al termine della fase dilatante il collo uterino è completamente appianato<br />
e aperto: diventa un anello di circa 10 cm di diametro. Al termine della fase dilatante,<br />
si verifica spesso la cosiddetta “rottura delle acque”: si rompe il sacco amniotico ed<br />
esce parte del liquido amniotico.<br />
L’insieme della fase prodromica e della fase dilatante è definito travaglio.<br />
Nella fase espulsiva le contrazioni sospingono il feto a compiere le rotazioni necessarie<br />
per attraversare il cosiddetto “canale del parto” (cioè il collo uterino ormai appianato<br />
e la vagina). Le contrazioni sono potenziate dalla collaborazione attiva della madre<br />
che, quando la testa del bambino attraversa il collo uterino, sente lo stimolo a “spingere”.<br />
La durata è di circa 1 ora nelle nullipare, 20-30 minuti nelle pluripare.<br />
Il secondamento è l’espulsione della placenta, del cordone e delle membrane.<br />
Normalmente inizia entro 20 minuti dalla nascita e si completa entro 2 ore. Se tarda a<br />
iniziare oltre l’ora, si procede al cosiddetto secondamento manuale, cioè all’estrazione<br />
la gravidanza<br />
45
manuale in anestesia generale. Il secondamento è uno dei momenti più critici del<br />
parto, in particolare per il rischio di emorragie.<br />
Di solito il bambino nasce presentando per prima la testa (presentazione cefalica).<br />
Se presenta prima le natiche o i piedi si dice che la presentazione è podalica. Il parto<br />
podalico è tecnicamente più difficile e spesso quando la presentazione è podalica, il<br />
ginecologo preferisce ricorrere al parto cesareo.<br />
Attualmente è piuttosto diffuso il ricorso all’analgesia epidurale. L’anestesista inietta<br />
l’anestetico negli spazi intervertebrali della regione lombare mediante una piccola<br />
cannula pieghevole (“cateterino”). L’anestetico (che può essere somministrato più<br />
volte attraverso il cateterino) toglie il dolore associato alle contrazioni e all’espulsione<br />
del feto e quindi rende più sereno il parto. Le donne che decidono di ricorrere all’analgesia<br />
peridurale devono sostenere una visita anestesiologica preventiva nelle ultime<br />
settimane di gravidanza.<br />
L’ALLATTAMENTO<br />
L’allattamento è il processo fisiologico più tipico dei mammiferi, che prendono il<br />
nome proprio da questa loro peculiarità.<br />
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda l’allattamento<br />
materno esclusivo per almeno i primi 6 mesi di vita del<br />
bambino e consiglia di tenere il latte materno come alimento principale<br />
fino al compimento del 1° anno, pur introducendo gradualmente<br />
gli altri alimenti complementari.<br />
la gravidanza<br />
46<br />
Già dal 5° mese di gravidanza la mammella è pronta per la produzione del latte e già<br />
durante le ultime settimane può iniziare la fuoriuscita del colostro. Il colostro è un liquido<br />
trasparente di colore giallo molto ricco di anticorpi e di cellule immunitarie,<br />
utilissimo per proteggere il neonato appena arrivato nel mondo esterno.<br />
Dopo circa 3 giorni dal parto, il colostro si trasforma in latte di transizione e solo<br />
dopo 2-3 settimane viene prodotto il latte maturo.<br />
La “montata lattea”compare appunto dopo 3 giorni circa (ma a volte anche dopo 5 o 7<br />
giorni), spesso accompagnata da tensione mammaria, disagio e febbricola.<br />
La produzione del latte è perfettamente regolata dalla legge della domanda e dell’offerta:<br />
più il bambino succhia, più il latte viene prodotto.<br />
Madre e bambino sono in simbiosi: la suzione del capezzolo attiva un circuito nervoso<br />
che stimola la produzione della prolattina e la prolattina stimola la ghiandola mammaria<br />
a produrre latte. Viceversa, se il bambino non succhia, il latte ristagnante nella mammella<br />
fermerà la produzione di nuovo latte.<br />
È pertanto opportuno che l’allattamento avvenga a richiesta e non ad orari fissi. Il<br />
bambino manifesta in molti modi il suo bisogno di latte prima di arrivare al pianto<br />
(che è un segnale tardivo). Ad esempio gira la testa, apre la bocca e tira fuori la lingua<br />
in cerca del capezzolo, si stiracchia.
Per lo stesso motivo il neonato deve essere attaccato al seno al più presto dopo il<br />
parto e bisogna evitare di ricorrere a elementi di disturbo come succhiotti o biberon<br />
di camomilla: questi possono disturbare l’avviamento del bambino alla corretta suzione<br />
dal capezzolo.<br />
I vantaggi sulla salute del bambino dell’allattamento al seno sono noti e molto divulgati.<br />
Ma l’allattamento al seno porta vantaggi di salute anche alla madre.<br />
La suzione provoca nella madre (oltre alla produzione di prolattina) anche la produzione<br />
di ossitocina. L’ossitocina stimola la contrazione dell’utero: aiuta quindi a prevenire<br />
le emorragie dopo il parto e rende più veloce il ritorno dell’utero alle sue condizioni<br />
di normalità.<br />
I valori elevati della prolattina favoriscono anche il ritardo della comparsa delle mestruazioni;<br />
quindi la madre ha più tempo per ricostruire le sue riserve di ferro.<br />
Allattare riduce il rischio futuro di tumore alle ovaie e alla mammella.<br />
L’allattamento induce nel cervello della madre la secrezione di molte molecole che<br />
generano sensazioni di benessere e la orientano positivamente verso la cura del<br />
bambino stabilendo un legame affettivo particolare. Nelle donne che allattano si riduce<br />
dell’80% l’insorgenza della depressione post-partum.<br />
Sono poche le controindicazioni mediche all’allattamento al seno:<br />
● malattie infettive trasmissibili attraverso il latte (tubercolosi, Hiv)<br />
● uso di farmaci particolari<br />
● abuso di alcol o droghe<br />
Contrariamente a quanto ritenuto in passato, l’allattamento non peggiora la miopia,<br />
né gli altri disturbi visivi: la riduzione dell’acutezza visiva che alcune donne hanno<br />
durante il puerperio è reversibile in poche settimane ed è legata soltanto ad un aumento<br />
della ritenzione idrica.<br />
Sono invece più frequenti le complicanze mediche dell’allattamento al seno:<br />
● ragadi del capezzolo<br />
la gravidanza<br />
● ingorgo mammario (occlusione dei canali attraverso cui defluisce il latte,<br />
con conseguente ristagno del latte e distensione dolorosa della mammella)<br />
● mastite (infiammazione della mammella dovuta a infezione batterica)<br />
Comunque, qualora l’allattamento al seno non sia possibile o debba essere interrotto,<br />
non è il caso di colpevolizzarsi o di entrare in ansia per il benessere del bambino. I<br />
latti artificiali del giorno d’oggi sono di eccellente qualità e sono maternizzati (cioè<br />
sanno mimare assai bene il latte di donna). Inoltre il legame affettivo con il bambino<br />
si costruisce tenacemente in mille modi diversi, anche se la funzione nutrice è svolta<br />
con il biberon!<br />
47
la menopausa<br />
LA MENOPAUSA<br />
Sintomi e complicanze<br />
50
La menopausa è la cessazione definitiva dei flussi mestruali. Per<br />
dire con certezza che c’è menopausa, occorre attendere almeno 1<br />
anno dall’ultima mestruazione.<br />
Il climaterio è invece il lungo arco temporale di transizione dalla maturità sessuale<br />
(cioè dal periodo riproduttivo) alla senescenza (cioè alla scomparsa della produzione<br />
ormonale ovarica). Il Climaterio comprende quindi una fase di pre-menopausa e una<br />
fase di post-menopausa e può durare qualche anno.<br />
La menopausa si verifica normalmente tra la fine dei quarant’anni e l’inizio dei cinquant’anni,<br />
con una larga variabilità individuale.<br />
In Italia, l’età media di insorgenza è di 51 anni con un intervallo statistico tra i 45 ed<br />
i 55 anni. Quando insorge prima dei 40 anni si parla di menopausa precoce. L’epoca<br />
di insorgenza è determinata soprattutto da fattori genetici (e ha pertanto una certa familiarità);<br />
non è invece correlata all’età del menarca.<br />
Così come il menarca (cioè la comparsa della 1° mestruazione) non è una patologia,<br />
analogamente la menopausa non è una patologia ma un evento fisiologico e sano. La<br />
menopausa non va pertanto “curata”: si possono adottare rimedi, o talora assumere<br />
farmaci, per alleviare i sintomi che possono accompagnarla.<br />
I sintomi climaterici sono assolutamente soggettivi e variabili da donna a donna, sia<br />
come tipologia, che come intensità, che come durata nel tempo. Sono generalmente<br />
più severi quando la menopausa è precoce o se è improvvisa poiché “forzata” da<br />
cause mediche (ad esempio dall’asportazione delle ovaie per neoplasie o dal ricorso a<br />
chemioterapie). I sintomi possono iniziare anche anni prima della menopausa e terminare<br />
anni dopo: non per nulla il termine climaterio deriva dal greco “klimacter” che<br />
significa “scalino, difficoltà”.<br />
la menopausa<br />
51
I SINTOMI PREMENOPAUSALI sono soprattutto le irregolarità mestruali.<br />
Le irregolarità mestruali possono precedere di 5-10 anni la menopausa e possono<br />
manifestarsi come riduzioni del flusso o come incrementi del flusso.<br />
Le riduzioni del flusso sono:<br />
● ipomenorrea, cioè flussi scarsi per durata o per perdita di sangue<br />
● oligomenorrea, cioè flussi distanziati da periodi più lunghi dei soliti 28-30<br />
giorni<br />
● amenorrea, cioè scomparsa del flusso mestruale per più di 3 mesi<br />
Gli incrementi del flusso sono:<br />
● ipermenorrea, cioè flussi con perdite più abbondanti del consueto<br />
● menometrorragie, cioè flussi che oltre a essere più abbondanti durano<br />
anche più giorni del consueto<br />
● polimenorrea, cioè flussi ravvicinati<br />
● metrorragie, cioè vere e proprie emorragie non correlate alle cadenze mestruali<br />
la menopausa<br />
L’incremento del flusso va sempre segnalato al ginecologo anche per il rischio di<br />
causare anemia da carenza di ferro!<br />
In ogni caso può ancora verificarsi un’ovulazione spontanea addirittura nei primi 2<br />
anni successivi all’ultima mestruazione (anche se la probabilità di portare a termine<br />
l’eventuale gravidanza è molto bassa).<br />
I SINTOMI POSTMENOPAUSALI, con criterio cronologico, si suddividono in:<br />
Sintomi postmenopausali a breve termine<br />
● disturbi neurovegetativi (vampate di calore, sudorazioni, disturbi del<br />
sonno, stanchezza)<br />
● disturbi psicologici (irritabilità e sintomi ansioso-depressivi)<br />
● disturbi fisici (dolori articolari)<br />
Sintomi postmenopausali a medio termine (compaiono 2-3 anni dopo l’ultima mestruazione)<br />
● distrofia urogenitale (secchezza vaginale, dolore ai rapporti sessuali, cistiti<br />
ricorrenti)<br />
● secchezza e assottigliamento della cute e dei capelli con comparsa di rughe<br />
cutanee e diradamento capillare<br />
52
Sintomi e complicanze postmenopausali a lungo termine<br />
● osteoporosi<br />
● malattie cardiovascolari (ipertensione, infarto, ictus)<br />
● processi neurodegenerativi (riduzione delle capacità cognitive, demenza<br />
senile)<br />
La causa di tutti questi sintomi sta nel calo della produzione di<br />
estrogeni.<br />
Tra i sintomi postmenopausali a breve termine certamente i più frequenti sono le<br />
vampate di calore.<br />
Le vampate di calore interessano almeno il 70% delle donne; tendono a manifestarsi<br />
precocemente, insieme alle prime irregolarità mestruali; normalmente scompaiono (o<br />
si diradano molto) dopo i primi 2 anni dalla menopausa.<br />
L’intensità, la frequenza, la durata nel tempo e il disagio con cui le vampate sono avvertite<br />
dalla donna sono molto variabili. Nella maggior parte dei casi è sufficiente ricorrere<br />
a banali rimedi:<br />
● vestirsi con più strati di indumenti sottili e di materiale traspirante (cotone,<br />
lana, piuma); evitare i materiali sintetici. Questa regola è valida anche per<br />
lenzuola e coperte da letto<br />
● evitare o ridurre fumo, alcool, cibi grassi, cibi piccanti, caffè, spezie, tè e<br />
bevande calde in genere (soprattutto alla sera)<br />
● tenere sotto controllo il peso: il grasso corporeo fa da isolante termico e<br />
non permette la termodispersione. Anche una moderata ma costante attività<br />
fisica, come una passeggiata giornaliera di mezz’ora, migliora la capacità<br />
termoregolatrice del corpo (oltre ad aiutare a controllare il peso)<br />
● predisporsi ambienti di vita freschi e ventilati o, perlomeno, tenere a portata<br />
di mano un ventaglio<br />
● aumentare il self-control: ai primi segnali di vampata, prendere qualche respiro<br />
profondo e lento<br />
la menopausa<br />
A volte tuttavia le vampate sono così intense e malvissute dalla donna che il ginecologo<br />
può decidere di utilizzare dei farmaci. La scelta è ampia.<br />
Il ginecologo può scegliere una terapia ormonale (TOS o Terapia Ormonale Sostitutiva):<br />
estroprogestinici a basso dosaggio (“pillola”), estrogeni (estradiolo, etinilestradiolo,<br />
estriolo), progestinici. Questi farmaci sono disponibili in varie formulazioni:<br />
compresse orali, cerotti transdermici, creme vaginali, compresse vaginali, ovuli, anelli<br />
vaginali trimestrali.<br />
Altrimenti il ginecologo può ricorrere al tibolone (un farmaco comunque ad attività<br />
53
ormonale), a farmaci di tipo antidepressivo (paroxetina, venlafaxina) o ad altri farmaci<br />
specialistici.<br />
La scelta della Terapia Ormonale Sostitutiva o del Tibolone è una scelta che va sempre<br />
ben ponderata assieme al ginecologo. In alcune donne è controindicata (ad esempio in<br />
chi ha avuto episodi tromboembolici o carcinoma mammario). Anche in assenza di<br />
controindicazioni mediche, va comunque ben calcolato il rapporto rischio/beneficio.<br />
La cura naturale con i cosiddetti “Fitoestrogeni” (sostanze che mimano l’effetto degli<br />
estrogeni e sono estratte da vegetali quali soia e trifoglio rosso) non ha invece reali<br />
benefici documentati da dati scientifici.<br />
la menopausa<br />
Tra i sintomi postmenopausali di medio termine il più frequente è la secchezza vaginale.<br />
Durante la maturità sessuale, grazie agli estrogeni, la mucosa vaginale è ben trofica,<br />
la secrezione delle ghiandole mucose la tiene ben umidificata, il pH è acido (3.5 - 4.5)<br />
e quindi ostile all’impianto di microbi patogeni.<br />
Con la riduzione degli estrogeni, la mucosa diventa atrofica (specialmente a livello<br />
dell’imbocco vaginale e del terzo inferiore della vagina), la secrezione si riduce, il pH<br />
diventa alcalino (7.0 – 7.3).<br />
Questa situazione è responsabile di prurito, bruciori, maggior frequenza di vaginiti,<br />
dolore e piccoli sanguinamenti durante i rapporti.<br />
L’atrofia vaginale è spesso associata ad analoga atrofia della mucosa dell’uretra<br />
e della vescica. Questa situazione determina maggior frequenza di cistiti, disuria (disagio<br />
nell’emissione dell’urina) e incontinenza (difficoltà a trattenere l’urina, perdita<br />
di qualche goccia di urina in occasione di tosse, starnuti, risate improvvise, sforzi<br />
fisici anche lievi).<br />
La secchezza vagino-uretrale, se isolata e non associata ad altri disturbi climaterici<br />
più gravi, può essere ben curata da una TOS locale, mediante applicazione di farmaci<br />
estrogenici direttamente in vagina (creme, ovuli, compresse vaginali, anelli vaginali<br />
di durata trimestrale).<br />
Questa terapia estrogenica locale è generalmente ben tollerata ed è meno pericolosa<br />
della TOS per via orale o per cerotto, in quanto il passaggio nel sangue dell’ormone è<br />
molto limitato (< 2%).<br />
Va comunque sempre decisa e prescritta dal ginecologo che deve escludere controindicazioni<br />
locali (ad esempio tumori della vulva o del collo dell’utero).<br />
Sono invece in libera vendita gel e ovuli vaginali lubrificanti (i primi comunque consigliabili<br />
sempre in occasione di rapporti sessuali).<br />
54<br />
Tra le complicanze postmenopausali a lungo termine, la più frequente è certamente<br />
l’osteoporosi.<br />
L’osteoporosi è la riduzione della massa dell’osso, il quale diviene pertanto più fragile,
più deformabile e più a rischio di fratture.<br />
L’osso è tutt’altro che una impalcatura inerte. Fino alla menopausa, il 10% della massa<br />
ossea complessiva viene rinnovata ogni anno, cioè viene demolita e ricostruita. Questo<br />
continuo lavorio di rimaneggiamento è svolto da 2 tipi di cellule ossee che si controbilanciano:<br />
gli osteoclasti (demolitori) e gli osteoblasti (costruttori).<br />
Per il buon funzionamento degli osteoblasti occorrono vari fattori: la Calcitonina, la<br />
Vitamina D, la disponibilità di calcio e fosforo. Gli estrogeni sono attivi su tutti questi<br />
fattori; quando gli estrogeni calano, cala dunque l’attività costruttrice degli osteoblasti<br />
che non riescono più a bilanciare l’attività demolitrice degli osteoclasti.<br />
Le donne sottoposte a TOS hanno certamente una minor tendenza all’osteoporosi.<br />
Tuttavia la terapia dell’osteoporosi postmenopausale non si basa sulla TOS ma sull’impiego<br />
o di farmaci che rallentano gli osteoclasti (ad es. i bifosfonati) o di farmaci<br />
che stimolano gli osteoblasti (ad es. il raloxifene).<br />
Sarà il ginecologo a indicare qual è la terapia migliore.<br />
L’osteoporosi è una patologia insidiosa perché è asintomatica per molti anni. Solo<br />
in fase avanzata possono comparire riduzione della statura per incurvamento della<br />
colonna vertebrale, dolore osseo sotto carico, o addirittura fratture improvvise, senza<br />
traumi o in seguito a traumi minimi. Le fratture più frequenti colpiscono il femore:<br />
quasi sempre la donna cade perché il femore si è spontaneamente rotto e non viceversa!<br />
È pertanto consigliabile per tutte le donne prossime alla menopausa (e anche per i maschi<br />
sopra i 65 anni) sottoporsi alla MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata).<br />
La MOC è un test indolore che, mediante l’impiego di una minima dose di raggi X,<br />
misura la densità dell’osso (comunemente viene scelto il femore).<br />
In base al risultato della MOC, si può stabilire se la densità ossea è normale, se c’è già<br />
osteoporosi, cioè una rarefazione grave dell’osso con conseguente rischio elevato di<br />
frattura o una situazione intermedia definita “osteopenia”.<br />
la menopausa<br />
L’arma migliore contro l’osteoporosi è comunque la prevenzione: il<br />
baluardo migliore è presentarsi alla menopausa con una buona<br />
massa scheletrica di partenza.<br />
Questa massa si costruisce prima dei 25 anni, età in cui raggiunge il massimo.<br />
Dai 25 anni inizia una lenta fisiologica riduzione che può essere accelerata da alcune<br />
situazioni patologiche (insufficienza renale cronica, terapie cortisoniche prolungate,<br />
ipertiroidismo) o da diete squilibrate o da amenorree prolungate (da anoressia, da sottopeso<br />
patologico).<br />
3 sono i fattori che aiutano a costruire massa scheletrica:<br />
● un’alimentazione ricca di calcio e vitamina D<br />
● l’esposizione al sole<br />
● l’esercizio fisico<br />
55
Ogni donna dovrebbe assumere 1 g di calcio al giorno prima della menopausa e 1.5 g<br />
dopo la menopausa. Gli alimenti ricchi di calcio e vitamina D sono latte, latticini,<br />
salmone, sardine, uova, mandorle, legumi. Una dieta troppo ricca di fibre, al contrario,<br />
riduce l’assorbimento intestinale di calcio e vitamina D.<br />
Quando non è possibile un’alimentazione adeguata, si può ricorrere (su consiglio del<br />
medico) ad integratori alimentari di calcio e vitamina D.<br />
L’esposizione al sole è necessaria perché senza raggi ultravioletti il corpo non riesce<br />
a completare la sintesi della vitamina D. È tuttavia sufficiente un po’ di vita all’aria<br />
aperta: una passeggiata di mezz’ora al giorno con gambe e braccia scoperte nella<br />
bella stagione serve a costruire una piccola scorta di vitamina D per tutto l’anno.<br />
L’attività fisica stimola gli osteoblasti a produrre osso. Anche in questo caso è sufficiente<br />
mezz’ora di passeggiata giornaliera o la pratica di 20’ al giorno di ginnastica<br />
dolce o di Pilates (utili peraltro anche per contrastare i rischi cardiovascolari e il sovrappeso).<br />
TABELLA 1<br />
Contenuto medio di calcio degli Alimenti in mg%<br />
la menopausa<br />
Formaggi a lunga stagionatura (grana, emmenthal) 900-1100<br />
Formaggi a media stagionatura (taleggio, provolone) 600-900<br />
Formaggi freschi (mozzarella, robbiola) 400-600<br />
Pesce azzurro 350<br />
Rucola 300<br />
Frutta secca (mandorle, noci, nocciole) 250-300<br />
Cavoli e verze 250<br />
Legumi secchi 135<br />
Latte e yogurt magri 100-120<br />
Latte e yogurt interi 80-100<br />
Spinaci 80-100<br />
Acqua Ferrarelle 38<br />
Acqua Sangemini 33<br />
56
TABELLA 2<br />
Come totalizzare l’introito giornaliero di circa 1 g di calcio<br />
con gli alimenti comuni<br />
ALIMENTO QUANTITÀ CALCIO (mg)<br />
Pasta 90 g 40<br />
Pane 100 g 40<br />
Formaggio da condimento 2 cucchiaini 115<br />
Formaggio stagionato 50 g 580<br />
Pesce o carne 1 razione normale 30<br />
Latte 1 tazza da 140 ml 140<br />
Yogurt 1 vasetto 140<br />
Legumi 1 razione normale 75<br />
TOTALE 1160<br />
Tra le complicanze postmenopausali di lungo termine, per la sua gravità, vale la pena<br />
spendere qualche parola anche sull’incremento del rischio cardiovascolare.<br />
L’incremento del rischio cardiovascolare è dovuto al fatto che, senza la protezione<br />
degli estrogeni, la probabilità di andare incontro a infarto cardiaco e ictus cerebrale<br />
cresce e diventa uguale a quella dei maschi di pari età.<br />
È quindi importante misurare periodicamente la pressione arteriosa e dosare periodicamente<br />
i grassi circolanti nel sangue (il colesterolo soprattutto).<br />
Ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia sono infatti i 2 fattori maggiori di rischio<br />
di infarto cardiaco e ictus cerebrale. Possono inoltre “indurire” le pareti delle arterie,<br />
cioè dare “arteriosclerosi”, situazione che porta notoriamente anche al deterioramento<br />
cerebrale e al declino delle funzioni cognitive di apprendimento e memoria.<br />
Spesso anche le donne abituate ad avere, prima della menopausa, la colesterolemia<br />
perfettamente normale e la pressione arteriosa addirittura bassa scoprono con<br />
sorpresa di essere diventate ipercolesterolemiche e ipertese senza aver modificato<br />
le abitudini di vita precedenti, anzi, magari prestando ancor più attenzione all’alimentazione.<br />
Anche il fumo, il diabete, la vita sedentaria sono fattori importanti di rischio cardiovascolare,<br />
per non parlare del sovrappeso.<br />
la menopausa<br />
57
La carenza estrogenica rallenta il metabolismo e l’incremento ponderale è un<br />
frequente riscontro nel climaterio.<br />
Anche l’incremento del peso, come l’ipertensione e l’ipercolesterolemia, spesso<br />
coglie di sorpresa la donna perché si manifesta senza alcuna variazione delle abitudini<br />
alimentari precedenti e spesso anche in chi, prima della menopausa, era<br />
addirittura magra pur mangiando liberamente.<br />
L’incremento ponderale è una situazione di rilevanza estetica fino a quando non<br />
porta al “sovrappeso” che è invece una situazione di rischio per la salute.<br />
RISCHIO DI MALATTIE<br />
la menopausa<br />
Sottopeso<br />
(BMI =50,0)<br />
IL SOVRAPPESO è l’aumento dell’indice di massa corporea (BMI).<br />
Il BMI si calcola dividendo il peso (in kg) per il quadrato dell’altezza (in metri),<br />
oppure utilizzando dei grafici.<br />
Nel grafico seguente basta congiungere con un righello il valore del peso (ordinata di<br />
destra) con quello dell’altezza (ordinata di sinistra) e vedere in che fascia di colore<br />
cade il punto di intersezione con la linea verticale centrale.<br />
58
la menopausa<br />
In base al valore del BMI si definiscono le seguenti condizioni:<br />
Condizione BMI range - kg/m 2<br />
Sottopeso di grado severo < 16.5<br />
Sottopeso da 16.5 a 18.4<br />
Normalità da 18.5 a 24.9<br />
Sovrappeso da 25 a 30<br />
Obesità di primo grado da 30.1 a 34.9<br />
Obesità di secondo grado da 35 a 40<br />
Obesità di terzo grado > 40<br />
59
Oltre al BMI un altro parametro è importante per valutare la gravità medica del sovrappeso:<br />
il girovita.<br />
Il grasso in esubero, infatti, può disporsi prevalentemente nella regione addominale<br />
(disposizione “a mela”) o prevalentemente nelle natiche e nelle cosce (disposizione<br />
“a pera”).<br />
La disposizione “a mela” è detta anche androide perché è più tipica del maschio. È<br />
correlata a un rischio più elevato di malattie cardiovascolari. (Figura a)<br />
La disposizione “a pera” è detta anche ginoide perché è più tipica delle donne. Si<br />
correla a un rischio cardiovascolare più basso. (Figura b)<br />
Purtroppo la carenza di estrogeni porta la donna ad assumere la caratteristica maschile<br />
dell’aspetto “a mela”. Una delle variazioni fisiche più precoci del climaterio è proprio<br />
l’allargamento del girovita.<br />
La misura del girovita si prende all’altezza dell’ombelico; nella donna si considera ottimale<br />
un girovita inferiore a 88 cm.<br />
la menopausa<br />
DISPOSIZIONE “A MELA”<br />
O ANDROIDE<br />
DISPOSIZIONE “A PERA”<br />
O GINOIDE<br />
60
Come nel caso dell’osteoporosi, la strategia vincente per contrastare il sovrappeso è la<br />
prevenzione: la donna dovrebbe arrivare alla menopausa con il suo peso ideale.<br />
Per aiutarsi a conservare il peso ideale nonostante l’insidia del rallentamento metabolico<br />
non servono strategie rocambolesche o diete strampalate: è sufficiente il buon senso<br />
della cosiddetta “Piramide Alimentare”.<br />
la menopausa<br />
LA PIRAMIDE ALIMENTARE<br />
Come la Piramide insegna, la base dell’alimentazione sana sono la frutta, la verdura e<br />
i cereali (meglio se integrali); i dolci e i fritti devono essere di consumo occasionale<br />
(poche volte al mese) e i salumi e le uova devono essere assunti 1 sola volta alla settimana.<br />
Dopo la menopausa anche la carne rossa è sufficiente 1 sola volta alla settimana ed è<br />
meglio privilegiare il pesce, le carni bianche e i formaggi stagionati.<br />
61
la menopausa<br />
E, PER FINIRE, UN PO’ DI PSICOLOGIA…<br />
Come già più volte detto, tutti i disturbi climaterici (le vampate, il dolore ai rapporti<br />
sessuali, l’insonnia, il calo della memoria e della concentrazione, l’irritabilità, la depressione,<br />
l’ansia etc.) sono legati alla carenza estrogenica. È tuttavia evidente nella<br />
loro espressione una forte componente psicologica individuale legata all’accettazione<br />
della menopausa.<br />
Per molte donne la menopausa è vista come il pensionamento dalla femminilità, dall’avvenenza,<br />
dalla desiderabilità sessuale e dall’utilità sociale e come l’inizio di un<br />
processo inesorabile di degrado fisico e rapida “rottamazione”.<br />
In realtà il periodo postmenopausale, con l’allungamento della vita media oltre gli 80<br />
anni, rischia di essere più lungo di quello della maturità sessuale e quindi va ben impostato<br />
e ben vissuto.<br />
Inoltre gli stessi mass-media che hanno imposto l’obbligo di essere eternamente<br />
giovani, sane, belle e senza difetti fisici mostrano attrici e donne “normali” avvenenti,<br />
sessualmente attraenti, attive nelle relazioni sentimentali, impegnate con successo in<br />
varie attività anche a 60 – 70 anni e oltre.<br />
La femminilità e il valore di una donna del 3° millennio non sono certo legati alla<br />
sua capacità riproduttiva e la medicina del 3° millennio fornisce gli strumenti idonei<br />
a conservare salute, efficienza ed estetica lungamente.<br />
Il punto è che la menopausa arriva in un momento della vita della donna in cui, oltre<br />
a chiudersi la fase riproduttiva, si chiudono spesso altri capitoli o comunque giungono<br />
contemporaneamente a un punto cruciale di bilanci altri aspetti importanti della vita.<br />
Spesso la menopusa coincide con il momento in cui i figli lasciano la casa genitoriale<br />
e la donna si sente a maggior ragione esautorata dal suo ruolo di madre.<br />
Spesso anche l’attività lavorativa extra-domestica declina. Chi ha perso il posto di<br />
lavoro a causa della crisi economica o per la scelta obbligata di dover accudire i<br />
genitori anziani vede ridotte drasticamente le possibilità di un rientro nel ciclo produttivo<br />
e si sente socialmente marginalizzata. Anche chi ancora lavora vede spesso “chiudersi”<br />
l’orizzonte professionale, talora redige un bilancio della sua vita lavorativa costellato<br />
di rimpianti per le occasioni perdute senza intravedere sufficiente tempo per un riscatto<br />
futuro.<br />
Talora la menopausa coincide anche con un momento di crisi o di bilancio della vita<br />
di coppia.<br />
Spesso anche il partner può essere di poco supporto psicologico poiché lui pure entra<br />
in un’età critica. Anche il partner può sentirsi sminuito dalla perdita della sua funzione<br />
genitoriale, anche lui è in età di bilancio professionale, anche lui può avere le sue<br />
prime defaillancés fisiche e sessuali; a volte entra nella cosiddetta crisi della mezza<br />
età e si illude di trovare una “seconda giovinezza” cercando spunti fuori dalla coppia.<br />
Anche per questi motivi temporalmente coincidenti con la menopausa, talora la<br />
donna va in crisi e spesso la sintomatologia climaterica è vissuta in maniera pesante e<br />
“strumentale”: è il modo con cui la donna comunica il suo disagio psicologico nel<br />
62
fare il famoso “scalino”.<br />
Per fortuna esistono cure farmacologiche adeguate e l’aiuto professionale di psicologi<br />
e psichiatri. Il ricorso (spesso temporalmente limitato) a un aiuto professionale in<br />
ambito psicologico non deve essere visto come un fallimento o una attestazione di<br />
incapacità personale.<br />
La menopausa è certamente una svolta nella vita della donna.<br />
Come tutte le svolte (matrimonio, nascita di figli, iscrizione all’università o inizio di<br />
un lavoro), comporta la perdita di alcune potenzialità e l’acquisizione di nuovi oneri<br />
ma apre anche orizzonti nuovi.<br />
Con la menopausa finisce l’attività riproduttiva e, non potendo più contare sull’aiuto<br />
degli estrogeni, inizia l’onere di una “manutenzione” del proprio corpo un po’ più impegnativa:<br />
bisogna curarsi un po’ di più.<br />
Peraltro la fine dell’attività lavorativa extra-domestica e la riduzione degli impegni di<br />
allevamento dei figli hanno il risvolto positivo di lasciare spazi di tempo da dedicare<br />
a se stesse senza sensi di colpa (per fare la caldeggiata passeggiata quotidiana all’aria<br />
aperta, per cucinarsi dei menù finalmente su misura per sé anziché per i figli, per coltivare<br />
interessi e hobby, per viaggiare, per riallacciare una rete di amicizie).<br />
Le statistiche dicono anche che il volontariato sociale (fondamentale per garantire la<br />
qualità di vita nel nostro Paese) è prestato in larga misura da donne e uomini della<br />
“terza età”.<br />
La ricchezza interiore che deriva da 5 decenni di vita e di esperienze è un capitale prezioso<br />
che può render capaci di affrontare con serenità la restante (spesso lunghissima)<br />
parte della vita gustandone con più calma i piaceri.<br />
la menopausa<br />
63
LE MALATTIE<br />
SESSUALMENTE<br />
TRASMISSIBILI<br />
Gonorrea, sifilide, chlamydia, ulcera molle,<br />
condilomi acuminati, herpes genitalis,<br />
scabbia e pidocchi, vaginiti e uretriti comuni,<br />
AIDS, paillomatosi (HPV)<br />
64
Le Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST) o malattie veneree sono malattie causate<br />
da microbi che si trasmettono attraverso l’attività sessuale.<br />
Sono trasmissibili solo attraverso l’attività sessuale:<br />
● Sifilide<br />
● Gonorrea<br />
● Chlamydia (linfogranuloma venereo) ● Ulcera molle<br />
Sono trasmissibili sia per via sessuale che per altre vie:<br />
● Epatite virale ● AIDS ● Condilomi ● Scabbia<br />
● Pidocchi ● Candida ● Trichomonas ● Herpes genitalis<br />
● Uretriti e vaginiti “aspecifiche”<br />
I fattori che mettono più a rischio di contrarre le malattie veneree sono:<br />
● il numero di rapporti sessuali<br />
● il numero dei partners sessuali<br />
● il numero dei partners sessuali del proprio partner o dei propri partners<br />
● l’autoterapia, cioè il cercare di curarsi da soli senza rivolgersi a un medico<br />
le malattie sessualmente<br />
trasmissibili<br />
Il rischio di contrarre una malattia venerea c’è già in occasione del 1° rapporto.<br />
Il rischio c’è anche in occasione di rapporti anali ed orali.<br />
Anche la saliva (non solo lo sperma e le secrezioni vaginali) può veicolare le infezioni.<br />
Tranne l’AIDS, le malattie sessualmente trasmissibili sono tutte ben curabili e, se la<br />
diagnosi è tempestiva, non determinano complicanze a distanza.<br />
PERTANTO: se compaiono secrezione anomale dai genitali, piccole<br />
ulcerazioni, piccole escrescenze o si hanno dubbi sui partners (perché<br />
sono sconosciuti o sospettate che abbiano una malattia trasmissibile o<br />
che facciano uso di droghe iniettabili o che abbiano abitudini sessuali<br />
promiscue), bisogna rivolgersi al proprio medico il quale farà la diagnosi<br />
o prescriverà gli accertamenti necessari.<br />
Le malattie sessualmente trasmesse riguardano entrambi i partners e quindi è la coppia<br />
che va curata se si vuole estinguere la malattia.<br />
La conoscenza vera del partner è il 1° baluardo di prevenzione!<br />
Il 2° baluardo di prevenzione è l’uso del profilattico (sia maschile che femminile) nelle<br />
modalità corrette (cioè indossandolo prima di qualunque contatto con il partner).<br />
65
Le seguenti informazioni sulle più frequenti MST vogliono essere un aiuto per non<br />
sottovalutare le situazioni e a ricorrere prontamente all’aiuto professionale del medico.<br />
le malattie sessualmente<br />
trasmissibili<br />
GONORREA (o Blenorragia)<br />
È un’infezione causata da un batterio e quindi curabile con antibiotici. Ha una breve<br />
incubazione (da 2 a 5 giorni). Si manifesta nel maschio come una secrezione genitale<br />
mucopurulenta bianco-verdastra, accompagnata da bruciori durante l’emissione dell’urina.<br />
Nella donna si manifesta come una secrezione mucopurulenta bianco-verdastra<br />
a livello dell’uretra o della vagina. In caso di rapporti orali o anali può colpire anche<br />
la faringe o il retto (in tal caso con sintomi non facilmente avvertibili).<br />
Se non curata, nel maschio può portare prostatite, epididimite, sterilità; nella donna<br />
può portare bartolinite, compromissione dell’endometrio con rischio di gravidanza<br />
extrauterina e sterilità.<br />
Non dà origine a immunità permanente, quindi può essere contratta più volte nella vita.<br />
SIFILIDE<br />
È una malattia batterica (quindi curabile con antibiotici) trasmissibile con i contatti<br />
sessuali o, attraverso la placenta, dalla madre al feto.<br />
Ha una incubazione di 3 settimane. Dopo tale periodo si hanno sintomi solo locali nel<br />
punto di penetrazione del batterio: piccoli noduli (che possono scomparire da soli<br />
dopo circa 1 mese) e ingrossamento dei linfonodi inguinali.<br />
Se la malattia non viene curata, il batterio della sifilide si diffonde in tutto il corpo e,<br />
a distanza di mesi, compaiono delle eruzioni cutanee in vari punti del corpo (intorno<br />
alle orecchie, sotto le mandibole, ai gomiti, agli inguini). Questo periodo può durare<br />
2-4 anni.<br />
Dopo un ulteriore lungo periodo iniziano le manifestazioni più gravi, non dolorose ma<br />
profonde e distruttive, a carico di tutti gli organi, in particolare il cuore e il cervello.<br />
Se il feto contrae la sifilide dalla madre, si può verificare l’aborto, un parto prematuro<br />
con feto morto, la nascita di un neonato con alterazioni di vario genere.<br />
CHLAMYDIA<br />
È una delle malattie sessualmente trasmissibili più diffuse, già nella fascia di età sotto<br />
i 20 anni. È causata da un batterio e quindi curabile mediante antibiotici.<br />
Nel 75% delle donne e nel 50% dei maschi, è purtroppo asintomatica. La Chlamydia<br />
pertanto agisce subdolamente e provoca infiammazioni croniche responsabili di sterilità.<br />
Nel maschio provoca uretriti, epididimiti, occlusione dei dotti deferenti; nella donna,<br />
salpingiti (infezione delle tube) con rischio di occlusione delle tube e sterilità.<br />
Un tipo particolare di infezione da Chlamydia è il Linfogranuloma venereo. In questo<br />
66
caso l’infezione è molto sintomatica: si manifesta sotto forma di un’ulcera nel punto<br />
di contatto con il batterio; l’ulcera è non dolente e scompare da sola in pochi giorni.<br />
Successivamente si ingrossano i linfonodi che confluiscono tra loro formando dei piastroni<br />
che si spaccano facendo fuoriuscire del pus. A questo stadio si manifestano<br />
anche febbre, malessere generale, dolori articolari, cefalea.<br />
ULCERA MOLLE<br />
È causata da un batterio molto contagioso ma ben curabile con gli antibiotici. Ha<br />
un’incubazione di 2-14 giorni, al termine dei quali compaiono, nei punti di contatto<br />
con il batterio, delle ulcerazioni con i bordi tumefatti ma il fondo molle. Grazie a<br />
questa sintomatologia, è facilmente diagnosticabile e quindi curabile.<br />
CONDILOMI ACUMINATI<br />
Sono causati da alcuni ceppi del Virus del Papilloma Umano (HPV). (Di questo virus<br />
si parla più diffusamente nelle pagine a seguire).<br />
Ha un’incubazione di 1-8 mesi, al termine dei quali compaiono piccoli rilievi filamentosi<br />
o granulosi che crescendo tendono ad assumere l’aspetto a cavolfiore. Non<br />
provocano dolore e si localizzano normalmente sulla vulva, nella vagina, sul pene,<br />
nella regione perianale. Se non curata, la malattia è cronica e ha frequenti ricadute.<br />
le malattie sessualmente<br />
trasmissibili<br />
HERPES GENITALIS<br />
È causato da un virus simile a quello che provoca l’Herpes sulle labbra. Determina la<br />
formazione di vescicole tondeggianti, spesso disposte a grappolo disseminate nelle<br />
aree genitali. Quando le vescicole si rompono, si formano croste bruno-giallastre che<br />
scompaiono da sole entro 2 settimane.<br />
L’Herpes Genitalis è più frequente nella donna, specie con l’avanzare dell’età e tende<br />
a recidivare, cioè a ripresentarsi.<br />
SCABBIA E PIDOCCHI<br />
La Scabbia è causata da un acaro. Oltre che per contatto diretto con le persone affette,<br />
l’acaro può essere acquisito tramite la biancheria e gli indumenti. Si considera una<br />
malattia sessualmente trasmissibile perché il largo contatto cutaneo durante i rapporti<br />
e la localizzazione frequente dell’acaro in zona pubica fanno dell’attività sessuale la<br />
più favorevole occasione di trasmissione della malattia.<br />
L’acaro della scabbia si manifesta con piccole eruzioni sulla cute accompagnate da intenso<br />
prurito (soprattutto notturno). La sua presenza è indice di scarsa igiene personale.<br />
Analogo discorso è applicabile ai pidocchi. Alcuni di questi piccoli insetti (Pediculus<br />
Pubis) hanno una predilezione particolare per le aree pelose del pube maschile e femminile.<br />
67
le malattie sessualmente<br />
trasmissibili<br />
VAGINITI E URETRITI COMUNI<br />
Candida Albicans, Trichomonas, batteri vari (Escherichia coli, Stafilococchi, Streptococchi)<br />
possono essere scambiati tra partners in occasione dei rapporti sessuali e, se<br />
ceduti in alta carica, rendersi responsabili di vaginiti, cerviciti, uretriti. Tuttavia questi<br />
microorganismi sono spesso presenti come ospiti sulla cute e sulle mucose del corpo<br />
e si virulentano in occasione di situazioni particolari (immunodepressione, terapie antibiotiche<br />
prolungate, diabete) a prescindere dall’attività sessuale. Sono pertanto<br />
malattie trasmissibili anche per via sessuale, più che MST vere e proprie.<br />
Quando si manifestano, i sintomi prevalenti sono secrezioni genitali e fastidi o bruciori<br />
locali. Spesso è molto più sintomatica la donna dell’uomo. Tuttavia la terapia deve essere<br />
eseguita su entrambi i partners per evitare l’effetto ping-pong, cioè la continua<br />
reinfezione del partner che si cura da parte di quello che non si cura.<br />
AIDS<br />
La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) è causata dal virus HIV che<br />
comporta un progressivo deterioramento delle funzioni del sistema immunitario.<br />
Il virus HIV è contenuto in tutti i fluidi biologici del paziente portatore (o sieropositivo);<br />
pertanto l’infezione si contrae per contatto diretto tra piccole lesioni della cute e delle<br />
mucose con sangue, sperma, secrezioni vaginali, latte. Il virus è anche trasmesso attraverso<br />
trasfusioni di sangue o emoderivati e trapianti d’organo. Le donne possono<br />
trasmetterlo al figlio attraverso la placenta, durante il parto o mediante l’allattamento.<br />
Dal momento in cui si è contratto il virus, si diventa potenziali veicoli di trasmissione,<br />
indipendentemente dall’assenza o presenza di sintomi dell’AIDS.<br />
Poiché non esistono allo stato attuale vaccini o terapie antivirali capaci di distruggere<br />
il virus HIV, la miglior difesa è la prevenzione. Evitare rapporti sessuali non protetti<br />
(sia etero che omosessuali, sia anali, che vaginali o orali) con partners occasionali o<br />
sospetti; nel dubbio usare il profilattico (maschile o femminile).<br />
In caso di rapporto sospetto, il medico prescriverà il test di sieropositività dopo 1<br />
mese, dopo 3 mesi e dopo 6 mesi dal rapporto a rischio.<br />
Solo dopo i 6 mesi si può avere la tranquillità di essere effettivamente sieronegativi.<br />
68<br />
VIRUS DEL PAPILLOMA UMANO (HPV)<br />
A ponte tra il capitolo delle Malattie Sessualmente Trasmissibili e il capitolo sui<br />
Tumori Femminili si colloca il Virus del Papilloma Umano (HPV).<br />
Si conoscono attualmente 120 tipi di virus HPV, contrassegnati da un numero identificativo.<br />
In base al tessuto in cui specificamente attecchiscono, si classificano in HPV<br />
cutanei e HPV mucosi.<br />
Gli HPV cutanei possono causare patologie cutanee benigne (le comuni verruche);<br />
gli HPV mucosi possono causare tumoretti benigni come i Condilomi genitali (già descritti<br />
precedentemente) oppure tumori maligni come il carcinoma del collo dell’utero
e alcuni carcinomi del cavo orale, della laringe, dell’esofago, dell’ano. Questi tipi di<br />
HPV vengono definiti “ad alto rischio oncogeno”.<br />
In particolare, TUTTI i carcinomi del collo dell’utero sono causati da HPV!<br />
I virus HPV si contraggono tramite contatto diretto (sessuale, orale, cutaneo). Oltre il<br />
70% delle donne contrae un’infezione genitale da HPV nel corso della vita; la maggior<br />
parte di queste infezioni viene però debellata entro pochi mesi dal sistema immunitario.<br />
Se il virus HPV è di tipo “ad alto rischio oncogeno” e se la sua persistenza nella<br />
mucosa del collo dell’utero è lunga, nel corso degli anni si sviluppa il carcinoma del<br />
collo dell’utero.<br />
Le lesioni da HPV del collo dell’utero si possono riconoscere mediante il Pap-test, la<br />
colposcopia e tecniche (più recenti) di biologia molecolare.<br />
Come in molte infezioni virali la terapia dell’HPV è spesso problematica. In presenza<br />
dei Condilomi acuminati della vulva, del pene, del perineo (che sono tumoretti benigni),<br />
si può ricorrere al laser, all’elettrocoagulazione, alla crioterapia o all’applicazione di<br />
podofillina.<br />
In presenza invece di lesioni precancerose del collo dell’utero, normalmente si praticano<br />
la laserterapia o la crioterapia o la diatermocoagulazione o la conizzazione (cioè<br />
l’asportazione chirurgica del tessuto alterato, di solito un piccolo “cono” con la punta<br />
nel canale cervicale).<br />
In Italia, ogni anno 3.500 donne si ammalano di cancro del collo dell’utero e<br />
quasi la metà muore. Nel mondo, ogni anno 400.000 donne si ammalano e la<br />
metà muore.<br />
È pertanto importante che si diffonda la pratica della terapia vaccinica preventiva.<br />
Il 70% dei tumori del collo dell’utero è infatti sostenuto dai ceppi di HPV 16 e<br />
18; esiste in commercio un vaccino “bivalente” che previene l’infezione di questi<br />
2 ceppi.<br />
Esiste anche un vaccino quadrivalente attivo anche verso i ceppi 6 e 11 che sono responsabili<br />
della gran parte dei condilomi acuminati.<br />
Nessuno di questi vaccini è però in grado di contrastare o limitare i danni dell’infezione<br />
se questa è già in atto. Pertanto è fondamentale che la vaccinazione venga<br />
eseguita prima dell’inizio dell’attività sessuale. L’età consigliata per la vaccinazione,<br />
in Italia, è 12 anni.<br />
A 12 anni il vaccino è offerto dal Sistema Sanitario Pubblico ma non è obbligatorio.<br />
Secondo recenti studi, il virus HPV potrebbe essere coinvolto nell’insorgenza di molte<br />
altre malattie tra cui la Sclerosi Multipla e l’Artrite Reumatoide.<br />
Nei paesi occidentali, si sta studiando l’opportunità di offrire il vaccino anche ai<br />
maschi preadolescenti.<br />
le malattie sessualmente<br />
trasmissibili<br />
69
I TUMORI<br />
FEMMINILI MALIGNI<br />
Cancro del collo dell’utero, cancro del corpo dell’utero,<br />
tumore maligno dell’ovaio, carcinomi della<br />
vulva e della vagina, carcinomi della mammella<br />
70
i tumori femminili maligni<br />
CANCRO DEL COLLO DELL’UTERO<br />
Idealmente proseguendo il capitolo delle Malattie a Trasmissione Sessuale, come appena<br />
rimarcato, il 100% dei tumori maligni del collo dell’utero è causato dal Virus del<br />
Papilloma Umano (HPV), in particolare dai tipi virali 16 e 18.<br />
Il tumore non si manifesta all’improvviso. Passano dapprima molti anni tra il momento<br />
in cui il virus infetta le cellule del collo dell’utero e il momento in cui si manifestano<br />
le prime alterazioni cellulari (“displasie”); successivamente passano almeno altri<br />
10 anni tra la comparsa delle displasie e il cancro vero e proprio.<br />
Le “displasie” non danno sintomi alla donna ma sono facilmente<br />
individuabili mediante il Pap-test.<br />
Il Pap-test va eseguito a distanza dal flusso mestruale e da terapie locali (lavande,<br />
ovuli, creme). Consiste nella raccolta mediante una spatolina di un po’ di cellule superficiali<br />
del collo dell’utero e del canale cervicale, nel corso di una normale visita ginecologica.<br />
Queste cellule vengono poi trattate e analizzate al microscopio. Se risultano<br />
anomale, verranno eseguiti tests di conferma: la visualizzazione del collo dell’utero<br />
con un ingrandimento ottico (colposcopia) e la biopsia mirata dei punti sospetti.<br />
Se anche i tests di conferma saranno positivi, la conizzazione (asportazione di un<br />
piccolo “cono” di tessuto dal collo dell’utero) o la distruzione delle cellule malate<br />
mediante laserterapia o diatermocoagulazione o crioterapia porterà alla guarigione<br />
nel 100% dei casi. Successivamente sarà necessario solo eseguire controlli periodici.<br />
71
i tumori femminili maligni<br />
Se invece il tumore non viene diagnosticato e curato, progredisce e, in fase avanzata,<br />
diventa sintomatico (sanguinamento dopo i rapporti, sanguinamento spontaneo, dolore<br />
pelvico irradiato agli arti inferiori). Quando si arriva a questo stadio la terapia diventa<br />
più impegnativa (isterectomia totale, chemioterapia, radioterapia) e le probabilità di<br />
guarigione si riducono fortemente.<br />
Quindi tutte le donne, dopo i primi rapporti sessuali devono iniziare a eseguire il<br />
Pap-test, di norma 1 volta l’anno o seguendo la cadenza consigliata dal ginecologo.<br />
Poiché il tumore maligno del collo dell’utero è causato dal virus<br />
HPV, le nuove generazioni hanno anche la possibilità di prevenirlo<br />
eseguendo all’età di 12 anni (prima dell’inizio dell’attività sessuale)<br />
la vaccinazione specifica!<br />
Il vaccino non è però in grado di contrastare o limitare i danni dell’infezione<br />
se questa è già in atto. Pertanto è fondamentale che la<br />
vaccinazione venga eseguita prima dell’inizio dell’attività sessuale.<br />
Da quanto sopra detto, emerge che i fattori di rischio del tumore del collo dell’utero<br />
sono gli stessi delle Malattie a Trasmissione Sessuale.<br />
A questi vanno però aggiunti:<br />
● la NEGLIGENZA della donna a sottoporsi periodicamente al Pap-test<br />
● l’OMISSIONE della vaccinazione HPV delle nuove generazioni.<br />
72<br />
CANCRO DEL CORPO DELL’UTERO<br />
È il tumore maligno più comune della sfera genitale femminile. In Italia, ogni anno si<br />
registrano 5.000-6.000 nuovi casi.<br />
Colpisce l’endometrio (lo strato interno dell’utero) e si manifesta nella stragrande<br />
maggioranza dei casi in donne in climaterio o in menopausa.<br />
È più frequente nelle donne in terapia con Tamoxifene, nelle donne che sono state<br />
esposte più a lungo agli estrogeni (per menopausa tardiva o terapia ormonale sostitutiva),<br />
nelle donne obese e diabetiche.<br />
Raramente il carcinoma dell’endometrio è diagnosticato per caso in occasione del<br />
Pap-test. Nel 90% dei casi, il 1° segnale è un sanguinamento vaginale.<br />
È statisticamente vero che la maggior parte dei sanguinamenti anomali in menopausa<br />
e nel climaterio sono dovuti a cause benigne (polipi, iperplasia semplice); tuttavia il<br />
rischio di lasciare non diagnosticato un carcinoma dell’endometrio deve indurre le<br />
donne con un sanguinamento inatteso a rivolgersi tempestivamente al ginecologo e<br />
a non etichettare con leggerezza il sanguinamento come un capriccio della menopausa.<br />
Il ginecologo eseguirà l’ecografia transvaginale (con eventuale instillazione fluida<br />
endouterina o sonoisterografia) e valuterà lo spessore e l’omogeneità dell’endometrio.<br />
Se lo spessore è superiore ai 5 mm, il ginecologo provvederà all’isteroscopia (cioè
all’ispezione con fibre ottiche dell’interno dell’utero) e alla biopsia delle aree sospette<br />
dell’endometrio.<br />
Nell’85% dei casi per il carcinoma dell’endometrio è sufficiente la terapia chirurgica:<br />
l’asportazione totale di utero, tube ed ovaie. Nel restante 15% dei casi si richiede l’integrazione<br />
con altre terapie (radioterapia e chemioterapia).<br />
Poiché (diversamente da quanto si verifica per il tumore del collo dell’utero) non<br />
esiste un test di screening per il carcinoma dell’endometrio, la prevenzione si<br />
basa sull’attenzione della donna a non trascurare i sanguinamenti atipici.<br />
TUMORE MALIGNO DELL’OVAIO<br />
È il 3° tumore della sfera genitale femminile per frequenza ma è il 1° per mortalità.<br />
La ragione di questo andamento sta nella mancanza di strumenti di diagnosi precoce<br />
e nel fatto che è asintomatico fino alla fase avanzata.<br />
L’80% dei tumori ovarici sono di tipo “epiteliale”, cioè si sviluppano dal rivestimento<br />
esterno dell’ovaio; questi sono più frequenti in menopausa.<br />
Nel restante 20% dei casi i tumori ovarici si sviluppano dalle cellule germinali: questi<br />
sono più frequenti nelle ragazze sotto ai 30 anni di età.<br />
In entrambe le tipologie di tumore, i sintomi sono avvertiti solo tardivamente e<br />
sono spesso poco specifici: distensione addominale, dolori addominali, inappetenza,<br />
dimagrimento. I sintomi si manifestano quando c’è già l’ascite, cioè quando il tumore<br />
si è ormai diffuso e ha già infiltrato il peritoneo o sta comprimendo gli altri organi addominali.<br />
È pertanto fondamentale che la donna esegua visite ginecologiche regolari con<br />
esecuzione di ecografia pelvica con sonda transvaginale (ed eventuale flussimetria<br />
Doppler e laparoscopia).<br />
Alcuni carcinomi ovarici rilasciano delle molecole dosabili nel sangue (marcatori<br />
tumorali, come il Ca 125 o l’alfafetoproteina). Il riscontro di queste molecole può<br />
essere utile anche per monitorare nel tempo la malattia e per valutare quanto risponde<br />
alle terapie.<br />
Grandi speranze sono riposte anche nella diagnosi genetica.<br />
I carcinomi ovarici sono certamente una delle neoplasie in cui è più evidente la familiarità;<br />
la presenza del gene BrCa1 è responsabile di molti casi di familiarità di<br />
carcinoma ovarico oltre che della mammella. Il riscontro di positività genetica non<br />
indica la certezza di un destino di malattia ma deve rendere ancora più regolari i<br />
controlli ginecologici.<br />
La terapia dei tumori ovarici è basata sulla chirurgia (asportazione dell’ovaio e dei<br />
tessuti circostanti, quali utero, appendice, linfonodi) e sulla chemioterapia.<br />
Spesso la chemioterapia viene svolta anche prima della chirurgia.<br />
I tumori germinali (quelli che colpiscono le donne giovani) hanno una percentuale più<br />
elevata di guarigione.<br />
i tumori femminili maligni<br />
73
i tumori femminili maligni<br />
CARCINOMI DELLA VULVA E DELLA VAGINA<br />
I carcinomi della vulva (grandi e piccole labbra, clitoride e imboccatura vaginale) e<br />
della vagina sono globalmente piuttosto rari (5% dei tumori genitali femminili). La<br />
maggior parte insorge a livello di piccole e grandi labbra.<br />
Sono tipici delle donne oltre i 50 anni; il 50% colpisce addirittura le donne sopra i 70<br />
anni.<br />
Sono di tipologie molto differenti (carcinoma squamoso, adenocarcinoma, melanoma,<br />
sarcoma); alcuni sembrano correlati (come il cancro del collo dell’utero) al Virus del<br />
Papilloma Umano (HPV); altri tipi sembrano correlati all’abuso di fumo o alla sieropositività<br />
Hiv o all’assunzione di sostanze ormonali da parte della madre durante la<br />
gravidanza.<br />
I sintomi soggettivi più frequenti sono il prurito, il dolore o il sanguinamento ai<br />
rapporti sessuali. Spesso questi sintomi sono però di comparsa tardiva.<br />
Diagnostica e terapia sono differenti in base al tipo di neoplasia. Spesso si devono<br />
mettere in atto terapie demolitive che impongono il ricorso successivo alla chirurgia<br />
plastica ricostruttiva.<br />
Fortunatamente i carcinomi della vulva e della vagina sono spesso preceduti da lesioni<br />
precancerose, cioè da alterazioni delle cellule o “displasie”. Queste displasie sono indicate<br />
dalla sigla VIN se sono vulvari e dalla sigla VAIN se vaginali.<br />
È quindi molto utile la prevenzione mediante regolari controlli ginecologici.<br />
Molto utile anche l’autoesame mensile della vulva con uno specchietto. I riscontri<br />
di assottigliamenti o ispessimenti della mucosa, di noduli, di arrossamenti o variazioni<br />
di colore, di ferite o erosioni che non guariscono non devono essere liquidati<br />
con superficialità come fenomemi di irritazione o banali infiammazioni ma<br />
vanno sottoposti alla valutazione del ginecologo.<br />
CARCINOMI DELLA MAMMELLA<br />
La mammella è costituita fondamentalmente da tessuto adiposo e da ghiandole.<br />
Le ghiandole sono composte da lobi e da dotti: i lobi sono formati dalle cellule<br />
destinate a produrre il latte; i dotti sono la rete di canali confluenti che trasportano il<br />
latte dai lobi di produzione verso i capezzoli.<br />
I carcinomi della mammella possono svilupparsi dalle cellule dei lobi (carcinomi<br />
lobari) o dalle cellule dei dotti (carcinomi duttali). Questi ultimi sono i più frequenti.<br />
Il 1° stadio del carcinoma è il “carcinoma in situ”. A questo stadio, benché le cellule<br />
siano già alterate in senso maligno, non sconfinano ancora al di fuori della loro sede.<br />
Il carcinoma lobulare in situ è considerato una precancerosi e viene classificato con<br />
il termine inglese LIN (neoplasia intraepiteliale lobulare). In base alla gravità delle alterazioni<br />
cellulari, si classifica in LIN 1, LIN 2 e LIN 3. La terapia consiste nella semplice<br />
asportazione dell’area interessata.<br />
74
Anche il carcinoma duttale in situ è considerato una precancerosi ma è un po’ più<br />
pericoloso del carcinoma lobulare in situ perché tende a crescere e a riformarsi con<br />
maggior facilità. Ovviamente a questo stadio il carcinoma non è palpabile ma spesso<br />
si associa a microcalcificazioni ben visibili dal radiologo mediante la mammografia.<br />
Il successivo stadio del carcinoma è quello di carcinoma infiltrante o invasivo. A<br />
questo stadio il carcinoma si è espanso “invadendo” gli spazi limitrofi. Il termine “invasivo”<br />
riportato sugli esiti delle biopsie è quindi una definizione istologica: non significa<br />
che il tumore ha invaso tutto il corpo con metastasi a distanza!<br />
Il carcinoma lobulare infiltrante è spesso multifocale (cioè insorge in contemporanea<br />
in più punti delle mammelle). Il carcinoma duttale infiltrante è invece quasi sempre<br />
concentrato in un unico nodulo. È il tipo di carcinoma mammario più frequente ed è<br />
anche il tumore maligno più frequente nella donna.<br />
Le cause del carcinoma mammario (come per la maggior parte dei tumori) sono sconosciute<br />
e certamente molteplici. I fattori di rischio del carcinoma mammario sono:<br />
● visita senologica<br />
● mammografia<br />
● ecografia mammaria<br />
da eseguire con cadenze regolari.<br />
La mammografia è una radiografia della mammella eseguita da 2 angolazioni diverse;<br />
è capace di individuare noduli o lesioni sospette (microcalcificazioni) molto prima<br />
che queste siano apprezzabili con la palpazione manuale. Viene consigliata a<br />
tutte le donne di età superiore ai 40 anni con cadenza di regola annuale. Poiché<br />
l’età sopra i 65 anni è un fattore di rischio, la mammografia va eseguita anche (soprati<br />
tumori femminili maligni<br />
● l’età oltre i 65 anni (il 65% dei carcinomi mammari colpisce donne con<br />
più di 65 anni)<br />
● l’esposizione prolungata agli estrogeni durante la vita: menarca precoce,<br />
menopausa tardiva, nulliparità (cioè il non aver mai usufruito della interruzione<br />
ormonale rappresentata dai mesi della gravidanza), TOS (terapia ormonale<br />
sostitutiva), uso prolungato della “pillola”, non aver allattato al seno<br />
● la preesistenza di patologie mammarie benigne (fibroadenomi)<br />
● il sovrappeso dopo la menopausa<br />
● l’abuso cronico di alcol<br />
● la familiarità e la genetica<br />
Se il carcinoma è diagnosticato prima di aver dato metastasi, la donna può guarire.<br />
Se è comunque diagnosticato presto, quando le metastasi sono solo linfonodali o<br />
microscopiche, con le terapie di oggi si può spegnere la malattia per decenni.<br />
La diagnosi precoce, cioè la diagnosi che arriva in tempo utile per poter ricevere una<br />
terapia di guarigione o di lunga remissione si basa su:<br />
75
i tumori femminili maligni<br />
tutto!) nelle donne anziane.<br />
Nelle donne di età inferiore ai 40 anni, è indicata l’ecografia mammaria.<br />
Gli ecografi di ultima generazione permettono di valutare anche la vascolarizzazione<br />
degli eventuali noduli, fattore molto importante per distinguere i tumori<br />
benigni (fibroadenomi, cisti) dai maligni.<br />
Le 2 tecniche (mammografia ed ecografia) molto spesso si completano e vengono<br />
adottate entrambe, soprattutto nei casi di dubbia interpretazione. Sempre più spesso si<br />
ricorre anche alla Risonanza Magnetica.<br />
Ai fini della diagnosi precoce, la mammografia e l’ecografia mammaria hanno una<br />
validità largamente superiore alla “vecchia” autopalpazione del seno. Questa tecnica<br />
conserva tuttavia il suo valore per tenere sotto controllo la mammella nel periodo che<br />
intercorre tra un’indagine e la successiva.<br />
L’autosorveglianza della donna deve porre rilievo anche ad altri sintomi:<br />
● retrazione del capezzolo<br />
● protuberanza o ispessimento dell’area retrostante il capezzolo<br />
● eczema sul capezzolo o nell’area limitrofa<br />
● sanguinamento o secrezione<br />
● rilievi o infossamenti della cute di tutta la mammella (pelle “a buccia<br />
d’arancia”)<br />
● presenza di protruberanze (noduli) o ispessimenti (“piastre”) in tutta l’area<br />
della mammella e nella diramazione della mammella verso l’ascella<br />
● gonfiore o noduli sotto l’ascella<br />
Non ci si deve invece aspettare dolore!<br />
Se la mammografia, l’ecografia mammaria e la Risonanza Magnetica hanno individuato<br />
una lesione sospetta, il senologo prescriverà un approfondimento diagnostico mediante<br />
l’agoaspirato o la biopsia.<br />
L’agoaspirato è il prelievo ambulatoriale, con una semplice siringa, di un campione<br />
di cellule dalla lesione sospetta.<br />
La biopsia è invece il prelievo di un frammento di tessuto; sempre più diffuso è il<br />
“Mammotome” che individua le lesioni mediante tecniche di visualizzazione radiologica<br />
(ecografia, Rx o RMN) e preleva il tessuto mediante una sonda aspirante<br />
assistita da un computer. Con il Mammotome è possible biopsiare con precisione<br />
anche lesioni microscopiche.<br />
Su questi frammenti di tessuto vengono al giorno d’oggi eseguiti test biochimici e immunologici<br />
molto raffinati che guidano l’oncologo nella scelta delle terapie. Esistono<br />
oggi numerosissime terapie disponibili per il carcinoma mammario e si è veramente<br />
vicini alla “personalizzazione” terapeutica.<br />
Per stadiare il tumore, cioè per sapere se ha dato metastasi a distanza, serviranno poi<br />
76
altri tests quali la scintigrafia ossea, la TAC, la Risonanza Magnetica.<br />
La terapia del carcinoma mammario è basata su 3 pilastri:<br />
● la chirurgia<br />
● la radioterapia<br />
● la chemioterapia<br />
La chirurgia è diventata molto “rispettosa”.<br />
Sulla base dei riscontri istologici, la chirurgia può essere “conservativa” o, più raramente,<br />
“demolitiva”.<br />
Nel 1° caso (“Resezione Conservativa”) vengono asportati il tumore e l’area di<br />
tessuto circostante. Spesso, durante l’intervento, viene eseguita la radioterapia intraoperatoria.<br />
Nel 2° caso si asporta invece tutta la mammella (“Mastectomia”). In questo caso,<br />
spesso il chirurgo colloca già un espansore: un palloncino di gomma sgonfio che<br />
viene poi gradualmente riempito con soluzione fisiologica nell’arco di 3-4 mesi per<br />
espandere la cute e far posto all’alloggiamento successivo di una protesi estetica. Il<br />
chirurgo plastico che completerà la ricostruzione potrà anche ricostruire il capezzolo<br />
e modellare l’altra mammella, dimensionandola come la mammella ricostruita.<br />
Nel corso della chirurgia, vengono valutati anche i linfonodi ascellari.<br />
L’ascella contiene almeno una ventina di linfonodi che possono essere la prima<br />
sede di metastasi del tumore. Il chirurgo inietta una sostanza colorante o radiotracciante<br />
nella massa tumorale e individua il linfonodo dove la sostanza va ad accumularsi<br />
(“linfonodo sentinella”). A volte è sufficiente asportare il solo linfonodo sentinella.<br />
(vedi figura seguente)<br />
i tumori femminili maligni<br />
Nella mastectomia si asportano tutti i linfonodi ascellari; a distanza di tempo può<br />
quindi verificarsi un linfedema, cioè un gonfiore del braccio dovuto al ristagno della<br />
linfa. In questi casi è molto utile il linfodrenaggio manuale eseguito dal fisioterapista.<br />
77
i tumori femminili maligni<br />
La Radioterapia è anch’essa diventata più “rispettosa”.<br />
La radioterapia intraoperatoria, cioè eseguita direttamente sul tessuto malato, consente<br />
infatti spesso di evitare la radioterapia esterna o di ridurne il numero di sedute.<br />
È inoltre oggi disponibile la “Brachiterapia” che consiste nell’introdurre una microsorgente<br />
radioattiva direttamente dentro nell’area tumorale, evitando la radioterapia<br />
esterna tradizionale e riducendo considerevolmente il rischio di recidive.<br />
La Chemioterapia si avvale oggi di un gran numero di farmaci, da scegliere in base<br />
alle caratteristiche istologiche del tumore. In particolare, nel tumore vengono ricercati<br />
i recettori per gli ormoni (estrogeni e progesterone) e i recettori Her2 e c-erbB2. In<br />
base al risultato vengono scelti farmaci “antiormonali”come il tamoxifene, farmaci<br />
anticorpali come il trastuzumab, chemioterapici tradizionali (ciclofosfamide, metotrexate).<br />
Ogni tumore della mammella è diverso e le caratteristiche biologiche delle cellule tumorali<br />
fanno di ogni tumore un caso a sé. Per questo, sono stati messi a punto in Svizzera<br />
i cosiddetti “Criteri di San Gallo”: si mettono a confronto le caratteristiche biologiche<br />
del singolo tumore con tutti i farmaci disponibili per scegliere il cocktail<br />
terapeutico migliore. Insieme ai criteri esclusivamente biologici si considera anche<br />
l’orientamento della Paziente: c’è chi, pur di non correre rischi futuri è disposta a sottoporsi<br />
a qualunque tipo di trattamento e chi invece non vuole eccedere nelle precauzioni<br />
terapeutiche per non subire troppi effetti collaterali.<br />
Certamente la Medicina ha fatto progressi da gigante nella terapia e il carcinoma<br />
mammario ha attualmente ampi margini di guarigione o lunga remissione. Resta<br />
tuttavia fondamentale la diagnosi precoce.<br />
Fondamentale è quindi la scrupolosità della donna nell’eseguire annualmente la<br />
visita senologica, la mammografia e/o l’ecografia mammaria.<br />
La qualità della vita delle donne colpite dal carcinoma mammario è stata grandemente<br />
migliorata anche dall’assistenza psicologica tramite i Gruppi di auto-aiuto, dalla diffusione<br />
delle cosiddette “terapie di supporto”, dall’introduzione di protezioni legislative<br />
che favoriscono il ritorno alla normalità dopo il periodo turbinoso della diagnosi e<br />
delle prime terapie.<br />
78
“<br />
Spesso lo spettro maggiore delle donne operate alla<br />
mammella non è la salute futura ma è la mutilazione della<br />
propria femminilità e il timore di non essere piu’ “come prima”.<br />
Nelle pagine seguenti il Chirurgo Plastico illustra le risorse<br />
specialistiche al servizio del ripristino dell’immagine esteriore<br />
della donna e della ricostruzione della sua identità femminile<br />
ferita dalla malattia.<br />
“<br />
79
CHIRURGIA<br />
ESTETICA<br />
a cura del Dott. Daniele Blandini
la chirurgia estetica<br />
RICOSTRUZIONE DELLA MAMMELLA<br />
In tutte le culture ed in ogni tempo il seno è il simbolo della femminilità, la sua<br />
espressione più sintetica ed allo stesso tempo la più completa.<br />
Poiché il seno è parte cosi importante dell’Io femminile in tutti i suoi aspetti (fisico,<br />
sessuale, sociale, spirituale) la mutilazione secondaria al tumore viene vissuta non<br />
solo come una mutilazione fisica ed estetica, ma come una perdita di una parte irrinunciabile<br />
di quell’Io tanto più quanto più la donna ha identificato se stessa con la<br />
propria immagine fisica o quanto più tale immagine fisica è considerata importante<br />
nel suo sistema di vita: dal compagno, in famiglia, nell’ambiente di lavoro, nei rapporti<br />
sociali.<br />
Non stupisce quindi che se la prima reazione alla scoperta del cancro è di solito dominata<br />
dalla paura del male come paura della morte, vi siano delle donne nelle quali prevale<br />
la paura della mutilazione fino al punto da evitare tutto quanto può portare a tale<br />
scoperta: sono proprio queste quelle che più si espongono al rischio di una diagnosi<br />
non sufficientemente precoce e quindi di conseguenza ad una terapia più efficace e<br />
nella grande maggioranza dei casi risolutiva<br />
La ricostruzione mammaria ha la sua ragion d’essere nel raggiungimento di una migliore<br />
qualità di vita non solo psicologica, come viene di istinto pensare, ma anche<br />
fisica. Quest’ultima motivazione si basa sul fatto che dopo l’asportazione di una mammella<br />
l’equilibrio della colonna vertebrale della paziente subisce notevoli modificazioni<br />
81
la chirurgia estetica<br />
che sono in parte determinate dalla mancanza fisica delle parti asportate dall’intervento<br />
chirurgico, in parte da atteggiamenti di compenso, ed in parte ancora da posizioni assunte<br />
condizionate da atteggiamenti psicologici più o meno consci della donna.<br />
Ormai è universalmente accettato che non esiste il problema “se” ricostruire.<br />
Secondo la bibliografia mondiale la ricostruzione eseguita correttamente, rispettando<br />
le regole e le indicazioni oncologiche, non influisce sul decorso della malattia e sul<br />
destino della paziente; inoltre la presenza di una protesi di silicone non interferisce<br />
con la diagnosi di eventuali recidive o metastasi.<br />
Il concetto guida quindi è quello di offrire un ripristino morfologico ed estetico del<br />
torace alla luce di una vita che continua oltre la malattia.<br />
La terapia chirurgica del tumore alla mammella prevede normalmente una asportazione<br />
di tutto o di parte del tessuto mammario. Nel tempo questa è diventata sempre più<br />
conservativa e quindi le procedure ricostruttive complesse od “impegnative” per le<br />
pazienti stesse sono diventate sempre meno frequenti.<br />
Ne consegue che le tecniche di ricostruzione mammaria si sono molto sviluppate<br />
negli ultimi anni e c’è una varietà di possibili alternative oltre al fatto che le tecniche<br />
chirurgiche sono soggette a continue evoluzioni, così come le protesi sono soggette a<br />
costante ricerca e miglioramento. In ogni caso la ricostruzione mammaria può portare<br />
a risultati comparabili alla mammella naturale senza interferire con le terapie mediche<br />
alle quali la paziente viene sottoposta, come ad esempio la radioterapia, la chemioterapia<br />
o la terapia ormonale.<br />
Quello che segue è un elenco sintetico ma egualmente esaustivo delle principali tipologie<br />
di interventi atti a ricostruire la mammella.<br />
RIMODELLAMENTO DELLA MAMMELLA IN CASO DI QUADRANTECTOMIA.<br />
La semplice riparazione della mammella per avvicinamento dei tessuti residui dopo<br />
asportazione di un quadrante è spesso responsabile di risultati estetici non accettabili.<br />
Si rende quindi necessario un rimodellamento della mammella residua allo scopo di<br />
ridare alla stessa una forma buona anche se con volume ridotto e cicatrici il più<br />
possibile contenute o mascherate. Tale procedura viene eseguita contestualmente al<br />
trattamento chirurgico oncologico e quindi con una programmazione congiunta. In alcuni<br />
casi è possibile impiantare immediatamente una piccola protesi in modo da concludere<br />
in un unico tempo la ricostruzione<br />
RICOSTRUZIONE DELLA MAMMELLA CON ESPANSORE POST MASTECTOMIA.<br />
Questa è la procedura che si utilizza in caso di asportazione di tutta la mammella .<br />
L’atto consiste essenzialmente nel posizionamento di una sorta di “palloncino” (espansore<br />
cutaneo) al di sotto del muscolo grande pettorale e dei muscoli dentati che progressivamente,<br />
nei mesi successivi, viene gonfiato con soluzione fisiologica sino a<br />
raggiungere il volume desiderato ottenendo quindi cute sufficientemente espansa per<br />
82
permettere il posizionamento di una protesi definitiva al fine di creare la forma della<br />
nuova mammella.<br />
la chirurgia estetica<br />
Espansore cutaneo<br />
Espansore posizionato<br />
Si procede quindi in un tempo chirurgico successivo alla rimozione dell’espansore ed<br />
al posizionamento di una protesi definitiva in gel di silicone. La procedura di inserzione<br />
dell’ espansore abitualmente avviene contestualmente all’atto demolitivo ma è attuabile<br />
anche in un secondo tempo qualora le condizioni di salute lo imponessero oppure per<br />
scelta stessa della paziente. Il tempo che abitualmente incorre tra l’impianto dell’espansore<br />
e quello di sostituzione con protesi è di circa 4 mesi. Il gonfiaggio viene<br />
praticato in regime ambulatoriale con cadenza variabile in relazione ad una eventuale<br />
chemioterapia concomitante e richiede pochi minuti e risulta pressoché indolore. Si<br />
tratta in assoluto della procedura più frequentemente utilizzata per la ricostruzione.<br />
Ricostruzione con lembo di gran dorsale<br />
RICOSTRUZIONE DELLA MAMMELLA CON LEMBI MIOCUTANEI.<br />
Qualora per ragioni principalmente locali la ricostruzione con espansore non fosse<br />
possibile si può ovviare utilizzando tessuto autologo (cioè tessuto proprio della paziente).<br />
In estrema sintesi la “parte” persa con la mastectomia viene rimpiazzata con<br />
tessuto proprio della paziente trasferendolo da altre aree del corpo. In questo caso le<br />
procedure più frequenti sono il lembo miocutaneo di retto dell’addome od il lembo<br />
miocutaneo di gran dorsale. Nel primo caso il cono mammario viene ricostruito utilizzando<br />
la cute ed il grasso addominale assieme al muscolo retto dell’addome. Nel se-<br />
83
la chirurgia estetica<br />
condo caso la cute utilizzata è quella del dorso e il volume viene integrato con una<br />
protesi. Si tratta di procedure chirurgiche più lunghe, gravate da un maggior indice di<br />
complicanze e con reliquari estetico/funzionali non irrilevanti. Questo tipo di trattamento<br />
risulta quindi di seconda scelta anche se ha il vantaggio di completare la ricostruzione<br />
in un unico atto chirurgico.<br />
Materiali biologici atti alla ricostruzione mammaria immediata<br />
MASTECTOMIA SOTTOCUTANEA CON RISPARMIO DI CUTE E CAPEZZOLO<br />
E RICOSTRUZIONE CON PROTESI.<br />
In casi selezionati è possibile trattare il tumore della mammella asportando solo la<br />
ghiandola conservando invece la pelle ed in alcuni casi anche il complesso areola capezzolo.<br />
Concomitante con l’asportazione del tessuto ghiandolare si procede alla ricostruzione<br />
immediata con protesi. Questo è stato reso possibile grazie alla introduzione<br />
in commercio di nuovi materiali di origine biologica che sono in grado di avvolgere la<br />
protesi, e di impiantarla subito senza eseguire i gonfiaggio del “palloncino” elencato<br />
in precedenza.<br />
Questa procedura è riservata a pazienti con mammelle di piccole o medie dimensioni<br />
e chiaramente a tumori che non intaccano la pelle.<br />
Si tratta di procedura di grande soddisfazione per la paziente poiché, in un unico<br />
tempo, si procede alla cura del tumore ed al ripristino della morfologia del torace.<br />
RICOSTRUZIONE DEL COMPLESSO AREOLA CAPEZZOLO.<br />
Si tratta solitamente dell’ultimo atto del percorso ricostruttivo della mammella. Ha il<br />
fine di riprodurre la salienza naturale del capezzolo e di conferire la forma e la tonalità<br />
cromatica dell’areola. La ricostruzione del capezzolo avviene utilizzando il tessuto<br />
stesso della neomammella scolpendo piccoli lembi di cute e sottocute per poi unirli al<br />
fine di formare un neo capezzolo.<br />
La ricostruzione dell’areola invece avviene solitamente utilizzando la cute della regione<br />
inguinale che per sua naturale costituzione ha un colore molto vicino a quello dell’areola.<br />
La cute viene prelevata e quindi innestata attorno al neo capezzolo con le<br />
stesse dimensioni dell’areola contro laterale. Questa procedura offre un risultato molto<br />
naturale a differenza del tatuaggio che ha aspetto un po’ artefatto.<br />
L’ intervento è eseguibile in Day Hospital oppure con un breve ricovero.<br />
84
RIMODELLAMENTO CON INNESTO ADIPOSO ( LIPOFILLING)<br />
Al fine di dare alla mammella ricostruita la forma più naturale possibile si preleva con<br />
siringa tessuto adiposo dall’addome o dai fianchi, lo si centrifuga, e lo si reimpianta<br />
nella regione mammaria. In questo modo si vanno a correggere le piccole irregolarità<br />
che possono essere presenti ad esempio ai bordi della protesi precedentemente impiantata,<br />
oppure i piccoli avvallamenti che inficiano il naturale profilo della neomammella.<br />
Procedura semplice e di grande efficacia, ripetibile al fine di migliorare sempre<br />
più il risultato.<br />
Procedura eseguibile in Day Hospital.<br />
Con tale metodica ed in casi selezionati si può addirittura ricostruire la mammella, se<br />
di dimensioni contenute, utilizzando quindi esclusivamente grasso proprio, senza la<br />
necessità di impiantare alcuna protesi.<br />
la chirurgia estetica<br />
RIMODELLAMENTO DELLA MAMMELLA CONTROLATERALE.<br />
Al termine dell’atto ricostruttivo spesso esitano asimmetrie tra le due mammelle sia<br />
di forma che di dimensioni. Al fine di ottenere una migliore armonia del torace si<br />
rende quindi necessario un rimodellamento della mammella controlaterale (sana) con<br />
una mastoplastica riduttiva ( riduzione di volume) oppure con una mastopessi. ( innalzamento<br />
per conferire una forma più giovane).<br />
L’ intervento viene eseguito solitamente al termine di tutta la procedura ricostruttiva,<br />
come atto chirurgico a se stante al fine di ottenere una migliore simmetria.<br />
Si rende necessario un ricovero di qualche giorno.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Plastic and Recontructive Breast Surgery. Second Edition. J.Bostwick III QMP<br />
La ricostruzione mammaria. G.P.Ambroggio ,E.Oberto. Masson Editore<br />
85
Fratelli Giacomel S.p.A<br />
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NOTIZIE PER I NEOPATENTATI.<br />
Le limitazioni che i neopatentati devono rispettare dopo aver conseguito la patente non sono una<br />
novità e sono già in vigore dal febbraio del 2011. Queste limitazioni riguardano principalmente il<br />
limite di potenza massima in rapporto al peso della vettura che stabilisce la conducibilità o meno<br />
del mezzo.<br />
Inoltre, chi ha conseguito la patente da meno di tre anni avrà tutta una serie di altre limitazioni,<br />
quali divieto assoluto di guida dopo aver bevuto bevande alcoliche (c’è proprio tolleranza zero) e<br />
limiti di velocità massima più bassi. In particolare: in autostrada non si possono superare i 100<br />
km/h e sulle strade extraurbane principali (statali) non si possono superare i 90 km/h.
“<br />
Alla chirurgia plastica le donne si rivolgono sempre piu’ frequentemente<br />
non solo per riparare il corpo e la psiche dopo interventi di chirurgia oncologica,<br />
come ha appena descritto il Dottor Daniele Blandini ma anche per mitigare<br />
i segni dell’invecchiamento, per ritoccare i propri lineamenti, per eliminare<br />
inestetismi di vario genere.<br />
Il ricorso alla chirurgia estetica, benvenuto in gran parte dei casi, diventa pero’<br />
inopportuno quando è espressione di una patologica incapacità di convivere<br />
con se stesse.<br />
In questi casi il ricorso alla chirurgia diventa una rincorsa a modificare in continuazione<br />
qualcosa del proprio aspetto: si comincia con la mastoplastica (talora<br />
come “regalo” per la maturità) per richiedere la rinoplastica l’anno successivo e<br />
poi il rigonfiamento delle labbra e degli zigomi, la liposuzione dell’addome, dei<br />
fianchi, delle cosce e cosi’ via…<br />
Questo ricorso eccessivo alla chirurgia estetica si inquadra in un disturbo psicologico<br />
sempre piu’ diffuso tra le ragazze: la Dismorfofobia.<br />
La Dott.ssa Stefania Filippi, Psicologa, illustrerà questo disturbo nelle pagine<br />
seguenti.<br />
La psiche femminile ha certamente aspetti peculiari e diversi dalla psiche maschile,<br />
indotti sia dai condizionamenti sociali e culturali che dalla diversità ormonale.<br />
Le oscillazioni periodiche dei tassi ormonali femminili, i picchi ormonali delle<br />
gravidanze, il brusco crollo ormonale della menopausa sono sconosciuti al genere<br />
maschile che ha un tasso di ormoni sessuali tendenzialmente stabile durante tutta<br />
la vita postadolescenziale e solo lentamente decrescente con la vecchiaia.<br />
La labilità ormono-dipendente dell’umore è alla base di diffusi disturbi minori,<br />
come la sindrome premestruale e la irritabilità del periodo di esordio della menopausa<br />
(disagi crudelmente stigmatizzati dalla presenza nel vocabolario dell’aggettivo<br />
“isterico”, dal Greco “hysteron”(utero)).<br />
Le brusche variazioni ormonali concorrono anche a manifestazioni patologiche<br />
maggiori come la Depressione Post Partum, che per la sua gravità ed insidiosità<br />
merita un approccio esclusivamente specialistico, ben al di là delle finalità di<br />
questo tascabile.<br />
A scopo divulgativo è invece certamente utile la conoscenza di un’altra categoria<br />
di disturbi sempre piu’ diffusi tra le adolescenti e le donne giovani: i Disturbi<br />
della Condotta Alimentare.<br />
La conoscenza delle informazioni che la Psicologa Stefania Filippi ha organizzato<br />
nelle pagine seguenti sarà certamente utile a molte per individuare nei<br />
comportamenti propri (o di amiche e sorelle) non semplicemente una grande<br />
attenzione alla forma fisica o innocenti bizzarrie comportamentali ma vere e<br />
proprie patologie, meritevoli di intervento professionale.<br />
“<br />
87
IL DISTURBO DA DISMORFISMO<br />
CORPOREO E I DISTURBI DELLA<br />
CONDOTTA ALIMENTARE<br />
a cura della Dott.ssa Stefania Filippi
la dismorfobia<br />
IL DISTURBO DA DISMORFISMO CORPOREO (DISMORFOFOBIA)<br />
Il Disturbo da Dismorfismo Corporeo è caratterizzato da una preoccupazione<br />
eccessiva per un difetto fisico immaginario o per un’imperfezione fisica modesta;<br />
la preoccupazione comporta disagio o limita fortemente la vita personale, sociale<br />
o lavorativa del paziente.<br />
Questo disturbo ha un esordio, in genere graduale, nell’adolescenza, quando i cambiamenti<br />
somatici tipici dello sviluppo possono determinare un’esagerata preoccupazione<br />
per il proprio aspetto fisico e, spesso, per difetti fisici immaginari; non sembra<br />
collegato a particolari eventi di vita, se si eccettuano innocui e occasionali commenti<br />
da parte di familiari o amici circa le caratteristiche somatiche del paziente.<br />
L’età media di esordio di questo disturbo oscilla tra i 10 e i 20 anni e il decorso è<br />
cronico. Abitualmente, il presunto difetto fisico su cui viene polarizzata l’attenzione<br />
del paziente varia nel tempo, anche se in alcuni individui puo’ restare immutato ed in<br />
altri la preoccupazione puo’ interessare contemporaneamente varie parti del corpo.<br />
Il disturbo da dismorfismo corporeo puo’ essere altamente disabilitante: numerosi pazienti<br />
mostrano una rilevante compromissione del funzionamento sociale e lavorativo<br />
e circa un terzo rifiuta ogni tipo di contatto con l’esterno. La maggioranza attribuisce<br />
le proprie limitazioni all’imbarazzo legato al difetto.<br />
Una complicazione frequente è costituita dagli interventi chirurgici non necessari i<br />
cui risultati, peraltro, sono in genere giudicati insoddisfacenti tanto che vengono avanzate<br />
richieste di ulteriori interventi per lo stesso o per un nuovo difetto fisico.<br />
89
la dismorfobia<br />
Infatti studi condotti tra i pazienti che richiedono trattamenti dermatologici o di<br />
chirurgia estetica segnalano che in oltre un caso su dieci (fino al 12-15%) è presente<br />
un disturbo da dismorfismo corporeo, contro una prevalenza generale del disturbo<br />
cinque volte inferiore. Per offrire un servizio apprezzato e realmente utile ai pazienti,<br />
nonchè per prevenire contenziosi e ripercussioni economiche e di imagine negativa, i<br />
centri clinici piu’ seri che praticano interventi dagli esiti permanenti o semipermanenti,<br />
ormai da alcuni anni, fanno precedere all’atto chirurgico una valutazione psicologica<br />
che permetta, tanto al medico quanto al paziente, di capire se è davvero il caso di eseguire<br />
la procedura.<br />
Questo tipo di valutazione è particolarmente importante quando a ricercare l’intervento<br />
estetico è un adolescente o un giovane adulto che puo’ essere spinto a modificare uno<br />
o piu’ dettagli del proprio viso o del corpo sull’onda della moda o di un disagio legato<br />
a problemi irrisolti dell’accettazione di se’, nella costruzione della personalità o<br />
nelle modalità di interazione con il mondo esterno (Harmonia Mentis).<br />
DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE<br />
I Disturbi della Condotta Alimentare (DCA) o Disturbi dell’Alimentazione sono<br />
caratterizzati da un rapporto problematico con il cibo e dal condizionamento<br />
che il peso e la forma del corpo esercitano sulla stima di sé. Sono molto piu’<br />
frequenti nel sesso femminile e insorgono prevalentemente nell’età adolescenziale e<br />
nella prima età adulta. La loro diffusione è maggiore nei paesi industrializzati e in<br />
alcune categorie considerate a rischio, come le danzatrici, le atlete, le studentesse universitarie.<br />
I comportamenti tipici di una persona che soffre di un Disturbo del Comportamento<br />
Alimentare sono: digiuno, restrizione dell’alimentazione, crisi bulimiche (l’ingestione<br />
di una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo accompagnata dalla sensazione<br />
di perdere il controllo, ovvero non riuscire a controllare cosa e quanto si mangia),<br />
vomito autoindotto, assunzione impropria di lassativi e/o diuretici al fine di contrastare<br />
l’aumento ponderale, intense attività fisica finalizzata alla perdita di peso.<br />
I principali Disturbi della Condotta Alimentare sono l’Anoressia Nervosa, la Bulimia<br />
Nervosa e i cosiddetti Disturbi Alimentari non altrimenti specificati.<br />
Soffrire di un disturbo alimentare sconvolge la vita di una persona: sembra che tutto<br />
ruoti attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora<br />
diventano difficili se non impossibili e motivo di forte ansia, come andare in pizzeria<br />
o al ristorante con gli amici o partecipare a un compleanno o a un matrimonio. Spesso<br />
i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola; ad esempio a<br />
scuola o sul lavoro terminare un compito diventa difficilissimo perchè sembra che ci<br />
sia posto solo per i pensieri su cosa si “debba” mangiare, sulla paura di ingrassare o di<br />
avere un’abbuffata.<br />
Determinante è la tendenza a negare o nascondere la malattia: infatti solo una piccola<br />
percentuale di persone che soffre di un disturbo alimentare chiede aiuto.<br />
Nell’Anoressia Nervosa questo puo’ avvenire perchè la persona all’inizio non sempre<br />
90
si rende conto di avere un problema. Anzi, l’iniziale perdita di peso puo’ portare la<br />
persona a sentirsi meglio, a ricevere complimenti, a vedersi piu’ magra, piu’ bella e a<br />
sentirsi piu’ sicura di sé. In genere sono i familiari che, allarmati dall’eccessiva perdita<br />
di peso, si rendono conto che qualcosa non va. Tuttavia spesso, quando chiedono<br />
spiegazioni, si possono trovare nella difficile situazione di essere insultati o liquidati<br />
con frasi del tipo “non ho nessun problema… sto benissimo!”.<br />
Anche chi soffre di Bulimia Nervosa nella maggior parte dei casi si rivolge a un terapeuta<br />
solo molti anni dopo che il disturbo è cominciato. Spesso, come nell’Anoressia,<br />
inizialmente non si ha una piena consapevolezza di avere una malattia; inoltre il forte<br />
senso di vergogna e di colpa possono “impedire” alla persona di chiedere aiuto o semplicemente<br />
di confidare a qualcuno di avere questo tipo di problemi. Il fatto di non riconoscere<br />
di avere un problema o di usare i sintomi del disturbo alimentare per cercare<br />
di risolvere le proprie difficoltà puo’ avere delle importanti conseguenze sulla richiesta<br />
di un trattamento.<br />
Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è<br />
l’alterazione della propria imagine corporea che puo’ giungere a configurarsi in un<br />
vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto, ovvero<br />
il modo in cui nella sua mente si è formata l’idea del suo corpo e delle sue forme,<br />
sembra influenzare la sua vita assai piu’ della propria imagine reale.<br />
Spesso chi soffre di Anoressia, ad esempio, sembra che non riesca a guardarsi in<br />
modo obiettivo; l’immagine che lo specchio rimanda è ai loro occhi quella di una<br />
ragazza coi fianchi troppo larghi, con le cosce troppo grosse e con la pancia troppo<br />
“grande”. Per le persone che soffrono di Bulimia l’angoscia puo’ essere ancora piu’<br />
forte per il fatto che il peso normale è in genere considerato un peso abnorme e<br />
viene vissuto con forte disagio e vergogna. In entrambi i casi la valutazione di sé<br />
stessi dipende in modo eccessivo dal peso e dalla forma del proprio corpo. Spesso il<br />
disturbo alimentare è associato ad altre patologie psichiatriche, in particolare la depressione,<br />
ma anche disturbi d’ansia, l’abuso di alcol o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo<br />
e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti<br />
auto-aggressivi, come atti autolesionistici (ad esempio graffiarsi o tagliarsi fino a<br />
procurarsi delle piccole ferrite, bruciarsi parti del corpo) e tentativi di suicidio.<br />
Questo tipo di disturbi occupa uno spazio molto particolare nell’ambito della psichiatria,<br />
poichè oltre a “colpire” la mente e quindi a provocare un’intensa sofferenza<br />
psichica, essi coinvolgono anche il corpo con complicanze fisiche talvolta molto<br />
gravi.<br />
L’epidemiologia documenta che i Disturbi Alimentari sono frequenti e prevalentemente<br />
femminili.<br />
Le cause sono varie. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di interesse nei<br />
confronti del corpo femminile e dell’immagine “ideale” a cui si dovrebbe aspirare secondo<br />
i canoni dettati dalla moda, dai mass media, dalle riviste e dalla televisione. La<br />
donna dei nostri tempi è una donna che “deve” essere ambiziosa e aver successo e allo<br />
stesso tempo essere bella e assomigliare il piu’ possible alle figure riportate nei giornali<br />
e in TV. Secondo alcuni esperti l’Anoressia rappresenterebbe un rifiuto del ruolo fem-<br />
la dismorfobia<br />
91
minile e il drastico dimagrimento potrebbe essere il tentativo di nascondere i segni<br />
della femminilità (forme corporee e mestruazioni).<br />
Oltre agli aspetti sociali e culturali che possono in parte dare una spiegazione della<br />
maggior prevalenza dei disturbi del comportamento alimentare nelle donne, non vanno<br />
tralasciati gli aspetti biologici. Uno di questi sembra legato al ruolo degli ormoni sessuali<br />
nella regolazione della serotonina (un importante neurotrasmettitore cerebrale<br />
implicato nella regolazione dell’ansia, del tono dell’umore, dell’impulsività e delle<br />
sensazioni di fame e sazietà<br />
la dismorfobia<br />
CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI DELLA CONDOTTA ALIMENTARE<br />
1) Anoressia Nervosa<br />
L’Anoressia Nervosa è caratterizzata da una progressiva perdita di peso dovuta ad una<br />
notevole riduzione dell’apporto alimentare, da un’ostinata ricerca dell’esilità e della<br />
magrezza e da una patologica paura di ingrassare. Allo scopo di ridurre il peso, molte<br />
pazienti effettuano esercizio fisico estremo, mentre altre mettono in atto comportamenti<br />
di eliminazione, come il vomito o l’abuso di lassativi, che sono causa di gravi complicanze<br />
mediche.<br />
L’eccessiva importanza attribuita al peso ed alla forma del corpo fa si’ che la perdita<br />
di peso sia vissuta come una straordinaria conquista di una ferrea autodisciplina,<br />
e l’aumento di peso come un’inaccettabile perdita della capacità di controllo.<br />
Le persone che soffrono di Anoressia Nervosa sono quindi sottopeso a causa di una<br />
forte diminuzione dell’introito alimentare. Per capire se una persona è in sottopeso e<br />
stabilire anche la gravità della sua magrezza si fa ricorso all’Indice di Massa Corporea<br />
che indica il rapporto tra il peso in chilogrammi di una persona e il quadrato della sua<br />
altezza espressa in metri. Si fa in genere una diagnosi ai Anoressia Nervosa quando<br />
l’indice di massa corporea è uguale o inferiore a 17.7 (valore di riferimento per il<br />
sesso femminile di età superiore ai 18 anni). Chi soffre di Anoressia spesso non si<br />
rende conto della propria magrezza, anzi è terrorizzato dall’idea di aumentare di peso<br />
e di diventare grasso. Si cerca di avere una “disciplina” molto rigida sul controllo del<br />
cibo e del proprio peso. Le persone con Anoressia inoltre danno un’importanza eccessiva<br />
al peso e alle forme corporee per valutare sè stesse, come se la propria autostima<br />
dipendesse dal fatto di essere magre e di riuscire a controllare la propria alimentazione.<br />
Un’altra caratteristica dell’Anoressia nelle donne è l’amenorrea, cioè la mancanza del<br />
ciclo mestruale per almeno tre mesi consecutivi dovuta alla perdita di peso ed alla restrizione<br />
alimentare. Anche quando la persona recupera il peso in alcuni casi ci vuole<br />
un po’ di tempo prima che il ciclo mestruale torni ad essere regolare..<br />
Spesso la malattia puo’ cominciare in modo graduale e subdolo. Ad esempio una<br />
ragazza puo’ cominciare a mangiare un po’ meno per motivi diversi: per perdere<br />
qualche chilo ritenuto di troppo, per dei problemi digestivi generici, per disturbi fisici<br />
o interventi chirurgici. E’ frequente che l’esordio del disturbo sia preceduto da eventi<br />
stressanti o da importanti cambiamenti di vita come cambiamenti di scuola o di resi-<br />
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denza, rottura di una relazione o difficoltà scolastiche.<br />
Esistono due diverse forme di Anoressia, una definita “restrittiva” in cui la perdita ed<br />
il controllo del peso sono dovuti al digiuno, alla restrizione alimentare e, talvolta, ad<br />
una eccessiva attività fisica (iperattività) e una definita con crisi bulimiche e/o con<br />
comportamenti di compenso, che si caratterizza per la presenza di crisi bulimiche e/o<br />
comportamenti che, insieme al digiuno, hanno lo scopo di diminuire il peso corporeo:<br />
vomito autoindotto, uso improprio di diuretici e/o lassativi.<br />
Queste due forme si differenziano anche da un punto di vista psicopatologico, la<br />
forma restrittiva spesso è caratterizzata da rigidità, ostinazione, perfezionismo e disturbi<br />
dello spettro ossessivo-compulsivo e ha una prognosi piu’ favorevole; la forma bulimico-purgativa<br />
è spesso accompagnata da un intenso disagio psichico, da depressione<br />
e da comportamenti impulsivi.<br />
2) Bulimia Nervosa<br />
La Bulimia Nervosa è caratterizzata dalla presenza di impulsi incontrollabili a mangiare<br />
esageratamente (crisi bulimiche o “abbuffate”), seguiti dagli stessi tentativi di controllare<br />
il peso messi in atto dalle anoressiche; comuni all’anoressia sono anche la ricerca<br />
della magrezza e la paura di ingrassare, ma nella bulimia nervosa il peso resta<br />
normale (o, raramente, superiore alla norma).<br />
Alcune persone pensano di essere bulimiche perchè ritengono di mangiare troppo; in<br />
realtà la crisi bulimica che è la caratteristica fondamentale della Bulimia Nervosa<br />
ha dei criteri ben precisi e lo “sgarrare” con qualche fetta di dolce o gelato in piu’ non<br />
rappresenta certamente una crisi bulimica vera e propria. Un’abbuffata si definisce<br />
oggettiva, e quindi rientra nei criteri diagnostici della Bulimia, quando la persona<br />
mangia una quantità di cibo oggettivamente abbondante in un determinato arco di<br />
tempo (1-2 ore) avendo la sensazione di perdere il controllo e di non riuscire a fermarsi.<br />
Di solito le abbuffate vengono fatte con i cibi considerati “proibiti”come i<br />
dolci, i carboidrati e i grassi, alimenti che al di fuori delle abbuffate le persone con<br />
Bulimia cercano di eliminare dalla propria alimentazione.<br />
Un’abbuffata è invece soggettiva quando la persona ritiene di aver mangiato troppo e<br />
di aver perso il controllo, mentre in realtà la quantità di cibo mangiata è del tutto normale.<br />
Le crisi bulimiche devono avvenire almeno 2 volte alla settimana. Esistono due<br />
sottotipi di Bulimia, quella purgativa e quella non purgativa. La forma purgativa è caratterizzata<br />
dalla presenza di condotte di eliminazione come il vomito autoindotto,<br />
l’uso improprio di diuretici, lassativi o clisteri. Il vomito puo’ essere indotto attraverso<br />
la stimolazione meccanica della gola o attraverso l’ingestione di liquidi o la compressione<br />
dello stomaco. Nella forma non purgativa i metodi di compensazione sono il digiuno<br />
o l’esercizio fisico eccessivo, ma non sono presenti regolarmente il vomito o le<br />
altre forme di compensazione di tipo purgativo. Tutti i comportamenti di compensazione,<br />
in qualsiasi forma, interferiscono e condizionano in modo significativo la vita<br />
delle persone che soffrono di questo disturbo. Le persone con Bulimia Nervosa hanno<br />
di solito un peso normale, anche se in qualche caso possono essere in sovrappeso. Un<br />
fattore molto importante nell’esordio della Bulimia Nervosa è la dieta. Spesso chi<br />
la dismorfobia<br />
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la dismorfobia<br />
soffre di Bulimia al di fuori delle abbuffate cerca di seguire un regime alimentare<br />
molto ristretto, iniziando un ciclo alternato di dieta e crisi bulimiche che consolida e<br />
mantiene il disturbo stesso. In alcuni casi le crisi bulimiche non seguono ad una dieta<br />
ipocalorica ma ad un insieme di sensazioni ed emozioni spiacevoli come la solitudine,<br />
la noia, la rabbia e la tensione che la persona gestisce con difficoltà.<br />
Spesso l’esordio della Bulimia si verifica in seguito ad una dieta ipocalorica o in<br />
seguito ad un evento stressante o a un vero e proprio trauma emotivo. Se all’inizio la<br />
crisisi bulimica puo’ essere saltuaria o occasionale col passare del tempo diventa una<br />
compulsione a cui è difficile sottrarsi.<br />
Nella Bulimia Nervosa l’attenzione e l’insoddisfazione nei confronti del proprio corpo<br />
ed aspetto fisico possono assumere un’importanza assoluta. La stima di sè è fortemente<br />
legata al corpo e ogni modificazione fisica puo’ essere vissuta come una frustrazione<br />
e come una perdita di controllo sul proprio corpo.<br />
Le conseguenze emotive di un’abbuffata possono essere diverse; in alcuni casi le persone<br />
riferiscono di provare un temporaneo sollievo e senso di piacere. Come nella<br />
maggior parte dei disturbi alimentari in cui si trovano le crisi bulimiche, di solito<br />
questi effetti “positivi”sono ben presto sostituiti da una profonda angoscia per la possibilità<br />
di ingrassare e perchè non si è riusciti a controllarsi. I metodi di compensazione,<br />
soprattutto il vomito, possono dare la temporanea sensazione di alleviare l’ansia ma<br />
dopo puo’ comparire un senso di vuoto che a sua volta puo’ innescare una nuova abbuffata.<br />
Un sentimento quasi sempre presente è quello della vergogna e della colpa. Ed è per<br />
questo che spesso la malattia viene nascosta ai familiari ed agli amici il piu’ a lungo<br />
possible ed in molti casi la richiesta di aiuto viene fatta dopo molto tempo che il<br />
disturbo è cominciato.<br />
La Bulimia Nervosa non stravolge solo i comportamenti alimentari, ma anche altre<br />
aree importanti della vita della persona. Puo’ capitare di rinunciare alle situazioni<br />
sociali che comportano lo stare a tavola con altri, oppure di diventare ansiosi e irritabili<br />
e rendere i rapporti con gli altri molto difficili e tesi.<br />
La Bulimia Nervosa spesso è associata ad altri disturbi psichici come la depressione,<br />
l’abuso di sostanze, i disturbi d’ansia (in particolare fobia sociale, disturbo ossessivocompulsivo,<br />
disturbo di panico) e i disturbi di personalità. Non è infrequente la<br />
presenza di comportamenti autoaggressivi come tentativi di suicidio o atti autolesionistici.<br />
3) I Disturbi Alimentari non Altrimenti Specificati<br />
Con il termine “Disturbi Alimentari Non Altrimenti Specificati” (NAS) si identificano<br />
quei disturbi clinicamente significativi e che comportano notevole disagio per le persone,<br />
ma che non soddisfano i criteri per una diagnosi “piena” di Anoressia Nervosa<br />
o Bulimia Nervosa.<br />
Tra questo tipo di Disturbi Alimentari è incluso il Disturbo da Alimentazione Incontrollata<br />
(Binge Eating Disorder).<br />
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Il Binge Eating Disorder è caratterizzato dalla presenza di crisi bulimiche in assenza<br />
di regolari condotte di eliminazione o di inappropriati meccanismi di compenso,<br />
che conduce a variabili livelli di obesità.<br />
la dismorfobia<br />
“<br />
CONCLUSIONI<br />
La conclusione di questa breve disamina non puo’ che essere<br />
la stessa riportata alla fine di ogni paragrafo dedicato<br />
alle patologie “fisiche”: la diagnosi precoce è fondamentale<br />
per riportare il successo terapeutico.<br />
Le conoscenze fornite dall’opuscolo ci aiutano a focalizzare<br />
eventuali comportamenti problematici: non bisogna temere<br />
di sottoporre i propri dubbi a chi ci puo’ aiutare ad affrontare<br />
il problema e non si deve aspettare sperando nelle proprie capacità<br />
di gestire la situazione. Il Medico di Famiglia sarà<br />
contento di indirizzare verso le figure professionali<br />
piu’ adeguate a risolvere presto e bene.<br />
“<br />
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