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Ecoideare Novembre Dicembre N32

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N°32 - NOVEMBRE/DICEMBRE 2015<br />

Culture<br />

e Valori<br />

€ 3,50<br />

N.32 - novembre/dicembre 2015 - POSTE ITALIANE SPED.IN A.P. - D.L. 353/2003 CONV. L.46/2004, ART. 1, C. 1, DCB - MILANO<br />

STILI DI VITA<br />

Le parole, la visione d’ascolto<br />

ALIMENTAZIONE ECOABITARE AMBIENTE E TERRITORIO<br />

Un’ottima annata<br />

Dal laboratorio della storia Culture e valori in Sardegna


Periodico culturale di informazione<br />

sullo sviluppo sostenibile<br />

SOMMARIO<br />

pag. 10<br />

Editoriale<br />

Sostenibilmente<br />

Giorgio Nebbia<br />

2<br />

3<br />

4<br />

STILI DI VITA<br />

Le parole, la visione d‘ascolto - Franco Cirone<br />

Economia circolare cinese - Alberto Rossi<br />

A cena con le mie amiche vegetariane - Luisa Flauto<br />

6<br />

10<br />

12<br />

pag. 19<br />

ALIMENTAZIONE<br />

Certificazione... ancora questa sconosciuta? - Fabrizio Piva<br />

Un’ottima annata - Nicola Saluzzi<br />

19<br />

22<br />

AMBIENTE E TERRITORIO<br />

I parchi in Italia tra presente e futuro - Dario Sonetti<br />

Culture e valori in Sardegna - Andrea Alessandro Muntoni<br />

ECOABITARE<br />

L’alchimia di un giardino - Mario Allodi<br />

Dal laboratorio della storia - Marco Cagelli<br />

28<br />

32<br />

36<br />

38<br />

pag. 28<br />

La vivisezione è il triciclo - Edgar Meyer<br />

Idea Benessere - rubrica di Daniela Milano<br />

40<br />

43<br />

Le nostre convenzioni<br />

Ecologia in vetrina<br />

Econews<br />

Biblioteca della sostenibilità<br />

44<br />

46<br />

47<br />

48<br />

pag. 40<br />

Rinenergy ® Associazione no profit per lo Sviluppo Sostenibile costituita il<br />

5.12.2007 con sede in Milano via Sardegna 57 - www.rinenergy.it<br />

Presidente: Nicoletta Cova<br />

È attiva nei seguenti settori: agricoltura biologica, salvaguardia delle riserve<br />

energetiche, economia del recupero, progettazione ecologica dei prodotti,<br />

nuove tecnologie, utilizzo di nuovi materiali, nuove professioni, benessere.<br />

Rinenergy ® comunica i propri valori attraverso i propri mezzi periodici e<br />

siti internet. Nella ricerca di un nuovo valore sociale una particolare attenzione<br />

è dedicata agli animali d’affezione ed alla loro convivenza con l’uomo nel<br />

contesto urbano.<br />

Scelte e progetti sono avallati dal Comitato Scientifico composto da:<br />

Ing. Silvano Benitti | fonti rinnovabili – efficienza energetica<br />

Prof. Stefano Bocchi | cropping systems Università degli Studi di Milano<br />

Dr. Gianni Cavinato | tecnologia alimentare<br />

Dr. Franco Cirone | medico chirurgo ricercatore<br />

Prof. Marco Dezzi Bardeschi | urbanistica<br />

Ing. Andrea Alessandro Muntoni | ingegneria ambientale<br />

Prof. Giorgio Nebbia | ecologia<br />

Ing. Alberto Pianta | mobilità<br />

Dr. Fabrizio Piva | certificazione<br />

Dr. Rodrigo Rodriquez | imprenditore (Material Connexion Italia)<br />

Dr.ssa Paola Santeramo | agricoltura periurbana<br />

Dr. Dario Sonetti | biodiversità<br />

Dr. Alessandro Spadoni | chimica cosmetologica<br />

Prof. Roberto Spigarolo | UNIMI Facoltà di Agraria<br />

<strong>Ecoideare</strong><br />

Periodico culturale di informazione sullo sviluppo sostenibile<br />

Direzione, Amministrazione, Redazione<br />

Via Sardegna, 57 20146 Milano - tel. 02 36642800<br />

fax 02 36642803 - info@ecoideare.it - www.ecoideare.it<br />

Direttore editoriale: Nicoletta Cova (n.cova@rinenergy.it)<br />

Direttore responsabile: Edgar Meyer (direzione@ecoideare.it)<br />

Art Direction e impaginazione: Clara Falchi<br />

Copertina: Foto di Lorenzo Mattone, per gentile concessione.<br />

Concorso di Fotografia di Castelbuono, Premio Giovani Enzo Lagrua<br />

Redazione: Daniela Milano (redazione@ecoideare.it)<br />

Marketing e Sviluppo: Nicola Saluzzi (ecoideare@mediasecweb.it)<br />

Pubblicità e iniziative speciali 02 36642800 – 348 7638654<br />

Hanno collaborato a questo numero:<br />

Mario Allodi, Marco Cagelli, Franco Cirone, Luisa Flauto, Edgar Meyer,<br />

Daniela Milano, Andrea Alessandro Muntoni, Giorgio Nebbia, Fabrizio Piva,<br />

Alberto Rossi, Nicola Saluzzi, Dario Sonetti.<br />

<strong>Ecoideare</strong> è realizzata in collaborazione con Gaia Animali e Ambiente Onlus<br />

Testata registrata al Tribunale di Milano.<br />

Registro Stampa Periodica n. 60 - 13/02/2009.<br />

Stampa: Grafiche Andreoli<br />

Via Adamello, 21 - 25048 Edolo (BS)<br />

Per abbonarsi e per informazioni sul proprio abbonamento:<br />

tel. 02 36642800 - segreteria@ecoideare.it<br />

ABBONAMENTO A SEI NUMERI € 21,00 + SP<br />

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€ 60,00 privati<br />

€ 200,00 professionisti e associazioni<br />

ECOIDEARE È AMICA DELL’AMBIENTE. QUESTA TESTATA È STAMPATA CON IL 100% DI ENERGIA PULITA SU CARTA CERTIFICATA FSC<br />

PROVENIENTE DA FORESTE DOVE SONO RISPETTATI DEI RIGOROSI STANDARD AMBIENTALI, SOCIALI ED ECONOMICI.<br />

3


Culture e Valori nuovi. Per cambiare rotta<br />

Editoriale<br />

Sostenibilmente<br />

Siamo nei giorni della Conferenza<br />

sul Clima (Cop 21), che si tiene a<br />

Parigi. L’obiettivo è netto: concludere,<br />

per la prima volta in oltre 20 anni<br />

di mediazioni da parte delle Nazioni<br />

Unite, un accordo vincolante e universale<br />

sul clima, accettato da tutte<br />

le nazioni, che limiti il riscaldamento<br />

globale sotto i 2 ° C. E’, davvero,<br />

l’ultima chiamata. O i rappresentanti<br />

politici (e l’economia) si mettono<br />

d’accordo, o si va dritti dritti verso il<br />

disastro di questo pianeta. E dovremo<br />

abituarci a una sempre maggiore<br />

tropicalizzazione del clima, a alluvioni<br />

improvvise, a inondazioni, allo<br />

scioglimento dei ghiacciai, all’innalzamento<br />

del livello dei mari, a milioni<br />

(non le attuali migliaia…) di<br />

profughi ambientali. Altro che Isis.<br />

Eppure, se ne parla poco. I media,<br />

la classe politica e la classe dirigente<br />

fanno fatica a comprendere gli allarmi<br />

di scienziati e ricercatori. Mancano<br />

ancora culture e valori che possano<br />

portare ad una vera inversione<br />

di rotta nel modello di sviluppo della<br />

società umana.<br />

Ecco, il tema di questo numero è<br />

proprio “Culture e Valori”. Perché<br />

noi di <strong>Ecoideare</strong> continuiamo a credere<br />

che non sia impossibile, anzi,<br />

cambiare rotta. E proviamo a portare<br />

qualche contributo. A partire dal<br />

“maestro” Giorgio Nebbia, che ci<br />

parla di “Cultura e valore del rifiuto<br />

e del riciclo”. Franco Cirone introduce<br />

e invita alla riflessione sull’”Io<br />

sostenibile”. Con la sua profondità<br />

filosofica ci parla di una “visione<br />

dell’ascolto” in relazione alle parole.<br />

La giornalista Luisa Flauto presenta<br />

otto storie di persone socialmente e<br />

professionalmente affermate che ci<br />

raccontano come sono diventate vegetariane.<br />

Nuove culture e nuovi valori implicano<br />

anche un nuovo rapporto, più<br />

rispettoso, con gli altri abitanti del<br />

pianeta. Dedichiamo allora alcune<br />

pagine alla speranza che la ricerca<br />

scientifica non utilizzi<br />

più gli animali, e abbandoni definitivamente<br />

paradigmi obsoleti come la<br />

vivisezione. Nuove culture e nuovi<br />

valori, declinati in senso ecocompatibile,<br />

si traducono pure in maggiore<br />

benessere e in migliore qualità della<br />

vita di tutti. Nella sezione “ecoabitare”<br />

proponiamo così una riflessione<br />

sull’”Alchimia del giardino”,<br />

viaggio tra proporzioni armoniche<br />

e colori in un perfetto rapporto pieni-vuoti<br />

e volumi-superfici. E Nicola<br />

Saluzzi nel pezzo “Un’ottima annata,<br />

dallo scandalo metanolo al primato<br />

dei vini made in Italy” ci guida in<br />

un excursus sul cambio della cultura<br />

del vino -legato al cibo e al territorio<br />

italiani- avvenuto negli ultimi<br />

30 anni, cui cultori del buonvivere e<br />

sociologi scrivono fiumi e fiumi di<br />

parole. Un cambio di cultura, peraltro,<br />

accompagnato da un cambio di<br />

prospettiva del mercato. Da non perdere,<br />

infine, l’intervista al filosofo<br />

del vino e analista sensoriale Luigi<br />

De Caro (ha inventato molti anni fa<br />

“enozioni”) che ci parla della filosofia<br />

delle emozioni, perfettamente in<br />

linea con il linguaggio ispiratore del<br />

pioniere Luigi Veronelli.<br />

Buona lettura!<br />

Edgar Meyer<br />

L’ IO SOSTENIBILE<br />

Si può parlare di sostenibilità, di<br />

biodiversità, di efficienza energetica,<br />

di ecologia ambientale<br />

accanto ad una riflessione sulla<br />

condizione umana, sul linguaggio, sul<br />

pensiero, sulla mente, sulla nostra esistenza,<br />

sul soggetto che noi siamo che ha<br />

come oggetto sè stesso?<br />

Noi di <strong>Ecoideare</strong> crediamo che sia fondamentale<br />

fare un passo indietro o laterale<br />

per vedere, con un altro sguardo,<br />

cosa stiamo facendo, le nostre procedure,<br />

i nostri pensieri e quello di cui ci stiamo<br />

occupando di volta in volta. L’apporto<br />

riflessivo e consapevole ci introduce direttamente<br />

a respirare un’aria e atmosfera<br />

nuova nel voler conoscere il processo<br />

stesso della conoscenza.<br />

Per fare ciò cercheremo di avvalerci, per<br />

quanto ci è possibile, di saperi, di pratiche<br />

e di maestri del pensiero, dell’azione,<br />

della riflessione e del saper essere. Potranno<br />

fare da ispirazione, in questo viaggio<br />

di ricerca e conoscenza (che la rivista<br />

da un po’ di tempo ha intrapreso e che<br />

intende ulteriormente percorrere),poeti<br />

filosofi, scienziati, ricercatori, pensatori,<br />

letterati, artisti.<br />

Crediamo che ciò, che innanzitutto ci<br />

riguarda intimamente come persone, sia<br />

una costante e preliminare percezione,<br />

sempre da attuare, ed avere presente,<br />

mentre viviamo (nei vari momenti), di<br />

ciò che accade, di ciò che siamo, di come<br />

pensiamo, di come parliamo, di quello<br />

che sentiamo e di come ci comportiamo.<br />

Questa pratica di consapevolezza di noi e<br />

dei nostri gesti, intrisi di linguaggio, parola,<br />

emozione, visione, ci fa capire che<br />

siamo coinvolti in prima persona, sempre,<br />

qualunque riflessione, azione, ricerca,<br />

studio, discorso, facciamo.<br />

Questo sapere è il primo sapere, da cui<br />

tutto deriva. Essere coscienti di ciò e praticarlo<br />

assiduamente, con passione, è per<br />

noi, la prima scelta ecologica da mettere<br />

in pratica e di cui parlare, madre di tutte<br />

le ecologie e di tutte le sostenibilità. Un<br />

fare etico fondamentale, che normalmente,<br />

ordinariamente, viene poco incluso<br />

nella nostra vita, in cui siamo piuttosto<br />

immersi e identificati.<br />

Un’altra etica in cui crediamo, da praticare<br />

ed attualizzare, è quella del dialogo tra<br />

i saperi. Come dice Prigogine ..“è ormai<br />

tempo per nuove alleanze, alleanze da<br />

sempre annodate, per tanto tempo misconosciute,<br />

tra la storia degli uomini, delle<br />

loro società, dei loro saperi e l’avventura<br />

esploratrice della natura... dobbiamo imparare<br />

a non giudicare più le varie forme<br />

di sapere, di pratica e di cultura prodotte<br />

dalle società umane, ma a incrociarle, a<br />

stabilire nuovi canali di comunicazione”.<br />

L’individuo, arricchito e rinnovato dal<br />

dialogo tra i vari saperi, tra i vari aspetti<br />

della conoscenza, può meglio conoscere<br />

le parti di sé e incontrarle in modo fecondo.<br />

Essere nella possibilità, continua,<br />

della visione di noi e di ambiti, culture<br />

e competenze diverse o inesplorate, può,<br />

a nostro avviso, contribuire alla costruzione,<br />

evolutiva, sostenibile ed appassionata,<br />

del mondo interno a noi prima che<br />

intorno a noi, per essere più vicini a ciò<br />

che siamo, percorrendo un cammino che<br />

ci faccia diventare meno ignoti a noi stessi<br />

e più consapevoli delle nostre scelte<br />

individuali e collettive.<br />

C’è, quindi, un sapere non visto dal sapere,<br />

che normalmente non adotta una<br />

opportuna un’inclinazione e disposizione<br />

per conoscere colui che esercita la conoscenza.<br />

Parleremo, anche di metodi e<br />

vie, di teorie e di applicazioni, scegliendo<br />

quelle più interessanti per noi, per<br />

cui prendere posizione, non aspettando<br />

troppo che la prudenza mormori al nostro<br />

orecchio, credendo, invece, che sia “venuto<br />

il momento dell’inatteso”. ■<br />

Franco Cirone<br />

«Se parli con un uomo in una lingua a lui<br />

comprensibile, arriverai alla sua testa.<br />

Se gli parli nella sua lingua,<br />

arriverai al suo cuore.»<br />

Nelson Mandela<br />

5


Giorgio Nebbia<br />

Prosegue la collaborazione con l’associazione Gaia Italia e Giorgio Nebbia,<br />

uno dei padri nobili del movimento ambientalista italiano e internazionale.<br />

Giorgio Nebbia è stato -ed è ancora- uno dei protagonisti di assoluto rilievo<br />

nello studio della questione ambientale, affrontata nell’ottica del chimico,<br />

dell’economista e del merceologo. nebbia@quipo.it<br />

CULTURA E VALORE<br />

DEI RIFIUTI E DEL<br />

RICICLO<br />

Una interessante e anche divertente operazione<br />

culturale consisterebbe nello scrivere la “storia<br />

naturale” del consumatore, il sostantivo con<br />

cui ciascuno di noi è indicato. In realtà noi non<br />

consumiamo niente ma ci limitiamo ad usare e talvolta a<br />

trasformare le merci che usiamo: usiamo per qualche tempo<br />

gli abiti, i mobili, le stoviglie, l’automobile, la casa, il<br />

telefono cellulare, e tante altri oggetti commerciali a vita<br />

più o meno lunga. Altre merci come gli alimenti, la benzina,<br />

la carta, vengono rapidamente trasformate in rifiuti gassosi<br />

che finiscono nell’atmosfera o solidi che finiscono nelle acque<br />

e nel suolo. Anche le merci a vita lunga, dopo qualche<br />

tempo, “muoiono” e diventano rifiuti. Altri rifiuti vengono<br />

poi generati e immessi nell’ambiente durante le operazioni<br />

agricole e industriali che producono le merci a vita lunga o<br />

a vita breve che ciascuno di noi usa.<br />

Per limitarci ai rifiuti solidi, in Italia si tratta di circa 180 milioni<br />

di tonnellate all’anno. Circa 35 di rifiuti urbani, 50 di<br />

rifiuti industriali, 70 di rifiuti delle attività di cave, miniere<br />

e residui di costruzioni, 25 di altri rifiuti. Nel complesso la<br />

vita quotidiana di ogni italiano comporta la produzione, ogni<br />

anno, di circa 500 chili di rifiuti solidi urbani, di circa 3000<br />

chili di rifiuti solidi totali, pari a cinquanta volte il peso di<br />

ciascuno di noi.<br />

“Rifiuti” è una delle parole che vengono ripetute con maggiore<br />

frequenza in diversissimi contesti; quando protestiamo<br />

per i sacchetti di immondizie che si accumulano nelle strade,<br />

o a proposito dei disturbi ambientali associati alle discariche<br />

o gli inceneritori. Per evitare l’uso inquinante delle discariche<br />

o degli inceneritori ai cittadini viene chiesto di effettuare<br />

una raccolta differenziata dei propri rifiuti domestici<br />

in modo da separare le componenti che potrebbero essere<br />

riciclati con minore effetto ambientale negativo, anzi con<br />

recupero di materiali economici, di “merci riciclate”, che<br />

altrimenti richiederebbero nuove materie prime tratte dalla<br />

natura. Addirittura i rifiuti raccolti in maniera differenziata<br />

sono oggetti di commercio e vengono pagati sulla base di<br />

un “valore” merceologico che dipende dalla “purezza” e<br />

dalla maggiore o minore attitudine ad essere riciclati, cioè<br />

trasformati in altre merci.<br />

Il riciclo è un insieme di attività industriali che coinvolge<br />

centinaia di aziende e diecine di migliaia di lavoratori,<br />

con tecnologie talvolta raffinate e un grande giro di affari.<br />

Ciascuna delle frazioni di rifiuti, raccolti in maniera differenziata,<br />

viene dapprima ritirata da alcune imprese che effettuano<br />

una selezione per eliminare le componenti estranee:<br />

purtroppo infatti spesso molti cittadini, pur volonterosi,<br />

mettono alcuni rifiuti nel cassonetto sbagliato, rendendo talvolta<br />

impossibile il riciclo dell’intero contenuto.<br />

Ciascuna frazione, abbastanza omogenea, di rifiuti (vetro,<br />

plastica, metalli, carta, eccetera) viene venduta (proprio così,<br />

esiste un vero commercio come se si trattasse di qualsiasi altra<br />

materia prima o merce) alle industrie che trasformano i<br />

rifiuti differenziati in nuove merci. Nella Comunità Europea<br />

ciascun rifiuto, dalla lampadina bruciata, alla bottiglia della<br />

conserva di pomodoro, al camion fuori uso destinato alla<br />

rottamazione, è classificato con un codice numerico CER<br />

(Catalogo Europeo dei Rifiuti) e viene avviato allo smaltimento<br />

o al riciclo proprio sulla base di questo codice CER.<br />

Il riciclo è effettuato da industrie specializzate di cui sarebbe<br />

bene conoscere i processi se si vuole fare una raccolta differenziata<br />

veramente efficace.<br />

Il “valore” merceologico dei rifiuti e delle merci riciclate<br />

deve essere accertato con analisi e controlli chimici e fisici,<br />

in qualche caso molto delicati. Ad esempio degli oltre sei<br />

milioni di tonnellate della carta e dei cartoni raccolti in maniera<br />

differenziata in Italia ogni anno, solo cinque entrano<br />

nei processi di produzione di nuova carta e in tali processi<br />

di riciclo si formano altri rifiuti: 400 mila tonnellate all’anno:<br />

fanghi di disinchiostrazione e di altro tipo, che finiscono<br />

nelle discariche o negli inceneritori.<br />

Anche l’industria agroalimentare genera rifiuti riciclabili:<br />

per esempio nella produzione vitivinicola si forma oltre<br />

un milione di tonnellate di sottoprodotti dai quali potrebbero<br />

essere ottenuti gas combustibili o alcol etilico.<br />

Fra le materie più difficili da riciclare ci sono le materie<br />

plastiche; quelle in commercio sono di molti tipi diversi,<br />

ciascuna con composizione chimica e ingredienti diversi,<br />

per cui una gran parte della plastica, anche raccolta negli<br />

appositi cassonetti, finisce nelle discariche (1,6 milioni di<br />

tonnellate all’anno) o negli inceneritori, spesso con effetti<br />

inquinanti dell’atmosfera. Le attività di demolizione degli<br />

edifici e delle costruzioni producono ogni anno circa 50<br />

milioni di tonnellate di residui che, in gran parte, finiscono<br />

nelle discariche. La rottamazione e il riciclo delle varie componenti<br />

dei veicoli fuori uso comporta delicati problemi tecnici<br />

ed ecologici perché le varie parti dei veicoli delle varie<br />

marche hanno composizione chimica differente; le componenti<br />

metalliche devono essere separate e riciclate ciascuna<br />

diversamente e comunque, nella rottamazione, oltre il 25<br />

% del peso del veicolo finisce in un rifiuto, detto “fluff”,<br />

costituito da una miscela di materiali metallici come ferro<br />

e alluminio, materie plastiche, gomma, vetro, fibre tessili,<br />

vernici, di difficile smaltimento.<br />

Gli inceneritori/termovalorizzatori dei rifiuti urbani, che<br />

tanto piacciono a molte amministrazioni locali, lasciano<br />

come residuo circa il 30 % di ceneri; altre ceneri si formano<br />

nei forni che bruciano carbone; la maggior parte di queste<br />

sostanze solide finisce nelle discariche ma sono attivi studi<br />

per vedere se possono “servire” anche loro non solo come<br />

riempitivi stradali ma per estrarne metalli rari.<br />

Benché le operazioni di riciclo siano chiamate, con gioioso<br />

neologismo, “economia circolare”, non bisogna dimenticare<br />

che qualsiasi processo di trattamento e di riciclo dei<br />

rifiuti si lascia dietro inevitabilmente altri rifiuti e inquinamenti:<br />

lo stesso riciclo dei rifiuti richiede la soluzione<br />

di problemi chimici, tecnici, commerciali, argomenti di una<br />

vera e propria “Merceologia del riciclo”, il cui insegnamento<br />

e le cui conoscenze consentirebbero agli amministratori e<br />

agli imprenditori scelte meno costose e, a loro volta, meno<br />

inquinanti, capaci di creare nuova duratura occupazione: infatti,<br />

siate certi, la massa dei rifiuti da trattare aumenterà<br />

sempre. ■<br />

GIORGIO NEBBIA<br />

6<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

7


LE PAROLE,<br />

STILI DI VITA<br />

LA VISIONE<br />

“Non c’è peggior sordo di chi non vuol vedere” (Lao-tze)<br />

D’ASCOLTO<br />

ascoltare con gli occhi<br />

vedere con le orecchie<br />

prima parte<br />

di Franco Cirone<br />

La frase taoista ricordata, anche rispecchiabile nel suo<br />

opposto“non c’è peggior cieco di chi non vuol sentire”,<br />

introduce l’aspetto cinestesico, plurisensoriale, partecipativo,<br />

globale dell’ascolto e della visione, dove la nostra<br />

interezza e presenza, l’aspetto emotivo e cognitivo è sempre in<br />

gioco, per noi che ascoltiamo, parliamo e vediamo. Si può dire,<br />

quindi, che quando una persona non vede non sente, cioè, spesso<br />

fa molta fatica a sentire senza poter vedere l’ascolto, senza guardare<br />

quello che sente.<br />

Ma cosa c’è da ascoltare? Possiamo inoltrarci nel guardare questo<br />

ascoltare. C’è da ascoltare qualcosa che si dice, di cui si parla,<br />

le parole di un discorso. Siamo nel discorso e nella parola in<br />

ogni momento. Per noi che siamo essenzialmente dei parlanti,<br />

immersi da sempre nella parola e nel discorso ci viene difficile<br />

parlare di ciò che ci costituisce, cioè le parole e il discorrere. Ci<br />

rendiamo conto che dobbiamo usare le parole e fare un discorso,<br />

per dire del discorso stesso, per parlare del parlare. Si può<br />

inaugurare, così, uno sguardo e processo di conoscenza circolare,<br />

laterale e inusuale, che necessita di poter sospendere un certo<br />

modo di procedere, vedere e pensare, che tende a escludere il<br />

coinvolgimento in prima persona di chi sta descrivendo l’esperienza<br />

mentre la vive. Nel momento in cui si vive l’esperienza<br />

occorre imparare a vedere e a parlarsi in modo nuovo, visionario<br />

e silenzioso, intraprendendo un cammino senza sosta di continua<br />

retrocessione, indietreggiamento e spostamento del processo<br />

della percezione, come metodo e abitudine. Un cammino che si<br />

compie ‘senza camminare’: un cammino già sapiente fin da subito,<br />

in cui dobbiamo renderci consapevoli di esser già nati, pronti<br />

per intraprenderlo sempre e inaugurarlo di continuo. Siamo così<br />

abitati nella e dalla parola che appena ci voltiamo la troviamo,<br />

non facciamo in tempo a distrarci che si impossessa di noi. Ci giriamo<br />

in un’altra direzione ed eccone ancora un’altra che risuona<br />

in noi e noi in lei. Non se ne esce fuori (dal contesto fondato dal<br />

linguaggio stesso). Siamo ricacciati dentro al parlare, al dire, al<br />

fare con le parole. Siamo sempre dentro un discorso. E perché si<br />

faccia la parola, perché la parola abbia luogo occorre qualcuno<br />

che ascolti. Noi ascoltiamo: siamo gli ascoltanti, per cui abbiamo<br />

le orecchie. Ma non sono le orecchie che sentono, anche se non<br />

sentiamo senza le orecchie. Ci chiediamo: ma fuori dal discorso,<br />

dalle parole che usiamo, ci sono orecchie e occhi, per sentire e<br />

vedere? Gli occhi e le orecchie sono innanzitutto delle parole.<br />

Ma quello di cui si parla è anche altro da ciò di cui si parla e non<br />

sarebbe quello che è senza essere quello di cui si parla.<br />

Le parole sono sempre in gioco e noi siamo questo gioco, serio<br />

e divertente. Ma siamo ogni volta rimandati indietro, là dove da<br />

sempre noi siamo, nella parola e nel suono, dove non si va oltre,<br />

che non si oltrepassa: la dogana che non si trascende. La parola,<br />

le parole sono trascendentali rispetto a ogni altro dire, a ogni<br />

8 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

9


altro sapere. Stanno prima, sono originarie, non possono diventare<br />

oggetto d’altro se non di altre parole e altro discorrere. Ma<br />

le parole del discorso dicono anche cose diverse del discorso:<br />

parlano, per esempio, oltre che delle orecchie e dell’occhio, del<br />

vedere e del sentire, anche del cervello, che peraltro non sa nulla<br />

di quello di cui sta parlando il soggetto che ha quel cervello, anche<br />

se, senza il suo cervello, con la rete di sinapsi e neuroni, non<br />

potrebbe dire nessuna parola né discorso. Ma tutte queste cose,<br />

di cui parla il discorso, non emergerebbero dall’anonimato, dal<br />

non detto, se non ci fosse la parola, le parole che le pronunciano.<br />

Per parlare del cervello e del suo funzionamento bisogna quindi<br />

fare un discorso.<br />

Quello che si dice è possibile<br />

grazie all’esperienza<br />

che se ne ha di quell’argomento,<br />

ma fin da subito è<br />

intrisa, interrelata, mentre<br />

la si fa, a quello che può<br />

si dire. Fin da subito, fin<br />

dall’inizio, da quell’inizio<br />

che tutti abbiamo avuto,<br />

quando siamo entrati<br />

nelle parole e nel dire,<br />

quando siamo passati da<br />

una condizione, che con<br />

le parole diciamo ‘condizione<br />

infantile’, ‘infanzia’,<br />

di cui non abbiamo<br />

più quasi memoria. Un<br />

infante non può parlare degli occhi e delle orecchie, nonostante<br />

possa sentire e vedere bene. La memoria che ne abbiamo è ancora<br />

un racconto, un discorso. Proveniamo, quindi, da una vita<br />

senza parole, senza dire, senza nomi, che abbiamo incominciato<br />

a balbettare, sulla scena del mondo del senso e del significato<br />

che si stava facendo strada. Quindi le parole, il discorso, le frasi<br />

che si dicono e che parliamo, sono il presupposto di ogni sapere,<br />

come luogo (utopico = fuori luogo, fuori e prima di altri luoghi),<br />

un limite invalicabile, un confine, un’esperienza, una serie<br />

di esperienze che sono state tradotte nelle parole di un discorso.<br />

Ci sono due livelli, due strati, due dimensioni, due domini, che<br />

vanno considerati: la parola, il “discorso che parla di qualcosa”<br />

e .. “quel qualcosa che non possiamo che nominare nel discorso”<br />

(diciamo ‘qualcosa’ che è già dire qualcosa). “Ma qual è<br />

quella dimensione dell’esperienza che è oggetto del discorso,<br />

che è nominata dal discorso, che tutti facciamo e poi ne parliamo<br />

nel discorso e cerchiamo di renderla in parole?.. Sembra<br />

piuttosto complessa la faccenda, perché tutte le volte che indaghiamo<br />

questa esperienza, cerchiamo di comprenderla, di analizzarla<br />

l’abbiamo già tradotta nel discorso”. Mentre leggiamo<br />

queste parole, mentre cerchiamo di afferrare quello che si sta dicendo<br />

e che si sta leggendo, cosa sperimentiamo, che esperienza<br />

ne abbiamo?. Questa cosa che è l’esperienza di questo momento,<br />

di questo istante per ognuno di noi (per me che scrivo e che poi<br />

leggerò e per chi sta adesso leggendo) è un fatto così complesso,<br />

talmente articolato e stratificato da essere non analizzabile<br />

nè descrivibile esaurientemente con le parole. È ciò che accade<br />

adesso. E’quello che è. Per sapere e dirci quello che è dobbiamo<br />

usare le parole, dobbiamo fare un discorso. Ma lo facciamo a<br />

posteriori dell’esperienza. Nel momento in cui facciamo l’esperienza<br />

che facciamo, in cui stiamo vivendo quello che stiamo vivendo<br />

siamo in una totalità, (potremmo anche dire che siamo nel<br />

‘tantra’, una parola usata in certi ambiti, con certe intendimenti.<br />

E per dire cos’è questa cosa detta ‘tantra’ dobbiamo usare altre<br />

parole, cioè fare un discorso).<br />

“Noi siamo la danza dell’esistenza e della non esistenza: se non<br />

lo capiamo il tantra è impossibile. Ma, non importa se lo capiamo<br />

o no, il tantra attua continuamente se stesso: esso è ciò che<br />

accade“ (N.Chogyam)<br />

Questo sapere-cos’è-quello-che-è lo possiamo collocare anche<br />

aldilà della parola o aldiquà, sospesi rispetto alla parola, in un terreno<br />

dove la parola è silente: il campo, il dominio della coscienza<br />

(‘della presenza mentale’), che è un’altra parola, che non dice,<br />

non collima con l’esperienza della coscienza (e ‘della presenza<br />

mentale’), di un certo modo di essere della coscienza, dell’esser<br />

coscienti, che trascende la parola stessa. E, ancora, il campo<br />

di ciò che accade adesso,<br />

che per dirlo devo parlare,<br />

ma la cui esperienza è<br />

ben altro rispetto al dire,<br />

è un mondo, una situazione<br />

indicibile nella sua<br />

interezza.Quindi quando<br />

facciamo un’esperienza,<br />

cioè quando viviamo, siamo<br />

sempre nella totalità<br />

(di ciò che accade), viviamo<br />

come una totalità, non<br />

come delle realtà separate<br />

(come se fossimo divisi<br />

nelle varie parti che poi<br />

nominiamo nel discorrere,<br />

come oggetti del discorso:<br />

orecchio, occhio,<br />

cervello, parole, discorso..). L’esperienza vissuta è integrale, è<br />

qualcosa di intero, di integrato (yoga integrale) Non siamo disuniti,<br />

smembrati, disgregati. Siamo congiunti, collegati, riuniti,<br />

integrati e integrali: viviamo in una sintesi di tutte le parti.<br />

Questa totalità è ben aldilà della somma dei suoi elementi: “la<br />

somma degli elementi è dopo,viene dopo attraverso una analisi<br />

che è fatta dal discorso”.<br />

Diventa ora più comprensibile quello che dice la frase: sapere<br />

”ascoltare con gli occhi e vedere con le orecchie”. Noi non ci<br />

vediamo facilmente, mentre viviamo, ci vedono meglio gli altri,<br />

ognuno si vede con gli altri, grazie agli altri, ma può avvicinare<br />

l’esperienza mentre la fa con la visione che si fa, non come un<br />

“semplice vedere”, ma come un altro vedere, visionario e scandaloso,<br />

sempre fondato, incarnato, intriso di emozione, di emozioni<br />

che si alternano, si susseguono, permangono, sfumano, si<br />

mantengono: contentezza, malumore, tristezza, preoccupazione,<br />

rabbia, noia, paura, fastidio, approvazione, fiducia. Noi vediamo<br />

e ascoltiamo dal filtro, dalla lente emotiva che viviamo: a partire<br />

sempre da questo ‘primo vedere’. Primo perché originario, costitutivo<br />

del nostro esserci. E quello che vediamo è influenzato da<br />

quello che ascoltiamo. I sensi sono contemporanei, ciò che avvertiamo<br />

è una sinfonia, non un assolo di un singolo strumento.<br />

Non si vede soltanto vedendo ma anche ascoltando, rabbrividendo,<br />

impaurendosi, rattristandosi, preoccupandosi, gioendo e partecipando<br />

dello sconcerto che crea in noi la pratica di assistere<br />

e vedere che ci si vede. Non si ascolta solo sentendo, ma anche<br />

vedendo suoni, immagini, colori. L’udire è insieme al vedere,<br />

il vedere insieme all’udire. Chi non vede fa fatica a sentire ciò<br />

che si dice. Siamo sempre in una esperienza totalizzante, che<br />

investe la nostra persona completamente, per cui abbiamo impressioni,<br />

viviamo in un certo modo l’ascolto dell’altro, quello<br />

che l’altro dice. Sentiamo, quasi annusiamo, percepiamo anche i<br />

modi dell’altro. Siamo sempre (oltre che in una tonalità emotiva<br />

particolare) anche in un modo particolare per vedere, sentire l’altro.<br />

C’è sempre un motivo per sentire, vedere l’altro, per percepire<br />

l’altro: letterale, non letterale, metaforico. Perché è importante<br />

sottolineare questa unità di esperienza, che ci costituisce<br />

sempre? “Siamo così analiticamente convinti che le cose siano<br />

come dice il nostro sapere di parola e totalmente dimentichi di<br />

quell’esperienza che incarniamo in ogni istante perché la scrittura<br />

delle nostre parole ci ha indotto a questo risultato, perchè è<br />

l’alfabeto che ha fatto tutto ciò”.<br />

L’alfabeto è una macchina sofisticata e complessa. Usandolo,<br />

essendo noi ‘fatti di linguaggio’, non lo vediamo in azione, lo diventiamo.<br />

L’alfabeto che usiamo, di cui ci serviamo, ci possiede,<br />

ci governa. L’azione, il lavoro che l’alfabeto fa su di noi, sui nostri<br />

corpi, quando parliamo e leggiamo, plasmandoci, facendoci<br />

assumere posture mentali e corporee, li possono vedere e vedere<br />

agire chi sta di fronte a noi. Le parole danzano con noi e sulle<br />

nostre espressioni del volto, così particolari e uniche, che possiamo<br />

solo riconoscerle nell’altro davanti a noi e noi davanti a lui.<br />

È una meccanica prodigiosa e potente, rimasta fedele e pressochè<br />

uguale a sè stessa nel tempo, così particolare, da potere leggere<br />

in una lingua che non si conosce senza capire alcunché. È<br />

una dimostrazione della forza e dell’efficacia di questo sistema<br />

complesso, innovativo e rivoluzionario, attraverso il quale si è<br />

costruito l’impianto logico-mentale, la “anima logica” dell’Occidente,<br />

“la sua capacità analitica, di impadronirsi analiticamente<br />

dell’esperienza” (fino al dominio imposto dalla scienza<br />

e dalla tecnica sul mondo e al tempo stesso anche un esempio<br />

della sua fragilità, del suo limite). “Abbiamo imparato a usare<br />

l’alfabeto. Ma se ci inoltriamo a voler conoscere e sapere perché<br />

diciamo quello che diciamo, il senso di quello che si sta facendo”<br />

si tratta di“un altro discorso, che non può emergere semplicemente<br />

dalla conoscenza tecnica, scientifica, filosofica (che<br />

sono la stessa cosa, la stessa radice che si è sviluppata via via)”.<br />

..“Abbiamo costruito un [discorso] e una scrittura del [discorso],<br />

che ha influito sul parlato, sul veduto, sull’ascoltato: è diventata<br />

la “nostra anima, la nostra logica”. Questo discorso “è<br />

sostanzialmente convenzionale e arbitrario”. Nella provenienza<br />

antica, “ancestrale, dei segni che diventeranno i segni del<br />

nostro alfabeto, questi segni<br />

erano come quelli cinesi.<br />

Erano disegni, segni (tracce)<br />

che avevano un valore<br />

iconico, rappresentativo,<br />

figurativo, mentre per noi<br />

tutto è convenzionale ed arbitrario<br />

e i significati sono<br />

semplicemente mentali,cioè<br />

non hanno niente a che vedere<br />

con ciò che sento.. Casa<br />

non è costruita con c (ci), a, s<br />

(esse), a”. Ma cosa significa<br />

è arbitrario, convenzionale?<br />

È stato deciso un giorno che<br />

casa è casa, uomo è uomo,<br />

donna è donna? Questo non<br />

può essere accaduto mai,<br />

proprio per quella originarietà trascendentale del discorso. Ci<br />

dovevano essere già queste parole per poter dire:..“facciamo<br />

così, diciamo così, stabiliamo così”. Wittgenstein dice che ci<br />

deve essere un nesso reale tra la parola (es. casa) e la cosa (casa)<br />

ma l’abbiamo dimenticato, non ce ne ricordiamo. L’abbiamo tradotto<br />

in uno strumento che agisce su di noi e in noi in modo inconsapevole,<br />

ignari di quello che accade, non consci dell’aspetto<br />

interpretativo implicito (ermeneutico) dell’esperienza e della sua<br />

integrazione. “Tutto il campo dell’espressione viene invaso, attraverso<br />

l’alfabeto, da una logica performativa, prestazionale”.<br />

Ma considerando che la globalità, la totalità, l’atmosfera dell’esperienza<br />

è un’altra cosa, spesso ci rivolgiamo alle parole della<br />

poesia che non hanno una logica, una sintassi precisa, che dicono<br />

cose senza senso, inaudite, che non possono essere normalmente<br />

ascoltate e che non si può osare dire, nella comune quotidianità.<br />

Oppure pratichiamo l’esperienza musicale, radice e fondamento<br />

dell’udire e del sentire. L’esperienza e il fare dell’arte (che ha la<br />

facoltà di andare aldilà, oltre l’uso tecnico e utilitaristico delle<br />

parole e del discorso), ci viene in aiuto, ci salva, ci risarcisce<br />

rispetto all’impoverimento che abbiamo costruito con il linguaggio<br />

scritto e con la parola come mezzo di scambio di informazioni<br />

tecniche, che escludono il soggetto, che ha l’esperienza della<br />

parola e del linguaggio, che ha l’esperienza in prima persona<br />

di ciò che dice e di ciò che gli accade. La pratica artistica ci fa<br />

raggiungere e vivere l’esperienza umana più reale, più intera e<br />

quindi interiore, partecipativa, coinvolgente la dimensione emozionale<br />

e relazionale. L’importanza decisiva dell’arte è legata<br />

proprio al fatto di rappresentarci meglio, di dire e significare meglio<br />

di altre esperienze ed espressioni la nostra condizione umana,<br />

così particolare e rivoluzionaria sulla scena della natura del<br />

mondo. Già, il nostro entrare in modo dirompente in mezzo alla<br />

natura riesce a compiere il passaggio culturale preternaturale, per<br />

mezzo del linguaggio, essendo noi essenzialmente linguaggio ed<br />

espressione. Il corpo, la corporeità si modella a vedere, a sentire,<br />

a far risuonare la prestazione della parola, conformando la mente<br />

con quello che vive, che sente, che dice quello che viene detto.<br />

Con questo pronunciar parole, avviene una separazione, una dicotomia<br />

corpo-mente, proprio grazie all’alfabeto. Un prodotto<br />

della mente logica dell’alfabeto è, ad esempio, il fare dello scienziato,<br />

dentro il suo laboratorio di razionalità analitica e algebrica<br />

(logica analitica-prestazionale o performativa) in grado di separarsi<br />

definitivamente dalle parole orali, usando un linguaggio<br />

simbolico matematico, astratto. In questo modo il tratto orale<br />

dell’alfabeto, della scrittura, della lettura e del discorso viene tralasciato.<br />

Tendiamo a dimenticare, a rimuovere il fatto che dietro<br />

questa logica razionale dei risultati, delle prestazioni del rendimento<br />

c’è comunque il discorso,<br />

la parola, il linguaggio.<br />

Dietro tutta la scienza (e le varie<br />

scienze) c’è “un modo di<br />

essere dell’uomo che si realizza<br />

in un discorso”. Occorre,<br />

perciò, riflettere “sulle scritture<br />

del sapere e sul rapporto<br />

del sapere col discorso originario<br />

(col dire originario,<br />

trascendentale) che sta dentro<br />

ognuno di noi”. ■<br />

La seconda parte<br />

nel prossimo numero.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

1. De Saussurre F., a cura di Tullio De Mauro, Roma-Bari, Laterza - 2009<br />

2. M.Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano - 1988<br />

3. L.Wittgenstein, Tractatus logico Philosophicus, Einaudi, Torino -1989<br />

4. C.Sini, La verità è un’avventura, Ed. Gruppo Abele, 2012 / Filosofia, Jaca Book, Milano<br />

- 1992<br />

5. R.M.Rilke, Elegie duinesi, Einaudi, Torino -1978<br />

6. A.Moro, Parlo dunque sono, Adelphi, Milano - 2012<br />

7. I. Prigogine, I. Stengers, La nuova alleanza-Metamorfosi della scienza, Einaudi, Torino<br />

- 1999<br />

8. C. Namkhai Norbu, La Suprema Sorgente, Astrolabio, Roma -1997<br />

9. R. Pannikar, La pienezza dell’uomo, Jaca Book, Milano - 1999<br />

10. Lao-tze, Tao te Ching, Oscar Mondadori, Milano - 2009<br />

11. E. Borgna, Parlarsi, G.Einaudi, Torino - 2015<br />

12. H. von Hofmannsthal, Le parole non sono di questo mondo, Quodlibet, Macerata - 2004<br />

ALIMENTAZIONE<br />

STILI DI VITA<br />

10 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

11


Pubblichiamo un contributo sugli sviluppi della politica ambientale in Cina<br />

scritto da Alberto Rossi, analista del Centro Studi della Fondazione Italia-Cina,<br />

già apparso nel numero di Ottobre dela rivista Formiche.<br />

STILI DI VITA<br />

ECONOMIA CIRCOLARE<br />

CINESE<br />

di Alberto Rossi<br />

Una città di 25 kmq senza prodotti di scarto, in cui le<br />

materie secondarie vengono costantemente riutilizzate,<br />

con università, hotel, zone residenziali, decine di<br />

imprese sostenibili ed un complesso sistema di riciclaggio<br />

dei rifiuti, da completare entro il 2020 grazie al lavoro di<br />

100mila persone. Un grandioso progetto di economia circolare,<br />

che ci aspetteremmo magari in Scandinavia, non certo nel Guangdong,<br />

dove con la collaborazione della Germania il governo<br />

cinese sta dando vita alla “Sino-German Metal Eco-City”.<br />

Tra le prime associazioni di immagini che abbiamo nei confronti<br />

della Cina, certamente ci vengono in mente le cappe di smog, il<br />

sole che non sorge mai a Pechino, l’inquinamento. Tutto vero,<br />

ma nello stesso tempo occorre sottolineare gli investimenti cinesi<br />

per uno sviluppo meno sfrenato e più sostenibile, con una<br />

maggiore efficienza delle risorse ed energetica, verso un’economia<br />

più verde e circolare che può supportare i driver dell’urbanizzazione<br />

(la Cina avrà nel 2030 due terzi dei suoi residenti<br />

- oltre 900 milioni - localizzati in aree urbane, contro il 54,77%<br />

del 2014) e di un modello maggiormente incentrato sui servizi.<br />

La legge sull’economia circolare promulgata nel 2009 ha portato<br />

la Cina a promuoverne lo sviluppo in ambito industriale. Certamente<br />

la strada da fare è ancora moltissima, dato che il contesto<br />

continua a presentare grandi difficoltà ed ostacoli. È noto<br />

infatti che il rapido progresso economico degli ultimi trent’anni<br />

sia stato accompagnato dal deterioramento della situazione ambientale<br />

in Cina. Tra le dieci città più inquinate del mondo sette<br />

(tra cui Pechino) sono cinesi. La Cina dal 2008 è il primo Paese<br />

al mondo per emissioni di CO2, dovute soprattutto al massiccio<br />

utilizzo del carbone come principale fonte per la produzione di<br />

energia (66% nel 2013).<br />

Per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria, delle 161 città<br />

monitorate, solo il 9,9% ha raggiunto standard accettabili. L’inquinamento<br />

delle acque rappresenta un problema ancora più<br />

rilevante: il 40% dei corsi d’acqua cinesi sono seriamente contaminati,<br />

e il 20% raggiunge un livello di inquinamento tale da<br />

rendere l’acqua tossica ed inadatta al contatto umano. La Cina è<br />

anche uno dei Paesi che più soffre la scarsità di risorse idriche: la<br />

disponibilità media di acqua per abitante in Cina è di 2.200 m3,<br />

a fronte di una media a livello globale quattro volte superiore.<br />

Infine l’inquinamento del suolo è questione talmente delicata da<br />

spingere le autorità cinesi a non diffonderne dati sull’estensione,<br />

anche se le stime indicano che una percentuale compresa tra il<br />

10% e il 40% dei terreni cinesi contiene livelli significativi di<br />

sostanze inquinanti.<br />

A fronte di questo contesto, i temi ambientali sono diventati<br />

sempre più prioritari, ed è previsto che il XIII piano quinquennale<br />

(2016-2020) dia ancora maggior spazio al tema dell’ambiente.<br />

Nel 2013 sono stati effettuati investimenti contro l’inquinamento<br />

ambientale per 951,64 miliardi di Rmb (abbreviazione<br />

di Renminbi, moneta del popolo. 1 euro equivale a 7.592 Rmb),<br />

con l’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 16% entro il<br />

2015. Sono stati investiti tra il 2006 e il 2010 oltre 1.200 miliardi<br />

di Rmb in progetti per il risparmio energetico e la riduzione<br />

delle emissioni inquinanti, finanziati per il 10-15% dal Governo<br />

centrale, che ha previsto 5.000 miliardi di Rmb di investimento<br />

per sostenere più ampi settori nell’ambito delle nuove energie,<br />

tra cui energia idroelettrica, eolica, da biomassa, solare (fotovoltaica<br />

e termica), nucleare, carbone pulito, “smart grid”, petrolio<br />

non convenzionale, shale gas e gas naturale. L’obiettivo è che le<br />

fonti rinnovabili arrivino a fornire fino al 18% del totale della<br />

domanda nazionale entro il 2020. Laddove gli interessi economici<br />

ed ambientali sono in competizione, la crescita economica<br />

tende ancora a prevalere sull’ambiente, anche se dei passi in<br />

avanti ci sono, come si evince dalla nuova legge sulla tutela ambientale,<br />

in vigore da inizio 2015, che sostituisce una legge del<br />

1989, e che porta con sé tre novità sostanziali: il meccanismo<br />

sanzionatorio alle imprese su base continuativa e non “una tantum”;<br />

l’introduzione di una valutazione di impatto ambientale;<br />

la formalizzazione del diritto a controversie relative al pubblico<br />

interesse.<br />

Riguardo al tema del trattamento dei rifiuti solidi urbani, centrale<br />

nello sviluppo di una economia circolare in Cina, nel 2014 la<br />

capacità giornaliera di trattamento di rifiuti urbani ha raggiunto<br />

i 128,96 milioni di metri cubi (+3,5% rispetto al 2013). Dopo<br />

aver raggiunto la prima posizione al mondo in termini di volume<br />

totale, la produzione di rifiuti solidi in Cina continua a crescere<br />

ad uno dei ritmi più alti al mondo, con una crescita annuale<br />

dell’11% negli ultimi cinque anni, e si stima che entro il 2030 i<br />

rifiuti cinesi rappresenteranno più del doppio di quelli prodotti<br />

negli Usa. Ciò rende indispensabile lo sviluppo di una gestione e<br />

di un utilizzo efficiente dei rifiuti. Il Governo cinese punta forte<br />

sulla raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti, oltre alla produzione<br />

di energia da questi ultimi (waste-to-energy): nel XII<br />

piano quinquennale sono stati destinati 800 miliardi di Rmb al<br />

settore del trattamento dei rifiuti solidi (dato quadruplicato rispetto<br />

al piano precedente), e l’obiettivo è l’aumento del riutilizzo<br />

dei rifiuti solidi industriali fino al 72% entro il 2015. Sono<br />

stati annunciati una serie di progetti per promuovere il settore<br />

del riciclo, in particolare l’Urban Mining, che consiste nell’estrazione<br />

di materiali utili dai rifiuti urbani al fine di ottenere<br />

nuove risorse riutilizzabili. Tra i progetti annunciati ed in via<br />

di realizzazione: 80 città modello per la raccolta dei rifiuti solidi,<br />

50 progetti pilota di “Urban Mining” - per raggiungere una<br />

capacità di riutilizzo e rigenerazione di circa 80 milioni di tonnellate<br />

di rifiuti solidi - e 100 per il riciclo dei rifiuti di cucina.<br />

La Cina si muove, dunque: lo sviluppo dell’economia circolare<br />

è ancora agli albori, ma in futuro potrà portare con sé anche ingenti<br />

opportunità per le imprese del settore, italiane ed internazionali.<br />

Sta a noi farci trovare pronti per coglierle. ■<br />

12<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

13


ESPERIENZE<br />

VEGETARIANE<br />

Negli ultimi 40 anni abbiamo assistito ad un imprevedibile processo<br />

di cambiamento negli stili alimentari, come anche l’ultima ricerca Sinottica<br />

ha evidenziato. Stili alimentari oggi consolidati che, per molto tempo e anche<br />

grazie alla disinformazione, hanno prodotto, genericamente, confusione tra scelta<br />

di cibi da agricoltura biologica e vegetarianesimo, così come più recentemente<br />

vegetarianesiamo viene accostato a veganesimo. È necessario fare un po’ di chiarezza<br />

fra i diversi stili alimentari, ma soprattutto valorizzare la motivazione, che spesso ha radici<br />

etiche, quando non di moda, tanto da diventare uno stile di vita. Scelte che includono anche<br />

un diveso approccio verso ciò che ci circonda e quindi consumi più consapevoli. <strong>Ecoideare</strong>,<br />

punto di riferimento dell’informazione sulla sostenibilità, ha accolto volentieri la proposta della<br />

collega Luisa Flauto di presentare alcune storie a lei raccontate in prima persona<br />

da chi ha operato, con questa scelta, una svolta nella propria vita<br />

(trattasi di persone che godono di una certa notorietà).<br />

Riteniamo però opportuno, per completezza di informazione<br />

e per evitare che una posizione piuttosto che un’altra<br />

influenzi la propria visione del mondo assurgendola<br />

a dottrina, spesso in modo inconsapevole,<br />

fornire, a conclusione delle storie narrate,<br />

una nostra riflessione soprattutto per<br />

mettere in evidenza le eventuali<br />

contraddizioni fra l’essere vegetariano<br />

e i benefici in termini di salute,<br />

ovvero se alimentarsi vegetariano<br />

è aprioristicamente sinonimo di salute.<br />

A CENA CON LE MIE AMICHE<br />

VEGETARIANE<br />

di Luisa Flauto<br />

All’inizio degli anni 70<br />

era difficile essere vegetariani,<br />

se pensavi a<br />

chi fosse vegetariano<br />

tra i personaggi famosi ti venivano<br />

in mente solo George Harrison<br />

e Paul Mc Cartney. Oggi<br />

non riesci neanche più a contarli<br />

sulla punta delle dita. Sono vegetariani<br />

da Brad Pitt a Leonardo<br />

di Caprio, da Richard Gere<br />

a Prince e Natalie Portman, da<br />

Giovanotti a Battiato a Gianni<br />

Morandi. Persino Lisa Simpson, figlia di Homer, è diventata<br />

vegetariana nel 95, per motivi etici dopo una visita allo zoo di<br />

Springfield. Ma tornando agli anni 70 ricordo che, divenuta io<br />

vegetariana nel‘73, e qui sotto vi spiegherò il perché, incontravo<br />

parecchi ostacoli nel pranzare e cenare fuori. Una sera a cena<br />

in un posto elegante, con mio padre Lucio Flauto, e alcuni suoi<br />

amici tra cui Pippo Baudo, Bice Valori e Paolo Panelli, spiegai<br />

cortesemente al ristoratore che non mangiavo carne e pesce, mi<br />

fece un gran sorriso e mi disse “ci penso io, le cucino qualche<br />

cosa personalmente” Ritornò con gran soddisfazione con<br />

un piatto di pasta con la pancetta. Quando non lo mangiai si<br />

offese e andò via dicendo “il maiale non è mica carne!” Gli altri<br />

commensali mi guardavano affascinati, come fossi un animale<br />

esotico. In quegli anni se dicevo di essere vegetariana, subito<br />

mi veniva chiesto se avevo cambiato religione ed ero divenuta<br />

induista. Esserlo per motivi etici era impensabile. Negli anni 80<br />

poi, quando collaboravo con una rivista di moda, mi capitava di<br />

girare il mondo per seguire le sfilate. In un ristorante parigino mi<br />

sentii dire con un certo disprezzo “Elle ne sait pas comment bien<br />

vivre!”, lei non sa vivere! Mentre in una trattoria affollatissima<br />

di Madrid, col ristoratore che correva da un tavolo all’altro affannato,<br />

al mio chiamarlo per dirgli “Yo no como carne y pescado”<br />

mi sentii rispondere “No tengo tiempo que perder”, non ho<br />

tempo da perdere con lei, e girò sui tacchi e se ne andò. Era il 92<br />

quando incominciai a capire che le cose stavano cambiando. Per<br />

lavoro avevo accompagnato Terence Hill a Umbria Fiction, dove<br />

promuoveva una sua serie tv. La sera ci trovammo ad un piccolo<br />

tavolo di un ristorante insieme a Brooke Shields e Maria Rosaria<br />

Omaggio, che poi divenne mia carissima amica. Fu con sorpresa<br />

che realizzai che eravamo tutti vegetariani! Va beh, Terence Hill<br />

viveva a Santa Fe allora, Booke Shields veniva dagli States, ma<br />

Maria Rosaria era romana e non mangiava carne come me!<br />

Col passare degli anni mi sono accorta che, grazie alla comunicazione<br />

sui temi etici e di tutela ambientale, ma anche per una<br />

coscienza globale più attenta e sensibile, le mie amiche più strette,<br />

amiche da decenni, e anche mia sorella gemella, stavano diventando<br />

anche loro vegetariane, o avevano smesso di mangiare<br />

carne, senza che io facessi proseliti o mai discutessi con loro su<br />

cosa voleva dire essere vegetariani per me. Lo sono divenute<br />

ognuna con il proprio percorso personale. Alcune di loro lo sono<br />

da moltissimo tempo, come me, altre sono state influenzate da<br />

eventi che hanno toccato e cambiato la loro coscienza. Ascoltarle<br />

raccontarmi il perché di questa loro scelta, è un’esperienza<br />

che vorrei condividere con voi. ■<br />

STILI DI VITA<br />

Luisa Flauto con Terence Hill<br />

a Umbria Fiction -1992<br />

Ingmari Lamy in una copertina<br />

di Vogue degli anni 60<br />

L’attrice Brooke Shields.<br />

14<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

“verrà il giorno in cui gli uomini giudicheranno l’uccisione di un animale<br />

come essi giudicano oggi quella di un uomo”<br />

Leonardo da Vinci<br />

15


STILI DI VITA<br />

LUISA FLAUTO<br />

GIORNALISTA<br />

ELENA FLAUTO<br />

DIRIGENTE<br />

INGMARI LAMY<br />

MODELLA INTERNAZIONALE<br />

DANIELA RENIER<br />

PITTRICE<br />

Devo ammetterlo, da bambina e ragazzina, cresciuta negli anni<br />

50 e 60, la carne mi piaceva, la mangiavamo molto in casa,<br />

non avevamo alcuna coscienza animalista. Tra i miei amici dei<br />

vent’anni c’era il cantautore Claudio Rocchi vegetariano, un<br />

giorno mise fuori dalla sua porta cinture, scarpe, e borse in<br />

pelle, per chi le volesse, lui da allora avrebbe indossato solo<br />

accessori di tela. Io ricordo, che non condividendo le sue scelte,<br />

scelsi una borsa da viaggio. Poi nel ’72 partii per l’India,<br />

come molti giovani di allora, alla ricerca delle risposte alle<br />

grandi domande della vita. Il primo viaggio durò tre mesi, durante<br />

i quali non mangiai carne perché non ce ne fu l’occasione.<br />

Tornata a Milano mia nonna mi invitò a pranzo. Seduta al<br />

tavolo della sua cucina mi ritrovai davanti ad una grande bistecca<br />

al sangue. Mi resi conto in quel momento, ( forse i mesi<br />

di meditazione passati in India mi avevano reso più sensibile)<br />

che l’avrei mangiata per non dispiacere a mia nonna, ma che<br />

sarebbe stata l’ultima della mia vita, e cosi fu. Ricordo anche<br />

uscita da casa sua, in ascensore, l’energia quasi anfetaminica<br />

che quella bistecca mi aveva dato, e la trovai sgradevole.<br />

Da allora sono divenuta vegetariana, e maturando ho<br />

acquisito un rispetto per gli animali talmente profondo<br />

che mi disgusta anche solo il pensiero di mangiare la<br />

carne di una creatura vivente.<br />

Penso che con il passare degli anni si acquisti più consapevolezza<br />

delle proprie azioni. Insomma se un battito d’ali di una<br />

farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del mondo,<br />

io se mangio un panino al prosciutto di cosa posso essere responsabile?<br />

A 40 anni circa, proprio nel mezzo del cammino, mi sono posta<br />

alcuni interrogativi che prima sinceramente nascondevo<br />

nel profondo della mia coscienza. Durante le vacanze estive<br />

percorrevo autostrade trafficate da enormi camion, carichi di<br />

povere creature ammassate e dirette al macello. Uno spettacolo<br />

da spezzare il cuore a chiunque ne abbia uno. E anno dopo<br />

anno mi sono sentita sempre più sconvolta da quel processo di<br />

deportazione di massa verso il mattatoio. Buoi, maiali e pecore.<br />

E si per un po’ ho pensato che sarebbe stato un problema<br />

non avere più la comodità del famoso panino al prosciutto, da<br />

mangiare al bar durante la pausa lavoro, o della bistecca da<br />

cucinarmi a casa velocemente, poi ho capito che era una scusa<br />

pietosa e cosi ho detto basta.<br />

Da un giorno con l’altro. È stato facilissimo. Viva Paul Mc<br />

Cartney che ai suoi concerti vieta il consumo di panini con carne...<br />

e tutti coloro che ci aiutano a capire come questi allevamenti<br />

siano dannosi per l’intero sistema ecologico mondiale. Il<br />

famoso battito d’ali.<br />

Non eravamo una famiglia vegetariana ma mia mamma cucinava<br />

cibi e verdure dell’orto. Io poi, da ragazzina,adoravo<br />

passare del tempo in mezzo alla natura a mangiare germogli,<br />

radici e bacche. A 15 anni decisi di diventare vegetariana per<br />

scelta. Non era così facile esserlo allora come lo è oggi, ma<br />

sono rimasta vegetariana durante tutta la mia carriera di modella<br />

anche se, viaggiando molto per lavoro, ho avuto più di un<br />

problema a rispettare la mia scelta. Ricordo un’esperienza nel<br />

deserto in Marocco durante un servizio fotografico di moda,<br />

siamo stati invitati per una cena speciale lontano nel deserto<br />

in una tenda beduina. Avevano ucciso un agnello per noi.<br />

Mi sono presa un momento da sola per decidere che fare e ho<br />

capito che dovevo onorare l’offerta dell’agnello da parte dei<br />

padroni, e che essere aperta e flessibile era la cosa giusta in<br />

quel momento.<br />

Qui a Stoccolma ho il mio orto, e inizio la mia giornata sempre<br />

con una bevanda verde, mi piace una sferzata naturale di<br />

energia al mattino. La scelta di essere vegetariana è stata una<br />

scelta interiore fatta da giovanissima, e le rare volte in questi<br />

lunghi decenni in cui, per ragioni sociali, mi sono trovata a<br />

dover mangiare carne, ho cercato dentro di me un sentimento<br />

speciale per onorare l’animale e la vita che ci aveva donato.<br />

Recentemente ho pensato di diventare vegana, ma il clima qui<br />

è freddo e non abbiamo abbastanza verdure e frutta stagionali.<br />

Sono divenuta vegetariana circa 18 anni fa. Da ragazza mangiavo<br />

tutto quello che mi cucinavano inclusa la carne in tutte<br />

le sue forme, anche se, in vacanza a Forte dei Marmi, sapevo<br />

dove stava il macello, e sentivo che era una cosa orrenda. Ho<br />

iniziato a mangiarla sempre meno volentieri quando mi sono<br />

sposata, ho avuto figli, e andavo io a fare la spesa. Entrare in<br />

macelleria mi dava prima un leggero fastidio, tanto da farmela<br />

mangiare sempre meno volentieri. Chiaramente visto che in<br />

famiglia adoravano la carne ho dovuto continuare ad acquistarla<br />

e cucinarla. Poi quando i ragazzi, crescendo, sono<br />

usciti di casa, mi sono trovata ad andare al supermercato<br />

evitando accuratamente la zona della carne, mi faceva impressione<br />

vedere tutta quella carne esposta in vendita e sapere<br />

che quel pezzo di carne arrivava da una mucca o un<br />

agnello che immaginavo vivi e belli. Trovavo la cosa<br />

violenta e cruenta. Non è stata una decisione razionale<br />

ma un cambiamento naturale, oggi sono totalmente<br />

vegetariana, e non escludo<br />

di divenire vegana prima<br />

o poi visto che, io che<br />

adoro il latte e tutti i<br />

suoi derivati, ho scoperto di<br />

esserne allergica. Ma è un’altra<br />

scelta che farei naturalmente e che<br />

non mi spaventa..<br />

16 ecoIDEARE - Settembre / Ottobre 2015<br />

17


STILI DI VITA<br />

FIORELLA<br />

PIEROBON<br />

PITTRICE<br />

MARIA ROSARIA<br />

OMAGGIO<br />

ATTRICE<br />

MARINA<br />

DE BARBERIS<br />

ADVERTISING PRODUCER<br />

GIULIANA<br />

PARABIAGO<br />

DIRETTORE VOGUE SPOSA E VOGUE BAMBINO<br />

Sono cresciuta in campagna in mezzo a tanti animali, la mia<br />

famiglia teneva i polli e i conigli, e quando si decideva di mangiarli<br />

ovviamente venivano uccisi, le galline non le senti urlare,<br />

ma i conigli capiscono e gridano come dei pazzi, come i suini.<br />

Avevo quattro anni, e cercavo di spiegare ai miei, inutilmente,<br />

che non volevo che venissero uccisi, ma nessuno mi considerava.<br />

Ad un certo punto, all’ennesima uccisione non ho detto<br />

nulla, ho preso una borsa, ho messo dentro una padella e un<br />

maglione e sono uscita di casa, partendo verso l’ignoto. Nessuno<br />

se ne è reso conto per un po’. Mi hanno trovata a due<br />

chilometri di distanza che marciavo, nanetta, verso l’ignoto.<br />

Io pensavo sopravviverò, ma basta con queste urla strazianti!<br />

Poi ovvio ho mangiato carne, anche controvoglia, fino al<br />

2000, ma pochissima, perché in famiglia tutti la mangiavano.<br />

Allora poi non c’era tutta questa comunicazione, nessuno metteva<br />

in discussione l’essere carnivoro. Nel 2000, una sera stavo<br />

guardando con Albert, il mio compagno, un documentario di<br />

Santoro su come allevano intensivamente e sfruttano mucche,<br />

maiali, e polli. Era sconcertante vedere come erano trattati<br />

e alimentati. Nell’ultima scena si vedevano uscire i pulcini<br />

dalle uova e nella catena di montaggio prendevano<br />

i pulcini sani e li mettevano da una parte mentre quelli,<br />

che si capiva che erano più deboli, venivano gettati vivi<br />

nel tritacarne. Finito il documentario Alberto ed io ci siamo<br />

guardati e detti: noi non cambieremo il mondo, ma queste cose<br />

non possiamo accettarle, e non mangeremo più carne, anche<br />

se siamo una goccia nel mare non vogliamo più essere<br />

partecipi di questa violenza!”<br />

La mia coscienza vegetariana si presentò per la prima volta quando<br />

avevo quattro anni. Mi portarono in campagna dalla mia Tata,<br />

e come si fa con i bambini mi coinvolsero, dandomi responsabilità<br />

e facendomi credere di aiutare un maialino che doveva attaccarsi<br />

al seno della scrofa. La cosa mi prese molto e ci misi tutto il mio<br />

impegno. Qualche mattina dopo, fui svegliata da urla quasi umane<br />

e quando realizzai che avevano ucciso la scrofa per farne salsicce<br />

e prosciutti, e che i maialini erano rimasti orfani, ho pianto<br />

per giorni. Non riuscivano a consolarmi. Da allora non volli più<br />

mangiare insaccati. Mia madre insisteva dicendo: “Mangia almeno<br />

il prosciutto, che ti fa bene!”. Dovette arrendersi: a quattro<br />

anni ero già determinatissima! Verso i dieci anni mi portarono a<br />

Ischia, dove il piatto più famoso è il coniglio all’ischitana. Nel<br />

luogo di villeggiatura giocavo col figlio del proprietario e un coniglio<br />

bianco. Lo avevo chiamato Bunny e con me non temeva neanche<br />

l’acqua, lo portavo persino in pedalò! Una mattina, dopo<br />

che avevano cambiato per turno il cuoco, lo cercai ovunque, disperatamente,<br />

finché scoprii che lo avevano cucinato. Ne fui cosi<br />

sconvolta che da allora smisi di mangiare anche il coniglio. Poi<br />

adolescente, viaggiando con mio fratello maggiore da Roma per<br />

andare al mare, vedevo le mucche e le pecore al pascolo. Cominciai<br />

a guardarle con occhi più consapevoli: le mucche con quegli<br />

occhioni tondi e umidi mi piacevano molto e le pecore con gli<br />

agnellini mi facevano tenerezza. Il passo fu breve: smisi di mangiare<br />

pure loro, nonostante la preoccupazione di mia madre che<br />

diventassi anemica. Debuttai nello spettacolo nel ‘74 a soli sedici<br />

anni in Canzonissima, ero ancora una ragazzina e sul lavoro<br />

mi vergognavo un po’ a dire che non mangiavo carne, visto che<br />

ogni volta che la rifiutavo mi chiedevano ridacchiando “Ma sei<br />

una Hare Krisna o sei mussulmana?”. Un bel giorno, stanca di<br />

raccontare la storia del maialino e di Bunny, il coniglietto bianco,<br />

imparai a dire di sì, qualsiasi cosa mi chiedessero, per zittirli<br />

rispondevo semplicemente “Ebbene sì”. E devo dirvelo, non<br />

mangiare carne fa bene, non è vero che si deperisce come<br />

molti credono: io ho esami clinici perfetti e non sono<br />

affatto anemica. E non solo: molti amici sono felici<br />

di venire a cena da me!<br />

Da bambina (erano gli anni ‘50) non avevo nessuna coscienza<br />

di tipo animalista, per me era normale mangiare la carne, come<br />

si era sempre fatto nella mia famiglia. Amavo però gli animali,<br />

e cercavo sempre di portarne a casa qualcuno, trovatelli cani<br />

o gatti, ai quali mia madre nel giro di pochi giorni trovava una<br />

misteriosa altra collocazione e venivano fatti sparire tutti, uno<br />

dopo l’altro. Verso i 20 anni, universitaria, ho iniziato a fare<br />

delle scelte diverse, ad esempio non mangiare più i conigli,<br />

animali tenerissimi, che ho conosciuto da vicino, quando mio<br />

padre acquistò una cascina in campagna. C’era un contadino<br />

che aveva anche un porcellino rosa dagli occhi azzurri, bellissimo,<br />

cosi smisi anche di mangiare il maiale perché guardandolo<br />

presi coscienza che, cresciuto, lo avrebbero fatto diventare delle<br />

fette di prosciutto. Dopo un anno di questa dieta, cioè niente<br />

coniglio e maiale, direi a capodanno del 74/75, ho fatto una<br />

scommessa con me stessa, provare a non mangiare più carne o<br />

pesce in assoluto per un mese, perché dire “mai più” mi sembrava<br />

troppo impegnativo. La scommessa l’ho vinta, da allora<br />

non l’ho più toccata. Per carattere non mi piace mettermi in<br />

mostra, non ho mai cercato di fare proseliti, la mia è sempre<br />

stata una scelta assolutamente personale, e sempre più convinta<br />

man mano che passavano gli anni. Ho dato la carne ai miei<br />

figli, anche se sono nati da una mamma vegetariana, perché,<br />

soprattutto nella società di allora, era una scelta che ritenevo<br />

avrebbero dovuto fare loro a tempo debito, come avevo fatto<br />

io. Inoltre mio marito mangia la carne, e la mia è una scelta<br />

che non condividiamo. Ancora oggi sono sempre più convinta<br />

della decisione presa in quel lontano Capodanno dl 1974, mi fa<br />

stare male vedere l’indifferenza e la cattiveria con cui vengono<br />

trattati gli animali.<br />

Credo di essere sempre stata vegetariana nel mio essere più<br />

profondo, anche se la cosa è affiorata e si è affermata per gradi.<br />

Da piccola sfuggivo la carne, la evitavo, cercavo di farne a<br />

meno: semplicemente non mi piaceva e ancora meno mi piaceva<br />

quello sgranocchiare di ossa, nel caso del pollo, o quei<br />

sinistri residui di sangue nel piatto che accompagnavano quelle<br />

poche bistecche che mi ero lasciata convincere a mangiare.<br />

La relazione con gli animali che vedevo quando andavo in visita<br />

in campagna era evidente e straziante, colpevole e crudele.<br />

Da adulta sono stata onnivora per lassismo e per vigliaccheria:<br />

non volevo creare scompiglio se invitata a cena, attirare<br />

l’attenzione dei colleghi al ristorante, selezionare le tartine ai<br />

cocktail, ero vegetariana a metà: sì a casa no oppure ‘in incognita’<br />

nella vita sociale fino a quando, le urla strazianti<br />

di una mucca separata dal suo vitellino in un pascolo di<br />

montagna, mi sono entrate dentro per non uscire mai<br />

più e sottolineare quella componente cannibalistica<br />

che regna in ogni piatto che contenga<br />

un essere vivente<br />

ucciso. Ora lo dichiaro con<br />

orgoglio ogni volta che mi capita<br />

di poterlo fare, nella speranza lo ammetto,<br />

di fare proseliti. L’informazione<br />

mi ha dato la consapevolezza che si tratta di<br />

una posizione giusta: per gli animali, per la<br />

salute del Pianeta e anche per la salute degli<br />

esseri viventi.<br />

18 19


LA NOSTRA RIFLESSIONE<br />

Forse andrebbero visti certi presupposti che portano a certe scelte esclusive in campo alimentare. Presupporre i presupposti può rendere<br />

miopi e privi di quel dubbio filosofico (epistemologico), che è il fondamento di ogni sapere scientifico e di ogni poterlo saper<br />

dire. Per chi si occupa di scienza, e non solo, occorre sapere come si procede nella costruzione di un sapere specialistico, ad esempio,<br />

come quello dell’alimentazione umana, divenuto da tempo argomento di interesse comune. La scienza, piuttosto dottorale e certa<br />

dei suoi assunti, riflette con difficoltà su quello che fa, immersa nelle sue verità e identificata com’è dalle sue pratiche che la coinvolgono,<br />

da non saperle spesso argomentare. Ancora più lontane dalla scienza sono le posizioni ideologiche, di qualunque natura,<br />

che da tempo si aggirano nel campo della nutrizione, così affollato di pareri e competenze, spesso senza titolo né ragionamento, a tal<br />

punto da sfociare in settarismi e gregarismi massificanti, dal sapore più mitologico e favolistico che antropologico e scientifico. Si<br />

tende così, senza sapere bene perché, a parteggiare per una posizione piuttosto che per un’altra, mossi spesso inconsapevolmente da<br />

necessità biologiche condizionanti la propria visione del mondo, che assurge a dottrina. Nella letteratura scientifica, nella comunità<br />

scientifica e non, si possono trovare studi, ricerche, articoli, libri, interviste a sostegno di una o di un’altra posizione, così lontane e<br />

divergenti, in contrapposizione e in lotta tra loro, da rendere il lettore sconcertato e perplesso. Si sta assistendo ad una vera e propria<br />

guerra tra le varie fazioni, che qui per scelta e presa di posizione non nominiamo, dove certezza delle proprie posizioni e verità<br />

assoluta si fondono in radicalità e intransigenze indiscutibili.<br />

Saremo in grado finalmente di liberarci dagli inutili e dannosi ‘ismi’ per approdare ad un adulto sapere ed essere?<br />

ALIMENTAZIONE<br />

La salute è di tutti e occorre, a nostro avviso, cambiare approccio e procedere in modo nuovo e antico, anche e soprattutto<br />

nella conoscenza del cibo e delle sue implicazioni. Non serve ed è riduttivo parlare di dieta giusta e salutare a-priori, pur ricordando<br />

alcune regole generali per il mantenimento e la prevenzione della buona salute, che assecondano le caratteristiche fisiologiche<br />

tipicamente umane. Ogni individuo presenta caratteristici assetti biochimici, costituzionali, energetici, cognitivi, emozionali ed<br />

esperienziali, in costante dialogo tra loro, in vitale divenire e trasformazione, per il mantenimento della propria identità biologica e<br />

mentale. Occorre saper personalizzare per quella determinata persona, in quel determinato momento della sua vita (contesto sociale,<br />

situazione soggettiva, stile di vita, condizione fisiopatologica) modalità e strategie di approccio nutrizionale, che sappiano cogliere<br />

i bisogni primari e le necessità particolari. Ciò che va bene per una persona, in quelle determinate quantità e qualità, nelle diverse<br />

e tipiche procedure gastronomiche, nei metodi di cottura e di accostamento degli alimenti (durante la giornata), con la predilezione<br />

di alcune esigenze rispetto ad altre, può non giovare o addirittura essere dannoso per un altro o altri. Bisogna, come in ogni attività<br />

umana imparare a saper pensare, differenziare e discernere, di volta in volta: pratica di non facile attuazione, che richiede abitudine<br />

e dedizione, anche e soprattutto in un ambito così decisivo come quello della nutrizione umana.<br />

Ci occuperemo prossimamente in modo più approfondito di questo tema (e di altri temi legati al cibo) con l’ausilio di uno specialista<br />

del settore, che ci accompagnerà in modo nuovo e non facilmente riscontrabile in campo nutrizionale, così saturo di informazioni,<br />

non sempre di aiuto per noi.<br />

(F. Cirone, medico ricercatore nutrizionista)<br />

CERTIFICAZIONE…<br />

ANCORA QUESTA<br />

SCONOSCIUTA?<br />

sia obbligatoria e dia garanzia al mercato che processi e prodotti<br />

aderiscono alla normativa stessa. Le norme volontarie, invece,<br />

possono essere frutto dell’attività normativa prodotta dagli enti<br />

normatori nazionali, UNI ad esempio nel nostro paese, EN in<br />

sede europea e ISO in campo internazionale o anche a livello privatistico<br />

da associazioni ed imprese che ritengono di porre sul<br />

mercato prodotti con caratteristiche superiori e in grado di differenziarsi<br />

dalle caratteristiche di base previste dalle norme di legge<br />

esistenti. Quando la certificazione viene applicata alle norme<br />

volontarie si tratta di certificazione volontaria, quando invece la<br />

si applica alle normative di legge assume la denominazione di<br />

certificazione regolamentata e, comunque, pur sempre volontaria<br />

in quanto l’adesione ai processi disciplinati da dette norme è pur<br />

sempre volontaria.<br />

La certificazione consente di fornire, con ragionevole certezza,<br />

la sicurezza che quel determinato processo e/o prodotto corrisponde<br />

ai requisiti minimi fissati nelle normative o nei disciplidi<br />

Fabrizio Piva<br />

A<br />

cosa serve la certificazione di parte terza? Quante volte<br />

abbiamo sentito questa domanda e quante differenti<br />

risposte sono state date. Sì, proprio differenti, perché<br />

molteplici sono le risposte così come diversi sono gli<br />

obiettivi che ci si pone con l’attività di controllo e certificazione.<br />

Innanzitutto è necessario definire una normativa di riferimento o<br />

delle specifiche di processo e/o di prodotto a cui l’attività deve<br />

corrispondere; normative a carattere volontario o cogente volte a<br />

migliorare la qualità dei processi produttivi e/o dei prodotti che<br />

ne sono il frutto. Il primo obiettivo che ci si pone nel disciplinare<br />

un percorso produttivo consiste nel migliorarne la qualità al<br />

fine di aumentare il valore aggiunto sia dei processi stessi che<br />

dei prodotti che ne derivano, onde corrispondere alle esigenze<br />

dei mercati e dei consumatori che desiderano riscontrarvi le caratteristiche<br />

volute. La normativa può avere anche un carattere<br />

cogente, basti pensare a quella per i prodotti biologici o per i prodotti<br />

agroalimentari tipici, ovvero prevede che la certificazione<br />

20<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

21


ALIMENTAZIONE<br />

nari che sono stati applicati dalle imprese che vi si sono assoggettate.<br />

In questo modo si rassicura mercato e consumatori e si<br />

pongono le basi per una competizione leale fra le imprese che<br />

volontariamente hanno deciso di adottare quella determinata<br />

norma, privata o pubblica che essa sia. La certificazione, quindi,<br />

come strumento di valorizzazione e di promozione di un determinato<br />

sistema produttivo per elevarne il livello qualitativo e<br />

renderlo maggiormente competitivo nei confronti di altri sistemi<br />

concorrenti. Da ciò ne deriva la necessità che un determinato<br />

sistema economico possa esprimere i propri requisiti di qualità<br />

non solo affidandosi a sistemi produttivi in grado di raggiungere<br />

elevati standard in linea con le mutevoli esigenze di mercato, ma<br />

anche mettendo a punto sistemi di valutazione e di certificazione<br />

che possano svolgere adeguatamente la funzione di controllo e<br />

certificazione in linea con le norme nazionali ed internazionali<br />

e siano in grado di conferire certezze a mercati sempre più lontani,<br />

e non solo in senso geografico, dai luoghi di produzione. La<br />

conformità alle norme internazionali di riferimento consentono<br />

di far riconoscere la di conformità Filippo della Mariani certificazione indipendentemente<br />

dalla lingua utilizzata e dal mercato di riferimento e di<br />

fornire la garanzia che l’organismo di controllo e certificazione<br />

abbia agito nel rispetto dei criteri che lo devono caratterizzare.<br />

Questo è possibile in virtù del fatto che un paese come l’Italia<br />

abbia posto in atto un sistema di accreditamento degli organismi<br />

di controllo e certificazione operanti valutandone il rispetto<br />

dei requisiti posti nella norma internazionale, la UNI EN ISO<br />

17065, che ne definisce i criteri. L’organismo di accreditamento,<br />

in Italia Accredia, svolge verifiche di sussistenza di detti criteri<br />

nel rispetto dei principi di mutuo riconoscimento esistenti in<br />

ambito europeo (EA, European Accreditation) ed internazionale<br />

(IAF, International Accreditation Forum) e fornisce valore alle<br />

certificazioni emesse dagli organismi italiani e, di conseguenza,<br />

ai processi ed ai prodotti da questi certificati. I requisiti principali<br />

cui un organismo di certificazione deve corrispondere sono<br />

la competenza, l’indipendenza, la terzietà, l’imparzialità, la riservatezza<br />

e la trasparenza in quanto il processo di controllo e di<br />

certificazione deve essere un processo estremamente democratico<br />

ed aperto a tutti coloro che ne rispettano gli adempimenti ed i<br />

requisiti contenuti nelle norme di riferimento.<br />

La prima attività condotta dall’organismo di certificazione consiste<br />

nell’attività di verifica o controllo dei processi o dei prodotti,<br />

a seconda del caso, rispetto ai requisiti presenti nelle norme<br />

per poi giungere ad un giudizio che corrisponde all’attività<br />

certificativa. L’indipendenza e l’imparzialità derivano dal fatto<br />

che l’organismo è soggetto all’azione di comitati di imparzialità<br />

e di certificazione in cui sono rappresentate le parti interessate al<br />

processo di certificazione e contemporaneamente non coinvolte<br />

nello stesso. I comitati devono essere composti di persone competenti<br />

non “affette” dal servizio di certificazione.<br />

Affrontando la tematica relativa ai processi produttivi ecosostenibili,<br />

la certificazione ha permesso di allargare il mercato e di<br />

diffondere i processi che sono alla base della “necessaria” sostenibilità.<br />

Questa non può ridursi ad un termine vacuo ma deve<br />

essere sostanziata da prodotti e da processi che fanno toccare con<br />

mano la sua “bontà”. Quando trattiamo il tema del biologico, i<br />

prodotti che ne derivano sono ottenuti senza l’utilizzo di sostanze<br />

chimiche di sintesi, senza OGM, nel rispetto dei cicli naturali<br />

e di una corretta rotazione agronomica che favorisce l’accumulo<br />

di carbonio organico al suolo e di sostanza organica, i prodotti<br />

animali sono tratti da animali trattati secondo i principi del benessere<br />

animale. Prodotti per il cui ottenimento si garantisce la<br />

possibilità che le risorse naturali siano in grado di sostenere anche<br />

i processi per le future generazioni. La certificazione garantisce<br />

questo ed il mercato ha premiato in tutti questi anni i processi<br />

così garantiti. Sostenibilità però significa anche riduzioni<br />

delle emissioni in gas serra, riduzione dei consumi idrici, lotta<br />

allo spreco, annullamento di sversamenti in natura di sostanze<br />

dannose che favoriscono l’eutrofizzazione e l’acidificazione dei<br />

suoli. Oggi vi sono sistemi di certificazione che garantiscono il<br />

raggiungimento di tali obiettivi, basti pensare agli schemi dell’<br />

EPD (Environmental Product Declaration), della carbon o della<br />

water footprint e a tutte le certificazioni che consentono di verificare<br />

la fissazione del carbonio organico al suolo con l’indubbia<br />

possibilità di assorbire parte delle emissioni in CO2 e di favorire<br />

una migliore fertilità dei suoli.<br />

Attraverso l’attività di controllo e certificazione è possibile coniugare<br />

l’ottenimento di prodotti di qualità con la salvaguardia<br />

della salute dell’ambiente e delle sue risorse e consentire che<br />

il miglioramento delle condizioni del nostro Pianeta possa avvenire<br />

grazie ad un semplice atto di acquisto. È necessario incentivare<br />

questi atti di acquisto e promuovere i processi ecosostenibili<br />

ed i loro prodotti che, al di là del termine sostenibilità, hanno<br />

una precisa denominazione: biologico, integrato, riduzione delle<br />

emissioni, a basso consumo idrico, ecc. ■<br />

22<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

23


UN’OTTIMA<br />

ANNATA<br />

Dallo scandalo metanolo<br />

al primato dei vini<br />

made in Italy<br />

di Nicola Saluzzi<br />

Trent’anni fa, l’Italia ha vissuto l’ennesimo scandalo:<br />

il vino al metanolo. Un prodotto scadente veniva<br />

spacciato per vino dopo un processo chimico di sofisticazione<br />

con l’aggiunta di alcol metilico.<br />

Di questa tragedia vanno ricordate, prima di tutto, le venti persone<br />

morte, le decine di persone rimaste cieche e a seguire<br />

tutti i danni sanitari con centinaia di ricoveri, con molti miliardi<br />

di vecchie lire, difficile quantificare quelli commerciali<br />

e d’immagine, dopo il sequestro delle cisterne e il crollo delle<br />

esportazioni. Ma questa crisi - mortale per il settore - fu<br />

l’occasione per i produttori di unirsi, dimostrare orgoglio e<br />

realizzare una “rivoluzione” che non si poteva immaginare.<br />

Vennero riscritte le norme, i controlli severi lungo la filiera<br />

assicuravano la qualità, si aggiornarono i disciplinari atti a<br />

garantire la tipicità della produzione vitivinicola e l’identità<br />

territoriale. La credibilità soprattutto all’estero viene riconquistata,<br />

si diffonde una nuova immagine e una nuova cultura<br />

del vino, la sua promozione è sempre legata al territorio, di cui<br />

viene valorizzato ogni aspetto compreso quello paesaggistico,<br />

in ogni regione il vino muove un turismo di qualità crescente<br />

con una significativa presenza di stranieri. Quella che per la<br />

maggior parte dei consumatori era una bevanda comune, in<br />

genere consumata durante i pasti, è passata ad essere “espressione<br />

del territorio”, locuzione che implica conoscenza e cultura,<br />

un linguaggio proprio, raffinato ma non più esclusivo<br />

degli esperti del settore bensì condiviso da un vasto pubblico<br />

che si approccia alla degustazione attraverso corsi e seminari.<br />

I vini di pregio approdano nei supermercati, mentre si moltiplicano<br />

le enoteche e nascono i wine bar. Sempre più, nella<br />

selezione di vini importanti l’attenzione è orientata ad esaltare<br />

l’occasione in cui si vuole degustare, non solo al giusto e tradizionale<br />

abbinamento al cibo.<br />

Bere vino, anzi degustare, è un’occasione di vita sociale<br />

che interessa sempre più i giovani e che anche per questo è<br />

diventato fenomeno di moda; il rituale, finalizzato all’assaporare<br />

ogni goccia prima di trarne piacere, è un percorso di<br />

identificazione in uno stile, dove il vino esprime carattere e<br />

personalità.<br />

Il vino è al contempo un prodotto antico e moderno; produrlo<br />

potrebbe essere relativamente semplice, produrlo di qualità<br />

è un processo molto complesso. Nel vigneto decide l’agronomo,<br />

in cantina l’enologo; spesso le due professionalità si sommano<br />

in una sola figura che governa il processo produttivo in<br />

base ai diversi parametri, per ottenere il vino desiderato e che<br />

possibilmente risponda ai gusti che fanno tendenza.<br />

La cultura enologica è cresciuta in modo importante, anche<br />

il consumatore meno abituale è più informato, consapevole<br />

ed esigente: distingue il vino in purezza da quello composto<br />

(blend), si informa sulla varietà dell’uva, sul vitigno che la<br />

produce e sul metodo di invecchiamento. Il vino di qualità<br />

conquista ampie fasce di consumatori ed entusiasma produttori<br />

sempre più giovani, che appassionati, e sempre più spesso<br />

in possesso di un buon titolo di studio, scoprono un lavoro<br />

più confacente alle proprie aspirazioni: gratificante (anche sul<br />

piano economico) e improntato ai ritmi della natura. Coltivare<br />

la vigna e gestire la cantina sono un grande impegno, richiede<br />

cultura e tenacia. Il viticoltore moderno ha una coscienza ambientale,<br />

è molto attento a difendere e valorizzare il territorio,<br />

sa che la migliore qualità si ottiene se produce in modo sostenibile,<br />

e per questo sceglie metodi e tecniche naturali, senza<br />

ricorrere in modo massiccio alla chimica come abitualmente<br />

si faceva in passato, valorizza la naturalità del prodotto anche<br />

a scapito di maggiori ricavi, spesso sperimenta la vinificazione<br />

senza solfiti aggiunti, e, sempre più sovente, sottopone il<br />

terreno alle procedure di conversione al metodo dell’agricoltura<br />

biologica, quando già non la pratica.<br />

A parte la fiera più conosciuta a livello internazionale e le<br />

molte manifestazioni su tutto il territorio, innumerevoli sono<br />

gli eventi dedicati al vino. Incontri in cantina, corsi, seminari<br />

sono organizzati da vari movimenti e associazioni che promuovono<br />

la cultura del bere di qualità; il culmine della celebrazione<br />

a tutti i livelli si è avuto in periodo di Expo Milano,<br />

dove anche il vino ha rappresentato l’orgoglio del made in<br />

Italy. La chiusura di questo numero di <strong>Ecoideare</strong> corrisponde<br />

al periodo della vendemmia in quasi tutte le regioni. Secondo<br />

gli esperti, il 2015, per la viticoltura e l’enologia, è da annoverare<br />

tra le annate memorabili, sia per quantità sia per qualità.<br />

Infatti la produzione supererà i 46 milioni di ettolitri contro i<br />

42 dell’anno passato (fonte: Assoenologi) e alla natura va il<br />

merito di aver regalato condizioni meteo ottimali che hanno<br />

portato a giusta maturazione le uve in tutte le regioni, senza<br />

malattie e parassiti. Dunque, citando il titolo di un recente<br />

film di successo, questa è un’ottima annata!<br />

In linea con il tema centrale di Expo, la difesa della biodiversità,<br />

e sull’onda di tanto successo del made in Italy enologico,<br />

è auspicabile un maggiore impegno nel percorso di recupero e<br />

di promozione dei vitigni antichi valorizzandone il carattere di<br />

tipicità e salubrità che li contraddistingue. Il valore della biodiversità<br />

passa innanzitutto attraverso l’educazione ambientale<br />

e la riscoperta di culture antiche che la storia ci narra; ne è di<br />

esempio l’ultima, recentissima, scoperta dei semi di malvasia<br />

e vernaccia che risalgono a tremila anni fa, recuperati vicino<br />

a un nuraghe in Sardegna. La vite ha una storia antichissima.<br />

Coltivata in Oriente, nel Mediterraneo occidentale si diffuse<br />

grazie ai Fenici e successivamente ai Romani. Oggi le analisi<br />

di laboratorio ci permettono di ricostruire l’affascinante storia<br />

di questo antico vitigno.<br />

L’Italia è terra di vini, in ogni zona c’è una vigna dove si producono<br />

vini diversi, spesso rari e soprattutto unici per caratteristiche<br />

organolettiche. Negli ultimi vent’anni il mercato globalizzato<br />

ha portato a coltivare poche varietà internazionali<br />

dimenticando i vitigni tipici locali. I grandi vini sono per la<br />

maggior parte autoctoni (cito alcuni tra i rossi più conosciuti,<br />

solo per esempio: Aglianico, Dolcetto, Montepulciano, Nebbiolo,<br />

Negroamaro, Nero d’Avola, Sangiovese). Negli ultimi<br />

anni i vini che si ottengono da vitigno antico locale rappresentano<br />

un patrimonio tipicamente italiano per le centinaia di varietà<br />

di vitigni presenti in ogni regione che, se non recuperati<br />

e coltivati, sarebbero a rischio di estinzione. I vini da varietà<br />

locali rare che si producono nonostante la produzione sia ancora<br />

limitata, si fanno sempre più apprezzare. L’offerta diversificata<br />

è trainante dello sviluppo della vitivinicoltura italiana.<br />

Infatti già con i 355 vitigni tradizionali locali classificati l’Italia<br />

ha il primato mondiale per varietà e altre 1000 attendono di<br />

essere studiati: una ricchezza economica e culturale. La loro<br />

storia ci racconta il territorio e rappresenta un potenziale d’eccellenza<br />

tutto da sviluppare.<br />

ALIMENTAZIONE<br />

24 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

25


L’INTERVISTA A LUIGI DE CARO<br />

“Il vino è il canto della terra verso il cielo.”<br />

Sulle orme di Gino Veronelli.<br />

In questo excursus sul fenomeno sociale del vino sento l’obbligo<br />

morale di ricordare Luigi Veronelli. Per la sua umanità<br />

e la sua poesia, per le sue battaglie a favore dei contadini e<br />

contro l’agroindustria globalizzata, per il valore culturale e<br />

sociale che ha dato al vino prima e più di ogni altro e per lo stile<br />

con cui lo decantava. Ho avuto l’onore di conoscere il maestro<br />

che oltre ad un grande vuoto, ha lasciato un’eredità per tutti coloro<br />

che si approcciano al mondo del vino, che voleva naturale<br />

e sostenibile.<br />

Luigi (Gino) Veronelli amava i vini perché raccontano il terroir<br />

e la storia dell’uomo ad esso intrecciata, una specificità di valori<br />

e di pratiche tradizionali antagoniste all’omologazione (che fa<br />

rima con globalizzazione) che stava snaturando il patrimonio<br />

vitivinicolo italiano, oggi riscoperto. A Lui si sono ispirati i cultori<br />

del vino negli ultimi decenni, a Lui si deve il nuovo linguaggio<br />

fatto di neologismi ed espressioni (per esempio: “vino<br />

da meditazione”) oggi utilizzato da tutti gli enologi e non solo.<br />

frutti in quella zona; se l’esperienza affonda le radici nei secoli,<br />

si può parlare di vitigno autoctono, originario del territorio.<br />

E in realtà è lo stesso legislatore ad aver recepito e promosso<br />

l’idea della qualità legata alla tipicità territoriale (in relazione<br />

a specifici vitigni, elencati nei disciplinari di produzione): l’intero<br />

sistema delle denominazioni d’origine (DOP, che include<br />

DOC e DOCG), infatti, è imperniato su questa idea della qualità,<br />

legata alla tipicità territoriale.<br />

A mio parere, quindi, qualificare un vino come “espressione<br />

del territorio” denota una tendenza molto positiva, anche se è<br />

vero che le espressioni linguistiche si logorano e si svuotano di<br />

senso se abusate o usate come semplici cliché (è un fenomeno<br />

comune a tutti i valori, non solo ai valori linguistici: quando il<br />

valore non è accompagnato da una più o meno forte intenzionalità<br />

soggettiva, l’espressione portatrice di valore, ad esempio<br />

“giustizia”, diventa un veicolo vuoto; i valori si testimoniano<br />

meglio con l’esempio, che non declamandoli).<br />

ALIMENTAZIONE<br />

Luigi De Caro è filosofo e analista sensoriale.<br />

A lui chiedo la sua opinione attraverso tre domande.<br />

NS: “Espressione del territorio” oggi descrive il vino di qualità,<br />

tanto più se proviene da vitigno autoctono, tradizionalmente<br />

coltivato nel territorio. Questo rapporto così spesso<br />

richiamato tra qualità e territorialità è autentico o rischia di<br />

diventare un mero luogo comune?<br />

LDC:<br />

Un vino è “espressione del territorio” quando possiede caratteri<br />

tipici che lo distinguono da vini fatti altrove. La locuzione è<br />

diventata sinonimo di vino di qualità perché più il vino è tipico,<br />

definito, riconoscibile, più si distingue da vini comuni o standardizzati,<br />

che potrebbero essere fatti dovunque (o con qualsiasi<br />

uva). Normalmente al “territorio” è associato anche uno (o<br />

più) specifico vitigno che l’esperienza ha mostrato dare buoni<br />

26<br />

Su questa idea di qualità si possono fare alcune considerazioni:<br />

la tipicità come criterio di indicazione della qualità funziona<br />

quanto più l’identità territoriale della denominazione è definita,<br />

ma non funziona quando l’ identità territoriale è indefinita,<br />

poiché troppo vasto è il territorio, o troppo diversa è l’interpretazione<br />

del vino con la medesima denominazione d’origine. A<br />

questo proposito, mi piace ricordare una mia recente esperienza<br />

professionale, a Milano, nei giorni di chiusura dell’ Expo,<br />

quando ho condotto la presentazione del vino laziale “Cesanese<br />

di Olevano Romano”, un vino antico, già bevuto dai Romani,<br />

e recentemente rilanciato nel panorama dei moderni vini di<br />

qualità. Ebbene, sono stato sorpreso dal constatare come dai 13<br />

esemplari assaggiati si potesse risalire a una nitida definizione<br />

dell’identità territoriale del vino, nonostante le consuete eccezioni<br />

che confermano la regola. La coerenza dell’interpretazione<br />

(ricerca di equilibrio e bevibilità di fronte a una elevata gradazione<br />

alcolica e a una struttura importante, che si esprime in<br />

Foto di Rita Camicia - Archivio Comune di Olevano Romano - Contest Cesanese<br />

profumi fruttati e floreali, con note speziate), pur nella diversità<br />

delle voci, come in un coro, che i produttori hanno voluto e saputo<br />

dare al vino, ha anche una precisa funzione strategica: la<br />

volontà e la capacità di fare gioco di squadra, supportate da un<br />

attento marketing territoriale, come mezzi di affermazione del<br />

vino italiano, anche sui mercati internazionali.<br />

NS: Nonostante la territorialità sia criterio di qualità, e nonostante<br />

l’Italia sia ricchissima di vitigni autoctoni, spesso<br />

rari e ancora poco conosciuti, però non si vede ancora un<br />

movimento collettivo che vada nella direzione di valorizzare<br />

i gusti particolari, territoriali, originali. Molti seguono la<br />

strada più facile del gusto omologato, di moda? Che ruolo<br />

ha la comunicazione a tal proposito?<br />

LDC:<br />

Non è solo colpa della comunicazione. La comunicazione più o<br />

meno riflette il peso degli interessi della società, e quindi, vi si<br />

trova un po’ di tutto, in positivo e in negativo. Una lacuna a mio<br />

parere assai grave, e che mi preme segnalare, concerne il<br />

cosiddetto vino quotidiano, o altrimenti i vini della fascia<br />

sotto i 5 euro di prezzo al consumo (ma il discorso vale<br />

anche, sia pure qui con diverse eccezioni, per la fascia<br />

sotto gli 8 euro). Stando a ciò che si legge, e si sente,<br />

essi sembrano non esistere, non appartenere all’area<br />

del vino di qualità, per non parlare del vino sfuso, la<br />

cui immagine è rimasta quella del vino dozzinale, precedente<br />

alla rivoluzione qualitativa alla quale ti riferisci<br />

nell’articolo. Ma questa cancellazione mediatica è<br />

assurda: si trovano, a saperli cercare, prodotti sotto i<br />

5 euro non lontani dall’eccellenza, almeno per rapporto<br />

qualità/prezzo.<br />

La comunicazione si concentra piuttosto sui vini di punta, sui<br />

top wine, intensi, concentrati, strutturati, lunghi, persistenti,<br />

quasi che avere tanti muscoli sia l’unica condizione per<br />

aspirare all’eccellenza. Davvero un errore di prospettiva<br />

grossolano! La comunicazione fa passare il messaggio:<br />

Foto di Laurentiu Mitruti - Archivio Comune di Olevano Romano - Contest Cesanese<br />

più strutturato = più costoso = più buono. E spesso semplifica<br />

ulteriormente: più costoso = più buono. Falso!<br />

Lo stesso Veronelli aveva provato ad opporsi a questo sofisma<br />

di spacciare per “buono” ciò che è “costoso”: l’idea di riportare<br />

in etichetta il “prezzo sorgente” andava in questa direzione,<br />

anche se mirava a tutelare, oltre che il consumatore finale,<br />

anche i piccoli produttori vitivinicoli, cercando di ripartire in<br />

modo ad essi più vantaggioso il valore aggregato della domanda<br />

di quel prodotto. Personalmente, ricordo che qualche anno<br />

fa, ad una fiera presso il Centro sociale Leoncavallo di Milano,<br />

si potevano fare acquisti al prezzo sorgente, e acquistai<br />

un ottimo Amarone ad 11 euro, cioè circa un terzo del prezzo<br />

a cui normalmente viene venduto (con quel budget, ne avrei<br />

acquistati tre).<br />

Così, grazie alla complicità della comunicazione, i vini più<br />

leggeri, più semplici, di “pronta beva”, che si abbinano meravigliosamente<br />

alla cucina quotidiana, sono considerati vini<br />

“base”, cioè di minor pregio, mentre vi sono vini che sono autentici<br />

gioielli, pur non rincorrendo una struttura imponente<br />

(solo per fare un esempio, il Ruché di Castagnole Monferrato<br />

è una piccola DOC, che si presenta al pubblico in un’unica<br />

versione: non vi sono, almeno a mia conoscenza, produttori<br />

che presentano versioni base, e riservano la migliore<br />

qualità per versioni di eccellenza, superconcentrate). A<br />

farne le spese è stato anche il settore dei rosati (e in<br />

parte il discorso vale anche per i bianchi) che, a differenza<br />

di quel che avviene in Francia, quasi mai sono<br />

considerati dal produttore come top wine dell’azienda,<br />

ma come vini semplici, destinati soltanto a una piccola<br />

nicchia di consumatori, prevalentemente femminile.<br />

Eppure, come da alcune parti si inizia a capire, non è impossibile<br />

indirizzare le risorse, sia nella ricerca, sia nella<br />

produzione, verso la creazione di vini “facili di eccellenza”,<br />

locuzione che purtroppo oggi sembra un ossimoro, proprio a<br />

causa del martellamento mediatico a cui siamo sottoposti.<br />

E proprio questo dovrebbe essere l’ obiettivo strategico<br />

27


del vino italiano: valorizzare le qualità tipiche dei vitigni autoctoni,<br />

secondo le loro potenzialità, che si esprimono al meglio<br />

a volte in vini di struttura, come ad esempio l’Amarone della<br />

Valpolicella, o il Sagrantino di Montefalco, a volte invece in<br />

vini più leggeri, come la Schiava dell’Alto Adige, o i vari Lambruschi<br />

emiliani. Queste ultime considerazioni ci permettono di<br />

riconoscere che, come dicevo all’inizio, non è solo colpa della<br />

comunicazione: in ogni parte del mondo del vino, dai produttori<br />

ai consumatori, dai politici ai tecnici, c’è chi ritiene opportuno<br />

trascurare una visione strategica, e si limita a seguire le mode<br />

del momento. Esempio saliente mi sembra essere la moda del<br />

legno, oggi per fortuna declinante: ancora oggi troppi vignaioli<br />

e enologi italiani ritengono che per fare un vino vincente ci<br />

si debba omologare ai modelli di gusto imposti dalla comunicazione<br />

internazionale, imitando quei pochi vini che vengono<br />

celebrati come “icone”: nascono così migliaia di “vinoni”, più<br />

o meno buoni, ma sicuramente poco territoriali (e molto costosi).<br />

Contro questa tendenza, si dovrebbero seguire le orme di<br />

Gino Veronelli, verso una enologia più democratica (nel senso<br />

anche di meno individualistica) in grado di offrire le tantissime<br />

eccellenze del patrimonio viticolo italiano al maggior numero<br />

possibile di consumatori, o più semplicemente di persone.<br />

NS: Al di là del fatto che le espressioni linguistiche impiegate<br />

per descrivere i vini sembrano a volte essere ripetute come<br />

vuoti rituali, la degustazione coinvolge e produce sensazioni<br />

profonde. Possiamo dire che il vino richiama una “filosofia<br />

delle emozioni”?<br />

LDC:<br />

Non c’è dubbio che il vino racchiuda un forte potenziale emozionale,<br />

ma questo potenziale spesso viene perduto quando il<br />

vino viene bevuto con superficialità, e spesso anche quando lo<br />

si esamina con attenzione e competenza, allo scopo di misurarne<br />

la qualità.<br />

La mia tesi di Master in Scienze dell’Analisi Sensoriale partiva<br />

proprio dalla constatazione di questa deficienza: analisti sensoriali<br />

e tecnici degustatori rischiano di sacrificare il potenziale<br />

emozionale del vino sull’altare della ricerca di una misurazione<br />

quanto più possibile oggettiva delle qualità del prodotto.<br />

Nella tesi, ho tentato allora di misurare l’impatto emozionale<br />

del vino, mediante il rilevamento di descrittori emozionali in<br />

tre gruppi differenti di assaggio. Ebbene, il gruppo dei consumatori<br />

non qualificati, sollecitati dall’ascolto di brani musicali<br />

appositamente selezionati, ha avuto risultati statisticamente<br />

molto più significativi dei due gruppi di assaggiatori tecnici,<br />

che avevano degustato senza l’ausilio emotigeno della musica.<br />

Il vino è un oggetto straordinario, che riunisce in sé misteriosamente<br />

aspetti dell’artefatto, e dell’opera d’arte, oltre che<br />

della creatura vivente, e richiede pertanto un approccio integrale,<br />

che sappia coglierne l’anima, oltre che il corpo, come<br />

per una bella donna, per riprendere una brillante e suggestiva<br />

immagine di Gino Veronelli: “i vini sono come le belle donne,<br />

differenti, misteriosi e volubili, e come una donna va preso.<br />

Comincia sempre col rifiutarsi con garbo o villania, secondo<br />

il temperamento e si concede solo a chi aspira alla sua anima,<br />

oltre che al suo corpo. Apparterrà a colui che la scoprirà con<br />

delicatezza”.<br />

Foto di Elena Pucci - Archivio Comune di Olevano Romano - Contest Cesanese<br />

Nella mia precedente collaborazione su <strong>Ecoideare</strong>, avevo suggerito<br />

l’espressione “Enologia profonda” (con un calco su ecologia<br />

profonda), per denotare questo approccio integrale, che<br />

sia in grado di includere anche gli aspetti profondi, emozionali.<br />

In enologia profonda occorre andare al di là della categorizzazione<br />

ordinaria, di senso comune, che intenziona il vino come<br />

un mero “oggetto”, occorre togliersi gli occhiali della vita quotidiana,<br />

che vedono nel mondo solo delle mute cose, manipolate<br />

da una ragione calcolante e misurante, e, invece mettersi in<br />

contatto con l’anima delle cose, come fanno i poeti, i musicisti,<br />

gli artisti, che sanno dare forma alle energie creatrici, alle quali<br />

tutti gli esseri viventi sono imparentati. Sono le energie creatrici<br />

presenti nelle creature viventi, a cui i grandi vini sanno dare<br />

espressione. Sulle potenzialità espressive del vino insisteva uno<br />

dei padri fondatori dell’enologia profonda, Luigi Veronelli, che<br />

scriveva: “Il vino è il canto della terra verso il cielo. Il rapporto<br />

con il vino è un rapporto fra due soggetti. Il suo fascino è che<br />

ha una sua capacità autonoma, che non è condizionata da me,<br />

io mi metto nei suoi confronti in un rapporto dialettico, come<br />

con un ente vivente. Il vino a me dà piacere non per quello che<br />

io sento, ma per quello che mi sembra esprimere”.<br />

Il vino esprime qualcosa al di là dei suoi caratteri organolettici.<br />

Qui entrano in scena le emozioni: quando riusciamo a squarciare<br />

il velo della vita quotidiana, entriamo in un mondo poetico<br />

di significati, armonie e corrispondenze che ci emozionano.<br />

A titolo di esempio si pensi a una speciale emozione, generata<br />

dall’idea stessa di vino, che si potrebbe chiamare “emozione<br />

cosmica”, e che viene evocata dalla vite e dal vino in quanto<br />

simboli di trasformazione, di rinascita, di rigenerazione della<br />

vita. La forza universale del vino, la sua funzione cosmica consiste<br />

nell’essere un medium tra l’oro del sole, che penetra a<br />

fiotti nel grappolo in maturazione, e il sangue, vivida rossa sostanza<br />

che esprime la quintessenza della vita animale (cfr. Gaston<br />

Bachelard, La terra e il riposo. Le immagini dell’intimità,<br />

1948, pp. 277-284). Credo che tutti abbiano notato almeno una<br />

volta che un vino bevuto in cantina, vicino alle vigne, nel suo<br />

territorio di nascita, sembra più buono, forse proprio perché lì<br />

è più facile che si accenda questa speciale emozione cosmica:<br />

quando il vino inizia a circolarci nelle vene, sentiamo che il diaframma<br />

che ci separa dal cosmo a poco a poco cede, entriamo<br />

in sintonia con i ritmi della natura, fino a fonderci in unione<br />

quasi mistica con il creato: il vino si fa ebbrezza!<br />

L’ambiente della degustazione, quindi, può facilitare il gioco<br />

delle emozioni. Si tratta di immaginare spazi dove i nostri organi<br />

di senso vengono sciolti dai condizionamenti pratico-utilitari<br />

propri della vita quotidiana e si abbandonano fiduciosi alla<br />

esperienza emozionale.<br />

Anche le sinestesie, cioè le associazioni che la nostra mente<br />

è in grado di operare tra modalità sensoriali differenti, possono<br />

aiutare a sintonizzarsi con l’anima di un vino. Classica<br />

è ormai l’associazione del vino con la musica. Estremamente<br />

interessante e raffinato è il tentativo di rinnovamento recentemente<br />

operato dal critico cinematografico Marco Lombardi<br />

con l’invenzione della “Cinegustologia”, che mette in parallelo<br />

le sensazioni e emozioni evocate dal cinema con quelle dei cibi<br />

e dei vini. Ecco come lui stesso introduce la Cinegustologia:<br />

“M’è allora venuto in mente uno di quei giochi che facevamo<br />

da ragazzini, e cominciava più o meno così: “Se Pinco Pallino<br />

fosse un albero, che albero sarebbe?” “E se fosse un colore?”,<br />

fino a quando s’indovinava a quale compagno di giochi ci si<br />

stava riferendo. Era un modo sinestetico e irrazionale, e forse<br />

più profondo, per raccontare Pinco Pallino, invece di dire<br />

che è alto, ha i capelli neri ed è simpatico. Partendo poi dalla<br />

considerazione che spesso, come conseguenza di quest’istintualità,<br />

descriviamo un film come duro, acido, morbido, amaro,<br />

dolce, ruvido e profumato, proprio come se fosse qualcosa da<br />

bere o da mangiare, ecco che l’associare liberamente un film a<br />

un piatto o a un vino, e viceversa, può costituire un modo più<br />

autentico per raccontare agli altri, e anche a noi stessi, le emozioni<br />

indotte da quel tipo d’opera d’arte (perché sia i film, sia<br />

i vini, sia i piatti, lo sono… almeno dovrebbero)”. http://www.<br />

cinegustologia.it/cinegustologia.html<br />

Suggerisco un altro modo di sfruttare le associazioni sinestesiche<br />

per cercare di esplorare le potenzialità emozionali di un<br />

vino: si tratta di immaginare il vino come un volto, esattamente<br />

come noi facciamo quando vediamo per la prima volta una<br />

persona: istintivamente ne esaminiamo il volto, ne riceviamo<br />

un’impressione, e più o meno consciamente intuiamo il carattere<br />

e la profondità della persona. Così anche per il vino<br />

dovremmo riuscire a intuire, dietro il suo tessuto superficiale,<br />

nelle pieghe della sua trama gusto-olfattiva, mediante uno<br />

sguardo d’insieme, sintetico, non analitico, l’anima del vino:<br />

si potranno così trovare vini sbarazzini, spensierati, allegri, o<br />

rassicuranti, profondi, interiori, vini sorprendenti, provocatori,<br />

vini danzanti, epici, e così via. La visione interiore dell’anima<br />

interroga e ascolta la trama di ritmi liquidi e armonie odorose,<br />

ne prova risonanze, ripercussioni sentimentali, richiami del<br />

nostro passato. L’immagine olfattiva del vino ci ha toccato in<br />

profondità, le nostre risorse emozionali sono state scosse.<br />

Propongo un’esperienza, più o meno ludica, facilmente realizzabile,<br />

per sfruttare le sinestesie “vino-viso”: si provi ad<br />

associare ogni vino ad un volto, scorrendo una galleria di immagini:<br />

chissà che un giorno non ci imbattiamo in un vino che<br />

sembra il nostro ritratto… “quel vino sono io”! E speriamo che<br />

quel vino sia buono… ■<br />

(*) Luigi De Caro<br />

Laurea in Filosofia del Diritto,<br />

Master in Scienze dell’Analisi Sensoriale.<br />

Progettista di eventi ispirati alla “enologia profonda”.<br />

Ha ideato e condotto “ENOZIONI”,<br />

Laboratorio di sensazioni eno-musicali,<br />

in Lombardia e Piemonte (2006-2007).<br />

Ha già collaborato con <strong>Ecoideare</strong>.<br />

ALIMENTAZIONE<br />

28<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015 29


I PARCHI IN ITALIA<br />

TRA PRESENTE<br />

E FUTURO<br />

DARIO FURLANETTO<br />

Laureato in Scienze Biologiche, iscritto<br />

all’Ordine Nazionale dei Biologi, nel<br />

1987 viene nominato Direttore del Parco<br />

regionale lombardo della Valle del Ticino<br />

fino al 2010. Attualmente Direttore del<br />

Parco regionale dell’Adamello lombardo è<br />

autore di progetti e pubblicazioni di ricerca<br />

e divulgazione in materia ambientale.<br />

AMBIENTE E TERRITORIO<br />

Intervista di Dario Sonetti<br />

a Dario Furlanetto<br />

Direttore del Parco Regionale dell’Adamello<br />

Il Castello di Breno con lo sfondo del Pizzo Badile camuno<br />

Il Parco dell’Adamello, indicatore emblematico?<br />

Il Parco dell’Adamello, indicatore emblematico?<br />

Il sistema dei Parchi in Italia è a un punto critico, tra rivisitazione<br />

della loro funzione e scarsità cronica di mezzi. A ciò<br />

Il sistema dei Parchi in Italia un punto critico, tra rivisitazione<br />

della loro funzione scarsità cronica di mezzi. ciò<br />

si somma una minor attenzione ai problemi della conservazione<br />

si somma una minor attenzione ai problemi della conservazione<br />

degli ecosistemi e della biodiversità da parte delle Istituzioni,<br />

degli ecosistemi della biodiversità da parte delle Istituzioni,<br />

messi in secondo piano da altri tipi di emergenze nazionali. Dobbiamo<br />

essere pessimisti o i Parchi possono continuare ad offrire<br />

messi in secondo piano da altri tipi di emergenze nazionali. Dobbiamo<br />

essere pessimisti Parchi possono continuare ad offrire<br />

una loro indispensabile funzione?<br />

una loro indispensabile funzione?<br />

Lo chiediamo al Direttore di un Parco Regionale tra i più belli<br />

Lo chiediamo al Direttore di un Parco Regionale tra più belli<br />

e interessanti dell’Arco Alpino, il Parco dell’Adamello, che in<br />

interessanti dell’Arco Alpino, il Parco dell’Adamello, che in<br />

questa prospettiva può dare utili indicazioni.<br />

questa prospettiva può dare utili indicazioni.<br />

D.: Dottor Furlanetto, se per un parco vi è un presente e si<br />

D.: Dottor Furlanetto, se per un parco vi un presente si<br />

spera, un futuro, è perché c’è stato un passato. Quando è stato<br />

spera, un futuro, perché c’è stato un passato. Quando stato<br />

creato il Parco dell’Adamello e con quali intenzioni o aspirazioni?<br />

Quali sono le emergenze naturalistiche e storiche più<br />

creato il Parco dell’Adamello con quali intenzioni aspirazioni?<br />

Quali sono le emergenze naturalistiche storiche più<br />

interessanti?<br />

interessanti?<br />

R.: Il Parco dell’Adamello nasce nel 1983 insieme ad altri Parchi<br />

regionali lombardi, contestualmente alla “Legge Quadro”<br />

R.: Il Parco dell’Adamello nasce nel 1983 insieme ad altri Parchi<br />

regionali lombardi, contestualmente alla “Legge Quadro”<br />

che la Regione Lombardia emanò, la LR 86/83, per istituire un<br />

che la Regione Lombardia emanò, la LR 86/83, per istituire un<br />

“Sistema di Aree Protette”.<br />

“Sistema di Aree Protette”.<br />

Questo “sistema” ad oltre 30 anni dalla sua emanazione “regge”,<br />

Questo “sistema” ad oltre 30 anni dalla sua emanazione “regge”,<br />

ma sicuramente necessita di un restauro tutt’altro che di facciata.<br />

ma sicuramente necessita di un restauro tutt’altro che di facciata.<br />

Per quanto concerne le intenzioni, il legislatore regionale ed un<br />

Per quanto concerne le intenzioni, il legislatore regionale ed un<br />

poco di anni dopo anche il legislatore nazionale (Legge Quadro<br />

Nazionale sui Parchi – L.394/1991) puntavano soprattutto<br />

poco di anni dopo anche il legislatore nazionale (Legge Quadro<br />

Nazionale sui Parchi L.394/1991) puntavano soprattutto<br />

a dare una alternativa di funzioni (tutela di ambiente, paesaggio<br />

dare una alternativa di funzioni (tutela di ambiente, paesaggio<br />

e natura) soprattutto in chiave economica, a quelle popolazioni<br />

natura) soprattutto in chiave economica, quelle popolazioni<br />

che erano rimaste ai margini dello sviluppo che aveva investito<br />

che erano rimaste ai margini dello sviluppo che aveva investito<br />

e stravolto il Paese nel secondo dopoguerra. Un forte movimen-<br />

stravolto il Paese nel secondo dopoguerra. Un forte movimento<br />

ambientalista, sostenuto dall’opinione pubblica, pretendeva<br />

to ambientalista, sostenuto dall’opinione pubblica, pretendeva<br />

i Parchi come alternativa alla distruzione e al degrado che av-<br />

Parchi come alternativa alla distruzione al degrado che avveniva<br />

più meno dappertutto in nome di uno sviluppo senza<br />

veniva più o meno dappertutto in nome di uno sviluppo senza<br />

limiti. Il legislatore coglieva così due piccioni con una fava: si<br />

limiti. Il legislatore coglieva così due piccioni con una fava: si<br />

rispondeva ad una opinione pubblica sempre più indisposta a<br />

rispondeva ad una opinione pubblica sempre più indisposta sopportare degrado e inquinamento e si poneva una alternativa<br />

sopportare degrado inquinamento si poneva una alternativa<br />

di sviluppo – oggi diremmo “sostenibile” – ad aree marginali e<br />

di sviluppo oggi diremmo “sostenibile” ad aree marginali a popolazioni emarginate dal tumultuoso sviluppo economico di<br />

popolazioni emarginate dal tumultuoso sviluppo economico di<br />

quegli anni. Ovviamente da questa descrizione fanno eccezione<br />

quegli anni. Ovviamente da questa descrizione fanno eccezione<br />

alcune aree, ma per la maggior parte queste erano le motivazioni<br />

di fondo dell’istituzione delle Aree Protette negli anni ’70<br />

alcune aree, ma per la maggior parte queste erano le motivazioni<br />

di fondo dell’istituzione delle Aree Protette negli anni ’70<br />

– ’80. Alle stesse motivazioni rispondeva l’istituzione del Parco<br />

’80. Alle stesse motivazioni rispondeva l’istituzione del Parco<br />

Adamello. La disaffezione verso le Aree Protette che è seguita<br />

Adamello. La disaffezione verso le Aree Protette che seguita<br />

fa il pari, a mio avviso, con tre elementi concomitanti: primo,<br />

fa il pari, mio avviso, con tre elementi concomitanti: primo,<br />

una forte crescita della sensibilità ambientale che ha fatto si che<br />

una forte crescita della sensibilità ambientale che ha fatto si che<br />

rispetto agli anni ‘50 – ‘80 del secolo scorso la gente non si<br />

rispetto agli anni ‘50 ‘80 del secolo scorso la gente non si<br />

accontenta più delle sole Aree Protette chiedendo, giustamente,<br />

accontenta più delle sole Aree Protette chiedendo, giustamente,<br />

maggiore attenzione a tutto il territorio; secondo, un maggiore<br />

maggiore attenzione tutto il territorio; secondo, un maggiore<br />

controllo dei fattori inquinanti e quindi una crescita generalizzata<br />

della “coscienza” ambientalista ed infine, la crisi economica<br />

controllo dei fattori inquinanti quindi una crescita generalizzata<br />

della “coscienza” ambientalista ed infine, la crisi economica<br />

degli ultimi dieci anni che ha dirottato le risorse economiche su<br />

degli ultimi dieci anni che ha dirottato le risorse economiche su<br />

altri temi, quasi sempre “urbani”, relegando ancora una volta<br />

altri temi, quasi sempre “urbani”, relegando ancora una volta<br />

le aree rurali e quindi quasi tutti i Parchi, ai margini del sistema<br />

le aree rurali quindi quasi tutti Parchi, ai margini del sistema<br />

economico e sociale nazionale.<br />

economico sociale nazionale.<br />

Dal punto di vista geografico il Parco Regionale dell’Adamello<br />

è situato nel cuore della catena alpina, nelle Alpi Retiche e<br />

Dal punto di vista geografico il Parco Regionale dell’Adamello<br />

situato nel cuore della catena alpina, nelle Alpi Retiche comprende tutto il versante lombardo del gruppo dell’Adamello,<br />

comprende tutto il versante lombardo del gruppo dell’Adamello,<br />

nella porzione nord-occidentale della Valle Camonica; il versan-<br />

nella porzione nord-occidentale della Valle Camonica; il versan-<br />

30 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

31


te orientale del gruppo adamellino è anch’esso Parco, ma gestito<br />

dalla Provincia autonoma di Trento e prende il nome di “Parco<br />

Naturale Adamello – Brenta”. Il Parco Regionale dell’Adamello<br />

lombardo con 510 kmq circa di superficie è la più estesa<br />

area protetta della Provincia di Brescia e custodisce il più ampio<br />

ghiacciaio italiano, vasto – secondo le più recenti stime - circa<br />

16 kmq. Gli oltre 3.000 metri di dislivello – dai 390 metri di<br />

quota minima ai 3.539 metri di Cima Adamello - l’esposizione<br />

della valle a sud verso il Lago d’Iseo con il suo clima mediterraneo,<br />

la complessità geologica che caratterizza la compagine<br />

montuosa, danno vita a un’ampia varietà di ecosistemi. La ricchezza<br />

floristica è notevole, con una elevata presenza di specie<br />

rare ed endemiche. La fauna è molto ricca ed è tipicamente alpina.<br />

Tra i mammiferi si possono incontrare lo stambecco, il camoscio,<br />

il cervo, il capriolo, l’ermellino, la marmotta e da alcuni<br />

anni è assodato il ritorno dell’orso bruno. Tra gli uccelli, l’aquila<br />

reale, il gufo reale e il Grifone costituiscono le eccellenze della<br />

nostra fauna ornitica.<br />

D.: Dal sito del parco (www.parcoadamello.it) si ha l’impressione<br />

di un parco con una notevole attività e molte iniziative.<br />

Trovano queste una corrispondenza e un interesse nella utenza?<br />

Quanti visitatori può vantare e si può fare una loro categorizzazione?<br />

L’evento di Expo ha visto un maggior afflusso di<br />

visitatori anche nel parco?<br />

R.: La vitalità del Parco si riflette anche nel web. La sezione<br />

news del sito viene aggiornata costantemente grazie all’inserimento<br />

di iniziative di interesse pubblico promosse direttamente<br />

dal Parco stesso e dalle sue tre “Case del Parco”. Per aumentare<br />

la portata di traffico sul sito e per raggiungere un pubblico sempre<br />

più numeroso e diversificato, ai sistemi di interazione “tradizionale”<br />

quali la newsletter, sono stati affiancati i principali<br />

canali social media (Facebook, Twitter, Youtube, Instagram e<br />

Pinterest) che ci consentono anche di monitorare e “ascoltare”<br />

la rete, raccogliendo preziosi spunti per le attività future. Dal<br />

punto di vista quantitativo, abbiamo da poco abbattuto il muro<br />

del milione di pagine viste nei 10 anni di vita del sito.<br />

Osservando le statistiche di accesso nel corso degli anni, è evidente<br />

che sia in atto un trend di crescita costante, con evidenti<br />

picchi di traffico in corrispondenza del periodo estivo. Confrontando<br />

i dati di quest’anno (2015) con quelli degli anni passati,<br />

si nota l’apice di accessi registrato nel mese di agosto: +44%<br />

rispetto allo stesso mese dello scorso anno. L’incremento di traffico<br />

rispetto al passato, seppur senza i picchi citati, accomuna<br />

tutto il periodo estivo appena trascorso; dai semplici dati estrapolare<br />

l’elemento determinante non è facile, ma possiamo dedurre<br />

che nel 2015 l’accoppiata EXPO e condizioni meteo favorevoli<br />

abbiano trainato notevolmente questa crescita. Gli utenti<br />

giungono sul sito del Parco dell’Adamello dopo aver interrogato<br />

i motori di ricerca con le seguenti parole chiave: “Parco Adamello”,<br />

“Adamello”, “Rifugi Adamello” e “Alta via dell’Adamello”.<br />

A tal proposito, grazie ad alcuni accorgimenti SEO, per<br />

le key words “Parco Adamello” e “Adamello” il nostro sito ha<br />

raggiunto un’indicizzazione Google migliore rispetto ai vicini<br />

dell’Adamello Brenta. Cercando di effettuare una categorizzazione<br />

geografica, l’utenza predominante è quella nazionale, seguita<br />

da quella tedesca, svizzera e statunitense. Scomponendo i<br />

dati nazionali, scopriamo che i principali bacini di provenienza<br />

degli accessi sono le grandi aree urbane del nord e centro Italia,<br />

qui elencate in ordine decrescente: Milano, Roma, Brescia<br />

e Firenze. Con i dati sopra elencati, l’identikit del nostro utente<br />

digitale tipo è abbozzato. Ora, la vera sfida sta nel convertire<br />

queste visite online in visite reali sul nostro territorio. Alcune rapide<br />

osservazioni: i nostri utenti sono giovani, provengono dalle<br />

aree urbane e chiedono trekking, alpinismo, natura, paesaggio<br />

e vogliono risposte organizzative chiare a queste domande. Noi<br />

cerchiamo di darle, ma temo che la Valle Camonica, in molte<br />

sue componenti sociali, economiche, politiche e culturali, non<br />

I ruderi dell’”Ospedale” risalenti alla prima guerra mondiale,<br />

presso le sorgenti del Caffaro<br />

abbia ancora capito di quale potenziale tesoro può disporre e non<br />

sappia valorizzare adeguatamente le risorse “natura” e “paesaggio”.<br />

Un esempio: per dare risposta alla domanda di turismo<br />

in montagna occorre innanzitutto proporre percorsi, manutenere<br />

sentieri e segnaletica, rafforzare il ruolo dei rifugi, ristrutturare i<br />

bivacchi, organizzare all’accoglienza le malghe e i malgari. Bastano<br />

le forze del Parco Adamello per rispondere a tutti questi<br />

bisogni? E fuori Parco, chi risponde a queste domande?<br />

D.: Veniamo ora agli aspetti più spinosi e forse meno conosciuti<br />

dal pubblico, la situazione di molti parchi in Italia per<br />

certi versi è critica. E’ un problema di collocazione identitaria?<br />

E’ necessario ripensare alla loro funzione o è un problema di<br />

buona gestione in un contesto difficile e in questo caso quali<br />

sono le maggiori problematiche? Quali difficoltà incontra chi<br />

deve gestire un parco come il suo?<br />

R.: Alla complessa domanda serve una complessa risposta. Solo<br />

per quanto riguarda<br />

la prima affermazione,<br />

ovvero sulla<br />

evidente criticità del<br />

sistema nazionale<br />

delle aree protette,<br />

si può essere più o<br />

meno tutti d’accordo.<br />

Per quanto concerne<br />

gli altri aspet-<br />

Il lago d’Aviolo con sullo sfondo il gruppo dell’Adamello<br />

(Corno Gallinera e Corno di Val Rabbia<br />

ti, personalmente,<br />

non credo ci siano<br />

problemi di collocazione<br />

identitaria,<br />

né problemi di buona<br />

o cattiva gestione.<br />

Molti enti pubblici e privati in Italia sono caratterizzati da<br />

pessima gestione e non per ciò sono in crisi in quanto “sistema”<br />

(pensate alle cellule fondanti della nostra Nazione, i Comuni,<br />

alcuni gestiti malissimo ma non per questo messi in crisi nella<br />

loro totalità). Quello che invece mi pare sia in crisi, sia proprio<br />

la funzione che dovrebbero esercitare le Aree Protette. Ho già<br />

accennato nelle precedenti risposte, al fatto che la maggior parte<br />

dei Parchi italiani nascono come una reazione, da un lato all’evidente<br />

degrado ambientale di molte parti del territorio al quale<br />

si tentò demagogicamente di porre rimedio sottoponendo altre<br />

aree a vincoli ambientali più o meno stretti (dentro il Parco non<br />

si può fare … mentre fuori Parco …), dall’altra, utilizzando lo<br />

strumento Parco come una Istituzione che desse opportunità di<br />

sviluppo “sostenibile” (ma non sempre!) ad aree marginali ed<br />

escluse dal circuito economico “forte” che caratterizzava il Paese.<br />

Oggi, entrambe queste funzioni sono in crisi. I Parchi vanno<br />

reinterpretati per quello che sono: aree dove ambiente, natura,<br />

paesaggio, uomini, piante e animali devono trovare nuove forme<br />

di convivenza, devono costituire dei “Laboratori di buone pratiche”<br />

da esportare su tutto il territorio, affinché non ci siano più<br />

dei “dentro” e dei “fuori” ma prevalga una visione complessiva<br />

e in equilibrio tra azione e presenza umana e azione e presenza<br />

degli elementi naturali. Le Aree Protette, a mio avviso, se vogliono<br />

ancora avere un ruolo attivo nella società anche negli anni<br />

a venire, devono diventare capofila di una serie di Enti eccellenti<br />

che sperimentano nuove filiere di lavoro, di gestione territoriale,<br />

di pianificazione, di ricerca, di convivenza sociale e di sviluppo<br />

economico sostenibile. L’alternativa è la riduzione dei confini<br />

delle Are Protette a isole di naturalità assoluta, gestite anche da<br />

privati, magari con ingresso a pagamento - come molti già propugnano<br />

- perse in una matrice di ordinaria o pessima gestione<br />

degli elementi naturali. Quest’ultima ”visione” delle Aree Protette,<br />

cara a molti ambientalisti e che certamente non dispiace<br />

anche a molti propugnatori dello “sviluppo” senza limiti, decreterebbe<br />

la fine per lenta agonia dei Parchi ma rappresenterebbe<br />

anche le fine di una delle poche Istituzioni che in questo Paese<br />

si occupa di tutelare e gestire i “beni comuni”: paesaggio,<br />

elementi na- turali e primi tra questi le<br />

acque, beni demaniali,<br />

cultura, identità<br />

territoriale.<br />

D.: Come vede il<br />

futuro del Parco<br />

dell’Adamello e in<br />

genere dei Parchi<br />

in Italia? Quale<br />

invito si sente di<br />

dare alle Istituzioni<br />

che hanno potere e<br />

responsabilità decisionali?<br />

R.: Credo serva il<br />

coraggio di rifondare profondamente i Parchi, iniziando con lo<br />

smettere di pensare alle Aree Protette come ad “Isole di naturalità”<br />

ingessate nel loro ruolo puramente protezionistico o, per<br />

contro, pensate come agenzie di sviluppo territoriale tout court,<br />

una sorta di Pro Loco territoriale per far cassa vendendo natura<br />

e salamelle.<br />

D.: Per finire questa intervista, potrebbe elencare alcune prossime<br />

attività del Parco che siano anche un invito alla sua visita<br />

e conoscenza?<br />

R.: Continueremo con la “Fiera della Sostenibilità nella Natura<br />

Alpina”, manifestazione che coinvolge oramai da quattro anni,<br />

nel mese di giugno, l’intera Valle Camonica sui temi della tutela<br />

e gestione sostenibile delle risorse territoriali alpine, materiali<br />

e immateriali. Poi continueremo nella promozione e nella gestione<br />

delle nostre montagne: sentieri, rifugi, bivacchi, malghe e<br />

nell’aiutare chi ci vive. Vogliamo montagne vive e ricche di valori,<br />

non solo di natura e paesaggio ma anche di storia, cultura e<br />

orgoglio identitario. Tutto ciò senza dimenticare quanto asserito<br />

poc’anzi: tutela attiva, sperimentazione, sostenibilità. Mi piace<br />

chiudere ricordando la missione che, con i miei collaboratori,<br />

ci siamo dati e che contraddistingue il nostro lavoro nel e per il<br />

Parco: “Custodire la diversità della vita, consegnare al futuro<br />

l’identità delle comunità alpine”. ■<br />

AMBIENTE E TERRITORIO<br />

32<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

Uno stambecco tra le fioriture del Monte Listino<br />

33


Foto di Antonello Zappadu<br />

AMBIENTE E TERRITORIO<br />

I<br />

valori fondanti delle comunità della Sardegna,<br />

soprattutto di quelle piccole o piccolissime,<br />

sono l’ospitalità, la sincerità e schiettezza<br />

nei rapporti interpersonali, soprattutto con gli<br />

“stranieri” (termine con cui si indicano tutte le<br />

persone che non appartengono alla comunità stessa,<br />

perciò provenienti anche da altre regioni storiche<br />

dell’Isola).<br />

La gente dell’Isola è generalmente colta, parla un<br />

italiano corretto – talvolta al punto da stupire i propri<br />

interlocutori –, viaggia molto (un tempo alla<br />

ricerca di lavoro, oggi per diletto e per cercare uno<br />

scambio reciproco di saperi e cultura o per condividere<br />

valori) senza peraltro rinunciare all’uso<br />

della lingua sarda, ben lungi dal poter essere considerata<br />

un dialetto.<br />

La società sarda è fondata su valori antichi; la<br />

gente dei piccoli borghi è impregnata di energia<br />

vitale che le deriva dal mare, dal vento, dalla luce,<br />

dal silenzio mai vuoto, dagli alberi, dai nuraghe,<br />

dai pozzi sacri, dai dolmen, dalle pietre fitte. La<br />

gente di Sardegna è pervasa dal desiderio di condividere<br />

e scambiare quest’energia fluttuante e<br />

onnipresente, soprattutto nell’entroterra. Una musica<br />

trascina una moltitudine in un ballo tondo o<br />

a spirale: segni antichi di arcaici riti tramandati<br />

dall’era in cui si costruivano i nuraghe, pietra su<br />

pietra senza che ancora si sappia con certezza con<br />

quali strumenti e con quali tecniche.<br />

CULTURE E VALORI<br />

IN SARDEGNA<br />

di Andrea Alessandro Muntoni<br />

34<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

35


A governare la società dell’Isola di Sardegna erano, in principio,<br />

le donne: la regina, immagine della dea madre, era venerata<br />

dal popolo. La società era non belligerante, matrilineare e matrifocale:<br />

la discendenza arrivava dal seno materno, dall’utero<br />

fecondato dal vento, come si usava credere in antichità in quasi<br />

tutte le società sviluppatesi intorno al bacino del Mediterraneo.<br />

I riti religiosi, i miti, i simboli e segni di un’esistenza difficile<br />

ma piena, legata a un territorio a tratti aspro e inospitale ma<br />

sempre generoso con chi cerca l’essenziale, che è invisibile agli<br />

occhi ma non al cuore; sono questi i tratti caratteriali dei discendenti<br />

di un popolo antico, che continua a tramandare ai propri<br />

figli l’orgoglio di appartenenza.<br />

Paesini come Bortigali, in Provincia di Nuoro, sono l’emblema<br />

di un popolo antico che ama la danza, la musica, le corali, i<br />

riti sacri, la storia, la poesia, gli animali, la natura; 1380 anime<br />

accomunate da un fervore religioso di antica memoria guidato<br />

da tre confraternite attive, chiese in trachite rosa di semplice<br />

impianto che custodiscono tesori impalpabili, gruppi di cantori<br />

attivi che fanno vibrare corde di ineguagliabile profondità, uomini<br />

e cavalli a passeggio per le strette vie fanno risuonare il<br />

suono degli zoccoli, che si diffonde ovunque, insieme ad asini<br />

che ragliano sulla montagna e che fanno il verso a chi passa nei<br />

sentieri tracciati che conducono al monte Santu Padre, dove le<br />

rocce parlano ai viandanti.<br />

Pane pistoccu - cibo dei pastori – e carasau, vino, miele, formaggio,<br />

frutti di bosco, grano hanno alimentato generazioni<br />

di antichi sardi che continuano ad amare il cibo quale strumento<br />

per una convivialità che nutre l’anima, perché disinteressata.<br />

La Sardegna non è l’isola che raccontano i rotocalchi: le coste,<br />

durante l’autunno e l’inverno si spopolano e là dove credevi vi<br />

fosse la vita (mondana), rimane solo il silenzio. La vera Sardegna<br />

è altrove: nelle montagne dei pastori di pecore e capre<br />

come nei musei archeologici o etnografici, nelle biblioteche e<br />

nei centri culturali dell’entroterra dove si dibatte di archeologia<br />

mineraria e industriale.<br />

La Sardegna è una terra preziosa come i metalli che vi si coltivavano<br />

sino a pochi decenni orsono: piombo, zinco, argento<br />

e oro. A testimonianza di tali attività, che hanno dato vita ad<br />

architetture di pregevole valore, sono rimasti pozzi, gallerie, teleferiche,<br />

ponti, strade, dighe, palazzi, foresterie, alberghi che<br />

l’UNESCO ha ritenuto meritevoli di valorizzazione in quanto<br />

patrimonio non solo dei sardi ma dell’Umanità tutta.<br />

Dagli anni sessanta in poi del secolo scorso la cultura mineraria<br />

si sostituì, insieme a quella industriale, alla cultura agro – pastorale;<br />

con la chiusura delle grandi fabbriche e miniere del<br />

Sulcis - iglesiente, del Guspinese e del Nuorese, intere generazioni<br />

di persone dedite all’agricoltura, all’allevamento, all’artigianato,<br />

alla pesca e alla pastorizia iniziarono ad abbandonare i<br />

campi e i luoghi del sapere tradizionale, a sostituire le falci con<br />

le chiavi inglesi cosicché oggi la popolazione dell’Isola stenta<br />

a riprendere il filo di un percorso millenario di crescita culturale<br />

che sembra essersi, se non proprio spezzato, quanto meno<br />

sfilacciato.<br />

La ripresa dell’Isola passa per la riscoperta di antichi valori<br />

incentrati sulle persone, che devono tornare ad essere al<br />

centro dell’interesse della comunità (come avviene a Bortigali)<br />

nonché per il recupero di antichi saperi e tradizioni (locali ma di<br />

valore universale e in quanto tali condivisibili) che possano far<br />

riverberare all’esterno, oltre l’orizzonte marino, la luce di cui i<br />

sardi portano sempre, ovunque vadano, una fiammella.<br />

Questa è la Sardegna, l’Isola che non c’è. ■<br />

STILI DI VITA<br />

36 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

37


38<br />

L’ALCHIMIA DI<br />

UN GIARDINO<br />

LA DIMENSIONE NON È DETERMINANTE E SONO LE<br />

RELAZIONI FRA LE PARTI A TRASFORMARLO IN PARADISO.<br />

di Mario Allodi<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

"Un giardino è un’alchimia,<br />

un’ alchimia straordinaria<br />

fra pieni e vuoti, fra volumi e superfici,<br />

proporzioni armoniche e fra colori<br />

che si mantengono e colori che<br />

mutano o scompaiono."<br />

L’uomo ha sempre tratto dal mondo naturale ispirazione<br />

per ideare e realizzare opere d’arte e con grande immediatezza<br />

si è impegnato nell’arte dei giardini. Quest’arte<br />

in tutta la storia dell’umanità ha prodotto giardini che,<br />

direbbe Pietro Porcinai, grande paesaggista del secolo scorso,<br />

sono come “un incontro dell’uomo con l’opera della natura vegetale”<br />

ma anche e “più precisamente dell’architettura con la<br />

natura”.<br />

L’origine del giardino è spesso magica o legata alla teogonia e<br />

nelle religioni primordiali al giardino si associa l’idea del Paradiso:<br />

giardino e paradiso sono sostanzialmente sinonimi. Con<br />

passare dei secoli l’idea primitiva si modella e si trasforma attribuendo<br />

al giardino molte funzioni: luogo di godimento visivo,<br />

bene utilitaristico, concezione intellettuale ed estetica o sensoriale;<br />

tutto ciò varia mantenendo inalterata l’idea originale attraverso<br />

colori, forme, proporzioni e la sintonia con i luoghi. Dagli<br />

antichi giardini di Babilonia, di cui si è favoleggiato per secoli<br />

per la loro ineguagliabile bellezza, all’hortus romano utilitaristico<br />

prima e poi luogo con grandi valori estetici, oppure dal rigore<br />

compositivo medievale in cui le conoscenze antiche sfumano<br />

si giunge al Quattrocento secolo in cui i trattatisti assegnano al<br />

giardino regole rigorose. Solo in epoca moderna col Rinascimento<br />

la progettazione del giardino ha avuto una riconoscibile<br />

evoluzione, documentata secondo canoni e stili “codificati” e<br />

con una maturata cultura artistica dell’arte dei giardini. In tutti i<br />

secoli esistono però delle regole comuni che sono valide ancora<br />

oggi. Gli elementi in gioco, di fatto, anche col mutare delle culture<br />

e col passare dei secoli sono rimasti gli stessi e non si sono<br />

alterati. Le superfici sono i prati, i percorsi, i laghetti mentre i<br />

volumi sono dati dai vegetali e dagli elementi architettonici e<br />

d’arredo. Tutti questi elementi lo rendono una sorta di “scena<br />

teatrale” continua, con decine di palcoscenici, che può essere<br />

goduta da molti punti di vista.<br />

Ogni punto di vista però non deve intimorire, l’alchimia deve essere<br />

sempre garantita. Pieni e vuoti devono essere in equilibrio,<br />

incuriosire, scoprire e non coprire e nel contempo non coprire<br />

troppo per non intimorire. In queste scene fisse, i colori dei vegetali,<br />

a tutte le altezze, saranno i mutatori della scena, i laghetti<br />

o i corsi d’acqua dilateranno i luoghi e interpreteranno il tempo<br />

della giornata; diverranno luminosi o cupi, silenziosi o vivaci a<br />

seconda che vi sia il sole o il brutto tempo.<br />

Progettare un giardino è come disegnare scene in movimento<br />

dove il tubetto del colore non è stabile come quello del pittore<br />

ma muta di continuo: se pigiato in inverno produrrà un pigmento,<br />

in estate, un altro, in primavera e in autunno un altro ancora.<br />

Queste varianti sono la vera difficoltà.<br />

È necessario conoscere approfonditamente il potenziale decorativo<br />

di ogni specie per poterlo assortire con un’altra e un’altra<br />

ancora ricordando anche che ogni specie vegetale si sviluppa diversamente<br />

e il suo divenire adulta può essere molto diverso da<br />

esemplare ad esemplare. Per questa ragione esiste la figura del<br />

paesaggista che conosce il materiale vivente con cui “dipinge”<br />

le scene, sa generare i volumi, gli scorci, portare le ombre dove<br />

occorrono e mantenere la luce dove necessario. Non è un obbligo<br />

avere grandi spazi per avere un “paradiso” proprio. L’alchimia<br />

funziona su ogni dimensione in ogni scala, ed è per questo che<br />

anche in Italia, si tengono molte iniziative di conoscenza delle<br />

piante, degli arbusti e dei fiori e dove si realizzano, anche a titolo<br />

dimostrativo, per il pubblico interessato ad un passo così importante,<br />

installazioni , piccole performance di breve durata: giardini<br />

temporanei. Ciò permette di far cogliere come pieni e vuoti<br />

determinino spazi funzionali da porre in essere su terrazzi o giardini,<br />

per far divenire questi luoghi un’estensione della casa in<br />

gran parte dell’anno e d’inverno divenire quadri tridimensionali<br />

da osservare dalle finestre della propria abitazione. Il giardino è<br />

anche sempre stato considerato, con modalità diversa, l’intermediazione<br />

dell’uomo con la natura esterna, l’intermediazione fra<br />

casa e paesaggio dove il giardino è il catalizzatore funzionale<br />

che cattura gli elementi del paesaggio e li mette in connessione<br />

con gli spazi della casa con effetti e sequenze visuali di grande<br />

suggestione e fascino.<br />

Anche per questo esistono regole, principi armonici che permettono<br />

di tenere tutti gli elementi in relazione, legati da un filo rosso<br />

invisibile ma che se spezzato deve essere ricucito, rimettendo<br />

tutto in gioco, altrimenti cade il progetto, cadono le armonie e<br />

lo spazio esterno da paradiso, diviene un insieme di spazi in cui<br />

i vegetali sono posti a caso e dove l’alchimia non esiste più. ■<br />

DAL PENSIERO AL<br />

PROGETTO DEL VERDE:<br />

saperi, abilità e competenze<br />

di Mario Allodi,<br />

Andrea Cassone e Andrea Marziani<br />

Edizioni Biblion, Milano 2015<br />

€ 35,00<br />

Il progettista di spazi verdi deve possedere solide basi culturali al<br />

servizio di competenze tecniche complesse e diversificate.<br />

Il volume si propone di fornire i saperi necessari per acquisire le<br />

competenze specifiche, suddividendo in capitoli conoscenze, abilità,<br />

facilitando chiavi di ricerca personalizzate degli argomenti. Il testo si<br />

rivolge sia al neofita sia al professionista interessato ad avvalersi di<br />

argomenti e soluzioni che integrino funzione e forma.<br />

39<br />

ECOABITARE


DAL<br />

LABORATORIO<br />

DELLA<br />

STORIA<br />

di Marco Cagelli<br />

bitato un’eredità infinita. Per quanto attiene l’evoluzione della<br />

domus a villa rustica a cascina, molti sono i testi a cui rimando<br />

il lettore. Riassumendo, potremmo dire che si è evoluta da granaio<br />

delle ricche famiglie durante gli anni dell’impero in espansione,<br />

ad abitazione nel periodo in cui le città presentavano i primi rischi<br />

di turbolenze, a fortezza durante i periodi più difficili del Medio<br />

Evo, sino a tornare modello di nuova diffusione dell’agricoltura<br />

nelle pianure italiane ed europee. Si percepisce anche come vi<br />

sia stata un’evoluzione della socialità all’interno dell’edificio,<br />

dovuta alla modifica della tipologia di residenti nella stessa. Nella<br />

nostra società viene percepita da una parte come interessante attrattiva<br />

per le domeniche fuori porta, per vedere gli animali, per<br />

poter assaggiare qualche prodotto a km 0, vivere all’aperto e gli<br />

spazi ampi delle stanze, ma la sera torniamo volentieri nei nostri<br />

appartamenti tecnologici, funzionali ma dagli spazi ridotti. Durante<br />

queste escursioni possiamo soffermarci su alcune evidenze,<br />

su alcuni dettagli che riescono ancora a trasmetterci il pensiero<br />

che si è consolidato intorno a tali edifici. E alla fine di una giornata<br />

ad osservare, potremmo ritrovarci più stupiti di quanto accada<br />

quando, con il naso all’insù, andiamo per le città a vedere i nuovi<br />

Luomo contemporaneo è attento agli esiti di ricerche di<br />

laboratorio, dall’indagine scientifica, dalla ricerca delle<br />

Università e dei Centri di ricerca internazionali. Si elaborano<br />

leggi, normative, regole tecniche, convinti di poter<br />

dimenticare la storia, di poter iniziare un processo nuovo per una<br />

nuova civiltà. Tesi affascinante, ma spesso la storia riaffiora dopo<br />

terremoti, crisi energetiche, crisi internazionali. Gli edifici “antichi”,<br />

inspiegabilmente secondo le teorie e le prove di laboratorio,<br />

resistono a tutti questi fenomeni, ne escono indenni e lo studio<br />

approfondito svela conoscenze inaspettate, soluzioni tecnologiche<br />

povere, ma sapienti. Per questo dobbiamo guardare a 4.500 anni<br />

di storia del costruito con rispetto e comprendere quali soluzioni<br />

ci sottopone tutti i giorni, girando per le nostre città e per le nostre<br />

campagne. Quello che possiamo oggi osservare è infatti uno<br />

sviluppo ininterrotto di conoscenze che ha riguardato migliaia di<br />

generazioni, tutte caratterizzate da necessità in lenta evoluzione,<br />

ma generate da medesime esigenze. L’osservazione delle cascine<br />

lombarde, sia dal vivo che dal satellite, illustra molto bene come<br />

dalla villa rustica romana alla cascina, alle abitazioni dei climi aridi<br />

e caldi del sud della Spagna, la domus romana ha lasciato all’agrattacieli<br />

tuttovetro.<br />

Apporti gratuiti<br />

La tecnica costruttiva si può osservare, con calma e attenzione,<br />

in ogni cascina fin dal nostro arrivo: il portico è esposto sempre<br />

a sud/sud-ovest. L’altezza e la profondità del porticato sono in<br />

relazione geometrica, non solo per estetica. Il portico consente di<br />

schermare al meglio le murature durante la calda ed afosa estate<br />

della pianura padana, ma di garantire efficace accumulo dell’irraggiamento<br />

solare durante le corte giornate invernali. Insomma il<br />

massiccio muro doveva accumulare durante il giorno più energia<br />

possibile per poterla restituire nelle prime ore della sera; senza<br />

corrente elettrica e terminate le attività della giornata, non vi era<br />

motivo di stare svegli sino a tarda notte, pertanto bastavano poche<br />

ore di questo effetto naturale per migliorare la qualità della vita.<br />

Anche la dimensione delle finestre erano logica conseguenza: a<br />

sud, verso il porticato, si trovano le dimensioni maggiori, pronte a<br />

cogliere i raggi del basso sole invernale e protette durante l’estate;<br />

a nord invece le finestre si assottigliano, per limitare le dispersioni<br />

invernali. Queste dimensioni erano adeguate alle dimensioni della<br />

stanza in genere quadrata e di circa 25 metri quadrati.<br />

La stabilità della struttura<br />

Tutto in muratura, l’edificio è realizzato con la logica della scatola.<br />

Le aperture sono allineate in altezza e si trovano ad almeno<br />

un metro dai maschi murari. Tale sistema consente la trasmissione<br />

delle forze orizzontali dovute al vento od al sisma, tanto da ritrovarsi<br />

ancora nelle buone regole tecniche degli edifici in muratura<br />

ed ampiamente dimostrato dalle prove in situ. Anche le colonne<br />

del porticato hanno una loro geometria dovuta sia alla distanza<br />

dalla muratura, che all’inclinazione della copertura. Troverete<br />

elementi per nulla snelli, su cui poggiano travi che raccolgono<br />

gli elementi secondari della copertura del portico. Nel caso delle<br />

cascine più nobili, il porticato diventa più simile alle case di città,<br />

sopra il quale si trova in genere il terrazzo che fungeva da distributico<br />

dei locali superiori.<br />

Coibentazione naturale.<br />

Il sottotetto delle cascine era luogo di stoccaggio del fieno per<br />

l’inverno: spessi strati di questo elemento tutto naturale venivano<br />

caricati nel sottotetto, proprio sopra le camere da letto. Non era il<br />

primo fieno ad essere consumato, ma una riserva per la primavera.<br />

Un sistema semplice ed efficace: d’inverno lo strato di fieno<br />

coibentava la soletta, mentre con l’avvicinarsi della stagione calda<br />

tale strato calava (a tutto consumo delle mucche) e consentiva<br />

un sempre più rapido raffrescamento per ventilazione.<br />

Ventilazione naturale<br />

Ho potuto notare due soluzioni distinte. Nel caso in cui vi sia un<br />

solo piano ed il sottotetto, la scala funge da camino di ventilazione<br />

in quanto il sottotetto è completamente areato, magari con<br />

piccole aperture verso sud. In tal modo la quantità d’aria surriscaldata<br />

risulta notevole ed il suo moto può richiamare aria dalla zona<br />

a nord, più fresca. Considerate le masse in gioco, l’aria che passa<br />

dalle piccole aperture a nord ha una velocità considerevole, che<br />

aumenta l’effetto windchill e quindi la riduzione della temperatura<br />

percepita. In altri casi, con edifici su due piani, è la scala stessa<br />

a svolgere tale ruolo di estrazione, con aperture predisposte a<br />

sud, per sfruttare l’altezza stessa del camino per attivare le ventilazioni.<br />

Quanto noi osserviamo è frutto di secoli di costruzioni,<br />

errori, rifacimenti. A noi dunque è pervenuto il meglio della tecnica<br />

costruttiva, a cui dobbiamo guardare con rispetto al fine di<br />

apprendere i segreti e poterli migliorare attraverso l’uso dei materiali<br />

che oggi abbiamo ed un tempo erano impensabili.<br />

Il recupero<br />

Riqualificare la cascina diventa momento indiscusso di interesse<br />

tecnologico, in quanto con interventi mirati sull’involucro si<br />

possono ottenere livelli di comfort interno molto elevati. Il ricorso<br />

a serre bioclimatiche e muri di Trombe consente di limitare<br />

gli impianti alle forniture elettriche rendendoli energeticamente<br />

perfettamente autonomi, magari con un piccolo aiuto della domotica<br />

per migliorare il comportamento naturale dell’edificio.<br />

Intorno a questi semplici concetti si stanno peraltro sviluppando<br />

progetti che riporteranno anche nelle città e negli edifici verticali<br />

la presenza di orti e giardini: speriamo che i progettisti prima di<br />

simulare al computer, passino qualche giorno nelle nostre cascine,<br />

apprezzandone pregi e difetti.<br />

Da Parigi<br />

Non è un richiamo all’architettura “povera”, né un’osanna della<br />

vita contadina, dura e faticosa. Ma nemmeno dobbiamo scordare<br />

il valore del laboratorio della storia. Ci può aiutare con semplicità<br />

a comprendere quali e quante siano le azioni semplici che possiamo<br />

intraprendere per rendere più sostenibile il nostro vivere<br />

quotidiano. Non è più motivo di riflessione della comunità scientifica,<br />

è ormai una necessità sentita anche dai governi che si sono<br />

incontrati a Parigi. 19 obiettivi che riscoprono molti di quei valori<br />

di socialità, di rispetto della natura e del tempo caratteristici del<br />

passato. A dimostrazione che come spesso accade il nostro futuro<br />

deve avere solide basi nella nostra storia. ■<br />

40 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

41<br />

ECOABITARE


LA VIVISEZIONE<br />

È IL TRICICLO<br />

APPELLO<br />

DEL PRESIDENTE<br />

DI GAIA,<br />

EDGAR MEYER,<br />

AI GIOVANI<br />

RICERCATORI<br />

Se io devo andare da Milano a Bergamo ho varie<br />

opzioni: posso andare a piedi, inforcare una<br />

moto, prendere l’auto, il treno, un bus, andare in<br />

triciclo…<br />

Arriverò comunque alla meta, ma la tempistica è diversa.<br />

E il disagio del viaggio pure…<br />

Ecco, la vivisezione è il triciclo. Si cerca il “progresso”<br />

della scienza con il triciclo… Non che la sperimentazione<br />

animale non abbia portato a dei risultati: tutti i farmaci<br />

che usiamo oggi sono frutto di vivisezione, e i favorevoli<br />

alla sperimentazione animale sostengono proprio questo.<br />

“Chi vuole abolire la vivisezione non dovrebbe più prendere<br />

alcun farmaco, nemmeno contro il mal di testa! Chi<br />

vuole abolire la vivisezione vuole cancellare la scienza!”,<br />

ammoniscono. Non è così.<br />

La vivisezione è il triciclo. Anche lei arriva a Bergamo.<br />

Ma a costo di un viaggio lunghissimo, di un dispendio di<br />

energia elevatissimo, di disagi tremendi.<br />

Noi vogliamo prendere il treno, l’auto, la moto. Arrivare<br />

a risultati più rapidi e con meno dolori. Imboccare una<br />

strada nuova. Il modello animale è spesso fuorviante.<br />

Porta sovente a risultati sbagliati, cioè fa sbagliare strada.<br />

Ed è terribilmente ingiusto, violento, barbaro. La vivisezione<br />

affonda le sue radici nell’Ottocento. Vogliamo cambiare<br />

la scienza. Vogliamo una scienza nuova, moderna, al<br />

passo con il terzo Millennio.<br />

Ai giovani ricercatori diciamo: “stay hungry, stay foolish”,<br />

come diceva Steve Jobs, che ha cambiato i nostri<br />

orizzonti. Cambiate la scienza. Abbandonate il triciclo,<br />

vecchio arnese arrugginito. Inforcate la moto, prendete il<br />

treno. Battete nuove strade. Siete giovani. Si spera brillanti.<br />

Fate la storia, invece di ripetere stanche formule che<br />

vi hanno insegnato vecchi baroni. ■<br />

Foto da L.I.D.A. firenze<br />

Edgar Meyer<br />

presidente Gaia Animali & Ambiente Onlus<br />

www.gaiaitalia.it<br />

www.facebook.com/GaiaOnlus<br />

42<br />

ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

43


VIVISEZIONE,<br />

IN VIGORE LA NUOVA LEGGE<br />

Nel 2014 è entrato in vigore il nuovo Decreto legislativo che regolamenta la sperimentazione animale nel nostro Paese. Frutto di anni di intenso<br />

dibattito la nuova legge, che non segna la fine della vivisezione, ha visto l’inserimento di alcuni punti rispetto alla Direttiva europea che pongono<br />

degli stretti vincoli al ricorso agli animali. In Italia non sarà più possibile:<br />

- allevare cani, gatti e primati da laboratorio<br />

- effettuare esperimenti su scimmie antropomorfe (scimpanzè, oranghi, gorilla, gibboni, bonobo)<br />

- effettuare esperimenti per la produzione e il controllo di materiale bellico<br />

- effettuare esercitazioni su animali per la didattica, ad eccezione dei corsi universitari per la medicina veterinaria.<br />

Il divieto si applica anche alle scuole primarie e secondarie<br />

Sono obiettivi raggiunti grazie al lavoro di molte associazioni animaliste, al supporto dell’opinione pubblica (che nell’oltre 80% dei casi è<br />

contraria alla vivisezione - dati Eurispes 2014) e di numerosi ricercatori e medici che hanno detto il loro NO a una scienza inutile, obsoleta e<br />

pericolosa per l’uomo. Ma, tra deroghe, commi e contro commi, altri punti non tutelano gli animali e molti divieti finiscono in fumo. In vari<br />

punti della legge sembra ci sia un divieto che, però, viene subito seguito da una deroga.<br />

Un esempio? L’art. 7 (Specie minacciate di estinzione) al comma 1 vieta l’impiego di animali delle specie in via di estinzione. Subito dopo<br />

però si legge: “Il Ministero può autorizzare, in via eccezionale, l’impiego di animali di cui al comma 1”.<br />

Con la precedente legge (il decreto 116/92) la situazione era semplice: tutto permesso per chi faceva vivisezione, nel senso che l’80% degli<br />

esperimenti era in autocertificazione e per il 20% serviva l’autorizzazione a prove che erano, comunque, principalmente obbligatorie per normative<br />

internazionali e, di conseguenza, l’autorizzazione era automaticamente rilasciata. Il decreto attuale è sempre e comunque pessimo per<br />

chi si occupa di diritti animali, anche perché è il recepimento di una mediocre direttiva europea. Nonostante ciò ci sono, per la prima volta,<br />

alcuni punti che vanno nella direzione giusta. Così vari esponenti dell’antivivisezionismo ritengono questo decreto un piccolo miglioramento.<br />

“In senso assoluto”, sintetizza Massimo Tettamanti, “è sempre una legge totalmente inaccettabile. In senso relativo è la vittoria di una battaglia.<br />

Non è un punto di arrivo, ma, semplicemente, un nuovo punto di partenza”.<br />

Alcuni punti fermi della legge:<br />

- rimane fissato per legge che un metodo senza animali sia assolutamente da preferire alla vivisezione<br />

- nonostante questo, i finanziamenti continueranno ad andare alla vivisezione: per i metodi alternativi nel 2014<br />

sono stati stanziati 52.500 euro, una cifra ridicola. In Germania, Regno Unito, USA ecc. si investono milioni di euro.<br />

- il metodo senza animali può essere usato solo se “ragionevolmente e praticamente applicabile” e non sempre.<br />

Quindi, se è difficile applicarlo o se è troppo costoso o se è complesso dal punto di vista logistico, è legale usare ancora animali.<br />

Daniela Milano<br />

Laureata in filosofia, specializzata<br />

in psicologia psicosomatica,<br />

junghiana, lavora a titolo di libera<br />

professionista come counselor<br />

per il benessere, la formazione,<br />

l’istruzione della persona<br />

ed è giornalista.<br />

IDEA BENESSERE<br />

LA TRACCIA CHE NON MENTE<br />

In questa epoca di tecnologia avanzata si sta perdendo l’abilità<br />

della grafia (maniera di rappresentare le parole nella scrittura),<br />

che risulta essere modo unico e irrepetibile della persona di tracciare<br />

i caratteri. Questo significa che nella scrittura a mano si<br />

manifesta il carattere dell’individuo: le sue passioni, inclinazioni,<br />

interessi, attitudini, che talvolta non emergono in modo fluido<br />

nella quotidianità a causa di blocchi, timidezza, ansia.<br />

Di seguito Guglielmo Incerti Caselli, Consulente grafologo ed<br />

Educatore e Rieducatore della scrittura ci spiega cos’è la grafologia<br />

e quali sono i suoi campi di applicazione che possono<br />

dare un’utile chiave di lettura su alcuni aspetti quotidiani privati,<br />

scolastici e professionali.<br />

La grafologia è una disciplina volta a identificare la persona nei<br />

suoi aspetti razionali, temperamentali e relazionali, attraverso<br />

l’interpretazione della sua scrittura e, più in generale, della sua<br />

attività grafica spontanea. La grafologia si interessa del movimento<br />

della mano nello spazio grafico. In altre parole, la grafologia<br />

pone l’attenzione sull’aspetto non verbale della scrittura.<br />

Mentre nella comunicazione verbale scritta il nesso tra l’elemento<br />

formale del segno (elemento grafico) e il contenuto espressivo<br />

(informazione trasmessa) del segno grafico è convenzionale e<br />

stabilito a priori (vedi parole, numeri, unità di misura, etc), nella<br />

comunicazione non verbale il nesso, non seguendo una logica<br />

razionale, non è intenzionale e rivela quindi molto del soggetto<br />

in questione. Va chiarito che la grafologia non appartiene alle<br />

scienze occulte, non è in grado di predire il futuro e tantomeno di<br />

risolvere problemi a priori; suo obiettivo è individuare le caratteristiche<br />

e gli aspetti peculiari di un individuo, mediante l’interpretazione<br />

della sua scrittura, o meglio, della sua attività grafica.<br />

L’analisi della grafia, diventa quindi un importante strumento sia<br />

per cogliere quelle caratteristiche latenti a cui il soggetto presta<br />

poca importanza e che invece sono basilari nella relazione con<br />

l’altro, sia, in caso di necessità, per una azione correttiva del<br />

gesto grafico che non sempre risulta consono riportando sulla<br />

carta disordine e incomprensione del messaggio scritto inficiando<br />

così la comunicazione. ■<br />

Per informazioni e approfondimenti:<br />

AGI Lombardia<br />

www.agilombardia.it<br />

> Opera di Silvia Giananti<br />

44 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

Qualora abbiate voglia di<br />

fare osservazioni su quanto<br />

ho scritto o sollevare nuovi<br />

quesiti potete scrivermi a:<br />

redazione_ecoideare@libero.it<br />

45


LE NOSTRE CONVENZIONI<br />

Per essere sempre più vicini ai nostri associati, Rinenergy ha stretto una serie di accordi per proporre sconti<br />

e convenzioni a chi presenterà la tessera, nei seguenti esercizi commerciali o aziende.<br />

Ristorante Biologico<br />

Corte Regina<br />

Viale Monza, 16 Milano<br />

Tel. 02 28381873<br />

www.corteregina.com<br />

Verde Saporito<br />

Via Vittorio Sereni, 27<br />

21016 Luino (VA)<br />

Tel. 0332 1951305<br />

aryma.1snc@gmail.com<br />

Ecopsiché<br />

Scuola di<br />

Ecopsicologia<br />

23875 Osnago (Lc)<br />

Cell. 335 6052912<br />

www.ecopsicologia.it<br />

G.I.A.N. Gruppo Italiano<br />

Amici della Natura<br />

Via Guani,12<br />

25050 Saviore dell’Adamello (Bs)<br />

Tel. 0364 634664<br />

www.amicidellanaturasavioro.org<br />

Aperto mezzogiorno e sera, il Ristorante propone specialità<br />

della migliore tradizione emiliana: gnocco fritto con salumi, tortelli<br />

ripieni di verdure. Ampia scelta di vini biologici e di altissima<br />

qualità. SCONTO 10% su pranzi o cene.<br />

Apicoltura Lares<br />

Via Plizze, 51<br />

25048 Edolo (BS)<br />

Tel. 335 5871623<br />

tosanag0@gmail.com.<br />

Azienda certificata – biologica. Produce stagionalmente (primavera<br />

e estate) miele di rododendro, flora alpina, tarassaco di montagna,<br />

melata, acacia e castagno. SCONTO di 1 euro per ogni kg.<br />

Ristorante<br />

Cortaccia Biocucina<br />

Piazza Corte dei Sogliari, 6<br />

Zona Portici Corso Umberto<br />

46100 Mantova<br />

Tel. 0376 368760<br />

www.cortaccia.com<br />

Nel centro storico di Mantova, cucina biologica di qualità e della<br />

tradizione. Menù personalizzati su prenotazione per occasioni<br />

speciali, anche per vegani e celiaci. SCONTO 10% su pranzi o cene.<br />

Cascina Guzzafame<br />

20083 Vigano di Gaggiano (MI)<br />

Tel. 02 9086659<br />

Fax: 02 91390495<br />

www.cascinaguzzafame.it<br />

SCONTO 10% sulla spesa effettuata in negozio e SCONTO del 10% sulla<br />

prima notte trascorsa nel Bed & Breakfast.<br />

L’ Accento sul Gusto<br />

Via Roma 34/b<br />

20037 Paderno Dugnano (MI)<br />

Tel. 339 2400721<br />

Per un’alimentazione sana e sostenibile: laboratorio e vendita diretta<br />

di pasta fresca, dolci e gastronomia di alta qualità. Su ordinazione paste<br />

e ripieni per intolleranze. Pane con lievito “pasta madre”. SCONTO<br />

10% su paste fresche all’uovo, kamut e gnocchi.<br />

Mimma Maspoli<br />

Via F. Corridoni, 13<br />

24124 Bergamo<br />

Tel. 347 3676621<br />

www.maspoli.it<br />

Si è formata presso la Accademia Carrara a Bergamo e ha lavorato<br />

presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Le sue creazioni sono<br />

realizzate con vari materili (legno, carta, pietr). Ha partecipato a<br />

numerose mostre e progetti culturali in Italia e all’estero. SCONTO<br />

del 5% delle sue opere.<br />

A pochi passi dal lungolago, un nuovo punto vendita di prodotti<br />

bio e naturalmente consapevoli (con distributori per lo<br />

sfuso di legumi e cereali) che si propone come riferimento culturale.<br />

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Bioandfood<br />

Via Puricelli Guerra, 80<br />

(MM1 Sesto FS 1° Maggio)<br />

20090 Sesto San Giovanni<br />

Tel. 02 26220023<br />

www.bioandfood.com<br />

Laboratorio e vendita di paste fresche, ripiene e secche, tradizionali<br />

e naturalmente senza glutine (amaranto, quinoa, grano saraceno,<br />

lupini). SCONTO 10% su tutta la spesa con la parola d’ordine <strong>Ecoideare</strong>.<br />

Agriturismo<br />

La Manna di Zabbra<br />

C/da Zabbra - SP 130 al km 4.00<br />

90010 Pollina (PA)<br />

Tel. 0921 910083<br />

Cell. 339 6328555<br />

www.lamannadizabbra.com<br />

Produzione biologica di Manna delle Madonie. Presidio Slow<br />

Food (vendita diretta). Visite ai frassineti della Manna ristorante<br />

bio con orto a km zero. SCONTO 10% allogio, ristoranti e prodotti.<br />

Multiutility S.p.a.<br />

Gruppo Dolomiti Energia<br />

Palazzo Fermi, Via Enrico Fermi, 4<br />

37135 Verona<br />

Tel. 045 8262011<br />

www.multiutility.it<br />

Servizi e soluzioni integrate a PMI e enti per energia elettrica<br />

e gas naturali. Riduzione dell’1% sulle tariffe offerte.<br />

Erboristeria Planerbe<br />

Corso di Porta Romana 123 Milano<br />

Tel. 02 54071428<br />

www.planerbe.it<br />

Produzione e punto vendita di prodotti erboristici e alimentari<br />

bio. Spazio di eventi culturali con musica dal vivo.SCONTO 20%<br />

per prodotti a marchio Planerbe e tisane personalizzate. SCONTO 10%<br />

per prodotti cosmetici, fitoterapici, alimentari.<br />

La Pica Giardino Botanico<br />

Via imperiale<br />

41038 San Felice sul Panaro (MO)<br />

Tel. 349 8868512<br />

www.giardinolapica.it<br />

L’ associazione nasce nel 2007, in seguito al terremoto, con<br />

l’obiettivo di tutelare e valorizzare la natura e l’ambiente della<br />

pianura modenese. Oggi il giardino vanta una collezione di<br />

700 specie di piante. Offriamo visite accesso e guidate gratuite su<br />

prenotazione<br />

Aggiornamento professionale e Specializzazione in EcoCounseling.<br />

SCONTO del 10% su percorso formativo Eco Tuning di 260 ore con<br />

riconoscimento EES (European Ecopsychology Society) e AssoCounseling.<br />

Az. Agr. FortunatoErrera<br />

Tel. 338 3521837<br />

www.fortunatoerrera.it<br />

Prodotti tipici di Pantelleria: capperi, olio, origano, passito, spumante,<br />

miele d’uva, confetture extra di zibibbo, di gelsi, arance, limoni,<br />

caponata e pesto “panteschi”. Spese trasporto gratis in tutte le regioni.<br />

SCONTO 10% su tutti i servizi di ospitalità dell’Albergo Bue Marino.<br />

A.s.d Ytaca<br />

Via Pascoli, 4<br />

58024 Massa Marittima, (Gr)<br />

Tel 349 2877032<br />

www.facebook.com/YtacaAsd<br />

Associazione sportiva dilettantistica di benessere e cultura affiliata<br />

ACSI (Associazione di sport, cultura e tempo libero) riconosciuta<br />

CONI. Partecipazione gratuita ad una lezione tematica.<br />

Gelati Graziosi<br />

Via Don Giovanni Minzoni<br />

20090 Segrate (MI)<br />

Tel. 338 3363238<br />

www.gelatigraziosi.it<br />

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gelatiera. Anche per celiaci. SCONTO 10% sull’acquisto della scatola da 8 vasetti.<br />

Agriturismo<br />

Bio Villa Padura<br />

Via Matteotti,1<br />

90020 Castellana Sicula (Pa)<br />

Tel. 0921 562180<br />

www.agriturismovillapadura.it<br />

Azienda biologica con piscina a copertura telescopica, ampio<br />

parco, sei camere. SCONTO 10% per soggiorni da aprile a novembre,<br />

gratis per bambini fino a 5 anni, 50% per bambini dai 6 anni.<br />

SCONTO 15% su pranzi o cene.<br />

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Via Broggi, 13 (MM Lima) Milano<br />

Tel. 02 29407378<br />

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Consegna a domicilio. SCONTO 10% sulla spesa.<br />

Panificio Cattaneo<br />

Piazza Wagner, 13 Milano<br />

Tel. 02 462384<br />

Un luogo per conoscere la natura, favorire l’aggregazione, riscoprire<br />

attività tradizionali. Partecipazione gratuita a escursioni alla ricerca di erbe<br />

e a laboratorio con preparazione di decotti e di creme a uso terapeutico.<br />

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20145 Milano<br />

Tel. 02 463044<br />

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Associazione foreste<br />

per sempre (fps)<br />

Via d’Avia Sud 65/a<br />

41126 Modena<br />

Tel./Fax: 059 4270723<br />

www.forestepersempre.org<br />

L’organizzazione segue progetti per la conservazione dei sistemi<br />

naturali nel mondo. Partecipazione gratuita ad una conferenza.<br />

Associazione La Pila<br />

Via 5 Cerri, 91<br />

06084 Bettona (PG)<br />

Tel. 347 5028485<br />

www.facebook.com/lapila.bettonaassisi<br />

Un luogo per organizzare ritiri di crescita personale e apprendere<br />

antichi/nuovi saperi sul valore dell'ambiente, delle arti e del<br />

patrimonio culturale. Partecipazione gratuita ad una conferenza tematica.<br />

NaturaBio<br />

Via Cavour, 22<br />

20090 Sesto San Giovanni<br />

Tel. 02 24416432<br />

biobim@libero.it<br />

Nel cuore di Sesto San Giovanni (MM1 Rondò) una realtà nata per la<br />

passione del cibo sano e biologico, attenta al rispetto dell’ambiente.<br />

SCONTO 10% su prodotti Fitoterapici, integratori e linee profumate.<br />

Moda Ismeralda<br />

Showroom - Olbia (OT)<br />

Tel. 07 891969765<br />

labottegadisilvia@virgilio.it<br />

www.modaismeralda.it<br />

Una famiglia che da tre generazioni porta avanti la bellezza del<br />

Storico punto di riferimento da oltre 50 anni,<br />

made in Italy. I capi sono stati disegnati e realizzati ispirandosi prima<br />

produce pane a lievitazione naturale e realizza<br />

alla tradizione positanese e successivamente alla raffinatezza della<br />

dolci artistici per ogni occasione.<br />

Costa Smeralda. La famiglia da sempre collabora con piccole sartorie<br />

artigiane.<br />

46 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

47


Ecologia in vetrina<br />

EcoNews<br />

YERKA, LA BICI A PROVA DI LADRO<br />

Per aggirare i furti di ladri sempre più agguerriti, tre giovani designer cileni<br />

hanno progettato una bicicletta antifurto dotata di un sistema ingegnoso.<br />

Il telaio può essere smontato in due parti in poche mosse e riassemblato<br />

attorno al palo a cui è stato legato, in questo modo non si può rubare se non<br />

rendendola inutilizzabile. La bici è dotata di un sistema antifurto anche per<br />

le ruote: per smontare i bulloni che le bloccano occorre una chiave speciale.<br />

Il progetto ha avuto un finanziamento dallo Stato per coprire le spese<br />

di produzione e un ulteriore finanziamento grazie al crowdfounding ha<br />

consentito di mettere sul mercato le prime 300 bici. www.yerkabikes.com<br />

TESSUTI… QUASI DA MANGIARE!<br />

Arance, mele, latte, riso: cibi dai quali è possibile ricavare tessuti<br />

e coloranti naturali, utilizzabili per capi di abbigliamento<br />

ecosostenibili. Nel caso delle mele la materia prima utilizzata deriva<br />

dallo scarto di torsoli e bucce. In questo caso il materiale che si<br />

può ricavare è la “pellemela”, simile all’eco-pelle. L’utilizzo del<br />

latte nell’industria tessile è stato studiato fin dagli anni Trenta, oggi<br />

l’azienda toscana Duedilatte ha realizzato un tessuto ottenuto grazie<br />

ad affinate tecniche di bioingegneria. Il tessuto ottenuto con<br />

il filato di latte, oltre a essere morbido e più leggero della seta, è<br />

anallergico e traspirante. Usandolo insieme al cotone biologico, si<br />

può ricavare il “denim di latte”, materiale che ha l’aspetto del jeans<br />

ma che offre un comfort maggiore. La stessa azienda lavora anche<br />

la fibra di riso dalla quale si può ottenere un tessuto morbido come<br />

il cachemire. www.duedilatte.it.<br />

QUANTO INQUINA INTERNET<br />

PAGATI PER PEDALARE<br />

E’ di 25 centesimi al chilometro l’incentivo per chi usa la bicicletta per<br />

andare al posto di lavoro. E’ la misura di legge proposta dal Ministro francese<br />

dell’Ecologia, dello Sviluppo Sostenibile e dell’Energia per agevolare<br />

i ciclisti e contrastare i pregiudizi legati all’utilizzo delle 2 ruote nel traffico<br />

cittadino. Tali misure si inseriscono all’interno di una strategia nazionale<br />

che prevede l’implemento delle zone a traffico limitato, depositi e parcheggi<br />

per bici in prossimità delle stazioni, inasprimento delle sanzioni per chi<br />

parcheggia sulle piste ciclabili. www.developpement-durable.gouv.fr<br />

Dal calcolo dell’impronta di carbonio riportato da Rete Clima si<br />

evince che internet produce il 2% delle emissioni globali di CO2.<br />

L’intero universo IT-internet, video, servizi vocali, cloud, genera<br />

ogni anno 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica, un dato<br />

destinato a raddoppiare entro il 2020. Basti pensare che se si ricorre<br />

ai servizi on line per un totale di 100 ore al mese si producono 85,4<br />

Kg. di anidride carbonica, la stessa CO2 emessa da un’auto di media<br />

cilindrata nel tragitto Milano-Bologna. 500 e- mail al mese corrispondono<br />

a 114 Kg, 100 video su Youtube a 43,2 Kg. per una stima<br />

totale di 243,6 Kg. di anidride carbonica emessa ogni anno per ogni<br />

singolo navigatore. www.reteclima.it<br />

UN PENSIERO “CHARITY”<br />

PER SOSTENERE PICCOLE COOPERATIVE<br />

DI COLTIVATORI DI CAFFÈ NEL SUD DI HAITI<br />

L’iniziativa, promossa dalla Torrefazione Marchi, propone delle cialde di caffè<br />

Haiti Mocaya monorigine per una moka firmata dal noto designer Alessandro<br />

Mendini, prodotta in edizione limitata per le strenne natalizie. Parte del ricavato<br />

delle vendite verrà devoluto all’Associazione Internazionale Oxfam per garantire<br />

un reddito e un futuro più sicuro alle donne di Haiti. La Torrefazione Marchi<br />

nasce nel 1930 come bottega del caffè nel centro storico di Venezia. Da allora<br />

continua a torrefare artigianalmente il caffè scegliendo caffè pilati a mano provenienti<br />

dalle miglio aree caffeicole del mondo. www.torrefazionemarchi.it<br />

48 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015<br />

ECOBRICKS, I MATTONI<br />

DALLE BOTTIGLIE DI PLASTICA<br />

È di Susan Heisse, attivista ed ecologista dall’associazione Hug it<br />

Forward, questa semplice idea che sembra essere vincente, cioè quella<br />

di riutilizzare rifiuti inorganici per costruire edifici pubblici, in particolare<br />

scuole. Sono nati gli EcoBricks, mattoni fatti da bottiglie di<br />

plastica da due litri, riempite di rifiuti inorganici che vengono inserite<br />

nell’intercapedine tra i muri degli edifici, in modo da fornire non solo<br />

la struttura, ma anche un ottimo livello di isolamento per gli ambienti.<br />

Il progetto ha già portato risultati incredibili. In soli 69 mesi grazie agli<br />

EcoBricks sono stati innalzati 60 istituti in varie parti del pianeta con<br />

la collaborazione delle associazioni e delle istituzioni locali. La raccolta<br />

del materiale per riempire i mattoni è stata fatta con l’aiuto delle<br />

famiglie, puntando in particolar modo sul contributo dei bambini. Insegnare<br />

alle popolazioni locali il valore del riciclo della gran parte dei<br />

rifiuti inorganici è lo scopo ulteriore del progetto. www.ecobricks.org<br />

APERTO IL PRIMO ALBERGO<br />

ETICO IN ITALIA<br />

Ad Asti è stato inaugurato, a due passi dal Parco della Resistenza, il<br />

primo Albergo Etico gestito da personale con la sindrome di Down.<br />

L’albergo a 3 stelle, realizzato ristrutturando una casa di ringhiera a<br />

corte chiusa, dispone di 21 stanze, giardino interno e una reception<br />

innovativa pensata anche per il co-working. L’albergo coinvolge<br />

personale permanente e, a rotazione, sei giovani stagisti ai quali<br />

è dedicato l’ultimo piano per dare loro l’opportunità di maturare<br />

esperienze di lavoro e imparare a vivere soli. Una mano tesa ai 150<br />

milioni di turisti disabili presenti in Europa.<br />

www.albergoetico.asti.it<br />

AMPÈRE, IL PRIMO TRAGHETTO ELETTRICO<br />

AL 100%<br />

Il battesimo dell’acqua lo ha ricevuto in Norvegia dove il battello,<br />

lungo 80 metri, fa sponda tra i due moli delle città di Lavik e<br />

Oppedal nel Sognefjord. E’ il primo ferry totalmente a propulsione<br />

elettrica al mondo con emissioni e rumore ridotti a zero. Dotato di<br />

un sistema di batterie agli ioni di litio che si ricaricano in soli 10<br />

minuti e ricevono energia dalla centrale idroelettrica che fornisce<br />

i due villaggi, può ospitare 360 passeggeri e 120 veicoli. Ampère<br />

affronta il tragitto 34 volte al giorno ad una velocità di 20 nodi senza<br />

produrre alcun inquinante. www.rinnovabili.it/mobilita/norvegia-ampere-primo-traghetto-elettrico-666/<br />

49


Biblioteca della sostenibilità<br />

ORGANISMO DI CONTROLLO E CERTIFICAZIONE<br />

PER L’AGROALIMENTARE E L’AMBIENTE<br />

CONSUMO CONSAPEVOLE<br />

di L.O. Atzori , G. Amoruso, E. Baviera,<br />

A. De Rosa , D. Di Martino, M.G. Foddis,<br />

S. Rubini, E. Tarsitano<br />

A.I.B.A. Editore<br />

Pag. 359 - € 20,00<br />

Le domande che ci poniamo su tutti gli<br />

alimenti che consumiamo abitualmente sono<br />

tante. A queste domande rispondono un team<br />

di Biologi con consigli, curiosità e soluzioni<br />

raccolte in una guida pratica su come<br />

acquistare, trasportare, conservare, cucinare<br />

e consumare gli alimenti. Schede ricche di<br />

informazioni è possibile approfondiscono<br />

alcuni aspetti, dalle proprietà , alle frodi, alle<br />

intolleranze alimentari.<br />

I NUOVI ECOREATI<br />

di Carlo Ruga Riva<br />

Giappichelli Editore<br />

Pag. 110 - € 14,00<br />

Un commento alla legge n.68 del 22 maggio<br />

2015 dedicata ai delitti contro l’ambiente. Si<br />

prevedono nuovi delitti come inquinamento<br />

ambientale, disastro ambientale e omessa bonifica;<br />

nuove circostanze aggravanti rispetto<br />

alla associazione a delinquere di stampo mafioso<br />

legata all’ambiente; l’obbligo di ripristino<br />

allo stato dei luoghi; si estende a nuovi<br />

delitti come la disciplina della confisca; interviene<br />

sul tema del commercio di specie<br />

animali e vegetali. Per saperne di più.<br />

LA REPUBBLICA<br />

DEI CUOCHI<br />

di Guia Soncini<br />

Editore Il Mulino<br />

Pag. 83 - € 8,00<br />

Con piglio ironico e penna dissacrante,<br />

consapevole di confrontarsi con un tema<br />

nazionalpopolare, l’autrice, giornalista,<br />

attenta osservatrice del costume italiano,<br />

racconta il costume di un’Italia in cui gli<br />

italiani, inventori della pasta e della pizza,<br />

si ritrovano oggi a farsi piacere la senapata<br />

di albicocche e si domanda se si tratta di<br />

una mutazione genetica o solo di una moda<br />

anche se pervasiva come mai accaduto in<br />

passato.<br />

Più garanzie per tutti<br />

Suolo e Salute per la tua certificazione<br />

del Biologico<br />

del GlobalGap<br />

della Rintracciabilità di Filiera<br />

dell’Agricoltura Integrata<br />

Suolo e Salute si conferma primo Organismo di Controllo e Certificazione del Biologico in<br />

Italia. In questo settore certifica quasi 15.000 aziende (il 26% del totale) e quasi 500.000 ettari<br />

(oltre il 30% della superficie bio nazionale). Oltre al biologico offre altri servizi di certificazione,<br />

tra cui il GlobalGap, l’Agricoltura Integrata, la Rintracciabilità di Filiera, la Biocosmesi e<br />

le Denominazioni di Origine. È accreditato da Accredia, Ente nazionale di accreditamento,<br />

per diversi schemi di certificazione di prodotto ed è autorizzato dal Ministero per le Politiche<br />

Agricole, Agroalimentari e Forestali per il controllo e la certificazione delle produzioni<br />

regolamentate. Per maggiori informazioni visita il nostro sito: www.suoloesalute.it<br />

• DENOMINAZIONE D'ORIGINE PROTETTA •<br />

Per un preventivo gratuito: sviluppo@suoloesalute.it<br />

Suolo e Salute srl<br />

Via Galliera, 93 - 40121 Bologna (Bo) ITALY - Tel: +39 051 6751265 - Fax: +39 051 6751266<br />

BIOCOSMESI<br />

GREEN ITALY<br />

di Ermete Realacci<br />

Editore Chiarelettere<br />

Pag. 336 - € 15,00<br />

SPEZIE<br />

di Francesco Antinucci<br />

Editore Laterza<br />

Pag. 160 - € 16,00<br />

DOLCI VEGOLOSI<br />

di Autori Vari<br />

Feltrinelli Editore<br />

Pag. 160 - € 14,90<br />

SUOLO E SALUTE<br />

Un libro sempre attuale in cui l’autore ci<br />

ricorda che si può combattere la crisi se si<br />

saprà guardare l’Italia con occhi diversi<br />

da quelli delle agenzie di rating. Storie di<br />

un’alleanza tra imprese e comunità, tra<br />

ambienti e nuovi modi di vivere. Un Paese<br />

che si apre ai mercati globali e rinsalda i<br />

legami con il territorio. Un’idea di futuro per<br />

l’economia, la società e la politica.<br />

Le spezie hanno influenzato l’economia del<br />

mondo e hanno determinato gran parte della<br />

sua storia. La corsa alle spezie ha dato vita<br />

alla più lucrosa attività economica della storia<br />

umana. Alla fine di ogni capitolo l’autore ha<br />

inserito le istruzioni per farne esperienza<br />

diretta attraverso le ricette più tipiche e più<br />

eseguibili della cucina della Roma antica, del<br />

Medioevo e del Rinascimento.<br />

Un nuovo manuale con tutte le basi e tante<br />

proposte di golosità senza uova, burro e latte,<br />

dedicate ai vegani, ma anche a chi vuole<br />

scoprire un modo sano e naturale di concedersi<br />

dolci e rimanere in forma. Più di cinquanta<br />

ricette gustose e facili da realizzare.<br />

Tanti consigli, curiosità, trucchi da rubare e<br />

abbinamenti con vari tè. Spiegazioni chiare e<br />

dettagliate per ottenere risultati sicuri.<br />

50 ecoIDEARE - <strong>Novembre</strong> / <strong>Dicembre</strong> 2015


OLEVANO ROMANO | ROMA | MILANO<br />

— 2015 —<br />

COMUNE DI<br />

OLEVANO ROMANO<br />

robertomatteiDESIGN ©

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