Dieci Venticinque
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Consiste nella voler dar vita a<br />
una cooperativa che svolge e<br />
si occupa di servizi collettivi<br />
all’interno del Comune. I cittadini<br />
volenterosi, proponendosi<br />
come volontari, a questo<br />
scopo hanno la possibilità di<br />
occuparsi di servizi di diverso<br />
tipo e ambito: dal turismo<br />
all’assistenza famigliare, dalla<br />
tutela dell’ambiente al settore<br />
energetico fino ad arrivare alla<br />
creazione propria di mestieri<br />
e attività che non sono ancora<br />
presenti sul territorio. In<br />
particolar modo l’associazione<br />
Borghi Autentici d’Italia andrebbe<br />
a focalizzarsi sul campo<br />
della produzione agricola e<br />
del turismo in generale. Questi<br />
progetti sono stati pensati e<br />
voluti al fine di rendere e sperare<br />
il proprio territorio una<br />
terra fertile e ricca di opportunità<br />
e di servizi per il bene<br />
delle persone. Dal malessere e<br />
inquinamento della mafia alla<br />
sostenibilità di cittadini liberi<br />
e desiderosi di benessere”.<br />
Questo è un vero amore: spendersi,<br />
dare, lavorare per una<br />
qualsiasi causa pretendendo<br />
nulla in cambio. Occuparsi della<br />
comunità, accudirla e farsene<br />
carico in comunione, nella<br />
condivisione; prendersi cura e<br />
avere realmente a cuore il bene<br />
comune. Mettersi in secondo<br />
piano dando spazio all’altruismo<br />
e alla generosità.<br />
Sono questi il bene e l’amore<br />
che solo una madre è in grado<br />
di dare.<br />
Non una madre qualunque.<br />
Non una madre presunta. Non<br />
la mafia: infame e bugiarda<br />
che con violenze e malvagità<br />
mette i figli in secondo piano e<br />
che in testa ha solo unicamente<br />
il proprio benessere <br />
IN ABRUZZO UNA<br />
CASA PER<br />
RINASCERE<br />
di Marta Costantini<br />
I<br />
proventi dell’usura trasformati<br />
in bene per la collettività.<br />
È la storia di un’abitazione<br />
civile appartenuta a una<br />
famiglia rom e destinata a diventare<br />
una casa di accoglienza<br />
per ex detenuti e le loro famiglie.<br />
«Un luogo per chi ne<br />
ha bisogno», come lo descrive<br />
suor Benigna Raiola, dell’associazione<br />
Liberi per Liberare.<br />
L’appartamento, situato in<br />
via Garibaldi 327 ad Avezzano,<br />
è stato confiscato nel 2006 e<br />
successivamente, nel 2009, affidato<br />
al Comune marsicano<br />
dall’ANBSC - Agenzia per la<br />
Gestione dei Beni Sequestrati<br />
e Confiscati. L’anno successivo<br />
don Francesco Tudini, di<br />
Liberi per Liberare, richiede<br />
al Comune la cessione dell’immobile<br />
per destinarlo all’accoglienza<br />
di ex carcerati, cessione<br />
accordata per un periodo di<br />
99 anni. Dopo un’esperienza<br />
trentennale nelle carceri, don<br />
Francesco, insieme a suor Benigna,<br />
si è fatto promotore di<br />
una struttura che sia in grado<br />
di accompagnare i detenuti<br />
del carcere San Nicola nel loro<br />
percorso rieducativo, con lo<br />
scopo principale di fornire assistenza<br />
per il reinserimento<br />
sociale. Quattro anni di lavori,<br />
tra iter burocratici e costruzione<br />
dell’edificio, hanno dato<br />
vita ad una struttura di due<br />
piani, per un totale di 400 metri<br />
quadrati. Fornita di cucina,<br />
refettorio, studio, lavanderia<br />
e posti letto, la casa è capace<br />
di ospitare 12 persone. Come<br />
spiega suor Benigna, l’associazione<br />
«ha dovuto demolire<br />
l’immobile, perché inagibile, e<br />
ricostruirlo ex novo». È stato<br />
faticoso trovare i fondi, arrivati<br />
dai finanziamenti della Diocesi<br />
di Avezzano e del Senato<br />
della Repubblica ma anche dalle<br />
donazioni di privati, per un<br />
totale di circa 500 mila euro. A<br />
maggio, terminati i lavori, la<br />
struttura è stata inaugurata,<br />
ma l’effettiva apertura è prevista<br />
per settembre, in quanto<br />
l’associazione sta aspettando<br />
le autorizzazioni per l’agibilità<br />
dell’immobile e il collaudo<br />
degli impianti. L’abitazione,<br />
«un’esperienza completamente<br />
nuova nel territorio» per<br />
don Francesco, nata dai resti di<br />
attività illecite, è stata trasformata<br />
in un luogo di rinascita,<br />
tanto metaforico quanto letterale,<br />
per coloro che vivono, o<br />
hanno vissuto, un percorso di<br />
detenzione.<br />
Secondo quanto fornito da<br />
Libera, la struttura d’accoglienza<br />
di Avezzano è il solo,<br />
in territorio abruzzese, tra i<br />
beni confiscati alla criminalità<br />
già riutilizzato per fini sociali.<br />
Infatti, stando ai dati dell’AN-<br />
BSC, aggiornati a luglio 2017,<br />
il totale degli immobili seque-<br />
strati che hanno concluso l’iter<br />
di rassegnazione e che sono<br />
stati destinati, è di 63. Tra questi<br />
è possibile perlopiù trovare<br />
appartamenti, garage, terreni<br />
agricoli e ville. Nello specifico,<br />
22 immobili sono stati riassegnati<br />
nel teramano, 18 in provincia<br />
de L’Aquila, 14 nel pescarese<br />
e 9 in provincia di Chieti.<br />
Tra i principali beneficiari degli<br />
immobili ci sono i singoli<br />
comuni che devono adoperarsi<br />
affinché le strutture vengano<br />
destinate a servizi utili alla comunità,<br />
così come vuole la precisa<br />
clausola di riutilizzo a fini<br />
sociali, emessa dai tribunali<br />
per 27 dei 63 immobili. Una<br />
decina degli edifici sequestrati<br />
sono stati, invece, destinati<br />
alla Polizia di Stato e alla Guardia<br />
forestale, mentre nessuna<br />
clausola è prevista per le strutture<br />
rimanenti. In totale i beni<br />
confiscati in Abruzzo, immobili<br />
e aziende – sia quelli in gestione,<br />
per i quali non è ancora<br />
stata emessa la destinazione,<br />
sia quelli che sono stati destinati<br />
– sono 259. Si tratta di un<br />
dato in aumento rispetto agli<br />
anni precedenti, che testimonia<br />
«l’efficacia della strategia,<br />
degli strumenti e delle risorse<br />
impegnate sul versante della<br />
legalità, della giustizia sociale,<br />
dell’inclusione, della diffusione<br />
di una cultura della cittadinanza<br />
responsabile e dell’etica<br />
d’impresa», come dichiara la<br />
dottoressa Tatiana Giannone<br />
dell’associazione Libera. Tuttavia<br />
sta anche a rappresentare<br />
un rinnovato interessate della<br />
criminalità organizzata nei<br />
territori abruzzesi. Nonostante<br />
alcune inchieste giudiziarie<br />
negli anni Novanta avessero<br />
già testimoniato la presenza<br />
di associazioni di stampo mafioso<br />
nella regione, è il terremoto<br />
del 2009, e la successiva<br />
ricostruzione, a rappresentare<br />
la chiave di volta attraverso cui<br />
la criminalità organizzata, ed<br />
in particolare la camorra dei<br />
Casalesi, è riuscita ad infiltrarsi<br />
in diversi settori. Primo fra<br />
tutti quello del mattone. A confermare<br />
l’interesse delle associazioni<br />
di stampo mafioso in<br />
Abruzzo è anche la più recente<br />
operazione “Isola felice”, indagine<br />
dell’Arma dei Carabinieri<br />
conclusa a settembre dello<br />
scorso anno, che ha portato alla<br />
custodia cautelare 25 soggetti.<br />
L’inchiesta, che ha coinvolto<br />
in totale 6 regioni (Abruzzo,<br />
Molise, Campania, Calabria,<br />
Sicilia e Marche), ha rivelato la<br />
consistente ascesa nella regione<br />
della ‘ndrangheta calabrese,<br />
i cui interessi si muovono dal<br />
traffico di stupefacenti e di<br />
armi all’usura e al riciclaggio<br />
di denaro. Il rapporto della Direzione<br />
Investigativa Antimafia<br />
sul secondo semestre del<br />
2016 ha confermato anche la<br />
continua e invasiva presenza<br />
dei clan romanì, le cui attività<br />
comprendono corruzione,<br />
narcotraffico, estorsioni, truffe<br />
e gioco illegale. Un intreccio<br />
perverso, soprattutto per<br />
quanto concerne il traffico di<br />
droga, i cui proventi legano la<br />
criminalità rom con le associazioni<br />
di stampo mafioso, che<br />
fa dell’Abruzzo un’isola tutt’altro<br />
che felice <br />
12 n.35 | SETTEMBRE 2017 13