Marzo 2018
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LIVORNOnonstop<br />
10<br />
boia dé<br />
BOIA DÉ: - La pittura livornese (3ª puntata)<br />
Postmacchiaioli<br />
Riprendendo<br />
il<br />
discorso<br />
sui pittori<br />
livornesi<br />
interrotto<br />
il mese<br />
scorso e<br />
ricordando come lo avessimo<br />
iniziato assieme perché, primo<br />
boia dè, la terra labronica<br />
è considerata la progenitrice<br />
di qualcosa veramente e<br />
considerevolmente nuovo in<br />
territorio pittorico a partire<br />
dalla fine dell’ottocento e per<br />
tutta la prima parte del novecento,<br />
vorrei riprendere il discorso<br />
approfondendo la differenza<br />
della pittura inizialmente<br />
chiamata Postmacchiaiola<br />
e poi identificata col<br />
Gruppo Labronico, ed il maggior<br />
rappresentante dei pittori<br />
nati nella nostra città, Amedeo<br />
Modigliani. L’artista noto<br />
per le sue donne dal lungo<br />
collo, oltre che per la famosa<br />
beffa delle sue teste architettata,<br />
indipendentemente gli uni<br />
dall’altro, da tre geniali ‘mariuoli’<br />
ed un giovane pittore<br />
di Marco Rossi<br />
amaranto nel 1984, non produsse<br />
infatti una scuola nonostante<br />
il grande successo<br />
che, purtroppo soltanto postmortem,<br />
le sue opere hanno<br />
registrato. Il caso resta unico,<br />
apparentemente isolato<br />
dal suo stesso limpido stile,<br />
esclusivo ed inconfondibile,<br />
tragico nella ricerca di qualcosa<br />
di nuovo anche a costo<br />
di restar del tutto solo e non<br />
esser compreso da alcuno.<br />
Pure dal punto di vista umano<br />
la vita di Modigliani non<br />
ha lasciato molte tracce in<br />
città se è vero com’è vero<br />
che la stessa casa di nascita<br />
solo da lontani parenti è stata<br />
di recente riportata alla visitabilità<br />
dei molti che, scesi<br />
in porto nel corso di crociere,<br />
la cercano esplicitamente.<br />
Mario Puccini, invece, quello<br />
che, come abbiamo evidenziato<br />
il mese scorso (anche<br />
grazie alla tesi di laurea<br />
del 1980 della prof.ssa Daniela<br />
Bruzzone in Leonardini),<br />
è stato definito il van<br />
Gogh italiano, non solo spinse<br />
gli artisti che lo avevano<br />
conosciuto a fondare un’iniziativa<br />
tuttora in essere come<br />
il Gruppo Labronico ma, soprattutto,<br />
aprì la strada ad un<br />
nuovo modo di rappresentare<br />
con macchie il proprio vedere<br />
la realtà e le sue quotidianità.<br />
L’usar le macchie, come noto,<br />
era stato scoperto da quella<br />
ventina di frequentatori del<br />
Caffè Michelangelo a Firenze<br />
che accetteranno, proprio<br />
per questo, d’esser chiamati<br />
Macchiaioli.<br />
Formatosi a partire dal 1855,<br />
il movimento era nato come<br />
reazione all’inerzia formale<br />
delle Accademie anche in<br />
rapporto coi fermenti ideologici<br />
del Risorgimento. Alla<br />
sua base si trovava la teoria<br />
che la visione delle forme è<br />
creata dalla luce come macchie<br />
di colore distinte per una<br />
libertà formale perfettamente<br />
in linea coll’Impressionismo<br />
francese pressocchè<br />
contemporaneo.<br />
Teorico e critico fondamentale<br />
dei Macchiaioli era stato<br />
Diego Martelli (1839-1896),<br />
Giovanni Fattori: Autoritratto,<br />
1894, olio su tela, cm. 70x55 - Istituto<br />
Matteucci, Viareggio,<br />
castiglioncellese (in realtà,<br />
però, nato a Firenze) agiato<br />
che dilapidò quasi tutti i suoi<br />
averi, fra cui la casa paterna<br />
poi trasformata nell’attuale<br />
Castello Pasquini, nel sostegno<br />
degli amici pittori.<br />
Oltre al capostipite livornese<br />
Fattori, i principali esponenti<br />
della corrente furono i fiorentini<br />
Lega e Signorini col pisano<br />
Borrani, ma non tutti i<br />
Macchiaioli partirono assieme:<br />
alla prima ondata, diciamo<br />
così, oltre ai citati, appartennero<br />
anche il napole-<br />
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Giovanni Fattori: La rotonda dei bagni Palmieri, 1866, olio su tavola, cm. 12 x 35 - Galleria d’Arte Moderna, Palazzo Pitti, Firenze.