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PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - giugno 2018

Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)

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<strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong> IERI E OGGI<br />

Da Gesù alle braccia di Maria<br />

Gli scritti dell’anno 1927<br />

La conoscenza del dialetto<br />

veneto da parte di san<br />

Leopoldo (cosa spiegabile<br />

per l’infanzia trascorsa a<br />

Castelnuovo di Cattaro, sul<br />

litorale adriatico della Dalmazia per<br />

molti secoli soggetto alla Serenissima,<br />

quindi in area di influenza veneziana<br />

anche se politicamente già<br />

austriaca) è testimoniata in particolare<br />

da due note espressioni del suo<br />

linguaggio: «parona benedeta», in riferimento<br />

alla Vergine Madre, e il ripetuto<br />

«tosi, tosi» con cui era solito<br />

rivolgersi ai confratelli più giovani.<br />

Nell’uso dialettale veneto della<br />

prima metà del Novecento c’era, però,<br />

anche un’altra espressione che,<br />

in modo piuttosto inatteso, precede<br />

immediatamente la già citata frase<br />

latina (rivolta a Maria e tratta dal<br />

notissimo inno Ave, maris stella):<br />

«Monstra te esse matrem». Un appassionato<br />

rivolgersi alla Madre di Dio<br />

che, posta sul retro di una immaginetta<br />

raffigurante Gesù nell’orto<br />

degli Ulivi (come abbiamo giù avuto<br />

occasione di vedere), è indicativo di<br />

un lungo tunnel di sofferenza anche<br />

per padre Leopoldo.<br />

«GESÙ MIO, MISERICOR<strong>DI</strong>A!»<br />

La terza espressione dialettale veneta,<br />

che comunque qui vogliamo<br />

segnalare, è quel «Gesù mio, misericordia!»<br />

(si noti il punto esclamativo<br />

finale) che nelle campagne<br />

venete di allora si pronunciava nei<br />

momenti di sofferenza suprema. Parole<br />

interessanti anche dal punto di<br />

vista semplicemente linguistico, dal<br />

Trent’anni con san Leopoldo (1911-1941)<br />

Il cammino spirituale del santo confessore<br />

documentato dai suoi scritti in latino<br />

d i I v a n o C a v a l l a r o<br />

momento che qui (in dialetto, come<br />

nel latino classico) il termine «misericordia»<br />

si manifesta come una<br />

espressione di dolore e d’infelicità<br />

anche acuta, senza alcun riferimento<br />

a situazioni di colpevolezza, richiamate<br />

invece dalla stessa parola<br />

usata in italiano.<br />

Già abbiamo ricordato che il<br />

prof. Paolo Sambin dell’Università<br />

di Padova, presiedendo il convegno<br />

leopoldiano dell’autunno 1992,<br />

raccomandava la ricerca delle fonti<br />

bibliche della e nella spiritualità del<br />

santo cappuccino. In questo caso,<br />

per capire un termine che, sia nel<br />

dialetto veneto del tempo sia nel latino<br />

d’epoca classica, parla di «sofferenza»<br />

escludendo ogni riferimento<br />

al concetto di «colpa», la fonte biblica<br />

andrebbe molto probabilmente<br />

indicata in quel “cuore” del comandamento<br />

nuovo di Gesù: «Io vi ho<br />

amato» (Giovanni 15,12). Quasi un comandamento<br />

che il Figlio di Dio “impone”<br />

a se stesso, prima ancora di<br />

raccomandare a noi di ricordarcene.<br />

IL “CUORE” DELLA SPIRITUALITÀ<br />

LEOPOL<strong>DI</strong>ANA<br />

In questo passo evangelico sembra<br />

esserci anche il “cuore” della spiri-<br />

tualità leopoldiana, nel suo duplice<br />

aspetto di ecumenismo gradualmente<br />

portato fino all’universalità<br />

e di un’amministrazione del sacramento<br />

della penitenza in cui (caso<br />

più unico che raro) padre Leopoldo<br />

non voleva saperne di mettersi in<br />

ascolto di una “lista della spesa” dei<br />

peccati (subito interrompendo il penitente<br />

abituato a ben diverso tipo<br />

di confessione, magari fin dalla sua<br />

infanzia).<br />

Come faceva, poi, il santo cappuccino<br />

ad avvertire come più importante<br />

l’amore di Dio verso di noi<br />

(al posto del nostro sempre faticoso<br />

cammino verso di Lui) anche in un<br />

momento di vera infelicità, per lui,<br />

come quello seguito all’interruzione<br />

della desiderata (e inseguita per<br />

tutta la vita) esperienza fiumana?<br />

(inviato a Fiume, padre Leopoldo<br />

venne richiamato a Padova poche<br />

settimane dopo, ndr).<br />

Lo scritto dell’8 settembre 1927<br />

(ricorrenza liturgica della Natività<br />

di Maria) può fornire una risposta<br />

in maniera tanto evidente quanto<br />

sorprendente: attribuendo cioè alla<br />

Madre di Dio quanto un autorevolissimo<br />

testo evangelico metteva,<br />

invece, in relazione esplicita con<br />

30 | <strong>PORTAVOCE</strong> | GIUGNO <strong>2018</strong>

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