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Per un codice della cucina lombarda Introduzione

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<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />

(atlante tipologico e nutrizionale<br />

di 100 formulazioni regionali)<br />

Marco Riva, Rossano Nistri e Monica Paolazzi<br />

Regione Lombardia<br />

Unità Organizzativa Politiche di Filiera<br />

Struttura Promozione Prodotti<br />

Revisione:<br />

SPAFA di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese<br />

Editor edizione WEB:<br />

Marco Riva<br />

Progetto <strong>della</strong> Gi<strong>un</strong>ta Regionale, Unità Organizzativa Politiche di Filiera - Struttura<br />

Promozione Prodotti - II a Edizione, Milano 2001<br />

©Copyright Regione Lombardia, 1996-2001<br />

Stampa: Tipografia Ferrari Grafiche, Clusone (BG)<br />

Copie del volume possono essere ottenute gratuitamente rivolgendosi agli uffici<br />

dell'Unità Organizzativa Politiche di Filiera, Struttura Promozione Prodotti,<br />

P.zza IV Novembre 5 - 20124 Milano - Tel. 0267652537, Fax n. 0267652576<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />

.


Nota degli autori<br />

Questo testo presenta in forma moderna ed<br />

efficace la tradizione alimentare <strong>lombarda</strong>,<br />

proponendone <strong>un</strong>a rivisitazione gastronomica.<br />

Esso si configura come <strong>un</strong> utile completamento<br />

all’Atlante dei Prodotti Tipici, edito dalla Regione<br />

Lombardia.<br />

E’ indirizzato ai singoli cittadini-consumatori e<br />

soprattutto agli operatori del settore <strong>della</strong><br />

ristorazione, ma si presta anche a <strong>un</strong>a<br />

valorizzazione dell’offerta turistica e di immagine<br />

<strong>della</strong> Regione.<br />

Con particolare rigore è stata curata<br />

l’autorevolezza dei riferimenti storico-culturali e,<br />

soprattutto, dei contenuti scientifico-divulgativi.<br />

Il testo è configurato in forma di “atlante”<br />

tipologico e nutrizionale di alc<strong>un</strong>e formulazioni<br />

lombarde, rappresentative delle diverse zone<br />

geografico-culturali, accompagnato da <strong>un</strong>a<br />

sintetica introduzione che delinea il contesto<br />

alimentare <strong>della</strong> Regione.<br />

L’atlante si compone di <strong>un</strong>a serie di schede<br />

relative ad altrettante ricette, codificate in quanto<br />

a caratteristiche tipologiche, ingredienti,<br />

esecuzione, varianti, e accompagnate da <strong>un</strong><br />

approfondimento significativo (storia, ingredienti,<br />

curiosità, ecc.).<br />

Ad ogni ricetta corrisponde la sua codificazione<br />

nutrizionale, proposta con il metodo <strong>della</strong> densità<br />

nutritiva e con <strong>un</strong>a rappresentazione grafica che<br />

ne semplifica la divulgazione.<br />

Obiettivo principale di questo atlante è di<br />

testimoniare la ricchezza, la varietà e, fin dove è<br />

possibile, l’attualità e l’orgoglio del modello<br />

alimentare lombardo, sempre meno frequente<br />

nelle abitudini familiari e mal riproposto nella<br />

ristorazione, ma, soprattutto, apertamente<br />

demonizzato sul piano nutrizionale in alc<strong>un</strong>e<br />

semplificazioni divulgative.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


In la padela l’è b<strong>un</strong> anca <strong>un</strong> sciatt<br />

(proverbio popolare lombardo)<br />

(In pa<strong>della</strong>, è buono anche <strong>un</strong> rospo: ovvero, la<br />

sapienza <strong>cucina</strong>ria può ingentilire anche gli<br />

ingredienti più poveri)<br />

... Consideriamo ora <strong>un</strong> altro sistema di<br />

significazione: il cibo.<br />

La lingua alimentare è costituita:<br />

1) dalle regole d'esclusione (tabú alimentari);<br />

2) dalle opposizioni significanti di <strong>un</strong>itá ancora da<br />

determinare (per esempio del tipo: salato /<br />

zuccherato);<br />

3) dalle regole d'associazione, sia simultanea (al<br />

livello di <strong>un</strong>a pietanza), sia successiva (al livello<br />

di <strong>un</strong> menu);<br />

4) dai protocolli d'uso, che forse f<strong>un</strong>zionano come<br />

<strong>un</strong>a specie di retorica alimentare.<br />

<strong>Per</strong> quanto concerne la parola alimentare, molto<br />

ricca, essa comprende tutte le variazioni personali<br />

(o familiari) di preparazione e di associazione (si<br />

potrebbe considerare la <strong>cucina</strong> come <strong>un</strong>a famiglia,<br />

soggiacente a <strong>un</strong> certo numero di abitudini, come<br />

<strong>un</strong> idioletto).<br />

Il menù, per esempio, esemplifica molto bene la<br />

f<strong>un</strong>zione <strong>della</strong> Lingua e <strong>della</strong> Parola: ogni menu è<br />

costituito in riferimento a <strong>un</strong>a struttura (nazionale,<br />

o regionale, e sociale), ma questa struttura è<br />

riempita diversamente a seconda dei giorni e degli<br />

utenti, proprio come <strong>un</strong>a "forma" linguistica è<br />

riempita dalle libere variazioni e combinazioni di<br />

cui <strong>un</strong> locutore necessita per <strong>un</strong> messaggio<br />

particolare. Il rapporto fra la Lingua e la Parola<br />

sarebbe qui abbastanza simile a quello<br />

riscontrabile nel linguaggio: è, grosso modo, l'uso,<br />

ossia <strong>un</strong>a specie di sedimentazione delle parole,<br />

che forma la lingua alimentare; tuttavia, i fatti di<br />

innovazione individuale (ricette inventate) possono<br />

acquistare <strong>un</strong> valore istituzionale. Contrariamente<br />

al sistema del vestito, manca qui l'azione di <strong>un</strong><br />

gruppo di decisione: la lingua alimentare si<br />

costituisce <strong>un</strong>icamente a partire da <strong>un</strong> uso<br />

largamente collettivo o da <strong>un</strong>a "parola" puramente<br />

individuale.<br />

(Roland Barthes, in “Elementi di Semiologia”)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Presentazione<br />

Sono sempre più numerosi gli amanti <strong>della</strong> buona <strong>cucina</strong> e i buongustai innamorati <strong>della</strong> tradizione<br />

italiana che si appassionano nel riscoprire antichi sapori, nel cercare nuove emozioni e avventure nelle<br />

gastronomie inesplorate o rinomate di luoghi e paesi lombardi. E', infatti, proprio nella variegata<br />

configurazione - sia geografica come agricola - <strong>della</strong> nostra Regione che, in questi anni, sono<br />

giustamente ritornati in auge i tanti prodotti tipici che la Lombardia è in grado di offrire: sia<br />

quantitativamente come dal p<strong>un</strong>to di vista qualitativo.<br />

Lo dimostra il grande successo ottenuto dalle numerose richieste <strong>della</strong> I a edizione del volume "<strong>Per</strong> <strong>un</strong><br />

<strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> Lombarda" e la conseguente decisione di procedere a <strong>un</strong>a nuova edizione, arricchita<br />

con la descrizione dei prodotti DOP (Denominazione di origine Protetta) e IGP (Indicazione<br />

Geografica Protetta) <strong>della</strong> Lombardia, con l'elenco dei prodotti tradizionali lombardi, nonché di ben<br />

15 nuove ricette.<br />

In considerazione di questa sempre più diffusa tendenza a ritornare al prodotto tradizionale da parte<br />

di <strong>un</strong>a nuova classe di consumatori, estranea alla cultura del fast food e dei prodotti di massa, che<br />

ama personalizzare le proprie scelte verso alimenti che evocano l'antica saggezza alimentare tipica<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, dedichiamo questa nuova edizione a tutti i palati curiosi ed attenti. Il volume<br />

presenta quindi continui richiami alla storia e alla cultura alimentare del popolo lombardo che<br />

contribuisce a nutrire lo spirito e il cuore di chi ama questa regione.<br />

Se dopo aver letto o sfogliato questo volume vi recherete per <strong>un</strong>a visita storico/enogastronomica in<br />

qualche luogo <strong>della</strong> Lombardia, se andrete alla ricerca dei nostri prodotti tradizionali qui menzionati o<br />

se deciderete di mettervi "ai fornelli" per riscoprire alc<strong>un</strong>e delle ricette proposte, avremo raggi<strong>un</strong>to il<br />

nostro obiettivo. Ecco infatti il senso di questa pubblicazione, <strong>un</strong>a proposta che non vuole essere <strong>un</strong><br />

ritorno anacronistico al passato, ma <strong>un</strong> aiuto in più per valorizzare sulle nostre tavole i cibi<br />

tradizionali, orgoglio <strong>della</strong> terra <strong>lombarda</strong>.<br />

L'assessore all'Agricoltura - Regione Lombardia<br />

Viviana Beccalossi<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


<strong>Introduzione</strong>:<br />

Indice Generale<br />

• Dalla <strong>cucina</strong> rustica alla <strong>cucina</strong> regionale pag. 1<br />

• La codificazione storica <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> tradizionale 6<br />

• Il cibo come lingua 9<br />

Atlante:<br />

• La scheda ricetta pag. 23<br />

• Avvertenze in tema di codificazione quantitativa 29<br />

• Sondrio e Valli 33<br />

• Bergamo e Valli 51<br />

• Como e Lario 69<br />

• Lecco e Brianza 87<br />

• Varese e Ticino 105<br />

• Milano 123<br />

• Lodigiano 155<br />

• Pavia e Lomellina 173<br />

• Cremona e Cremasco 191<br />

• Mantova 209<br />

• Brescia 227<br />

• Garda e Iseo 245<br />

Indici e Bibliografia:<br />

• Indice delle formulazioni (per zona) pag. 264<br />

• Indice delle formulazioni (per tipologia) 266<br />

• Indice delle annotazioni per ingrediente 267<br />

• Indice delle note 269<br />

• Bibliografia 271<br />

• Allegato: I prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia 274<br />

• Gli Autori 280<br />

Gli Autori desiderano ringraziare:<br />

Alberto Capatti (direttore <strong>della</strong> rivista Slow, Arcigola-<br />

Slowfood, docente di Letteratura Francese, Università degli<br />

Studi di Pavia) per il contributo introduttivo.<br />

Nella Cordaro Porta, storica, per la compilazione <strong>della</strong> scheda<br />

introduttiva sulla <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> Valtellina.<br />

Un particolare ringraziamento, inoltre, alla dr.ssa Vincenzina<br />

Lena, per l’opera di coordinamento <strong>della</strong> prima edizione.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Dalla <strong>cucina</strong> rustica alla gastronomia regionale<br />

<strong>Per</strong> ness<strong>un</strong>a altra regione d’Italia, forse, appare difficile come per la Lombardia argomentare<br />

di <strong>un</strong>a gastronomia regionale dai confini chiari e definiti, omogenea nel suo percorso di elaborazione<br />

storica e nella sua espansione geografica.<br />

Terra di frontiera, percorsa nei secoli dagli eserciti di tutta l’Europa, la Lombardia, colonizzata<br />

in antico da popolazioni indoeuropee di stirpe ligure-veneta, ha dovuto di volta in volta fare i<br />

conti con la cultura etrusca, con quella celtica, e poi su su, con i Romani, con i Longobardi,<br />

con i Franchi, e più tardi con i Francesi, gli Spagnoli e gli Austriaci.<br />

Nel nostro secolo, l’industrializzazione a tappe forzate, ha di nuovo mischiato le carte, modificando<br />

sostanzialmente l’aspetto del territorio, confermando Milano come l’<strong>un</strong>ica città a dimensione<br />

veramente europea <strong>della</strong> nostra penisola e attirando entro i confini lombardi prima costanti<br />

e cospicui flussi migratori dalle altre regioni e, più recentemente, <strong>un</strong>a non trascurabile<br />

immigrazione extracom<strong>un</strong>itaria, apportatrice di modelli culturali (e alimentari) molto diversificati.<br />

E’ indubbio che le migrazioni <strong>della</strong> prima metà del secolo e l’espandersi dell’industria alimentare<br />

su scala nazionale abbiano in parte annebbiato, soprattutto nella pianura e nella fascia<br />

prealpina, l’originalità <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> rustica o di paese, basata essenzialmente sull’autoconsumo<br />

<strong>della</strong> limitata gamma di prodotti offerti dal territorio, contribuendo a quel processo di omologazione<br />

interregionale dei gusti che avrebbe potuto costituire, se ce ne fossero state le condizioni,<br />

il contributo lombardo ad <strong>un</strong>a gastronomia nazionale in progress.<br />

Nella proliferazione di ristoranti, tavole calde e p<strong>un</strong>ti di vendita in cui è possibile consumare o<br />

acquistare specialità alimentari alternative o pietanze tradizionali di altre culture etniche (specialità<br />

adesso reperibili con relativa facilità anche sui banconi dei supermercati), è possibile<br />

leggere non solo il segnale di <strong>un</strong>a forte presenza, nelle città più importanti <strong>della</strong> regione, di<br />

colonie spesso numerose di immigrati provenienti dagli angoli più disparati del nostro villaggio<br />

globale; ma vi si acquisisce, se non bastasse, anche la prova dell’attrazione che le cucine<br />

diverse esercitano sulla composita popolazione <strong>lombarda</strong>, quale indice <strong>della</strong> perdita <strong>della</strong> memoria<br />

gastronomica ereditata dalla tradizione.<br />

D’accordo: <strong>un</strong>a tavola imbandita di polente e di stracotti, di mascarpone e di lipidiche cassoeule<br />

non si addice alle esigenze di efficienza e di competitività avanzate dalla società postindustriale.<br />

Ma il modello alimentare e la <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> Lombardia (se mai hanno avuto <strong>un</strong>a qualche<br />

consapevole consistenza e <strong>un</strong>a minima omogeneità) non sono apparsi finora capaci di riconoscere<br />

se stessi e i propri limiti, al di fuori delle schematizzazioni folkloristiche, delle difese<br />

di campanile e dell’accettazione acritica di modelli anacronistici, abbandonando quelli che<br />

potremmo definire gli integralismi regionalisti; né hanno saputo confrontarsi in positivo con<br />

gli altri modelli e le altre cucine, adattandosi piuttosto a subire gli <strong>un</strong>i e le altre quale contributo<br />

necessario sull’altare <strong>della</strong> produzione.<br />

E’ abbastanza arduo, oggi, in Lombardia, riuscire a gustare i piatti <strong>della</strong> tradizione padana o<br />

alpina, oltre quella decina di campioni acquisiti stabilmente dalla ristorazione (il risotto alla pitocca<br />

e quello alla certosina, il vitel toné, i tortelli di zucca, i casonsei bergamaschi ecc.) o<br />

dall’industria (le bresaole, il gorgonzola, il grana e la maggior parte dei formaggi tipici, la mostarda<br />

cremonese, le cipolline sott’aceto e il pan de mej).<br />

Un antipasto di nervetti non plastificati o <strong>un</strong> denso piatto di polenta concia o <strong>un</strong>cia alla maniera<br />

tradizionale, dei pescetti di lago carpionati con misura o <strong>un</strong>a impareggiabile cazzuoletta<br />

d’oca, <strong>un</strong>a sostanziosa minestra d’orzo o dei fagioli con l’occhio e cotiche (<strong>un</strong>a volta d’obbligo<br />

nel giorno dei morti), al di fuori di residue sacche di retaggio familiare, vanno ricercati con la<br />

lanterna.<br />

Ma il fort<strong>un</strong>ato Diogene che veda premiata la propria costanza, sa di non avere com<strong>un</strong>que<br />

materia di allegria, perché gli potrà capitare di trovarsi nel piatto, subito dopo, <strong>un</strong> indegno, fibroso,<br />

approssimativo ossobuco in gremolata o <strong>un</strong>a apocalittica cotoletta impanata troneggiante<br />

sulla melmosa collinetta che qualche ora prima era sicuramente <strong>un</strong> risotto giallo.<br />

C’è, dietro questa perdita di memoria gastronomica, la dispersione di <strong>un</strong> secolare corredo di<br />

tecniche culinarie e il distacco sempre più evidente dalla realtà produttiva di <strong>un</strong> territorio con<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


caratteri agro-fa<strong>un</strong>istici forse di non grande varietà, ma sufficientemente riconoscibili e apprezzabili.<br />

Proprio dalla specificità del territorio, così generoso tanto d’acqua corrente quanto d’acque<br />

ferme, derivava, com’era naturale, alla gastronomia elaborata tra le Alpi e il Po, tra il Ticino e<br />

il Mincio, quella vocazione foraggiera e risicola, polentaia e norcinesca divenuta proverbiale in<br />

tutta Italia.<br />

I boschi per le castagne e i maiali, la pianura e gli alpeggi per le mucche (donde latte, panna,<br />

burro e formaggi), le marcite per il riso e in qualsiasi ritaglio di gleba rivoltabile, il verzée con<br />

le verze, app<strong>un</strong>to (ma non solo), e le galline che razzolano, e <strong>un</strong> angolo di cereali, il mais e il<br />

miglio sopra gli altri.<br />

Come già annotava nel suo De magnalibus Mediolani (Le meraviglie di Milano) il frate legnanese<br />

Bonvesin de la Riva nel XIII secolo, ad esclusione dei vegetali di raccolta, <strong>della</strong> selvaggina,<br />

dei pesci d’acqua dolce e, naturalmente, del mais, che si coltiverà solo dalla fine del XVI<br />

secolo, l’economia agricola e d<strong>un</strong>que la <strong>cucina</strong> tipica, cioè povera, <strong>della</strong> Lombardia si esaurisce<br />

davvero entro questi quattro cantoni, ma con <strong>un</strong>a originalità e, tutto sommato, <strong>un</strong>a varietà<br />

(questo Codice si ingegna di dimostrarlo) che ha del miracoloso.<br />

Le evidenti influenze <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> veneta nel Bresciano e nel Bergamasco, gli stretti vincoli tra<br />

le culture gastronomiche delle due opposte sponde del Ticino (vaste zone delle provincie di<br />

Novara e di Alessandria hanno fatto parte per alc<strong>un</strong>i secoli del Ducato di Milano), le interferenze<br />

delle grasse abitudini cispadane nel Mantovano e nel Cremonese, sono rimasti, il più<br />

delle volte, episodi circoscritti, ancorché ghiotti o allettanti, e non esportati, né per via<br />

d’acqua né di terra, sicché evangelicamente, non ha saputo la riva del lago Maggiore ciò che<br />

<strong>cucina</strong>va la sponda del Garda e ogni zona ha mantenuto alc<strong>un</strong>e specifiche peculiarità di gusto,<br />

di tecniche e di confezione.<br />

A voler cercare <strong>un</strong> minimo com<strong>un</strong> denominatore gastronomico, appare chiaro che quella Lombarda<br />

è <strong>cucina</strong> di lardo e di burro (come quasi ov<strong>un</strong>que sopra la linea dell’Appennino), in cui<br />

prevalgono le tecniche di l<strong>un</strong>ga cottura, come la lessatura e la stufatura, in cui la pasta è arrivata<br />

solo recentemente ad avere diffusione di massa e a usurpare in qualche modo il ruolo<br />

storicamente acquisito dal riso e dalle polente.<br />

E’ d<strong>un</strong>que <strong>cucina</strong> di brodi, di pucie, cioè di sughi, e di zuppe: <strong>cucina</strong> di cucchiaio, più che di<br />

forchetta.<br />

Caratteri <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />

• condimento : lardo, burro, pucie<br />

• tecnica : l<strong>un</strong>ga cottura (bollitura, stufatura)<br />

• risorse : acqua : foraggi ⇒ latte e derivati, formaggi<br />

riso ⇒ carni povere<br />

bosco : castagne<br />

frutti di raccolta<br />

maiale ⇒ carni fresche e conservate (salumi)<br />

verzée : vegetali ed ortaggi<br />

animali da cortile<br />

cereali : pane<br />

pult e polenta<br />

minestre<br />

D’altro canto, <strong>un</strong> processo di reale integrazione delle varie gastronomie di paese verso <strong>un</strong><br />

modello lombardo generalizzato non è stato favorito dalla gastronomia d’élite, le cui linee evolutive,<br />

condensate in alc<strong>un</strong>i trattati di grande notorietà, si snodano in piena autonomia rispetto<br />

alla tradizione regionale e convergono, almeno a partire dal XIV secolo, nei più vasti quadri<br />

<strong>della</strong> elaborazione culinaria europea, cercando con essi consonanze ed euritmie sovranazionali<br />

adeguate alla dignità curiale e aristocratica di committenti di rango, abituati a viaggiare, a<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


pretendere sempre il meglio e a non lesinare denaro per rientrare a pieno titolo, con i propri<br />

simili, in ambiti autoreferenziali garanti <strong>della</strong> reciproca riconoscibilità.<br />

In tal senso, il Libro de arte coquinaria (1450) di Maestro Martino, forse da Como, ma operante<br />

ad Aquileia, il De honesta voluptate (1474) del Platina, l’Opera (1570) dello Scappi e l’Arte<br />

di ben <strong>cucina</strong>re di Bartolomeo Stefani, bolognese di nascita ma gonzaghesco di adozione, non<br />

si riferiscono, nella sostanza, alla cultura regionale <strong>lombarda</strong> più di quanto non accada a trattati<br />

coevi, prodotti in altre regioni d’Italia, nei quali non di rado si collezionano formulazioni di<br />

pietanze alla <strong>lombarda</strong> che i ricettari di autori padani non riportano.<br />

Il percorso storico dalla pult (polentina di farina) al risotto giallo<br />

1. Pult<br />

3. Pult con il latte<br />

7. Putiscia<br />

8. Papa scianscia<br />

12. Bramagere<br />

17. Minestra de<br />

vivanda gialla<br />

15. Vivanda gialla<br />

alla napoletana<br />

4. Pult di farina gialla<br />

2. Polenta<br />

5. Puls juliana<br />

6. Puls tractogalata<br />

9. Pappa di riso macinato<br />

10. Minestra di riso e latte<br />

13. Farro di spelta<br />

14. Amandolato e<br />

farro<br />

18. Vivanda di riso alla<br />

<strong>lombarda</strong> sottestata<br />

19. Risotto milanese giallo<br />

11. Rixo in<br />

bona manera<br />

16. Farro con<br />

brodo<br />

de caponi<br />

20.21.22.23. Risotto alla milanese<br />

CULTURA<br />

MODERNA<br />

Senza dubbio, come stanno a testimoniare alc<strong>un</strong>e delle ricette riproposte in questo Codice,<br />

nel Libro de arte coquinaria si trovano piatti poveri, quali il brodetto de pane, ova et caso o i<br />

beccafichi arrosto che danno conto di <strong>un</strong>a tradizione ben più antica di Maestro Martino e<br />

sopravvissuta nell’uso popolare, molto al di là <strong>della</strong> formalizzazione e delle possibili influenze<br />

del cuoco umanista, almeno fino ai primi decenni del nostro secolo.<br />

Parimenti, se la vivanda di riso alla <strong>lombarda</strong> sottestata con polpe di polli, cervellate e rossi<br />

d’uovo dello Scappi può essere considerata <strong>un</strong>o dei p<strong>un</strong>ti di partenza del risotto alla milanese<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />

CULTURA ARCAICA<br />

CULTURA MEDIOEVALE


e le cerase acide dello Stefani richiamano la brianzola zuppa di ciliege, tuttavia la maggior<br />

parte delle formulazioni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> principesca documentate dagli autori cinqueseicenteschi,<br />

non hanno lasciato traccia nella tradizione gastronomica <strong>lombarda</strong> o sono stati<br />

relegati in ambiti rituali ben precisi (ad esempio, i tortelli di zucca nella ricorrenza natalizia)<br />

che ne hanno permesso la sopravvivenza.<br />

Neppure i vari Cuochi e le diverse Cuciniere milanesi pubblicati, tutti debitamente anonimi,<br />

tra la metà del Settecento e la metà dell’Ottocento, accrescono più di tanto il tesoro di informazioni<br />

attorno allo sviluppo <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>.<br />

A posteriori, semmai, questi libretti possono risultare utili a delineare gli ambiti e le tendenze<br />

di questa gastronomia, in relazione ad alc<strong>un</strong>i apporti provenienti da altre scuole di <strong>cucina</strong>, soprattutto<br />

quella francese: non a caso <strong>un</strong> buon numero di Cuochi e di Cuciniere cercano credibilità<br />

sotto il blasone, ostentato (sin dalla copertina), di <strong>un</strong> perfezionamento realizzato in quella<br />

Parigi indecisa tra rivoluzione e restaurazione, nella quale splendeva la stella <strong>cucina</strong>ria di<br />

Antonin Caréme.<br />

Si può individuare nel Nuovo cuoco milanese (1829) di Giovan Felice Luraschi <strong>un</strong> tentativo di<br />

presa di coscienza del ruolo non marginale <strong>della</strong> cultura milanese rispetto alle elaborazioni<br />

gastronomiche dell’Europa continentale, all’epoca di netto segno parigino e viennese.<br />

Ma quella che fu indubbiamente <strong>un</strong>a geniale intuizione del cuoco milanese, benché ripresa e<br />

amplificata, con taglio positivista, qualche anno più tardi, dalla Cucina degli stomachi deboli<br />

del medico lecchese Angelo Dubini, dovette collidere con la necessità post-<strong>un</strong>itaria di amalgamare<br />

e integrare non solo le diverse etnie e le culture regionali in <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ica nazione, ma anche<br />

le mille gastronomie <strong>della</strong> penisola in <strong>un</strong> solo modello che potesse definirsi italiano.<br />

Pellegrino Artusi, padano di Romagna, più di ogni altro, con la sua Scienza in <strong>cucina</strong> (1891)<br />

assolse questo compito di sintesi; ma poco attratto com’era dalla gastronomia transpadana,<br />

ne sottostimò il valore e ne favorì, di fatto, con l’eccezione di pochissimi piatti, il confinamento<br />

nei rispettivi ambiti regionali.<br />

Paradossalmente, nei decenni centrali del XIX secolo, caratterizzati da <strong>un</strong>a accentuata espansione<br />

economica e dalla continua evoluzione dello stile di vita, il tentativo, di matrice schiettamente<br />

borghese, di collocare Milano al centro di <strong>un</strong> territorio culturalmente omogeneo, anche<br />

nei gusti alimentari e nell’arte <strong>della</strong> buona tavola, si esaurì nel corso di pochi decenni.<br />

Saranno, nello scorcio del secolo e nei primi anni del Novecento, ben più <strong>della</strong> monumentale<br />

Arte <strong>cucina</strong>ria in Italia. Cucina di lusso per albergo e di famiglia (1910-11) di Alberto Cougnet,<br />

gli ingenui librettini economici <strong>della</strong> Sonzogno (dalla Cucina Igienica del 1878 all’intera<br />

collana <strong>della</strong> Biblioteca Casalinga del 1906-7) a diffondere ov<strong>un</strong>que i modelli stereotipati di<br />

quella che sarà conosciuta come la <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> del nostro secolo.<br />

GASTRONOMIA<br />

POPOLARE<br />

Codificazione dei modelli gastronomici lombardi<br />

GASTRONOMIA DI CORTE<br />

• Maestro Martino (Libro de Arte Coquinaria, 1450)<br />

• Bartolomeo Platina (De honesta voluptate, 1474)<br />

• Bartolomeo Scappi (Opera dell’arte ..., 1570)<br />

• Bartolomeo Stefani (L’arte di ben <strong>cucina</strong>re, 1675)<br />

GASTRONOMIA BORGHESE<br />

• “Cuochi” e “Cuciniere” (1750-1830)<br />

• Felice Luraschi (Nuovo cuoco milanese, 1829)<br />

• Angelo Dubini (La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, 1842)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


La codificazione storica <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> tradizionale<br />

Il pranzo di nozze di Renzo e Lucia, ovvero la gastronomia <strong>lombarda</strong><br />

attraverso guide e segnalazioni <strong>della</strong> prima metà del secolo<br />

a cura di Alberto Capatti<br />

(direttore <strong>della</strong> rivista Slow, Arcigola-Slowfood<br />

docente di Letteratura Francese, Università degli Studi di Pavia)<br />

Intorno alla metà dell’’800, quando si mormorava che le linee ferrate avrebbero presto<br />

affiancato le strade, tagliando in linea retta e parallela i campi, i lombardi, come i personaggi<br />

di Alessandro Manzoni, si concedevano con parsimonia l’uso del carro o il lusso <strong>della</strong> barca,<br />

spostandosi per lo più a piedi. La Lombardia dei Promessi Sposi formava <strong>un</strong> triangolo di<br />

piccola estensione, fra Lecco, Milano e Bergamo, i cui lati erano l<strong>un</strong>ghi da percorrere, miglio<br />

dopo miglio, parrocchia dopo parrocchia. <strong>Per</strong> le vie d’acqua, s’andava più spediti, seguendo<br />

tuttavia rilievi, imboccando canali, in <strong>un</strong> paesaggio per così dire comandato. La superficie a<br />

piano obliquo, dai monti ai laghi, dalle valli ai laghetti e alle piane fluviali, era la sola che tutti<br />

conoscessero, anche i contadini e i m<strong>un</strong>gitori, e la Lombardia ne costituiva l’espressione<br />

geografica. Più che <strong>un</strong> sentimento di identità territoriale, ogn<strong>un</strong>o aveva nei piedi delle radici, e<br />

non cercava oltre.<br />

Questa visione triangolare del territorio - il proprio paese, il capoluogo, <strong>un</strong> confine - è molto<br />

diffusa fra la gente, anche nell’Italia <strong>un</strong>ita. Se i nomi delle città, con quelli dei fiumi in ordine<br />

incerto, a seconda se destri o sinistri, occidentali o orientali, entrano nel bagaglio puerile, i<br />

costumi e le abitudini di <strong>un</strong> mantovano restano <strong>un</strong> mistero per i coltivatori <strong>della</strong> vigna<br />

valtellinese. A questa incomprensione, per non dire insensibilità, scuola, stampa e trasporti<br />

cercheranno di rimediare, con risultati astrattamente mnemonici, improbabili, se misurati alla<br />

luce di cognizioni come quelle che concernono la lingua, la casa, l’alimentazione. Solo i<br />

notabili delle grandi città del nord, paventano questo stato di confusione, e cercano di<br />

affrontare il problema dall’alto, con la carta murale d’Italia, da commentare e riempire. Il<br />

Touring Club ciclistico Italiano fondato a Milano nel 1894, privo nel 1900 dell’epiteto sportivo,<br />

è <strong>un</strong>o dei poli di questa riconquista. Essa avverrà per gradi con carte e riviste, Le vie d’Italia,<br />

L’albergo in Italia, dagli obbiettivi patriottici, utilitari, edonistici.<br />

Nella conoscenza dei costumi alimentari, la bicicletta non poteva dare risultati globali,<br />

tuttalpiù permetteva singole p<strong>un</strong>tatine, qualche escursione. Oltre ad <strong>un</strong> catalogo delle<br />

specialità, manca infatti, all’inizio del ‘900, il quadro nazionale di riferimento. Della piana<br />

<strong>lombarda</strong>, Pellegrino Artusi, fiorentino d’adozione, riportava i seguenti piatti: il risotto, la<br />

trippa col sugo, la polenta pasticciata, l’osso buco, la costoletta di vitello di latte. Lombardia,<br />

nella prima edizione <strong>della</strong> Scienza in <strong>cucina</strong> (1891), era Milano, senza il panettone<br />

tradizionale, migliorato e perfezionato da Marietta Sabadini, la sua cuoca. Allontanandosi dalla<br />

Toscana e dalla Romagna, visitate dal gastronomo e commerciante di sete in l<strong>un</strong>go e in largo,<br />

varcato <strong>un</strong>o dei ponti sul Po, la capitale viene preferita al contado e alle provincie orientali.<br />

Solo tardivamente vengono aggi<strong>un</strong>te le “frittelle di polenta alla lodigiana”. Merito di questa<br />

descrizione era di rendere comprensibile la geografia gastronomica d’Italia, semplificandola al<br />

massimo ; il limite invece lo si percepiva nei criteri stessi di approvvigionamento: non <strong>un</strong>a<br />

sola trota riceve nella Scienza in <strong>cucina</strong> l’onore <strong>della</strong> ricetta.<br />

Uno dei paradossi di codesto approccio toscaneggiante alle cucine, è di assomigliare come <strong>un</strong>a<br />

goccia d’acqua, a quello vigente in Francia, dove Parigi ha lo stesso potere di risucchiare<br />

risorse e specialità in solido, di dettare legge su ogni singolo piatto, cedendo alle provincie i<br />

soli meriti enologici. Ma è proprio negli anni del primo dopoguerra, che nelle associazioni del<br />

turismo motorizzato, nei cenacoli <strong>della</strong> buona tavola e soprattutto nei clubs <strong>della</strong> destra dove<br />

è vivo l’amore per la campagna e la provincia, per la Francia profonda, cattolica, conservatrice<br />

e contadina, comincia a serpeggiare la rivolta contro la capitale, contro i ristoranti più famosi<br />

del mondo. Dal 1920 al 1940, <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong> borghesia parigina si riconverte, e adotta in<br />

odio all’alta <strong>cucina</strong> cosmopolita, i piatti delle proprie campagne. Riscopre l’aglio provenzale e il<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


afano d’Alsazia, il pesce da zuppa mediterraneo e la lampreda al vino. Ricettari e guide<br />

permettono a chi<strong>un</strong>que, con <strong>un</strong>a automobile e pochi franchi, di divorare chilometri e piatti.<br />

Senza i limiti <strong>della</strong> visione artusiana e senza la riconversione regionalista francese, la<br />

scoperta negli anni ‘30, del territorio gastronomico italiano (e lombardo), non è apprezzabile.<br />

Nella primavera del 1928, infatti, nel corso di <strong>un</strong> cena del Rotary di Milano, nasce la<br />

determinazione in <strong>un</strong> gruppo di soci del Touring Club, di dar vita ad <strong>un</strong>a guida gastronomica<br />

d’Italia, nelle mutate condizioni di <strong>un</strong>a civiltà automobilistica. Le Vie d’Italia e L’albergo in<br />

Italia riprendono nel gennaio seguente il progetto: <strong>un</strong> questionario viene “trasmesso ai 5000<br />

consoli, ai 1800 Medici, ai 600 Farmacisti del Touring”. Più che <strong>un</strong> sondaggio, si tratta di <strong>un</strong><br />

consulto in profondità: “Vennero egualmente interessati i 92 consigli provinciali dell’Economia,<br />

100 fra Associazioni, Cooperative, Consorzi agrari, numerosi Fasci provinciali femminili, 400<br />

Podestà, 300 Direttori didattici delle principali Scuole d’Italia, 500 maestri elementari”. “Un<br />

largo contributo di notizie” infine “venne similmente recato da oltre 100 Ditte produttrici di<br />

specialità gastronomiche, da numerosi direttori e cuochi di alberghi e di trattorie”. Un siffatto<br />

concorso non era possibile, senza l’avallo e l’incoraggiamento del governo che dalla varietà di<br />

cibi e di vini tipici, traeva sp<strong>un</strong>to per operare <strong>un</strong>a sintesi nazionale e <strong>un</strong> bilancio autarchico.<br />

La promozione del “crotto”, <strong>della</strong> “buca”, dell’osteria con tavoli e botti, rientra nella rinascita<br />

di <strong>un</strong> edonismo autoctono. Fiere, mostre, sagre, nel corso del ventennio, servono a saldare<br />

ogni parte del suolo ad <strong>un</strong> solo destino e le colonie stesse diverranno l’espressione<br />

paradossale di <strong>un</strong>a regionalità di frontiera.<br />

Il questionario era ed è <strong>un</strong> modello del genere. Si richiedono notizie sulle seguenti categorie<br />

merceologiche: frutta e verdure (le patate <strong>della</strong> Valtrompia), carni (il vitello di Monza), pesci<br />

e affini (i coregoni del Lago Maggiore), formaggi e latticini (il Bel Paese di Melzo), salumi (i<br />

cresponi di Abbiategrasso), pani (le pavesine), paste (i pizzoccheri di Teglio) e il miele. Di<br />

ogni piatto, è necessaria la denominazione locale dialettale, la traduzione italiana, <strong>un</strong>a<br />

descrizione succinta, eventuali notizie storiche, oltre alla menzione <strong>della</strong> stagionalità. Va<br />

precisato infine se trattasi di cibo da casa o da ristorante. Segue <strong>un</strong>a analoga inchiesta su<br />

dolci e bevande, vini, liquori e acque minerali.<br />

La Guida gastronomica d’Italia esce nel febbraio 1931 con la presentazione di <strong>un</strong> enologo,<br />

S.E. l’on. Prof. Arturo Marescalchi, sottosegretario di Stato per l’agricoltura e foreste. Le due<br />

promesse iniziali sono matenute: <strong>cucina</strong> paesana e derrate locali illustrano <strong>un</strong> territorio<br />

ricomposto a mosaico. Il merito maggiore dei promotori milanesi è di non aver dimenticato<br />

l’artigianato e l’industria, sviluppi nodali <strong>della</strong> storia agraria. La Lombardia viene presentata,<br />

introdotta, dai pascoli, dai caseifici e dai nomi celebri di: Mascherpone, Robiole, Bel Paese,<br />

Fior d’Alpe, Crescenza, Quartirolo, Gorgonzola, Grana. Alla loro f<strong>un</strong>zione di portavoce, si<br />

<strong>un</strong>isce, fuori zona, il Bitto, seguito dagli altri formaggi del milanese, l’Emmenthal nazionale, lo<br />

Sbrinz elvetico, il Caciocavallo, il Provolone e l’Asiago. Un inserto pubblicitario <strong>della</strong> Società<br />

Italiana dei Prodotti alimentari Maggi, attira l’attenzione su Sesto S.Giovanni, quale centro di<br />

gastronomia industriale. Dopo questo argomento chiarissimo, si passa alla suddivisione per<br />

provincie, cominciando da Milano. Ogni capoluogo viene identificato grazie a derrate e piatti,<br />

seguito dalla lista dei centri minori, borghi e villaggi, con almeno <strong>un</strong>a specialità. Varese, in<br />

mancanza d’altro, è la cassoeula e la rostisciada ; Busto Arsizio i bruscitt. Uscendo dalle<br />

prefetture, si scopre <strong>un</strong> mondo operoso, con vocazioni antiche, talora bucoliche. Vicino a<br />

Como, si trova Ronago con il suo miele di robinia; l<strong>un</strong>go le rive dello stesso lago, Nesso e i<br />

suoi cavolfiori. Le note corrono via, lepide e rapide: a Varzi sono assegnati i ceci e il salame<br />

crudo, a Mortara ogni ben di Dio: “biscotti, formaggi, latte condensato, panna sterilizzata,<br />

salame d’oca, zuppa di rane, rane fritte, arrosto in umido, sott’aceto”.<br />

Nel campo delle guide e dei prodotti turistici, due sono le vie solitamente percorse, quella<br />

promozionale e quella informativa. Della prima è <strong>un</strong> esempio la carta gastronomica d’Italia del<br />

pittore romagnolo Umberto Zimelli, edita dall’ENIT in lingua francese, nel 1932: si trovano<br />

disegnati, nell’area <strong>lombarda</strong>, quattro formaggi (Mascherpone, Gorgonzola, Belpaese,<br />

Stracchino), il risotto, il panettone, la polenta e osei, tre f<strong>un</strong>ghetti sulla cresta delle Alpi e <strong>un</strong>a<br />

bottiglia di Sassella. Destinata agli stranieri, codesta mappa simbolica ricalca <strong>un</strong>a idea<br />

francese del 1809. Della seconda, il miglior esito è La guida gastronomica d’Italia, rivolta al<br />

turismo di piccolo e medio raggio, preferibilmente motorizzato: vi ritroviamo <strong>un</strong> bilancio delle<br />

risorse alla luce del quale viene presentato <strong>un</strong> paniere di prodotti del bel paese. Alla citazione<br />

in forma di ricetta, il TCI preferisce definire o menzionare il piatto, grazie al quale ogn<strong>un</strong>o<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


potrà svolgere la propria indagine in loco. Quanto al costume nutritivo, esso non si presta a<br />

bugie: “Ai giorni nostri” si dice a proposito di Pavia “non v’ha nulla che ricordi <strong>un</strong>a tradizione<br />

gastronomica, ma solo alc<strong>un</strong>e consuetudini nemmeno estese a tutta la provincia”.<br />

Il compromesso fra industria agroalimentare e valorizzazione di modeste risorse locali,<br />

imposto dalla visione autarchica del regime, dà i suoi frutti rendendo moderna, l’idea di<br />

tradizione. E’ sorprendente come essa abbia attecchito riproducendosi senza riforme. Un<br />

confronto fra La guida Gastronomica d’Italia (1931) e La Guida all’Italia gastronomica (1984),<br />

conferma, per i prodotti e le specialità, l’esistenza di <strong>un</strong> filo continuo. Nella provincia di<br />

Brescia, malgrado la scomparsa <strong>della</strong> pesca gardesana e <strong>della</strong> caccia nei ròccoli, restano<br />

alose, anguille e soprattutto stormi di uccelletti da polenta. Fra i centri vicini, Bagolino,<br />

Desenzano, Edolo, Gavardo, Iseo, Rovato, Salò, Sirmione, figurano cinquant’anni dopo; solo<br />

Ponte di Legno viene aggi<strong>un</strong>to. Numerose le rettifiche, ispirate dalla rinascita di <strong>un</strong>a<br />

ristorazione “tipica”, intatto il quadro.<br />

Se la geografia gastronomica mostra <strong>un</strong>a forte continuità, l’ideologia del gruppo di rotariani<br />

milanesi è sfumata nei decenni. Nel 1929, la speranza di molti era la nascita di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong><br />

italiana “come la francese, .. al di sopra delle singole cucine regionali”, nella quale fosse<br />

sensibile, se non dominante, l’apporto lombardo. Cinquant’anni dopo, Milano figura come la<br />

prima città a ospitare “ristoratori d’ogni regione d’Italia e di molti Paesi stranieri”, <strong>un</strong>a città<br />

dalla memoria sempre più corta, che ha perso le proprie abitudini. Uno degli effetti maggiori<br />

<strong>della</strong> catalogazione praticata oltre che dalle guide, dai ricettari e dalle rubriche su carta<br />

stampata, è la nascita di <strong>un</strong> mercato nazionale del prodotto tipico, con la conseguenza di<br />

separare le “specialità” dal territorio e dai suoi custodi. Le considerazioni del 1931 sul<br />

caciocavallo “milanese”, promettevano, in <strong>un</strong> regime di consumi liberi e vari, a panettoni e<br />

pizze <strong>un</strong>a tipicità “nazionale”.<br />

Tradotta in prosa da <strong>un</strong> vero letterato, La guida gastronomica, dava, nel 1935 Il ghiottone<br />

errante. Paolo Monelli vi approfondiva, in <strong>un</strong> suo giro d’Italia, prodotti “genuini” e simboli<br />

<strong>della</strong> tradizione in chiave ristorativa. Con garbo e bella lingua, abbreviava la conquista delle<br />

cucine lombarde, cominciando la sua visita, nel mese di giugno, da <strong>un</strong>a trattoria sul Naviglio.<br />

A completamento di <strong>un</strong> percorso triangolare, dopo <strong>un</strong>a p<strong>un</strong>tata, a mezzogiorno, nell’osteria<br />

<strong>della</strong> Peppa in Valsassina, approdava ad <strong>un</strong> sito famoso del ramo di Lecco: “la sera all’osteria<br />

a Pescarenico mangiavamo di grande appetito la scura e forte bresaola per prepararci la bocca<br />

al vino di Valtellina”<br />

La tipicità, nella testa di <strong>un</strong> turista non comporta mai confini troppo rigidi, e svaria dalla valle<br />

ai laghi senza scandalo. Ora si lega al prodotto, ora al consumo, ora all’occasione e al menù:<br />

a fette sottili, <strong>un</strong>a bresaola è sempre Valtellina, nell’alto o basso lago. La tappa al ristorante,<br />

da Pellegrino Artusi a Monelli sino ai nostri cronisti, permette quindi di percorrere le distanze<br />

a volo di falco, e di beccare il frutto lontano dalla pianta. Nel quadro regionalista, collaudato<br />

nel corso degli anni ‘30, ogni cibo, fatti salvi certi criteri formali e sostanziali di elezione, può<br />

diventare tipico, se etichettato tale. Quindi viaggia, si riproduce, viene consumato.<br />

Da <strong>un</strong> ritorno in auge delle osterie all’altro, da <strong>un</strong>a insegna alla sua erede e omonima, i gusti<br />

si perpetuano oltre che nella bocca e nella memoria, sulla carta. La <strong>cucina</strong> è <strong>un</strong> luogo per<br />

chierici, al pari <strong>della</strong> biblioteca, di cui alc<strong>un</strong>i seri, altri faceti. Il capitolo, consacrato dal<br />

Ghiottone errante alla Lombardia, a coronamento di <strong>un</strong>a ricerca di certe radici culturali, porta<br />

<strong>un</strong> titolo ironico e scolastico: “Il pranzo di nozze di Renzo e Lucia”. Non è <strong>un</strong>o scherzo: in ogni<br />

specialità consumiamo l’idea di specialità, e la cultura che l’ha confezionata. Si può divorare il<br />

Manzoni in molti modi, dal primo al dessert, restando a tavola. Quale sarà allora la torta di<br />

Renzo e Lucia ? Non bisogna fidarsi di <strong>un</strong>a malapenna, di <strong>un</strong> Monelli, perchè da burlone<br />

modenese, tira fuori <strong>un</strong> panettone e, ammiccando, ne disegna il profilo, ne ritrae la capoccia<br />

familiare. “Il dolce dei lombardi è <strong>un</strong> pane badiale, <strong>un</strong> malloppo br<strong>un</strong>o e madornale, il pane<br />

inventato da Toni fornaio (pan de Toni, panettone) ; che se non fosse conosciuto ormai come<br />

la bettonica parrebbe ai riguardanti tutt’altra cosa che <strong>un</strong> dolce dalla polpa soffice e gonfia<br />

d’aria fragrante: piuttosto <strong>un</strong> berretto da cuoco gettato in bronzo, <strong>un</strong> pallone da giocarci il<br />

calcio, <strong>un</strong> testone da tirarci al bersaglio nelle fiere”.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Il cibo come lingua<br />

La definizione di <strong>un</strong> “<strong>codice</strong>” di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> regionale, piuttosto che la presentazione di <strong>un</strong><br />

atlante di formulazioni, come è nelle pretese di questo testo, richiama immediatamente la<br />

priorità di riferirsi ad alc<strong>un</strong>e regole e strutture dell’alimentazione.<br />

Le abitudini alimentari, come è noto, si costituiscono sulla base di complessi meccanismi e<br />

stratificazioni: necessità biologiche dell’organismo, disponibilità di risorse, livello di<br />

accessibilità alle risorse disponibili, capacità culturali di adattamento, valenze emotivo -<br />

simboliche dell’atto alimentare.<br />

E’ fuori dagli obbiettivi di questo testo approfondire queste problematiche. Basterà ricordare<br />

come l’alimentazione rappresenta la risposta ad <strong>un</strong> bisogno biologico primario, per soddisfare<br />

il quale introduciamo energia e nutrienti (onde corrispondere ai fabbisogni plastici e di<br />

sostentamento dell’organismo) ed ancora <strong>un</strong>’altra quota di nutrienti (vitamine e sali minerali)<br />

quali regolatori del metabolismo. I principi nutritivi sono contenuti negli alimenti, in diversa<br />

proporzione e forma di compartimentazione: tant’è che l’uomo ha dovuto esercitare <strong>un</strong><br />

immane sforzo di adattamento e di selezione per imparare ad utilizzare al meglio le risorse<br />

alimentari, le quali, come tutte le risorse naturali, soggiacciono a ovvie limitazioni di<br />

disponibilità nel tempo e nello spazio. Grazie a questo sforzo, la civiltà umana è progredita,<br />

imparando ad “umanizzare” gli alimenti: con la coltivazione, l’allevamento, la pesca, lo<br />

scambio ed il commercio delle derrate, l’applicazione di tecniche e tecnologie per superare la<br />

compartimentazione di alimenti e principi nutritivi e renderne possibile la conservazione, ecc.<br />

Sempre per corrispondere alla limitata disponibilità, l’uomo ha presto imparato ad organizzare<br />

razioni alimentari sotto forma di combinazioni ed associazioni di alimenti, strutturando<br />

protocolli (formulazioni e menù), che sempre hanno esemplificato <strong>un</strong>a propensione inconscia<br />

alla “saggezza del corpo”.<br />

Una importante guida alla formazione di abitudini e protocolli alimentari “saggi” è sempre<br />

stata esercitata dalle caratteristiche sensoriali degli alimenti: gusto, consistenza, aspetto,<br />

aroma e colore di <strong>un</strong> prodotto sono in <strong>un</strong> complesso rapporto con la sua struttura<br />

nutrizionale. L’uomo, cibandosi, ha inseguito <strong>un</strong>a ottimizzazione ed <strong>un</strong>a soddisfazione<br />

sensoriale che quasi sempre corrispondevano ad <strong>un</strong> parallelo risultato di equilibrio<br />

nutrizionale, ad esempio apprezzando ciò che è dolce, aromatico, acidulo (più zuccheri e più<br />

sali minerali e vitamine) ma rifuggendo da ciò che è amaro o puzzolente (cioè potenzialmente<br />

velenoso o igienicamente contaminato).<br />

Ancora, l’uso degli alimenti ed i relativi protocolli di associazione-formulazione sono sempre<br />

stati vincolati alle disponibilità economiche (di <strong>un</strong> individuo, di <strong>un</strong> gruppo, di <strong>un</strong>a<br />

popolazione), cosicchè l’alimentazione si presta ad <strong>un</strong>a rilettura e ad <strong>un</strong>a interpretazione<br />

sociale: i ceti abbienti hanno sempre goduto di <strong>un</strong>a relativa abbondanza di disponibilità (e<br />

quindi hanno “inventato” <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> più ricca), mentre i poveri si sono sovente dovuti<br />

adattare alla scarsità di risorse, sopperendovi in molti casi con la fantasia.<br />

Questa complessa vicenda di selezione-adattamento ha proiettato sull’alimentazione potenti<br />

valenze simboliche, oscurando in molti casi il primario istinto biologico: risolto il problema del<br />

rapporto cibo-sopravvivenza, oggi mangiamo quello che ci piace, che meglio corrisponde<br />

ideologicamente e culturalmente alle nostre pulsioni ideali ed alle consuetudini del nostro<br />

status sociale e di gruppo, al di là del significato biologico dell’atto alimentare. Ad esempio, il<br />

risotto con lo zafferano, prima ancora che <strong>un</strong> modulo più o meno perfetto di ass<strong>un</strong>zione<br />

nutrizionale, rappresenta per molti di noi <strong>un</strong> rito di adesione ad <strong>un</strong>’identità regionale, mentre<br />

<strong>un</strong>a bibita alla cola, prima del significato di dissetamento, è sovente <strong>un</strong> simbolo di adesione<br />

ad <strong>un</strong>a ideologia giovanilistica.<br />

<strong>Per</strong> dirla con Roland Barthes: “Comprando <strong>un</strong> alimento, consumandolo o facendolo<br />

consumare, l’uomo moderno non maneggia <strong>un</strong> semplice oggetto in modo transitivo: questo<br />

alimento riassume e trasmette <strong>un</strong>a situazione, costituisce <strong>un</strong>’informazione, è significativo. Ciò<br />

vuol dire che l’alimentazione non è semplicemente l’insieme di motivazioni più o meno<br />

coscienti, ma è <strong>un</strong> autentico segno, forse l’insieme di <strong>un</strong>a struttura di com<strong>un</strong>icazione”.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Volendo delineare a grandi linee la struttura di riferimento delle tradizioni alimentari in<br />

<strong>un</strong>’area circoscritta, torna d<strong>un</strong>que utile analizzare l’alimentazione come <strong>un</strong>a lingua, <strong>un</strong><br />

protocollo di com<strong>un</strong>icazione.<br />

Già ad <strong>un</strong> livello puramente simbolico, esistono infinite analogie fra atto alimentare e<br />

struttura di com<strong>un</strong>icazione: le lingue vive (soprattutto i dialetti) censiscono <strong>un</strong>’infinità di<br />

variazioni semantiche intorno al cibo, anche a testimonianza <strong>della</strong> centralità dei protocolli di<br />

uso e consumo del cibo nelle vicende di sopravvivenza. Un’altra fonte di documentazione di<br />

queste analogie (che qui non abbiamo la possibilità di approfondire) sono i detti e i proverbi,<br />

che recepiscono la necessità di tramandare piccole regole ed osservazioni e che d<strong>un</strong>que sono<br />

il succo <strong>della</strong> saggezza popolare. Anche in questo caso i riferimenti alimentari sono<br />

abbondanti.<br />

La ricchezza semantica delle parole riferite al cibo, per quanto riguarda il territorio oggetto<br />

<strong>della</strong> nostra codificazione, è ben riass<strong>un</strong>ta dalle riflessioni riportate da F.Bassani (<strong>un</strong>o studioso<br />

di tradizioni locali), qui di seguito riportate, e che possono valere come esempio e traccia di<br />

<strong>un</strong>a ricerca ancora solo abbozzata dagli etnografi.<br />

Le variazioni semantiche del mangiare<br />

(in riferimento al dialetto brianzolo e comasco,<br />

da F.Bassani, El mangià di nost vecc, Bertoni Ed., Merate (Co), 1980)<br />

“.... Oggi si dice mangià, ma <strong>un</strong> tempo majà era molto più com<strong>un</strong>e, cosiccome era molto più<br />

com<strong>un</strong>e l’iterativo majocà... e quel majà o majocà lascia intravvedere, più che l’appetito, la<br />

fame di gente che non naviga certo nell’abbondanza. E chi è costretto a tirare sempre la<br />

cinghia non aspira poter fare, almeno <strong>un</strong>a volta all’anno, <strong>un</strong>a bella majada (abbuffata), così<br />

da sentirsi finalmente segoll (satollo)? ... Il popolo inventa allora pacià e paciada (qualcosa<br />

come “scorpacciata”). Il suono stesso di questo intraducibile pacià ci fa immaginare il<br />

movimento <strong>della</strong> bocca e delle ganasce, ce ne fa sentire il rumore, ci fa cogliere <strong>un</strong> senso di<br />

piena soddisfazione ....<br />

..... Ai piccini non si lasciava mai mancare il cibo, anzi piaceva vederli paciotà (cioè mangiare<br />

spesso ed abbondantemente). Il bambino bianco-rosso e paffuto, grasso come <strong>un</strong> maialino, è<br />

il paciarott: .... i genitori ne vanno fieri ... e così lo lasciano paciotà, magari fino a ingusàs.<br />

Ma crescendo imparerà anche lui a cumpesà, come tutti gli altri. Il verbo cumpesà è<br />

certamente il più adatto a indicare il modo di mangiare di <strong>un</strong> tempo, significa proprio<br />

“mangiare con peso, con misura”, giacchè la pietanza a disposizione è quasi sempre scarsa. E’<br />

la regiura di casa che raccomanda a tutti di cumpesà, mentre serve in abbondanza polenta e<br />

pangiallo (che di solito non si misurano) ....<br />

Appena sp<strong>un</strong>tati i denti, il ragazzino si impegnava subito a sgagnà o a cagnà (mangiare con<br />

morsi vigorosi) ... Ma la gente, che imparava subito ad accontentarsi di poco, si compiaceva<br />

in mancanza di meglio anche di sgandulà allegramente qualcosa di duro e gustoso. Anche<br />

questo sgandulà è intraducibile e ci fa immaginare <strong>un</strong>o che fa passare con gusto da <strong>un</strong>a parte<br />

all’altra <strong>della</strong> bocca la gandùla (il nòcciolo) di <strong>un</strong> frutto, succhiando, leccando, quasi a<br />

prol<strong>un</strong>gare il gusto di qualcosa che sta per finire.<br />

Majà, pacià, cumpesà, sgagnà, sgandulà: tanti modi di dire mangiare, quando da mangiare<br />

c’era poco ....<br />

Ma lasciamo queste analogie, per ritornare ai segni ed ai significati.<br />

Come tutte le lingue e gli idiomi alla base delle abitudini alimentari di <strong>un</strong> individuo o di <strong>un</strong><br />

gruppo c’è infatti <strong>un</strong> insieme di regole e strutture “semantiche”: <strong>un</strong> alfabeto (i nutrienti),<br />

delle parole (gli alimenti), delle costruzioni logiche (le formulazioni), delle costruzioni<br />

retoriche (i menù, i protocolli d’uso).<br />

Ogni parola (alimento) è costituita da alc<strong>un</strong>e lettere dell’alfabeto (nutrienti) in forma tale da<br />

rappresentare <strong>un</strong>’<strong>un</strong>ità inscindibile e significativa: la parola (come l’alimento) latte indica <strong>un</strong>a<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


precisa combinazione di lettere (nutrienti) che hanno <strong>un</strong> senso compiuto. Ma come<br />

pron<strong>un</strong>ciando la parola latte perdiamo il controllo sulle <strong>un</strong>ità alfabetiche, altrettanto<br />

consumandolo non abbiamo più la coscienza delle sue <strong>un</strong>ità nutrizionali costitutive.<br />

L’espressione delle parole si manifesta in fonemi e sonorità basate sull’alfabeto costitutivo:<br />

altrettanto succede per le caratteristiche sensoriali degli alimenti.<br />

Le abitudini alimentari si basano d<strong>un</strong>que sul consumo di certi alimenti, che per disponibilità e<br />

tradizione, rappresentano <strong>un</strong> <strong>un</strong>iverso di riferimento, tanto sul piano nutrizionale che su<br />

quello sensoriale.<br />

E’ istruttivo, a questo proposito, considerare la tavola riportata successivamente, che illustra<br />

le differenze quantitative nel consumo di singoli alimenti tipici delle nostre abitudini,<br />

considerando la situazione media dei consumi lombardi e di quelli nazionali.<br />

Appare evidente <strong>un</strong> profilo caratteristico, ove il riso, il burro, latte, formaggi, i salumi e le<br />

carni bovine hanno <strong>un</strong>’importanza mediamente superiore, mentre olio, pane, ortaggi, pasta,<br />

pesce e frutta sono meno frequentemente consumati.<br />

A questo livello, con <strong>un</strong>a semplice analisi quali-quantitativa sulla disponibilità di generi<br />

alimentari, è già possibile stilare <strong>un</strong>a carta d’identità, che evidenzia (sul piano nutrizionale e<br />

sensoriale) propensioni ed idiosincrasie dettate da <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga vicenda di differente esposizione<br />

agli usi alimentari.<br />

Non è <strong>un</strong> caso, d<strong>un</strong>que, che fra le 100 formulazioni segnalate nel successivo atlante ben 16<br />

prevedano il riso come ingrediente ed oltre 50 il burro, mentre la pasta vi compare solo 4<br />

volte ed i piatti a base di sole verdure si contano sulla p<strong>un</strong>ta delle dita.<br />

Il secondo livello di analogia con le regole linguistiche riguarda il fatto che noi consumiamo gli<br />

alimenti prevalentemente sotto forma di formulazioni.<br />

La formulazione soggiace a certe regole (associazione fra alimenti, opposizione o<br />

combinazione sensoriale, esclusione o inclusione) cosiccome <strong>un</strong>a costruzione logica, nelle<br />

diverse lingue, prevede strutture obbligate. Il pane con il salame costituisce <strong>un</strong>a frase<br />

alimentare e, altrettanto che in <strong>un</strong>a lingua, presuppone <strong>un</strong> costrutto logico (del tipo soggetto<br />

+ predicato + complemento): nel caso alimentare la regola è quella dell’associazione delle<br />

<strong>un</strong>ità semantiche (alimenti) in forma nutrizionalmente e sensorialmente complementare.<br />

Con riferimento alle tradizioni alimentari lombarde, consideriamo quali regole di inclusione,<br />

alc<strong>un</strong>i protocolli di combinazione che recuperano risorse altrove bistrattate od escluse (frittata<br />

con le ortiche, polenta e ghiri, lumache trifolate, testina di vitello, interiora quali la trippa o i<br />

rognoni). Oppure le regole di opposizione sensoriale fra ingredienti (per la consistenza:<br />

castagne e verze, o sciatt – ricopertura verso imbottitura -; per il gusto la dialettica dolcesalato<br />

dei tortelli di zucca o quella dolce-amaro di alc<strong>un</strong>i dessert in cui compaiono come<br />

ingrediente zucchero e frutta secca insieme ad amaretti e cacao amaro) o fra significati<br />

simbolici (la rusumada, ovvero uova verso vino rosso).<br />

Ma più ancora le regole di associazione/opposizione trovano p<strong>un</strong>tuale verifica nella varietà di<br />

formulazioni possibili, partendo da pochi ingredienti. Sul legame farina di cereali-formaggio,<br />

ad esempio, si contano <strong>un</strong>a ventina di variazioni fra i piatti più noti lombardi (casonsei,<br />

pizzoccheri, strangolapreti, ravioli, margottini, polenta pasticciata ecc.).<br />

A questo livello, sono gli usi, l’impiego di ingredienti secondari ed il sapere <strong>cucina</strong>rio ad<br />

identificare <strong>un</strong>a variabilità gustativa e nutrizionale che supera la costrizione dettata dalle<br />

poche risorse principali: la polenta va con il lardo o il burro (polenta <strong>un</strong>cia), con i saracchi,<br />

con la salvia, con il latte, con il formaggio, con gli uccelletti; il riso va con il burro, il pesce di<br />

acqua dolce, con le rane, con il prezzemolo, con i legumi; all’uovo si combinano ortiche, erbe<br />

selvatiche, asparagi, ecc. Ed il risultato è in ogni caso <strong>un</strong> piccolo miracolo di architettura<br />

<strong>cucina</strong>ria.<br />

Si consideri il quadro sinottico nelle pagine successive, relativo a due preparazioni tipiche<br />

dell’alimentazione <strong>lombarda</strong> di valle, ove sul modulo farina e formaggio si inserisce <strong>un</strong>a<br />

potente variazione di altri ingredienti e tecniche <strong>cucina</strong>rie.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


I consumi alimentari in Lombardia<br />

Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma in<br />

più:<br />

circa 2 L di Acqua minerale;<br />

circa 1/2 L di Vino rosso;<br />

circa 7 michette di Pane condito;<br />

circa 1/4 di L di Latte a l<strong>un</strong>ga conservazione;<br />

fra 200 e 300 g di Riso; Affettati o insaccati o ecc.; Albicocche o pesche; Cocomero o<br />

melone; Cardi o carote o finocchio o rape o sedano;<br />

circa 1 bicchiere di Latte scremato e parzialmente scremato;<br />

fra 100 e 150 g di Bibite; Burro; Cetrioli o zucchine; Biscotti; Yogurt; Gelati e preparati per<br />

gelati;<br />

circa 100 g di Formaggi grassi; Formaggi semigrassi;<br />

fra 50 e 100 g di Frutta esotica; Pollame; Bovino adulto; Gnocchi di patate; Vitellone;<br />

Prodotti da forno (brioches ecc.);<br />

fra 30 e 50 g di Grissini o crackers o fette biscottate; Margarina; Succhi di frutta e<br />

verdura; Ortaggi surgelati; Condimenti o sughi o salse o creme o patè;<br />

Preparati per minestre; Piatti a base di ortaggi (comprese le insalate);<br />

Coniglio; Legumi in scatola; Amarene o ciliege o fragole o nespole;<br />

Marmellata; Creme o dessert o budini;<br />

fra 10 e 30 g di Frattaglie; Piatti misti a base di vegetali o legumi o cereali; Carne equina;<br />

Miele; Panna; Pasta all'uovo; Pasta all'uovo ripiena; Cacao e derivati; Tè<br />

o karkadè o camomilla; Amari e liquori dolci; Carne in scatola; Frutta<br />

sciroppata o in scatola o sotto spirito o sotto zucchero;<br />

Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma la<br />

stessa quantità di:<br />

Cereali da prima colazione; Legumi freschi; Crepes o crespelle o crocchelle o sofficini; Caramelle<br />

o confetti; Cereali in grani; Dolcificanti e prodotti dietetici; Caffè; Selvaggina o rane o lumache;<br />

Piatti a base di cereali (diversi da pasta e riso); Odori e spezie; Piatti a base di pasta ripiena;<br />

Molluschi conservati; Pizza; Cipolle; Lardo o pancetta o strutto ed altri grassi animali; Piatti a<br />

base di legumi; Superalcoolici; Rustici o snacks o tramezzini o ecc.; Frutti di bosco; Lievito;<br />

Mele; <strong>Per</strong>e; Birra; Ortaggi sott'olio o sotto aceto o secchi o in scatola; Cioccolata e creme a base<br />

di cioccolata; Crostacei freschi; Crostacei surgelati; Fichi o prugne; Loti o kaki; Merendine;<br />

Surrogati del caffè; Frutta secca ed in guscio; Molluschi surgelati;<br />

Ogni mese <strong>un</strong> abitante <strong>della</strong> Lombardia, rispetto all’italiano medio, consuma in<br />

meno:<br />

fra 10 e 30 g di Pesce surgelato; Aglio; Uova;<br />

fra 30 e 50 g di Carne suina; Olive; Pesce sott'olio o secco o salato o in scatola; Paste o<br />

pasticcini; F<strong>un</strong>ghi; Agrumi; Legumi surgelati;<br />

fra 50 e 100 g di Zucchero; Agnello; Molluschi freschi; Farina; Olio di semi; Carciofi;<br />

Verdure;<br />

fra 100 e 150 g di Legumi secchi e farine; Vitello; Pesce fresco; Ricotta e formaggi magri;<br />

Broccoli o cavolfiori o cavoli;<br />

fra 150 e 300 g di Uva; Melanzane o peperoni; Pomodori da insalata; Pomodori da sugo;<br />

Ortaggi da insalata;<br />

circa 1/3 di l di Olio di oliva; Latte intero;<br />

circa 1/2 l di Vino bianco e spumante;<br />

circa 500 g di Patate; Pasta;<br />

circa 2 scatole di Pomodori in scatola;<br />

circa 25 michette di Pane com<strong>un</strong>e;<br />

(ns. elaborazione su dati di fonte Istituto Nazionale <strong>della</strong> Nutrizione)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


PIZZOCCHERI<br />

Sono il piatto-simbolo <strong>della</strong> tradizione<br />

valtellinese. Il nome deriva dalla stessa<br />

radice pit o piz da cui sarebbero originati i<br />

termini pizza, pitta, pittula, pinsa e pinza,<br />

com<strong>un</strong>i in Italia, con significato affine a<br />

pezzo, pezzetto, cui può essersi sovrapposto<br />

il senso di pinsa, da pinzare = schiacciare, in<br />

riferimento alla forma. Meno attendibili<br />

appaiono le etimologie dal longobardo bizzo<br />

= boccone.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Inverno, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />

Utensili:<br />

tagliere trinciante, pentola, colapasta, pa<strong>della</strong>,<br />

zuppiera, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

FORMAGGIO SEMIGRASSO DELLA VALTELLINA<br />

“CASERA” (180 g), PIZZOCCHERI (420 g), PATATE<br />

(180 g), VERZA (180 g), BURRO (30 g), SALVIA<br />

(n.5 foglie), PEPE (q.b.), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pelare e tagliare a pezzi le patate<br />

• Mondare, lavare e tagliare a strisce le verze<br />

• Cuocere in <strong>un</strong>a pentola con acqua salata le<br />

patate e le verze<br />

• Tagliare il formaggio a fettine sottili<br />

• A cottura ultimata <strong>un</strong>ire i pizzoccheri<br />

• Cuocere per 10-15 minuti, scolare ancora al<br />

dente<br />

• (nel frattempo) Rosolare le foglie di salvia nel<br />

burro<br />

• Porre i pizzoccheri in <strong>un</strong>a zuppiera<br />

• Unire il formaggio, il burro e la salvia ed<br />

amalgamare accuratamente<br />

• Servire <strong>un</strong>endo del pepe a parte<br />

CASONSEI<br />

Etimologia discussa. Sono, i casonsei, a<br />

causa <strong>della</strong> loro forma (sulla quale,<br />

d’altronde gli autori non concordano) dei<br />

calzoncini oppure dei cassoncini ripieni? O<br />

ancora, sono dei ravioli pieni, secondo l’uso<br />

antico, principalmente di caso, cioè di<br />

formaggio, sì da p oter essere definiti<br />

formaggetti?<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo di esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, mezzal<strong>un</strong>a, scolapasta, pelapatate, ciotola,<br />

matterello, pentola, schiumarola, casseruola<br />

Ingredienti:<br />

- <strong>Per</strong> il ripieno: PATATE (400 g), ERBETTE o<br />

SPINACI (400 g), PREZZEMOLO (120 g), PANE<br />

GRATTUGIATO (120 g), SALSICCIA (80 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />

MORTADELLA (40 g), BURRO (40 g), PORRO (150<br />

g), UOVA (n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

- <strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (250 g), UOVA<br />

(n.2), SALE (q.b.)<br />

- <strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (15 g), BURRO (30 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire e lessare le patate e le erbette<br />

• Scolare e strizzare bene le erbette, tritarle e<br />

farle insaporire nel burro soffritto con il porro e<br />

il prezzemolo ben tritati<br />

• Passare le patate al setaccio<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola il pane, il grana, le<br />

patate, le erbette, la salsiccia pelata, la<br />

morta<strong>della</strong> tritata fine, l'uovo, sale e pepe<br />

• Impastare bene gli ingredienti e tenere il<br />

composto a riposare in frigorifero per la notte<br />

• Impastare la farina con le uova e poco sale fino<br />

ad ottenere <strong>un</strong> composto omogeneo<br />

• Dall'impasto ottenuto staccarne delle piccole<br />

quantità e, lavorando sempre sulla spianatoia,<br />

farne dei bastoncini (come per la preparazione<br />

degli gnocchi) tagliandoli poi a piccoli pezzi<br />

• Usando l'apposito fusto di legno o il matterello,<br />

ridurre i pezzetti di pasta in dischi larghi come<br />

il fondo di <strong>un</strong> bicchiere<br />

• Al centro dei dischi di pasta mettere <strong>un</strong>a noce<br />

di ripieno e confezionare i casonsei: chiudere il<br />

ripieno all'interno facendo piccole "pieghe" <strong>un</strong>a<br />

sull'altra, partendo con il pollice sinistro nella<br />

parte superiore e poi sovrapponendo, con il<br />

pollice e l'indice <strong>della</strong> mano destra, tutto l'orlo<br />

del disco che durante l'operazione dovrà essere<br />

assottigliato<br />

• Lessare i casônsèi in abbondante acqua<br />

bollente e salata: quando vengono a galla,<br />

lasciarli cuocere per <strong>un</strong> massimo di 4 minuti<br />

• Toglierli delicatamente con il mestolo forato e<br />

sistemarli a strati su <strong>un</strong> piatto di portata<br />

condendo ogni strato prima con il grana, poi<br />

con il burro fuso<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Il risultato nutrizionale è più che mirabile, soprattutto se verificato sulla base <strong>della</strong> quota di<br />

ciasc<strong>un</strong> nutriente apportato dai diversi ingredienti delle due formulazioni: è evidente <strong>un</strong>a<br />

struttura estremamente complessa e, nello stesso tempo, tesa ad <strong>un</strong>a inconscia saggezza.<br />

PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE - Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong><br />

Fibra (g)<br />

416 14,7 13,5 63,0 621 12 2,6<br />

CASONSEI BERGAMASCHI - Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

667 28,2 30,3 75,0 1244 194 5,4


L’ultimo livello delle analogie fra linguaggio ed alimentazione riguarda il menù, cioè la<br />

scansione delle vivande.<br />

Questa costruzione retorica equivale ad <strong>un</strong> discorso compiuto, in cui le <strong>un</strong>ità semantiche<br />

(alimenti) ricorrono anche in più frasi. Come in <strong>un</strong> discorso, nel menù esistono delle<br />

premesse, delle parti accessorie o di contorno, delle strutture essenziali o significative. Così,<br />

per nutrirsi o dire <strong>un</strong>a cosa, esistono menù a piatto <strong>un</strong>ico e discorsi sintetici piuttosto che<br />

grandi abbuffate e costruzioni retoriche ridondanti, anche logorroiche.<br />

Considerando le tradizioni pauperistiche, appare evidente la semplificazione delle costruzioni<br />

retoriche: il pasto è prevalentemente basato sul consumo di piatti <strong>un</strong>ici e su strutture<br />

essenziali. La ritualità è ricostituita con <strong>un</strong>a scansione generalmente settimanale, in cui il<br />

pasto del giorno festivo è <strong>un</strong> poco più ricco e variato. Se ci si “abbuffa” è solo nelle occasioni<br />

comandate: a Natale, nei pranzi rituali di fine raccolto, in occasione degli sposalizi.<br />

L’insieme di queste osservazioni rende possibile delineare <strong>un</strong>a tavola conclusiva, illustrata<br />

nella pagina successiva ed inerente i tratti salienti <strong>della</strong> tradizione alimentare <strong>lombarda</strong>,<br />

ovvero il “linguaggio” lombardo del cibo, nonchè le sue analogie e differenze con il quadro<br />

nazionale.<br />

La tradizione alimentare <strong>lombarda</strong> riflette caratteristiche peculiari quanto ad impiego delle<br />

risorse e a vicende storiche di esposizione ad altri modelli culturali, non strettamente<br />

mediterranei. E’, quella <strong>lombarda</strong>, <strong>cucina</strong> di mais, di riso, di burro e di formaggio più che<br />

<strong>cucina</strong> di pasta, olio e di ortaggi: altri elementi la accom<strong>un</strong>ano com<strong>un</strong>que alla tradizione<br />

nazionale, in <strong>un</strong>a sintesi abbastanza particolare.<br />

Rispetto alle altre cucine regionali, la<br />

tradizione <strong>lombarda</strong> non gode com<strong>un</strong>que di<br />

altrettanta popolarità sul piano nazionale.<br />

Mentre i moduli più mediterranei hanno<br />

ottenuto <strong>un</strong> rilancio in forma moderna, per<br />

la loro superiore immagine sul piano<br />

nutrizionale e per la loro elasticità rispetto<br />

ai protocolli <strong>della</strong> vita moderna (in fondo,<br />

per preparare <strong>un</strong> piatto di pasta aglio, olio<br />

e peperoncino ci vogliono dieci minuti e<br />

manipolazioni piuttosto semplici, mentre<br />

per servire <strong>un</strong> buon risotto abbiamo<br />

bisogno di mezzoretta di tempo e di <strong>un</strong> po’<br />

più di abilità culinaria), il mangiare<br />

lombardo è in evidente declino, addirittura<br />

nelle scelte <strong>della</strong> ristorazione locale.<br />

Tentare, come è suggerito nelle pagine<br />

successive, <strong>un</strong>a presentazione ragionata di<br />

usi e preparazioni alimentari regionali<br />

dovrebbe rappresentare <strong>un</strong> contributo<br />

realistico a questo recupero culturale e,<br />

perchè no, stimolare qualche reminiscenza<br />

o qualche curiosità.<br />

(frontespizio del volume "Il libro <strong>della</strong> Polenta", di<br />

L.Carnacina e V.Buonassisi, Ed. Gi<strong>un</strong>ti Martello)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Tratti salienti delle abitudini alimentari<br />

e dei protocolli nutrizionali<br />

Modello “mediterraneo”<br />

1. La rilevanza nella razione quotidiana dei<br />

cereali (frumento, mais, riso) e dei loro<br />

prodotti di prima (farine) e seconda<br />

trasformazione (pane, pasta).<br />

2. La presenza nella dieta di consistenti<br />

quantità di proteine di origine vegetale,<br />

derivate dagli stessi cereali e dalle<br />

leguminose.<br />

3. L’abbondanza nella razione di ortaggi a<br />

foglia e di frutta ed il conseguente apporto<br />

abbondante di fibra, vitamine e sali minerali.<br />

4. L’origine prevalentemente vegetale <strong>della</strong><br />

frazione lipidica e l’impiego generalizzato,<br />

come condimento, dell’olio di oliva, con il<br />

conseguente rilevante apporto di acidi grassi<br />

mono e polinsaturi.<br />

5. Il sapiente utilizzo delle erbe aromatiche<br />

come insapidenti delle formulazioni.<br />

6. La modesta, ma qualitativamente<br />

determinante, presenza di latticini, uova,<br />

pesci e carni (soprattutto ovine e suine).<br />

7. Il ruolo energizzante e non solo simbolico<br />

esercitato dalle bevande fermentate e<br />

soprattutto dal vino.<br />

8. La formulazione di dolci-pasto, a forte<br />

impatto energetico ma di composizione<br />

nutritiva abbastanza variata, di consumo<br />

com<strong>un</strong>que assolutamente limitato e rituale.<br />

9. L’abbinamento degli alimenti secondo<br />

moduli variati e fantasiosi, com<strong>un</strong>que<br />

sempre completi dal p<strong>un</strong>to di vista<br />

nutrizionale (cereali e legumi, cereali e<br />

condimenti lipidici, cereali ed alimenti di<br />

origine animale, carni o pesci con ortaggi).<br />

10. La fruizione dei pasti secondo precise regole<br />

di periodicizzazione quotidiana (colazione<br />

leggera, sp<strong>un</strong>tini, pranzo austero, cena più<br />

abbondante) e di occasionalità (cibo festivo<br />

e cibo feriale).<br />

11. La centralità dei protocolli basati sui piatti<br />

<strong>un</strong>ici, ovvero la miscelazione degli alimenti<br />

in razioni ad equilibrata densità nutritiva<br />

Modello “lombardo”<br />

Frequenza dei cerali minori, miscele di cereali in<br />

panificazione, rilevanza del riso a scapito <strong>della</strong><br />

pasta e delle preparazioni derivate dal modello<br />

di pult (polenta, semolino, pancotto ecc.)<br />

Consumo di legumi prevalentemente essiccati<br />

ed utilizzati in moduli del tipo zuppe o minestre.<br />

Consumo di ortaggi e soprattutto di frutta più<br />

limitato. Rilevanza delle cocurbitacee (zucca,<br />

zucchine) e dei vegetali di raccolta: verdure<br />

selvatiche, castagne, noci e bacche.<br />

L’origine <strong>della</strong> frazione lipidica è<br />

prevalentemente animale (burro , lardo e<br />

strutto). Gli oli vegetali limitatamente impiegati<br />

(ravizzone, linosa) sono ricchi in acidi grassi<br />

polinsaturi.<br />

Erbe o spezie servono a rendere meno<br />

monotone le caratteristiche sensoriali degli<br />

ingredienti base. Prevalenza di alc<strong>un</strong>e erbe<br />

aromatiche (timo, salvia, prezzemolo).<br />

Latticini (latte, siero, latticello, formaggi semigrassi)<br />

ed uova hanno <strong>un</strong>a certa preminenza.<br />

Presenza importante di frattaglie e salumi. Poca<br />

carne bovina e pesce solo essiccato.<br />

<strong>Per</strong>mane il consumo di bevande alcoliche (anche<br />

distillati). Il vino è sovente utilizzato anche<br />

come ingrediente.<br />

Dolci energizzanti, spesso a base di farine di<br />

cereali secondari ma sempre con frutta secca o<br />

essiccata.<br />

Minore varietà negli ingredienti e minore<br />

fantasia nelle tecniche di cottura.<br />

Colazione più abbondante ed a base di zuppe o<br />

resti <strong>della</strong> cena precedente. Merende più<br />

sostanziose. Centralità dei protocolli basati sulla<br />

polenta, sulle zuppe e sulle minestre.<br />

<strong>Per</strong>mane la centralità dei modelli basati sui piatti<br />

<strong>un</strong>ici.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


La decadenza del modello alimentare lombardo e le<br />

opport<strong>un</strong>ità di rilancio<br />

Uno dei motivi <strong>della</strong> rimozione delle formulazioni tradizionali dalle abitudini alimentari attuali<br />

<strong>della</strong> popolazione <strong>lombarda</strong> risiede nei cambiamenti <strong>della</strong> struttura sociale e del territorio,<br />

conseguenti al processo di industrializzazione forzata che in queste zone, più che altrove nel<br />

nostro Paese, ha modificato gli stili di vita, il panorama agricolo e forestale e la stessa<br />

specializzazione dei terreni agricoli.<br />

In parole povere, le attività agricole e di produzione primaria di generi alimentari sono ormai<br />

<strong>un</strong>a voce marginale nella struttura economica <strong>della</strong> Regione. D<strong>un</strong>que, sono innanzitutto<br />

scomparsi gli ingredienti di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, e ciò sovente è la premessa più pericolosa alla<br />

rimozione degli stili e <strong>della</strong> memoria stessa delle tradizioni alimentari.<br />

Tutto ciò non significa ovviamente la totale scomparsa dei prodotti tipici: alc<strong>un</strong>i sopravvivono<br />

marginalmente attraverso le produzioni degli orti familiari, le attività residue delle zone<br />

montuose, la raccolta individuale, la specializzazione di alc<strong>un</strong>i artigiani, altri sono stati<br />

"salvati" dalla preveggenza degli organismi istituzionali, anche attraverso la creazione di<br />

marchi di tutela e Consorzi. Casomai, ciò indica l'opport<strong>un</strong>ità di interventi rapidi di<br />

conservazione sociale del territorio, almeno nell'ambito <strong>della</strong> difesa delle produzioni tipiche.<br />

La contrazione delle produzioni tradizionali ha ovviamente influenzato le abitudini alimentari<br />

domestiche e l'offerta <strong>della</strong> ristorazione. Il profilo alimentare lombardo è ormai solo nella<br />

memoria dei più anziani o consegnato a testi che tentano di rinnovare l'attenzione verso<br />

alc<strong>un</strong>e abitudini <strong>cucina</strong>rie. <strong>Per</strong> il resto, i profili di consumo degli ultimi 20-30 anni sono più<br />

vicini a quelle dell'Europa Centrale che a quelli mediterranei, egemoni in altre parti del nostro<br />

Paese. Come si è visto in <strong>un</strong>a precedente tavola, nell'alimentazione attuale dei lombardi<br />

abbondano la pasta (più del riso), le carni, i salumi (ed il prosciutto più del salame), i<br />

formaggi (con la mozzarella preferita al taleggio), i prodotti di "convenience" a scapito dei<br />

prodotti ortofrutticoli freschi, del pesce: come a Zurigo o a Berlino.<br />

La stessa ristorazione regionale annovera più pizzerie, paninerie o trattorie tipiche di stampo<br />

tosco-emiliano che locali ad impronta "labilmente" <strong>lombarda</strong>. <strong>Per</strong> intenderci: considerando i<br />

menù usuali, è più facile "inciampare" negli spaghetti con le vongole che nel risotto col pesce<br />

persico o nella buseca. La tradizione è confinata in pochi locali di culto, di stampo ruspante,<br />

oltre che in qualche ristorante ove la selezione dei menù offre qualche aggancio alla storia<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale. Qui, nella ristorazione, non ci si augura <strong>un</strong> ritorno di egemonia<br />

campanilistica, ma almeno la capacità degli operatori più moderni ed intelligenti nel riproporre<br />

i moduli tradizionali come forma di differenziazione dell'offerta culinaria, soprattutto<br />

considerando la <strong>cucina</strong> ottima ambasciatrice anche dell'ospitalità turistica.<br />

Poi, la scuola: i moduli alimentari sopravvivono oggi solo attraverso la divulgazione, la<br />

raccolta di testimonianze, l'attenzione didattica. L'alimentazione è <strong>un</strong> ottimo terreno su cui<br />

saggiare la tanto decantatata interdisciplinarietà dei contenuti e la augurabile sintesi dei<br />

saperi. Portare la tradizione alimentare locale all'attenzione degli allievi suscita curiosità<br />

(magari anche nel mattere le "mani in pasta" e riallenare il gusto e l'olfatto), oltre a prestarsi<br />

ad <strong>un</strong> itinerario molto fecondo sulla geografia, la storia, la natura di <strong>un</strong> territorio e la vita<br />

delle com<strong>un</strong>ità locali.<br />

Infine, l’attività delle istituzioni: la difesa <strong>della</strong> tipicità delle produzioni rappresenta <strong>un</strong>a<br />

opport<strong>un</strong>ità per salvare anche i modelli <strong>cucina</strong>ri. Oggi tale attività è favorita da norme europee<br />

che, attraverso la certificazione, consentono l’utilizzazione di marchi di origine, utili a<br />

qualificare, agli occhi del consumatore, l’adesione del prodotto a valenze culturali e sociali<br />

fondamentali. È stato così che negli anni passati molti prodotti alimentari lombardi, già<br />

tutelati e non, grazie all’attività dei consorzi di produttori e con il sostegno dell’istituzione<br />

regionale, hanno fatto richiesta per entrare negli elenchi dei prodotti definiti dai Regolamenti<br />

europei che al consumatore appaiono con marchi vecchi e nuovi: DOC, DOP, IGP, prodotto<br />

tradizionale con attestazione di specificità.<br />

• L’attestazione DOC è riservata ai vini. Il vino Doc, a differenza del cosiddetto "vino da<br />

tavola", deve essere sempre ricavato, in quantità prestabilite (per non "forzare" le viti<br />

nella produzione dell’uva) da uve di <strong>un</strong>a zona geografica ben delimitata. Ogni vino Doc ha<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


<strong>un</strong> suo "disciplinare", cioè <strong>un</strong>a serie di regole che ne definiscono le caratteristiche di<br />

qualità e di produzione. I vini Doc sono anche detti, secondo la classificazione dell’Unione<br />

Europea, VQPRD, cioè "vini di qualità prodotti in regioni determinate". Le due diciture DOC<br />

e VQPRD sono d<strong>un</strong>que equivalenti. Esistono poi i vini DOCG, a "denominazione d’origine<br />

controllata e garantita": sono di qualità più alta dei DOC e hanno disciplinari<br />

maggiormente restrittivi.<br />

• L’attribuzione DOP viene assegnata a prodotti strettamente legati alla regione di cui sono<br />

originari. <strong>Per</strong> poter ricevere l’appellativo devono sussistere due condizioni: 1. la<br />

produzione delle materie prime e la loro trasfor-mazione fino al prodotto finito devono<br />

essere effettuate nella regione delimitata di cui il prodotto porta il nome; 2. le particolari<br />

qualità e caratteristiche del prodotto devono essere dovute, esclusivamente o<br />

essenzialmente, all’ambiente geografico del luogo d’origine. <strong>Per</strong> "ambiente geografico" il<br />

regolamento intende non solo i fattori naturali ma anche quelli umani, quindi il clima e la<br />

qualità del suolo, ma anche le conoscenze tecniche locali.<br />

• Anche il marchio IGP attesta che i prodotti sono collegati alla zona di cui, in genere,<br />

portano il nome. Questo legame, però, è meno stretto o com<strong>un</strong>que diverso rispetto a<br />

quello visto per la denominazione d’origine. Le due condizioni necessarie per poter<br />

acquisire la IGP sono: 1. <strong>un</strong>a delle fasi di produzione deve essere effettuata nella zona<br />

delimitata, anche se le materie prime possono anche provenire da <strong>un</strong>’altra regione; 2.<br />

deve esistere <strong>un</strong> collegamento tra il prodotto e la regione da cui prende il nome.<br />

• Esiste <strong>un</strong>a terza categoria di denominazioni particolari, l’attestazione di specificità, e in<br />

questo caso il prodotto non è più legato, più o meno strettamente, a <strong>un</strong> luogo d’origine,<br />

ma alla particolare "ricetta". Il concetto di base è in questo caso la distinzione di <strong>un</strong><br />

prodotto dalla massa degli altri alimenti per rafforzarne la posizione concorrenziale, non<br />

ricorrendo a elementi geografici ma ad altri elementi, detti "specifici". Inoltre, per poter<br />

ricevere l’attestato di specificità, <strong>un</strong> prodotto deve essere "tradizionale" cioè: derivato da<br />

materie prime tradizionali, oppure, avere <strong>un</strong>a composizione tradizionale, oppure, avere<br />

subito <strong>un</strong> metodo di produzione e/o di trasformazione tradizionale.<br />

Le pagine successive elencano succintamente il risultato di questa attività di normazione e di<br />

certificazione, per molti prodotti lombardi al cui futuro si può guardare con ottimismo.<br />

Attività che è tuttora in corso: le ultime normative europee (riconoscimento di tipicità anche<br />

per le formulazioni) ed italiane (riconoscimento <strong>della</strong> denominazione di “prodotto<br />

tradizionale”) rappresentano opport<strong>un</strong>ità che non mancheranno di trovare in Lombardia <strong>un</strong>a<br />

risposta orgogliosa.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Caratteri distintivi dei prodotti DOP o IGP<br />

<strong>della</strong> Regione Lombardia<br />

Formaggi<br />

� Formai de Mut dell'alta Valle Brembana (DOP)<br />

Consorzio per la Tutela del Formaggio "Formai de Mut Dell'alta Valle Brembana", Via B.<br />

Belotti, 54 - 24014 Piazza Brembana<br />

Tipo: formaggio a pasta semicotta, prodotto con latte di vacca intero.<br />

Salatura: a secco o in salamoia<br />

Maturazione: da 45 giorni a 6 mesi<br />

Forma: cilindrica a facce piane o semipiane (diametro 30-40 cm.)<br />

Scalzo: diritto o leggermente convesso (8-10 cm.)<br />

Peso medio: 8-12 kg.<br />

� Gorgonzola (DOP)<br />

Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola, P. Azario, 3 - 28100 Novara<br />

Tipo: formaggio a pasta cruda e soda, prodotto con latte di vacca intero.<br />

Salatura: a secco<br />

Stagionatura: tipo "dolce": 60 giorni circa; tipo "piccante": 90-100 giorni circa.<br />

Forma: tipo "dolce": cilindrica (diametro 28-32 cm.), le forme vengono generalmente poste<br />

in commercio tagliate a metà in senso trasversale ottenendo due mezze forme sempre di<br />

diametro 28-32 cm., ma con scalzo di 7.5-9.5 cm e crosta solo su <strong>un</strong>a faccia; tipo "piccante":<br />

cilindrica (diametro 20-25 cm)<br />

Scalzo: diritto<br />

Peso medio: tipo "dolce" e “piccante”: 12-13 kg.<br />

� Grana Padano (DOP)<br />

Consorzio per la Tutela del Formaggio Grana Padana, Via XXIV Giugno, 8 – S.Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia – 25015 Desenzano<br />

Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca, parzialmente scremato per<br />

affioramento.<br />

Salatura: in salamoia<br />

Maturazione: 8-24 mesi (marchiato dopo 8 mesi)<br />

Forma: cilindrica (diametro 35-45 cm)<br />

Scalzo: convesso (18-25 cm)<br />

Peso medio: 24-40 kg<br />

� Parmigiano Reggiano (DOP)<br />

Consorzio per la Tutela del Parmigiano Reggiano, Via Kennedy, 18 – 42100 Reggio Emilia<br />

(prodotto anche nella la Provincia di Mantova)<br />

Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca alimentata con foraggi di prato<br />

polifita o di medicaio; il latte proviene da due m<strong>un</strong>giture ed è parzialmente scremato per<br />

affioramento<br />

Salatura: in salamoia<br />

Maturazione: 12-36 mesi<br />

Forma: cilindrica a facce piane leggermente orlate (diametro 35-45 cm)<br />

Scalzo: leggermente convesso o quasi diritto (18-24 cm)<br />

Peso medio: 24-40 kg<br />

� Quartirolo Lombardo (DOP)<br />

Consorzio Produttori Formaggio Quartirolo Lombardo, Via Molise, 62 - 20137 Milano<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Tipo: formaggio molle a pasta cruda prodotto con latte di vacca intero o parzialmente<br />

scremato proveniente da due o più m<strong>un</strong>giture<br />

Salatura: a secco o in salamoia<br />

Maturazione: 5-30 giorni. Oltre i 30 giorni prende la denominazione di quartirolo lombardo<br />

maturo<br />

Forma: parallelepipedo quadrangolare con lato di 18-22 cm.<br />

Scalzo: diritto (4-8 cm)<br />

Peso medio: 1,5-3,5 kg<br />

� Taleggio (DOP)<br />

Consorzio per la Tutela del Formaggio Taleggio, Viale Molise, 62 - 20137 Milano<br />

Tipo: formaggio molle, a pasta cruda, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero<br />

Salatura: a secco<br />

Maturazione: circa 40 giorni<br />

Forma: parallelepipeda quadrangolare (18 x 25 cm)<br />

Scalzo: diritto (5-7 cm)<br />

Peso medio: 1,7-2,2 kg<br />

� Provolone Valpadana (DOP)<br />

Consorzio Tutela Provolone, Piazza Marconi, 3 - 26100 Cremona<br />

Tipo: formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte di vacca intero<br />

Salatura: in salamoia<br />

Maturazione: da 30 giorni ad oltre 4 mesi, 3 mesi il minimo per le forme di peso superiore ai<br />

6 kg<br />

Forma: a salame, a melone, tronco-conica, a pera; può presentare leggere insenature<br />

determinate dal passaggio delle corde di sostegno<br />

Peso medio: 0,5-100 kg variabile in f<strong>un</strong>zione <strong>della</strong> forma<br />

� Bitto (DOP)<br />

Associazione Provinciale Produttori di Sondrio, Via IV Novembre, 19 - Sondrio<br />

Tipo: formaggio a pasta cotta, prodotto con latte di vacca intero eventalmente miscelato a<br />

latte caprino fino ad <strong>un</strong> massimo del 10%<br />

Salatura: a secco<br />

Maturazione: minimo 70 giorni, la stagionatura può protrarsi anche diversi anni senza<br />

alterare le caratteristiche strutturali e organolettiche del formaggio<br />

Forma: cilindrica (diametro 30-50 cm)<br />

Scalzo: concavo a spigoli vivi (8-10 cm)<br />

Peso medio: 8-25 kg.<br />

<strong>Per</strong>iodo di produzione: dal 1 giugno al 30 settembre<br />

� Valtellina Casera (DOP)<br />

Associazione Provinciale Produttori di Sondrio, Via VI Novembre, 19 - Sondrio<br />

Tipo: formaggio semigrasso a pasta semicotta prodotto con latte di vacca parzialmente<br />

scremato proveniente da due o più m<strong>un</strong>giture<br />

Salatura: a secco o in salamoia<br />

Maturazione: minimo 70 giorni<br />

Forma: cilindrica con facce piane (diametro 30-45 cm)<br />

Scalzo: diritto (8-10 cm.)<br />

Peso medio: 7-12 kg.<br />

Salumi<br />

� Salame Brianza (DOP)<br />

Consorzio Produttori Salame Brianza, Viale Corneggia 4 - Merate (CO)<br />

Tipo: Il salame brianzolo è fatto di puro suino, macinato a grana fine nella pezzatura da 350<br />

grammi e a grana grossa nella pezzatura media da mezzo chilo. E' aromatizzato con poche<br />

spezie e insaccato in budello animale.<br />

� Salame di Varzi (DOP)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Consorzio Produttori Salame Varzi, C/o Com<strong>un</strong>ità Montana, Piazza Umberto 1, 9 - 2 - Varzi<br />

(PV) Italia<br />

Tipo: E' <strong>un</strong> insaccato di puro suino, con aggi<strong>un</strong>ta di sale da <strong>cucina</strong>, pepe nero in grani,<br />

aromatizzato con <strong>un</strong> caratteristico infuso di aglio e vino rosso filtrato. L'impasto, a grana<br />

piuttosto grossa, viene insaccato esclusivamente in budello naturale. La stagionatura varia a<br />

seconda <strong>della</strong> pezzatura che va da 0,5 ad oltre i 2 Kg.<br />

� Bresaola <strong>della</strong> Valtellina (IGP)<br />

Consorzio per la tutela del nome Bresaola <strong>della</strong> Valtellina, Via Trieste, 66 – Sondrio<br />

Tipo: Caratteristico salume prodotto con carne <strong>della</strong> coscia di manzo con <strong>un</strong> processo che<br />

prevede <strong>un</strong> periodo di salatura, a secco o in salamoia, <strong>della</strong> durata di due settimane ed <strong>un</strong>a<br />

stagionatura che, a seconda dei muscoli interessati e, quindi, <strong>della</strong> pezzatura, può variare<br />

dalle quattro alle otto settimane. A seconda <strong>della</strong> pezzatura, la Bresaola <strong>della</strong> Valtellina viene<br />

indicata come: P<strong>un</strong>ta d’anca, Fesa, Magatello, Noce o Slinzega.<br />

Olio d'oliva (DOP)<br />

� Garda e Laghi Lombardi<br />

Consorzio Olio Extravergine Laghi Lombardi, Via Einaudi, 11 - 25100 Brescia Italia)<br />

Tipo: L’Olio Extravergine di Oliva prodotto sui laghi di Garda, Iseo e Como è ottenuto dalla<br />

molitura delle olive sane raccolte dalla pianta a mano o con mezzi meccanici e presenta le<br />

seguenti caratteristiche tipiche:<br />

1. Colore: Si passa dal verde al giallo a seconda <strong>della</strong> molitura effettuata (tradizionale o a<br />

ciclo continuo)<br />

2. Odore: L'olio si presenta con <strong>un</strong> profumo di oliva, classificato, come intensità, medio o<br />

leggero.<br />

3. Sapore: All'assaggio l'olio si rivela molto armonico, con <strong>un</strong> gusto fruttato, accompagnato<br />

da <strong>un</strong>a leggera sensazione di amaro e piccante; presenta, a seconda <strong>della</strong> tipologia, <strong>un</strong><br />

retrogusto di mandorla dolce o di carciofo.<br />

4. Acidità: La raccolta e la molitura delle olive, eseguita tempestivamente, permettono di<br />

ottenere <strong>un</strong> olio dall'acidità estremamente bassa (0,2-0,3%) rispetto all'1% previsto dalla<br />

legge.<br />

Ortofrutticoli<br />

� <strong>Per</strong>a tipica mantovana (IGP)<br />

Consorzio <strong>Per</strong>a Tipica Mantovana, <strong>Per</strong>Wiva, C/o CO.DI.MA., Via G. Mazzini, 16 - 46100<br />

Mantova<br />

Tipo: <strong>Per</strong>e prodotte nel territorio più meridionale <strong>della</strong> provincia di Mantova, secondo <strong>un</strong><br />

rigoroso disciplinare che regola materiale vivaistico, impianto e potatura, concimazioni,<br />

strategie di difesa fitosanitaria, periodo e caratteristiche di raccolta, trattamenti post-raccolta.<br />

Il marchio include cultivar Abate Fetel, Kaiser, William, Decana del Comizio e Conference, che<br />

rispettano le norme ICE per la categoria extra o prima. Viene garantita la<br />

commercializzazione di pere aventi <strong>un</strong> residuo di antiparassitari inferiore del 50% <strong>della</strong><br />

quantità massima ammessa per legge.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Valtellina (Sondrio)<br />

Valtellina<br />

Valtellina Sforzato<br />

Valtellina Superiore Grumello<br />

Valtellina Superiore Sassella<br />

Valtellina Superiore Inferno<br />

Valtellina Superiore Valgella<br />

Valcalepio (Bergamo)<br />

Valcalepio Rosso e Rosso Riserva<br />

Valcalepio Bianco<br />

Valcalepio Moscato Passito<br />

Provincia di Brescia<br />

Terre di Franciacorta<br />

Terre di Franciacorta<br />

VSQPRD Franciacorta DOCG Spum.<br />

Botticino<br />

Cellatica e Cellatica Superiore<br />

Capriano del Colle<br />

Capriano del Colle Trebbiano<br />

Lugana e Lugana Spumante<br />

S. Martino <strong>della</strong> Battaglia e S. Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia Liquoroso<br />

Garda Bresciano<br />

Vini DOC <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />

San Colombano (Lodi)<br />

San Colombano<br />

Oltrepo' Pavese (Pavia)<br />

Oltrepò Pavese Riesling Italico e Riesling Italico<br />

Spumante<br />

Oltrepò Pavese Riesling Renano e Riesling<br />

Renano Spumante<br />

Oltrepò Pavese Cortese e Cortese Spum.<br />

Oltrepò Pavese Sauvignon<br />

Oltrepò Pavese Chardonnay<br />

Oltrepò Pavese Malvasia<br />

Oltrepò Pavese Pinot Grigio<br />

Oltrepò Pavese Pinot Nero<br />

Oltrepò Pavese Rosato<br />

Oltrepò Pavese Barbera<br />

Oltrepò Pavese Rosso Riserva<br />

Oltrepò Pavese Bonarda<br />

Oltrepò Pavese Cabernet Sauvignon<br />

Oltrepò Pavese Buttafuoco<br />

Oltrepò Pavese Sangue di Giuda<br />

Oltrepò Pavese Moscato e Moscato Spumante<br />

Oltrepò Pavese Moscato Passito<br />

Oltrepò Pavese Rosso<br />

Provincia di Mantova<br />

Colli Morenici Mantovani del Garda Rosso<br />

Colli Morenici Mantovani del Garda Rosato<br />

Colli Morenici Mantovani del Garda Bianco<br />

Lambrusco mantovano<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


I prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />

Il concetto di tradizionalità, in relazione ai prodotti alimentari, si fonda sulla possibilità di<br />

individuare e di definire <strong>un</strong>a serie di fattori geografici (area di produzione), temporali (<strong>un</strong><br />

utilizzo consolidato e duraturo), tecnici (procedimenti, ingredienti, attrezzature) e culturali,<br />

oltre che di precisare le caratteristiche sensoriali che assicurano riconoscibilità ad <strong>un</strong> prodotto<br />

destinato all’alimentazione.<br />

In base alla vigente normativa italiana ed europea, la Regione Lombardia, con il D.G.R. n°<br />

6/49424 del 7 apr. 2000, ha predisposto, su segnalazione delle CCIAA, che si sono fatte<br />

tramite nei confronti di altri enti e organizzazioni territoriali, <strong>un</strong> primo elenco di 201 prodotti<br />

tradizionali, molti dei quali (in particolare i formaggi) hanno richiesto <strong>un</strong>a deroga specifica<br />

rispetto alle norme com<strong>un</strong>itarie in materia di igiene e di conservazione degli alimenti.<br />

L<strong>un</strong>gi dall’essere completo, l’elenco è soggetto a successivi aggiornamenti (il primo è previsto<br />

entro il 31 gennaio 2001), ma si afferma com<strong>un</strong>que quale strumento necessario per <strong>un</strong>a<br />

efficace tutela e per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali. Si configura,<br />

inoltre, come documento capace di delimitare le principali coordinate entro le quali si gioca il<br />

modello alimentare <strong>della</strong> tradizione <strong>lombarda</strong>.<br />

Com’è logico, la preponderanza di conserve di carni (soprattutto suine) e di prodotti caseari<br />

(53 specialità segnalate per le carni e 60 per i derivati caseari) non definisce tanto la<br />

quantità <strong>della</strong> presenza di questi prodotti nella dieta praticata realmente nella società<br />

tradizionale, quanto piuttosto la varietà che quella società ha saputo elaborare nel corso dei<br />

secoli a partire da due ricchezze derivanti dallo sfruttamento ottimale ed equilibrato del<br />

territorio.<br />

La presenza di ben 60 fra paste e prodotti da forno restituisce solo parzialmente la<br />

dimensione <strong>della</strong> ricchezza <strong>della</strong> cultura antropica <strong>della</strong> regione. Si tratta, infatti, per la<br />

maggior parte di essi, di specialità dolciarie associate, nelle diverse realtà, a ricorrenze del<br />

calendario o ad occasioni rituali locali. Da questo p<strong>un</strong>to di vista, l’elenco mostra delle evidenti<br />

dimenticanze (dal pan tramvaj milanese alla cutizza comasca, dai mostazzit varesini ai cupèt<br />

di busto, dalle offelle di Parona alla chisöla mantovana, dalle chiacchiere di Carnevale alle<br />

ossa di morto presenti su quasi tutto il territorio regionale), che aspettano di essere colmate<br />

al più presto.<br />

La scommessa vera e propria si apre però nel campo degli ortaggi e <strong>della</strong> frutta, dove i limiti<br />

dell’elenco proposto dalla Regione non sembrano derivare tanto da carenza di informazione<br />

degli organismi amministrativi, quanto dal decadimento o dall’abbandono vero e proprio di<br />

colture locali <strong>un</strong> tempo apprezzate (di cui testimoniano in qualche modo, oltre alla memoria<br />

<strong>della</strong> gente, le Guide del Touring Club tra le due guerre e i censimenti delle Camere di<br />

Commercio nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale). La maggiore rem<strong>un</strong>eratività<br />

economica delle colture estensive ha fatto dimenticare le piccole produzioni nelle quali si<br />

riconoscevano le tradizioni locali. La globalizzazione del mercato ha però aperto,<br />

paradossalmente, degli spazi cosiddetti “di nicchia” in cui anche la piccola produzione (purché<br />

sia di qualità) riesce ad avere <strong>un</strong>a sua legittimità e <strong>un</strong> suo rem<strong>un</strong>erato apprezzamento.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali <strong>della</strong> Regione Lombardia<br />

(decreto legislativo 173/98)<br />

Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione<br />

1. bastardei - Valchiavenna (SO)<br />

2. borzat - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />

3. bresaola affumicata - Valchiavenna (SO)<br />

4. bresaola di cavallo - Valchiavenna (SO)<br />

5. cacciatori d’oca - Lomellina (PV)<br />

6. capretto da latte pesante - Com<strong>un</strong>i Valli del Luinese e Valcuvia (VA)<br />

7. carne secca - Valchiavenna (SO)<br />

8. ciccioli (ciccioli montanari) - Provincia di Pavia, Provincia di Mantova<br />

9. ciccioli d’oca - Lomellina (PV)<br />

10. cotechino (bianco, cremonese vaniglia, <strong>della</strong> bergamasca, mantovano alla vaniglia,<br />

pavese) - Valchiavenna e Valtellina (SO), Provincie di Cremona, Bergamo; Bassa Mantovana -<br />

Com<strong>un</strong>e di Villastrade (MN), Provincia di Pavia<br />

11. cuz - Alta Valcamonica, Corteno Golgi (BS)<br />

12. durelli d’oca - Lomellina (PV)<br />

13. fegato d’oca grasso - Lomellina (PV)<br />

14. grasso d’oca - Lomellina (PV)<br />

15. greppole - Tutta la Regione Lombardia, in particolare nel mantovano<br />

16. luganega di cavallo - Provincia di Sondrio<br />

17. morta<strong>della</strong> di fegato - Regione Lombardia<br />

18. morta<strong>della</strong> di fegato al vin brulè - Regione Lombardia<br />

19. pancetta (con filetto, con pisteum, <strong>della</strong> bergamasca, pavese) - Provincie di Mantova,<br />

Bergamo, Pavia<br />

20. patè di fegato d’oca - Lomellina (PV)<br />

21. petto d’oca stagionato - Lomellina (PV)<br />

22. pisto - A est <strong>della</strong> Provincia di Mantova principalmente nei com<strong>un</strong>i di Castel d’Ario, Villimpenta,<br />

Roncoferraro e Nosedole (MN)<br />

23. prosciuttini (<strong>della</strong> valtellina, <strong>della</strong> valtellina al pepe) - Provincia di Sondrio<br />

24. prosciuttino d’oca stagionato - Lomellina (PV)<br />

25. prosciutto cotto - Regione Lombardia<br />

26. prosciutto crudo marco d’oggiono - Oggiono (LC)<br />

27. prosciutto mantovano - Volta Mantovana (MN)<br />

28. quartini d’oca sotto grasso - Lomellina (PV)<br />

29. salame (cremonese, <strong>della</strong> bergamasca, di filzetta, di montisola, mantovano,<br />

milano) - Basso cremonese, in particolare a Soresina, Pizzighettone, Vescovato (CR), Provincie di<br />

Bergamo, Cremona, Montisola (BS), Provincia di Mantova)<br />

30. salame d’oca (crudo, di mortara, ecumenico) - Lomellina (PV)<br />

31. salame con lingua - S. Benedetto Po, provincia di Mantova<br />

32. salame da cuocere - Provincia di Pavia<br />

33. salame di rape - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />

34. salame di san benedetto po sotto cenere - S. Benedetto Po, provincia di Mantova<br />

35. salame di testa - Province di Como e Lecco<br />

36. salame pancettato - Provincia di Mantova<br />

37. salame sotto grasso - Lomellina (PV)<br />

38. salamelle di mantova - Provincia di Mantova<br />

39. salamina di filzetta sotto grasso - Provincia di Mantova, nel territorio limitrofo al corso del Po e<br />

del Mincio<br />

40. salamina mista - Regione Lombardia<br />

41. salamini di capra - Valchiavenna (SO), Valli del Luinese (VA)<br />

42. salamini di cavallo - Provincia di Sondrio<br />

43. salamini di cervo - Provincia di Sondrio<br />

44. salamini magri o maritati - Alta Valtellina (SO)<br />

45. salsiccia (bergamasca) - Regione Lombardia, Provincia di Bergamo<br />

46. salsiccia di castrato ovino - Provincia di Brescia<br />

47. sanguinaccio o marzapane - Basso pavese, Pavese, Lomellina (PV)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


48. slinzega di bovino - Provincia di Sondrio<br />

49. slinzega di cavallo - Valchiavenna (SO)<br />

50. soppressata bresciana - Provincia di Brescia, in particolare nell’entroterra del Lago di Garda<br />

51. verzini - Regione Lombardia<br />

52. violino - Val Camonica (BS)<br />

53. violino di capra - Valchiavenna (SO), Valli Luinesi (VA)<br />

Formaggi<br />

54. agrì di valtorta - Alta Valle Brembana (BG)<br />

55. bagoss - Alpeggi e fondo valle di Bagolino (BS)<br />

56. bernardo - Clusone, Valle Seriana (BG)<br />

57. branzi - Valle Brembana e Valle Cavallina (BG)<br />

58. cadolet di capra - Valle Camonica (BS)<br />

59. caprino “di vacca” - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco (LC), Pavia (PV),<br />

Sondrio (SO), Varese (VA)<br />

60. caprino a coagulazione lattica - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco<br />

(LC), Pavia (PV), Sondrio (SO), Varese (VA)<br />

61. caprino a coagulazione presamica - Provincia di Bergamo (BG), Brescia (BS), Como (CO), Lecco<br />

(LC), Pavia (PV), Sondrio (SO), Varese (VA)<br />

62. casatta - Valcamonica, Valle Campovecchio, territorio di Corteno Golgi (BS)<br />

63. casolet dell’adamello - Valle Camonica, Val Palot, Sebino Orientale (BS)<br />

64. casolet nostrano - Valle Camonica, Sebino Orientale, Franciacorta (BS)<br />

65. casoretta - Val d'Intelvi e Porlezza (CO)<br />

66. crescenza - Pianura Lombarda (BS, BG, CR, MI, LO, PV, MN)<br />

67. fatuli’ - Valle Camonica (BS)<br />

68. fiorone <strong>della</strong> valsassina - Valsassina (LC)<br />

69. fiurì - Alta Valle Brembana (BG)<br />

70. fontal - Pianura <strong>lombarda</strong><br />

71. formaggella (<strong>della</strong> valcamonica, <strong>della</strong> val brembana, <strong>della</strong> val sabbia, tremosine,<br />

<strong>della</strong> val di scalve, <strong>della</strong> val seriana, <strong>della</strong> val trompia, di caglio) - Val Camonica (BS),<br />

Valle Brembana (BG), Media Valle del sabbia (BS), Com<strong>un</strong>ità Montana e Parco alto Garda Bresciano,<br />

Valle di Sclave (BG), Com<strong>un</strong>i del territorio <strong>della</strong> Valle Seriana (BG); Valle Trompia (BS), Alpeggi <strong>della</strong><br />

provincia di Como zona di Caglio<br />

72. formaggella del luinese - Valli del luinese ed altro territorio montano <strong>della</strong> provincia di Varese<br />

(VA)<br />

73. formaggio d’alpe misto - Territori montani delle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco,<br />

Pavia, Sondrio, Varese.<br />

74. formaggio del gleno - Val di Scalve, Val Brembana (BG)<br />

75. formaggio grasso d’alpe - Territori montani delle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco,<br />

Pavia, Sondrio, Varese.<br />

76. formaggio nostrano conca - Media Valle Sabbia (BS)<br />

77. formaggio nostrano val sabbia - Media Valle Sabbia (BS)<br />

78. formaggio semigrasso d’alpe - Territori montani delle province di Pavia, Lecco, Como, Sondrio,<br />

Brescia, Bergamo, Varese<br />

79. formaggio val seriana - Valle Seriana (BG)<br />

80. formai de livign - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />

81. garda tremosine - Com<strong>un</strong>ità Montana e Parco Alto Garda Bresciano (BS)<br />

82. granone lodigiano - Province di Lodi e Milano<br />

83. italico - Pavia e Pianura <strong>lombarda</strong><br />

84. latteria - Valle Brembana (BG)<br />

85. magnoca - Provincia di Sondrio: Val Chiavenna e Valle San Giacomo (SO)<br />

86. magro - Triangolo Lariano (CO) e (LC)<br />

87. magro di latteria - Provincia di Sondrio<br />

88. magro di piatta - Valdisotto, Vallecetta (SO)<br />

89. matusc - Tutte le valli lombarde in particolare Valtellina (SO)<br />

90. molana o formaggella di menconico - Area montana Oltrepò Pavese - Com<strong>un</strong>e di Brallo di<br />

Pregola (PV)<br />

91. motelì - Valle Camonica (BS)<br />

92. nisso - Com<strong>un</strong>i di Menconico - Brallo di Pregola - S. Margherita Staffora e Varzi (PV)<br />

93. nostrano - Alpeggi e fondo valle di Valle Trompia (BS)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


94. pannerone - Provincia di Lodi<br />

95. pressato - Province di Bergamo, Brescia, Como e Lecco<br />

96. robiola bresciana - Bassa bresciana, Franciacorta, Sebino (BS - BG)<br />

97. robiola <strong>della</strong> valsassina - Valsassina (LC)<br />

98. salva - Cremasco e zone limitrofe (CR, BS, BG)<br />

99. scimudin - Valtellina, Semogo (SO)<br />

100. semuda - Alto Lario Occidentale (CO)<br />

101. semuda o scimut - Valtellina (SO)<br />

102. silter - Alpeggi e fondo valle di Valle Camonica e Sebino Orientale (BS)<br />

103. sta’el - Valle Camonica (BS)<br />

104. stracchino (bronzone, <strong>della</strong> valsassina, orobico, tipico) - Monte Bronzone (BG), Valsassina<br />

(LC), Valle Seriana (BG), Valle dei campelli (LC), Nesso (Co) e Provincia di Sondrio<br />

105. strachet - Val Camonica, Val Trompia, Saviore (BS)<br />

106. strachit<strong>un</strong>d - Valle Brembana, Val Taleggio (BG) e Valsassina (LC)<br />

107. tombea - Magasa, Valvestino (BS)<br />

108. torta orobica - Provincia di Bergamo<br />

109. zigar - Valfurva (SO)<br />

110. zincarlin - Alto Lario, Val d'Intelvi, Alpi Lepontine (CO)<br />

Grassi (burro, margarina, oli)<br />

111. burro artigianale di montagna - Alpeggi e zone montane lombarde (BS, BG, LC, SO, VA)<br />

Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati<br />

112. amarene di uschione - Com<strong>un</strong>e di Chiavenna, frazione di Uschione (SO)<br />

113. asparago (di cilavegna, di mezzago) - Com<strong>un</strong>e di Cilavegna (PV), Com<strong>un</strong>e di Mezzago (MI)<br />

114. castagne secche - Valtellina e Valchiavenna (SO)<br />

115. cicoria o radici di soncino - Provincia di Cremona.<br />

116. cipolla (dorata, paglierina, rossa) - Vogherese (PV); Sermide, Felonica Po ed Oltrepo<br />

mantovano (MN);Com<strong>un</strong>e di Breme (PV)<br />

117. conserva senapata - Parte nord - orientale <strong>della</strong> provincia di Cremona<br />

118. cotognata - Parte nord - orientale <strong>della</strong> provincia di Cremona<br />

119. farina di grano saraceno - Teglio (SO)<br />

120. farina per polenta <strong>della</strong> bergamasca - Province di Bergamo, Lecco e Cremona.<br />

121. grano saraceno (polygonum fagopirum) - Teglio e com<strong>un</strong>i limitrofi (SO)<br />

122. limoni e cedri del garda - Gardone Riviera, Toscolano Maderno, Tignale, Gargnano, Limone (BS)<br />

123. marroni di santa croce - Com<strong>un</strong>e di Chiuro, frazione S.Croce (SO)<br />

124. mele di valtellina - Valtellina da Ardenno a Grosio (SO)<br />

125. melone (di casteldidone, di viadana) - Com<strong>un</strong>e di Casteldidone e tutti i com<strong>un</strong>i del Casalasco<br />

ad est di Piadena, Solarolo Rainerio, Scandolara Ravara, Motta Baluffi; Basso Mantovano - Com<strong>un</strong>e di<br />

viadana e zone circostanti. Aree limitrofe ai fiumi caratterizzate da terreno fertile, leggero e con elevata<br />

disponibilità idrica<br />

126. mostarda di cremona - Provincia di Cremona<br />

127. mostarda di mantova - Mantova e Basso mantovano (MN)<br />

128. patata di campodolcino - Com<strong>un</strong>e di Campodolcino (SO)<br />

129. peperone - Corana, fraz. Ghiaie e loc. Bosco (PV)<br />

130. riso - Province di Pavia, Milano, Lodi e Mantova<br />

131. sugolo - Medio e Basso mantovano (MN)<br />

132. tartufo - Oltrepo pavese (PV); Alto Sebino (com<strong>un</strong>i di Fonteno, Solto Collina, Riva di Solto, Bossico,<br />

Sovere, Pianico, Lovere, Castro, Costa Volpino e Rogno) (BG)<br />

133. zucca - Provincia di Mantova<br />

Paste fresche e prodotti <strong>della</strong> panetteria, <strong>della</strong> biscotteria, <strong>della</strong> pasticceria e <strong>della</strong><br />

confetteria<br />

134. baci del signore - Pavia<br />

135. baci di cremona - Cremona<br />

136. bisciola - Valtellina (SO)<br />

137. biscotin de prost - Valchiavenna (SO)<br />

138. braschin - Valle Albano (CO)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


139. braza<strong>della</strong> (dolce) - Valtellina di Teglio e Tirano (SO)<br />

140. bresadelle/pan de segal - Valtellina (SO)<br />

141. brutti e buoni - Com<strong>un</strong>e di Gavirate (VA)<br />

142. b<strong>un</strong>b<strong>un</strong>enn - Cremona e provincia<br />

143. buscel di fich - Valtellina, Tirano (SO)<br />

144. bussolano (di soresina) - Mantova e Basso mantovano, Soresina (CR)<br />

145. carcent - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />

146. casoncelli <strong>della</strong> bergamasca – Provincia di Bergamo<br />

147. caviadini - Altopiano Valsassinese (LC)<br />

148. cioccolatini “graffioni” - Cremona e provincia<br />

149. copeta - Valtellina (SO)<br />

150. croccante - Cremona e provincia<br />

151. frittella - Provincia di Pavia<br />

152. gnocchi di zucca - Medio e Basso Mantovano (MN)<br />

153. grissini dolci - Broni (PV)<br />

154. mariconde - Viadanese (MN)<br />

155. marubini - Cremona e zone limitrofe<br />

156. masigott - Erba (CO)<br />

157. meascia - Alto Lario Occidentale (CO)<br />

158. miccone - Oltrepò Pavese, Stra<strong>della</strong> (PV)<br />

159. nocciolini - Com<strong>un</strong>e di Canzo (CO)<br />

160. pan da cool - Com<strong>un</strong>e di Livigno (SO)<br />

161. pane com<strong>un</strong>e - Provincia di Pavia<br />

162. pane di pasta dura - Provincia di Pavia<br />

163. pane di riso - Lomellina - San Nazzaro (PV)<br />

164. pane di san siro - Pavia<br />

165. pane giallo - Provincia di Pavia<br />

166. pane mistura - Provincia di Pavia<br />

167. panettone di milano - Milano e provincia<br />

168. pan<strong>un</strong> - Valtellina (SO)<br />

169. pazientini - Pavia e provincia<br />

170. pesce d’aprile - Pavia<br />

171. pizzoccheri <strong>della</strong> valtellina - Provincia di Sondrio<br />

172. polenta e uccelli dolce - Bergamo e provincia<br />

173. resta - Provincia di Como<br />

174. ricciolino - Mantova e provincia<br />

175. scarpinocc - Com<strong>un</strong>e di Parre (BG)<br />

176. schiacciatina - Mantova e Basso mantovano<br />

177. spongarda di crema - Crema e Cremasco (CR)<br />

178. tirot - Basso Mantovano<br />

179. torrone di cremona - Provincia di Cremona<br />

180. torta bertolina - Crema e Cremasco (CR)<br />

181. torta del donizzetti - Provincia di Bergamo<br />

182. torta del paradiso - Pavia<br />

183. torta di fioretto - Valchiavenna (SO)<br />

184. torta di grano saraceno - Valtellina (SO)<br />

185. torta di latte - Monza - Brianza (MI)<br />

186. torta di mandorla - Cremona e provincia<br />

187. torta di tagliatelle - Mantova<br />

188. torta di treviglio - Treviglio (BG)<br />

189. torta sbrisolona - Cremona e provincia<br />

190. tortelli cremaschi - Crema e Cremasco (CR)<br />

191. tortelli di zucca - Medio e basso mantovano (MN); Casalmaggiore e Casalasco (CR)<br />

192. tortionata o torta di lodi - Lodi città<br />

193. treccia d’oro “crema” - Crema e Cremasco (CR)<br />

Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi<br />

194. alborelle essiccate in salamoia - Costa occidentale Lago di Garda (BS)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


195. coregone - Lago di Como (CO)<br />

196. missoltini - Laghi di Como, di Iseo e di Garda (CO), (LC) e (BS)<br />

197. pigo - Lago di Como (CO)<br />

Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il<br />

burro)<br />

198. mascarpone “artigianale” - Pianura <strong>lombarda</strong> (MI, PV, LO, CR, MN, BS, BG)<br />

199. miele - Tutto il territorio regionale con apiari stanziali e nomadi<br />

200. ricotta artiogianale - Alpi e prealpi lombarde (BS, BG, CO, LC, SO, VA)<br />

201. spess - Provincia di Sondrio<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> <strong>Introduzione</strong>


Atlante tipologico e nutrizionale<br />

di 100 formulazioni regionali<br />

Rossano Nistri<br />

Monica Paolazzi<br />

Marco Riva<br />

Nota degli autori<br />

La nostra scelta è caduta su preparazioni meritorie di segnalazione,<br />

per ragioni di tipicità o di validità di riproposizione culinaria, al di là di<br />

qualsiasi tentativo esaustivo di classificazione: la tradizione <strong>lombarda</strong>,<br />

per fort<strong>un</strong>a, è ben più ricca di quanto sia concesso a questa proposta<br />

di codificazione.<br />

I criteri di selezione, d<strong>un</strong>que, sono stati parziali: è stata considerata la<br />

notorietà delle preparazioni, la presenza di ingredienti tipici di <strong>un</strong>a<br />

zona geografica, la frequenza delle loro segnalazioni sui ricettari locali,<br />

le tipologie (per ogni area si è cercato di segnalare in modo<br />

proporzionato piatti <strong>un</strong>ici, minestre umide o asciutte, piatti di mezzo<br />

di carne o di pesce, piatti da contorno, dessert o dolci), piuttosto che<br />

qualche caratteristica nutrizionale o qualche ascendenza storica<br />

interessante. Un criterio parallelo è stato la scelta di preparazioni<br />

com<strong>un</strong>que riproponibili, almeno a livello di ristorazione. Una ricca<br />

bibliografia, nelle pagine finali, indica alc<strong>un</strong>e delle nostre fonti e<br />

presenta l'opport<strong>un</strong>ità di ulteriori approfondimenti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


La scheda ricetta<br />

Le pagine successive, che compongono il nostro tentativo di “<strong>codice</strong>” <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>,<br />

“raccontano” in forma schematica ma approfondita, 101 ricette (formulazioni) tradizionali del<br />

nostro territorio.<br />

La scelta è caduta su preparazioni meritorie di segnalazione, per ragioni di tipicità o di validità<br />

di riproposizione culinaria, al di là di qualsiasi tentativo esaustivo di classificazione: la<br />

tradizione <strong>lombarda</strong>, per fort<strong>un</strong>a, è ben più ricca di quanto sia concesso a questo tentativo di<br />

codificazione.<br />

I criteri di questa selezione, d<strong>un</strong>que, sono stati parziali: è stata considerata la notorietà delle<br />

preparazioni, la presenza di ingredienti tipici di <strong>un</strong>a zona geografica, la frequenza delle loro<br />

segnalazioni sui ricettari locali, le tipologie (per ogni area si è cercato di segnalare in modo<br />

proporzionato piatti <strong>un</strong>ici, minestre umide o asciutte, piatti di mezzo di carne o di pesce,<br />

piatti da contorno, dessert o dolci), piuttosto che qualche caratteristica nutrizionale o qualche<br />

ascendenza storica interessante. Un criterio parallelo è stato la scelta di preparazioni<br />

com<strong>un</strong>que riproponibili, almeno a livello di ristorazione.<br />

Le formulazioni sono raccolte e proposte per area geografica omogenea: ma attenzione, la<br />

geografia alimentare non corrisponde a quella amministrativa. Ecco allora la Valtellina (che<br />

coincide con la provincia di Sondrio), il Lario (provincia di Como, ad esclusione dei territori<br />

meridionali), Lecco e la Brianza (porzioni a Nord <strong>della</strong> provincia di Milano e a Sud delle<br />

provincie di Varese, Como e Lecco), il Varesotto e Ticino (da Abbiategrasso in su, fino al lago<br />

Maggiore), il Lodigiano, Pavia e la Lomellina, Crema e Cremona, il Mantovano, Brescia (ad<br />

esclusione del Garda), Bergamo (ad esclusione dell’Iseo), il Garda e l’Iseo.<br />

Ogni area di questa ridisegnata geografia alimentare è com<strong>un</strong>que introdotta da <strong>un</strong>a sintetica<br />

scheda storico-ambientale, in cui le scelte di accorpamento sono ampiamente argomentate.<br />

1. La scheda tipologica<br />

Le schede-ricetta costituiscono il corpo centrale del testo.<br />

Il nome <strong>della</strong> ricetta f<strong>un</strong>ge da titolo <strong>della</strong> relativa scheda: è stata scelta (ove possibile) la<br />

grafia italiana, limitando l’impiego delle dizioni dialettali allo stretto indispensabile, ovvero<br />

laddove intraducibili (ad esempio, per gli sciatt valtellinesi) o preferibili per non ingenerare<br />

confusione con ricette equivalenti (ad esempio, la buseca milanese non può essere confusa<br />

con <strong>un</strong>a normale trippa).<br />

SCIATT<br />

Gli sciatt sono <strong>un</strong>a sorta di frittelle ripiene di formaggio. Hanno<br />

questo nome a causa <strong>della</strong> gobba creata dal ripieno, che li rende<br />

somiglianti app<strong>un</strong>to a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il<br />

termine alla forma irregolare delle frittelle, lo vogliono sincope<br />

dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma, vicino<br />

all’italiano sciatto.<br />

Un breve occhiello, sotto il titolo <strong>della</strong> scheda-ricetta, presenta la formulazione, rende<br />

eventualmente conto <strong>della</strong> etimologia del suo nome, ricorda eventuali equivalenti e gli<br />

elementi storico, culturali o gastronomici salienti.<br />

La successiva parte di codificazione presenta innanzitutto il numero di porzioni a cui si<br />

riferisce la ricetta. Nella maggior parte dei casi, è pari a 4 o 6.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


A seguire, viene illustrata la codificazione tipologica (posizione nel menù: antipasto, minestra,<br />

dessert, etc.), la stagionalità, il livello di difficoltà (modesto, medio o elevato), il tempo di<br />

esecuzione (in minuti) e la tecnica (o meglio, il principio) di cottura. Una notazione più estesa<br />

indica gli utensili necessari per approntare la formulazione (ad esclusione di quelli più ovvi).<br />

Tutte queste informazioni consentono di individuare rapidamente “facilities” o vincoli prima di<br />

apprestarsi alla preparazione culinaria.<br />

(continua: sciatt)<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili: terrina, pa<strong>della</strong><br />

La parte centrale <strong>della</strong> scheda è occupata dalle indicazioni classiche: ingredienti e istruzioni<br />

per la realizzazione. Queste ultime sono schematizzate in modo che le diverse operazioni<br />

siano chiaramente suddivise, <strong>un</strong> po’ come se si trattasse di descrivere <strong>un</strong> processo industriale<br />

o la struttura consequenziale di <strong>un</strong> programma per calcolatore.<br />

(continua: sciatt)<br />

Ingredienti:<br />

FARINA DI GRANO SARACENO (450 g), FARINA BIANCA 00 (220 g),<br />

FORMAGGIO TIPO SCIMUDIN o BITTO FRESCO (450 g), GRAPPA (30 ml),<br />

ACQUA MINERALE (q.b.), BIRRA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.), OLIO PER<br />

FRIGGERE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare il formaggio a cubetti<br />

• Lavorare in <strong>un</strong>a terrina le due farine, la grappa e acqua minerale e birra<br />

necessarie ad ottenere <strong>un</strong>a pastella ben liscia<br />

• Riscaldare abbondante olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro<br />

• Con l'aiuto di <strong>un</strong> cucchiaio versare <strong>un</strong> cubetto di formaggio prima nella<br />

pastella e poi nell'olio bollente<br />

• Friggere fin ad ottenere delle piccole frittelle di colore br<strong>un</strong>o<br />

• Scolare su carta assorbente<br />

• Servire con <strong>un</strong>a insalatina di stagione<br />

Anche questa scelta vuole favorire la divulgazione e invitare alla sperimentazione.<br />

Fin quì, niente di più di <strong>un</strong> ricettario classico, se non la cura di codificazione.<br />

Ma <strong>un</strong>a formulazione ha anche <strong>un</strong>a storia e <strong>un</strong>’anima: ecco allora, nelle sezioni successive, la<br />

parte più innovativa di questo tentativo di <strong>codice</strong>, introdotte coi sottotitoli di note, varianti,<br />

abbinamenti, l’ingrediente.<br />

<strong>Per</strong> le note, si è cercato di indicare alc<strong>un</strong>e peculiarità <strong>della</strong> tecnica di preparazione o dei<br />

requisiti qualitativi degli ingredienti.<br />

(continua: sciatt)<br />

Note: la lievitazione <strong>della</strong> pastella<br />

La lievitazione è quel processo fisico-chimico per cui <strong>un</strong>a pasta (o, come nel<br />

nostro caso, <strong>un</strong>a pastella, cioè <strong>un</strong> impasto semiliquido) aumenta di volume per<br />

effetto dell’aria che vi si incorpora, solitamente a causa di processi fermentativi.<br />

L’immissione di aria, che ha lo scopo di rendere meno compatto, cioè più<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


leggero, il composto può essere ottenuto con lieviti naturali o artificiali come il<br />

lievito di birra o il baking. <strong>Per</strong> gonfiare la pastella degli sciatt, i ricettari indicano<br />

com<strong>un</strong>emente <strong>un</strong>o dei tre seguenti procedimenti:<br />

∗ impastare delicatamente la farina con birra e acqua minerale in modo che il<br />

gas contenuto nei due liquidi si trasferisca nella pastella;<br />

∗ sbattere a l<strong>un</strong>go ed energicamente la pastella con la frusta in modo da<br />

incorporarle <strong>un</strong>a certa quantità di aria;<br />

∗ impastare la farina con acqua tiepida in cui sia stata sciolta <strong>un</strong>a quantità<br />

minima di bicarbonato di sodio e lasciare riposare il composto per qualche<br />

minuto prima di friggerlo.<br />

<strong>Per</strong> le varianti, è stata sinotticamente considerata la formulazione nelle diverse versioni locali<br />

o negli apparentamenti (regionali, nazionali, internazionali).<br />

(continua: sciatt)<br />

Varianti:<br />

Le possibili variazioni riguardano principalmente le proporzioni tra la farina di<br />

fraina e quella di frumento, fino a <strong>un</strong>’immissione di quest’ultima per la quantità<br />

del 50%. Alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono solo farina di fraina. La frittura degli sciatt<br />

è da tal<strong>un</strong>i eseguita, anziché con lo strutto, con abbondante burro bollente.<br />

<strong>Per</strong> gli abbinamenti si è cercato di indicare come posizionare al meglio la formulazione in <strong>un</strong><br />

ipotetico menù o in <strong>un</strong>a scansione di vivande. Inoltre si è sempre indicato <strong>un</strong> vino di<br />

accompagnamento, con particolare riguardo a quelli del territorio lombardo: e ciò per<br />

enfatizzare il problema culturale e sensoriale che pone qualsiasi scelta di abbinamento.<br />

(continua: sciatt)<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> piatto dalle molte risorse. Gli sciatt possono essere utilizzati per antipasto<br />

o come primo piatto, ma tradizionalmente si consumavano anche la mattina a<br />

colazione, assieme a <strong>un</strong> bicchiere di latte fresco, o nel pomeriggio per<br />

merenda. Come stuzzichino o nel corpo del pranzo (assieme all’ insalata<br />

costituiscono <strong>un</strong> secondo con contorno) si abbinano con <strong>un</strong>o dei grandi vini rossi<br />

<strong>della</strong> Valtellina non troppo invecchiato.<br />

Infine, per l’ingrediente si è scelto di “raccontare” le caratteristiche merceologiche o<br />

nutrizionali, oppure le vicende storiche, di <strong>un</strong> componente significativo <strong>della</strong> ricetta: <strong>un</strong>a sorta<br />

di piccolo dizionario dell’alimentazione.<br />

(continua: sciatt)<br />

L’ingrediente: il formaggio valtellinese<br />

<strong>Per</strong> la preparazione degli sciatt si richiede <strong>un</strong> formaggio filante come il bitto<br />

fresco o lo scimudin. La provincia di Sondrio vanta tuttavia <strong>un</strong> vasto repertorio<br />

di formaggi di gran classe, frutto <strong>della</strong> secolare esperienza degli alpigiani <strong>un</strong>ita<br />

alla moderna tecnologia casearia. Sinteticamente, il panorama può essere così<br />

riass<strong>un</strong>to:<br />

formaggi a pasta cruda molle:<br />

∗ scimudin, formagelle prodotte con latte intero, salate moderatamente, dal<br />

gusto dolce e corta maturazione (3-4 settimane);<br />

formaggi a pasta semicotta semigrassi:<br />

∗ formaggio d’alpe, abbastanza stagionato, sapore aromatico, vagamente<br />

amaro, assume diverse denominazioni fra cui quello di magnüca (tipico <strong>della</strong><br />

Valchiavenna);<br />

∗ casera, simile al precedente ma prodotto nel fondovalle, poco stagionato,<br />

ingrediente tipico dei pizzoccheri.<br />

formaggi a pasta semicotta grassa:<br />

∗ bitto, prodotto con latte intero eventualmente miscelato a latte caprino, è<br />

dolce se consumato fresco, piccante se stagionato per oltre due anni.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


2. La scheda sul valore nutrizionale<br />

La scheda riportata nella pagina a fronte di ogni ricetta illustra in forma prevalentemente<br />

grafica le peculiarità nutrizionali <strong>della</strong> formulazione.<br />

La codificazione nutrizionale si riferisce a <strong>un</strong>a singola porzione in relazione ai fabbisogni<br />

quotidiani medi di nutrienti.<br />

Questi fabbisogni, nel nostro Paese prendono il nome di LARN (Livelli di Ass<strong>un</strong>zione<br />

Raccomandati di Nutrienti per la popolazione italiana) e rappresentano le quantità<br />

raccomandate di energia, nutrienti principali (proteine, grassi o lipidi, carboidrati o glucidi -<br />

cioè zucchero e amido), vitamine, sali minerali e fibra alimentare che ciasc<strong>un</strong> individuo sano<br />

<strong>della</strong> nostra popolazione dovrebbe assumere per mantenere <strong>un</strong> buon stato di salute.<br />

Il riferimento al fabbisogno quotidiano medio utilizzato è quello relativo alla media degli<br />

individui <strong>della</strong> popolazione italiana: il fabbisogno reale, conseguentemente, sarà più alto per i<br />

maschi adulti e più basso per le femmine, i bambini e gli anziani. Ma, indipendentemente<br />

dalle quantità, è l'equilibrio fra i diversi nutrienti che la scheda vuole rimarcare.<br />

Se consideriamo <strong>un</strong>a scheda tipo, dopo il nome originale <strong>della</strong> ricetta, viene riportata <strong>un</strong>a<br />

tabellina con il contenuto <strong>della</strong> porzione in kilocalorie (kcal), in proteine (in grammi), in grassi<br />

(o lipidi) e in carboidrati (o glucidi), sempre in grammi.<br />

Si ricorda che ogni giorno <strong>un</strong> adulto dovrebbe assumere fra le 2000 (donna sedentaria) e le<br />

3500 (maschio con attività fisica abbastanza dispendiosa) kilocalorie; 50 - 90 grammi di<br />

proteine; 60 - 100 grammi di lipidi e 300 - 500 grammi di glucidi.<br />

Accanto all'indicazione del valore energetico in kilocalorie è riportata la sua equivalenza in<br />

kilojoule (kJ), cioè nella <strong>un</strong>ità di misura che in futuro dovrà essere obbligatoriamente utilizzata<br />

nel computo dei dispendi energetici (e ricordiamo anche che 1 kilocaloria è uguale a 4.184<br />

kilojoule).<br />

SCIATT<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

760 28,6 31,6 92,9 393 0 2,4<br />

Successivamente la scheda illustra il contenuto <strong>della</strong> nostra porzione in sodio (milligrammi),<br />

in colesterolo (milligrammi) e in fibra alimentare (grammi).<br />

Questi componenti hanno qualche relazione con le malattie dismetaboliche e oggi si consiglia,<br />

in forma preventiva, di limitare l'introduzione di sodio e colesterolo, oltre che di privilegiare<br />

quei prodotti (frutta, ortaggi, cereali a basso grado di raffinazione) che contengono buone<br />

quantità di fibra alimentare. <strong>Per</strong> tali componenti non ci si può com<strong>un</strong>que riferire a <strong>un</strong> livello<br />

consigliato. L'informazione fornita nella scheda ha pertanto il valore di "avvertenza"<br />

soprattutto per le persone ipertese (sodio) o sofferenti di disturbi cardiovascolari<br />

(colesterolo).<br />

La parte grafica successiva riguarda l’esame nutrizionale completo <strong>della</strong> formulazione. In<br />

questo caso viene presentata la densità nutritiva <strong>della</strong> razione, ovvero la copertura (in<br />

percentuale) dei fabbisogni quotidiani medi di nutrienti.<br />

<strong>Per</strong> ogn<strong>un</strong>o dei nutrienti considerati importanti per la nostra alimentazione, la l<strong>un</strong>ghezza <strong>della</strong><br />

barra di rappresentazione esprime la percentuale del fabbisogno nutritivo quotidiano<br />

soddisfatto. Nel primo caso, quello dell'energia, la percentuale del fabbisogno soddisfatto<br />

esprime la quota calorica, che per <strong>un</strong> pasto completo dovrebbe aggirarsi sul 40% e per <strong>un</strong>a<br />

merenda intorno al 15-20%.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


SCIATT<br />

Densità nutritiva (per porzione)<br />

Se tutti i nutrienti sono apportati in uguale proporzione, la l<strong>un</strong>ghezza delle barre sarà simile:<br />

ciò significa che la formulazione è particolarmente equilibrata. Un eccesso relativo di <strong>un</strong><br />

nutriente corrisponde ad <strong>un</strong>a barra più l<strong>un</strong>ga; viceversa, <strong>un</strong>a carenza corrisponde ad <strong>un</strong>a<br />

barra più corta. L'indice di densità nutritiva proposto accanto a ciasc<strong>un</strong> nutriente altro non è<br />

se non il rapporto fra % di soddisfacimento del relativo fabbisogno nutritivo e % di<br />

soddisfacimento del fabbisogno energetico, ovviamente nella razione considerata. Un valore<br />

prossimo ad 1.0 indica <strong>un</strong> buon equilibrio nutrizionale, valori lontani dall'<strong>un</strong>ità si riferiscono<br />

invece ad apporti insufficienti o eccessivi.<br />

Il quadro presenta anche il contributo degli ingredienti più importanti nella razione (max. 5<br />

ingredienti, ordinati per contributo energetico decrescente) nella definizione <strong>della</strong> percentuale<br />

del fabbisogno nutritivo soddisfatto per ogni nutriente: è semplice intuire il ruolo nutrizionale<br />

di ogni ingrediente, attraverso l’impiego dell’associazione ingrediente-colore <strong>della</strong> barra.<br />

Il risultato è <strong>un</strong>a forma di com<strong>un</strong>icazione nutrizionale completa ed abbastanza facile da<br />

interpretare: l’obbiettivo di <strong>un</strong> pasto è generalmente la copertura del 40% circa dei fabbisogni<br />

quotidiani; i diversi nutrienti sono apportati in contributo differente dalle formulazioni; le<br />

carenze relative possono essere compensate da qualche diverso abbinamento o integrazione.<br />

L'informazione fornita dalla scheda, a questo proposito, serve a suggerire gli abbinamenti: se<br />

<strong>un</strong>a razione è troppo ricca in grassi e povera in glucidi, occorrerà ad esempio accompagnarla<br />

con del pane, oppure, dovrà essere composto l'altro pasto <strong>della</strong> giornata da <strong>un</strong>a razione<br />

compensante, cioè ricca in glucidi e povera in lipidi.<br />

Occorre ribadire che questi consigli valgono per <strong>un</strong> regime dietetico ed è erroneo giudicare<br />

<strong>un</strong>a singola porzione per eventuali squilibri: l'informazione serve a suggerire le corrette<br />

compensazioni. Di nuovo si ricorda, a costo di sembrare pedanti, che <strong>un</strong> conto è il giudizio su<br />

<strong>un</strong>a porzione, <strong>un</strong> conto sono gli obiettivi di equilibrio in <strong>un</strong>a giornata o, meglio, in <strong>un</strong> periodo<br />

più l<strong>un</strong>go (<strong>un</strong>a settimana). Se però <strong>un</strong>a ricetta è povera in vitamina A e vitamina C, viene<br />

consigliato di consumare <strong>un</strong>'albicocca o <strong>un</strong>'arancia; se manca il calcio, si dovrà considerare<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


<strong>un</strong>o sp<strong>un</strong>tino con del formaggio o <strong>un</strong>a colazione a base di latte, e così via. Ma senza ansie o<br />

sensi di colpa: mangiare non è solo <strong>un</strong> gioco ad incastri verso <strong>un</strong> equilibrio nutrizionale<br />

obbligatorio, anche se conoscere le caratteristiche nutrizionali di ciò che si mangia aiuta<br />

anche ad apprezzarne maggiormente le caratteristiche sensoriali.<br />

La valutazione nutrizionale delle ricette è stata<br />

effettuata mediante il software "Come Mangi 2000", ©<br />

1992-2000 Gerardo e Tatiana Orlandi, Marco Riva,<br />

3GTO Software, Via Bramante 12, Lainate, Milano.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


Avvertenze in tema di codificazione quantitativa<br />

Uno degli aspetti a prima vista sorprendenti delle formulazioni alimentari lombarde<br />

successivamente codificate è la loro sovrabbondanza quantitativa, tanto che se ne consideri la<br />

composizione e la quantità dei diversi ingredienti per il numero di porzioni indicato, tanto più<br />

quando si esamini il loro valore nutrizionale. Ad <strong>un</strong> giudizio puramente superficiale<br />

sembrerebbe conseguentemente che il preteso pauperismo dell’alimentazione tradizionale<br />

<strong>lombarda</strong> non trovi qui conferma, mentre, sul piano degli apporti nutritivi, risulterebbe<br />

giustificato più di <strong>un</strong> allarme, soprattutto se si soffermasse l’attenzione, oltre che sugli apporti<br />

calorici, sui quantitativi di colesterolo e di acidi grassi saturi presenti in molte razioni.<br />

Qualche precisazione al riguardo è d<strong>un</strong>que più che necessaria.<br />

Innanzitutto la nostra scelta fra le formulazioni rappresentative di ogni area gastronomica ha<br />

premiato le ricette oggi più note, che sono generalmente quelle sopravvissute nella<br />

ristorazione locale e nella riproposizione familiare di rivisitazione <strong>della</strong> tradizione: si tratta<br />

conseguentemente delle ricette <strong>un</strong> tempo usuali nei rituali festivi, più che in quelli quotidiani;<br />

si tratta anche delle formulazioni più ricche e meno monotone quanto ad ingredienti. Un<br />

tempo l’eccesso ed il piacere si ricercavano con <strong>un</strong>a certa sovrabbondanza di grassi (ed in<br />

Lombardia di quelli più nobili come il burro), ma questo tipo di alimentazione era l’eccezione<br />

legata alla festa o all’ospitalità, più che alla regola. La parsimonia si ricostruiva ogni giorno<br />

feriale, attraverso <strong>un</strong> sapiente riutilizzo degli scarti ed <strong>un</strong> profilo prevalentemente cerealicolo<br />

e vegetariano. Purtroppo, la maggior parte di questa impronta pauperistica è oggi impossibile<br />

da verificare: le regole <strong>cucina</strong>rie (come la struttura delle ricette) erano <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong><br />

patrimonio squisitamente orale e la loro scrittura o codificazione (nella nascente <strong>cucina</strong> dei<br />

ceti borghesi) avviene con <strong>un</strong>a ovvia accentuazione degli aspetti quantitativi.<br />

I testi ed i ricettari che abbiamo utilizzato quale fonte per il nostro tentativo di codificazione si<br />

rifanno ovviamente a questo primo passaggio: la casseula “scritta” ad uso del ceto borghese è<br />

sicuramente più abbondante di quella precedentemente usuale sulle tavole contadine.<br />

Giacchè la “scrittura” delle ricette avviene non più di <strong>un</strong> secolo o, al massimo, <strong>un</strong> secolo e<br />

mezzo fa, cioè in periodo di positivismo e di “fuga” dalla fame atavica, non deve sorprendere<br />

l’eccesso di quantificazione: esso, tra l’altro, riguarda tutta la tradizione alimentare del nostro<br />

Paese.<br />

RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />

(codificazione attuale)<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

(ricodificazione prudente)<br />

Preparazione per 9 porzioni<br />

Ingredienti:<br />

FILETTI DI PESCE PERSICO (800 g), BURRO (100 g), FARINA BIANCA (2 cucchiai, 25 g),<br />

SALVIA (12 foglie, 10 g), RISO (500 g), BRODO VEGETALE (1,5 litri), CIPOLLA (n.1, 40 g),<br />

VINO BIANCO SECCO (1/2 bicchiere), SALE (q.b.)<br />

Valore nutritivo <strong>della</strong> singola porzione:<br />

Energia: 515 kcal (2158 kJ)<br />

Proteine: 17.6 g<br />

Lipidi: 15.7 g<br />

Glucidi: 69.7 g<br />

Sodio: 1501 mg<br />

Colesterolo: 87 mg<br />

Fibra alim. : 1.5 g<br />

Valore nutritivo <strong>della</strong> singola porzione:<br />

Energia: 343 kcal (1437 kJ)<br />

Proteine: 11.7 g<br />

Lipidi: 10.5 g<br />

Glucidi: 46.5 g<br />

Sodio: 1000 mg<br />

Colesterolo: 58 mg<br />

Fibra alim. : 1.0 g<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


Un’altra considerazione deve riguardare la definizione quantitativa, tanto degli ingredienti che<br />

delle porzioni. Nel passaggio da trasmissione orale a codificazione scritta, molte quantità sono<br />

state approssimate per eccesso. Altrettanto è successo (ma all’inverso) per il numero di<br />

porzioni. Bisogna inoltre osservare che molte delle formulazioni proposte si configuravano <strong>un</strong><br />

tempo come piatti <strong>un</strong>ici, quindi necessariamente abbondanti. Nella forma di scansione odierna<br />

delle pietanze la prudenza consiglierebbe di riferire i quantitativi di ingredienti codificati ad <strong>un</strong><br />

terzo di porzioni in più: così <strong>un</strong>a ricetta per 4 porzioni dovrebbe e sere convenientemente<br />

riferita a 6 persone ed <strong>un</strong>a codificata per 6 a 9, e così via. Con questa impostazione, il valore<br />

nutritivo <strong>della</strong> singola porzione andrebbe conseguentemente diminuito di 1/3.<br />

L'esempio alla pagina precedente illustra questa raccomandazione.<br />

Tutto ciò significa che l’informazione nutrizionale e la codificazione quantitativa<br />

successivamente fornita (che si riferiscono alla versione più abbondante) devono essere<br />

prudentemente ponderate, sopratutto se si voglia considerare l’attualizzazione gastronomica o<br />

la riproposizione di <strong>un</strong>a formulazione.<br />

Un’altra riflessione riguarda il contesto di fabbisogni utilizzato come riferimento nell’analisi e<br />

schematizzazione del valore nutritivo delle razioni.<br />

I fabbisogni medi odierni di nutrienti (soprattutto dei nutrienti che provvedono energia<br />

all’organismo) sono in forte contrazione, in conseguenza <strong>della</strong> adesione ad <strong>un</strong>o stile di vita<br />

sempre più sedentario, <strong>della</strong> riduzione dei dispendi calorici connessi alle varie attività<br />

professionali e <strong>della</strong> norma di vivere in ambienti termicamente condizionati.<br />

Altro era <strong>un</strong> tempo, quando le attività prevalenti (ad esempio il lavoro agricolo) erano faticose<br />

ed a impegno prevalentemente muscolare, quando il lavoro occupava com<strong>un</strong>que <strong>un</strong>a parte<br />

più l<strong>un</strong>ga <strong>della</strong> giornata, quando si viveva dovendo sopportare il freddo in inverno ed il caldo<br />

in estate.<br />

La codificazione tradizionale delle nostre formulazioni (anche tenendo conto dell’ambiguità già<br />

segnalata nel passaggio orale - scritto) si riferisce ovviamente ad <strong>un</strong> profilo piuttosto esigente<br />

di fabbisogno quantitativo.<br />

Si consideri, a puro titolo di esempio la seguente scheda, relativa ad <strong>un</strong> maschio adulto di 60<br />

kg di peso, impegnato in attività agricole:<br />

Attività Tempo Dispendio Totale<br />

(ore) (kcal/h/kg) (kcal)<br />

Sonno 8 1.1 528<br />

Pulizie personali 1 2 120<br />

Cammino 2.5 3.4 510<br />

Cammino in pendenza 2 4.7 564<br />

Cammino in pendenza con pesi 1 5.5 330<br />

Lavori domestici leggeri 1 1.95 117<br />

Lavori domestici più faticosi 1 4 240<br />

Lavori agricoli 6 4.5 1620<br />

Lavori forestali (tagliare legna) 1 6 360<br />

Attività ricreative leggere 0.5 3 90<br />

Totale 24 4479<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


E’ evidente come su questa base di circa 4500 kcal giornaliere, <strong>un</strong> apporto di 600-900 kcal<br />

(cioè il consumo di <strong>un</strong> piatto tradizionale abbastanza ricco) rappresenti solo il 15-20% del<br />

soddisfacimento dei fabbisogni e lasci spazio (ad esempio, per completare <strong>un</strong> pasto) a<br />

qualche ulteriore aggi<strong>un</strong>ta.<br />

Se adesso prendiamo lo stesso individuo e ne disegnamo il profilo di attività quotidiane oggi<br />

prevalente (ad esempio quelle di <strong>un</strong> impiegato, di <strong>un</strong> insegnante o di <strong>un</strong> libero professionista)<br />

la situazione risultante diventerebbe la seguente:<br />

Attività Tempo Dispendio Totale<br />

(ore) (kcal/h/kg) (kcal)<br />

Sonno 8 1.1 528<br />

Pulizie personali 1 2 120<br />

Cammino 1 1.6 96<br />

Lavori domestici leggeri 1 1.95 117<br />

Lavori domestici più faticosi 0.25 4 60<br />

A sedere di fronte alla TV 2 1.25 150<br />

Guida auto 1 1.5 90<br />

Lettura 1.5 1.3 117<br />

Attività ricreative leggere 0.5 3 90<br />

Attività ginniche 0.5 4 120<br />

Lavoro d'ufficio sedentario 3.25 1.65 322<br />

Lavoro intellettuale 4 2.1 504<br />

Totale 24 2314<br />

In questa situazione le precedenti 600-900 kcal rappresentano da sole il 25-40% dei<br />

fabbisogni quotidiani, come a dire che la fruizione di <strong>un</strong>a delle nostre formulazioni “vale” da<br />

sola <strong>un</strong> pasto, senza ulteriori aggi<strong>un</strong>te o integrazioni.<br />

A questo, bisogna aggi<strong>un</strong>gere che l’elevato fabbisogno calorico degli stili di vita di <strong>un</strong> tempo<br />

contemplava <strong>un</strong>a maggiore tolleranza verso i grassi, soprattutto i grassi saturi: la<br />

raccomandazione odierna ad introdurne <strong>un</strong> quantitativo che non superi, come equivalente<br />

calorico, il 25-30% dell’energia poteva <strong>un</strong> tempo essere meno rigida.<br />

Il risultato di tutte queste riflessioni è che la codificazione quantitativa offerta nelle pagine<br />

successive deve essere attentamente ponderata e che molti giudizi superficiali inerenti<br />

l’abbondanza dell’apporto calorico, dell’apporto lipidico, del quantitativo di acidi grassi saturi e<br />

di colesterolo devono essere ricondotti al contesto di <strong>un</strong>o stile di vita abbastanza dispendioso<br />

in termini energetici.<br />

A ciò consegue che qualche prudenza dovrebbe essere posta se si volessero riproporre le<br />

formulazioni originali: valga in ogni caso il consiglio di aumentare di 1/3 il numero di porzioni<br />

di riferimento (o di ridurre di 1/3 le quantità codificate, che è la stessa cosa), piuttosto che di<br />

rivedere (sempre in ottica riduttiva) i quantitativi di condimento, di prodotti caseari grassi, di<br />

carni e frattaglie a maggiore apporto lipidico.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Atlante


Sondrio e Valli<br />

La provincia di Sondrio comprende la Valtellina e la Valchiavenna,<br />

che non hanno accesso diretto alla pianura <strong>lombarda</strong> ma sboccano<br />

sulla parte più settentrionale del lago di Como, transito e nel<br />

contempo barriera verso il resto <strong>della</strong> Lombardia. Non sono però<br />

valli isolate: attraverso i passi per il Tirolo, l'Engadina e il Veneto,<br />

<strong>un</strong> tempo ben più praticati, hanno ricevuto influssi culturali dall'esterno.<br />

Il relativo isolamento geografico è stato accompagnato da<br />

vicende storiche peculiari: dai primi del '500 fino alla fine del<br />

'700, la zona fu dominio dei Grigioni.<br />

L'agricoltura non è mai stata ampiamente praticata nella zona.<br />

Infatti il territorio era per lo più lasciato incoltivato per il pascolo o<br />

per ricavarne il foraggio invernale per il bestiame, e solo i piccoli<br />

terrazzamenti a mezza montagna erano utilizzati per la coltivazione<br />

del mais, delle patate e dei cereali resistenti ai climi rigidi<br />

come orzo, grano saraceno, segale, miglio e avena. Altro alimento<br />

importante delle popolazioni locali era la castagna, che<br />

veniva consumata come tale o utilizzata per produrre la farina.<br />

L'attività principale era d<strong>un</strong>que l'allevamento del bestiame che<br />

forniva latte, formaggi, salumi e condimenti, ovvero gli elementi<br />

di base <strong>della</strong> gastronomia <strong>della</strong> zona. Basti pensare che fino alla<br />

fine dell''800 l'olio era pressoché sconosciuto e perfino l'insalata<br />

era condita con il burro, che in alc<strong>un</strong>e preparazioni era sostituito<br />

da pancetta fritta.<br />

In pratica ogni famiglia provvedeva al proprio sostentamento alimentare<br />

in <strong>un</strong>'economia di sola sussistenza, testimoniata dalla<br />

grande frugalità <strong>della</strong> pietanze. Con l'introduzione nell'area alpina<br />

di mais e grano saraceno, i cibi primitivi come il macco o la puls<br />

di castagne, furono sostituiti dalla polenta che divenne il piatto<br />

principale di tutte le mense, consumata da sola (pulenta santa o<br />

pulenta e spüda) o accompagnata da latticello, formaggio, salame<br />

e anche da frutta o insalata. L'alternativa alla polenta era<br />

rappresentata dalle zuppe, preparate con verdure, fagioli, talvolta<br />

castagne, miglio e panico pestati o orzo anche non pilato; oppure<br />

con polentina morbida di grano saraceno, mais o frumento, che in<br />

qualche caso veniva tostata nel burro e diluita con latte o acqua.<br />

L'alimentazione <strong>della</strong> piccola nobiltà locale si discostava da quella<br />

delle classi meno abbienti sia per l'abbondanza delle portate sia<br />

per la presenza di cacciagione, pesci d'acqua dolce, lumache e<br />

gamberi di fosso.<br />

Oltre che dalla grande varietà di preparazioni ottenute con pochi<br />

ingredienti, la <strong>cucina</strong> era caratterizzata dalla povertà dei mezzi di<br />

cottura. Infatti i pastori durante gli alpeggi estivi in alta montagna<br />

disponevano solo di <strong>un</strong> paiolo e di <strong>un</strong> bastone per rimestare<br />

le pietanze (taracc o taraj), mentre nelle case a fondo valle e delle<br />

famiglie benestanti la "batteria" di pentole comprendeva anche<br />

<strong>un</strong>a pentola di bronzo per la trippa e le l<strong>un</strong>ghe cotture delle minestre<br />

d'orzo, <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro per i kisciö e i cicc (schiacciate<br />

di farina nera e formaggio), e <strong>un</strong>a pentola di pietra ollare (lavécc)<br />

tipica <strong>della</strong> Valmalenco ma prodotta anche in Valchiavenna fin<br />

dall'epoca romana, divenuta il simbolo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


BRESAOLA CONDITA<br />

Anche brisa(v)ola, forse da brasare = cuocere alla brace, termine noto dal XV secolo, con valore<br />

simile a braciola ("<strong>Per</strong> far brisavoli di schiena di bove", Scappi II.7). Si ignora come sia<br />

passato a definire tagli di carne e <strong>un</strong>a tecnica di preparazione completamente diversa, a meno<br />

di non riferirsi al leggero affumicamento cui la carne può essere sottoposta o alla cottura<br />

a mo’ di brasato, documentata per il passato.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 10 minuti<br />

Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />

Utensili:<br />

piatto da portata<br />

Ingredienti:<br />

BRESAOLA AFFETTATA FINE (360 g), TUORLI<br />

D'UOVO (n.2), OLIO DI OLIVA (40 g), SUCCO<br />

DI LIMONE (alc<strong>un</strong>e gocce), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Disporre le fette di bresaola su <strong>un</strong> piatto<br />

• Condirle con l'olio, i tuorli leggermente sbattuti<br />

e pepe macinato fresco<br />

• Lasciare riposare <strong>un</strong>a decina di minuti e ultimare<br />

con il succo di limone<br />

• Servire accompagnando con pane di segale<br />

Note: la giusta stagionatura<br />

La bresaola si acquista com<strong>un</strong>emente dal salumiere,<br />

affettata al momento, o al supermercato<br />

in buste o vaschette contenenti il salume affettato<br />

e preconfezionato direttamente dal produttore.<br />

Acquistata intera, la bresaola ha pezzatura<br />

variabile a seconda del taglio bovino e <strong>della</strong><br />

grossezza <strong>della</strong> bestia da cui è stata ricavata (v.<br />

di seguito: l'ingrediente). <strong>Per</strong> presentarsi nella<br />

condizione ottimale per il consumo, non deve<br />

essere però troppo piccola, che si correrebbe il<br />

rischio di trovarla eccessivamente asciutta. Secondo<br />

i cultori, questo salume non deve risultare<br />

né troppo fresco né troppo secco, né troppo<br />

duro né troppo molle, con <strong>un</strong>a salatura moderata<br />

e <strong>un</strong> profumo di spezie acuto ma non violento<br />

e senza particolari sentori di vecchio.<br />

Varianti:<br />

Specialità <strong>della</strong> Valtellina, cui è tuttavia con tesa<br />

dalla Valchiavenna, la bresaola, quando è veramente<br />

buona e stagionata perfettamente, si<br />

gusta così com’è, affettata sottile, senza alc<strong>un</strong><br />

condimento. La preparazione più com<strong>un</strong>e si realizza<br />

con olio, limone e pepe. I salumieri <strong>della</strong><br />

Valchiavenna indicano di preferenza il burro liquefatto.<br />

Si segnala inoltre <strong>un</strong>’emulsione di olio,<br />

limone e senape, insaporita con pepe e prezze-<br />

molo tritato. In passato, bresaole non troppo<br />

stagionate venivano cotte in casseruola con verdure,<br />

spezie e vino bianco asciutto.<br />

Abbinamenti:<br />

Si serve con pane, possibilmente di segale, e si<br />

accompagna con vino <strong>della</strong> Valtellina non invecchiato<br />

e di moderata gradazione.<br />

L'ingrediente: la bresaola<br />

La bresaola, nata in Valchiavenna nel XV secolo<br />

e diffusasi al di fuori <strong>della</strong> provincia di Sondrio<br />

alla fine dell''800, ha etimo incerto: alc<strong>un</strong>i fanno<br />

risalire il termine a brasa, brace, perché in passato<br />

la prima fase di asciugatura del prodotto<br />

era effettuata riscaldando l'aria con bracieri che<br />

servivano a dare anche <strong>un</strong>a leggera affumicatura.<br />

Altri lo riportano a brisa, poiché se il salume<br />

non è perfettamente stagionato, "brucia" la lingua.<br />

La bresaola si prepara con i tagli pregiati <strong>della</strong><br />

coscia di manzo (fesa, sottofesa, noce, magatello).<br />

I pezzi di carne vengono privati di tendini<br />

e grasso eccessivo, e sottoposti a salagione in<br />

appositi contenitori alternando strati di carne a<br />

strati di concia (sale, zucchero, pepe, aromi,<br />

spezie ed eventualmente nitrato di sodio), per<br />

<strong>un</strong> periodo di 10-15 giorni, rivoltando i pezzi periodicamente<br />

affinché la carne assorba la salamoia<br />

in modo <strong>un</strong>iforme. Successivamente i pezzi<br />

vengono lavati, asciugati e talvolta pressati.<br />

Le bresaole vengono quindi appese nella sale di<br />

prosciugamento per 4-6 giorni, poi trasferite nel<br />

locale di stagionatura (a ventilazione, umidità e<br />

temperatura controllate) per circa 1 mese. Alc<strong>un</strong>i<br />

produttori eseguono infine l'affumicatura.<br />

Recentemente alla bresaola è stato attribuito il<br />

riconoscimento IGP.<br />

Nella Valtellina, nella Valchiavenna e nell’Alto<br />

lago di Como si produce artigianalmente, con<br />

tecniche simili a quelle <strong>della</strong> bresaola, <strong>un</strong>a sorta<br />

di prosciutto ricavato dalle cosce posteriori di<br />

capra, salato, stagionato e affumicato, chiamato<br />

violino, a causa <strong>della</strong> forma e del modo tradizionale<br />

di affettarlo, appoggiandolo sotto il mento,<br />

reggendo il femore con la mano sinistra e il coltello<br />

con la destra, come <strong>un</strong> archetto. Si serve<br />

in fette sottili, con o senza condimento, come la<br />

bresaola. A Chiavenna si produce <strong>un</strong> salume simile,<br />

la slinzega, con la coscia di camoscio.<br />

Questo termine viene com<strong>un</strong>emente usato anche<br />

per bresaole di piccola pezzatura.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


BRESAOLA CONDITA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

173 20,4 10,2 0,0 961 129 0,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE<br />

Sono il piatto-simbolo <strong>della</strong> tradizione valtellinese. Il nome è fatto com<strong>un</strong>emente derivare<br />

dalla stessa radice pit o piz da cui sarebbero originati i termini pizza, pitta, pittula, pinsa e<br />

pinza, com<strong>un</strong>i <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que in Italia, con significato affine a pezzo, pezzetto, cui può essersi<br />

sovrapposto il senso di pinsa, da pinzare = schiacciare, in riferimento alla forma. Meno<br />

attendibili appaiono le etimologie dal longobardo bizzo = boccone.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Inverno, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />

Utensili:<br />

tagliere trinciante, pentola, colapasta, pa<strong>della</strong>,<br />

zuppiera, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

FORMAGGIO SEMIGRASSO DELLA VALTELLINA<br />

“CASERA” (180 g), PIZZOCCHERI (420 g),<br />

PATATE (180 g), VERZA (180 g), BURRO (30 g),<br />

SALVIA (n.5 foglie), PEPE (q.b.), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pelare e tagliare a pezzi le patate<br />

• Mondare, lavare e tagliare a strisce le verze<br />

• Cuocere in <strong>un</strong>a pentola con acqua salata le<br />

patate e le verze<br />

• Tagliare il formaggio a fettine sottili<br />

• A cottura ultimata, <strong>un</strong>ire i pizzoccheri<br />

• Cuocere per 10-15 minuti, scolare ancora al<br />

dente<br />

• (nel frattempo) Rosolare le foglie di salvia<br />

nel burro<br />

• Porre i pizzoccheri in <strong>un</strong>a zuppiera<br />

• Unire il formaggio, il burro e la salvia ed amalgamare<br />

accuratamente<br />

• Servire, <strong>un</strong>endo del pepe a parte<br />

Note: la preparazione dei pizzoccheri<br />

I pizzoccheri sono oggi commercializzati sotto<br />

forma di pasta secca, a base di <strong>un</strong>a miscela di<br />

farina di frumento e di farina di grano saraceno<br />

(“farina di fraina”), ad opera di alc<strong>un</strong>e aziende<br />

valtellinesi. Si presentano tradizionalmente come<br />

fettuccine, anche se esistono altri formati.<br />

Volendo realizzare in casa i pizzoccheri (ingredienti<br />

per 6 persone):<br />

* Mescolare 12 manciate di farina di fraina e 4<br />

manciate di farina bianca<br />

* Unire 1 cucchiaino di sale ed impastare con<br />

acqua fino ad ottenere <strong>un</strong> impasto duro e liscio<br />

Lavorare l’impasto non troppo a l<strong>un</strong>go<br />

* Stendere con <strong>un</strong> mattarello <strong>un</strong>a sfoglia non<br />

troppo sottile (2-3 mm)<br />

* Tagliare in forma di fettuccine larghe 1 cm e<br />

l<strong>un</strong>ghe 5 cm<br />

Varianti:<br />

La verza può essere sostituita dalle biete. Oltre<br />

alla salvia, si può insaporire nel burro dell’aglio<br />

o <strong>della</strong> cipolla. Il formaggio semigrasso <strong>della</strong><br />

Valtellina è protetto da <strong>un</strong> marchio di tipicità<br />

(Valtellina Casera): per le sue caratteristiche, si<br />

veda L’atlante dei Prodotti Tipici. In sua assenza,<br />

può essere sostituito con formaggi tipo<br />

Latteria o Fontina.<br />

Abbinamenti:<br />

I pizzoccheri sono <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico, abbastanza<br />

nutriente. In Valtellina si usa accompagnarli con<br />

remolacci crudi, intinti nel sale. Possono essere<br />

convenientemente abbinati a <strong>un</strong>’insalata e, per<br />

esempio, con dolci a base di frutta, quali <strong>un</strong>a<br />

charlotte o <strong>un</strong>a mousse di mele renette.<br />

Il vino di accompagnamento deve essere <strong>un</strong><br />

rosso corposo, particolarmente indicati i Valtellina<br />

DOC ed il Valtellina Superiore DOC, <strong>un</strong> Inferno<br />

o <strong>un</strong> Valgella.<br />

L’ingrediente: grano saraceno<br />

Conosciuto anche con il nome di fagopiro, fraina<br />

e formentino è <strong>un</strong>a pianta erbacea annuale <strong>della</strong><br />

famiglia delle Poligonacee (non fa d<strong>un</strong>que parte<br />

<strong>della</strong> famiglia dei cerali), che produce frutti in<br />

forma di granelli piccoli, triangolari, scuri. Originario<br />

dell’Asia centrale, fu importato in Europa<br />

con le invasioni mongole e si diffuse nelle regioni<br />

nordiche e montane, grazie alla sua resistenza<br />

ai climi rigidi e alla povertà del suolo.<br />

Oggi è stato completamente soppiantato dal<br />

mais e in Italia è coltivato solo in Valtellina (zona<br />

di Teglio), in Carnia ed Abruzzo. La farina, di<br />

sapore leggermente acre e br<strong>un</strong>a per la presenza<br />

dei residui fibrosi del rivestimento del frutto,<br />

era <strong>un</strong> tempo considerata poco pregiata e utilizzata<br />

prevalentemente per l’alimentazione del<br />

bestiame. La rivalutazione del grano saraceno si<br />

deve a piatti come pizzoccheri, polenta nera,<br />

sciatt e polenta taragna, ove la sua farina (più<br />

saporita) aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong>a nota raffinata. <strong>Per</strong> la<br />

sua componente proteica affatto trascurabile e<br />

complementare (in quanto a composizione amminoacidica)<br />

a quella del mais, la miscela di farina<br />

gialla e farina di fraina impiegata per la<br />

preparazione di polenta ha evitato nelle zone<br />

montane la diffusione endemica <strong>della</strong> pellagra,<br />

che afflisse nei secoli scorsi la pianura padana a<br />

tradizione monomaidica.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


PIZZOCCHERI ALLA VALTELLINESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

416 14,7 13,5 63,0 621 12 2,6<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


RISO E RAPE COL POLMONE<br />

Si tratta di <strong>un</strong> piatto irregolarmente diffuso <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que in Lombardia, soprattutto nelle<br />

fasce alpina e prealpina, ma anche in pianura, per la sua economicità in relazione all’apporto<br />

energetico. Sull’asse Chiavenna-Livigno le rape ebbero in passato <strong>un</strong> ruolo alimentare di primo<br />

piano ed attorno ad esse furono elaborati degli autentici capolavori gastronomici.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />

Utensili:<br />

Pentola, tagliere, trinciante, casseruola.<br />

Ingredienti:<br />

per il brodo: POLMONE DI VITELLO (250 g),<br />

CIPOLLA (n. 1), CAROTA (n. 1), SEDANO (50<br />

g), ACQUA (3 l), SALE (q. b.).<br />

per il riso: CIPOLLA (40 g.), BURRO (40 g),<br />

PANCETTA (50 g in <strong>un</strong>a sola fetta), RAPE (250<br />

g), RISO (250 g), FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO ( 40 g), PREZZEMOLO TRITATO<br />

(<strong>un</strong> cucchiaino).<br />

Esecuzione:<br />

• Far lessare il polmone in acqua salata, assieme<br />

alla cipolla, al sedano e alla carota.<br />

• Una volta cotto, scolare il polmone e tagliarlo<br />

a fette e o pezzetti.<br />

• Far imbiondire nella casseruola la cipolla<br />

con il burro e la pancetta.<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo del polmone e lasciare<br />

riprendere il bollore.<br />

• Tagliare le rape in fette sottili e <strong>un</strong>irle al<br />

brodo, assieme al polmone.<br />

• Protrarre la cottura per 10 minuti, quindi<br />

aggi<strong>un</strong>gere il riso.<br />

• Quando il riso sarà quasi cotto, <strong>un</strong>ire il formaggio<br />

grattugiato, il prezzemolo tritato e<br />

la carota del brodo tagliata a cubetti.<br />

• Prima di servire vi si può aggi<strong>un</strong>gere anche<br />

la pancetta tagliata a listarelle.<br />

Note: pulire il polmone<br />

Il polmone (corada) è sicuramente, assieme alla<br />

buseca, <strong>un</strong>a delle parti meno nobili del manzo.<br />

Se è quasi del tutto escluso dal nostro modello<br />

alimentare, che lo devolve quasi esclusivamente<br />

al nutrimento degli animali, soprattutto i gatti),<br />

nel modello tradizionale era utilizzato al meglio<br />

per l’alimentazione umana, come qualsiasi altra<br />

parte dell’animale ucciso. Leggermente gommoso<br />

alla masticazione, deve essere liberato,<br />

prima <strong>della</strong> cottura, dai condotti respiratori più<br />

grossi (trachea e bronchi) e, <strong>un</strong>a volta cotto, al<br />

momento dello spezzettamento, dai residui dei<br />

canaletti più visibili (bronchioli), che potrebbero<br />

dare fastidio durante la masticazione.<br />

Varianti:<br />

A seconda delle aree di preparazione, il riso con<br />

le rape presenta varianti molto differenziate. Ricettari<br />

lodigiani consigliano l’utilizzo di brodo di<br />

pollo ed escludono il polmone; nel milanese talvolta<br />

per il soffritto si utilizza il porro anziché la<br />

cipolla; altrove la minestra viene preparata senza<br />

soffritto (e perciò anche senza cipolla) e il<br />

formaggio è aggi<strong>un</strong>to in tavola anziché durante<br />

la cottura. Non è raro il caso che il brodo sia fatto<br />

ristringere alquanto, così da ottenere <strong>un</strong>a<br />

maggiore densità, intermedia tra quella del risotto<br />

e quella <strong>della</strong> minestra.<br />

Abbinamenti:<br />

Nella <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> tradizione costituisce piatto<br />

<strong>un</strong>ico. Oggi può essere utilizzato nella stessa<br />

f<strong>un</strong>zione per <strong>un</strong> pasto leggero, ma equilibrato<br />

dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale; oppure come<br />

primo piatto assieme ad <strong>un</strong> secondo senza carne<br />

(frittata, uova e asparagi ecc.). Gli si può affiancare<br />

<strong>un</strong> Valtellina rosso, per seguire la<br />

cultura locale, oppure <strong>un</strong> bianco o <strong>un</strong> rosato<br />

giovani, di discreta acidità.<br />

L’ingrediente: la rapa<br />

La rapa (Brassica campestris rapa) è <strong>un</strong> ortaggio<br />

digeribile e diuretico, dal sapore dolciastro,<br />

appartenente alla famiglia dei cavoli. Se ne consumano<br />

le radici, a polpa bianca e succosa, con<br />

<strong>un</strong>a nota piccante. Le radici migliori sono quelle<br />

raccolte quando non sono completamente mature,<br />

a polpa compatta. Il valore nutrizionale è<br />

scarso.<br />

Di origine centro-europea, nella gastronomia<br />

padana, la rapa (altrimenti chiamata navone)<br />

ha <strong>un</strong>a sua presenza continuativa, dall’epoca<br />

romana e per tutto il Medioevo, fino ad assumere<br />

dignità letteraria nel Bertoldo del Dalla Croce,<br />

in cui il protagonista muore “tra aspri duoli / per<br />

non poter mangiar rape e fagioli”. La rapa, emblema<br />

dell’alimentazione contadina, d<strong>un</strong>que. E<br />

la fantasia non manca, quando si tratta di portarla<br />

a tavola: dalle ottocentesche rape caramellate<br />

in zucchero con o senza aceto, fino ai<br />

navoni glacés del Cuoco milanese, dalle alpine<br />

rape saltate nel lardo alle rape in salsa bianca<br />

sul modello francese, dal puré di rape alla<br />

raffinatezza del salame di rape e grasso suino<br />

del Livignasco.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


RISO E RAPE COL POLMONE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

290 13,4 10,9 36,9 630 30 1,8<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


SCIATT<br />

Gli sciatt sono frittelle ripiene di formaggio. Il nome deriva dalla gobba creata dal ripieno,<br />

che li rende somiglianti a sciatt, cioè a rospi. Altri, pur riferendo il termine alla forma irregolare<br />

delle frittelle, lo vogliono sincope dialettale di sciadatto = già adatto, cioè senza forma,<br />

vicino all’italiano sciatto.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 50 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

terrina, pa<strong>della</strong><br />

Ingredienti:<br />

FARINA DI GRANO SARACENO (450 g), FARINA<br />

BIANCA 00 (220 g), FORMAGGIO TIPO BITTO O<br />

VALTELLINA CASERA (450 g), GRAPPA (30 mL),<br />

ACQUA MINERALE (q.b.), BIRRA (q.b.), SALE<br />

(q.b.), PEPE (q.b.), OLIO PER FRIGGERE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare il formaggio a cubetti<br />

• Lavorare in <strong>un</strong>a terrina le due farine, la grappa<br />

e acqua minerale e birra necessarie ad<br />

ottenere <strong>un</strong>a pastella ben liscia<br />

• Riscaldare abbondante olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di<br />

ferro<br />

• Con l'aiuto di <strong>un</strong> cucchiaio versare <strong>un</strong> cubetto<br />

di formaggio prima nella pastella e poi<br />

nell'olio bollente<br />

• Friggere fin ad ottenere delle piccole frittelle<br />

di colore br<strong>un</strong>o<br />

• Scolare su carta assorbente<br />

• Servire con <strong>un</strong>a insalatina di stagione<br />

Note: la lievitazione <strong>della</strong> pastella<br />

La lievitazione è <strong>un</strong> processo fisico-chimico per<br />

cui <strong>un</strong>a pasta (o, come nel nostro caso, <strong>un</strong>a pastella,<br />

cioè <strong>un</strong> impasto semiliquido) aumenta di<br />

volume per effetto dell’aria che vi si incorpora,<br />

solitamente a causa di processi fermentativi.<br />

L’immissione di aria, che ha lo scopo di rendere<br />

meno compatto, cioè più leggero, il composto<br />

può essere ottenuto con lieviti naturali o artificiali<br />

come il lievito di birra o il baking. <strong>Per</strong> gonfiare<br />

la pastella degli sciatt, i ricettari indicano<br />

com<strong>un</strong>emente <strong>un</strong>o dei tre seguenti procedimenti:<br />

* impastare delicatamente la farina con birra e<br />

acqua minerale in modo che il gas contenuto<br />

nei due liquidi si trasferisca nella pastella;<br />

* sbattere a l<strong>un</strong>go ed energicamente la pastella<br />

con la frusta in modo da incorporarle <strong>un</strong>a<br />

certa quantità di aria;<br />

* impastare la farina con acqua tiepida in cui<br />

sia stata sciolta <strong>un</strong>a quantità minima di bicarbonato<br />

di sodio e lasciare riposare il composto<br />

per qualche minuto prima di friggerlo.<br />

Varianti:<br />

Le possibili variazioni riguardano principalmente<br />

le proporzioni tra la farina di fraina e quella di<br />

frumento, fino a <strong>un</strong>’immissione di quest’ultima<br />

per la quantità del 50%. Alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono<br />

solo farina di fraina. La frittura degli sciatt<br />

è da tal<strong>un</strong>i eseguita, anziché con lo strutto, con<br />

abbondante burro bollente.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> piatto dalle molte risorse. Gli sciatt possono<br />

essere utilizzati per antipasto o come primo<br />

piatto, ma tradizionalmente si consumavano<br />

anche la mattina a colazione, assieme a <strong>un</strong> bicchiere<br />

di latte fresco, o nel pomeriggio per merenda.<br />

Come stuzzichino o nel corpo del pranzo<br />

(assieme all’insalata costituiscono <strong>un</strong> secondo<br />

con contorno) si abbinano con <strong>un</strong>o dei grandi<br />

vini rossi <strong>della</strong> Valtellina non troppo invecchiato.<br />

L’ingrediente: il formaggio valtellinese<br />

<strong>Per</strong> la preparazione degli sciatt si richiede <strong>un</strong><br />

formaggio come il bitto fresco o il Valtellina casera.<br />

La provincia di Sondrio vanta tuttavia <strong>un</strong><br />

vasto repertorio di formaggi di gran classe, frutto<br />

<strong>della</strong> secolare esperienza degli alpigiani <strong>un</strong>ita<br />

alla moderna tecnologia casearia. Sinteticamente,<br />

il panorama può essere così riass<strong>un</strong>to:<br />

formaggi a pasta cruda molle:<br />

* scimudin, formaggelle prodotte con latte intero,<br />

salate moderatamente, dal gusto dolce<br />

e corta maturazione (3-4 settimane);<br />

formaggi a pasta semicotta semigrassi:<br />

* formaggio d’alpe, abbastanza stagionato, sapore<br />

aromatico, vagamente amaro, assume<br />

diverse denominazioni fra cui quello di magnüca<br />

(tipico <strong>della</strong> Valchiavenna);<br />

* Valtellina casera, simile al precedente ma<br />

prodotto nel fondovalle, poco stagionato, ingrediente<br />

tipico dei pizzoccheri.<br />

formaggi a pasta semicotta grassa:<br />

* bitto, prodotto con latte intero eventualmente<br />

miscelato a latte caprino, è dolce se consumato<br />

fresco, piccante se stagionato per oltre<br />

due anni.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


SCIATT<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

760 28,6 31,6 92,9 393 0 2,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


FRITTATA CON ORTICHE<br />

E' <strong>un</strong> classico cibo di sussistenza, il cui consumo di massa ritorna d’attualità solo in casi di<br />

eccezionale carenza di generi alimentari: l’ultima volta è stato nel corso <strong>della</strong> guerra 1940-<br />

45. Oggi è, se ci si passa il termine, <strong>un</strong>a raffinatezza per ghiottoni inveterati.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Primavera Estate<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 25 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura, Frittura<br />

Utensili:<br />

casseruola, scolapasta, pa<strong>della</strong>, ciotola, frusta<br />

Ingredienti:<br />

PUNTE DI ORTICA (1 bel mazzetto), UOVA (n.6-<br />

8), BURRO (30 g), FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (2 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare bene le p<strong>un</strong>te di ortica<br />

• Mettere poca acqua in <strong>un</strong>a casseruola e portarla<br />

a ebollizione<br />

• Scottare le p<strong>un</strong>te di ortica nell'acqua bollente<br />

per pochi minuti, scolarle e strizzarle<br />

• Ri<strong>un</strong>ire le uova in <strong>un</strong>a ciotola, salarle e sbatterle<br />

leggermente<br />

• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> insaporire le p<strong>un</strong>te di ortica<br />

con il burro e versarvi sopra le uova<br />

• Insaporire la frittata con il grana e <strong>un</strong> pizzico<br />

di pepe<br />

• Dopo circa 5 minuti, voltare la frittata e finire<br />

di cuocere<br />

Note: la raccolta delle ortiche<br />

L’ortica (Urtica dioica) è <strong>un</strong>’erba diffusa in tutta<br />

Europa, dal Circolo Polare Artico a Gibilterra. Disprezzata<br />

com<strong>un</strong>emente come pianta inutile e<br />

infestante ("gettare qualcosa alle ortiche"), provoca<br />

diffidenza a causa delle proprietà urticanti<br />

(acido formico) <strong>della</strong> peluria che ne ricopre le<br />

foglie e il gambo. Le foglie usate per preparazioni<br />

alimentari o galeniche (sono ritenute efficaci<br />

per favorire la diuresi e l’emostasi e per<br />

contrastare la seborrea) devono essere raccolte<br />

in primavera e non oltre l’inizio dell’estate: dalle<br />

piantine giovani devono essere selezionati<br />

(proteggendo le mani con guanti) solo i germogli<br />

più teneri (revultiis), i quali, <strong>un</strong>a volta leggermente<br />

appassiti o sbollentati, perdono il loro<br />

carattere urticante, diventando pienamente<br />

commestibili e facendosi apprezzare per il gusto<br />

delicatissimo. I germogli possono anche essere<br />

<strong>cucina</strong>ti direttamente, senza scottatura preventiva,<br />

ma è necessario evitare che finiscano nel<br />

tegame i semi (ci si riferisce alle piante non proprio<br />

giovani), che hanno azione purgativa.<br />

Varianti:<br />

Poche varianti per <strong>un</strong> piatto semplicissimo. I<br />

germogli di ortica crudi possono essere mischiati<br />

direttamente all’uovo sbattuti, tagliati sottili,<br />

senza prebollitura. Vi si può aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong><br />

mezzo spicchio d’aglio tritato finissimo e/o <strong>un</strong>’idea<br />

di noce moscata.<br />

Abbinamenti:<br />

Può essere servita a fettine o a spicchi come<br />

antipasto, secondo la moda attuale, accompagnata<br />

da <strong>un</strong> vino leggero e giovane, come il Pinot<br />

nero dell’Oltrepò vinificato in bianco. Come<br />

secondo, richiede <strong>un</strong> bianco <strong>un</strong> po’ più robusto<br />

e strutturato, come il Trebbiano di Capriano del<br />

Colle o <strong>un</strong>a Chiavennasca bianca.<br />

L’ingrediente: le erbe dimenticate<br />

I vegetali spontanei erano conosciutissimi in<br />

passato, quando la fame, come sanciva<br />

l’adagio, aguzzava potentemente l’ingegno popolare.<br />

In alc<strong>un</strong>i di essi, come l’erba de san Pedar,<br />

il s<strong>un</strong>gin, gli asparagi selvatici, ci imbatteremo<br />

in altre parti del presente ricettario, ma<br />

il panorama era molto più ampio di quanto sia<br />

possibile riassumere in questa breve nota. Chi<br />

non fosse abituato "a fare di ogni erba <strong>un</strong> fascio",<br />

poteva trovare, guardandosi <strong>un</strong> po’ attorno,<br />

di che cavarsi la fame con l’aggi<strong>un</strong>ta di poco<br />

altro. Più o meno ov<strong>un</strong>que si facevano frittate e<br />

frittelle con la borragine (Borrago officinalis) e<br />

con i germogli di vitalba (Clematis vitalba), e si<br />

raccoglieva, per mangiarla cruda o per cuocerla<br />

allo stesso modo delle bietole e degli spinaci, la<br />

zicoria mata (Taraxacum). Con il luppolo selvatico<br />

(luvertis), si preparava il risotto nel Pavese;<br />

con gli spinaci selvatici (cogoi) <strong>un</strong>a minestra di<br />

riso e delle saporite polpettine fritte in Valtellina,<br />

nonché <strong>un</strong> gustoso risotto con le rane nel<br />

Bresciano, dove si usavano anche le rosole, cioè<br />

le piantine dei papaveri per preparare <strong>un</strong>a zuppa.<br />

In Brianza si saltavano nel burro i verzitt<br />

(valeriana), si aggi<strong>un</strong>gevano foglie di malva al<br />

minestrone e si preparava <strong>un</strong>a salsa per pesci<br />

e carni con l’erba brusca (Rumex acetosella); i<br />

tarassaci entravano in diverse zuppe e si preparavano<br />

in tutta la zona prealpina ed alpina con<br />

cubetti di lardo o pancetta fritti. In Valtellina<br />

sono segnalate anche <strong>un</strong>a zuppa di ortiche e<br />

delle frittelle di salvia sclarea.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


FRITTATA CON ORTICHE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

139 10,3 10,6 0,5 497 242 1,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


CASTAGNE E VERZE<br />

Cibo poverissimo, forse nemmeno <strong>un</strong> piatto vero e proprio, non fosse che nella sua versione<br />

più ricca potrebbe essere considerato <strong>un</strong>a cassoeula dei poveri, in cui l’apporto energetico è<br />

affidato alle castagne anziché alla carne.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

pentola, spelucchino, scolapasta, tegame, cucchiaio<br />

di legno<br />

Ingredienti:<br />

CASTAGNE (400 g), ALLORO (n.1 foglia), VERZE<br />

(1000 g), BURRO (60 g), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Sbucciare le castagne togliendo loro la prima<br />

pelle<br />

• Metterle in <strong>un</strong>a pentola con acqua fredda e<br />

la foglia di alloro e portare a ebollizione salando<br />

leggermente<br />

• Cuocere le castagne per circa 45 minuti, poi<br />

scolarle e privarle <strong>della</strong> seconda pellicina<br />

• Nel frattempo scottare in acqua salata le<br />

verze tagliate a pezzi, scolarle<br />

• Unire tutto in <strong>un</strong> tegame con il burro e insaporire<br />

aggiustando eventualmente di sale<br />

Note: fresche, ma più spesso secche<br />

In passato, quando le castagne venivano essiccate<br />

e utilizzate quale durevole riserva glucidica<br />

per buona parte dell’anno, questo piatto, come<br />

altri piatti tradizionali nelle zone di cultura <strong>della</strong><br />

castagna, si <strong>cucina</strong>va normalmente con i frutti<br />

secchi. <strong>Per</strong> prepararli alla cottura, le castagne<br />

secche venivano fatte rinvenire in acqua tiepida<br />

per 8-10 ore, come si fa con i fagioli, ed erano<br />

cotte a fuoco lentissimo per evitare, per quanto<br />

possibile che si sbriciolassero. Oggi è consigliabile<br />

l’uso delle castagne fresche, quando è stagione,<br />

tenendo tuttavia presente che in questa<br />

pietanza si incontrano due vegetali (la verza e<br />

le castagne) di non facile digeribilità, che ne<br />

sconsigliano l’uso da parte degli stomaci delicati.<br />

Varianti:<br />

Castagne e verze già lessate possono essere<br />

saltate in pa<strong>della</strong> alla maniera antica, con cubetti<br />

di lardo o di pancetta.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> secondo piatto abbastanza anomalo per i<br />

gusti attuali. Potrà essere inserito in <strong>un</strong> pranzo<br />

contestualmente ad altri cibi leggeri (minestra<br />

+ dessert di frutta), affiancandogli <strong>un</strong> vino robusto<br />

e di buon corpo, dall’odore intenso e penetrante,<br />

come il Buttafuoco dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: la castagna<br />

E’ il frutto di <strong>un</strong> albero delle Fagacee, originario<br />

e caratteristico dei boschi di mezza montagna<br />

dell’area mediterranea. La presenza rilevante<br />

dei castagni nell’economia antica era rafforzato<br />

dai legami con l’apicoltura e con la raccolta dei<br />

prodotti del bosco ceduo, particolarmente i f<strong>un</strong>ghi,<br />

considerati fruttificazioni delle radici delle<br />

castagne e delle querce. Proprio per la sua evidente<br />

utilità, a partire dal X-XI secolo, si praticò<br />

estensivamente in tutti i territori prealpini la<br />

messa a coltura del castagno, a discapito di altri<br />

settori boschivi, come il querceto. Fino all’inizio<br />

del XIX secolo, quando la patata e il mais si imposero<br />

come i cibi più com<strong>un</strong>i nell’alimentazione<br />

popolare, le castagne furono considerate, specialmente<br />

nelle zone montane più isolate, il vero<br />

e proprio pane dei poveri. Castagne e latte,<br />

castagne e cagiada, zuppa di castagne: erano<br />

condanne quasi quotidiane per i montanari. I<br />

frutti si raccoglievano in aut<strong>un</strong>no e si conservavano,<br />

sotterrandoli a strati nella sabbia, riponendoli<br />

in grotte naturali appositamente scelte,<br />

oppure seccandoli, per macinarli all’occorrenza<br />

e ricavarne <strong>un</strong>a farina da utilizzare per preparare<br />

pappe, polente (la patòna) e, in mistura con<br />

altri sfarinati, pane e focacce. L’abbandono delle<br />

campagne nella seconda metà del nostro secolo<br />

ha provocato l’inselvatichimento dei castagneti<br />

ed ha agevolato il diffondersi del cancro <strong>della</strong><br />

corteccia, con <strong>un</strong>a ridimensionamento complessivo<br />

<strong>della</strong> qualità del prodotto; sicché la castagna<br />

ha oggi scarsissima importanza nell’economia<br />

regionale, salvo per i frutti di varietà più<br />

grossa (i marroni) ricercati come prodotto di<br />

lusso per il consumo familiare (arrostiti, lessati<br />

o quale ripieno o contorno per il cappone, il tacchino<br />

e cacciagione da pelo e da penna) e per<br />

l’industria dolciaria (marons glacés).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


CASTAGNE E VERZE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

190 5,1 9,5 22,3 431 25 8,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


UMIDO DI CERVO<br />

Il termine umido richiama immediatamente la nozione <strong>della</strong> pucia, dell’intingolo in cui bagnare<br />

la polenta. Come ogni intingolo che si rispetti, l’umido si forma, nella cultura tradizionale,<br />

mediante <strong>un</strong>a stufatura prol<strong>un</strong>gata, nel caso <strong>della</strong> selvaggina resa ancora più necessaria dalla<br />

fibrosità e dalla consistenza delle carni, che necessitavano anche di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura<br />

preventiva.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 100 minuti<br />

Tecnica di cottura: Rosolatura, stufatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, trinciante, terrina larga<br />

Ingredienti:<br />

POLPA DI CERVO (1 kg), FARINA (50 g), OLIO<br />

D’OLIVA (50 g), BURRO (40 g), SEDANO (70 g),<br />

CAROTE (70 g), CIPOLLE ( 60 g), MAZZETTO DI<br />

ERBE ODOROSE CON MOLTO TIMO (30 g),<br />

BRODO (1 l), SALE e PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare la carne a piccoli pezzi, come per<br />

<strong>un</strong> com<strong>un</strong>e spezzatino e infarinarla.<br />

• Rosolare i pezzetti di carne in poco olio ben<br />

caldo.<br />

• Tritare il sedano, la carota, le cipolle e le<br />

erbe aromatiche, quindi farle appassire in<br />

olio e burro.<br />

• Unire la carne e bagnare con il brodo, portando<br />

a cottura (circa <strong>un</strong>’ora).<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere altro brodo, nel caso l’intingolo<br />

si asciugasse troppo, e controllare il sale<br />

prima di togliere dal fuoco.<br />

• Servire ben caldo, con o senza polenta.<br />

Note: La frollatura delle carni<br />

Pellegrino Artusi ricorda nel suo ricettario che la<br />

selvaggina ha bisogno di <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ga frollatura in<br />

ambiente fresco, prima di gi<strong>un</strong>gere alle condizioni<br />

ottimali per la cottura. E aggi<strong>un</strong>ge: “sino al<br />

limite <strong>della</strong> putrefazione”, <strong>un</strong>’annotazione che<br />

oggi ai più fa storcere la bocca. In passato, non<br />

solo la cacciagione, ma qualsiasi tipo di carne<br />

doveva essere frollata per diversi giorni e cotta<br />

a l<strong>un</strong>go, per permetterle di raggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> apprezzabile<br />

grado di tenerezza. Nel noto ricettario<br />

Il cuoco milanese e la cuciniera lombardoveneta,<br />

che tanta diffusione ebbe nel secolo<br />

scorso, per <strong>un</strong>o stuffato di selvaggina da pelo in<br />

tutto simile al nostro viene indicata <strong>un</strong>a cottura<br />

di cinque o sei ore. Può dispiacere ai fautori <strong>della</strong><br />

<strong>cucina</strong> tradizionalista (sul modello Gianni Brera,<br />

per intenderci) che oggi non sia più necessario<br />

cuocere così a l<strong>un</strong>go <strong>un</strong>o stufato. Le carni<br />

attualmente in commercio, attraverso le selezioni<br />

realizzate negli ultimi cento anni, sono<br />

considerevolmente più tenere di quanto non<br />

fossero <strong>un</strong> secolo e mezzo fa. E’ persino improbabile,<br />

oggi, parlare di selvaggina autenticamente<br />

selvatica, dal momento che anche i pochi<br />

capi di cui è autorizzata annualmente la caccia<br />

sono spesso il frutto di opport<strong>un</strong>e politiche di<br />

ripopolamento. Una frollatura di qualche giorno<br />

e <strong>un</strong>’ora di cottura, che permetta di pareggiare<br />

il conto con le necessità dell’intingolo, sono oggi<br />

sufficienti a rendere commestibili e a non privare<br />

di succulenza anche le carni <strong>della</strong> selvaggina.<br />

Varianti:<br />

In tal<strong>un</strong>i ricettari si utilizza lo strutto al posto<br />

dell’olio, oppure si <strong>un</strong>iscono al soffritto pezzetti<br />

di lardo o cotenne. Nelle formulazioni ottocentesche<br />

il sugo viene filtrato prima di essere portato<br />

in tavola e talvolta la carne viene lasciata in<br />

<strong>un</strong> solo pezzo e tagliata successivamente a fette<br />

come <strong>un</strong> qualsiasi brasato. Ricette in questa<br />

tipologia sono com<strong>un</strong>i anche per il capriolo.<br />

Abbinamenti:<br />

L’associazione classica è con la polenta (semmai<br />

con farina di fraina); ma il piatto si presta anche<br />

a legami più creativi, come ad esempio quello<br />

con le confetture e le marmellate, particolarmente<br />

di ciliege, di prugne o di castagne. In<br />

ogni caso richiede <strong>un</strong> grande vino, di gradazione<br />

alcolica sostenuta e di l<strong>un</strong>go invecchiamento,<br />

come il Valtellina Superiore Inferno, oppure <strong>un</strong><br />

uvaggio bordolese (cabernet e merlot), oggi<br />

sempre più diffuso in Franciacorta.<br />

L’ingrediente: la selvaggina da pelo<br />

Se si escludono gli animali di piccolo taglio, come<br />

le lepri, abbastanza com<strong>un</strong>i in tutta la regione,<br />

la cacciagione di grossa taglia è stata conosciuta<br />

in passato solo nei territori prealpini e<br />

alpini, e sicuramente non utilizzata quale cibo<br />

ordinario. I caprioli e i cervi soprattutto, ma in<br />

passato anche i daini, i camosci e gli stambecchi<br />

costituivano <strong>un</strong>’ambita preda di caccia. Apprezzati<br />

in tutta la regione i salmì e i civet con<br />

forte speziatura, gli arrosti, ingentiliti da<br />

<strong>un</strong>’abbondante lar<strong>della</strong>tura, le selle (schiene)<br />

con contorno di marroni o di frutti di bosco. In<br />

Valchiavenna e in Valtellina si producono ancor<br />

oggi i violini e le bresaole di capriolo e di cervo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


UMIDO DI CERVO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

330 38,5 15,8 8,8 959 16 1,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


LEPRE IN CROSTATA<br />

Era <strong>un</strong> piatto tipico nei ristoranti e nei crotti valtellinesi fino agli anni ‘50. Alc<strong>un</strong>i ricettari lo<br />

danno per originario del piccolo centro di Nosate (MI), da dove sarebbe arrivato in Valtellina<br />

alla fine del secolo scorso, con i primi flussi turistici, per la presenza degli amaretti, che non<br />

possono essere considerati <strong>un</strong>a specialità locale.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Arrosto<br />

Utensili:<br />

spiedo, cucchiaio<br />

Ingredienti:<br />

LEPRE (n.1 già frollata e pronta per la cottura),<br />

PANNA ACIDA (300 g), AMARETTI GRATTUGIATI<br />

(5 cucchiai), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Infilzare la lepre nello spiedo e farla cuocere<br />

nel girarrosto bagnandola spesso con la panna<br />

• A cottura quasi ultimata, dopo circa <strong>un</strong>'ora,<br />

toglierla dal fuoco e cospargerla con gli amaretti<br />

grattugiati mescolati con il sale<br />

• Rimetterla a cottura nel girarrosto e bagnarla<br />

ancora con la panna<br />

• Farla cuocere ancora 5 minuti o finché sulla<br />

superficie si è formata <strong>un</strong>a crosta ben dorata<br />

• Servire subito<br />

Note: croste e crostate<br />

Si definiscono in crosta quei piatti in cui carni,<br />

verdure o pesci sono cotti in forno avvolti in <strong>un</strong>a<br />

sfoglia di pasta oppure entro <strong>un</strong>o strato di sale<br />

o di creta, per avere <strong>un</strong>a particolare concentrazione<br />

di umori e di sapori, simile, ma non identica,<br />

a quella ottenuta con la cottura al cartoccio.<br />

Questa lepre in crostata, essendo cotta allo<br />

spiedo, non può essere in crosta ma ha <strong>un</strong>a copertura<br />

dolce, a base di amaretti sbriciolati.<br />

Nell’uso più antico la crosticina era ottenuta con<br />

<strong>un</strong> miscuglio di pane grattugiato misto a sale e,<br />

con molta probabilità, anche a frutta secca tritata:<br />

più che in crostata, d<strong>un</strong>que, <strong>un</strong>a lepre incrostata.<br />

Varianti:<br />

Durante la cottura la panna acida tende ad asciugarsi<br />

rapidamente: qualche ricettario consiglia<br />

di bagnare di quando in quando la lepre anche<br />

con burro fuso.<br />

Abbinamenti:<br />

<strong>Per</strong> il suo gusto rinascimentale, questa lepre<br />

allo spiedo si accompagna gradevolmente ad<br />

<strong>un</strong>a salsa dolce di melagrana o ad <strong>un</strong>a agrodolce<br />

di acciughe, capperi e zucchero, come quelle<br />

codificate dal cuoco dei Gonzaga, Bartolomeo<br />

Stefani nell’Arte di ben <strong>cucina</strong>re (1662), secondo<br />

l’accostamento riproposto nel ricettario del<br />

Cùnsolo. Vini consigliati, i Superiori <strong>della</strong> Valtellina,<br />

Sassella o Inferno, invecchiati 3-4 anni, di<br />

sapore armonico e sufficientemente ammorbidito.<br />

L’ingrediente: gli amaretti<br />

Quelli che hanno creato, assieme ad <strong>un</strong> noto liquore,<br />

la notorietà di Saronno sono gli amaretti<br />

più conosciuti <strong>della</strong> nostra penisola. In tutte le<br />

regioni, però, se ne producono di simili, prevalentemente<br />

con pasta tenera, ottenuta miscelando<br />

in varia proporzione farina, zucchero e<br />

mandorle pestate. La fort<strong>un</strong>a gastronomica degli<br />

amaretti di Saronno nasce tra il secondo e il<br />

terzo decennio del XIX secolo, quando questi biscotti,<br />

asciutti e friabili e d<strong>un</strong>que capaci di conservarsi<br />

a l<strong>un</strong>go, subentrarono per comodità in<br />

molti degli usi di <strong>cucina</strong> borghese, particolarmente<br />

nei dolci, nei quali in precedenza venivano<br />

impiegate le mandorle pestate nel mortaio<br />

con lo zucchero o tritate più o meno finemente.<br />

Ancora oggi sono essenziali in molti dolci (le ossa<br />

dei morti, le pallottole di mascarpone, la torta<br />

di tagliatelle <strong>della</strong> Bassa Mantovana, la crema<br />

fritta), ma anche in primi piatti (tortelli di zucca<br />

mantovani e alla cremasca) e nei ripieni per alc<strong>un</strong>i<br />

piatti di carne.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


LEPRE IN CROSTATA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

485 49,1 29,5 6,4 567 123 0,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Sondrio e Valli


Bergamo e Valli<br />

La provincia di Bergamo, limitata a Nord dalle Alpi Orobiche, si<br />

spinge a Sud fino a Treviglio e Caravaggio, con <strong>un</strong>o sviluppo<br />

Est-Ovest dalla valle Imagna al lago d’Iseo, comprendendo le<br />

valli del Brembo e del Serio che ne scandiscono<br />

longitudinalmente i rilievi prealpini. Circa i 3/4 del territorio sono<br />

collinari o montuosi, mentre la pianura, massicciamente<br />

industrializzata, occupa il rimanente quarto a Sud del<br />

capoluogo, tra il corso dell’Adda e quello dell’Oglio.<br />

Le caratteristiche morfologiche del territorio hanno condizionato<br />

nel passato l’economia bergamasca, legandola alla civiltà<br />

dell’alpeggio e alla cultura del mais, come accadeva in tutta la<br />

fascia alpina e prealpina. La <strong>cucina</strong> tradizionale <strong>della</strong> montagna<br />

bergamasca è quindi di polenta e di latte, in cui si ritrovano i<br />

segni degli scambi con la vicina Valtellina e con le vallate<br />

svizzere dei Grigioni. Nel Rinascimento la città di Bergamo<br />

rappresentò ad Occidente l’ultimo baluardo difensivo dei<br />

Veneziani nei confronti dell’egemonia milanese e sotto il diretto<br />

controllo <strong>della</strong> Serenissima Repubblica, la città del Colleoni rimase<br />

fino al 1796, ricevendone, come Brescia, precise influenze<br />

culturali, artistiche e, naturalmente, gastronomiche. Invece la<br />

pianura a Sud <strong>della</strong> città, in contatto con la civiltà risicola<br />

cremasco-milanese e con la cultura lacustre (Como-Iseo), ha<br />

maturato ovvie consonanze con le pratiche culinarie e con le<br />

scelte generali dei territori transpadani.<br />

Una <strong>cucina</strong> semplice e varia, che ha i p<strong>un</strong>ti di forza nei<br />

formaggi dell’Alpe (il Branzi, il Furmai de mut, il Taleggio, il<br />

Gorgonzola, lo Stracchino e il Quartirolo) e il tratto più<br />

caratteristico nei mille modi di preparare la polenta con la farina<br />

di mais bramata, detta app<strong>un</strong>to bergamasca: la polenta taragna<br />

e quella abbrustolita, quella con il salame o con le salamelle,<br />

con il brasato (meglio se d’asino), con l’umido di coniglio, con gli<br />

osei o con gli osei scappati, con il latte, con il baccalà, con le<br />

rane.<br />

Minestre, zuppe e risotti sono, più delle carni, l’alternativa alla<br />

polenta: i celeberrimi casonsei, i ravioletti di magro, la<br />

mariconda (in com<strong>un</strong>e con il Bresciano), la zuppa d’orzo, i risotti<br />

con le verdure, gli gnocchetti di spinaci o di ortica, gli<br />

strangolapreti. Ai secondi piatti <strong>della</strong> tradizione padano-alpina si<br />

affiancano, nel Bergamasco, le terrine di cacciagione e di<br />

capretto, le lumache in umido e le rane fritte, le mortadelle di<br />

fegato e i sanguinacci, le salamelle e i salami freschi, accompagnati<br />

da rustiche misticanze di erbe di campo e da ricche<br />

casseruole di f<strong>un</strong>ghi, le frittate profumate di formaggio e di<br />

erbe fini. I dolci tipici sono preparati con farina di mais; la<br />

smaiasa (<strong>un</strong>a torta con pere e mele) è nota anche oltre i confini<br />

regionali, mentre la polenta e osei (pasta margherita rivestita di<br />

pasta di mandorle e farcita di marmellata di albicocche) è<br />

divenuta il simbolo <strong>della</strong> gastronomia turistica <strong>della</strong> provincia.<br />

I vini contadini e da tavola (il Barzemino e la Schiava, il Colle<br />

del Calvario di Grumello del Monte, i rossi da tavola di Pretorino<br />

e di Scanzo, i vini delle Tre Valli), come i Valcalepio DOC,si<br />

addicono perfettamente al carattere rustico e al sapore forte ma<br />

gentile <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> bergamasca.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


POLENTA E GRAS PESTÀ<br />

Il gras pestà, cioè il battuto di lardo di maiale, è ingrediente tipico <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> povera<br />

<strong>lombarda</strong>. Veniva utilizzato per il condimento di pappe e minestre, per la cottura di legumi e<br />

di patate arrosto (pomm de tera in gras pestà) e spesso costituiva l’<strong>un</strong>ico apporto non<br />

vegetale in <strong>un</strong> regime alimentare povero di grassi e di proteine animali. La polentà e gras<br />

pestà è l’archetipo di tutte le altre polente. L’inserimento nel ricettario bergamasco è <strong>un</strong><br />

riconoscimento <strong>della</strong> tradizione che indica come bergamasca la farina di mais a grana grossa<br />

indispensabile per ottenere la polenta soda apprezzata in tutta la regione.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura<br />

Utensili:<br />

paiolo, mestolo di legno, tagliere, trinciante<br />

Ingredienti:<br />

FARINA DI MAIS A GRANA GROSSA (500 g),<br />

SALE (q.b.), LARDO (200 g), PREZZEMOLO (30<br />

g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio)<br />

Esecuzione:<br />

• Portare a ebollizione l’acqua salata e versarvi<br />

a pioggia la farina gialla, mischiando continuamente<br />

• Cuocere (aggi<strong>un</strong>gendo acqua bollente se necessario),<br />

sempre mescolando, per circa<br />

<strong>un</strong>’ora, finché la polenta non si stacchi dalla<br />

pareti del paiolo<br />

• A polenta quasi cotta, battere il lardo, il<br />

prezzemolo e l’aglio con la lama di <strong>un</strong> coltello<br />

riscaldata sulla fiamma, finché non<br />

siano ridotti in poltiglia<br />

• Rovesciare la polenta sul tagliere e dividerla<br />

in fette<br />

• Spalmare su ogni fetta <strong>un</strong> po’ di battuto e<br />

consumare ben calda non appena questo si<br />

sarà sciolto<br />

Varianti:<br />

Tutte le altre polente (condite con olio, con<br />

burro, con formaggio, con mascherpa ecc.) non<br />

possono che considerarsi variazioni sul tema del<br />

condimento, di cui il lardo è senza dubbio il più<br />

essenziale e gastronomicamente primitivo.<br />

Abbinamenti:<br />

Come altre polente, è <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico. L’abbinamento<br />

ideale è con vini rossi <strong>un</strong> po’ aggressivi e<br />

ingenui, come il Nustranel contadino, prodotto<br />

con uvaggi a varia proporzione di Clinton.<br />

Appropriata anche la Bonarda dell’Oltrepò e il<br />

Capriano del Colle rosso, non invecchiato.<br />

Note: dalla pult alla polenta<br />

Il pane e le focacce, elaborazione degli sfarinati<br />

ricavati dai cereali, arrivarono nella penisola<br />

italiana dalla Grecia dell’epoca di <strong>Per</strong>icle, nel V<br />

secolo a.C.. I popoli italici avevano fino ad allora<br />

consumato i cereali sotto forma di minestra,<br />

bollendo le cariossidi fino a provocarne lo<br />

sfarinamento, o sotto forma di pappe (dette<br />

pultes) ottenute reimpastando la farina con acqua<br />

e cuocendola fino a farle assumere <strong>un</strong>a<br />

certa consistenza. Queste pultes, di cui è<br />

memoria nel De agri coltura di Catone e nel De<br />

re coquinaria di Apicio, sono le dirette antenate<br />

delle nostre polente di farina di mais. Nelle<br />

vicende <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> povera <strong>lombarda</strong> affiora<br />

senza soluzione di continuità il ricordo delle antiche<br />

polentine molli, in <strong>un</strong>a varietà infinita di<br />

elaborazioni. Termini come pult, polt, puta,<br />

puti, putiscia, putöö, com<strong>un</strong>i in quasi tutte le<br />

tradizioni culinarie <strong>della</strong> campagna padana,<br />

identificano app<strong>un</strong>to delle pappette e farinate,<br />

più o meno consistenti, ottenute dalla cottura di<br />

farina in acqua o latte, con <strong>un</strong>’ombra di<br />

condimento. Prima delle grandi carestie del<br />

XVII secolo e <strong>della</strong> rapida propagazione <strong>della</strong><br />

coltura del mais, si preparavano pult con farina<br />

di segale, farro, fraina, miglio, sorgo, orzo, riso<br />

e, naturalmente, frumento, per quanto questo<br />

cereale potesse essere disponibile. Dalla metà<br />

del ‘700, il mais sostituì quasi completamente<br />

(soprattutto nei territori di montagna) le altre<br />

colture cerealicole e la polenta gialla sostituì sia<br />

il pane sia buona parte del companatico. Le<br />

gravi manifestazioni di pellagra nelle zone più<br />

povere, furono il prezzo dell’ass<strong>un</strong>zione di <strong>un</strong>a<br />

dieta incentrata sulla polenta. Se questa infatti<br />

si accompagnava sempre con cibi molto saporiti,<br />

molli o abbondantemente conditi che<br />

consentissero la pucia, è noto che il poco<br />

companatico e la pucia richiamavano grandi<br />

quantià di polenta. Nutriva poco, si diceva, ma<br />

riempiva lo stomaco e impediva di sentire il<br />

morsi <strong>della</strong> fame. Così ogni giorno, la regiura<br />

rovesciava il paiolo fumante sopra l’ass de la<br />

pulenta coperto da <strong>un</strong> tovagliolo umido, i cui<br />

bordi venivano ripiegati sulla polenta stessa per<br />

tenerla al caldo. Salacche, salsicce, formaggio,<br />

olio, lardo, latte, burro, uova, tutto poteva<br />

fornire condimento: e spesso era polenta a<br />

pranzo, a cena e a colazione. Oggi la fame endemica<br />

si è allontanata dal nostro orizzonte e<br />

possiamo apprezzare in pieno la fantasia con cui<br />

questo semplice alimento è stato elaborato nel<br />

corso dei tre secoli passati.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


POLENTA E GRAS PESTÀ<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

601 7,4 35,3 67,6 392 32 2,9<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


STRANGOLAPRETI<br />

Un po’ di satira anticlericale nel nome di questo piatto (conosciuto in tutta la penisola anche<br />

come strozzapreti): il prete è il ghiottone per eccellenza, che si strozza per l’eccessiva foga<br />

nell’ingurgitare i saporiti (<strong>un</strong> autore dell’Ottocento li definisce leccardissimi) ma troppo<br />

compatti gnocchetti.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

bacinella, pentola, colapasta, mezzal<strong>un</strong>a, tagliere,<br />

spianatoia, schiumarola<br />

Ingredienti:<br />

<strong>Per</strong> gli strangolapreti: PANE RAFFERMO (1000<br />

g), TUORLI D'UOVO (2), LATTE DI VACCA<br />

INTERO (1 l), ERBETTE (500 g), FARINA<br />

BIANCA 00 (70 g), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> il condimento: BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (50 g), SALVIA (3 foglie)<br />

Esecuzione:<br />

• Spezzettare il pane e farlo spugnare in <strong>un</strong>a<br />

bacinella con il latte per almeno <strong>un</strong>'ora<br />

• Lavare accuratamente le erbette, scottarle in<br />

poca acqua salata in ebollizione<br />

• Scolarle, farle raffreddare, strizzarle e tritarle<br />

• Unirle al pane ammorbidito nel latte<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere i tuorli d'uovo e passare tutto al<br />

tritacarne<br />

• Mettere l'impasto sulla spianatoia, regolare<br />

di sale, pepe e noce moscata e impastare<br />

con la farina aggi<strong>un</strong>gendo se necessario il<br />

pangrattato<br />

• Formare degli gnocchetti e cuocerli in acqua<br />

salata in ebollizione<br />

• Appena vengono a galla, toglierli con <strong>un</strong>a<br />

paletta forata e adagiarli in <strong>un</strong>a pirofila<br />

• Cospargerli di grana e burro fuso aromatizzato<br />

con la salvia<br />

• Servire subito<br />

Note: la forma degli strangolapreti<br />

A proposito <strong>della</strong> forma degli strangolapreti,<br />

come per altri piatti dello stesso tipo, i ricettari<br />

non concordano quasi mai tra loro: alc<strong>un</strong>i indicano<br />

la forma cilindrica, altri quella a pallina,<br />

altri ancora quella casuale ottenuta versando a<br />

cucchiaiate il composto nell’acqua bollente.<br />

Si intuisce che, laddove non esista <strong>un</strong> archetipo<br />

familiare o locale considerato irrin<strong>un</strong>ciabile per<br />

ragioni affettive, nella sostanza non c’è alc<strong>un</strong>a<br />

differenza nello scegliere <strong>un</strong>a delle tre forme (v.<br />

minestra mariconda)<br />

Varianti:<br />

Il latte, non previsto nelle ricette più antiche, ha<br />

lo scopo di ammorbidire l’impasto e rendere gli<br />

gnocchetti più soffici e meno strozzanti. <strong>Per</strong> lo<br />

stesso motivo, nella versione milanese e lariana<br />

degli strozzapreti, i malfatti (anche in Valcamonica<br />

prendono questo nome), si richiede ricotta<br />

fresca o mascarpone. In luogo delle erbette si<br />

possono usare gli spinaci (specialmente per i<br />

malfatti, già riportati nel ricettario del Dubini). Il<br />

burro del condimento è insaporito talvolta con<br />

cipolla tagliata a pezzi grossi (che si butta prima<br />

di servire) anziché con salvia.<br />

Abbinamenti:<br />

Questo primo piatto è nutritivamente completo<br />

e bilanciato, così che lo si può far seguire solo<br />

da <strong>un</strong>'insalata e frutta fresca di stagione. Il vino<br />

consigliato è <strong>un</strong> Riesling Renano dei Colli<br />

Orientali o <strong>un</strong>a Lugana dell’annata.<br />

L’ingrediente: le erbette e le coste.<br />

Agli spinaci, ortaggio di introduzione relativamente<br />

recente (gi<strong>un</strong>sero dalla <strong>Per</strong>sia alla fine<br />

del Medioevo, ma si coltivarono estesamente<br />

solo dal secolo scorso), la gastronomia <strong>della</strong><br />

campagna <strong>lombarda</strong> preferisce le bietole (beta<br />

cicla), com<strong>un</strong>emente chiamate coste, e la loro<br />

cultivar di dimensioni più modeste, le erbette.<br />

Sia le <strong>un</strong>e che le altre, per il gusto più delicato,<br />

si armonizzano meglio degli spinaci con il tono<br />

medio <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana. Tuttavia nei ricettari<br />

più recenti gli spinaci vengono sempre più<br />

spesso indicati a sostituire le bietole.<br />

Erbette e biete entrano nel ripieno dei tortelli di<br />

magro e, come contorno, si servono bollite, con<br />

carote e sedani, condite con olio, oppure saltate<br />

nel burro, con o senza formaggio. Nel milanese<br />

si segnalano le coste al latte; nel comasco e in<br />

Brianza le coste fritte assieme ad altre verdure.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


STRANGOLAPRETI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

993 28,8 35,2 149,7 1211 179 1,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


POLENTA E OSEI<br />

Gli uccelletti con la polenta dei bergamaschi e dei bresciani, erano di preferenza per la<br />

tenerezza e la dolcezza <strong>della</strong> loro carne, i beccafichi, le allodole, i pettirossi, i fanelli e altri<br />

volatili dal bec gentil, oggi protetti con apposita legge.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

paiolo per polenta, tegame<br />

Ingredienti:<br />

TORDI o ALLODOLE o BECCAFICHI (n.12, già<br />

spennati e puliti), FARINA GIALLA (350 g),<br />

BURRO (150 g), SALVIA (12 foglie), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Con la farina gialla preparare la polenta, facendola<br />

cuocere per almeno 50 minuti in 1.2<br />

litri di acqua salata<br />

• Nel frattempo bruciacchiare gli uccellini per<br />

togliere eventuale peluria, disporli in <strong>un</strong><br />

tegame rivoltando la testina verso il petto,<br />

sistemandoli <strong>un</strong>o di fianco all'altro<br />

• Su ogn<strong>un</strong>o mettere <strong>un</strong>a nocciola di burro e<br />

su questo posare <strong>un</strong>a foglia di salvia, poi cospargerli<br />

di sale<br />

• Mettere il tegame su fuoco vivo rivoltando di<br />

frequente gli uccellini affinché cuociano da<br />

tutte le parti senza bruciare: se dovessero<br />

asciugare troppo <strong>un</strong>ire altro burro ma non<br />

acqua né brodo<br />

• Quando la cottura è a buon p<strong>un</strong>to (dopo<br />

circa 15 minuti), aggi<strong>un</strong>gere il restante burro<br />

e cuocerli ancora per circa 5 minuti<br />

• Rovesciare la polenta su <strong>un</strong> largo piatto<br />

• Servendosi di <strong>un</strong> mestolo fare <strong>un</strong> incavo al<br />

centro <strong>della</strong> polenta e sistemarvi gli uccellini<br />

e il loro sugo. Servire subito<br />

Note: la preparazione degli uccelletti<br />

La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, ripresa <strong>un</strong> secolo<br />

più tardi da Luigi Carnacina, precisa che gli<br />

uccelletti, <strong>un</strong>a volta “"spennacchiati, abbruciacchiati<br />

e ben forbiti" cioè senza gli occhi e il sottobocca,<br />

debbano essere cotti “"senza<br />

svuotarne il ventre”". La tradizione popolare<br />

infatti riteneva le interiora di animali piccoli (v.<br />

la curadura degli agoni del lago di Como)<br />

commestibili con tutto il loro ripieno, come dà<br />

notizia precisa già Maestro Martino nel XV<br />

secolo: "...piglia le beccafiche e nettale molto<br />

bene non cacciando né movendo niente delle<br />

interiori...". Le interiora non svuotate si<br />

usavano assieme alla carne pestata degli<br />

uccellini, per produrre <strong>un</strong> paté rustico da<br />

spalmare sui crostini. Le quaglie o la caccia-<br />

gione di piccolo taglio surgelata proveniente<br />

dall’estero, oggi impiegate al posto degli uccelletti,<br />

vanno invece eviscerate.<br />

Varianti:<br />

Gli uccelletti possono essere cotti in tegame o<br />

allo spiedo; in quest’ultimo caso le ricette<br />

dell'800 consigliano di pillottarli ogni 8-10 min.<br />

con burro e lardo fuso. <strong>Per</strong> la cottura in tegame,<br />

oltre alla salvia, si utilizzano bacche di ginepro,<br />

come indica l’Odescalchi (1826), o alloro. Nei ricettari<br />

più recenti sono talvolta rosolati in burro<br />

con cipolla e bagnati con vino bianco. Non disdicevole<br />

l’aggi<strong>un</strong>ta i f<strong>un</strong>ghi porcini.<br />

La variante più sostanziosa genera <strong>un</strong> altro<br />

piatto, gli uccelli scappati: scappati perché non<br />

ci sono, sostituiti da pezzetti di carne di vitello,<br />

di maiale o di pollo e salsiccia.<br />

Abbinamenti:<br />

Piatto <strong>un</strong>ico, da accompagnare con <strong>un</strong> vino di<br />

buona stoffa e dai gradevoli profumi erbacei,<br />

Valcalepio o Franciacorta rossi.<br />

L’ingrediente: la volaille minuta.<br />

Utilizzati come bordura nella <strong>cucina</strong> aristocratica<br />

(al pari di altri animali minuti: rane e<br />

chiocciole), gli uccelli di piccola taglia, cacciati di<br />

frodo per mezzo di reti o lacci, hanno spesso<br />

rappresentato <strong>un</strong>o dei pochi apporti proteici<br />

sulle tavole popolari. Date le vigenti normative<br />

sulla caccia e sull’uccellagione, il seguente<br />

regesto di ricette di volatili minuti, non esaustivo,<br />

ha carattere strettamente documentario<br />

(le seguenti ricette si riferiscono quasi tutte alla<br />

tradizione alta o borghese, poiché in campagna<br />

gli uccellini si arrostivano allo spiedo o in<br />

pa<strong>della</strong>):<br />

- per cocer capponi, fasani e altri volatili (turdi,<br />

merule e tutti li altri boni ucelli): lessati, con<br />

pepe e salvia - Maestro Martino da Como;<br />

- per cocer li turdi et farli el sapore: con mandorle,<br />

spezie, agresto e succo di limoni e aranci<br />

selvatici - Maestro Martino;<br />

- beccafichi arrosto: cotti sotto la cenere,<br />

avvolti in lardo e foglie di vite, con semi di<br />

finocchio - Maestro Martino;<br />

- per stufare starne, fagiani e ogni altro buono<br />

uccello volatile: in casseruola, con mele<br />

cotogne, prugne, amarene, zucchero e aceto -<br />

Bartolomeo Scappi;<br />

- pasticcio di allodole: ripiene e racchiuse in <strong>un</strong><br />

timballo di pasta frolla (1830) - Steiner;<br />

- uccelletti nella stufarola, portati a cottura con<br />

succo d’uva - Dubini;<br />

- tordi farciti in umido con ripieno di pollo e vitello;<br />

l’umido è dato da sugo di arrosto e<br />

marsala (1880) - <strong>Per</strong>na Bozzi;<br />

- uccellini dal bec gentil, fasciati con pancetta e<br />

rosolati in burro e salvia - <strong>Per</strong>na Bozzi.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


POLENTA E OSEI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

610 34,5 33,7 47,6 636 187 1,8<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


RAVIOLI CON ORTICHE E SALSA DI NOCI<br />

Pasta farcita di magro, in cui la povertà <strong>della</strong> verdura è compensata dall’abbondanza e dalla<br />

ricchezza degli altri ingredienti del ripieno e <strong>della</strong> salsa. La raffinatezza dell’insieme giustifica<br />

del tutto l’inusitato connubio, frutto di <strong>un</strong>a secolare esperienza.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Primavera, Estate<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura<br />

Utensili:<br />

pentola, mezzal<strong>un</strong>a, ciotola, matterello, spianatoia,<br />

scolapasta, tegame antiaderente,<br />

cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

<strong>Per</strong> i ravioli: PASTA FRESCA PER RAVIOLI (400<br />

g), GROVIERA GRATTUGIATO (200 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />

PUNTE DI ORTICA (500 g), TUORLI D'UOVO<br />

(n.3), NOCE MOSCATA (q.b.), SALE (q.b.),<br />

PEPE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> la salsa di noci: PANNA LIQUIDA (500 g),<br />

GHERIGLI DI NOCI (100 g), BURRO (20 g),<br />

SUGO DI CARNE (100 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare le ortiche e sbollentarle, scolarle,<br />

farle raffreddare, strizzarle e tritarle finemente<br />

• Al trito <strong>un</strong>ire i due formaggi e i tuorli d'uovo;<br />

regolare di sale, pepe e noce moscata e impastare<br />

fino ad ottenere <strong>un</strong> composto ben<br />

omogeneo<br />

• Tirare con la pasta <strong>un</strong>a sfoglia sottile e tagliarla<br />

in grandi quadrati<br />

• Mettere <strong>un</strong>a pallina d'impasto al centro di<br />

ogni quadrato di pasta e chiudere formando<br />

dei ravioli (5 per porzione); lasciarli riposare<br />

• Cuocere i ravioli in abbondane acqua bollente<br />

salata per circa 10 minuti<br />

• Nel frattempo in <strong>un</strong> tegame antiaderente far<br />

ridurre a fuoco vivo la panna, <strong>un</strong>ire il sugo di<br />

carne e le noci tritate<br />

• Far ridurre ancora e legare aggi<strong>un</strong>gendo il<br />

burro a pezzetti<br />

• Scolare i ravioli, <strong>un</strong>irli alla salsa e saltarli<br />

• Servire subito<br />

Note: impastare la farina<br />

La pasta per preparare i ravioli, fresca o surgelata,<br />

si trova oggi nei supermercati. In passato<br />

invece tutte le donne la preparavano in casa.<br />

Una volta formata sulla spianatoia la fontana<br />

con la farina, si rompono in mezzo le uova e si<br />

sbattono con <strong>un</strong>a forchetta cominciando a<br />

incorporarvi la farina. Quando diventa più soda<br />

e non è più possibile usare la forchetta, si<br />

continua ad impastare con le mani, fino a<br />

incorporare tutta la farina, che va lavorata per<br />

10 min. circa sulla spianatoia infarinata, con<br />

movimenti energici.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


Prima di quest’ultima fase è necessario lavare le<br />

mani per liberarle dalla pasta secca che vi è<br />

rimasta raggrumata, le cui particelle,<br />

staccandosi dalle dita non si fonderebbero nella<br />

pasta, facendola diventare granulosa, con il<br />

rischio di romperla al momento di tirare la<br />

sfoglia. <strong>Per</strong> avere <strong>un</strong>a stesura regolare <strong>della</strong><br />

pasta si deve partire con il mattarello sempre<br />

dal centro del disco, procedendo verso<br />

l’esterno, e ruotare il disco di tanto in tanto per<br />

stenderlo bene in tutti i lati.<br />

Varianti:<br />

<strong>Per</strong> il ripieno, invece del gruviera, si può usare<br />

del formaggio a pasta cotta o semicotta di produzione<br />

locale, come il branzi, il formaggio<br />

d’Alpe (furmai de müt), il bitto valtellinese. A<br />

seconda <strong>della</strong> consistenza del sugo di carne<br />

(arrosto) si può evitare l’aggi<strong>un</strong>ta finale di<br />

burro. Si segnalano salse di noci aromatizzate<br />

con aglio o legate con rosso d’uovo.<br />

Abbinamenti:<br />

Apre <strong>un</strong> pranzo di grande delicatezza gustativa,<br />

seguito da asparagi con uova o da gamberi di<br />

fiume con patate e pancetta, con <strong>un</strong> dessert di<br />

torta di polenta e fichi, tutti piatti tipici <strong>della</strong><br />

Lombardia del NE, con sapore antico apprezzabile<br />

ancora oggi. Vino bianco, morbido al palato,<br />

ma intenso olfattivamente, Cortese dell’Oltrepò<br />

o San Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />

L’ingrediente: le noci<br />

Sono il frutto dell’albero omonimo (famiglia<br />

delle Juglandacee) originario dell’Armenia e<br />

<strong>della</strong> <strong>Per</strong>sia, introdotto in area mediterranea in<br />

tempi antichissimi e già descritto da Plinio. Nella<br />

regione padana e prealpina, il noce ha avuto<br />

<strong>un</strong>a grande importanza sia per l’estrazione<br />

dell’olio sia come alimento. "Le noci [appaiono]<br />

in abbondanza incredibile, tanto che i cittadini<br />

usano mangiarne per l’intero corso dell’anno<br />

alla fine di ogni pasto. Inoltre le triturano e le<br />

impastano con uova, formaggio e pepe, per fare<br />

il ripieno per le carni durante l’inverno",<br />

scriveva, alla metà del XIII secolo, riferendosi al<br />

territorio milanese, fra Bonvesin de la Riva da<br />

Legnano. L’importanza di questo frutto<br />

ipercalorico (600 kcal/ 100 g) nell’alimentazione<br />

<strong>della</strong> campagna <strong>lombarda</strong> è rimasta costante<br />

fino all’inizio del nostro secolo. Quasi tutti i pani<br />

speziali e i dolci di pane prodotti<br />

tradizionalmente ne prevedevano l’impiego: il<br />

panon alla moda vegia valtellinese, la torta di<br />

noci <strong>della</strong> Valmalenco, il castagnaccio, il pan<br />

striâ brianzolo, la torta di nocciole e noci con la<br />

farina di mais ecc.. Si produceva inoltre <strong>un</strong><br />

croccante che talvolta si trova ancora sulle<br />

bancarelle delle fiere. Con i malli verdi, tra<br />

giugno e luglio, si preparava il nocino.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


RAVIOLI CON ORTICHE E SALSA DI NOCI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

907 34,2 65,7 47,4 638 241 6,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


CASONSEI<br />

Etimologia discussa. Sono, i casonsei, a causa <strong>della</strong> loro forma (sulla quale, d’altronde gli<br />

autori non concordano) dei calzoncini oppure dei cassoncini ripieni? O ancora, sono dei<br />

ravioli pieni, secondo l’uso antico, principalmente di caso, cioè di formaggio, sì da poter<br />

essere definiti formaggetti?<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, mezzal<strong>un</strong>a, scolapasta, pelapatate,<br />

ciotola, matterello, pentola, schiumarola o<br />

mestolo forato, casseruola<br />

Ingredienti:<br />

<strong>Per</strong> il ripieno:PATATE (500 g), ERBETTE o<br />

SPINACI (500 g), PREZZEMOLO (150 g), PANE<br />

GRATTUGIATO (150 g), SALSICCIA (100 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (100 g),<br />

MORTADELLA (50 g), BURRO (50 g), PORRO<br />

(200 g), UOVA (n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (300 g), UOVA<br />

(n.3), SALE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (20 g), BURRO (40 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire e lessare le patate e le erbette<br />

• Scolare e strizzare bene le erbette, tritarle e<br />

farle insaporire nel burro soffritto con il porro<br />

e il prezzemolo ben tritati<br />

• Passare le patate al setaccio<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola il pane, il grana, le patate,<br />

le erbette, la salsiccia pelata, la morta<strong>della</strong><br />

tritata fine, l'uovo, sale e pepe<br />

• Impastare bene gli ingredienti e tenere il<br />

composto a riposare in frigorifero per tutta la<br />

notte<br />

• Impastare la farina con le uova e poco sale<br />

fino ad ottenere <strong>un</strong> composto omogeneo<br />

• Dall'impasto ottenuto staccarne delle piccole<br />

quantità e lavorando sempre sulla spianatoia<br />

farne dei bastoncini (come per la preparazione<br />

degli gnocchi) tagliandoli poi a piccoli<br />

pezzi<br />

• Usando l'apposito fusto di legno o il matterello,<br />

ridurre i pezzetti di pasta in dischi larghi<br />

come il fondo di <strong>un</strong> bicchiere<br />

• Al centro dei dischi di pasta mettere <strong>un</strong>a<br />

noce di ripieno e confezionare i cassoncelli:<br />

chiudere il ripieno all'interno facendo piccole<br />

"pieghe" <strong>un</strong>a sull'altra, partendo con il pollice<br />

sinistro nella parte superiore e poi sovrapponendo,<br />

con il pollice e l'indice <strong>della</strong> mano<br />

destra, tutto l'orlo del disco che durante<br />

l'operazione dovrà essere assottigliato<br />

• Lessare i casônsèi in abbondante acqua bollente<br />

e salata: quando vengono a galla, lasciarli<br />

cuocere per <strong>un</strong> massimo di 4 minuti<br />

• Toglierli delicatamente con il mestolo forato<br />

e sistemarli a strati su <strong>un</strong> piatto di portata<br />

condendo ogni strato prima con il grana poi<br />

con il burro fuso<br />

• Servire subito<br />

Note: la forma dei casonsei<br />

<strong>Per</strong> la forma dei casonsei valgono le riflessioni<br />

esposte a proposito dei marubini. Dalla ricca<br />

letteratura in materia non si ricava granché, se<br />

non che ogni autore si dichiara certo che la<br />

forma giusta è quella proposta nella sua ricetta.<br />

Le fogge indicate più com<strong>un</strong>emente sono di<br />

quattro tipi:<br />

a) disco di sfoglia (diametro 6-7 cm) ripiegato a<br />

metà, come <strong>un</strong> panzerotto;<br />

b) sfoglia quadrata (lato 4-5 cm) coperta con<br />

uguale porzione di pasta, come <strong>un</strong> raviolo;<br />

c) rettangolo di sfoglia (14 x 8 cm) ripiegato sul<br />

lato l<strong>un</strong>go e mo<strong>della</strong>to, con <strong>un</strong>a leggera flessione,<br />

a calzoncino;<br />

d) rettangolo di sfoglia c.s., ripiegato sul lato<br />

l<strong>un</strong>go e chiuso torcendone le estremità come si<br />

fa con la carta delle caramelle.<br />

Varianti:<br />

Piatto conteso tra Bergamaschi e Bresciani, i<br />

casonsei delle ricette fino al XIX secolo sono<br />

completamente diversi da quelli descritti nei ricettari<br />

moderni. Si tratta, infatti, di <strong>un</strong>a pasta<br />

ripiena di gusto agrodolce come quella dei<br />

tortelli di zucca mantovani ed è da riferire allo<br />

stesso periodo tardo-medioevale o<br />

rinascimentale. Il ripieno era composto di pere<br />

spadone giulebbate, minuscoli cubetti di<br />

candito, mandorle e mostacciuoli tritati e legati<br />

con uova e burro. Nel XIV e nel XV secolo si<br />

aggi<strong>un</strong>geva anche <strong>un</strong>’abbondante dose di formaggio<br />

e di spezie. Amaretti, uva passa, cedro<br />

candito e formaggio, tenuti assieme con uova e<br />

marsala formavano il ripieno dei casonsei tradizionali<br />

nel cremasco per ferragosto.<br />

Nelle versioni moderne, invece, il ripieno si avvicina<br />

a quello dei normali ravioli di carne e/o<br />

salsiccia, con il possibile arricchimento dell’impasto<br />

per mezzo di patate, porro ed erbette.<br />

Tra le spezie più com<strong>un</strong>i, oltre al pepe, la<br />

cannella e la noce moscata.<br />

Una versione dolce, derivata da quella medioevale,<br />

i casonsei dols impienicc, con ripieno di<br />

frutta o marmellata, viene fritta nell’olio e servita<br />

con spolveratura di zucchero a velo.<br />

Abbinamenti:<br />

Un primi piatto sostanzioso da accompagnare a<br />

<strong>un</strong> secondo di verdura. Il vino per i casonsei alla<br />

maniera antica, è Lugana o San Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia bianco; per quelli alla maniera moderna,<br />

Spumante rosé del Garda o Rosato dei<br />

Colli morenici mantovani.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


CASONSEI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

667 28,2 30,3 75,0 1244 194 5,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


MARGOTTINI ALLA BERGAMASCA<br />

Diminutivo di margotta o margot, termine ormai in disuso, indicante <strong>un</strong> tegame, o meglio<br />

<strong>un</strong>o stampo, di forma tronco-conica appena accennata, simile a <strong>un</strong> secchiello, dalle pareti alte<br />

e lisce. Il margottino ha <strong>un</strong>’altezza di circa 15 centimetri.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Cottura forno<br />

Utensili:<br />

casseruola, cucchiaio di legno, 8 stampini a pareti<br />

alte, cucchiaino, placca da forno<br />

Ingredienti:<br />

SEMOLINO GIALLO (300 g), GROVIERA (200 g),<br />

BURRO (120 g), BRODO DI CARNE (750 ml),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (4<br />

cucchiai), TUORLI D'UOVO (n.8), PANE<br />

GRATTUGIATO (4 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere il brodo in <strong>un</strong>a casseruola e porre su<br />

fiamma viva<br />

• Quando alza il bollore, versarvi poco per<br />

volta e sempre mescolando tutto il semolino,<br />

badando di non fare grumi<br />

• Continuare la cottura su fuoco moderato e<br />

sempre mescolando, per circa 30 minuti, finché<br />

la polentina sarà ben cotta<br />

• Toglierla dal fuoco e <strong>un</strong>ire 80 g di burro, il<br />

grana e <strong>un</strong>a forte pizzicata di pepe<br />

• Mescolare energicamente amalgamando<br />

bene gli ingredienti<br />

• Imburrare otto stampini ("margottini") a pareti<br />

piuttosto alte e spolverizzarli di pane<br />

grattugiato, badando che vi aderisca bene<br />

• Tagliare a fettine molto sottili il groviera<br />

• Mettere in <strong>un</strong>o stampino <strong>un</strong> poco di polentina<br />

e con <strong>un</strong> cucchiaino bagnato stenderla foderando<br />

il fondo e le pareti del recipiente<br />

• Porre sulla polenta tante fettine di groviera<br />

quanto basta per ricoprirla tutta; poi versare<br />

sul groviera <strong>un</strong> tuorlo d'uovo badando di non<br />

romperlo, salarlo poco e ricoprirlo con <strong>un</strong>a<br />

fettina di groviera<br />

• Chiudere l'apertura con <strong>un</strong> poco di polentina<br />

facendola aderire ai bordi<br />

• Quando tutti gli stampini saranno pronti, accomodarli<br />

su <strong>un</strong>a placca e metterli in forno<br />

già caldo (190° C) lasciandoli per 7-8 minuti<br />

• Levarli quindi dal forno, sformarli e accomodarli<br />

sul piatto di portata<br />

• Servire subito<br />

Note: stampi e uova<br />

Gli stampini devono avere le pareti lisce, che<br />

permettono di sformare i margottini senza<br />

rotture. E’ opport<strong>un</strong>o che le uova siano<br />

freschissime e che il tuorlo scivoli nel suo nido<br />

di polentina senza rompersi, in quanto non deve<br />

in alc<strong>un</strong> modo intridersi con il resto e, a fine<br />

cottura, deve risultare ancora liquido e servire<br />

per la pucia. Uova troppo grandi possono<br />

creare qualche difficoltà, poiché gli stampi non<br />

sono molto capienti.<br />

Varianti:<br />

Si conoscono margottini preparati con semolino<br />

di grano duro: ma difficilmente potranno<br />

fregiarsi <strong>della</strong> qualifica di bergamaschi. In<br />

qualche ricettario si consigliano proporzioni<br />

rovesciate tra grana e gruviera. Molto spesso si<br />

trova l’aggi<strong>un</strong>ta di due fettine di tartufo, <strong>un</strong>a<br />

all’interno, sull’ultimo strato di formaggio, prima<br />

<strong>della</strong> chiusura del margottino; l’altra sopra il<br />

margottino, <strong>un</strong>a volta sformato, come<br />

guarnizione. Influenze venete nella variante che<br />

prevede la decorazione con insalata riccia o<br />

radicchio.<br />

Abbinamenti:<br />

Costituiscono <strong>un</strong> antipasto molto sostanzioso<br />

che può fare le veci di <strong>un</strong> primo piatto. Si<br />

consiglia l’abbinamento con <strong>un</strong> vino bianco ben<br />

strutturato e di buona gradazione alcolica,<br />

leggermente aromatico, come il Tocai di San<br />

Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />

L’ingrediente: il tartufo<br />

Si tratta di <strong>un</strong> f<strong>un</strong>go ipogeo (sotterraneo),<br />

appartenente all’ordine delle Tuberali. Se ne<br />

distinguono due specie principali, quelli bianchi<br />

(Tuber magnatum) e quelli neri (Tuber<br />

melanosporum). I primi, più pregiati, vivono in<br />

simbiosi con querce, pioppi e salici e hanno<br />

superficie liscia e colore tendente all’ocra<br />

pallido, con fragranza agliacea molto<br />

accentuata; i secondi, particolarmente<br />

apprezzati se raccolti immaturi, hanno la<br />

superficie verrucosa di colore br<strong>un</strong>o scuro e<br />

l’odore p<strong>un</strong>gente. In Lombardia si raccolgono in<br />

quantità limitate, dall’estate all’inverno inoltrato,<br />

prevalentemente nella zona prealpina e<br />

collinare con terreno calcareo. In passto la <strong>cucina</strong><br />

delle regioni padane ha valorizzato questo<br />

f<strong>un</strong>go con squisite elaborazione gastronomiche,<br />

testimoniate dai ricettari dello Scappi, del Messisbugo<br />

e dello Stefani. Oggi il suo consumo è<br />

strettamente vincolato agli elevati prezzi di<br />

mercato, sempre superiori al milione e mezzo al<br />

kg. I gastronomi sanno che la parmigiana di<br />

tartufi è <strong>un</strong>a ghiottoneria per pochi privilegiati;<br />

ma anche che <strong>un</strong>a decina di grammi del prezioso<br />

tubero completa in modo impeccabile<br />

(come sottolineava Garlo Emilio Gadda) il risotto<br />

alla milanese, e qualsiasi altro risotto, o dà <strong>un</strong><br />

tocco inconfondibile al tacchino natalizio. E’<br />

frequente, in piccole dosi, in molti piatti di<br />

cacciagione: esemplari per finezza i tordi con<br />

ripieno di pinoli di tradizione valtellinese.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


MARGOTTINI ALLA BERGAMASCA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

609 23,3 37,8 46,6 995 414 1,6<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


CONIGLIO IN SGUAZZETTO<br />

ALLA CASSANESE<br />

Anche in guazzetto, da guazzo = liquido abbondante, ad indicare <strong>un</strong>a preparazione in umido,<br />

solitamente di carne, affogata in sugo piuttosto liquido. Cassano d’Adda<br />

(amministrativamente ultimo com<strong>un</strong>e <strong>della</strong> provincia di Milano ai confini con la Bergamasca,<br />

si associa per lo più alla cultura gastronomica <strong>della</strong> città del Colleoni.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

pentola, tegame con coperchio, tagliere, coltello<br />

Ingredienti:<br />

CONIGLIO (1000 g circa), OLIO EXTRAVERGINE<br />

DI OLIVA (30 g), BURRO (50 g), VINO BIANCO<br />

SECCO (50 g), AGLIO (2 spicchi), PREZZEMOLO<br />

TRITATO (2 cucchiai), SUCCO DI LIMONE (3<br />

cucchiai), FARINA (q.b.), DADO PER BRODO<br />

(n.1), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare il coniglio, asciugarlo e tagliarlo a<br />

pezzetti<br />

• Con la testa, privata degli occhi, e il dado<br />

preparare <strong>un</strong> brodo ristretto<br />

• In <strong>un</strong> tegame con l'olio il burro far rosolare i<br />

pezzetti di coniglio, frattaglie comprese, precedentemente<br />

infarinati<br />

• Bagnare con il vino bianco e farlo evaporare<br />

• Continuare a cuocere a fuoco lento per circa<br />

30 minuti aggi<strong>un</strong>gendo di tanto in tanto <strong>un</strong><br />

cucchiaio di brodo<br />

• Regolare di sale e pepe; tritare gli spicchi<br />

d'aglio, mescolarli con il prezzemolo e aggi<strong>un</strong>gere<br />

il pesto al coniglio insieme al succo<br />

di limone<br />

• Mettere il coperchio e lasciare cuocere a<br />

fuoco basso ancora per 15 minuti<br />

• Prima di servire preparare <strong>un</strong> sugo<br />

staccando dal tegame i fondi di cottura con<br />

<strong>un</strong> mestolino di brodo<br />

Note: guazzetti, limonìe e fricassee<br />

Il coniglio in sguazzetto cassanese ha, rispetto<br />

ad altri guazzetti lombardi, origini molto<br />

antiche. E' infatti in perfetta sintonia con le<br />

limonìe medioevali, cioè con i piatti di carne<br />

tipici <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> gotica insaporiti con limone<br />

(da cui il nome) e talvolta ispessiti con rosso<br />

d’uovo: modello culinario da cui originano le<br />

fricassee settecentesche (il cui nome, riferito<br />

allo spezzettamento delle carni nel tegame non<br />

ha niente a vedere con la salsa d’uovo ma,<br />

curiosamente, è passato a identificare proprio le<br />

carni o le verdure fatte con quella salsa). Anche<br />

questo coniglio si presta ad essere <strong>cucina</strong>to con<br />

o senza uovo: come limonìa, steso su <strong>un</strong>a bella<br />

polenta fumante; come fricassea affiancato, in<br />

tutta la sua morbidezza, al purè di patate.<br />

Varianti:<br />

Il coniglio può non essere infarinato (ma l’infarinatura<br />

ne salvaguarda la tenerezza) e venire<br />

rosolato in lardo fuso. Il battuto, specialmente<br />

nel Bresciano, viene arricchito con cipolla,<br />

sedano, salvia e rosmarino. Variazioni con il<br />

pomodoro appaiono contaminate con la<br />

tradizionale preparazione alla cacciatora.<br />

Abbinamenti:<br />

Gli abbinamenti con i cibi sono già indicati nelle<br />

Note precedenti. Vino: con salsa di limone, il<br />

Botticino rosso, invecchiato due anni, di<br />

profumo etereo e di sapore persistente; con<br />

salsa d’uovo, Valcalepio rosso, dall’odore<br />

intenso leggermente erbaceo e dal gusto pieno,<br />

armonico e asciutto.<br />

L’ingrediente: il coniglio<br />

E’ <strong>un</strong> roditore domestico <strong>della</strong> famiglia dei Leporidi<br />

che, nella gastronomia <strong>lombarda</strong> non ha<br />

mai trovato grandi estimatori, attratti invece<br />

dalla sua cugina selvatica, la lepre. Ricettari<br />

ormai classici, come quello <strong>della</strong> Gosetti <strong>della</strong><br />

Salda o <strong>della</strong> <strong>Per</strong>na Bozzi, ne ignorano<br />

completamente la presenza. Solo in ricettari più<br />

recenti, attenti a realtà locali definite, si è<br />

riscoperto <strong>un</strong> interesse sommerso per il pavido<br />

animale, anche in relazione alle indicazioni <strong>della</strong><br />

moderna dietologia, che ne valorizzano la<br />

tenerezza delle carni, la delicatezza del gusto,<br />

l’elevato valore nutritivo rispetto al modesto<br />

apporto lipidico (114 kcal/ 100 g, 22 g di<br />

proteine e 4 g c.a di grasso), la modesta<br />

presenza di colesterolo e l’elevata digeribilità.<br />

Da questa riscoperta emergono alc<strong>un</strong>e<br />

preparazioni degne di nota che non limitano il<br />

quadro al solo coniglio alla cacciatora, con o<br />

senza f<strong>un</strong>ghi e tartufo: il coniglio in salmì,<br />

sottoposto a marinatura e consumato nelle<br />

occasioni solenni con la polenta; quello<br />

cosiddetto alla brianzola, con patate e f<strong>un</strong>ghi;<br />

quello con la salsa di noci e aromi (rosmarino,<br />

salvia e ginepro) nella migliore tradizione <strong>della</strong><br />

<strong>cucina</strong> alpina.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


CONIGLIO IN SGUAZZETTO<br />

ALLA CASSANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

288 25,0 17,5 6,8 472 82 0,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


FRITTATA ALLE ERBE FINI<br />

<strong>Per</strong> erbe fini si intende <strong>un</strong> insieme equilibrato e armonico di erbe aromatiche, costituito,<br />

secondo l’uso <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale, da prezzemolo, cerfoglio, dragoncello e erba<br />

cipollina. Alc<strong>un</strong>i autori vi includono anche maggiorana e basilico. La presenza <strong>della</strong> mentuccia<br />

al posto del dragoncello dà a questa ricetta <strong>un</strong> tocco più mediterraneo.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 20 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

terrina, mezzal<strong>un</strong>a, pa<strong>della</strong> antiaderente, frusta<br />

Ingredienti:<br />

UOVA (n.10), BURRO (60 g), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (60 g), ERBE FINI:<br />

PREZZEMOLO, CERFOGLIO, MENTUCCIA, ERBA<br />

CIPOLLINA (60 g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tritare le erbe fini<br />

• In <strong>un</strong>a terrina sbattere le uova con il grana,<br />

le erbe fini tritate, sale e pepe<br />

• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> antiaderente fare fondere il<br />

burro e versarvi il composto<br />

• Mescolare per farlo leggermente<br />

rapprendere in modo <strong>un</strong>iforme e fare dorare<br />

la frittata da ambo le parti<br />

• Servire su <strong>un</strong> piatto rotondo ben caldo dopo<br />

avere tagliato la frittata a spicchi<br />

Note: la frittata<br />

Così procede Gualtiero Marchesi, milanese del<br />

Verziere, per preparare <strong>un</strong>a frittata degna di<br />

questo nome: “"Rompo le uova, le sbatto, o<br />

meglio, le mescolo quel tanto che basta perché<br />

tuorlo e albume risultino amalgamati<br />

(sbattendole eccessivamente le uova si sfibrano<br />

e non gonfiano a dovere durante la cottura).<br />

Quindi salo; dose: <strong>un</strong>a presa di sale per <strong>un</strong><br />

uovo. Infine incorporo qualche fiocchetto di<br />

burro, che renderà la frittata più morbida.<br />

Volendo potrò aggi<strong>un</strong>gere anche erbe<br />

aromatiche, le cosiddette erbe fini. Faccio<br />

quindi sfrigolare il burro in pa<strong>della</strong>, vi verso le<br />

uova e, proseguendo la cottura su <strong>un</strong> fuoco<br />

vivace, le mescolo continuamente con <strong>un</strong>a<br />

forchetta, mentre con l’altra mano, impugnando<br />

il manico, imprimo alla pa<strong>della</strong> <strong>un</strong> movimento<br />

regolare in avanti e indietro, in modo da<br />

ottenere <strong>un</strong>a cottura omogenea".<br />

Come rileva il Bassani, la frittata è di antica<br />

tradizione solo nelle zone meno povere <strong>della</strong> regione,<br />

dedite ad <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> solida, quando nelle<br />

altre si praticava <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> liquida che permettesse<br />

la pucia del pane o <strong>della</strong> polenta. La gastronomia<br />

regionale è com<strong>un</strong>que ricca di<br />

frittate, dalle più semplici, come quella raccolta<br />

dal Bassani in Brianza, forse l’antenata<br />

campagnola di questa ricetta, con salvia, erba<br />

de san Pedar (Eryngium o calcatreppola) e<br />

foglie di camomilla, a quelle in odore di<br />

gastronomia francese, come l’omelette al<br />

tartufo riportata dal Dubini col nome di frittata<br />

con salsa d’uova. Decisamente d’autore le<br />

frittate d’erbicine battute et altre materie<br />

descritte nel CCLXXVII capitolo dello Scappi,<br />

con menta maggiorana e tartufi.<br />

Era abbastanza com<strong>un</strong>e fare frittate con quasi<br />

tutte le verdure dell’orto, precedentemente lessate<br />

o saltate nel burro, e aveva diffusione<br />

regionale la cosiddetta frittata rognosa, con<br />

salsiccia o salame o cotechino tritati. <strong>Per</strong> la loro<br />

tipicità si ricordano inoltre la frittata con i<br />

cipollotti, accompagnata da insalata o radicchio,<br />

<strong>della</strong> Bassa <strong>lombarda</strong>; la frittata con la polenta<br />

a tocchetti <strong>della</strong> Bergamasca; la frittata con<br />

verdure selvatiche (luvertis, curnagett), o cime<br />

di ortica, <strong>della</strong> Brianza; la frittata di rane delle<br />

zone risicole <strong>della</strong> Lomellina.<br />

Varianti:<br />

Ad esclusione <strong>della</strong> frittata base (uova e burro)<br />

<strong>della</strong> tradizione contadina e di quella base descritta<br />

da Gualtiero Marchesi (uova, burro ed<br />

erbe fini) non esiste frittata più semplice di questa.<br />

Le varianti potranno riguardare solo la qualità<br />

delle erbe.<br />

Abbinamenti:<br />

Può essere servita con i contorni tradizionali per<br />

le uova: asparagi, carote, puré di patate, di spinaci<br />

o di piselli. Vino: Riesling italico o Pinot<br />

grigio dell’Oltrepò.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


FRITTATA ALLE ERBE FINI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

231 14,7 18,8 0,7 582 359 0,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Bergamo e Valli


Como e il Lario<br />

Il territorio comasco (che oggi ingloba le aree <strong>della</strong> provincia<br />

di Como, dalle quali possiamo escludere la fascia<br />

meridionale che si tuffa nella Brianza) presenta tradizioni<br />

e usi alimentari abbastanza omogenei, incentrati su<br />

alc<strong>un</strong>i fattori ambientali e climatici (il lago, la montagna)<br />

che hanno influenzato <strong>un</strong> peculiare orientamento verso<br />

lo sfruttamento di specifiche risorse.<br />

In questa vicenda anche la storia ha giocato <strong>un</strong> ruolo affatto<br />

trascurabile: la frequente opposizione verso i milanesi,<br />

il fatto che le grandi vie di commercio verso il Nord<br />

Europa passavano <strong>un</strong> tempo (e ancora oggi) di qui, e, in<br />

tempi più recenti, l’attrattiva turistica delle aree lacustri,<br />

hanno determinato il radicamento di stili gastronomici<br />

piuttosto stratificati e differenziati dal resto delle aree<br />

lombarde.<br />

Rispetto a molte tradizioni alimentari dell'Italia Settentrionale,<br />

la razione tipica lariana, pur conservando <strong>un</strong>a<br />

generale impronta pauperistica, è molto più varia: per le<br />

basi amilacee, oltre al riso, al mais e alle patate, si fa<br />

ampio ricorso ai cereali minori (miglio, orzo, segale, avena),<br />

al grano saraceno e alle castagne; fra le carni, la<br />

preferenza va a quelle bianche o di selvaggina, con inferiore<br />

insistenza verso quelle bovine e, soprattutto, di<br />

maiale; il pesce di acqua dolce non è <strong>un</strong>a presenza sporadica;<br />

gli ortaggi sono ampiamente rappresentati e, insieme<br />

alle erbe selvatiche, vanno ad arricchire le minestre<br />

e le zuppe più povere; la stessa frutta (grazie alla<br />

benevolenza del clima) è presente in buona varietà. Ma è<br />

soprattutto nei condimenti che la <strong>cucina</strong> tipica lariana<br />

assume connotati originali: all'impero del burro e del lardo<br />

(<strong>un</strong>a costante dei moduli padani) si contrappone il ricorso<br />

abbondante all'olio di oliva (di produzione locale, e<br />

dotato di <strong>un</strong>a caratteristica leggerezza) e agli oli vegetali<br />

(di linosa, di noci, di ravizzone). Nemmeno il ricorso al<br />

burro o al consumo di formaggi grassi è così dominante<br />

come si potrebbe pensare sulla base <strong>della</strong> locale specializzazione<br />

produttiva: questi prodotti erano per lo più<br />

commercializzati nella più ricca Milano, mentre sulla<br />

mensa lariana restavano, come ingredienti, gli scarti<br />

<strong>della</strong> lavorazione casearia: siero e latticello.<br />

Non è <strong>un</strong> caso, fra l'altro, che le persistenti carestie che<br />

hanno afflitto l'area padana e financo la Brianza (e le<br />

malattie conseguenti, soprattutto la pellagra dovuta all'alimentazione<br />

monomaidica), hanno in parte risparmiato<br />

le popolazioni lariane, per la saggezza nel comporre<br />

formulazioni sì povere ma nutritivamente equilibrate.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


TUCC E REGELL<br />

Tipico <strong>della</strong> zona di Bellagio, più che <strong>un</strong> piatto è <strong>un</strong> piccolo rito familiare o di gruppo, in cui<br />

proprio il rito costituisce la diversità rispetto alla normale polenta <strong>un</strong>cia (o c<strong>un</strong>cia, a seconda<br />

delle zone) che accum<strong>un</strong>a i rilievi <strong>della</strong> Lombardia. Il termine tucch deriva dalla radice tucà,<br />

poiché la polenta viene appallottolata tra le dita. Regell è invece nell’ambito semantico di regiùu<br />

(capofamiglia), forse perché era compito rituale del patriarca versare il regell ai presenti,<br />

quasi <strong>un</strong> bicchiere <strong>della</strong> staffa, prima di concludere il pasto.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatto <strong>un</strong>ico<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 150 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Bollitura<br />

Utensili:<br />

Paiolo di rame, bastone da polenta, tagliere,<br />

trinciante<br />

Ingredienti:<br />

per il tucch: FARINA GIALLA (700 g),<br />

FORMAGGIO MAGRO D’ALPEGGIO (1,2 kg, di<br />

mezza stagionatura), BURRO (800 g), ACQUA<br />

(3 l abbondanti), OLIO (<strong>un</strong> cucchiaio), SALE (q.<br />

b.).<br />

per il regell: VINO ROSSO (1,5 l), SCORZA DI<br />

UN LIMONE, MELA (n. 1), CHIODI DI<br />

GAROFANO (n. 3), CANNELLA (<strong>un</strong>a stecca).<br />

Esecuzione:<br />

• Preparare nel paiolo la polenta, versando<br />

nell’acqua salata la farina gialla e l’olio e<br />

sbattendo tutto con il bastone.<br />

• Dopo circa 45 minuti di cottura incorporare<br />

alla polenta, sempre rimestando col bastone,<br />

piccole quantità di formaggio, alternandole<br />

con piccole quantità di burro, fino a esaurire<br />

entrambi gli ingredienti e ad ottenere<br />

<strong>un</strong> composto perfettamente amalgamato.<br />

• Lasciar cuocere ancora per 30 minuti e portare<br />

a tavola, se così si può dire (v. Note).<br />

• Una volta consumato il tucch, rimettere il<br />

paiolo sul fuoco, con tutta la sua camicia di<br />

polenta, e versarvi le due bottiglie di vino<br />

rosso.<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere lo zucchero, i chiodi di garofano,<br />

la cannella, la scorza del limone e la mela<br />

tagliata a pezzi.<br />

• Lasciar sobbollire per <strong>un</strong> quarto d’ora e servire<br />

ben caldo in scodelle di terracotta.<br />

Note: <strong>un</strong> rito contadino<br />

Il tucch è <strong>un</strong>o dei piatti tipici <strong>della</strong> zona di Bellagio.<br />

Più che il cibo e la bevanda in sé (in fondo,<br />

<strong>un</strong>a polenta <strong>un</strong>cia e <strong>un</strong> vin brûlé), conta quella<br />

sorta di liturgia che ne governa la preparazione<br />

e la consumazione. Il tucch si mangia, infatti,<br />

non necessariamente a tavola, stando in cerchio<br />

attorno al paiolo, che può essere appoggiato<br />

anche su <strong>un</strong>a sedia. Ogn<strong>un</strong>o dei presenti raccoglie<br />

dal paiolo, con <strong>un</strong> cucchiaio di legno, <strong>un</strong> po’<br />

di polenta e la porta alla bocca dopo averla rapidamente<br />

appallottolata tra le mani. Il regell,<br />

cui si attribuivano particolari qualità toniche e<br />

digestive, viene distribuito dal regiùu per mezzo<br />

del mestolo (cazzù).<br />

Varianti:<br />

In rari casi alla farina gialla vengono aggi<strong>un</strong>te<br />

piccole quantità di farina di grano saraceno, nella<br />

tipologia <strong>della</strong> polenta taragna. In altri casi in<br />

luogo del formaggio magro si usa formaggio<br />

semigrasso con modeste aggi<strong>un</strong>te di formaggio<br />

grasso.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ buona norma non mangiare nient’altro assieme<br />

al tucch, che è pietanza ricca e che richiama<br />

<strong>un</strong> discreto consumo di vino.<br />

Quest’ultimo potrà essere dello stesso tipo usato<br />

per il regell, <strong>un</strong>a barbera robusta, con qualche<br />

anno di invecchiamento.<br />

L’ingrediente: il formaggio in <strong>cucina</strong><br />

Abituati come siamo a considerarlo <strong>un</strong> alimento<br />

a sé, con specifiche caratteristiche, quasi ness<strong>un</strong>o<br />

oggi considera il formaggio per ciò che è<br />

stato nei cinquemila anni trascorsi dalla sua<br />

prima formulazione alla fine del secolo scorso:<br />

<strong>un</strong>a modalità di conservazione del latte, <strong>un</strong>a<br />

fonte di approvvigionamento energetico capace<br />

di vincere la deperibilità del latte. Aggi<strong>un</strong>gere<br />

formaggio ad <strong>un</strong> alimento era pratica normale<br />

nella <strong>cucina</strong> romana come in quella medioevale:<br />

l’ abbondanza del formaggio nei cibi denotava<br />

l’opulenza del padrone di casa.<br />

In Lombardia, proprio per l’abbondanza di latte<br />

che dal XII secolo, con la diffusione su larga<br />

scala dell’allevamento vaccino, caratterizzò<br />

l’area padana, si può vedere nella vastissima<br />

tipologia di formaggi, il nucleo del modello gastronomico<br />

regionale. Non c’è quasi polenta, riso<br />

o minestra che non gradisca <strong>un</strong>a spruzzata di<br />

formaggio; e le carni non sono da meno: il formaggio<br />

entra in tutti i ripieni, nei mondeghîli<br />

milanesi e nelle polpette, nella trippa, in tal<strong>un</strong>e<br />

preparazioni di scaloppe o nella frittura di rane e<br />

persino in certi piatti di pesce, come lo sformato<br />

di baccalà alla certosina.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


TUCC E REGELL<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

2338 64,4 169,9 101,3 996 333 4,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />

Questa ricetta lariana rappresenta <strong>un</strong>a tipica sintesi dell’integrazione di risorse locali (il pesce)<br />

e sapere gastronomico regionale (il risotto): il risultato è <strong>un</strong> piatto ricco, entrato nell’uso<br />

<strong>della</strong> ristorazione più “alta”. Il pesce persico (<strong>un</strong> po’ come il lavarello), con carne morbida e<br />

delicata, è <strong>un</strong>a preda ambita dai pescatori, non solo nel lago di Como ma anche nel Ceresio e<br />

in tutti i laghetti brianzoli. Oggi viene anche allevato e il filetto si trova commercializzato surgelato.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura, Frittura<br />

Utensili:<br />

tagliere, casseruola, pa<strong>della</strong>, mestolo, cucchiaio<br />

di legno<br />

Ingredienti:<br />

FILETTI DI PESCE PERSICO (800 g), BURRO<br />

(100 g), FARINA BIANCA (2 cucchiai, 25 g),<br />

SALVIA (12 foglie, 10 g), RISO (500 g), BRODO<br />

VEGETALE (1,5 litri), CIPOLLA (n.1, 40 g), VINO<br />

BIANCO SECCO (1/2 bicchiere), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• (risotto)<br />

• Tritare la cipolla finemente e rosolarla in <strong>un</strong>a<br />

casseruola con 40 g di burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il riso, mescolare e, quando è<br />

ben caldo, versare il vino, lasciandolo evaporare,<br />

sempre rimestando con <strong>un</strong> cucchiaio di<br />

legno<br />

• (nel frattempo) Preparare <strong>un</strong> brodo vegetale<br />

bollente o <strong>un</strong> court-bouillon di pesce<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo con <strong>un</strong> mestolo, poco<br />

alla volta, continuando a rimestare<br />

• Portare a termine la cottura nel tempo necessario<br />

(15-20 minuti)<br />

• (filetti di pesce persico)<br />

• (nel frattempo) Rosolare <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong> salvia<br />

in <strong>un</strong>a parte del burro rimanente (40 g)<br />

• Infarinare in <strong>un</strong> piatto i filetti di pesce persico<br />

• Friggerli con burro in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> fino a colore<br />

dorato<br />

• Estrarre i filetti e tenerli in caldo<br />

• A cottura ultimata del riso, adagiarlo su <strong>un</strong><br />

piatto da portata e disporvi i filetti a corona<br />

• Riscaldare <strong>un</strong> po’ di burro (20 g) con il resto<br />

<strong>della</strong> salvia e versare sopra il risotto<br />

• Servire ben caldo<br />

Note: sfilettare il pesce<br />

Il pesce persico è generalmente commercializzato<br />

in filetti già pronti. Nel caso sia necessario<br />

sfilettare <strong>un</strong> pesce intero, questo deve innanzitutto<br />

essere privato <strong>della</strong> pelle e delle pinne, facendo<br />

attenzione alle spine acuminate.<br />

Poi, utilizzando <strong>un</strong> coltello molto affilato, occorre<br />

incidere il pesce longitudinalmente sul dorso. Il<br />

filetto può allora essere sollevato dalla lisca,<br />

man mano che si stacca e cominciando dalla<br />

coda. Si continua nello stesso modo per l’altro<br />

filetto. I filetti devono essere infine ripuliti sui<br />

bordi e dalle piccole lische presenti.<br />

Varianti:<br />

Il riso può essere semplicemente bollito e insaporito<br />

con burro e salvia. I filetti di persico, invece<br />

che infarinati, possono essere passati nell’uovo<br />

sbattuto e nel pane grattugiato, ottenendo<br />

<strong>un</strong>a specie di cotoletta: la preparazione risulta<br />

più ricca ma meno raffinata.<br />

Abbinamenti:<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale e gastronomico il<br />

risotto con i filetti di pesce persico è <strong>un</strong> piatto<br />

<strong>un</strong>ico: evitare di abbinarlo soprattutto con altre<br />

fritture. Un’insalata e <strong>un</strong> dessert a base di frutta<br />

sono indicati come accompagnamento.<br />

Un vino bianco secco, meglio se con <strong>un</strong>a vena<br />

acidula (fra i vini lombardi, il Franciacorta bianco)<br />

rappresenta la combinazione ideale.<br />

L’ingrediente: il pesce persico<br />

Originario <strong>della</strong> Mesopotamia e segnalato nell’alimentazione<br />

degli antichi egizi (popolava il delta<br />

del Nilo), il pesce persico (<strong>Per</strong>ca fluvialis, detto<br />

anche persico reale) era già noto nella <strong>cucina</strong><br />

dei Romani ed è <strong>un</strong>o dei pesci d’acqua dolce più<br />

pregiati per le sue carni tenere e delicate. Raggi<strong>un</strong>ge<br />

i 45 cm di l<strong>un</strong>ghezza e ha <strong>un</strong> corpo tozzo<br />

e <strong>un</strong> capo ottuso. Il dorso è di colore bluastro o<br />

verde oliva e i fianchi sono attraversati da fasce<br />

trasversali scure. Le pinne dorsali e le branchie<br />

sono accompagnate da spine piuttosto app<strong>un</strong>tite,<br />

che ne rendono difficile la manipolazione.<br />

Il persico reale non va confuso (soprattutto a livello<br />

gastronomico) con il persico trota o boccalone<br />

(Micropterus salmoides) o il persico sole (o<br />

“gobbo”, Lepomis gibbosus), introdotti nei laghi<br />

lombardi dall’America del Nord per il divertimento<br />

dei pescatori sportivi.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


RISOTTO CON FILETTI DI PESCE PERSICO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

541 27,6 17,3 71,7 1424 135 1,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


PATÉ DI CAVEDANO CON GELATINA<br />

Il cavedano (in dizione milanese cavezzale) è <strong>un</strong> pesce di acqua dolce con carne molto delicata<br />

e digeribile (l’ittiologo comasco Plinio Valeriano lo considerava <strong>un</strong>o dei pesci più “salutari”)<br />

ma purtroppo anche di <strong>un</strong>o scheletro cartilagineo ricco di piccole lische, che ne rendono<br />

problematica l’utilizzazione gastronomica. Se consumato intero, va ben cotto, ma ciò ne altera<br />

il sapore delicato. La preparazione a paté permette di ovviare a questi inconvenienti.<br />

Preparazione per 8 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Estate, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Brasatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, setaccio (o tritatuttto), pa<strong>della</strong>, zuppiera,<br />

cucchiaio di legno, pirofila di vetro<br />

Ingredienti:<br />

FILETTO DI CAVEDANO (1000 g), BURRO (100<br />

g), LARDO (100 g), CIPOLLE (n.2), AGLIO (1/2<br />

spicchio), VINO BIANCO SECCO (1/2 bicchiere),<br />

COGNAC (1 bicchierino), GELATINA (1/4 di litro),<br />

MAGGIORANA (q.b.), PANE INTEGRALE<br />

(n.4 fette), SALE e PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tritare le cipolle e rosolarle in poco burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere l’aglio, il filetto di cavedano a<br />

pezzi, continuare a rosolare, aggi<strong>un</strong>gere sale,<br />

pepe e maggiorana, spruzzare con il vino<br />

bianco e lasciare evaporare<br />

• Raffreddare e passare al setaccio per due<br />

volte, aggi<strong>un</strong>gendo il lardo, il burro rimanente<br />

(tagliati a pezzettini) e il cognac<br />

• Preparare la gelatina secondo le prescrizioni<br />

• Versare <strong>un</strong> po’ di gelatina sul fondo <strong>della</strong> pirofila,<br />

lasciare raffreddare<br />

• Deporvi il paté ancora morbido e ricoprirlo<br />

con la gelatina rimanente<br />

• Raffreddare in frigorifero e servire tagliandolo<br />

a fette<br />

• Accompagnare con pane abbrustolito<br />

Note: il paté<br />

Il termine paté si riferisce generalmente a <strong>un</strong>a<br />

preparazione formata da <strong>un</strong> involucro di pasta.<br />

Oggi il termine viene applicato anche alle terrine.<br />

Questo tipo di preparazione era largamente utilizzata<br />

dai Romani e si diffuse oltremodo nel<br />

Medioevo e nel Rinascimento, sovente per nobilitare<br />

parti poco attraenti (come le frattaglie) o<br />

ingredienti insoliti (merlo, allodola, tordo).<br />

La preparazione a paté aumenta notevolmente<br />

la resa per l’impiego di burro o lardo e d<strong>un</strong>que<br />

con numerose controindicazioni salutistiche.<br />

Il paté, d’altro canto, è estremamente palatabile<br />

ed è spalmabile, quindi consumabile in piccole<br />

quantità insieme a pane o derivati.<br />

Varianti:<br />

Una variazione interessante sul piano nutrizionale<br />

declassa il paté a spumone, eliminando il<br />

lardo e riducendo il burro. Lo spumone di cavedano<br />

deve essere servito caldo, adagiato su <strong>un</strong><br />

crostino di pane precedentemente guarnito con<br />

<strong>un</strong>a crema di aromi e verdure.<br />

Abbinamenti:<br />

Il paté di cavedano si presta ad abbinamenti<br />

con altri piatti lariani a base di pesce (risotto<br />

con il persico, ecc.), ma anche a minestre in<br />

brodo.<br />

Il vino di accompagnamento deve essere preferibilmente<br />

<strong>un</strong> bianco secco, meglio se leggermente<br />

fruttato: ad esempio <strong>un</strong>o Chardonnay<br />

Trentino o <strong>un</strong> Muller Turghau.<br />

L’ingrediente: il cavedano<br />

E’ fra i pesci d’acqua dolce più com<strong>un</strong>i in Italia e<br />

in tutta Europa ed è particolarmente apprezzato<br />

dai pescatori sportivi per la sua combattività durante<br />

la cattura. Cattura che sul lago di Como<br />

vede l’impiego di <strong>un</strong>a tecnica particolare, quella<br />

<strong>della</strong> tirlindana: <strong>un</strong>a serie di ami a cucchiaino,<br />

disposti a pettine fra l’imbarcazione e <strong>un</strong> galleggiante<br />

che “corre” perpendicolarmente alla<br />

barca.<br />

Il cavedano appartiene alla famiglia dei ciprinidi<br />

e misura fra i 20 e i 60 cm. Il dorso è di colore<br />

grigio-br<strong>un</strong>o con riflessi verdastri, ricoperto da<br />

squame grandi e coriacee. I fianchi sono argentei<br />

e il ventre bianco. Vive in piccoli branchi in<br />

acque correnti e su fondali rocciosi o sassosi, si<br />

muove molto velocemente ed è estremamente<br />

agile e sospettoso (il modo di dire, riferito ad<br />

<strong>un</strong>a persona, “è <strong>un</strong> cavedano” indica generalmente<br />

<strong>un</strong> giudizio di furbizia e di capacità di<br />

sfuggire ...).<br />

<strong>Per</strong> il suo problematico impiego gastronomico (a<br />

causa, come si è già detto, delle lische) non vi ene<br />

praticamente commercializzato, ma non è<br />

difficile procurarselo presso qualche pescatore<br />

appassionato.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


PATÉ DI CAVEDANO CON GELATINA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

352 23,0 24,9 1,2 512 131 0,8<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


MISSOLTINI<br />

I missoltini (misultit) sono <strong>un</strong>a semiconserva ittica (agoni salati ed essiccati), tipici del lago<br />

di Como: forse proprio all’uso del sale devono il loro nome. I più pregiati sono quelli ottenuti<br />

dalla pesca nel mese di maggio (sebbene oggi sia vietato) su fondali sassosi, ove gli agoni<br />

vanno a deporre le uova. I missoltini sono ormai <strong>un</strong>a specialità / rarità gastronomica, imparentata<br />

con altre formulazioni più povere, come i saracch o l’aringa. Anche l’uso di accompagnarli<br />

con la polenta rimanda alle tipiche combinazioni di tutto il pesce azzurro con alimenti<br />

ricchi di carboidrati complessi (amido).<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 10 min<br />

Tecnica di cottura: Cottura alla griglia<br />

(o alla piastra)<br />

Utensili:<br />

batticarne, tagliere, piatto di portata<br />

Ingredienti:<br />

MISSOLTINI (n.12; 800 g circa), PREZZEMOLO<br />

TRITATO (2 cucchiai), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />

OLIVA (6 cucchiai), ACETO (6 cucchiai),<br />

POLENTA ABBRUSTOLITA (6 fette, 600 g)<br />

Esecuzione:<br />

• (preparare <strong>un</strong>a polenta, tagliarla a fette)<br />

• Risciacquare i missoltini in acqua tiepida con<br />

aceto per eliminare l’eccesso di sale ed il<br />

grasso rassegato<br />

• Con il batticarne, pressare i missoltini delicatamente<br />

sul tagliere<br />

• Porre i missoltini su <strong>un</strong>a griglia sufficientemente<br />

calda o, se si usa la piastra, in leggera<br />

inclinazione per evitare che friggano nel<br />

loro olio<br />

• Grigliare per pochi minuti<br />

• Rimuovere le scaglie con <strong>un</strong> coltello<br />

• Deporli su <strong>un</strong> piatto di portata, cospargere<br />

con prezzemolo tritato, aceto e olio<br />

• Servire in combinazione alle fette di polenta,<br />

anch’esse grigliate.<br />

Note: come si mangiano i missoltini<br />

I missoltini si mangiano tagliandoli longitudinalmente,<br />

aprendoli con <strong>un</strong>a leggera azione di<br />

leva esercitata dal coltello ed estraendo l’<strong>un</strong>ica<br />

lisca centrale. Oltre che assaggiati nei ristoranti<br />

lariani, i missoltini possono essere acquistati in<br />

loco (nelle zone del centro Lago) e in alc<strong>un</strong>i negozi<br />

di gastronomia specializzata. Una lavorazione<br />

impropria può farne decadere la qualità:<br />

come quando la salatura è eccessiva o il grasso<br />

del pesce non è stato eliminato accuratamente<br />

durante la pressatura.<br />

Varianti:<br />

Gli agoni nel Rinascimento erano <strong>cucina</strong>ti con<br />

uova e succo di melograno. Maestro Martino<br />

prima li friggeva e poi li immergeva in <strong>un</strong>a carpionatura<br />

di succo d’arance e agresto. Oggi l’agone<br />

si può consumare anche in carpione, oppure<br />

infarinato e fritto con burro e salvia.<br />

Queste varianti riguardano la <strong>cucina</strong> dell’agone:<br />

per i missoltini basterà ricordare la loro sostituzione<br />

in piatti più poveri con i saracchi (polenta<br />

e saracch) o con l’aringa affumicata.<br />

Abbinamenti:<br />

Una polenta calda o <strong>un</strong>a polenta taragna possono<br />

sostituire le fette di polenta abbrustolita: in<br />

questo caso diventa piatto <strong>un</strong>ico. Il vino di accompagnamento<br />

deve essere necessariamente<br />

rosso, giovane e ben corposo.<br />

L’ingrediente: gli agoni<br />

L’agone (Alosa finta lacustris) appartiene al genere<br />

delle alose e alla famiglia dei clupeidi, in<br />

cui è <strong>un</strong> parente stretto l’aringa. La pesca dell’agone<br />

è tradizionalmente regolamentata (fin dal<br />

Medioevo) e avviene nei mesi di giugno e luglio,<br />

con diverse tecniche (rete, bilancere, esche artificiali).<br />

<strong>Per</strong> diventare missoltino, l’agone subisce<br />

<strong>un</strong>a complessa lavorazione: i pesci vengono<br />

privati delle interiora (la curada), strofinati<br />

con sale e, dopo <strong>un</strong> eventuale taglio dorsale,<br />

vengono deposti in <strong>un</strong>a marmitta, ancora con<br />

sale, ove vengono rivoltati ogni 12 ore. La<br />

quantità di sale è critica per la succes siva lavorazione.<br />

Dopo <strong>un</strong> paio di giorni, vengono risciacquati<br />

e infilzati in <strong>un</strong>o spago, così da poterli essiccare<br />

all’aria aperta. L’essiccamento procede<br />

per alc<strong>un</strong>i giorni, poi i pesci sono disposti in <strong>un</strong>a<br />

latta (misolta, originariamente di legno), insieme<br />

a foglie di alloro. Le latte vengono incoperchiate<br />

e il coperchio (di legno) esercita <strong>un</strong>a<br />

leggera pressione, modulata dalla sovrapposizione<br />

di più latte e da sassi. La pressatura procede<br />

per <strong>un</strong> paio di eliminando l’olio fuoriuscito.<br />

Questo procedimento è esclusivamente artigianale.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


MISSOLTINI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

665 28,1 27,7 80,9 231 0 3,2<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


PESCE IN CARPIONE<br />

Il carpione è <strong>un</strong> pesce di acqua dolce molto pregiato, parente <strong>della</strong> trota, ormai pressoché<br />

scomparso (in Italia si trova solo nel lago di Garda, dove la sua pesca è rigidamente regolamentata).<br />

Il carpione ha carni delicatissime, cosicché si usava prol<strong>un</strong>garne la conservabilità<br />

cuocendolo e addizionandolo di <strong>un</strong>a salsa di aceto e verdure. Il nome di carpione è quindi trasmigrato<br />

alla preparazione, che vede l’impiego basilare di diversi tipi di pesce di acqua dolce.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Primavera, Estate<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

tagliere, pa<strong>della</strong> (o friggitrice), schiumarola, vaso<br />

di terracotta, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

ALBORELLE (600 g), AGONI (n.6), OLIO PER<br />

FRITTURA (q.b.), FARINA (150 g), CIPOLLA<br />

(1/2), SEDANO (1/2 gambo), CAROTA (n.1),<br />

AGLIO (1 spicchio), PEPE NERO (n.6 grani),<br />

CHIODI DI GAROFANO (n.3), PREZZEMOLO<br />

TRITATO (20 g), TIMO SELVATICO (o SE-<br />

GRIGIÖLA) (1 mazzetto), ACETO (1/2 litro),<br />

VINO BIANCO SECCO (1/2 litro), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire dalle interiora gli agoni e le alborelle,<br />

lavarli ed asciugarli<br />

• Infarinarli e friggerli in olio bollente, scolandoli<br />

con la schiumarola quando croccanti<br />

• Disporre il pesce nel vaso di terracotta<br />

• Tritare le cipolle, l’aglio, il sedano e la carota<br />

• Rosolare in poco olio il trito, imbiondendolo,<br />

e quindi aggi<strong>un</strong>gere il timo, i chiodi di garofano<br />

e i grani di pepe.<br />

• Addizionare l’aceto e il vino, portare all’ebollizione<br />

• Versare la salsa sul pesce, dentro la terrina<br />

di terracotta, aggi<strong>un</strong>gere il prezzemolo e coprire:<br />

si può consumare appena raffreddato,<br />

ma è conservabile per alc<strong>un</strong>i giorni al fresco.<br />

Note: la conservazione del pesce con aceto<br />

La conservazione con aceto è <strong>un</strong>a tecnica tradizionale<br />

diffusa anche per il pesce di mare (saor<br />

nel veneto, scapece nell’Italia Meridionale).<br />

L’acidità limita o inibisce lo sviluppo di microrganismi<br />

e intenerisce le carni. In pratica tutti i<br />

pesci sono adatti a questo tipo di lavorazione:<br />

in altre zone lacustri sono impiegate le anguille,<br />

le tinche, le carpe, oltre alle alborelle.<br />

Il carpione è disponibile, già marinato, nei ne -<br />

gozi di gastronomia: in questo caso si abbonda<br />

con l’aceto per prol<strong>un</strong>garne la conservabilità.<br />

Varianti:<br />

Una variazione interessante alla salsa del carpione<br />

è la cosiddetta c<strong>un</strong>scia, cioè la concia, diffusa<br />

nei paesi del Lario meridionale. Si utilizzano<br />

le erbette, la menta e l’allium romanum<br />

(purasc) tritati finissimi; mentre al posto dell’aceto<br />

e del vino si impiegano aceto con uova<br />

sbattute e brodo vegetale aromatizzato: ne risulta<br />

<strong>un</strong>a specie di zabaione all’aceto.<br />

Abbinamenti:<br />

Il carpione si presta ad abbinamenti con altri<br />

piatti lariani a base di pesce (risotto con il persico,<br />

ecc.), ma anche a minestre. Il vino di accompagnamento<br />

deve essere preferibilmente<br />

brioso, rosato o anche rosso, come il Lambrusco<br />

Mantovano, a causa <strong>della</strong> persistenza dell’aceto<br />

che appiattirebbe <strong>un</strong> vino bianco.<br />

L’ingrediente: l’alborella<br />

Nel De arte cocquinaria, Maestro Martino da<br />

Como già consigliava di conservare i pesci lacustri,<br />

dotati di carne “gentile e corruttibile” in <strong>un</strong>a<br />

“salamoja di aqua et aceto”. Ma il vero segreto<br />

del carpione lariano è <strong>un</strong>’erba aromatica (del<br />

tipo timo selvatico) nota con il nome di segrigiöla<br />

(da ségra, segale): cresce spontanea nelle<br />

zone rocciose del centro Lago. Il pesce più usato<br />

nel carpione è l’alborella (Alburnus albidus),<br />

così denominata per il ventre di colore argenteo<br />

(la parte superiore del dorso ha sfumature<br />

verdognole). E’ <strong>un</strong> pesce dei Ciprinidi, che raramente<br />

supere i 10-12 cm di l<strong>un</strong>ghezza. I<br />

branchi, molto numerosi e guidati da <strong>un</strong> caponuotatore<br />

frequentano di preferenza gli specchi<br />

d’acqua non corrente dei laghi alpini e prealpini.<br />

<strong>Per</strong> le carni poco pregiate l’alborella è sempre<br />

stata considerata pesce non adatto alla tavola<br />

dei ricchi, e invece adatto a usi non alimentari.<br />

Le alborelle vengono infatti allevate industrialmente<br />

per raccogliere le squame ricche di guanina<br />

che, trattate chimicamente, attraverso lavaggi,<br />

sgrassaggi e processi di concentrazione,<br />

forniscono <strong>un</strong> latte denso e argenteo, messo in<br />

commercio col nome di essenza d’Oriente, utilizzato<br />

per la produzione di profumi e per la<br />

fabbricazione delle perle artificiali. Oltre che in<br />

frittura, la <strong>cucina</strong> regionale utilizza le alborelle<br />

per il carpione, per <strong>un</strong>a preparazione al pomodoro<br />

da accompagnare alla polenta e, in compagnia<br />

di altri pesci (agoni e lavarelli) per grigliate<br />

di lago, cui non manca mai il profumo del<br />

timo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


PESCE IN CARPIONE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

291 11,6 11,2 22,5 479 35 2,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


RÜSÜMADA<br />

La rüsümada (o rosümada) è <strong>un</strong>a antica bevanda / merenda, tonica ed energetica. E’ diffusa<br />

in tutta la Lombardia settentrionale, con piccole varianti di preparazione e di dizione dialettale.<br />

La radice dialettale del nome rimanda al tuorlo (rosso) dell’uovo: rüss d’oof o rüsümm. La<br />

sua formulazione è molto simile a quella dello zabaione di vino (sapajean o sabajessa). La<br />

rüsümada, che si prepara velocemente ma non si consuma quasi più, veniva giustamente<br />

considerata <strong>un</strong> ricostituente e <strong>un</strong> protettivo dai malanni da raffreddamento ("<strong>un</strong> ricostituent:<br />

pinul de cusina-of-e decott de cantina-vin").<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Merende<br />

Stagionalità: Estate<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 5 minuti<br />

Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />

Utensili:<br />

Terrina o sco<strong>della</strong>, frullino o frusta (in sostituzione<br />

<strong>della</strong> tradizionale machineta de la rusumada<br />

o di speciali bicchieri con coperchio dotato<br />

di frullino incorporato per rinnovare la schiuma<br />

durante il consumo)<br />

Ingredienti:<br />

UOVA (n.4, 240 g), ZUCCHERO (4 cucchiai),<br />

VINO ROSSO (4 bicchieri)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a terrina i tuorli con lo zucchero<br />

e sbatterli fino a schiaritura<br />

• Montare gli albumi a neve, incorporando delicatamente<br />

i tuorli e cercando di mantenere<br />

<strong>un</strong>a struttura soffice<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il vino, incorporandolo lentamente<br />

e sempre continuando a rimestare il<br />

composto<br />

• Servire subito<br />

Note: la freschezza delle uova<br />

Le uova utilizzate per la rüsümada devono essere<br />

freschissime sia per avere <strong>un</strong>a sicurezza<br />

igienica sia perché la loro proprietà schiumogena<br />

è massima, in quanto le proteine costitutive<br />

hanno <strong>un</strong>a più elevata capacità di strutturazione.<br />

Un tempo, questa tipica preparazione contadina<br />

era consumata proprio con l’uovo appena<br />

deposto. Oggi le uova sono commercializzate<br />

con buone garanzie di freschezza, venendo<br />

messe sul mercato il giorno stesso <strong>della</strong> deposizione:<br />

la data di confezionamento (e in alc<strong>un</strong>i<br />

casi quella di deposizione) è, per legge, stampigliata<br />

sulla confezione. <strong>Per</strong> le uova acquistate<br />

sfuse e di produzione non industriale (sovente<br />

migliori per aroma e sapore, mentre il colore del<br />

tuorlo non è <strong>un</strong> indice di qualità) è buona norma<br />

assicurarsi <strong>della</strong> freschezza con <strong>un</strong>a semplice<br />

prova di galleggiamento in <strong>un</strong>a soluzione ottenuta<br />

sciogliendo 120 g di sale in <strong>un</strong> litro di acqua:<br />

se l’uovo è fresco si dispone ben fermo sul<br />

fondo o a mezz’acqua; se ha <strong>un</strong>’età di oltre 6<br />

giorni si dispone con l’estremità più larga verso<br />

l’alto; se l’uovo è vecchio galleggia.<br />

Varianti:<br />

Il vino rosso può essere sostituito con acqua o<br />

latte, entrambi freddi, ottenendo <strong>un</strong>a bevanda<br />

rinfrescante. Sostituendo al vino rosso il marsala<br />

e cuocendo a bagnomaria (o com<strong>un</strong>que a<br />

fuoco bassissimo) si ottiene, prima<br />

dell’ebollizione, il classico zabaione. Nel piatto<br />

possono essere aggi<strong>un</strong>ti pezzetti di pan di mistura<br />

o di gallette frantumate, che creano <strong>un</strong>a<br />

curiosa opposizione croccante- morbido.<br />

Abbinamenti:<br />

La rüsümada, come merenda, si accompagna<br />

elegantemente con pasticceria secca o di pastafrolla,<br />

com<strong>un</strong>que con biscotti. Il colore rosato è<br />

estremamente attraente ed elegante.<br />

Un vino aromatico o il liquoroso di S.Martino<br />

<strong>della</strong> Battaglia può completare le caratteristiche<br />

di meditazione cui invita <strong>un</strong>a merenda a base di<br />

rusumada.<br />

L’ingrediente: l’uovo<br />

L’uovo è <strong>un</strong> alimento proteico ad alta densità<br />

nutritiva, soprattutto nella sua frazione proteica.<br />

Questa è infatti particolarmente completa,<br />

sia per quantità sia per qualità ovvero per il ra pporto<br />

fra gli aminoacidi essenziali, tanto che la<br />

proteina dell’uovo è utilizzata come riferimento<br />

per il valore biologico delle proteine di altri alimenti<br />

o miscele. Il tuorlo è particolarmente ricco<br />

in grassi, con buona rappresentatività degli<br />

acidi grassi insaturi e dei composti essenziali.<br />

Sempre nel tuorlo è localizzata la vitamina A,<br />

parecchie vitamine del gruppo B, la vitamina D<br />

e la niacina (o vitamina PP), molti sali minerali<br />

(calcio, ferro e fosforo), ma anche il colesterolo.<br />

Quest’ultimo componente ha indotto <strong>un</strong>a ingiustificata<br />

criminalizzazione dell’uovo: in realtà, il<br />

colesterolo è <strong>un</strong> fattore importante durante la<br />

crescita e com<strong>un</strong>que il suo assorbimento (e la<br />

sua rideposizione nelle arterie) è condizionato<br />

dal tipo di grassi presenti nella razione. Se<br />

l’uovo è consumato tal quale, come nella rüsümada,<br />

la presenza di acidi grassi insaturi limita<br />

la rideposizione del colesterolo, mentre se consumato<br />

con burro questo fenomeno viene enfatizzato.<br />

L’albume è composto da proteine che a<br />

crudo non sono digerite, mentre il tuorlo è particolarmente<br />

digeribile app<strong>un</strong>to a crudo. Nella rüsümada,<br />

l’apporto di tannini esercitato dal vino<br />

rosso esalta le proprietà antibatteriche e antivirali,<br />

già proprie dell’uovo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


RÜSÜMADA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

200 6,5 4,5 10,5 77 194 0,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


CUTIZZA<br />

Si tratta di <strong>un</strong>a merenda (ma può essere considerata anche <strong>un</strong> dolce) del tipo delle focacce,<br />

diffusa in tutto il territorio comasco. La ricetta presentata è nobilitata dalla presenza di <strong>un</strong> po'<br />

di zucchero e uova, mentre esistono altre varianti più povere (il paradell o laciada, la brusada).<br />

Sempre imparentati con la cutizza sono i cutizzit o turtej, preparati friggendo la pastella<br />

in pezzature più minute.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Dolci, Merende<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 15 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

ciotola, pa<strong>della</strong>, frusta<br />

Ingredienti:<br />

FARINA BIANCA (200 g), LATTE INTERO (180<br />

g), OLIO PER FRIGGERE (q.b.), UOVA (n.3, 180<br />

g), SCORZA DI LIMONE (q.b.), ZUCCHERO<br />

VANIGLIATO (q.b.), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Rompere le uova in <strong>un</strong>a ciotola<br />

• Sbatterle <strong>un</strong>endo la farina, <strong>un</strong> pizzico di sale,<br />

la scorza di limone grattugiata e, successivamente,<br />

il latte<br />

• Lavorare l’impasto fino ad ottenere <strong>un</strong>a pastella<br />

ben omogenea e fluida<br />

• Scaldare l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong><br />

• Versare la pastella fluida<br />

• Cuocere da <strong>un</strong> lato, quindi rivoltare e completare<br />

la frittura<br />

• Cospargere con lo zucchero e servire ben<br />

calda<br />

Note: cutizza, laciada e paradell<br />

Il consumo di farina bianca era <strong>un</strong> tempo piuttosto<br />

inusuale almeno per le classi meno abbienti:<br />

tanto i dolci, quanto il pane erano preparati<br />

con miscele di cereali più poveri, sopratutto<br />

granoturco. La poca farina bianca disponibile<br />

veniva spesso utilizzata al meglio in preparazioni<br />

tipo la cutizza.<br />

In verità la cutizza deriva, come già detto, da<br />

preparazioni più povere come il paradell (in cui<br />

l’impasto è solo di farina ed acqua) o la laciada<br />

(impasto di farina e latte). Un tempo la frittura<br />

era effettuata con <strong>un</strong> poco di olio in <strong>un</strong>’apposita<br />

pa<strong>della</strong> di rame stagnata, larga e alta, che veniva<br />

sospesa alla catena del camino. La pastella<br />

era poi aggi<strong>un</strong>ta a freddo, si attizzava il fuoco e<br />

il paradell (o la laciada, o la cutizza) diventava<br />

croccante in pochi minuti: lo si poteva allora rivoltare<br />

per completarne la cottura.<br />

La focaccia risultante (dal diametro di 30-40<br />

cm) era allora disposta in mezzo alla tavola e<br />

tutti i commensali se ne servivano direttamente.<br />

Varianti:<br />

La pastella può essere arricchita con altri ingredienti<br />

quali fettine di mela. In alc<strong>un</strong>e zone <strong>della</strong><br />

Brianza è segnalata <strong>un</strong>a preparazione similare<br />

(panigada, laciadett de panigada) in cui l’ingrediente<br />

nobilitante è costituito dai fiori di sambuco<br />

secchi sbriciolati.<br />

Abbinamenti:<br />

La cutizza è <strong>un</strong>a merenda da consumare da sola<br />

o tutt’al più come dolce (interessante perchè<br />

poco zuccherato) dopo <strong>un</strong>a cena sobria.<br />

Il vino di accompagnamento può essere <strong>un</strong><br />

bianco dolce, come il Moscato dell’Oltrepò a fine<br />

pasto; <strong>un</strong> rosso spumoso dalla verve amabile,<br />

come il Sangue di Giuda, a merenda.<br />

L’ingrediente: lo zucchero<br />

Considerato oggi <strong>un</strong> ingrediente base, soprattutto<br />

nel settore dolciario e in pasticceria,<br />

l’impiego dello zucchero (saccarosio) è piuttosto<br />

recente. Già noto ai Greci e ai Romani (che lo<br />

importavano dall’Oriente e che gli assegnavano<br />

<strong>un</strong> uso terapeutico), comparve sulle tavole dei<br />

nobili nel Medioevo e del Rinascimento. Con la<br />

scoperta delle Americhe (ove la canna da zucchero<br />

fu subito oggetto di coltivazione intensiva),<br />

il suo consumo si diffuse presso il ceto borghese<br />

ed entrò nella <strong>cucina</strong>, sostituendo come<br />

dolcificante il miele, la frutta cotta o secca. In<br />

periodo napoleonico, in conseguenza del blocco<br />

continentale, la sua carenza spinse allo sviluppo<br />

<strong>della</strong> coltura sostitutiva <strong>della</strong> barbabietola da<br />

zucchero, che fu poi privilegiata anche con<br />

regolamenti protettivi.<br />

Nella <strong>cucina</strong> popolare lo zucchero ha <strong>un</strong>a posizione<br />

defilata: il suo impiego è sovente ridotto a<br />

quello <strong>della</strong> ricopertura finale o <strong>della</strong> spolverizzazione.<br />

I consumi diretti o indiretti di saccarosio (in<br />

quanto ingrediente di molte preparazioni industriali)<br />

sono oggi ampiamente scoraggiati in tutti<br />

i Paesi industrializzati, giacchè il suo apporto<br />

calorico è scevro da qualsiasi altro contributo<br />

nutrizionale.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


CUTIZZA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

352 11,9 15,4 44,3 468 150 1,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


MIASCIA<br />

Questo dolce-pasto povero, detto anche Meascia o turta di paisan, deriva probabilmente da<br />

<strong>un</strong> antico nucleo di ricette, del tipo del migliaccio già descritto da Maestro Martino da Como,<br />

preparato fra l’altro con “<strong>un</strong>a libbra di cacio del più fresco che possi havere” e con<br />

<strong>un</strong>’aspersione finale di “bono zucchero et di acqua rosata” e cotto nello stesso forno dove si<br />

faceva il pane.<br />

La ricetta proposta utilizza come ingrediente base il pane raffermo, ma ne esistono numerose<br />

varianti locali basate su <strong>un</strong> impasto di farina bianca e farina gialla.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

Tagliere, zuppiera, tortiera<br />

Ingredienti:<br />

PANE RAFFERMO (500 g), LATTE INTERO (1/2<br />

litro), UOVA (n.2), AMARETTI (n.3), MELA (n.1),<br />

PERA (n.1), PINOLI (20 g), UVETTE (50 g),<br />

LIQUORE AMARETTO (1 bicchiere), BURRO (30<br />

g), FARINA BIANCA (1 cucchiaio), CIOCCOLATO<br />

AMARO (50 g, in scaglie), ZUCCHERO (75 g).<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare il pane a fettine e ammollarlo col<br />

latte in <strong>un</strong>a zuppiera per circa 2 ore<br />

• Stemperare il pane ammollato con <strong>un</strong> cucchiaio<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere le uova, le uvette precedentemente<br />

ammollate in aqua tipieda, i pinoli, la<br />

mela e la pera tagliate a fettine, lo zucchero,<br />

gli amaretti sbriciolati e il liquore<br />

• Lavorare l’impasto con il cucchiaio e versare<br />

in <strong>un</strong>a tortiera imburrata e infarinata<br />

• Spolverare l’impasto con lo zucchero e il<br />

cioccolato in scaglie e guarnire con il burro a<br />

fiocchi<br />

• Cuocere in forno a 200°C per 15 minuti,<br />

quindi a 150°C per altri 15 minuti<br />

• Sfornare e servire tiepida o a temperatura<br />

ambiente<br />

Note: i dolci poveri<br />

I dolci poveri, come la miascia, sono sovente<br />

preparati con frutta secca o fresca, per ottenere<br />

<strong>un</strong>a base zuccherina naturale: <strong>un</strong> tempo infatti<br />

lo zucchero era molto raro e lo si trovava solo<br />

sulla mensa dei ceti più abbienti. Ne risultano<br />

razioni estremamente energizzanti, ma anche<br />

piuttosto complete sul piano nutrizionale: la<br />

frutta apporta sali minerali e vitamine e nobilita<br />

le “calorie vuote” dello zucchero. In passato, il<br />

dolce non era come oggi consumato a fine pasto,<br />

ma in alc<strong>un</strong>i casi in sostituzione del pasto,<br />

piuttosto che come merenda, e com<strong>un</strong>que in<br />

occasioni particolari: feste, ricorrenze, doveri di<br />

ospitalità.<br />

Varianti:<br />

La sostituzione del pane raffermo con <strong>un</strong> impasto<br />

di farina bianca e gialla è ampiamente utilizzata<br />

in alc<strong>un</strong>e località del comasco e riportata<br />

nei ricettari brianzoli. Ma la composizione<br />

dell’impasto può variare notevolmente in base<br />

agli ingredienti disponibili.<br />

Abbinamenti:<br />

La miascia può essere consumata fuori pasto o<br />

come dessert (in tal caso è consigliabile non abbondare<br />

nelle porzioni).<br />

Un vino rosso amabile o liquoroso è consigliato<br />

come accompagnamento.<br />

L’ingrediente: il pane raffermo<br />

"Pan poss, vin brusch e legna verda fan l’ec<strong>un</strong>umia<br />

d’<strong>un</strong>a ca": così recita <strong>un</strong> detto popolare<br />

lecchese a testimoniare il valore di sussistenza<br />

legato all’impiego completo delle povere risorse.<br />

Che il giudizio sul pane raffermo fosse com<strong>un</strong>que<br />

negativo si desume dall’uso<br />

dell’espressione "l’è <strong>un</strong> pan poss", riferita ad<br />

<strong>un</strong>a persona insulsa o di poco valore. Il pane<br />

raffermo (poss) era <strong>un</strong> tempo piuttosto utilizzato<br />

in <strong>cucina</strong>, sopratutto nelle zuppe (dal pumia<br />

o pan muja, al pancotto o panada). Non va<br />

d’altronde dimenticato che il pane era <strong>un</strong>a volta<br />

molto diverso da quello di oggi: era preparato<br />

con miscele di farine diverse (farina di mais:<br />

pangiallo; farina di miglio: pan de mej; farina di<br />

segale, ecc.), cotto in grandi pezzature nei forni<br />

com<strong>un</strong>itari e consumato in <strong>un</strong>a-due settimane,<br />

conservandolo in <strong>un</strong> armadio apposito (la panadura).<br />

Quant<strong>un</strong>que il pane raffermo fosse più<br />

duro e <strong>un</strong> po’ inacidito, non bisogna dimenticare<br />

che la sua digeribilità rimaneva piuttosto elevata,<br />

sovente superiore a quella del pane fresco.<br />

Il raffermimento, infatti, comporta <strong>un</strong>a serie di<br />

trasformazioni fisico-chimiche che inducono <strong>un</strong>a<br />

parziale retrogradazione dell’amido, cioè la formazione<br />

di <strong>un</strong> reticolo cristallino organizzato,<br />

aggredito più lentamente dai succhi gastrici che<br />

così regolano l’assorbimento dell’amido e la sua<br />

digestione a glucosio.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


MIASCIA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

631 15,0 14,6 106,4 406 86 2,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Como e il Lario


Lecco e la Brianza<br />

Distaccato amministrativamente solo da pochi anni da quello comasco,<br />

il territorio <strong>della</strong> provincia di Lecco occupa, oltre al capoluogo,<br />

la sponda orientale del Lario con le valli prealpine ad essa<br />

limitrofe, circa la metà del triangolo lariano e buona parte <strong>della</strong><br />

Brianza, compresa tra il corso del Lambro e quello dell’Adda. Un<br />

vasto comprensorio attorno alle vie di com<strong>un</strong>icazione, sulle direttrici<br />

Nord-Sud, dalla Valtellina per Milano, ed Est-Ovest, da Bergamo<br />

per Como. Proprio da questa posizione, il Lecchese e la Brianza (<strong>un</strong><br />

tempo Martesana) hanno ricavato storicamente la loro denotazione<br />

di territorio di mezzo, che più di ogni altro riassume, in f<strong>un</strong>zione di<br />

baricentro, le tradizioni alimentari regionali.<br />

L’orografia del territorio rimandava <strong>un</strong> tempo (prima <strong>della</strong> industrializzazione<br />

diffusa) alla successione di collina e pianura, di bosco,<br />

brughiera e fondi intensamente coltivati, di orti e canali irrigui,<br />

a testimonianza di <strong>un</strong>a vocazione agricola “obbligata” dalla vicinanza<br />

<strong>della</strong> grande città, <strong>della</strong> quale la Brianza è sempre stata nutrice.<br />

Storicamente, questa posizione e questa f<strong>un</strong>zione hanno esaltato<br />

anche in termini culturali il ruolo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> brianzola: tracce vi<br />

hanno lasciato tutti i “passanti” che dal nord scendevano verso la<br />

città o che transitavano l<strong>un</strong>go la direttrice est-ovest, ma anche i<br />

milanesi che attraverso questo territorio esercitavano i loro commerci,<br />

piuttosto di avervi residenza secondaria o proprietà. Se la risorsa<br />

agricola più compatibile con questa geografia e con queste<br />

f<strong>un</strong>zioni è stata quella dei cereali secondari (prima segale, miglio<br />

ed orzo, poi dal 1600 il granoturco, o meglio, il “carl<strong>un</strong>”), la superficie<br />

boschiva (oggi ridotta ai minimi termini) ha sempre favorito le<br />

attività di caccia (volatili, selvaggina) e di raccolta (castagne, noci,<br />

lumache, gamberi di fiume), mentre l’umanizzazione del territorio e<br />

la struttura sociale (le case padronali, circondate da quelle dei<br />

massari e dei villani, le corti) ha presto promosso maiali e galline a<br />

veri animali di culto, tanto del micropaesaggio come <strong>della</strong> <strong>cucina</strong>.<br />

La medesima conformazione rurale ha favorito l’utilizzazione intensiva<br />

orticola e qualche specializzazione negli alberi da frutto (con la<br />

presenza finanche del gelso, diffuso dal 1500 per sostenere la bachicoltura),<br />

mentre l’allevamento (a differenza che altrove) è sempre<br />

stato prevalentemente indirizzato alla filiera <strong>della</strong> carne: ma di<br />

questa specializzazione, poco rimaneva sulla tavola brianzola, giacchè<br />

uova, frutti, ortaggi e carni prendevano preferibilmente la strada<br />

verso Milano.<br />

Cucina di miscelazione, quella brianzola, d<strong>un</strong>que di utilizzazione<br />

omnicomprensiva delle risorse residue: miscele di cereali per ottenere<br />

pani appena accettabili, miscele di ortaggi e legumi (o ancora<br />

di cereali secondari) per zuppe nobilitate da <strong>un</strong>a pestata di lardo,<br />

miscele di frattaglie per confezionare salsicce. L’alternativa al lardo,<br />

come condimento, era <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong> olio di linosa o di ravizzone,<br />

di cui oggi si sono perse le tracce. Poi, <strong>cucina</strong> energizzante necessaria<br />

a sostenere il lavoro agricolo, ove anche il vino (il “nostranello”,<br />

oggi pressochè dimenticato) compariva come ingrediente. E<br />

ancora, <strong>cucina</strong> di scambio: le massaie brianzole, andando a servizio<br />

nella ricca Milano, vi portavano sapere e pratica <strong>cucina</strong>ria, mentre<br />

le famiglie più abbienti (che in Brianza avevano possedimenti)<br />

arrecavano l’ influenza di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> più ricercata.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


RISO E LUGANEGA<br />

“Lucanica, a lucanis populi a quibus romani milites primum didicer<strong>un</strong>t”: così Varrone indica<br />

l’origine del nome di questa salsiccia di suino, diffusa (probabilmente dai soldati romani) con<br />

diverse etimologie nel Nord Italia (luganica, luganeca, luganga) sebbene originaria <strong>della</strong> Basilicata.<br />

La sua associazione con il riso realizza <strong>un</strong> piatto povero, com<strong>un</strong>que gustoso e completo.<br />

Nell’area brianzola il consumo di luganega era <strong>un</strong> tempo oltremodo diffuso, per la presenza<br />

del maiale grasso in quasi ogni famiglia: molto famosa era quella di Monza (già citata<br />

nel 1500), più magra e ricca. Il salumiere che a Milano si chiamava cervellée (per il prevalente<br />

smercio di cervella e altre frattaglie povere) era in Brianza il luganeghée, mentre le salamelle<br />

diventavano luganeghitt, il cotechino luganeghin de codega ed il cotechino con aglio<br />

luganeghin d’aj.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

RISO per RISOTTI (400 g), LUGANEGA (100 g),<br />

BURRO (50 g), CIPOLLA (n.1), GRANA<br />

GRATTUGIATO (30 g), VINO BIANCO SECCO (1<br />

bicchiere), SALE e BRODO (q.b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Togliere la luganega dal budello e farla soffriggere<br />

con <strong>un</strong> battuto di cipolla e burro<br />

• A dissoluzione delle parti grasse, aggi<strong>un</strong>gere<br />

il riso e bagnare con il vino bianco<br />

• Lasciare evaporare ed aggi<strong>un</strong>gere il brodo<br />

gradualmente, rimestando e continuando la<br />

cottura per 15 minuti<br />

• Servire cospargendo con il grana grattugiato<br />

Note: la cottura delle salsicce<br />

Se la salsiccia viene cotta nel suo budello (lessata,<br />

arrostita, saltata alla griglia o preparata al<br />

forno), è necessario bucherellarne la superficie<br />

con <strong>un</strong> ago, <strong>un</strong>o spillo o <strong>un</strong>o stecchino acuminato,<br />

ma non con la forchetta, che faciliterebbe<br />

la lacerazione <strong>della</strong> carne. I buchi vanno<br />

fatti a 2-3 cm di distanza per favorire l’uscita<br />

del grasso, la trasmissione del calore e impedire<br />

che il budello si rompa a causa <strong>della</strong> formazione<br />

di vapore nella carne sottostante. A meno che<br />

non debba essere cotta alla griglia, è bene stufare<br />

la salsiccia con qualche cucchiaio di brodo,<br />

vino o acqua, sempre per favorire l’estrazione<br />

del grasso: il fondo di stufatura rappresenta la<br />

base ideale di cottura e può essere recuperato<br />

per condire pasta o riso.<br />

Varianti:<br />

Il risotto con la luganega si ottiene anche preparando<br />

<strong>un</strong> classico risotto allo zafferano a cui,<br />

a fine cottura, si aggi<strong>un</strong>gono pezzetti di luganega<br />

cotta a parte nel burro con brodo e vino<br />

bianco. La luganega si può utilizzare anche in<br />

<strong>un</strong>a minestra rara di riso e farina: si aggi<strong>un</strong>ge<br />

già arrostita nel burro e si accompagna con formaggio<br />

grattugiato.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico: eventualmente accompagnare<br />

con carote lessate o arrostite (magari<br />

anch’esse con pezzettini di salsiccia). Abbinare<br />

con <strong>un</strong>o Chardonnay secco, dal gusto armonico<br />

e persistente.<br />

L’ingrediente: la salsiccia<br />

La salsiccia è il più antico e conosciuto degli insaccati<br />

di carne di maiale, preparata in centinaia<br />

di varianti per quanto riguarda tagli e carni<br />

impiegate, la "grana" <strong>della</strong> macinazione,<br />

l’aggi<strong>un</strong>ta di altri ingredienti e di spezie.<br />

Nell’Italia del nord, la salsiccia si aromatizza con<br />

pepe, cannella, aglio e vino bianco e si consuma<br />

prevalentemente fresca. Nell’Italia Meridionale,<br />

invece, si aromatizza con semi di finocchio, aglio,<br />

peperoncino, nonché con pomodori secchi<br />

e caciocavallo; le salsicce sono spesso stagionate<br />

e secche.<br />

La luganega si prepara con parti grasse e magre<br />

di solo suino preferibilmente ricavate dalla<br />

spalla, si presenta in forma di corda l<strong>un</strong>ga e<br />

stretta. Va conservata in luogo asciutto e fresco<br />

e consumata entro 2-3 giorni: viene aromatizzata<br />

con sale, pepe, brodo, vino bianco (in quella<br />

di Monza, più magra, è utilizzato anche il grana<br />

grattugiato) e insaccata in <strong>un</strong> budello ricavato<br />

dall’intestino tenue dello stesso maiale o,<br />

meglio, di agnello.<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale, le salsicce sono<br />

piuttosto grasse e appartengono alla categoria<br />

delle carni che favoriscono la deposizione del<br />

colesterolo nelle arterie.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


RISO E LUGANEGA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

560 13,6 19,7 81,7 807 39 1,1


URGIADA o ORIADA<br />

Questo nome identifica <strong>un</strong>a classica minestra d’orzo, di consumo prevalentemente invernale<br />

e di diffusione ubiquitaria nelle zone montane <strong>della</strong> Lombardia, oltre che nella fascia collinare<br />

e prealpina. L’orzo è infatti <strong>un</strong> cereale molto resistente ai climi freddi. La scarsa adattabilità<br />

di questo cereale alla panificazione ne ha ridotto l’uso alimentare, diretto alle sole zuppe o<br />

minestre. Nell’antica Roma, il termine “hordearius” era attribuito a persone pompose e gonfie<br />

e ad oratori logorroici.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />

Utensili:<br />

pentola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

ORZO PERLATO (200 g), LATTE INTERO (1,5 L),<br />

LARDO o PANCETTA (100 g), PORRI (n. 2, 80<br />

g), CIPOLLA (n. 1, 60 g), FAGIOLI BORLOTTI<br />

SECCHI (200 g), PATATE (250 g), ACQUA (1 L)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare l’orzo in acqua corrente e metterlo a<br />

bagno per 12 ore circa<br />

• Preparare <strong>un</strong> battuto con cipolla, lardo, porri<br />

• Rosolare delicatamente il battuto nella pentola<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere l’orzo, coprire con acqua e all<strong>un</strong>gare<br />

pian piano con il latte riscaldato a parte<br />

• Dopo 15-20 minuti di cottura, aggi<strong>un</strong>gere i<br />

fagioli secchi (ammollati in acqua) e le patate<br />

tagliate a cubetti<br />

• Cuocere 1 ora, rimestando<br />

Note: urgiada, furmentada e minestre povere<br />

Alla minestra d’orzo perlato si può accom<strong>un</strong>are<br />

la furmentada, ottenta dal frumento pilato. Anche<br />

in questo caso la cottura doveva essere lenta<br />

e <strong>un</strong> tempo era effettuata sul camino: in<br />

questo modo la cariosside si ammorbidiva, si legava<br />

con le altre verdure, ottenendo <strong>un</strong>a specie<br />

di puls (polenta) dove si ammollava il pane secco.<br />

L’ingrediente prezioso in queste formulazioni<br />

era la pestada del lard, che insaporiva <strong>un</strong> piatto<br />

altrimenti rozzo.<br />

La minestra avanzata veniva riscaldata al mattino<br />

e consumata come colazione.<br />

Orzo o frumento erano com<strong>un</strong>que ingredienti già<br />

preziosi in Brianza: in forma di minestra si utilizzavano<br />

le ortiche, le foglie di primula, la malva,<br />

i cornagett (fagiolini), i luertis (luppolo sel-<br />

vatico), la zucca, oltre ovviamente ai fagioli e al<br />

riso.<br />

Varianti:<br />

Invece dei fagioli secchi si possono impiegare<br />

fagioli freschi. Oltre alle patate si possono aggi<strong>un</strong>gere<br />

carote, sedano, cavolo verza. Se disponibile,<br />

<strong>un</strong> piedino di maiale rende la preparazione<br />

più appetitosa.<br />

Abbinamenti:<br />

Con le cotenne o il piedino è <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico sostanzioso.<br />

L'accompagnamento ideale è con vini<br />

bianchi secchi e sapidi, come il Pinot nero dell'Oltrepò<br />

o il Franciacorta bianco.<br />

L’ingrediente: l’orzo<br />

Si tratta, insieme al frumento, di <strong>un</strong>o dei cereali<br />

più antichi: sono state ritrovate focacce miste di<br />

orzo e frumento risalenti all’età <strong>della</strong> pietra e<br />

granelli sicuramente precedenti al 6000 a.C. La<br />

sua resistenza climatica ne ha fatto <strong>un</strong>o dei cereali<br />

anticamente più diffusi (dalle zone artiche<br />

alle pianure tropicali), ma essendo poco adatto<br />

alla panificazione, fu presto ritenuto rozzo e poco<br />

digeribile e scivolò nella considerazione gastronomica,<br />

essendone riservato il consumo alle<br />

classi meno abbienti. Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale<br />

è <strong>un</strong> cereale piuttosto energetico (50<br />

kcal/100 g più del frumento). Nei Paesi europei,<br />

l’uso alimentare prevalente è ormai solo quello<br />

dei germogli e <strong>della</strong> loro macerazione, per produrre<br />

il malto, ingrediente fondamentale per la<br />

produzione di birra e whisky. Sempre con orzo<br />

germogliato, in miscela con mandorle, si preparano<br />

sciroppi rinfrescanti, denominati orzate. Un<br />

altro impiego secondario è quello <strong>della</strong> produzione<br />

di surrogati di caffè, attraverso la lavorazione<br />

di <strong>un</strong> tipo chiamato mondo. L’orzo perlato,<br />

il solo tipo ancora usato per zuppe e minestre, è<br />

costituito da granelli bianchi e tondeggianti: in<br />

Italia la sua diffusione gastronomica riguarda<br />

prevalentemente la <strong>cucina</strong> friulana e quella altoatesina.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


URGIADA o ORIADA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

542 19,5 27,0 58,9 131 43 9,3


ÖF IN CEREGHIN<br />

E’ la preparazione dell'uovo più com<strong>un</strong>e e semplice, l’equivalente dell’uovo al tegame o uovo<br />

fritto, ottenuto con il burro come condimento. Il nome deriva dall’aspetto, simile alla cotta<br />

(cerega) degli ecclesiastici. La formulazione con questo nome è diffusa in tutta la Lombardia,<br />

con parecchie varianti nel condimento (burro, lardo o olio) e nella consistenza dopo cottura<br />

di albume e tuorlo.<br />

Preparazione per 1 porzione<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 5 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

Tegamino<br />

Ingredienti:<br />

UOVA FRESCHE (n.2, 120 g), BURRO (25 g),<br />

SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Soffriggere il burro nel tegamino<br />

• A colore oro scuro ed aspetto spumeggiante,<br />

rompervi le uova facendo attenzione a che il<br />

tuorlo rimanga integro<br />

• Lasciare coagulare l’albume (circa 1-2 minuti),<br />

salare e servire<br />

Note: rompere le uova e puciare (ovvero intingere)<br />

La riuscita dell’ öf in cereghin dipende da molti<br />

fattori: qualità delle uova (che devono essere<br />

freschissime), scelta del tempo ideale di soffrittura<br />

del burro (che deve imbiondire e spumeggiare,<br />

ma non bruciare come si usa spesso nella<br />

tradizione <strong>lombarda</strong>), tempo di cottura (il tuorlo<br />

non deve coagulare). <strong>Per</strong>sino la salatura è importante:<br />

è opport<strong>un</strong>o dirigere il sale sul solo albume<br />

per evitare la formazione di macchie nel<br />

tuorlo. Ma il vero segreto e l’<strong>un</strong>ica vera difficoltà<br />

è di rompere le uova delicatamente e istantaneamente,<br />

evitando che il tuorlo perda di integrità<br />

o che residui di guscio restino inglobati nella<br />

formulazione.<br />

Il sistema migliore è quello di battere seccamente,<br />

con <strong>un</strong>a oscillazione del polso, l’uovo<br />

nella sua fascia mediana sull’orlo del tegame,<br />

aprirlo facendo leva con i pollici sui lati del taglio<br />

formatosi nel guscio. Occorre procedere con delicatezza<br />

per evitare che i bordi del guscio “feriscano”<br />

il tuorlo mentre cade nel tegame.<br />

A differenza dell’uovo sodo (che nella tradizione<br />

popolare ha ottenuto minore fort<strong>un</strong>a), l’uovo in<br />

cereghin ha sempre rappresentato <strong>un</strong>a ottima<br />

occasione per puciare, ovvero per intingere il<br />

pane (o la polenta) nell’albume non rappreso,<br />

per costruire <strong>un</strong>a razione più sostanziosa. Sempre<br />

per questa ragione, generalmente si abbondava<br />

con il condimento, che in alternativa al<br />

burro poteva essere lardo o olio. Il “puciare”<br />

aveva <strong>un</strong> tempo <strong>un</strong>a precisa ritualità: prevedeva<br />

che la pa<strong>della</strong> fosse posta al centro <strong>della</strong> tavola<br />

e che tutti i commensali, a turno, intingessero<br />

con parsimonia.<br />

Varianti:<br />

In Brianza si usa rivoltare l’albume sul tuorlo,<br />

ottenendo <strong>un</strong>a specie di uovo in camicia. Anche<br />

in questo caso il tuorlo deve rimanere integro.<br />

L’uso di far soffriggere il burro fino a dorarlo è<br />

alquanto discutibile agli occhi delle attuali conoscenze<br />

scientifiche poiché si danneggiano le<br />

caratteristiche sensoriali del burro e si induce la<br />

formazione di composti poco digeribili.<br />

Gualtiero Marchesi, riproponendo questa semplice<br />

ricetta, consiglia di far sciogliere (ma non<br />

sfrigolare) <strong>un</strong>a piccola quantità di burro in <strong>un</strong>a<br />

pa<strong>della</strong> di misura per l’uovo (o le uova), di aggi<strong>un</strong>gere<br />

l’uovo e di continuare la soffrittura a<br />

fuoco molto moderato, salando il solo albume a<br />

cottura ultimata.<br />

Dato che l'uovo ha <strong>un</strong> contenuto elevato di colesterolo,<br />

la sua associazione con burro<br />

(anch’esso ricco di colesterolo e di grassi saturi)<br />

è alquanto discutibile sul piano salutistico: la<br />

formulazione è indicata solo nell’infanzia, quando<br />

la tolleranza verso il colesterolo è superiore.<br />

Abbinamenti:<br />

La tradizionale combinazione era <strong>un</strong> tempo con<br />

la polenta, sebbene il pane sia la forma di accompagnamento<br />

preferibile per intingere. Una<br />

insalata fresca (di soncino o di varietà pasqualina)<br />

realizza <strong>un</strong> perfetto abbinamento.<br />

E' consigliato <strong>un</strong> vino rosso leggero e brioso (ad<br />

esempio Lambrusco o Sangue di Giuda).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


ÖF IN CEREGHIN<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

323 13,1 29,9 0,3 535 450 0,0


LUMACHE TRIFOLATE<br />

Preparazione diffusa in tutta la Lombardia, nell’area subalpina è proposta più frequentemente<br />

per l’abbondanza naturale (soprattutto in primavera e in aut<strong>un</strong>no) di questo mollusco gasteropode<br />

di terra. Insieme alle rane, ai gamberi e ad altri animali minori (gatto selvatico,<br />

ghiri, scoiattoli), che <strong>un</strong> tempo erano oggetto di caccia o di raccolta occasionale, le lumache<br />

sono oggi sovente oggetto di forte preferenza o forte avversione sul piano gastronomico.<br />

Ormai diffusamete allevate, nel nostro Paese sono proposte ov<strong>un</strong>que, sebbene ness<strong>un</strong>a preparazione<br />

abbia raggi<strong>un</strong>to la notorietà dei modelli gastromici francesi (lumache alla borgognona).<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Primavera, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti (+ spurgo)<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Lessatura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

LUMACHE INTERE (1 kg), BURRO (80 g), AGLIO<br />

(n.2 spicchi), PREZZEMOLO (n.3 pugni), VINO<br />

BIANCO SECCO (150 mL), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• (Spurgare le lumache ed eliminare i gusci)<br />

• Tagliare le lumache a pezzettini<br />

• Riscaldare in <strong>un</strong>a pentola 50 g di burro e farvi<br />

soffriggere 2 spicchi di aglio e 2 pugni di<br />

prezzemolo tritato<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere le lumache a fuoco più vivo, mescolare<br />

ed incorporare il vino<br />

• Cuocere per circa 40 minuti nella pentola incoperchiata.<br />

• Scoprire la pentola, lasciare addensare il fondo<br />

di cottura, aggi<strong>un</strong>gere 30 g di burro ed 1<br />

pugno di prezzemolo tritato<br />

• Servire con polenta fresca, fritta o arrostita<br />

Note: spurgare le lumache<br />

Esistono diverse tecniche per effettuare questa<br />

operazione, in f<strong>un</strong>zione anche del periodo di<br />

raccolta. Le lumache in letargo (usate nella <strong>cucina</strong><br />

francese) possono essere semplicemente<br />

lavate e lessate, in quanto sono più pulite. L’impiego<br />

delle lumache “corridore”, cioè catturate<br />

in primavera o aut<strong>un</strong>no, tipico nella nostra <strong>cucina</strong>,<br />

richiede <strong>un</strong> preventivo spurgo per eliminare<br />

residui di vegetali amari (e anche tossici per<br />

l’uomo) di cui i molluschi si nutrono. A tal fine le<br />

lumache vive vanno tenute a digi<strong>un</strong>o per 2 giorni<br />

in <strong>un</strong> cesto con foglie di lattuga e la mollica di<br />

due panini, o con foglie di timo.<br />

In Brianza questa operazione era effettuata anche<br />

con farina gialla e crusca.<br />

Dopo questo spurgo (e com<strong>un</strong>que se si usano<br />

anche i molluschi in letargo), occorre lavare le<br />

lumache almeno 3 volte, spazzolandone il guscio,<br />

e poi farle marinare per <strong>un</strong>’ora in <strong>un</strong>a catinella<br />

colma d’acqua con <strong>un</strong> pugno di sale grosso<br />

e <strong>un</strong> bicchiere d’aceto. Successivamente occorre<br />

lessare le lumache per 10 minuti, sempre in<br />

acqua salata e acidulata con aceto. I molluschi<br />

vanno poi asportati dai gusci tagliando longitudinalmente,<br />

con le forbici o con <strong>un</strong>o spillone, la<br />

pellicola che ricopre l’intestino. Le sostanze viscide<br />

che ricoprono il mollusco sono a questo<br />

p<strong>un</strong>to asportabili strofinandolo con farina gialla<br />

grossolana.<br />

Varianti:<br />

In Brianza le lumache sono servite anche in umido<br />

(con aromi quali cipolla e semi di finocchio<br />

ed ingredienti come l’acciuga schiacciata), fritte,<br />

“in conscia” (rosolate e poi “tirate” con brodo),<br />

o con noci e nocciole: in tutti i casi si cerca<br />

di abbondare con i condimenti per poter abbinare<br />

con la polenta.<br />

Abbinamenti:<br />

La polenta è accompagnamento obbligatorio,<br />

secondo l’uso lombardo. Un vino rosso giuovane<br />

e di gusto erbaceo (Merlot, Refosco o Cabernet)<br />

è particolarmente adatto.<br />

L’ingrediente: la lumaca<br />

La lumaca di terra o chiocciola di uso alimentare<br />

appartiene alla specie helix pomatia ed è <strong>un</strong><br />

mollusco dotato di carni tenere, ad alto contenuto<br />

proteico e vitaminico, povere in grassi. Diverse<br />

sono le specie ad utilizzazione alimentare:<br />

si va dalla più pregiata “lumaca di vigna” (quelle<br />

con guscio nocciola e di grandi dimensioni) alle<br />

specie indigene più piccole. Impiegate<br />

nell’alimentazione già nell’antica Roma, compaiono<br />

frequentemente sulle tavole del Medioevo.<br />

Oggi sono allevate e commercializzate<br />

anche già pulite, precotte e/o surgelate.<br />

Si consumano tradizionalmente in tutto il territorio<br />

<strong>della</strong> regione, preparandole con il burro,<br />

con il pomodoro ed anche con <strong>un</strong> intingolo in cui<br />

il carattere gustativo dominante è fornito dal vino<br />

come nel salmì.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


LUMACHE TRIFOLATE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

221 8,2 17,8 0,3 395 50 0,5


MANZO ALLA CALIFORNIA<br />

A dispetto del nome, questa ricetta appartiene alla grande tradizione degli stracotti lombardi:<br />

California è infatti <strong>un</strong>a località vicino a Monza e la ricetta gode di <strong>un</strong>a certa notorietà in tutti i<br />

testi di <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>. La combinazione del manzo con latte o panna (nelle versioni più<br />

moderne) ammorbidisce e “lega” la carne, tendenzialmente fibrosa, fornendo <strong>un</strong> piatto particolarmente<br />

appetibile. Un tempo la carne di manzo era <strong>un</strong>a presenza sporadica, limitata alle<br />

festività: la l<strong>un</strong>ga cottura esaltava l’estrazione dei succhi e favoriva la formazione di <strong>un</strong>a “pucia”<br />

in cui intingere pane o polenta.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 240 minuti<br />

Tecnica di cottura: Rosolatura, Brasatura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, pentola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

POLPA DI MANZO (1000 g), PANCETTA (30 g),<br />

BURRO (30 g), CIPOLLA (n.1), FARINA TIPO 00<br />

(1 cucchiaio), ACETO (1/2 bicchiere), LATTE<br />

INTERO (1/2 litro)<br />

Esecuzione:<br />

• (La sera precedente tagliare la pancetta a<br />

striscioline e lar<strong>della</strong>re il manzo)<br />

• Rosolare la cipolla affettata nel burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la carne infarinata<br />

• Addizionare l’aceto e far bollire fino a che<br />

non sia evaporato<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere 400 mL di latte, coprire e cuocere<br />

lentamente per 3 ore e mezzo<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il resto del latte<br />

• Far bollire per 10 minuti, togliere dal fuoco e<br />

separare il sugo<br />

• Affettare il manzo e cospargerlo col sugo separato<br />

Note: lar<strong>della</strong>re<br />

Con questa operazione, listelli di lardo, pancetta<br />

o prosciutto grasso (lardelli) vengono introdotti<br />

in volatili, pesci o tagli di carne in modo tale che<br />

durante la cottura il grasso contenutovi, fondendo,<br />

irrori il muscolo circostante ammorbidendolo.<br />

Nei pezzi di carne i lardelli vanno sempre<br />

introdotti l<strong>un</strong>go il filo <strong>della</strong> muscolatura. La<br />

lar<strong>della</strong>tura non va confusa con la picchiettatura<br />

(operazione analoga, ma che lascia i lardelli<br />

sporgere dal muscolo) o con la steccatura (introduzione<br />

di sole erbe aromatiche, quali il rosmarino).<br />

La lar<strong>della</strong>tura si esegue con <strong>un</strong> apposito<br />

attrezzo (lardatoio), o, in sua mancanza<br />

con <strong>un</strong>a lama app<strong>un</strong>tita ed affusolata.<br />

Varianti:<br />

La sostituzione del latte con la panna e il brodo<br />

è menzionata in tutti i ricettari milanesi. Il Dubini<br />

propone <strong>un</strong>a variante aromatizzata con<br />

chiodi di garofano e noce moscata. In alc<strong>un</strong>e<br />

versioni, viene consigliato di aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> po’<br />

di zafferano prima di addensare definitivamente<br />

il sugo. In altre, l’aceto viene aggi<strong>un</strong>to alla carne<br />

precedentemente lar<strong>della</strong>ta, in modo che diffonda<br />

omogeneamente nel muscolo.<br />

Abbinamenti:<br />

Questo piatto si abbina convenientemente con<br />

<strong>un</strong>a minestra leggera o con <strong>della</strong> polenta. Si<br />

può combinare anche con patate e prezzemolo<br />

o altre verdure lessate. Accompagnare con <strong>un</strong><br />

vino rosso robusto e asciutto: <strong>un</strong> Valtellina superiore<br />

oppure <strong>un</strong> Botticino bresciano, già sufficientemente<br />

affinati.<br />

L’ingrediente: latte vs. panna<br />

La sostituzione del latte con la panna in molte<br />

pratiche <strong>cucina</strong>rie correnti dipende dalla necessità<br />

di ridurre i tempi di elaborazione (evaporazione<br />

e concentrazione dei sughi) e dalla praticità<br />

<strong>della</strong> panna, dotata di caratteristiche leganti<br />

più facili da controllare: nel caso dell’impiego<br />

del latte, infatti, occorre prestare molta attenzione<br />

affinchè questo ingrediente evapori lentamente,<br />

pena la formazione di coaguli e incrostazioni.<br />

La panna inoltre, avendo <strong>un</strong> contenuto<br />

elevato di grassi, assicura <strong>un</strong>a particolare gustosità<br />

a questo come ad altri piatti, tant’è vero<br />

che tutta la <strong>cucina</strong> meno raffinata ne abbonda.<br />

E’ superfluo ricordare che dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale<br />

tutto depone a favore dell’uso di latte.<br />

Nella presente ricetta l’abbondanza dei condimenti<br />

(pancetta, burro) consiglierebbe di evitare<br />

la panna.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


MANZO ALLA CALIFORNIA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

301 40,2 13,1 6,0 165 126 0,1


AGNELLO ALLA VALSASSINESE<br />

Si tratta di <strong>un</strong>a delle formulazioni più antiche e più semplici per la cottura <strong>della</strong> carne degli<br />

ovini, diffusa con minime varianti in quasi tutta l’Italia, ma anche nella penisola Iberica, nei<br />

Balcani e nel vicino Oriente. Agnello all’aretina nella tradizione toscana, a scottadito in quella<br />

romana, alla brace in quella delle regioni del Meridione: cambia il nome, ma si tratta sempre<br />

dello stesso archetipo alimentare.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di marinatura 10 ore<br />

Tempo di esecuzione: 40 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura alla piastra<br />

Utensili:<br />

Tagliere, trinciante, sco<strong>della</strong>, pietra da camino<br />

(o barbecue)<br />

Ingredienti:<br />

AGNELLO ( 1,2 kg), OLIO DI OLIVA (20 g),<br />

AGLIO (2 spicchi), ROSMARINO (<strong>un</strong> rametto),<br />

TIMO (alc<strong>un</strong>i brindilli), SALE E PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare la carne a pezzetti e metterla a marinare<br />

in <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> con l’olio, il rosmarino<br />

tritato, il sale e il pepe.<br />

• Scaldare la pietra, quando sia ben calda disporvi<br />

sopra la carne, rigirandola spesso per<br />

circa 40 minuti, bagnandola quando si asciuga<br />

troppo con l’intingolo <strong>della</strong> marinata.<br />

• Servire caldissima.<br />

Note: cuocere alla pietra<br />

La pietra per cuocere sulla fiamma viva, è propriamente<br />

<strong>un</strong>a lastra di pietra ollare (composta<br />

di talco, clorite e mica), chiamata com<strong>un</strong>emente<br />

nel dialetto piöda (lastra, app<strong>un</strong>to, come quelle<br />

che si sfaldano sui fianchi delle montagne).<br />

L’uso <strong>della</strong> pietra era abbastanza com<strong>un</strong>e nelle<br />

valli e nelle case di montagna, prima <strong>della</strong> diffusione<br />

dei moderni barbecue e delle bistecchiere.<br />

Rispetto a questi attrezzi, la pietra garantisce,<br />

oltre alla facilità di pulitura e di conservazione,<br />

alc<strong>un</strong>i benefici di non poco conto. Evita il contatto<br />

diretto dei cibi con il fuoco (e quindi la carbonizzazione<br />

di parti più o meno estese degli stessi),<br />

e garantisce la distribuzione diffusa del calore,<br />

permettendo <strong>un</strong>a cottura omogenea. Non fa<br />

colare grassi sul fuoco, risparmiando così agli<br />

alimenti l’esposizione ai residui <strong>della</strong> combustione<br />

delle particelle lipidiche. Il discreto potere<br />

assorbente delle pietra, inoltre, fa sì che gli alimenti,<br />

soprattutto le carni, siano sempre in<br />

contatto con la quantità di grassi necessaria alla<br />

cottura.<br />

Varianti:<br />

Le stesse modalità di preparazione e di cottura<br />

si applicano anche alle carni di capretto. E’ diffusa<br />

la cottura con mix aromatici diversificati, in<br />

cui possono rientrare, oltre al rosmarino, la salvia,<br />

il timo, la maggiorana e il prezzemolo.<br />

Abbinamenti:<br />

La carne degli ovini dà a tal<strong>un</strong>i qualche problema<br />

di digeribilità; è perciò consigliabile servirla<br />

con insalatina di stagione all’interno di <strong>un</strong> pasto<br />

improntato alla leggerezza (<strong>un</strong> risottino senza<br />

eccessi lipidici e <strong>un</strong> dessert di frutta).<br />

L’abbinamento adatto sarà con vini caldi, asciutti,<br />

corposi, come <strong>un</strong> Valtellina Grumello non<br />

troppo invecchiato.<br />

L’ingrediente: agnello e capretto<br />

A partire dal X-XI secolo, l’allevamento bovino<br />

andò soppiantando, nelle zone padane, quello<br />

delle pecore e delle capre, tipico <strong>della</strong> cultura<br />

greco-latina sin dal primo millennio a. C..<br />

L’allevamento ovino e caprino rimase patrimonio<br />

dei territori alpini e prealpini, senza tuttavia assumere<br />

la consistenza necessaria a renderlo<br />

importante sotto il profilo economico. Più che<br />

per la carne, le pecore e soprattutto le capre<br />

erano allevate per il latte, destinato alla produzione<br />

di formaggi. A causa di questa eredità,<br />

risulta arduo tracciare <strong>un</strong>a descrizione esauriente<br />

dello stato dell’allevamento ovino e caprino<br />

oggi in Lombardia, proprio per il fatto che è praticato,<br />

spesso a livello familiare, con pochissimi<br />

capi, nelle zone più svantaggiate dell’area collinare<br />

e montana. Solo negli ultimi 10-15 anni,<br />

piccole aziende operanti nella fascia prealpina e<br />

nel Pavese hanno avviato forme di allevamento<br />

intensivo di caprini stanziali, con greggi di dimensioni<br />

medio-piccole (30-50 capi) impostate<br />

sulla gestione razionale di tutti i fattori di produzione.<br />

Nella gastronomia tradizionale, l’uso di<br />

carne di agnello o di capra non era com<strong>un</strong>e, ma<br />

limitato a eventi rituali, come la Pasqua. Nei ricettari<br />

del passato, com<strong>un</strong>que, a partire dalla<br />

ricetta per il castrato di Maestro Martino, identica<br />

a quella qui riproposta (se si eccettua la<br />

steccatura con cannella e chiodi di garofano), si<br />

dà maggior importanza alla pecora e al montone<br />

piuttosto che all’agnello e alla capra, dal momento<br />

che, nella cultura tradizionale era considerato<br />

<strong>un</strong>o sperpero la consumazione di <strong>un</strong> animale<br />

non ancora sufficientemente cresciuto.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


AGNELLO ALLA VALSASSINESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

536 62,6 31,6 0,7 655 210 0,2


MORE DI GELSO COTTE<br />

Il gelso è <strong>un</strong> albero tipico del paesaggio brianzolo, <strong>un</strong> tempo largamente diffuso giacché le<br />

sue foglie erano alimento prelibato delle larve dei bachi da seta. Come succede sovente nelle<br />

economie più semplici, le more di gelso (altrimenti dette “moroni”) divennero presto <strong>un</strong> frutto<br />

impiegato nella piccola gastronomia contadina, tanto a crudo (condite con succo di limone<br />

per modularne il gusto troppo dolciastro e stucchevole), quanto cotte.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Dessert a base di frutta<br />

Stagionalità: Estate<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 20 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

tegame di terracotta, cucchiaio di legno, zuppiera<br />

Ingredienti:<br />

MORE DI GELSO (Morus rubra) (500 g), SUCCO<br />

DI 4 LIMONI (100 g), ZUCCHERO (3 cucchiai).<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere le more in <strong>un</strong> tegame di terracotta<br />

• Portarle all’ebollizione, rimescolando col cucchiaio<br />

di legno<br />

• Versare lo zucchero ed il succo di limone<br />

• Versare in <strong>un</strong>a zuppiera e coprire affinchè<br />

facciano <strong>un</strong> po’ di sugo<br />

• Mettere al fresco e servire<br />

Note: il gelso, il baco, la seta<br />

La lavorazione <strong>della</strong> seta, come è noto, si sviluppò<br />

in Italia nel Medioevo sotto influsso del<br />

contatto con le civiltà orientali, prima a Palermo<br />

e successivamente a Lucca e a Venezia. Probabilmente<br />

la lavorazione dei filati si diffuse prima<br />

<strong>della</strong> bachicoltura: anzi, la bachicoltura (e la<br />

conseguente coltivazione del gelso) fu imposta<br />

per legge, per sostenere le esigenze produttive<br />

e ridurre l’importazione. In Lombardia la lavorazione<br />

su larga scala fu importata a Milano da Filippo<br />

Maria Visconti che chiamò da Firenze <strong>un</strong>a<br />

colonia di maestri tessitori e tintori. Già nel 1471<br />

Galeazzo Maria Sforza impose nella campagna<br />

milanese la piantagione di 5 gelsi su ogni 10<br />

pertiche di terreno, onde promuovere la bachicoltura.<br />

Il maggiore impulso fu però dato da<br />

Ludovico Sforza, che favorì l’espandersi <strong>della</strong><br />

coltura del gelso in tutto il Ducato,<br />

comprendente a quei tempi anche l’alto Lario ed<br />

il Canton Ticino.<br />

La passione di Ludovico fu tale che la mora di<br />

gelso entrò financo nel suo stemma gentilizio,<br />

oltre che nel suo soprannome (Ludovico il Moro).<br />

La coltura del gelso e la lavorazione <strong>della</strong> seta<br />

continuarono nei secoli successivi più a Nord,<br />

soprattutto in Brianza e a Como, per l'ampia disponibilità<br />

di corsi d’acqua necessari a muovere<br />

le prime macchine.<br />

Varianti:<br />

Invece delle more scure, si possono impiegare<br />

le more bianche (morus alba sativa), che sono<br />

<strong>un</strong> po’ più insipide.<br />

Abbinamenti:<br />

Le more di gelso cotte si servono con gallette,<br />

fette di dolci induriti, biscottini.<br />

Il vino di accompagnamento deve essere liquoroso:<br />

Moscato secco o dry dell'Oltrepò o di San<br />

Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />

L’ingrediente: le more di gelso<br />

Delle due varietà note (morus alba e morus nigra),<br />

quest’ultima è la più adatta agli usi gastronomici,<br />

essendo meno dolciastra, più succosa e<br />

acida.<br />

Il suo colore rosso scuro è dovuto al peculiare<br />

contenuto in sostanze fenoliche <strong>della</strong> categoria<br />

degli antociani. Come tutte le more e i frutti di<br />

bosco, è molto ricca in vitamina C e vitamine<br />

del gruppo B. La sua maturazione è rapida, cosicchè<br />

l’uso migliore è quello di confezionare<br />

confetture o sciroppi.<br />

Ormai scomparsa (essendo abbandonata la coltura<br />

del gelso) dagli usi gastronomici, non viene<br />

praticamente più commercializzata: soltanto a<br />

Napoli, rimane traccia <strong>della</strong> tradizionale vendita<br />

delle more di gelso adagiate nelle foglie, per<br />

mantenerle fragranti e profumate, accompagnata<br />

dal grido musicale del gelsaio.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


MORE DI GELSO COTTE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

76 1,7 0,0 18,3 3 0 2,1


ZUPPA DI CILIEGIE E MARASCHE<br />

Si tratta di <strong>un</strong> dessert o <strong>un</strong>a merenda, energizzante (per la presenza del vino) e interessante<br />

sul piano sensoriale, giacché presenta l’opposizione fra il dolce dello zucchero e l'aspro delle<br />

amarene. Questa ricetta testimonia la predilezione, fra i dolci lombardi, <strong>della</strong> frutta come ingrediente<br />

nobilitante: <strong>un</strong> po’ obbligatorio, per ridurre l’impiego dello zucchero (<strong>un</strong> tempo<br />

piuttosto raro) e <strong>un</strong> po’ necessario, per smaltire in stagione le eccedenze produttive degli alberi<br />

da frutto.<br />

Preparazione per 8 porzioni<br />

Tipologia: Dessert a base di frutta,<br />

Merende<br />

Stagionalità: Primavera, Estate<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 15 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

recipiente di coccio, zuppiera<br />

Ingredienti:<br />

AMARENE SNOCCIOLATE (1 kg), VINO ROSSO<br />

(6 bicchieri, 750 g), ZUCCHERO (250 g),<br />

CANNELLA (q.b.), CHIODI DI GAROFANO (q.b.),<br />

SCORZA GIALLA DI LIMONE (q.b.), FETTINE DI<br />

PANE (n. 20, 200 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Portare ad ebollizione il vino in <strong>un</strong> recipiente<br />

di coccio<br />

• Unire lo zucchero, la cannella, i chiodi di garofano<br />

e la scorza di limone<br />

• Continuare a bollire fino ad evaporare la metà<br />

del volume<br />

• Versare le amarene e lasciare sobbollire <strong>un</strong><br />

attimo<br />

• Dopo aver separato gli aromi, travasare in<br />

<strong>un</strong>a zuppiera sul cui fondo sono disposte le<br />

fettine di pane<br />

• Mettere al fresco e servire<br />

Note: la cottura del vino<br />

La preparazione è basata sulla “cottura” del vino<br />

e sulla sua aromatizzazione con cannella e chiodi<br />

di garofano, come per il “vin brulée”. Questa<br />

operazione determina <strong>un</strong>a forte ossidazione delle<br />

sostanze fenoliche presenti in buona concentrazione<br />

nel vino rosso (soprattutto in quello ottenuto<br />

dall’uva americana o Clinton, <strong>un</strong> tempo<br />

tipica <strong>della</strong> Brianza e di tutta la zona prealpina).<br />

Il vino così preparato manifesta <strong>un</strong>a certa proprietà<br />

antivirale (oggi dimostrata anche a livello<br />

scientifico): non vi è dubbio d<strong>un</strong>que che la formulazione<br />

presentata abbia <strong>un</strong>a certa valenza<br />

di prescrizione verso i com<strong>un</strong>i malanni da raffreddamento.<br />

Varianti:<br />

Sono conosciute versioni di questa zuppa che risalgono<br />

al XVI secolo: secondo l’uso del tempo,<br />

le fette di pane erano precedentemente fritte<br />

nel burro.<br />

Un’altra variante consisteva nel riempire con il<br />

liquido e la frutta <strong>un</strong>a “cassetta” di pane (cioè<br />

<strong>un</strong> panino a forma parallelepipedo, privato <strong>della</strong><br />

mollica) da passare in forno e servire calda.<br />

Abbinamenti:<br />

Accompagnamento ideale per questo dolce sarebbero<br />

<strong>un</strong> rosolio o il ratafià; in mancanza di<br />

questi liquori fuori moda, il Moscato liquoroso<br />

dolce-naturale dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: le amarene<br />

Dette anche visciole o marasche (a seconda<br />

delle sottospecie di derivazione), sono i frutti<br />

del Pr<strong>un</strong>us Cerasus (parente stretto del Pr<strong>un</strong>us<br />

Avium che fornisce le ciliegie dolci). Sono <strong>un</strong><br />

frutto antichissimo, probabilmente originario<br />

dell’Estremo Oriente ma già acclimatato nelle<br />

nostre zone nel periodo neolitico, come testimoniano<br />

i ritrovamenti di suoi noccioli in insediamenti<br />

palafitticoli dei laghi svizzeri.<br />

La coltivazione delle ciliegie e delle amarene fu<br />

poi diffusa in tutto il Nord dell’Europa dai coloni<br />

romani.<br />

Rispetto alle visciole e alle marasche, che hanno<br />

<strong>un</strong> colore rosso scuro, l’amarena è caratterizzata<br />

da <strong>un</strong>a tonalità più pallida e da <strong>un</strong> sapore<br />

fortemente acido ed amarognolo.<br />

Coltivata largamente in altre parti <strong>della</strong> penisola,<br />

in Lombardia l’amarena è presente come<br />

albero mantenuto presso le case di campagna<br />

per <strong>un</strong> consumo individuale e per decorazione.<br />

Ricche in acido citrico e in vitamina A, le amarene<br />

vengono utilizzate principalmente per conserve<br />

sotto alcol o per farne acquaviti, liquori e<br />

sciroppi.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza


ZUPPA DI CILIEGIE E MARASCHE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lecco e la Brianza<br />

Fibra (g)<br />

319 3,2 0,1 62,7 7 0 2,4


Varese e Ticino<br />

La realtà antropica e culturale del Varesotto è lo specchio <strong>della</strong><br />

discontinuità storica e geografica che ha portato solo in epoca<br />

recente <strong>un</strong> agglomerato di “castellanze e di rioni” (come era<br />

stata definita Varese) a divenire <strong>un</strong>a città vera e propria,<br />

preposta a capoluogo di <strong>un</strong>a provincia il cui territorio era<br />

precedentemente amministrato in parte da Milano e in parte<br />

da Como.<br />

L’attuale provincia di Varese ha il suo p<strong>un</strong>to più settentrionale<br />

nel Luinese e quello più meridionale sull’asse Busto Arsizio-<br />

Saronno, in <strong>un</strong> territorio equamente spartito tra collina e<br />

montagna e compreso tra il lago Maggiore e il corso inferiore<br />

del Ticino ad Ovest e il lago di Lugano e il corso dell’Olona a<br />

Est.<br />

Se non è possibile individuare tradizioni gastronomiche forti al<br />

di fuori di quelle com<strong>un</strong>i alla fascia alpina e prealpina<br />

(prevalenza <strong>della</strong> cultura <strong>della</strong> castagna e del mais) e alle<br />

convalli lacustri <strong>della</strong> Lombardia occidentale, non si può<br />

tuttavia disconoscere alla <strong>cucina</strong> bustocca <strong>un</strong>a considerevole<br />

influenza sul territorio circostante, convalidata da ascendenti<br />

storici di prestigio. Parimenti, nella zona Sud occidentale, la<br />

frequentazione con l’agricoltura foraggero-risicola del Milanese<br />

e del Novarese ha portato in <strong>cucina</strong> il peso di <strong>un</strong>a cultura gastronomica<br />

molto omogenea e legata al territorio <strong>della</strong> risaia e<br />

<strong>della</strong> marcita.<br />

Sui rilievi, alle polente condite con il burro e con i formaggi<br />

delle Prealpi (Quartirolo e Taleggio), alla polenta maritata (con<br />

cotiche, fagioli e verdure) e alla polenta accomodata in forno<br />

sopra <strong>un</strong> letto di cipolle e burro, si affiancano i tradizionali<br />

piatti di castagne: il mach (castagne e riso), la zuppa di<br />

castagne e porri, le castagne con il latte. Ov<strong>un</strong>que sono<br />

diffuse le zuppe d’orzo, di cipolle, di zucca, di pesce di lago: il<br />

süp<strong>un</strong> din Varée, il mazzabur di Malnate, ris e verz; e i risotti:<br />

con la luganega, con gli asparagi, coi borlotti, con i gamberi di<br />

fiume, con la zucca, con le rane, con noci e prosciutto cotto.<br />

Tra i primi vanno annoverati i ravioli di lago con gamberi di<br />

fiume, i malfatti, gli gnocchi al cucchiaio.<br />

Il brasato di manzo e lo stracotto d’asino, i bruscitt, la<br />

rustisciada, il cappone con i f<strong>un</strong>ghi sono le preparazioni di<br />

carne più adatte alla polenta. Nelle valli era tradizionale la<br />

<strong>cucina</strong> del capretto (al forno, in umido, in sguazzetto); sui<br />

laghi si preparavano i germani e le anatre lacustri; in pianura<br />

le rane in sguazzetto. I contorni rustici richiedono le verze e le<br />

erbe selvatiche: la lattuga amara saltata nel burro, i denti di<br />

cane con la pancetta rosolata (cicoria mata con parò), i cuori<br />

di verza con ciccioli croccanti (scirò con s<strong>un</strong>git cald). Lo<br />

sformato di verdure alla finanziera, <strong>un</strong>a sorta di budino<br />

composto di verdure passate e legate con besciamella,<br />

testimonia influssi settecenteschi di derivazione francopiemontese.<br />

Hanno raggi<strong>un</strong>to notorietà internazionale i friabili amaretti di<br />

Saronno; ma si può trovare <strong>un</strong>a versione tenera di questa<br />

specialità negli amaretti di Gallarate e <strong>un</strong>a versione rustica nei<br />

Brutti e buoni di Gavirate. A Busto si conserva la tradizione<br />

<strong>della</strong> biscotteria d’epoca cortese: i mustazzitt, i cupett, le<br />

giromette; a Germignaga quella del croccante di mandorle.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


RISO IN CAGNONE<br />

La denominazione viene dal lombardo cagn<strong>un</strong> = larva d’insetto: riso come larve, per<br />

l’aspetto che i chicchi di riso assumono dopo la cottura.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />

Utensili:<br />

pentola, casseruola<br />

Ingredienti:<br />

RISO (500 g), BURRO (100 g), AGLIO (1<br />

spicchio), SALVIA (6 foglie), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (80 g), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Cuocere il riso molto al dente in<br />

abbondante acqua salata<br />

• Nel frattempo schiacciare l'aglio e<br />

friggerlo a color nocciola insieme al burro<br />

e alla salvia<br />

• Scolare il riso e metterlo nei piatti<br />

• Scartare l'aglio e versare il condimento e<br />

il grana sul riso<br />

• Servire subito<br />

Note: accorgimenti per la preparazione del<br />

riso<br />

La preparazione è semplice ma, proprio per<br />

questo, necessita di alc<strong>un</strong>i accorgimenti,<br />

suggeriti dalla consuetudine. Il condimento<br />

deve essere pronto nello stesso momento il<br />

cui il riso, vialone o maratelli, cotto al dente,<br />

viene scolato, per evitare che passi di<br />

cottura. Il burro deve essere quasi fumante e<br />

aver preso <strong>un</strong> colore nocciola intenso, per<br />

ottenere, <strong>un</strong>a volta versato sul riso, l’effetto<br />

di crogiolatura e di doratura tipico di questo<br />

piatto. Va consumato caldissimo.<br />

Varianti:<br />

Il cagnone è diffuso in tutta la Lombardia<br />

occidentale, con scarsissime varianti,<br />

principalmente sulla quantità di spicchi<br />

d’aglio per il soffritto (da <strong>un</strong>o ad alc<strong>un</strong>i, fino<br />

a parecchi), così che oltre a Lodi, anche<br />

Milano, il Varesotto e la Lomellina ne vantano<br />

la paternità.<br />

In alc<strong>un</strong>e zone confinanti col Novarese, la<br />

stessa denominazione identifica <strong>un</strong> piatto in<br />

cui il condimento è ottenuto con cipolla<br />

soffritta nel burro e polpa di pomodoro, che<br />

può considerarsi <strong>un</strong>a variante ottocentesca<br />

rispetto alla arcaicità <strong>della</strong> nostra ricetta. Il<br />

Dubini ne dà <strong>un</strong>’interpretazione personalissima,<br />

con cipolla, olio, acciughe e noce<br />

moscata.<br />

Abbinamenti:<br />

Tipico primo invernale, da preporre o<br />

accompagnare a scaloppine con verdure o a<br />

pollo arrosto. Vi si abbini <strong>un</strong> vino fragrante e<br />

secco, ma equilibrato, quale il Franciacorta<br />

Pinot o il Riesling dell’Oltrepò, se<br />

particolarmente ricco di stoffa.<br />

L’ingrediente: l'aglio<br />

Sin dall’antichità, l’aglio (Allium sativum) è<br />

<strong>un</strong>o dei vegetali aromatici più usati in<br />

Lombardia (come del resto anche in tutti i<br />

paesi mediterranei), per il condimento di<br />

minestre, di risotti, di polenta, di paste<br />

farcite, ma anche per la cottura delle carni di<br />

tutti i tipi. Le evidenti qualità aromatiche<br />

dell’aglio, valorizzate il più delle volte dalla<br />

fragranza del burro (non di rado in<br />

associazione con la salvia) costituiscono<br />

quasi <strong>un</strong>a costante <strong>della</strong> gastronomia<br />

padana, per altri versi così attenta alla<br />

misura dei valori aromatici delle pietanze.<br />

Nel mondo <strong>della</strong> tradizione, l’aglio evocava<br />

sicuramente la memoria di quelle pratiche<br />

apotropaiche di cui i poveri avevano bisogno<br />

per sostenere <strong>un</strong>’esistenza priva di certezze.<br />

L’aglio era considerato dalla cultura popolare<br />

il più potente antidemoniaco, capace di<br />

allontanare gli influssi negativi e le disgrazie.<br />

Gli si attribuiva <strong>un</strong> forte valore di<br />

contravveleno e perciò veniva usato in tutte<br />

le occasioni alimentari in cui fosse in<br />

discussione la tossicità del cibo, soprattutto<br />

con i f<strong>un</strong>ghi, con i quali entra in associazione<br />

pressochè costante, al di là <strong>della</strong> tecnica di<br />

preparazione e <strong>della</strong> specificità delle singole<br />

formulazioni. .<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


RISO IN CAGNONE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

459 10.3 18.1 67,9 489 56 0,8


RIS E ERBORIN<br />

Riso e prezzemolo. Erborin = erbetta, è <strong>un</strong>o dei nomi popolari, a carattere affettivo, del<br />

pedersem, dovuto con ogni probabilità al fatto che il prezzemolo è l’erbetta aromatica più<br />

diffusa nella <strong>cucina</strong> mediterranea.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 35 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, casseruola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

RISO (200 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />

TUGIATO (20 g), BRODO DI CARNE (1.2 litri),<br />

PREZZEMOLO (40 g), BURRO (20 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare e tritare finemente il prezzemolo<br />

• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con il brodo<br />

e portare a bollore<br />

• Unire il riso e cuocere mescolando di tanto in<br />

tanto<br />

• Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco e<br />

incorporarvi il prezzemolo e il burro<br />

• Mescolare bene, versare nella zuppiera e accompagnare<br />

con il grana<br />

Note: la qualità del brodo<br />

La buona riuscita del ris e erborin dipende molto<br />

dalla qualità del brodo. Va da sé che <strong>un</strong> brodo di<br />

dado dà <strong>un</strong>a minestra assai meno gradevole che<br />

non il brodo preparato in casa col bollito misto,<br />

o anche soltanto con il biancostato di manzo o<br />

con la carcassa di pollo. Il riso più idoneo è<br />

quello per minestre, maratelli o rizzotto. La<br />

minestra dovrà risultare piuttosto fitta di riso e i<br />

chicchi cotti a p<strong>un</strong>tino.<br />

Varianti:<br />

Talvolta il prezzemolo è <strong>un</strong>ito al brodo contemporaneamente<br />

al riso, con <strong>un</strong>a discreta perdita<br />

di qualità aromatica.<br />

Raramente si consiglia di sostenere l’aroma del<br />

prezzemolo con mezza foglia di salvia,<br />

anch’essa tritata fine. Qualche versione rustica<br />

provvede ad ispessire il brodo con <strong>un</strong> paio di<br />

patate cotte a parte e passate al setaccio.<br />

Abbinamenti:<br />

Può precedere con gentilezza <strong>un</strong> piatto di<br />

arrosto o la cotoletta impanata, coi rispettivi<br />

contorni.<br />

Si accompagna a <strong>un</strong> vino bianco dal profumo intenso<br />

e dal gusto non marcatamente acido,<br />

come il Tocai di San Martino <strong>della</strong> Battaglia.<br />

L’ingrediente: il brodo.<br />

Di minestre in brodo, più o meno l<strong>un</strong>ghe, era<br />

veramente ricca la <strong>cucina</strong> tradizionale. La<br />

facezia: "Padre priore, aumenta <strong>un</strong> frate...”<br />

"Brodo l<strong>un</strong>go e seguitate!" p<strong>un</strong>tualizza proprio<br />

la centralità <strong>della</strong> minestra in brodo nella<br />

alimentazione povera, il suo essere cibo per<br />

antonomasia, in ragione <strong>della</strong> capacità di<br />

trasformarsi in sostanziosissima zuppa con<br />

l’aggi<strong>un</strong>ta di (quasi) illimitate quantità di pane.<br />

Il brodo classico si ottiene facendo bollire, in<br />

abbondante acqua salata, carne mista di manzo<br />

(biancostato, reale, muscolo), <strong>un</strong>a mezza<br />

gallina e <strong>un</strong> pezzo d’osso spugnoso assieme ad<br />

<strong>un</strong> mazzetto aromatico composto da <strong>un</strong>a<br />

cipolla, <strong>un</strong>a carota, <strong>un</strong> gambo di sedano, due<br />

pomodori, <strong>un</strong> ciuffo di prezzemolo e due foglie<br />

di basilico. Come ricorda Pellegrino Artusi, per<br />

avere <strong>un</strong> buon brodo, bisogna mettere gli ingredienti<br />

nell’acqua fredda. La mezza gallina dovrà<br />

essere tolta dalla pentola non appena sia cotta,<br />

per evitare che si disperda nel brodo a causa<br />

<strong>della</strong> cottura prol<strong>un</strong>gata <strong>della</strong> carne di manzo.<br />

Man mano che il calore porta alla formazione di<br />

schiuma nerastra, dovuta alla solubilizzazione e<br />

coagulazione dell’albumina presente nelle fibre<br />

<strong>della</strong> carne, la si asporta con la schiumarola.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


RIS E ERBORIN<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

247 8,7 6,4 40,4 1017 18 0,9


CAPPELLE DI PORCINI IN FRASCA<br />

Più precisamente: cappelle di f<strong>un</strong>ghi porcini in frasca alla pietra ollare. In frasca, perché<br />

avvolte in <strong>un</strong>a foglia di vite, con <strong>un</strong>a tecnica usata anche per arrostire uccellini, polpette o<br />

altro cibo di pezzatura piccola, senza farli asciugare troppo. La pietra ollare (da olla, pentola)<br />

è <strong>un</strong>a particolare sedimentazione di talco, clorite e mica, dalla quale si ricavavano<br />

artigianalmente vasetti e pentole; oggi vi si fabbricano lastre (beole o piode) per la cottura<br />

nel camino o sul barbecue.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Estate, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura alla piastra<br />

Utensili:<br />

stecchini, spelucchino, pietra ollare<br />

Ingredienti:<br />

CAPPELLE DI FUNGHI PORCINI (n. 6, di media<br />

grandezza), FOGLIE DI VITE (n.6, grandi), OLIO<br />

DI OLIVA EXTRAVERGINE (40 g), TIMO (q.b.),<br />

SALE (q.b.), PEPE BIANCO (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire bene le cappelle di f<strong>un</strong>ghi con <strong>un</strong>o<br />

spelucchino sotto acqua fredda corrente,<br />

senza lasciarle a bagno<br />

• Lavare le foglie di vite<br />

• Posare <strong>un</strong>a cappella su ogn<strong>un</strong>a delle foglie di<br />

vite, cospargere con <strong>un</strong> po’ di timo, salare e<br />

pepare<br />

• Pennellare con l’olio e chiudere ogni foglia<br />

molto bene con degli stecchini<br />

• Far cuocere per circa 10 minuti sulla pietra<br />

ollare precedentemente scaldata<br />

• Servire senza aprire<br />

Note: pulire i porcini<br />

Tutti i f<strong>un</strong>ghi temono l’acqua; i boleti, forniti di<br />

micelio spugnoso, la temono più degli altri: non<br />

devono perciò essere bagnati, tanto meno sotto<br />

l’acqua corrente. Un’accurata pulizia dei porcini<br />

inizia dall’eliminazione <strong>della</strong> parte inferiore del<br />

gambo, alla quale sono attaccati i residui<br />

terrosi. Successivamente, con <strong>un</strong> coltello, si<br />

raschia la parte superiore del gambo,<br />

asportando anche le parti che risultino intaccate<br />

dai vermi. La cappella e il gambo (non il<br />

micelio!) si strofinano poi con <strong>un</strong> panno<br />

inumidito. In questa ricetta si utilizzano solo le<br />

cappelle: i gambi, tagliati a fette regolari,<br />

possono andare a insaporire <strong>un</strong> risotto o<br />

costituire la base per minestre e creme di<br />

f<strong>un</strong>ghi; tritati grossolanamente entrano nel ripieno<br />

del tacchino e <strong>della</strong> gallina.<br />

Varianti:<br />

La ricetta è <strong>un</strong>a variante rispetto a quella più<br />

diffusa che prevede la cottura sulla piastra,<br />

sulla griglia o in cartoccio. Il pampino di vite<br />

aromatizza i f<strong>un</strong>ghi e conserva loro il giusto<br />

grado di umidità. Talvolta al timo è aggi<strong>un</strong>to<br />

mezzo spicchio d’aglio tritato finissimo.<br />

Abbinamenti:<br />

Una cappella per commensale può essere<br />

antipasto; due o più costituiscono <strong>un</strong> secondo<br />

piatto più che <strong>un</strong> contorno. In tutti i casi il vino<br />

adatto è <strong>un</strong> rosato: ottimo il Lagrein altoatesino<br />

o <strong>un</strong> Colli Morenici del Garda DOC.<br />

L’ingrediente: i f<strong>un</strong>ghi<br />

Le zone alpine e prealpine sono <strong>un</strong> vero e proprio<br />

paradiso terrestre per i raccoglitori di<br />

f<strong>un</strong>ghi, principalmente in aut<strong>un</strong>no, ma anche in<br />

primavera e in estate. La raccolta è oggi<br />

disciplinata da rigidi regolamenti regionali. Oltre<br />

al Boletus edulis (il porcino), sono molto<br />

ricercate tutte le altre varietà di boleti: il Boletus<br />

aureus (leccino), il Boletus castaneus (porcino<br />

dei castagni), il Boletus elegans (laricino), il<br />

Boletus granulatus (pinarello o pinaccio), il<br />

Boletus rufus (albarello), il Boletus badius<br />

(porcino baio). Ottimi freschi, i boleti sono i<br />

f<strong>un</strong>ghi che meglio si prestano all’essiccazione e<br />

alla conservazione, risultando così i più<br />

ricercati, anche in ragione <strong>della</strong> loro quasi<br />

assoluta riconoscibilità.<br />

I buoni raccoglitori di f<strong>un</strong>ghi sanno tuttavia che<br />

la varietà dei miceti eduli presenti sui rilievi<br />

lombardi comprende molte altre specie di<br />

grande pregio gastronomico: l’Amanita<br />

caesarea (ovulo, ormai divenuto rarissimo),<br />

l’Armillariella mellea (chiodino, dal fine aroma di<br />

mandorla), l’Agaricus (prataiolo, presente anche<br />

in pianura), il Cantharellus (gallinaccio), la<br />

Clavaria (conosciuta come ditola o manina), il<br />

Clytocibe nebularis (agarico nebbioso), la<br />

Lepiota procera (mazza di tamburo,<br />

impareggiabile cotoletta vegetale, <strong>un</strong>a volta<br />

impanata e fritta), il candido Lycoperdon (pet<br />

de lûf o vescia), la Russola, dal gusto<br />

leggermente piccante.<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale i f<strong>un</strong>ghi sono ricchi<br />

di sali minerali e vitamine ed hanno basso<br />

apporto calorico: la sostanza fibrosa di cui sono<br />

principalmente costituiti li rende difficili da digerire<br />

se consumati in quantità eccessiva.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


CAPPELLE DI PORCINI IN FRASCA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

85 4,3 7,5 0,2 446 0 2,8


ROSTISCIADA<br />

Rustisciada è il termine del dialetto usato per questo tipico piatto da accompagnare alla<br />

polenta; deriva dalla radice rost, arrosto, anche se si tratta propriamente di <strong>un</strong>o stufato,<br />

probabilmente perché nella tradizione contadina si preparava dopo aver soffritto (rusté) la<br />

cipolla e la carne nel grasso di maiale o nel lardo battuto. Si prepara in tutta la regione con<br />

<strong>un</strong>’infinità di piccole varianti.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 50 minuti<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, trinciante, casseruola bassa con<br />

coperchio<br />

Ingredienti:<br />

SPALLA DI MAIALE (400 g), SALSICCIA DI<br />

MAIALE (luganega, 400 g), CIPOLLE (n. 2),<br />

BURRO (40 g), FARINA BIANCA (n. 2 cucchiai),<br />

POLPA DI POMODORO (100 g), SALE E PEPE (q.<br />

b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Affettare le cipolle e farle imbiondire nella<br />

casseruola con il burro, dopo averle salate.<br />

• Una volta cotta la cipolla, <strong>un</strong>irvi la salsiccia<br />

tagliata a pezzi di circa 10 cm, il pomodoro,<br />

<strong>un</strong> mestolino d’acqua calda e il pepe.<br />

• Tagliare la spalla di maiale a fettine<br />

sottilissime, infarinarle e stenderle sulle<br />

cipolle, disponendo <strong>un</strong> altro strato, man<br />

mano che sarà cotto quello inferiore.<br />

• Mischiare infine tutto, aggi<strong>un</strong>gendo, se<br />

necessario, del sale e dando <strong>un</strong>’ultima<br />

cottura di cinque minuti a fuoco vivace.<br />

Servire ben caldo.<br />

Note: salare a fine cottura<br />

Nei ricettari del passato troviamo poca<br />

<strong>un</strong>iformità nell’uso del sale: tal<strong>un</strong>i salano le<br />

pietanze all’inizio, altri in corso di cottura, altri<br />

ancora alla fine. Presumibilmente non c’è <strong>un</strong>a<br />

regola <strong>un</strong>ivoca, ma sicuramente l’abitudine a<br />

salare, laddove le procedure di preparazione lo<br />

consentano, al termine <strong>della</strong> cottura offre alc<strong>un</strong>i<br />

vantaggi. In primo luogo si evita l’indurimento<br />

superficiale delle carni e la cessione dei loro<br />

succhi (soprattutto nelle formulazioni con scarso<br />

liquido di cottura); si ha, poi, la possibilità di<br />

valorizzare maggiormente la complessità<br />

gustativa immessa nella pietanza dai vari aromi<br />

e dai condimenti; e infine si elude la possibilità<br />

di sbagliare il dosaggio in presenza di<br />

ingredienti già particolarmente saporiti, come,<br />

nel nostro caso la salsiccia, che rilasciano<br />

nell’intingolo il sale di cui spesso abbondano.<br />

Varianti:<br />

In Brianza questo piatto si prepara con lombo di<br />

maiale e senza salsiccia, utilizzando lardo invece<br />

di burro, e prende il nome di rustida o<br />

rustisciana. Nella stessa zona, alc<strong>un</strong>i<br />

aggi<strong>un</strong>gono fegatini di pollo. In alc<strong>un</strong>e versioni<br />

arcaiche si riscontra la cottura con l’oli de la<br />

lümm, l’olio di linosa fatto in casa. Molti ricettari<br />

consigliano di versare nella casseruola vino<br />

bianco secco o rosso prima dei pomodori. In<br />

alc<strong>un</strong>i casi la salsiccia viene scottata in acqua<br />

bollente per sottoporla ad <strong>un</strong>a prima<br />

sgrassatura. In altri, sia la salsiccia che le<br />

fettine di carne sono rosolate nel condimento<br />

prima dell’aggi<strong>un</strong>ta dei pomodori. <strong>Per</strong><br />

l’aromatizzazione si possono utilizzare, secondo<br />

gradimento, salvia, rosmarino e chiodi di<br />

garofano.<br />

Abbinamenti:<br />

Tradizionale l’abbinamento con la polenta e con<br />

<strong>un</strong> vino rosso, giovane e vigoroso, come il<br />

Valtellina DOC o le Barbere e le Bonarde<br />

dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: il maiale<br />

Il sottobosco ceduo è ambiente ottimale per<br />

l’allevamento dei suini, sicché il maiale è stato,<br />

fin dai tempi più antichi, <strong>un</strong>o dei cardini<br />

dell’economia alimentare <strong>lombarda</strong>, dal<br />

momento che non richiedeva spese e garantiva<br />

<strong>un</strong>a riserva proteica e lipidica destinata ad<br />

essere consumata nel corso di <strong>un</strong> intero anno.<br />

Solo in questa prospettiva è possibile<br />

comprendere in pieno la dimensione di festa dei<br />

poveri ass<strong>un</strong>ta, nelle campagne, dall’annuale<br />

uccisione del purscell, all’inizio dell’inverno: <strong>un</strong><br />

vero e proprio rituale pagano, cui partecipava<br />

tutta la com<strong>un</strong>ità.<br />

Se è vero che all’uccisione del porco faceva<br />

seguito la consumazione com<strong>un</strong>itaria <strong>della</strong> sue<br />

parti più deperibili (il sangue, le interiora<br />

povere, il codino, le costine, i ginocchi e i<br />

piedini, la testa, le cotiche), è altrettanto vero<br />

che la maggior parte <strong>della</strong> bestia, tutte le sue<br />

parti migliori, si destinavano agli insaccati e alla<br />

conservazione: salami (crudi e cotti), salsicce,<br />

cotechini, mortadelle di fegato, lardo e<br />

pancette. Ai giorni nostri, questi prodotti <strong>della</strong><br />

fame che aguzza l’ingegno umano sono<br />

diventati specialità autonome, che continuano a<br />

connotare in modo preciso la cultura di <strong>un</strong><br />

territorio, in barba alle spinte omologanti <strong>della</strong><br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


grande industria. La loro salvaguardia è <strong>un</strong><br />

preciso dovere <strong>della</strong> com<strong>un</strong>ità.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


ROSTISCIADA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

556 34,5 43,6 6,7 1565 103 0,6


STUFATO D’ASINO<br />

Da stufa. Ma già dal secolo scorso, stufato è sinonimo di brasato (da brace), di stracotto<br />

(termine prediletto da Pellegrino Artusi) e di umido, ad indicare la cottura lenta e prol<strong>un</strong>gata<br />

di alc<strong>un</strong>i tagli di carne, generalmente preceduta da rosolatura.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 240 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura, Bollitura<br />

Utensili:<br />

spago per arrosti, lardatoio, casseruola con coperchio<br />

a chiusura ermetica, setaccio, foglio di<br />

alluminio, pirofila, coltello ben affilato.<br />

Ingredienti:<br />

REALE DI ASINO (1 kg), CIPOLLE (60 g),<br />

CAROTE (60 g), SEDANO (60 g), FUNGHI<br />

SECCHI (20 g), OLIO DI OLIVA (30 g), BURRO<br />

(40 g), FARINA BIANCA 00 (20 g), LARDO (50<br />

g), VINO ROSSO CORPOSO (120 cc), BRODO DI<br />

CARNE (1 L), AGLIO (n.1 spicchio), CHIODI DI<br />

GAROFANO (n.2), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />

CANNELLA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Steccare con l’aglio e lar<strong>della</strong>re la carne; legarla<br />

e infarinarla leggermente<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola far rosolare l’olio e il burro<br />

e aggi<strong>un</strong>gere la carne<br />

• Farla rosolare bene sui lati e bagnarla con il<br />

vino; aggi<strong>un</strong>gere le verdure e le spezie<br />

• Coprire con il brodo<br />

• Coprire e cuocere lentamente per circa 4 ore<br />

• A cottura ultimata togliere la carne, avvolgerla<br />

in <strong>un</strong> foglio di alluminio<br />

• Passare al setaccio le verdure<br />

• Fare restringere il sugo rendendolo cremoso<br />

• Affettare la carne e disporla nella pirofila ben<br />

calda, coprirla con il suo intingolo e servirla<br />

caldissima con polenta o patate<br />

Note: a fuoco lentissimo<br />

Nella tradizione ottocentesca, lo stufato costituiva<br />

il piatto di carne domenicale, soprattutto<br />

nel periodo freddo, ma anche la pietanza che,<br />

per le sue specifiche modalità di cottura, era<br />

possibile trovare sempre pronta nelle osterie<br />

lombarde. Generalmente si preparava con il culaccio<br />

di bue, ma quasi ov<strong>un</strong>que, in campagna,<br />

si usavano anche i tagli più nervosi ricavati dalla<br />

macellazione dell’asino o del cavallo. La stufatura<br />

(o la brasatura, ottenuta appoggiando le<br />

braci accese sopra il coperchio del tegame) durava<br />

spesso 8-10 ore e rendeva morbida e<br />

sugosa <strong>un</strong>a carne altrimenti difficilmente<br />

commestibile.<br />

Usando carne d’asino, più asciutta, è d’obbligo<br />

la lar<strong>della</strong>tura, ma la migliore qualità del prodotto<br />

oggi in commercio renderà sufficiente <strong>un</strong>a<br />

cottura di 2-3 ore.<br />

Varianti:<br />

Generalmente il battuto si fa solo con cipolla o<br />

con cipolla e aglio; le altre verdure sono discrezionali.<br />

Non sempre è previsto l’uso delle<br />

spezie, né l’infarinatura <strong>della</strong> carne, né la<br />

presenza dei f<strong>un</strong>ghi. Se lo stufato non serve ad<br />

accompagnare la polenta, si possono<br />

aggi<strong>un</strong>gere nel tegame delle patate a pezzi.<br />

Abbinamenti:<br />

Sia con la polenta sia con le patate è <strong>un</strong> piatto<br />

completo. Ha bisogno di <strong>un</strong> vino rosso dal profumo<br />

largo e composito, ma dal sapore netto e<br />

vigoroso, come <strong>un</strong> Valtellina Superiore Valgella,<br />

con qualche anno di invecchiamento e <strong>un</strong> minimo<br />

di affinamento in bottiglia.<br />

L’ingrediente: l’asino e il cavallo<br />

In centinaia di paesi <strong>della</strong> Padania, tra la primavera<br />

e l’aut<strong>un</strong>no si corrono i palî di àsan, a rinverdire<br />

nella memoria popolare la continuità con<br />

le epoche bertoldesche <strong>della</strong> cultura subalpina.<br />

Finito il periodo delle feste <strong>della</strong> natura, dall’aut<strong>un</strong>no<br />

alla primavera, l’eventuale macellazione<br />

degli asini e dei cavalli vecchi contribuiva, in<br />

passato, a portare, assieme al sacrificio del<br />

maiale, <strong>un</strong> po’ di variazione proteica sulle tavole<br />

rustiche assoggettate alla tirannia di diete ceralicolo-erbacee.<br />

Le parti meno nobili dei quadrupedi<br />

erano tritate e mischiate con grasso di maiale,<br />

per ricavarne salami e cacciatori. Le interiora,<br />

le trippe e i ricercatissimi testicoli, si <strong>cucina</strong>vano<br />

come quelli di bue. Gli altri tagli erano<br />

utilizzati per stufati, brasati e stracotti. L’attuale<br />

scarsa reperibilità del prodotto (del resto quasi<br />

tutto d’importazione) ha fatto decadere la tradizione<br />

di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> <strong>della</strong> carne equina, così che<br />

sui ricettari ne rimangono solo poche tracce. Oltre<br />

agli stracotti, da cui si può ricavare anche il<br />

ripieno per i ravioli o il ragù per la pasta, si ricorda<br />

<strong>un</strong>o spezzatino d’asino con verdure, gli<br />

involtini con la pancetta affogati nel sugo di pomodoro<br />

e la pastissada de caval del territorio<br />

bresciano. Qualche artigiano delle zone alpine<br />

produce ancora bresaole con carne d’asino o di<br />

cavallo, mentre salami di varia pezzatura si<br />

producono anche a livello di piccola industria.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


STUFATO D’ASINO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

463 37,2 30,9 5,1 1083 126 1,3


BRUSCITT<br />

Ovvero bruscolini, poiché la carne viene sminuzzata grossolanamente sul tagliere con il<br />

trinciante, in modo da ottenere pezzettini <strong>della</strong> grandezza di <strong>un</strong> fagiolo. Oggi si usa anche<br />

macinarla con il tritacarne, ma il risultato non è all’altezza <strong>della</strong> preparazione tradizionale. E’<br />

<strong>un</strong> piatto tipico di Busto Arsizio, e gli è accreditata <strong>un</strong>a discutibile origine zingaresca.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 210 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura<br />

Utensili:<br />

coltello corto e ben affilato, tagliere, batticarne,<br />

sacchetto di garza, casseruola con coperchio<br />

Ingredienti:<br />

POLPA REALE DI MANZO (500 g), CAPPELLO<br />

DEL PRETE (600 g), FUSELLO (500 g), BURRO<br />

(80 g), PANCETTA TESA (80 g), ERBABONA<br />

(semi di finocchio, 1 cucchiaino e 1/2), AGLIO<br />

(n. 1/2 spicchio), VINO ROSSO ROBUSTO (125<br />

g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Battere leggermente i pezzi di carne e tagliarli<br />

e sminuzzarli a filo di coltello a pezzetti<br />

grandi come <strong>un</strong>a mandorla<br />

• Porre i “bruscitt” in <strong>un</strong>a casseruola con il<br />

burro; aggi<strong>un</strong>gere la pancetta tagliata a pezzetti,<br />

salare e pepare<br />

• Mettere l’erba bona e l’aglio in <strong>un</strong> sacchetto<br />

di garza e aggi<strong>un</strong>gere alla carne<br />

• Porre sul fuoco a fiamma bassissima e incoperchiare,<br />

mettendo due pesi sul coperchio<br />

• Cuocere, sempre a fuoco basso, per 2-3 ore<br />

secondo la qualità <strong>della</strong> carne<br />

• Se la carne risulta troppo asciutta, durante<br />

la cottura aggi<strong>un</strong>gere altro burro, mai brodo<br />

né altri liquidi; viceversa, farli andare senza<br />

coperchio per poco tempo<br />

• Quando la carne è quasi pronta, togliere il<br />

sacchetto degli odori e aggi<strong>un</strong>gere il vino<br />

• Cuocere su fiamma vivace per qualche minuto,<br />

coprire nuovamente e lasciare su fuoco<br />

bassissimo ancora qualche minuto, finché è<br />

scomparsa l’asprezza del vino<br />

• Togliere dal fuoco e portare in tavola<br />

Note: quando la <strong>cucina</strong> andava per le l<strong>un</strong>ghe<br />

La preparazione tradizionale prevedeva l’uso<br />

dello stuin di terracotta, con il coperchio ermeticamente<br />

sigillato da <strong>un</strong> foglio di carta da macellaio<br />

e bloccato da due pesi sovrapposti, per<br />

trattenere i liquidi e non fare asciugare la carne<br />

più del dovuto. Oggi si può usare, allo stesso<br />

scopo, la pentola a pressione. La cottura a calore<br />

moderatissimo (ideale quello <strong>della</strong> brace<br />

del camino) si prol<strong>un</strong>ga anche per tre ore e più.<br />

<strong>Per</strong> assicurare tenerezza ai bruscitt è necessario<br />

che i pezzettini di carne siano sempre intrisi di<br />

condimento ed è perciò consigliabile aggi<strong>un</strong>gere<br />

al burro e alle striscioline di pancetta anche dei<br />

pezzettini di lardo. I semi di finocchio (l’erba<br />

bona) si raccolgono all’interno di <strong>un</strong> sacchettino<br />

di tela, che poi si toglie, affinché non si mischino<br />

alla carne: i semi nel piatto fanno, come<br />

dicevano i vecchi, "mangià da buricu", cibo da<br />

asini.<br />

Varianti:<br />

Si può considerare il lardo in aggi<strong>un</strong>ta al burro e<br />

alla pancetta per <strong>un</strong>a preparazione tradizionale.<br />

In alc<strong>un</strong>i ricettari si consiglia di <strong>un</strong>ire mezzo<br />

spicchio d’aglio ai semi di finocchio. I cuochi<br />

moderni prediligono <strong>un</strong> uso discreto del pepe,<br />

mentre in passato si riteneva che il piatto dovesse<br />

risultare piuttosto saporito e piccante. La<br />

deglassazione del fondo di cottura richiede vino<br />

rosso di gran corpo e ben invecchiato (Barolo,<br />

Barbaresco, Gattinara).<br />

Abbinamenti:<br />

Accompagnati da <strong>un</strong>a polenta o adagiati con il<br />

loro sugo su <strong>un</strong>a fetta di pane di mistura, i<br />

bruscitt sono piatto <strong>un</strong>ico. Si gustano con vini<br />

rossi, asciutti e ben strutturati, affinati qualche<br />

anno in bottiglia: Buttafuoco dell’Oltrepò (per<br />

chi preferisce i vini briosi) o Cellatica del Bresciano.<br />

L’ingrediente: il vino nei cibi<br />

L’aggi<strong>un</strong>ta di vino durante la cottura sembra<br />

<strong>un</strong>a prerogativa delle zone subalpine, da queste<br />

poi diffusasi anche nei territori di pianura ad<br />

opera delle donne che nel XVIII e nel XIX secolo<br />

scendevano verso le città per mettersi a servizio<br />

<strong>della</strong> buona borghesia urbana. E’ <strong>un</strong>a scelta alimentare<br />

(e sensoriale) pienamente strutturale<br />

alla tradizione contadina, nella quale il vino non<br />

era considerato <strong>un</strong>a bevanda, ma <strong>un</strong> alimento e<br />

lo si aggi<strong>un</strong>geva a molti cibi e bevande energetiche.<br />

Un mezzo bicchiere di vino rosso (simbolicamente<br />

identificato con il sangue) entrava<br />

così a portare energia immediata nella rossoumada,<br />

nel brodo e nelle zuppe, persino nel<br />

caffè, particolarmente se destinati ai malati o ai<br />

convalescenti. Nei cibi cotti, sopprattutto nelle<br />

carni (brasato, salmì ecc.), il vino assolveva <strong>un</strong><br />

ruolo di copertura rispetto ai cattivi odori<br />

prodotti dalla scadente conservazione, ma allo<br />

stesso tempo assicurava lo sgrassamento dei<br />

condimenti troppo <strong>un</strong>tuosi. Dal secolo scorso è<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


entrato anche in alc<strong>un</strong>i risotti con f<strong>un</strong>zione<br />

aromatizzante.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


BRUSCITT<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

459 60,7 21,7 0,5 666 220 1,0


CUPETT DI BUSTO<br />

Copate, dall’arabo qubbait, fatto con le mandorle. Si tratta di dolcetti di origine medioevale,<br />

diffusi con vari nomi in tutte le regioni d’Italia. Anche l’ingrediente principale, oltre alle<br />

mandorle cui allude il nome, varia da zona a zona: pinoli, nocciole, noci.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 25 minuti<br />

Tecnica di cottura: Caramellatura<br />

Utensili:<br />

tritatutto, casseruola piccola (meglio se di<br />

rame)<br />

Ingredienti:<br />

MIELE (300 g), GHERIGLI DI NOCE (200 g),<br />

NOCCIOLE SGUSCIATE (50 g), SCORZA DI<br />

ARANCIO E DI CEDRO CANDITE (200 g),<br />

CIALDE (n.18 circa)<br />

Esecuzione:<br />

• Tritare grossolanamente le noci e le<br />

nocciole; tagliare a pezzetti le scorze candite<br />

• Formare <strong>un</strong> impasto con il trito di noci e nocciole,<br />

i canditi e il miele<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a piccola casseruola, meglio se<br />

di rame, e far cuocere su fuoco medio fino a<br />

che il miele inizia a caramellare<br />

• Togliere dal fuoco e disporre l’impasto a<br />

mucchietti sulle cialde<br />

• Lasciare raffreddare e servire<br />

Note: recipiente di rame e canditi freschi<br />

<strong>Per</strong> la cottura del miele, come per quella dello<br />

zucchero, del cioccolato, delle creme e delle<br />

salse dolci è consigliato l’uso di <strong>un</strong>a casseruolina<br />

di rame non stagnato, il polsonetto, con il fondo<br />

leggermente concavo e senza spigoli. Gli<br />

utensili usati non devono essere di ferro né di<br />

rame stagnato perché fanno scurire il miele,<br />

così come accade allo zu chero. Il recipiente<br />

deve essere perfettamente pulito perché anche<br />

<strong>un</strong>a minima traccia di grasso provoca la granitura<br />

degli zuccheri. Durante la cottura la<br />

fiamma non deve mai raggi<strong>un</strong>gere le pareti<br />

laterali del polsonetto per evitare lo sgradevole<br />

arrostimento delle particelle di miele che vi<br />

restano attaccate. I canditi devono essere<br />

particolarmente freschi e morbidi, per impedire<br />

che asciugandosi durante la cottura, diventino<br />

duri.<br />

Varianti:<br />

Nelle ricette più antiche, questi dolcetti hanno<br />

due cialde, <strong>un</strong>a sotto e <strong>un</strong>a sopra. Spesso si aggi<strong>un</strong>ge<br />

<strong>un</strong> albume montato a neve non appena<br />

il miele comincia a bollire. In alc<strong>un</strong>i ricettari più<br />

recenti, al miele si aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong>a piccola quantità<br />

di zucchero.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> dolce <strong>un</strong> po’ anomalo, che si addice maggiormente<br />

a <strong>un</strong>a consumazione fuori pasto, al<br />

pari del croccante o del torrone, o ad <strong>un</strong>a consumazione<br />

ritualizzata (Natale o Capodanno),<br />

piuttosto che alla f<strong>un</strong>zione di dessert. Pare<br />

superfluo accompagnarlo ad <strong>un</strong> vino (che nel<br />

caso deve essere liquoroso).<br />

L’ingrediente: il miele<br />

E’ stato, in passato, il dolcificante naturale più<br />

usato nei Paesi dell’area mediterranea e solo<br />

dopo il XVII secolo è stato sostituito nell’uso<br />

com<strong>un</strong>e dallo zucchero di canna. La pasticceria<br />

e la liquoristica del Medioevo ne facevano larghissimo<br />

impiego (basti pensare ai panspeziali e<br />

all’idromele), nella convinzione che possedesse<br />

le stesse virtù apotropaiche e profilattiche dell’oro<br />

e dell’ambra.<br />

Attualmente, dopo <strong>un</strong> periodo di scarsa attenzione<br />

verso questo prodotto, il consumo di<br />

miele appare in costante, seppure moderata<br />

ripresa, in ragione soprattutto delle proprietà<br />

salutistiche e curative che gli vengono attribuite<br />

(solo in piccola parte scientificamente provate).<br />

Gli apicoltori lombardi immettono sul mercato<br />

circa il 17% dell’intera produzione nazionale. I<br />

3/4 <strong>della</strong> produzione regionale proviene dalle<br />

provincie alpine (Sondrio, Bergamo, Brescia,<br />

Varese e Como). Poco meno <strong>della</strong> metà di questa<br />

produzione ha origine multifloreale, <strong>un</strong> buon<br />

30% è equamente ripartito tra castagno e<br />

robinia (acacia); il rimanente 20% tra<br />

rododendro, trifoglio, tarassaco, tiglio e melata<br />

di latifoglie.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


CUPETT DI BUSTO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

584 8,6 28,9 77,2 38 0 4,5


MOSTAZZIT<br />

Anche mostazzin, termine dialettale per mostacciuoli, da mosto, poiché anticamente si<br />

dolcificavano con mosto cotto. Bartolomeo Scappi (1570) li chiama, in alternativa,<br />

morselletti, cioè piccoli morsi, bocconcini nel senso moderno di pasticcini.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Merende<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 40 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

tagliere, placca da forno, tagliapasta<br />

Ingredienti:<br />

FARINA BIANCA 00 (400 g), ZUCCHERO (150<br />

g), ACQUA (1/2 bicchiere), SPEZIE A PIACERE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Incorporare tutti gli ingredienti con l'acqua,<br />

gramolando sul tagliere<br />

• Distendere la pasta con il matterello e tagliarla<br />

a forma di mostacciuoli (rombi all<strong>un</strong>gati)<br />

• Cuocere in forno moderato (160° C) per<br />

circa 15 minuti<br />

Note: <strong>un</strong>a specialità di tutta Italia<br />

Si tratta di biscotti di gusto antico (direttamente<br />

imparentati con i pani speziali del Medioevo e<br />

con i dulcia domestica dei Latini) preparati, in<br />

passato, con varie denominazioni, in tutte le regioni<br />

italiane. Oggi costituiscono <strong>un</strong>a delle specialità<br />

dolciarie tipiche delle sagre di paese nelle<br />

regioni meridionali (mustazz<strong>un</strong>i o mustazzeddi);<br />

nell’Italia centrale rinnovano la tradizione<br />

natalizia dei panpepati e prendono il nome di<br />

cavallucci o bericuocoli.<br />

Varianti:<br />

Tutte le ricette prese in esame derivano da<br />

quella <strong>della</strong> Cucina degli stomachi deboli, la<br />

quale, a sua volta, è debitrice a quella dell’Opera<br />

dello Scappi. Il cuoco rinascimentale profuma<br />

i suoi biscotti, oltre che con anice, con<br />

spezie di gusto cinquecentesco, quali il pitartamo<br />

e il muschio, e stende l’impasto in teglie<br />

larghe, per poi tagliarlo a losanghe tra la prima<br />

cottura e la biscottatura. Ness<strong>un</strong> altro ricettario<br />

indica con esattezza le spezie da usare, ma<br />

sulla scorta di formulazioni provenienti da altre<br />

regioni, possiamo indicare: semi di anice, cannella,<br />

chiodi di garofano, semi di coriandolo e<br />

noce moscata, da equilibrare tra loro a seconda<br />

dei gusti (ma sempre con estrema parsimonia,<br />

come richiede il gusto moderno).<br />

Abbinamenti:<br />

Nell’Ottocento si servivano a colazione, per<br />

farne zuppetta nel caffellatte; oggi paiono più<br />

congeniali al tè pomeridiano o ad <strong>un</strong> fine<br />

pranzo. Nel qual caso, in mancanza del vin del<br />

tecc, prodotto <strong>un</strong>a volta con uve appassite e<br />

religiosamente conservato in solaio nell’apposito<br />

caratellino, può essere abbinato con <strong>un</strong> robusto<br />

Sfurzat <strong>della</strong> Valtellina.<br />

L’ingrediente (fantasma): il mosto<br />

Alc<strong>un</strong>e specialità <strong>della</strong> regione, come la mostarda<br />

e i mostazzitt conservano ancora nel<br />

nome la radice linguistica che le indica<br />

discendenti dal mosto. Era questo l’ingrediente<br />

più com<strong>un</strong>e usato per la dolcificazione in<br />

ambiente contadino, dove, dopo il periodo<br />

aureo <strong>della</strong> Georgica virgiliana, non si è mai<br />

avuta troppa dimestichezza con le api e con il<br />

miele, né tantomeno con lo zucchero degli<br />

speziali. Il mosto d’uva, invece, era facilmente<br />

disponibile: sia quello ricavato da uva non<br />

ancora matura, con cui si produceva l’agresto<br />

(v. Maestro Martino, III), <strong>un</strong>a sorta d’aceto non<br />

fermentato usato per fare salse e per insaporire<br />

pesci e carni alla brace; sia il mosto cotto vero e<br />

proprio, di cui si ha testimonianza negli antichi<br />

ricettari mantovani. Con questo vino cotto,<br />

come si chiamava com<strong>un</strong>emente, che si poteva<br />

conservare in vasi e bottiglie per molti e molti<br />

anni, a Mantova si preparavano dolci e biscotti,<br />

tra cui i turtei sguazzarott con zucca e fagioli. In<br />

generale si può ipotizzare <strong>un</strong> uso popolare di<br />

mosto cotto in tutte quelle specialità dolciarie<br />

che derivano dai pani speziali, come la torta<br />

spongarda del Cremasco, o che richiedano l’uso<br />

di miele in luogo dello zucchero. Il Dubini usa il<br />

mosto fresco per giulebbare, senza lo zucchero,<br />

delle pere.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino


MOSTAZZIT<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Varese e Ticino<br />

Fibra (g)<br />

327 7,4 0,5 78,2 3 0 1,8


Milano<br />

Il territorio <strong>della</strong> gastronomia milanese non coincide con<br />

quello <strong>della</strong> provincia di Milano, nella quale è compresa la<br />

parte meridionale <strong>della</strong> Brianza, che ha tradizioni alimentari<br />

proprie e distinte, oltre ad alc<strong>un</strong>e zone sud occidentali,<br />

al confine con la provincia di Novara e con la Lomellina,<br />

dove si accentua l’influenza di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> dai caratteri<br />

marcatamente agricoli. D’altro canto, l’ascendenza <strong>della</strong><br />

cultura culinaria milanese supera largamente la cinta dei<br />

Navigli e i limiti <strong>della</strong> provincia per infiltrarsi quasi ov<strong>un</strong>que<br />

nella regione, raggi<strong>un</strong>gendo anche i limitrofi territori<br />

del Novarese e del Vercellese.<br />

In <strong>un</strong>a regione vasta e popolata come la Lombardia, il territorio<br />

milanese, se raffrontato a quello delle altre province,<br />

costituisce <strong>un</strong>a sorta di anomalia per la sproporzione<br />

tra le non eccezionali risorse agricolo-zootecniche e<br />

l’altissima densità di popolazione. Ad <strong>un</strong>a agricoltura estensiva<br />

localizzata prevalentemente a sud ovest <strong>della</strong> città,<br />

attorno alle assi Ticino-Po, con indirizzo risicolo, orticolo<br />

e foraggero (da cui la rilevanza del patrimonio zootecnico<br />

e del settore lattiero-caseario), corrisponde infatti la<br />

concentrazione industriale dell’hinterland metropolitano,<br />

con i relativi problemi di organizzazione del tempo-lavoro<br />

che rendono fluidi e variegati gli attuali indirizzi alimentari<br />

<strong>della</strong> città, soddisfatti in prevalenza delle strutture ristorative<br />

com<strong>un</strong>itarie o di massa.<br />

I processi di intensa urbanizzazione che sottraggono progressivamente<br />

territori alla campagna, inquadrano problematiche<br />

rilevanti, quali quelle connesse alla rinnovata<br />

posizione <strong>della</strong> donna (non più solo regina dei fornelli) nella<br />

società e nella famiglia, e quelli conseguenti all’apporto<br />

di modelli culturali e gastronomici eterogenei, in conseguenza<br />

dei massicci movimenti immigratori degli ultimi<br />

venti anni. Il modello gastronomico che la città era andato<br />

componendo con <strong>un</strong>a discreta organicità negli ultimi<br />

due secoli è d<strong>un</strong>que sottoposto ad <strong>un</strong>a doppia azione, che<br />

la mina dall’interno (nuovo assetto sociale e produttivo) e<br />

la bombarda dall’esterno (cultura interetnica), con meccaniche<br />

ben diverse da quelle che avevano caratterizzato gli<br />

apporti internazionali e i mutamenti sociali del passato.<br />

Aveva, quel modello alimentare, dei contorni abbastanza<br />

imprecisi, frutto di <strong>un</strong>a stratificazione protrattasi nel corso<br />

dei secoli e favorita dalla posizione geografica <strong>della</strong> città,<br />

da sempre p<strong>un</strong>to d’incontro di popolazioni e di civiltà diverse,<br />

ma si dimostrava congrua alla conformazione del<br />

territorio milanese e alla ricchezza di acquitrini, di marcite<br />

e di risorgive che storicamente è alla base <strong>della</strong> vocazione<br />

foraggera (e d<strong>un</strong>que zootecnico-casearia) <strong>della</strong> zona. Il<br />

nucleo più antico di questo modello prende forma in epoca<br />

celtico-romana, quando si definiscono alc<strong>un</strong>i piatti (per esempio,<br />

le pultes, da cui deriveranno le moderne polente),<br />

i fondamentali indirizzi culinari (come la scelta <strong>della</strong> linea<br />

burro-lardo per il condimento, confermata dalle successive<br />

ingerenze longobarde e franche) e alc<strong>un</strong>e scelte tecniche<br />

caratterizzanti (la supremazia <strong>della</strong> stufatura).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


Ad epoca medioevale può essere invece riferito l’addensarsi<br />

di due tendenze contrapposte: da <strong>un</strong>a parte la <strong>cucina</strong><br />

di corte, esemplificata dallo sfarzo dei banchetti dei Visconti<br />

e degli Sforza; dall’altra <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> civile, di tipo<br />

ancora campagnolo o meglio orticolo, poggiata sulla proliferazione<br />

dei verzée urbani e suburbani; tendenze che,<br />

divaricandosi sempre più tra loro, andranno a configurare<br />

l’attuale bipolarismo tra ristorazione alta con vocazione internazionale<br />

e cosmopolita e ristorazione popolare (fast<br />

food, snack bar, pizzerie e tavole calde, quali eredi delle<br />

osterie sette-ottocentesche).<br />

La gastronomia di corte del Medioevo e del Rinascimento,<br />

filtrata attraverso gli autorevoli apporti di derivazione<br />

francese, spagnola e mitteleuropea, fu recepita, dopo<br />

il XVII secolo e con le opport<strong>un</strong>e correzioni di gusto,<br />

nella <strong>cucina</strong> di casa <strong>della</strong> buona borghesia cittadina, <strong>un</strong> ceto<br />

produttivo poco incline agli eccessi <strong>della</strong> ricercatezza e<br />

deciso a far quadrare i conti e i tempi <strong>della</strong> tavola con<br />

quelli dell’impresa. Nascono in questo periodo i quadernetti<br />

di <strong>cucina</strong> che le milanesi di buona famiglia si tramandavano<br />

di madre in figlia e sui quali si è basata, già<br />

dall’inizio del nostro secolo, la formalizzazione del profilo<br />

complessivo, degli indirizzi e dei contenuti (tecnici e di gusto)<br />

<strong>della</strong> gastronomia cittadina.<br />

Escono da questi ambienti alc<strong>un</strong>i dei più noti piatti alla milanese:<br />

il risotto, i ravioli, la cotoletta impanata e il composito<br />

ventaglio delle scaloppine, il vitell toné e la gremolata<br />

per gli ossibuchi, i paté, i fricandò e gli arrosti generosamente<br />

ammorbiditi nel marsala, i bonett e le charlottes<br />

e l’emblematico panettone. Alla <strong>cucina</strong> dei poveri, essenzialmente<br />

vegetariana, si devono invece i minestroni, i<br />

pancotti, le minestre di riso, gli stufati di verdure, ma anche<br />

la buseca e la cassoeula, i nervetti e quel monumento<br />

alla milanesità che era l’ormai scomparso cervellato.<br />

Se volessimo tentare <strong>un</strong>a definizione del modello alimentare<br />

milanese, potremmo indicarne le seguenti caratteristiche<br />

generali:<br />

• sobrietà complessiva, anche nelle elaborazioni più<br />

complesse, in adesione ad <strong>un</strong> gusto medio, estraneo<br />

agli eccessi;<br />

• preferenza per la cottura lenta e prol<strong>un</strong>gata, con spiccate<br />

simpatie per la tecnica <strong>della</strong> stufatura e <strong>della</strong> brasatura;<br />

• rilevanza dei prodotti lattiero-caseari, dai quali deriva<br />

quel tono complessivo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> milanese, che spinse<br />

Ugo Foscolo a satireggiare di <strong>un</strong>a Milano trasformata<br />

in Paneropoli;<br />

• supremazia del riso sulla pasta (prevalentemente farcita)<br />

e in genere dei primi piatti liquidi/fluidi rispetto a<br />

quelli asciutti;<br />

• memoria viva di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> d’orto, risalente all’epoca<br />

<strong>della</strong> prima industrializzazione, cui si devono alc<strong>un</strong>i piccoli<br />

capolavori, come i fagioli con la panna (cornitt cont<br />

la panera) e gli asparagi con le uova.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


PANCOTTO<br />

Pancott o panada, <strong>un</strong>o dei piatti poveri com<strong>un</strong>i a tutte le regioni d’Italia, basato sul riutilizzo<br />

del pane raffermo o secco. Documentata da tempi antichissimi, la probabile ricetta archetipa<br />

si trova nella puls tractogalata del De re coquinaria attribuito ad Apicio.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 25 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura<br />

Utensili:<br />

casseruola, forchetta, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

PANINI TIPO MICHETTA (n.3), BURRO (30 g),<br />

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (1 cucchiaio),<br />

ESTRATTO DI CARNE (1/2 cucchiaino),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (4 cucchiai),<br />

SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere a bagno i panini in acqua tanto abbondante<br />

da bastare per la minestra, per <strong>un</strong><br />

paio d'ore<br />

• Romperli con la forchetta a piccoli pezzi e<br />

metterli nella casseruola con il burro, l'olio e<br />

sale<br />

• Mettere sul fuoco e portare a bollore<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere l'estratto di carne, farlo sciogliere<br />

e servire con il grana<br />

Note: pancott, pantrid e panada<br />

Si tratta solo di <strong>un</strong>a questione di parole. I ricettari,<br />

anche i più autorevoli, accettando acriticamente<br />

denominazioni locali senza indicarne con<br />

precisione la provenienza, l’epoca, né tanto meno<br />

delimitarne l’area geografica, contribuiscono<br />

spesso ad accrescere la confusione. Nella sostanza,<br />

i tre termini dialettali sono utilizzati come<br />

sinonimi, anche se, .probabilmente, solo<br />

pancott e panada lo sono davvero, mentre pantrid<br />

indica <strong>un</strong> piatto analogo ottenuto però dal<br />

pangrattato anziché dal pane secco ammollato.<br />

Come l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> uovo trasforma il pantrid<br />

in pantrid maridàa, così con l’uovo si marida anche<br />

la panada: l’<strong>un</strong>o e l’altra segnalati in buona<br />

parte dell’area padana come tradizionali per solennizzare<br />

il pranzo <strong>della</strong> Pasqua.<br />

Varianti:<br />

La preparazione cittadina richiede michette o<br />

pezzetti di pane bianco; quella contadina il pangiallo<br />

o il pane di mistura. In Brianza si segnala<br />

<strong>un</strong>a panada fatta con avanzi di polenta. Versioni<br />

recenti utilizzano brodo anziché acqua. In Valle<br />

Intelvi è frequente l’uso del latte e l’aromatizzazione<br />

con menta.<br />

Alc<strong>un</strong>i ricettari d’autore prescrivono la noce moscata.<br />

Nelle valli prealpine si usa <strong>un</strong>ire al termine<br />

<strong>della</strong> cottura del pane <strong>un</strong> soffritto di lardo (olio<br />

o burro) e aglio (cipolla).<br />

Abbinamenti:<br />

Ad <strong>un</strong> piatto dal profilo gustolfattivo piuttosto<br />

basso si addice <strong>un</strong> vino bianco non molto impegnativo,<br />

di bassa gradazione alcoolica, gradevole<br />

e fresco, come il Riesling italico del Pavese.<br />

Se la panada è maritata con l’uovo, può esserle<br />

appropriato <strong>un</strong> Cortese dell’Oltrepò, asciutto al<br />

palato e dall’odore più vinoso.<br />

L’ingrediente: il grana padano.<br />

Nel XV secolo, il medico e filosofo umanista Pantaleone<br />

da Confienza (oggi sarebbe cittadino<br />

pavese, all’epoca era vercellese, ma i suoi natali<br />

sono controversi e contesi) scriveva nella sua<br />

Summa Lacticinorum (Trattato dei formaggi):<br />

“Non trovo in Italia formaggi degni di nota se<br />

non i marzolini, i piacentini e i formaggi <strong>della</strong><br />

Morra. I piacentini da alc<strong>un</strong>i sono chiamati parmigiani,<br />

perché anche a Parma se ne producono<br />

di simili, di qualità non molto diversa. Così anche<br />

nel territorio di Milano, Pavia, Novara e Vercelli;<br />

anzi, da pochi anni, anche più a Nord, nelle<br />

zone prealpine, hanno incominciato a produrne<br />

di simili, abbastanza buoni”.<br />

Il grana padano è il capostipite di <strong>un</strong>a serie di<br />

pregiati formaggi, prevalentemente da grattugia.<br />

Attualmente al grana padano è attribuita<br />

<strong>un</strong>a denominazione di origine protetta, sotto tutela<br />

di <strong>un</strong> consorzio specifico. Col grana padano<br />

sono imparentati il grana lodigiano (tipo maggengo<br />

e vernengo) ed il più “blasonato” parmigiano-reggiano,<br />

il cui consorzio di tutela comprende<br />

zone delle province di Parma, Reggio,<br />

Modena, Bologna e Mantova.<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista tipologico, si tratta di <strong>un</strong> formaggio<br />

semigrasso, cotto, a pasta dura, consumabile<br />

dopo media o l<strong>un</strong>ga stagionatura, ottenuto<br />

con latte vaccino proveniente da due m<strong>un</strong>giture,<br />

parzialmente scremato per affioramento.<br />

Viene prodotto in tutta la Val Padana, in forme<br />

del diametro di 35-45 cm, con crosta dura e<br />

compatta, del peso di 24-40 kg. Deve il sapore<br />

e l’aroma alla qualità del latte, posta sotto l’attento<br />

controllo del Consorzio, alla particolare<br />

tecnica di lavorazione e alla peculiarità degli<br />

ambienti di stagionatura.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


PANCOTTO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

167 5,1 7,9 20,4 450 20 1,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


MINESTRONE ALLA MILANESE<br />

Come accrescitivo di minestra, da minestrare, continuazione del lat. ministrare = servire a tavola<br />

(da minister = servitore), il minestrone riconduce direttamente alle radici stesse<br />

dell’alimentazione contadina, in quanto cibo vegetariano per antonomasia (ne è stato anche<br />

ipotizzato <strong>un</strong> antico uso rituale per ottenere la pioggia nei periodi di siccità).<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 140 minuti<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Bollitura<br />

Utensili:<br />

tagliere, pelapatate, spelucchino, pentola con<br />

coperchio, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

RISO (300 g), SEDANO (120 g), PREZZEMOLO<br />

(20 g), FAGIOLI SECCHI (60 g), CIPOLLA (60<br />

g), BURRO (30 g), PATATE (600 g), ERBETTE<br />

(130 g), OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (30 g),<br />

FAGIOLINI VERDI (120 g), VERZA (120 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (60 g),<br />

CAROTE (120 g), PORRI (120 g), ZUCCHINE<br />

(120 g), POMODORI PELATI (250 g), ALLORO (2<br />

foglie), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Ammollare i fagioli in acqua tiepida la notte<br />

precedente<br />

• Scolarli e farli cuocere in acqua fredda non<br />

salata per circa 45 minuti<br />

• Nel frattempo tagliare a dadini il sedano, le<br />

carote e le zucchine<br />

• Tritare grossolanamente i pomodori, sbucciare<br />

la patate lasciandole intere (andranno<br />

schiacciate con la forchetta a fine cottura)<br />

• Mondare e lavare il prezzemolo, poi tritarlo<br />

finissimo; tritare anche la cipolla<br />

• Mettere nella pentola il battuto di cipolla, il<br />

prezzemolo, le foglie di alloro, il burro e l'olio;<br />

porre su fiamma vivace<br />

• Dopo pochi minuti, appena la cipolla imbiondisce,<br />

<strong>un</strong>ire le patate, le carote, le zucchine, i<br />

fagiolini mondati e i porri puliti; fare rosolare<br />

per qualche minuto<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere quindi i fagioli cotti e i pomodori<br />

• Coprire le verdure con abbondante acqua<br />

bollente e salare<br />

• Fare arrivare al p<strong>un</strong>to di ebollizione e tenendo<br />

il fuoco vivace, poi abbassare la fiamma,<br />

incoperchiare e continuare la cottura a<br />

fuoco lento per almeno 2 ore<br />

• Dopo circa <strong>un</strong>'ora e mezza di cottura aggi<strong>un</strong>gere<br />

la verza e le erbette tagliate a listarelle<br />

• Dieci minuti prima di servire <strong>un</strong>ire il riso e<br />

continuare la cottura mantenendo il riso al<br />

dente, spolverizzare di grana e servire<br />

Note: cottura e presentazione<br />

I ricettari più antichi indicano, per il minestrone,<br />

<strong>un</strong> tempo di 6-7 ore di cottura lentissima sul camino,<br />

riducibili a 5 ore con l’utilizzo del gas:<br />

tempi che appaiono esagerati per i ritmi di vita<br />

moderni. In effetti, i ricettari più aggiornati riducono<br />

il tempi di cottura delle verdure a 90-120<br />

minuti. Usando la pentola a pressione si può ottenere<br />

lo stesso risultato in circa 20-30 minuti.<br />

In estate il minestrone può consumarsi freddo:<br />

al termine <strong>della</strong> cottura si estraggono le eventuali<br />

cotenne e le fette di pancetta, si tagliano a<br />

listarelle e si depongono sul fondo delle scodelle,<br />

nelle quali si verserà il minestrone caldo. Le<br />

scodelle vanno lasciate raffreddare in luogo fresco<br />

(non in frigorifero) coperte con tovaglioli e<br />

quindi capovolte su altrettanti piatti: il minestrone<br />

manterrà <strong>un</strong>a forma a budino, completato<br />

dalla guarnizione di cotenne e pancetta.<br />

Varianti:<br />

Nel minestrone possono entrare tutte le verdure<br />

che l’orto produce a seconda <strong>della</strong> stagione. Costituiscono<br />

minimo com<strong>un</strong>e denominatore i fagioli,<br />

il sedano, la carota, il pomodoro e, naturalmente,<br />

il riso. Ricorrono con buona frequenza<br />

patate, cipolla, porro, zucchine, prezzemolo,<br />

verza: Non c’è accordo completo nemmeno sull’uso<br />

del formaggio finale o del grasso iniziale,<br />

indicato di volta in volta come lardo o lardone,<br />

cotenne o pancetta, semmai <strong>un</strong>iti assieme. Gli<br />

aromi più com<strong>un</strong>i sono basilico, rosmarino, salvia,<br />

alloro e aglio.<br />

Abbinamenti:<br />

Al minestrone si addicono poco gli antipasti. Se<br />

la guarnizione di cotenne è abbondante, gli si<br />

faccia seguire <strong>un</strong> secondo leggero e sfizioso,<br />

come l’animella (lacett) in fricassea o la scaloppina<br />

al limone.<br />

Col minestrone caldo si abbini <strong>un</strong> Bianco dei Colli<br />

Morenici del Mincio, dal profumo delicato, ma<br />

dal gusto sapido e armonico; con quello freddo<br />

<strong>un</strong> Pinot grigio dell’Oltrepò, appena vivace e dal<br />

bouquet fruttato.<br />

L’ingrediente: i fagioli<br />

Sono i frutti di piante erbacee <strong>della</strong> famiglia delle<br />

Leguminose. Ad eccezione dei fagioli con<br />

l’occhio (Dolichos), di origine mediterranea, già<br />

coltivati in epoca romana, tutte le altre specie<br />

(Phaseolus) sono di origine sudamericana e furono<br />

introdotte in Europa alla fine del XV secolo.<br />

In associazione con i cereali nobilitano la qualità<br />

del loro apporto proteico, andando a costituire<br />

<strong>un</strong>o delle più com<strong>un</strong>i associazioni alimentari dell’umanità.<br />

Nonostante questi presupposti, non<br />

sono <strong>un</strong> ortaggio amato dai lombardi che, salvo<br />

nella preparazione con le cotiche, non hanno<br />

saputo valorizzarli come pietanza autonoma.<br />

Sono utilizzati più com<strong>un</strong>emente nei piatti di<br />

campagna che non in quelli di città.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


MINESTRONE ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

429 13,5 13,7 66,8 525 23 7,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


RISOTTO ALLA MILANESE<br />

Il piatto acquisisce questa denominazione in alc<strong>un</strong>i ricettari lombardi dell’inizio del XIX secolo.<br />

Ha però origini molto più remote, riferibili al biancomangiare <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale<br />

dell’epoca gotica, nella versione con lo zafferano, di cui si trova il modello nel Libro de arte<br />

coquinaria di Maestro Martino da Como.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 35 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, casseruola, mestolo, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

RISO VIALONE (600 g), BURRO (100 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (80 g),<br />

MIDOLLO DI BUE (100 g), BRODO DI CARNE<br />

(2.5 litri), CIPOLLE (30 g), ZAFFERANO (2 bustine),<br />

VINO BIANCO (1/2 bicchiere), SALE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Fare fondere il midollo e privarlo delle impurità<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la cipolla tritata<br />

fine con <strong>un</strong>a noce di burro e il midollo<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il riso e farlo tostare rimestando<br />

per alc<strong>un</strong>i minuti<br />

• Bagnare con il vino e farlo evaporare<br />

• Cuocere il riso bagnando di tanto in tanto con<br />

il brodo bollente e continuando a rimestare<br />

con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />

• A metà cottura incorporare lo zafferano sciolto<br />

in <strong>un</strong>a tazzina di brodo<br />

• A cottura ultimata <strong>un</strong>ire il restante burro e il<br />

formaggio e mantecare bene<br />

• Lasciare riposare qualche minuto e servire<br />

Note: all’onda e al salto<br />

Nella tradizione milanese, il risotto, abbondantemente<br />

mantecato durante la cottura, si serve<br />

all’onda, cioè piuttosto cremoso, ma con i chicchi<br />

ben staccati tra loro e al dente, e si mangia<br />

col cucchiaio, in <strong>un</strong>o stato di grazia che dura pochissimi<br />

minuti, poiché il riso passa rapidamente<br />

di cottura. Il risotto avanzato può essere riscaldato<br />

al salto, rendendolo, secondo molti estimatori,<br />

più gustoso di quello appena fatto. Il risotto<br />

al salto si prepara <strong>un</strong>a porzione alla volta,<br />

schiacciando il riso con le mani su <strong>un</strong> foglio di<br />

carta oleata, fino a dargli la forma di <strong>un</strong> tortino.<br />

Con delicatezza, per non romperlo, si fa scivolare<br />

il tortino in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> contenente burro<br />

caldo e si fa cuocere come <strong>un</strong>a frittata, agitando<br />

dolcemente la pa<strong>della</strong> per il manico, finché il riso<br />

non abbia fatto la crosta. Si rovescia quindi su<br />

<strong>un</strong> piatto per farlo scivolare di nuovo nella pa<strong>della</strong><br />

e dorarlo anche dall’altra parte.<br />

Varianti:<br />

Sono molteplici, a cominciare dal riso, la cui<br />

scelta si orienta sulle qualità arborio, vialone e<br />

maratelli, per la loro resistenza alla cottura e il<br />

giusto rilascio di amido che forma la crema. Secondo<br />

<strong>un</strong>a tradizione che si fa risalire al tempo<br />

<strong>della</strong> dominazione napoleonica, si può aggi<strong>un</strong>gere<br />

vino rosso o, come si preferisce oggi, bianco<br />

secco al termine <strong>della</strong> rosolatura del riso. <strong>Per</strong><br />

tutto l’’800 si è usato, al posto del midollo, il<br />

cervellato, cioè il sanguinaccio di maiale con<br />

cervella oppure lardo o pancetta. Già dal ricettario<br />

dell’Odescalchi (1826) sono accolti i f<strong>un</strong>ghi<br />

secchi o in polvere in alternativa a fettine di tartufo.<br />

Gualtiero Marchesi decora il risotto con <strong>un</strong><br />

foglio d’oro zecchino per valorizzarne l’aspetto<br />

cromatico. Una versione più brodosa e senza midollo<br />

costituisce <strong>un</strong>a vera e propria minestra,<br />

popolarmente conosciuta col nome di risotta.<br />

Abbinamenti:<br />

Il risotto è usato spesso come "letto" per costolette<br />

alla milanese, per l’ossobuco, per il fricandò<br />

e per gli arrosti sugosi. Nella Brianza vi si<br />

appoggiano pezzi di salsiccia arrosto. In passato<br />

si accompagnava con vino rosso vivace e non<br />

invecchiato, come il Clinton o il Nustranel brianzolo;<br />

oggi si preferiscono vini bianchi di buon<br />

corpo e di marcata acidità, quali il Franciacorta<br />

bianco o il Pinot dell’Oltrepò Pavese.<br />

L’ingrediente: lo zafferano<br />

E’ <strong>un</strong>a sostanza aromatizzante e colorante, ricavata<br />

dagli stigmi dei fiori dell’omonima pianta<br />

erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Iridacee, originaria<br />

dell’Asia Minore. Usato in Oriente fin dall’antichità,<br />

fu introdotto nei Paesi mediterranei dagli<br />

Arabi e diffuso in Europa dopo le Crociate, a partire<br />

dal XIII secolo. Ebbe subito <strong>un</strong> largo impiego<br />

nella farmacopea e in <strong>cucina</strong>, sulla base di<br />

argomentazioni magico-simboliche che ne assimilavano<br />

le virtù a quelle dell’oro, ritenuto sostanza<br />

purificante per eccellenza, particolarmente<br />

efficace nella prevenzione delle malattie<br />

cardiache. Entrava perciò nelle diete degli ammalati<br />

e dei convalescenti, come livello intermedio<br />

tra la doratura aristocratica con polvere o<br />

sottili fogli d’oro zecchino e la doratura popolare<br />

ottenuta con la frittura dei cibi preventivamente<br />

passati nell’uovo sbattuto.<br />

Attualmente se ne ricava <strong>un</strong>a qualità più pregiata<br />

dai soli stigmi del fiore e <strong>un</strong>a qualità inferiore<br />

(denominata femmina) dalla polverizzazione<br />

dell’intero stame essiccato. Il prezzo<br />

commerciale è molto elevato (attorno ai cinque<br />

milioni per la prima qualità), poiché per ottenere<br />

80 g di polvere di zafferano sono necessari circa<br />

80 kg di fiori freschi.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


RISOTTO ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

688 16,5 33,9 81,3 1849 106 1,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


BUSECA ALLA MILANESE<br />

Il termine lombardo buseca ha etimo incerto; forse deriva da vessica con sovrapposizione di<br />

buus = buco, ma questa interpretazione regionale contrasta con l’esistenza <strong>della</strong> voce toscana<br />

busecchio, usata già dal XIII secolo con valore di budello. Indica l’intestino in genere e, in<br />

sottordine, il rumine dei bovini. In <strong>cucina</strong> designa la trippa ricavata dal rumine stesso che,<br />

nella porzione individuale di <strong>un</strong> piatto, è com<strong>un</strong>emente detta busechin.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Brasatura, Lessatura<br />

Utensili:<br />

batticarne, pa<strong>della</strong>, tagliere, cucchiaio di legno,<br />

pentola, schiumarola<br />

Ingredienti:<br />

TRIPPA RICCIA PRECOTTA (1200 g), POMODORI<br />

(100 g), CAROTE (200 g), SEDANO (100 g),<br />

PATATE (250 g), BURRO (50 g), LARDO (50 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (60 g),<br />

CIPOLLE (50 g), FAGIOLI DI SPAGNA SECCHI<br />

(200 g), BRODO DI CARNE (3 litri), SALE (q.b.);<br />

(<strong>Per</strong> la gremolata): PREZZEMOLO (1 mazzetto),<br />

AGLIO (1 spicchio), SALVIA (3 foglie),<br />

ROSMARINO (1 rametto)<br />

Esecuzione:<br />

• Lasciare a bagno i fagioli in acqua tiepida con<br />

<strong>un</strong> pizzico di sale, metterli in <strong>un</strong>a pentola con<br />

acqua fredda e farli cuocere<br />

• Tagliare a dadini pomodori, sedano e carote;<br />

affettare fine la cipolla; pelare le patate<br />

• Privare la trippa del cordone di grasso, sbollentarla<br />

qualche minuto per poterla sgrassare<br />

ulteriormente, scolarla bene e tagliarla a pezzetti<br />

<strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza di 1 cm circa<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola, fare rosolare leggermente<br />

la cipolla con il lardo battuto e il burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la trippa, il sedano e le carote e<br />

fare brasare per circa 10 minuti, mescolando<br />

di tanto in tanto con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il brodo bollente e fare cuocere<br />

su fuoco moderato per circa 30 minuti<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere i pomodori e le patate intere,<br />

continuare la cottura a fuoco basso per <strong>un</strong>'ora<br />

• Lasciare riposare per alc<strong>un</strong> minuti in modo<br />

che l'eventuale grasso rimasto <strong>della</strong> trippa<br />

venga in superficie e possa essere schiumato<br />

• Schiacciare le patate con <strong>un</strong>a forchetta e aggi<strong>un</strong>gere<br />

i fagioli già cotti, riportare a ebollizione<br />

e cuocere ancora qualche minuto<br />

• Tritare molto finemente gli ingredienti <strong>della</strong><br />

gremolata e mescolarli insieme<br />

• Unire la gremolata alla trippa, servire molto<br />

caldo con il grana<br />

Note: la pulizia <strong>della</strong> trippa<br />

Pellegrino Artusi considerava la trippa <strong>un</strong> cibo<br />

"poco confacente agli stomachi deboli e delicati,<br />

meno forse quella <strong>cucina</strong>ta dai Milanesi, i quali<br />

hanno trovato modo di renderla tenera e leggiera”.<br />

La corretta realizzazione <strong>della</strong> buseca inizia<br />

con la scelta delle qualità di trippa (cuffia e<br />

ricciolotta di vitello; il fogliolo - fujoo - si usa per<br />

fare la trippa in umido, da consumarsi come secondo)<br />

e prosegue con appropriate operazioni di<br />

pulitura e di cottura. Oggi la trippa si trova già<br />

pulita e cotta, altrimenti si deve pulire lavandola<br />

in acqua calda e raschiandola bene con <strong>un</strong> coltello<br />

nella parte superiore (per asportarne i corpi<br />

estranei) e inferiore (per ridurne il più possibile<br />

lo strato di grasso). La si fa quindi bollire per tre<br />

ore in acqua salata, con <strong>un</strong>a costola di sedano e<br />

<strong>un</strong>a cipolla picchettata con <strong>un</strong> chiodo di garofano.<br />

Varianti:<br />

<strong>Per</strong> la buseca (la cui origine è contesa) esistono<br />

tante versioni. Le varianti più diffuse prevedono<br />

l’uso di <strong>un</strong>o spicchio d’aglio nel soffritto o<br />

l’aggi<strong>un</strong>ta di porri, cavolo cappuccio o patate per<br />

rendere più spesso il brodo.<br />

Abbinamenti:<br />

In virtù del colore bianco che la fa percepire come<br />

<strong>un</strong> cibo non carneo, con il quale non si interrompe<br />

il digi<strong>un</strong>o, la trippa è il tradizionale<br />

piatto natalizio, consumato dopo la messa di<br />

mezzanotte (il busechin de la Vigilia). <strong>Per</strong> la sostanziosità<br />

degli ingredienti è piatto <strong>un</strong>ico, al<br />

quale si può far seguire, per spirito di celebrazione,<br />

<strong>un</strong>a fettina di miascia o di altro pane alla<br />

frutta, ma cui si addice maggiormente <strong>un</strong> dessert<br />

leggero, del tipo delle pere giulebbate così<br />

care alle nostre nonne. La si accosti <strong>un</strong> vino rosso<br />

giovane e ricco di acidità (Bonarda o Buttafuoco<br />

dell’Oltrepò Pavese).<br />

L’ingrediente: le interiora povere.<br />

E’ noto l’ingegno popolare nell’utilizzo dei tagli<br />

meno nobili <strong>della</strong> macelleria. Va tuttavia sottolineato<br />

che se la buseca di vitello aveva <strong>un</strong> ruolo<br />

riconoscibile nelle dinamiche rituali del Natale,<br />

<strong>un</strong>a non minore importanza hanno avuto, nella<br />

economia di sussistenza del passato, gli intestini<br />

e le bu<strong>della</strong> di tutti gli animali allevati o cacciati,<br />

purché capaci, <strong>un</strong>a volta nella pentola, di produrre<br />

pucia per intingere il pane o la polenta. Si<br />

pensi al busechin de corada (polmone), alle rigaglie<br />

di pollo al vin del tecc (poi sostituito con il<br />

più com<strong>un</strong>e marsala), agli stufati di interiora di<br />

maiale, di pecora, di capra e perfino di coniglio e<br />

di pollo, da versare sulla polenta, così diffusi in<br />

tutta la regione. Sul lago di Como si preparava<br />

la curadura, <strong>un</strong>a sorta di polpetta ottenuta friggendo<br />

in <strong>un</strong>a crosta di pangrattato, con cipolla e<br />

spezie, la colatura, cioè gli intestini degli agoni<br />

preparati per l’essiccazione.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


BUSECA ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

572 49,1 30,3 26,5 2360 40 7,6<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


CASSOEULA<br />

Detta anche cazzuola, cassuola (= casseruola, dim. di cazza, tegame) o bottaggio (da botte,<br />

con lo stesso significato, ma più probabilmente dal fr. potage = minestra, da pot = pignatta),<br />

analoghi ai termini olla (sp. = pignatta, da cui olla podrida) e potée (fr. pentola, da cui potée<br />

bourguignonne, lorraine ecc.) indicanti preparazioni simili.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />

Utensili: tagliere, casseruola<br />

Ingredienti:<br />

COSTINE DI MAIALE (800 g), PIEDINI (500 g),<br />

TESTINA (400 g), COTENNE (150 g), SALAMINI<br />

PER VERZATA o SALSICCIA DI MONZA (250 g),<br />

BURRO (50 g), VINO BIANCO (1/2 bicchiere),<br />

CIPOLLE (100 g), CAROTE (200 g), SEDANO<br />

(150 g), VERZA (1500 g), BRODO DI CARNE<br />

(q.b.), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare a tocchetti tutte le parti del maiale e<br />

sbollentare pochi minuti, scolare bene<br />

• Sfogliare la verza, lavarla accuratamente,<br />

rompere le foglie grossolanamente e sbollentarle<br />

per 2-3 minuti<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola bassa fare imbiondire nel<br />

burro la cipolla tagliata<br />

• Unire il sedano e le carote tagliati a bastoncini<br />

e fare rosolare per qualche minuto<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere tutte la parti del maiale tranne la<br />

salsiccia o i salatini, bagnare con il vino e farlo<br />

evaporare<br />

• Coprire il tegame e cuocere in forno a 130°C<br />

per mezz'ora circa, bagnando con del brodo<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la salsiccia o i salamini e le verze,<br />

salare e completare la cottura a bassa temperatura<br />

aggi<strong>un</strong>gendo del brodo caldo se la<br />

cassoeula asciuga troppo<br />

Note: le versioni <strong>della</strong> cassoeula<br />

Della cassoeula si trovano versioni, variamente<br />

denominate, in alc<strong>un</strong>i Paesi mediterranei e in<br />

molte regioni d’Italia, persino in Sicilia e in Sardegna.<br />

In Lombardia ogni zona ha il suo bottaggio<br />

tradizionale, ma è abituale <strong>un</strong>a grande elasticità<br />

nella scelta degli ingredienti: verze e cotiche<br />

per versioni essenziali, carne di maiale con<br />

salsicce e verdure varie nelle versioni più ricche,<br />

carni di pollo e di volaille in aggi<strong>un</strong>ta agli altri<br />

ingredienti per le versioni ancora più raffinate.<br />

Rispetto al passato, oggi si tende a sottoporre le<br />

costine, il piedino e le salsicce ad <strong>un</strong>a scottatura<br />

per sgrassarli. Tradizionalmente si prescriveva<br />

l’uso di verze che avessero raccolto la brina invernale,<br />

più dolci, più asciutte e più tenere rispetto<br />

a quelle raccolte precocemente. <strong>Per</strong> le<br />

verze non gelate occorrerà prol<strong>un</strong>gare la cottura<br />

di 30-45 minuti, mettendole sul fuoco prima degli<br />

altri ingredienti.<br />

Varianti:<br />

La preparazione più tradizionale vuole la cottura<br />

sulla fiamma anziché al forno.<br />

La cassoeula comasca rifiuta i piedini e il battuto<br />

di verdure e utilizza la testa del maiale e <strong>un</strong> bicchiere<br />

abbondante di vino bianco (che è accettato<br />

anche da alc<strong>un</strong>i recenti ricettari milanesi).<br />

Nella Bassa pavese si impiegano solo p<strong>un</strong>tine<br />

e aglietti. Nelle zone del Varesotto e del<br />

Mortarese prossime alla provincia di Novara si<br />

aggi<strong>un</strong>gono carne e durelli d’oca. In ricette recenti<br />

si segnalano il pomodoro o la conserva.<br />

Raro uso delle spezie (chiodi di garofano, ma<br />

neppure sul pepe c’è accordo <strong>un</strong>anime).<br />

Abbinamenti:<br />

E’ piatto <strong>un</strong>ico, che può essere seguito da <strong>un</strong><br />

leggero dessert. Gradisce vini robusti, sapidi, di<br />

marcata acidità, ma morbidi e ben strutturati:<br />

Barbacarlo dell’Oltrepò e Barbera con qualche<br />

anno di cantina.<br />

L’ingrediente: volaille vs. maiale<br />

La cassoeula è <strong>un</strong> tipico piatto invernale che tal<strong>un</strong>i<br />

vogliono connettere alla ritualità domestica<br />

per la figura di sant’Antonio abate. I legami antropologici<br />

tra il santo eremita e il porco, tra i<br />

suoi festeggiamenti (17 gennaio) e la macellazione<br />

del maiale sono fuori discussione. L’inserimento<br />

del maiale nella ritualità antoniana si<br />

sviluppa nel tardo Medioevo e prende le forme di<br />

<strong>un</strong>a giustificazione a posteriori rispetto ad <strong>un</strong>a<br />

mitologia (e alla conseguente iconografia) non<br />

più decifrabile nelle sue reali connotazioni sacrali.<br />

Nella codificazione oggi più diffusa, la cazzoeula<br />

può essere fatta risalire agli inizi del nostro<br />

secolo. Le origini di <strong>un</strong> piatto così complesso<br />

sono com<strong>un</strong>que oscure. C'è chi ritiene si<br />

sia aggregato, nel corso dei secoli, attorno a <strong>un</strong><br />

originario nucleo di verza e cotenne di maiale,<br />

tipicamente padano. C'è chi, al contrario, ritiene<br />

non sia se non la progressiva semplificazione di<br />

<strong>un</strong> potaggio meridionale, gi<strong>un</strong>to nella regione<br />

attraverso la dominazione spagnola, o il ridimensionamento<br />

di <strong>un</strong> piatto <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> barocca,<br />

contenente carni di diversi animali, elaborato<br />

dalla gastronomia aristocratica a partire da quella<br />

oglia registrata da Bartolomeo Scappi nella<br />

sua Opera (1570). Quasi tutti i ricettari fino al<br />

XIX secolo sembrerebbero convalidare questa<br />

ultima ipotesi, indicando per la cassoeula ingredienti<br />

molto vari e prescrivendo quasi sempre la<br />

carne e le interiora di pollo. Crediamo sia possibile<br />

avanzare l’ulteriore ipotesi che la versione<br />

povera (verze e cotiche, avvicinabile agli ambiti<br />

<strong>della</strong> ritualità popolare per Sant’Antonio) e quelle<br />

più elaborate possano vantare origini separate<br />

e che dopo la metà del secolo scorso abbiano<br />

messo in com<strong>un</strong>e soltanto il nome, a partire<br />

dall’affinità delle tecniche di preparazione e<br />

<strong>della</strong> com<strong>un</strong>anza di alc<strong>un</strong>i ingredienti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


CASSOEULA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

628 69,0 34,1 9,8 1171 222 7,5<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


OSSOBUCO ALLA MILANESE<br />

Dal milanese oss bus = osso bucato. La preparazione è definita in gremolada = cremolata, cioè<br />

salsa, condimento.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 35 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Brasatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, tegame, mestolo<br />

Ingredienti:<br />

OSSOBUCHI DI VITELLO (n.6, da 250 g ciasc<strong>un</strong>o),<br />

BURRO (60 g), VINO BIANCO (1 bicchiere),<br />

BUCCIA DI LIMONE (di 1/2 frutto),<br />

AGLIO (1/2 spicchio), SALVIA (2 foglie), RO-<br />

SMARINO (1 rametto), PREZZEMOLO (30 g),<br />

BRODO (q.b.), FARINA 00 (q.b.), SALE (q.b.),<br />

PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Infarinare gli ossobuchi<br />

• In <strong>un</strong> largo tegame farli rosolare in metà del<br />

burro<br />

• Bagnare con il vino e lasciare evaporare<br />

• Regolare di sale e pepe<br />

• Coprire il tegame e fare cuocere su fuoco<br />

basso rigirandoli di tanto in tanto e bagnandoli<br />

con il brodo secondo necessità<br />

• Nel frattempo preparare le gremolata tritando<br />

finemente l'aglio, il prezzemolo, la buccia<br />

di limone, la salvia e il rosmarino<br />

• Poco prima di servire <strong>un</strong>ire la gremolata all'intingolo<br />

insieme al rimanente burro<br />

Note: l'osso col buco<br />

Nella sua definizione settecentesca, l’ossobuco si<br />

<strong>cucina</strong>va senza il pomodoro, che viene aggi<strong>un</strong>to<br />

quasi regolarmente dalla fine del XVIII secolo.<br />

La gremolada è <strong>un</strong>a salsa composta da buccia di<br />

limone, rosmarino, aglio e prezzemolo tritati, cui<br />

la presenza del limone conserva <strong>un</strong> tocco decisamente<br />

rococò. La denominazione stessa del<br />

piatto, ricavato da fette di geretto (o stinco),<br />

meglio se posteriore, di vitello, sottolinea<br />

l’importanza dell’osso e più ancora del buco per<br />

la buona riuscita <strong>della</strong> preparazione. Il buco è<br />

infatti ricolmo di midollo osseo il quale, sciogliendosi<br />

superficialmente durante la cottura, dà<br />

la giusta consistenza alla salsa e ne ammorbidisce<br />

il gusto. Secondo la tradizione milanese il<br />

midollo residuo si estrae dalla sua cavità con<br />

<strong>un</strong>’apposita palettina, chiamata ironicamente<br />

agente delle tasse o esattore.<br />

Varianti:<br />

L’infarinatura degli ossobuchi, generalmente<br />

praticata in passato per garantire loro morbidezza,<br />

non ha oggi, in presenza di carni più tenere,<br />

carattere di prescrittività (ma già l’Artusi vi av eva<br />

rin<strong>un</strong>ciato, per aggi<strong>un</strong>gerla successivamente<br />

<strong>un</strong> po’ di farina quale legante <strong>della</strong> salsa). Non<br />

infrequente l’aggi<strong>un</strong>ta di prosciutto o pancetta<br />

nel soffritto, che in altre varianti è invece ridotto<br />

alla sola cipolla. Nelle versioni più recenti la<br />

gremolata rin<strong>un</strong>cia talvolta al rosmarino e all’aglio<br />

ma accetta salvia, maggiorana e persino <strong>un</strong><br />

filetto di acciuga.<br />

Abbinamenti:<br />

Come piatto <strong>un</strong>ico si sposa al risotto giallo e alla<br />

polenta. Come secondo, segue <strong>un</strong> primo leggero<br />

e può avere come contorno piselli freschi, fagiolini<br />

o purè di patate.<br />

L’intenso Sassella valtellinese, dal profumo fruttato,<br />

o il Cellatica bresciano, sapido e amarognolo,<br />

costituiscono l’abbinamento classico.<br />

L’ingrediente: il limone in <strong>cucina</strong><br />

Pur non essendo <strong>un</strong> frutto lombardo (cresce solo<br />

sulle rive dei laghi più grandi) è <strong>un</strong> ingrediente<br />

molto ricercato dalla gastronomia regionale. Il<br />

sodalizio nasce nel Medioevo, quando i limoni,<br />

assieme alle arance selvatiche (i naranzi dei ricettari<br />

trecenteschi), che ancora non si era riusciti<br />

ad innestare convenientemente per ricavarne<br />

<strong>un</strong>a varietà dolce, erano usati in f<strong>un</strong>zione<br />

di spezie. Con la rivoluzione illuministica delle<br />

tecniche <strong>cucina</strong>rie e del gusto, l’impiego delle<br />

spezie fu drasticamente ridimensionato, mentre<br />

quello del limone, considerato <strong>un</strong> alimento più<br />

naturale e meno artificioso rispetto alle droghe,<br />

rimase costante, per ottenere dai cibi <strong>un</strong> impatto<br />

gustativo simile a quello che precedentemente<br />

era raggi<strong>un</strong>to con l’aceto o con l’agresto. Possiamo<br />

far risalire alla seconda metà del Settecento<br />

quasi tutte quelle preparazioni tradizionali,<br />

come la gremolata, aromatizzate con scorza di<br />

limone in assenza di altre spezie (quando invece<br />

l’accostamento a spezie potenti, come i chiodi di<br />

garofano, la cannella o la noce moscata, rimanda<br />

ad origini più antiche). Nel secolo successivo,<br />

alla scorza, che resta nell’impasto di<br />

molti dolci, si preferirà il succo dell’agrume, dal<br />

quale deriverà il registro acidulo non solo <strong>della</strong><br />

<strong>cucina</strong> ittica, ma anche di moltissimi piatti di<br />

carne, dalla fricassea alla costoletta e al fegato<br />

alla milanese, dal fritto misto alle scaloppine, al<br />

vitello in gelatina, al salmì per la cacciagione da<br />

penna.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


OSSOBUCO ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

410 53,9 16,6 8,3 588 190 0,5<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


COTOLETTA ALLA MILANESE<br />

Cotoletta, da costola (dial. cuteleta, dal fr. cotelette). La milanese è il corrispettivo lombardo<br />

del Wienerschnitzel. La disputa storica tra milanesi e viennesi sulla paternità del piatto è definitivamente<br />

risolta a favore dei primi, in base ad <strong>un</strong> rapporto indirizzato dal conte Attems<br />

all’imperatore Franz Joseph, in cui si dà la prima notizia conosciuta sulla cotoletta impanata<br />

dei milanesi. Sarebbe stato poi il maresciallo Radetsky a fornire personalmente la ricetta<br />

all’imperatore.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 20 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

batticarne, pa<strong>della</strong><br />

Ingredienti:<br />

COSTOLETTE DI VITELLO CON L'OSSO (n.6, alte<br />

1 cm), PANE GRATTUGIATO GROSSO (q.b.),<br />

UOVA (n.2), BURRO (150 g), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliuzzare il bordo delle costolette in modo<br />

che non si arriccino durante la cottura<br />

• Batterle leggermente e passarle prima nell'uovo<br />

sbattuto e poi nel pane grattugiato<br />

battendo delicatamente con le mani in modo<br />

da fare aderire bene l'impanatura<br />

• Sciogliere il burro in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> larga e pesante<br />

e farvi dorare le costolette da entrambi<br />

i lati, su fuoco dolce<br />

• Tagliando la cotoletta, all'interno deve risultare<br />

leggermente umida: deve essere croccante<br />

all'esterno e morbida dentro<br />

Note: la costoletta di vitello<br />

La costoletta deve necessariamente essere ricavata<br />

dalla lombata (o quadrello) di vitello di latte;<br />

alc<strong>un</strong>i ritengono che solo le prime sei costolette<br />

abbiano le caratteristiche necessarie per<br />

aspirare alla impanatura: solo queste, infatti risultano<br />

non troppo magre né troppo grasse e<br />

sufficientemente tenere da essere fritte senza<br />

doverle battere o sfibrare con <strong>un</strong>a prol<strong>un</strong>gata<br />

manipolazione come si usava in passato.<br />

Il manico, cioè l’osso <strong>della</strong> costola, sporgente<br />

dalla carne, viene solitamente ricoperto di stagnola<br />

per permettere ai commensali di spolparlo<br />

prendendolo tra le dita.<br />

Il succo <strong>della</strong> fettina di limone di guarnizione,<br />

consigliato dai ricettari di inizio secolo, aveva lo<br />

scopo principale di coprire gli eventuali sapori<br />

sgradevoli derivati da <strong>un</strong>a cattiva conservazione<br />

<strong>della</strong> carne o dal parziale irrancidimento del burro.<br />

Le carni ben conservate e l’ottima qualità del<br />

burro rendono oggi quest’uso del tutto superfluo.<br />

Varianti:<br />

Alc<strong>un</strong>e ricette storiche consigliano <strong>un</strong>a grattatina<br />

di noce moscata nell’impanatura; altre, tra cui<br />

quella dell’Artusi, prescrivono di mischiare al<br />

pangrattato del formaggio parmigiano (Artusi<br />

aggi<strong>un</strong>ge anche prezzemolo e odore di tartufo).<br />

La tradizione apprezza l’uso di sottoporre la costoletta<br />

ad <strong>un</strong>a doppia impanatura, così da renderla<br />

ben croccante esternamente, conservandone<br />

la morbidezza e la leggera umidità interna.<br />

Abbinamenti:<br />

Come piatto <strong>un</strong>ico si accompagna al risotto giallo.<br />

Come secondo piatto gradisce il contorno di<br />

cicorietta fresca, di patate fritte a bastoncini, di<br />

p<strong>un</strong>te di asparago, spinaci o fagiolini al burro.<br />

Richiede <strong>un</strong> vino di buon corpo e di grande morbidezza,<br />

come il Barbacarlo ben invecchiato o il<br />

Franciacorta Rosso dal leggero gustolfatto erbaceo.<br />

L’ingrediente: il vitello.<br />

I ricettari dei primi anni del secolo indicavano i<br />

rinomati vitelli <strong>della</strong> Brianza come fornitori ottimali<br />

<strong>della</strong> carne di primissima qualità necessaria<br />

per le costolette. Al giorno d’oggi, gran parte<br />

del patrimonio zootecnico lombardo, al pari di<br />

quello di altre regioni italiane, si ricostituisce<br />

annualmente tramite le importazioni dai paesi<br />

CEE maggiormente attrezzati per l’allevamento<br />

(Francia e Germania), cosicché non solo il territorio<br />

agricolo a Nord di Milano non ha, rispetto<br />

ad altre zone <strong>della</strong> regione, quali il Bresciano, il<br />

Mantovano e il Cremonese, <strong>un</strong>a produzione bovina<br />

veramente apprezzabile, ma non può garantire<br />

neppure l’origine locale degli animali.<br />

Si classifica come vitello il bovino di età inferiore<br />

a <strong>un</strong> anno e di peso non superiore ai 230 kg<br />

(180 kg per quelli di latte). La carne di vitello si<br />

distingue da quella del bovino adulto per <strong>un</strong>a<br />

maggiore tenerezza, per il colore più rosato, per<br />

la accentuata succulenza; ha odore latteo e minime<br />

quantità di grasso. Risulta di facile digestione<br />

ed è meno energetico di quella di vitellone<br />

o di manzo (92 kcal per 100 g contro le 129<br />

del bovino adulto).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


COTOLETTA ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

454 45,4 24,7 13,2 660 269 0,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


VITELL TONE’<br />

A dispetto <strong>della</strong> compita sonorità francesizzante, alla denominazione si riconosce <strong>un</strong>a pretta<br />

natura dialettale <strong>lombarda</strong>. Storicamente, ad <strong>un</strong>a origine tardo settecentesca del piatto, in<br />

<strong>un</strong>’area che si allarga da Parigi alla pianura Padana, corrisponde <strong>un</strong> irradiamento simultaneo<br />

nei ricettari francesi, piemontesi, lombardi, veneti ed emiliani dell’inizio del XIX secolo.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura<br />

Utensili:<br />

casseruola, affettatrice, piatto da portata, ciotola,<br />

frusta<br />

Ingredienti:<br />

MAGATELLO o NOCE DI VITELLO (1500 g),<br />

TONNO SOTT'OLIO (200 g), VINO BIANCO<br />

SECCO (250 cc), OLIO DI OLIVA (300 g), CA-<br />

ROTE (40 g), SEDANO (50 g), CIPOLLE (50 g),<br />

ALLORO (1 foglia), PEPE (4-5 grani), TUORLI<br />

D'UOVA (n.2), CAPPERI (20 g), SUCCO DI<br />

LIMONE (succo di 1 limone), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la carne con<br />

60 grammi di olio e le verdure tritate grossolanamente<br />

• Irrorare con il vino bianco e farlo evaporare<br />

• Coprire di acqua, aggi<strong>un</strong>gere il pepe in grani,<br />

salare e portare a bollore<br />

• Coprire e fare cuocere finché la carne risulta<br />

tenera<br />

• Togliere la carne, conservando il brodo, e lasciarla<br />

raffreddare<br />

• Con i tuorli, il restante olio e il succo di limone<br />

preparare <strong>un</strong>a maionese<br />

• Unire alla maionese il tonno passato al setaccio,<br />

diluire la salsa con il brodo e aggi<strong>un</strong>gere<br />

i capperi tritati fini<br />

• Affettare la carne, coprirla con la salsa e<br />

mettere in frigorifero prima di servire<br />

Note: come fosse tonno<br />

Ai nostri giorni il piatto ha ass<strong>un</strong>to caratteristiche<br />

facilmente riconoscibili grazie alla standardizzazione<br />

dei modelli culinari operata dalla ristorazione<br />

di massa e dai negozi di specialità<br />

gastronomiche. Converrà però ricordare che la<br />

tradizone <strong>lombarda</strong> vanta due diversi modelli di<br />

vitello tonnato, l’<strong>un</strong>o caldo e l’altro freddo, che<br />

la salsa a base di maionese per quest’ultimo è<br />

diventata norma solo nel nostro secolo e che<br />

nelle prime versioni ottocentesche raccolte sotto<br />

questo nome non rientrava neppure il tonno: si<br />

può pensare che tonnato volesse in <strong>un</strong> primo<br />

tempo significare <strong>cucina</strong>to come fosse tonno e<br />

che la ventresca sott’olio sia stata aggi<strong>un</strong>ta in<br />

<strong>un</strong> secondo tempo, attratta dal nome del piatto.<br />

La preparazione fredda era tipicamente estiva,<br />

tradizionale a Milano per Ferragosto. La carne,<br />

marinata, lessata e affettata, veniva accompagnata<br />

da <strong>un</strong>a salsina ottenuta emulsionando con<br />

la frusta i diversi ingredienti tra i quali non sempre<br />

figuravano il rosso d’uovo e la ventresca.<br />

Nella preparazione calda, invece, la carne era<br />

arrostita, affettata e servita con la salsa di cottura<br />

addensata (spesso con farina) e deglassata<br />

con succo di limone.<br />

Varianti:<br />

Alc<strong>un</strong>e province, soprattutto Como, contendono<br />

a Milano la parternità del vitell toné. Correttamente,<br />

in mancanza di prove dirette, alc<strong>un</strong>i autori<br />

lo considerano <strong>un</strong> piatto interregionale. Rispetto<br />

alla versione standard contemporanea, le<br />

varianti non appaiono di grande rilievo. La carne<br />

può provenire dalla fesa, dal magatello o dalla<br />

noce, tagli limitrofi del posteriore bovino. Alla<br />

bollitura prol<strong>un</strong>gata dei vecchi ricettari, oggi si<br />

preferisce <strong>un</strong>a cottura moderata che conservi<br />

alla carne la morbidezza e il colore rosato. La<br />

foglia d’alloro può essere sostituita o accompagnata<br />

da <strong>un</strong> chiodo di garofano. I capperi possono<br />

essere lasciati interi e la salsa può essere<br />

ammorbidita con panna.<br />

Abbinamenti:<br />

Segue con uguale dignità <strong>un</strong> minestrone freddo<br />

oppure <strong>un</strong> piatto di ravioli di magro conditi con<br />

burro e salvia.<br />

Si accompagna a rossi gentili o briosi, come il<br />

Chiaretto del Garda o il Lambrusco mantovano.<br />

L’ingrediente: la maionese<br />

Una classica salsa fredda <strong>della</strong> gastronomia internazionale,<br />

proveniente dalla <strong>cucina</strong> barocca e<br />

divenuta <strong>un</strong>o degli emblemi <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> pronta<br />

e del fast food, anche come base per salse più<br />

elaborate: la salsa rosa, con ketchup e brandy,<br />

per crostacei; la salsa tartara, con erbe aromatiche,<br />

capperi e cetriolini sottaceto, per pesci bolliti<br />

e verdure; la salsa andalusa, con sugo di pomodoro<br />

e peperone, per arrosti; la salsa diplomatica,<br />

con olive e mandorle, per pesci grigliati<br />

ecc.. Si tratta, in sostanza, di <strong>un</strong>a emulsione di<br />

olio d’oliva e tuorli d’uovo con sale e succo di limone<br />

(o aceto), di altissimo valore energetico<br />

(655 kcal per 100 g), che l’utilizzo dell’olio di<br />

semi, proprio dei prodotti industriali, non rende<br />

meno pesante. Le maionesi industriali hanno inoltre<br />

bisogno di antiossidanti e di amidi (mais o<br />

soia) con f<strong>un</strong>zione addensante e stabilizzante,<br />

non necessari nel prodotto casalingo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


VITELL TONE’<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

805 61,8 57,9 1,8 789 288 0,7<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


NERVETTI IN INSALATA<br />

Così si chiamano (impropriamente, perchè i nervi non c’entrano niente) le cartilagini del ginocchio<br />

e dello stinco del vitello. Nervetto è italianizzazione <strong>della</strong> voce dialettale gnervitt =<br />

tendini. In passato i nervetti erano <strong>un</strong>o dei piattelli serviti nelle osterie per accompagnare la<br />

mescita al bianco, quale antipasto tipico <strong>della</strong> tradizione popolare milanese. Oggi i “nervetti”<br />

sono anche preparati, già cotti e pressati, a livello industriale e distribuiti nelle salumerie: in<br />

questo caso però si usa ogni genere di cartilagine e non solo quella del piedino.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Antipasti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, insalatiera<br />

Ingredienti:<br />

ZAMPETTI DI VITELLO (n.2), GIRELLI DI VI-<br />

TELLO (n.2), CIPOLLOTTI (n.3), SEDANO (1 costa),<br />

CAROTA (n.1), OLIO DI OLIVA (4 cucchiai),<br />

ACETO (1 cucchiaio), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire gli zampetti e i girelli e lavarli bene<br />

• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a pentola con abbondante<br />

acqua, salare e <strong>un</strong>ire la carota e il sedano<br />

• Appena l'acqua bolle, mettervi gli zampetti e<br />

i girelli<br />

• Fare cuocere per almeno due ore<br />

• Quando sono ben teneri levarli dal brodo e<br />

lasciarli intiepidire<br />

• Staccare tutta la parte nervosa dalle ossa e<br />

tagliarla a listerelle<br />

• Collocare i nervetti <strong>un</strong> <strong>un</strong>'insalatiera, <strong>un</strong>ire i<br />

cipollotti affettati fini, <strong>un</strong> pizzico di sale e pepe<br />

• Condire con l'olio e l'aceto<br />

• Mescolare e servire<br />

Note: preparazione casalinga e commerciale<br />

I nervetti alla casalinga, ottenuti facendo bollire<br />

a l<strong>un</strong>go le parti legamentose dei piedini e dei ginocchi<br />

di vitello assieme al lesso misto per fargli<br />

prendere più sapore, oggi possono essere sostituite,<br />

per la preparazione in insalata, con prodotti<br />

industriali, reperibili in salumeria o al supermercato.<br />

Si tratta di cartilagini provenienti da<br />

tagli anche diversi dalla gamba, già cotte, pressate<br />

sotto vuoto e solitamente addizionate di acido<br />

ascorbico come conservante. Una volta tagliate<br />

a listarelle e condite opport<strong>un</strong>amente, si<br />

prestano a risultati abbastanza simili a quelli<br />

tradizionali.<br />

Varianti:<br />

Alla versione base (nervetti con anelli di cipolla<br />

cruda e prezzemolo tritato, conditi con olio, sale<br />

e pepe) si sono affiancati da tempo versioni più<br />

ricche e condite, ottenute con l’aggi<strong>un</strong>ta di fagioli<br />

borlotti o bianchi di Spagna lessati, oppure<br />

di aceto o limone, o con la sostituzione <strong>della</strong> cipolla<br />

fresca con cipolline sotto aceto.<br />

Abbinamenti:<br />

Non è <strong>un</strong> antipasto leggero e può aprire <strong>un</strong> pasto<br />

composto da <strong>un</strong>a minestra, come il Ris e erborin,<br />

da <strong>un</strong>a frittata e da <strong>un</strong> dessert leggero di<br />

frutta, per esempio <strong>un</strong>a persicata.<br />

Vi si accompagna <strong>un</strong> vino bianco, secondo l’uso,<br />

o rosato, come il Riviera del Garda Chiaretto.<br />

L’ingrediente: il piedino.<br />

Nella <strong>cucina</strong> povera urbana del passato, come<br />

nella <strong>cucina</strong> contadina, dominata dalla presenza<br />

del maiale, la carne bovina era considerata <strong>un</strong><br />

lusso quasi inavvicinabile. Il piedino e il ginocchio<br />

(gerett), assieme alla testina, alle ossa da<br />

spolpare e alle interiora meno nobili (buseca)<br />

erano tra i pochi tagli bovini concessi alla tavola<br />

povera e hanno costituito per secoli <strong>un</strong>o dei banchi<br />

di prova dell’ingegno gastronomico del popolo.<br />

Dal piedino non si ricavava, infatti, solo<br />

l’insalata di nervetti. Le cartilagini, <strong>un</strong>a volta<br />

bollite, accompagnavano ancora calde la polenta,<br />

oppure, lasciate raffreddare, venivano, al<br />

pari <strong>della</strong> testina, <strong>cucina</strong>te in sguazzetto, in stufato<br />

con salvia e fagioli, oppure impanate e fritte.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


NERVETTI IN INSALATA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

304 37,5 15,7 3,6 529 116 1,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


FRITTO MISTO ALLA MILANESE<br />

Nella sua versione più tradizionale, il fritto misto, assieme alle frattaglie più ricercate, accoglieva<br />

anche il polmone, che oggi non è quasi più utilizzato. In passato costituiva piatto <strong>un</strong>ico,<br />

dal momento che a fianco delle carni venivano fritti gli ortaggi di stagione, che completavano il<br />

piatto con <strong>un</strong> necessario apporto vegetale. E’ consigliabile presentarlo ancora oggi come piatto<br />

<strong>un</strong>ico, piuttosto che come secondo inserito in <strong>un</strong> contesto più ampio di portate.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, trinciante, casseruola, pa<strong>della</strong>, schiumarola<br />

Ingredienti:<br />

Interiora di vitello: CERVELLA (300 G), FEGATO<br />

(400 g), ANIMELLE (300 g), FILONI (150 g), eventuale<br />

POLMONE (200 g), ORTAGGI<br />

(ZUCCHINE, FUNGHI, MELANZANE a piacere); e<br />

inoltre per friggere: FARINA BIANCA (50 g),<br />

PANE GRATTUGIATO (100 g), UOVA (n. 2),<br />

BURRO (150 g), SALE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire le animelle dalla pellicola esterna, lessarle<br />

(eventualmente assieme al polmone) in<br />

acqua salata per venti minuti<br />

• Scolarle, tagliarle a pezzi grandi quanto <strong>un</strong>a<br />

noce, passarle nell’uovo sbattuto e salato e<br />

poi nel pane grattugiato.<br />

• Pulire le animelle e i filoni, tagliarli a pezzi e<br />

passare anche questi prima nell’uovo sbattuto<br />

e poi nel pane grattugiato.<br />

• Friggere in abbondante burro bollente tutti gli<br />

ingredienti così preparati, fino a che non siano<br />

dorati e croccanti (il tempo varia a seconda<br />

degli ingredienti).<br />

• Tagliare il fegato a fette sottilissime, liberandolo<br />

dai canalicoli bianchi e dalla pellicina esterna,<br />

e friggerlo a parte con molto burro,<br />

togliendo ogni fetta non appena comincia a<br />

perdere sangue, così che non indurisca.<br />

• Tagliare a fette le zucchine e melanzane, salarle<br />

leggermente, infarinarle, assieme alle<br />

cappelle dei f<strong>un</strong>ghi, e friggerle nel burro.<br />

• Depositare i vari ingredienti, man mano che<br />

sono fritti, su carta assorbente, per liberarli<br />

dall’<strong>un</strong>to in eccesso.<br />

• Servire tutto insieme su <strong>un</strong> piatto di portata<br />

caldissimo.<br />

Note: limone e frittura<br />

Dalla tradizione ottocentesca, la <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />

ha ereditato l’abitudine di condire le fritture, sia<br />

di carni che di pesce o di verdure, con il succo di<br />

fettine di limone che spesso vengono servite nello<br />

stesso piatto assieme agli alimenti. E’<br />

<strong>un</strong>’abitudine che ha i suoi vantaggi e i suoi inconvenienti.<br />

Il limone, infatti, per la sua acidità<br />

può stimolare la secrezione gastrica e facilitare<br />

la digestione del fritto, contribuendo a pulire la<br />

bocca dall’intensità gustativa di questa pietanza.<br />

E’ però indubbio che le croccantezza del fritto<br />

decade dopo l’aggi<strong>un</strong>ta del succo di limone, il<br />

quale, con il suo sapore prevalente, tende ad<br />

omologare il gusto dei diversi tipi di interiora.<br />

Una buona frittura, croccante e asciutta, non ha<br />

bisogno di succo di limone!<br />

Varianti:<br />

Gli Stomachi deboli del Dubini accolgono nella<br />

frittura anche la tettina, preventivamente lessata<br />

per 20 minuti. Non è raro il caso in cui il fegato<br />

sia fritto in burro con qualche foglia di salvia.<br />

Altri aggi<strong>un</strong>gono crocchettine di pollo o salsiccia<br />

di Monza tagliata a pezzetti (ma l’idea di friggere<br />

la salsiccia farà inorridire i palati moderni).<br />

Abbinamenti:<br />

Come secondo piatto, può essere preceduto da<br />

<strong>un</strong> antipasto vegetale e seguito da <strong>un</strong> dessert di<br />

frutta. Vino: Riviera del Garda Rosso Superiore,<br />

vinoso, sapido, giustamente acido.<br />

L’ingrediente: le interiora nobili<br />

Sino dai tempi più antichi, il fegato, il cervello, le<br />

animelle, il cuore, i rognoni, sono stati considerati<br />

tagli di carne particolari, superiori a qualsiasi<br />

altro ricavato dagli animali uccisi, perchè ritenuti<br />

la sede stessa <strong>della</strong> vita. <strong>Per</strong> questa ragione,<br />

nell’antichità, la consumazione delle interiora<br />

nobili era spesso proibita dalle leggi civili o dagli<br />

ordinamenti religiosi, che però ne consentivano<br />

l’uso per trarre gli auspici e come cibo regale o<br />

sacerdotale. Nel nostro secolo sono divenute abbastanza<br />

com<strong>un</strong>i, anche se risultano sempre<br />

meno accette alle giovani generazioni. La <strong>cucina</strong><br />

<strong>lombarda</strong> mostra fedeltà alla delicatezza delle<br />

animelle con agrodolci e fricassee; al fegato con<br />

vari piatti tipici (fegato alla milanese, alla lodigiana,<br />

alla bresciana); al cervello con il cervelat,<br />

<strong>un</strong> salsiccia molto diffusa nell’800, oggi quasi introvabile.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


FRITTO MISTO ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

846 37,8 66,1 26,3 756 1720 2,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


POLPETTE DI VERZA<br />

Si tratta propriamente di <strong>un</strong> impasto fasciato in foglie di verza; in lingua italiana si chiamerebbero<br />

involtini, rotolini o, al più, polpettine nel cavolo; ma nella tradizione milanese il termine<br />

polpetta indica spesso <strong>un</strong>a fettina di fesa farcita con <strong>un</strong> ripieno, ripiegata o arrotolata, di cui la<br />

foglia di verza è <strong>un</strong> succedaneo economico. Ricettari classici, come quello del Cùnsolo, segnalano<br />

addirittura la polpetta distesa, cioè <strong>un</strong>a fettina di fesa con sopra la farcia, cotta al forno.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

pentola, ciotola, stecchini, tegame, tritacarne<br />

Ingredienti:<br />

CAVOLO VERZA (n.1 grosso), CARNE DI MANZO<br />

O MAIALE GIA' COTTA (300 g), SALSICCIA (50<br />

g), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30 g),<br />

PANE (60 g), LATTE DI VACCA INTERO (200 g),<br />

UOVA (n.1), PREZZEMOLO TRITATO (1 cucchiaino),<br />

CIPOLLE (30 g), BURRO (30 g), VINO<br />

BIANCO (40 cc), PANCETTA (30 g), FARINA 00<br />

(1 cucchiaio), BRODO DI CARNE (1 mestolo),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Sfogliare la verza e scartare le foglie esterne<br />

• Lavare bene le foglie rimaste e batterne il costone<br />

• Scottare le foglie in acqua bollente e stenderle<br />

sul tavolo di <strong>cucina</strong><br />

• Ammollare il pane nel latte per almeno mezz'ora,<br />

poi strizzarlo<br />

• Tritare la carne, aggi<strong>un</strong>gere salsiccia, grana,<br />

pane ammollato, uovo e prezzemolo<br />

• Regolare di sale e pepe e amalgamare bene<br />

• Mettere su ogni foglia di verza <strong>un</strong>a noce del<br />

ripieno e avvolgere fermando con <strong>un</strong>o stecchino<br />

• In <strong>un</strong> tegame fare imbiondire la cipolla tritata<br />

con burro e pancetta tagliata a dadini<br />

• Infarinare gli involtini, metterli nel tegame e<br />

farli rosolare a fuoco vivace<br />

• Bagnare con il vino bianco e il brodo<br />

• Fare cuocere su fuoco moderato per 15-20<br />

minuti circa girando gli involtini<br />

• Servire con contorno di riso cotto al vapore<br />

Note: qualche accorgimento<br />

Presente sul mercato tutto l’anno, scarto minimo,<br />

prezzo basso, la verza è <strong>un</strong>a verdura popolare<br />

che però è bene saper scegliere e <strong>cucina</strong>re.<br />

Al momento dell’acquisto deve avere le foglie<br />

esterne color verde scuro, prive di macchie giallastre.<br />

Le verze migliori sono quelle sode, cioè con le<br />

foglie interne, di colore più chiaro, ben compatte<br />

e chiuse a palla. Non devono essere troppo<br />

grosse, perché risulterebbero dure e indigeste.<br />

Prima <strong>della</strong> cottura, è necessario privarle delle<br />

foglie esterne, dure; le altre foglie, staccate <strong>un</strong>a<br />

ad <strong>un</strong>a, vanno lavate accuratamente sotto<br />

l’acqua corrente.<br />

Varianti:<br />

Il ripieno può accogliere carne trita cruda in luogo<br />

di carne già cotta; salame, morta<strong>della</strong>, prosciutto<br />

o pancetta in luogo <strong>della</strong> salsiccia; noce<br />

moscata per l’aromatizzazione. Non tutti i ricettari<br />

prevedono il soffritto di cipolla, né l’infarinatura<br />

delle polpette e il deglassamento dell’intingolo<br />

con il vino bianco; altri, invece vi aggi<strong>un</strong>gono<br />

qualche foglia di salvia. Il Bassani segnala<br />

in Brianza delle polpette di magro, ripiene<br />

soltanto di verdure (sedano, carote e patate),<br />

cotte in sugo di pomodoro.<br />

Abbinamenti:<br />

Si servono con riso bianco asciutto, meglio se<br />

cotto a vapore: nel qual caso costituiscono piatto<br />

<strong>un</strong>ico. Si abbinano con <strong>un</strong> vino leggero, ma<br />

dal profumo vinoso e dal gusto pulito e armonico,<br />

come il Capriano del Colle rosso.<br />

L’ingrediente: la verza<br />

Tipica verdura orticola assai adattabile, resistente<br />

al freddo e diffusa in tutte le latitudini europee,<br />

la verza (detta anche cavolo verzotto o<br />

cavolo di Milano) appartiene, come il cavolo<br />

cappuccio, il cavolfiore, il cavolo rapa, i cavolini<br />

di Bruxelles ecc. al genere Brassica delle Crucifere.<br />

Il suo valore nutritivo è modesto e può risultare<br />

indigesta.<br />

Nella gastronomia <strong>lombarda</strong> ha occupato ed occupa<br />

<strong>un</strong> posto di grande rilievo, sia come contorno<br />

che come ingrediente comprimario in minestre,<br />

piatti <strong>un</strong>ici e secondi piatti molto diffusi<br />

nella regione. Il riso con le verze, le verze con le<br />

castagne e i pizzoccheri <strong>della</strong> Valtellina, la polenta<br />

con le verdure del Varesotto, il ripieno<br />

<strong>della</strong> gallina lessa... Ma il meglio di sè la verza lo<br />

dimostra nell’<strong>un</strong>ione con la carne di maiale: la<br />

cassoeula, la verzada con i salamini (che nel<br />

Mantovano prende il nome di verze imbracate) o<br />

quella con le costine e i f<strong>un</strong>ghi chiodini del Cremonese,<br />

dove si prepara anche <strong>un</strong> ragù di verza<br />

(la poòla) da usare con il cotechino (<strong>un</strong> sugo simile,<br />

a Sondrio, comprende anche le patate).<br />

Nel Bergamasco si segnala la verza con la pancetta<br />

e nel Varesotto quella con la morta<strong>della</strong> di<br />

fegato.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


POLPETTE DI VERZA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

265 22,3 12,7 14,8 734 91 5,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


ASPARAGI ALLA MILANESE<br />

Verdura tipica <strong>della</strong> tradizione milanese, gli asparagi meritavano in passato svariate sagre (i<br />

spargiad) nelle osterie fuori porta. A questo delicatissimo vegetale si prestava tanta attenzione<br />

da servirli in stoviglie particolari, composte da due diversi piatti sovrapposti, separati da<br />

<strong>un</strong>a intercapedine nella quale veniva posta acqua bollente, per mantenerli caldi ed impedire al<br />

burro di rapprendersi.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Primavera Estate<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 35 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />

Utensili:<br />

pentola, pa<strong>della</strong><br />

Ingredienti:<br />

ASPARAGI (1000 g), BURRO (120 g), UOVA<br />

(n.6), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (20<br />

g)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire gli asparagi e raschiare il gambo<br />

• Ri<strong>un</strong>irli e legarli in 6 mazzetti; tagliare la parte<br />

dura inferiore<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a pentola abbondante acqua e<br />

portarla a ebollizione<br />

• Salare e fare cuocere gli asparagi in piedi,<br />

con le p<strong>un</strong>te lievemente fuori dall'acqua, per<br />

15-20 minuti<br />

• Scolare gli asparagi, disporre i mazzetti,<br />

sciolti dai legacci, <strong>un</strong>o per piatto<br />

• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> mettere il burro, farlo sciogliere,<br />

aggi<strong>un</strong>gere le uova e cuocerle fino a<br />

quando l'albume si è rappreso ma il tuorlo è<br />

ancora morbido<br />

• Cospargere gli asparagi con il grana e versare<br />

su ogni mazzetto <strong>un</strong> uovo<br />

• Servire subito<br />

Note: cotti in piedi, serviti a raggiera<br />

Gli asparagi milanesi, noti per la loro delicatezza,<br />

hanno la p<strong>un</strong>ta di colore verde tenero,<br />

leggermente velato di violaceo, che si fa sempre<br />

più intenso verso il basso, dove si congi<strong>un</strong>ge alla<br />

parte bianca. Quando sono freschi, la parte<br />

bianca risulta quasi completamente tenera , dolce<br />

e perciò commestibile quasi per intero. Si<br />

preparano per la cottura raschiandone accuratamente<br />

la parte bianca, per toglierne le squamette<br />

più dure e la terra, tagliandone l’estremità inferiore<br />

per ridurli tutti <strong>della</strong> stessa misura e legandoli<br />

infine in mazzetti non troppo grandi. Si<br />

cuociono in piedi, possibilmente nell’apposita<br />

pentola con cestello di sostegno, immersi<br />

nell’acqua fino all’inizio <strong>della</strong> parte verde che<br />

cuoce a vapore e mantiene così la sua integrità.<br />

Il tempo di cottura varia dai 12-14 minuti per gli<br />

asparagi piccoli ai 18-22 minuti per quelli più<br />

grossi. Si servono sul piatto di portata o individuale<br />

disposti a raggiera, con le p<strong>un</strong>te verso il<br />

centro coperte con il condimento prescelto. Nel<br />

caso degli asparagi alla milanese, perché le uova<br />

possano scendere sugli asparagi senza rompersi<br />

sarebbe necessario friggerle nell’apposito padellino<br />

con i bordi molto svasati.<br />

Varianti:<br />

A Cantello, nel Varesotto, si ritiene che con gli<br />

inimitabili asparagi di produzione locale il piatto<br />

riesca ancora più pregiato che con quelli milanesi.<br />

La preparazione è com<strong>un</strong>que la stessa. Unica<br />

variante ammessa dai ricettari è la discrezionalità<br />

del formaggio, che, dovendo sciogliersi,<br />

richiede uova fritte in burro abbondante e molto<br />

bollente.<br />

Abbinamenti:<br />

Composti con le uova, gli asparagi formano <strong>un</strong><br />

secondo completo, che può essere introdotto da<br />

<strong>un</strong> risotto o affiancato da <strong>un</strong> piatto di riso bianco<br />

condito con burro e formaggio.<br />

Vino Trebbiano di Capriano del Colle, giovane,<br />

dal gusto asciutto e leggermente asprigno, che<br />

dia equilibrio alle abbondanti morbidezze del<br />

burro.<br />

L’ingrediente: gli asparagi<br />

L’asparagus officinalis, da non confondersi con<br />

l’asparago selvatico (asparagus tenuifolius) abbondantissimo<br />

sulle Prealpi e nella Lombardia<br />

collinare, più sottile e amarognolo, era già conosciuto<br />

al tempo di Giulio Cesare (che, secondo<br />

Plutarco, ne avrebbe mangiati di ottimi nella casa<br />

milanese di Valerio Leonte, “conditi con il<br />

burro al posto dell’olio”). Scomparve durante il<br />

Medioevo e fu di nuovo ibridato nel Quattrocento,<br />

entrando, fino dal secolo successivo, nel<br />

repertorio dei grandi cuochi di corte. L’asparago<br />

è ricco di potassio e povero di calorie (29<br />

kcal/100 g), e contiene quantità apprezzabili di<br />

acido urico e purine. Nell'asparago è presente<br />

<strong>un</strong>a sostanza (asparagina) che conferisce alle<br />

urine <strong>un</strong> odore caratteristico.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


ASPARAGI ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

274 13,0 22,5 5,1 96 247 3,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


CHARLOTTE ALLA MILANESE<br />

Nelle ricette più antiche anche sciarlotte, ciarlotta o carlotta: si presume derivi dal nome proprio<br />

fr., senza possibilità di risalire a <strong>un</strong> referente storico credibile. Il termine fr. charlotte identifica<br />

anche <strong>un</strong>a sorta di cuffia femminile increspata; non è improbabile che il riferimento<br />

sia tra la somiglianza di questo copricapo e lo stampo per dolci, analogamente a quanto è avvenuto<br />

per il bonnet = berretto, indicante tanto <strong>un</strong> particolare stampo di rame quanto il dolce<br />

che vi si prepara.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dessert a base di frutta<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

pentola, zuppiera, stampo per dolci<br />

Ingredienti:<br />

MELE RENETTE (1000 g), PANE FRANCESE<br />

RAFFERMO (12 fette), ZUCCHERO SEMOLATO<br />

(180 g), BURRO (60 g), VINO BIANCO (1/2 bicchiere),<br />

SCORZA DI LIMONE (di 1 limone),<br />

UVETTA (40 g), CANDITI (60 g), RUM (25 millilitri)<br />

Esecuzione:<br />

• Sbucciare le mele e tagliarle a spicchi<br />

• Farle cuocere con metà zucchero, la scorza di<br />

limone e il vino bianco<br />

• Unire l'uvetta e i canditi<br />

• Impastare il rimanente zucchero con il burro<br />

e <strong>un</strong>gere <strong>un</strong>o stampo da dolce<br />

• Foderare lo stampo con le fette di pane,<br />

riempirlo con le mele e ricoprire con le rimanenti<br />

fette<br />

• Spalmare con il restante composto di zucchero<br />

e burro<br />

• Mettere in forno caldo (170° C) e cuocere per<br />

circa 40 minuti<br />

• Sformare, irrorare con il rum e servire caldo<br />

Note: storia <strong>della</strong> charlotte<br />

La codificazione delle prime charlottes di frutta<br />

risale ai trattati di Antonin Carême (1783-1833)<br />

e fa la sua comparsa nei ricettari del Nord Italia<br />

già dai primi decenni dell’’800.<br />

Questo tipo di dolce, che rispecchia il gusto e le<br />

tecniche <strong>della</strong> pasticceria tardo-settecentesca,<br />

ebbe <strong>un</strong>a grande diffusione per tutto il XIX secolo,<br />

finché ai dolci da consumare caldi non subentrarono<br />

quelli da consumare a temperatura<br />

ambiente se non freddi o ghiacciati, più apprezzati<br />

dal gusto moderno, cui è rimasta tuttavia, a<br />

causa <strong>della</strong> forma, l’antica denominazione.<br />

Varianti:<br />

Il pane francese, più frequentemente consigliato,<br />

è da alc<strong>un</strong>i sostituito con fette di pan carré o<br />

di mollica di pane casareccio <strong>un</strong> po’ raffermo.<br />

Altri foderano lo stampo con biscotti secchi o<br />

con pan di Spagna.<br />

Non è raro l’impiego delle pere in luogo delle<br />

mele, o l’<strong>un</strong>ione dei due tipi di frutta. Scorza di<br />

limone (o cedro candito) e uvetta rientrano<br />

spesso nel ripieno. Talvolta il dolce appena<br />

sformato è spruzzato con rum, cui si può dare<br />

fuoco al momento di servirlo.<br />

Abbinamenti:<br />

La charlotte calda può concludere <strong>un</strong> pasto invernale<br />

importante, ma non pesante, essendo<br />

fornita di <strong>un</strong>a sua rustica grazia.<br />

Come tutta la pasticceria di questo tipo meriterebbe<br />

di essere accompagnata da piccoli sorsi<br />

del quasi introvabile rosolio <strong>della</strong> nonna, in mancanza<br />

del quale può essere gradito <strong>un</strong> Moscato<br />

dolce naturale (non spumantizzato) dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: le mele e le pere.<br />

Una buona parte dei dolci <strong>della</strong> Lombardia alpina<br />

e prealpina utilizzano mele e pere, cioè la frutta<br />

più diffusa e, in passato, più facilmente conservabile.<br />

Le crespelle di mele <strong>della</strong> Valtellina, la<br />

cutizza e la miascia comasche, la focaccia natalizia<br />

del pavese, la smaiasa bergamasca, il pan<br />

striâ brianzolo e la classica torta di pane diffusa<br />

in tutta la regione non sono che alc<strong>un</strong>i notissimi<br />

esempi di specialità dolciarie a base di pere e di<br />

mele.<br />

Fatta eccezione per l’uva (destinata prevalentemente<br />

alla produzione di vino) e per l’anguria<br />

(tipica dell’agricoltura estensiva <strong>della</strong> bassa padana),<br />

le culture di meli e di peri continuano ad<br />

occupare nella regione <strong>un</strong>a superficie di gran<br />

l<strong>un</strong>ga superiore a quella di qualsiasi altro albero<br />

da frutta.<br />

Sia la mela che la pera sono frutti di alberi <strong>della</strong><br />

famiglia delle Rosacee, la cui coltivazione, probabilmente<br />

originaria dell’Oriente, era già conosciuta<br />

nel bacino del Mediterraneo attorno al II<br />

millennio a.C.. <strong>Per</strong> ogn<strong>un</strong>o dei due frutti esistono<br />

oggi più di cinquemila qualità commercializzate.<br />

Come tutta la frutta, la mela e la pera sono<br />

buone fonti di vitamine e di fibra.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


CHARLOTTE ALLA MILANESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

483 5,7 9,6 95,0 205 25 3,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


PANETTONE<br />

Erede dei pandolci dell’antichità e dei panspeziali del Medioevo, il panettone (già conosciuto a<br />

metà Settecento con il nome di pan grande) è oggi il simbolo <strong>della</strong> pasticceria milanese nel<br />

mondo. Il legame con le feste del periodo natalizio si è fatto col tempo così emblematico, da<br />

permettere a questo dolce di superare i confini lombardi e di affiancarsi, in tutta la penisola,<br />

ai dolci natalizi delle varie regioni.<br />

Preparazione per 3 panettoni da 1 kg ciasc<strong>un</strong>o<br />

Tipologia: Dessert<br />

Stagionalità: Inverno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo di lievitazione 12 ore circa<br />

Tempo di esecuzione: 180 minuti circa<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

Spianatoia, zuppiera, due casseruoline, <strong>un</strong>a pentola,<br />

carta da forno, strisce di cartone.<br />

Ingredienti:<br />

PASTA DI PANE LIEVITATA (250 g), FARINA<br />

BIANCA (1350 g), BURRO (400 g), ZUCCHERO<br />

(300 g), UOVA (n. 15), UVETTA SULTATININA<br />

(200 g), CEDRO CANDITO (50 g), ARANCIA<br />

CANDITA (50 g), SALE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Fare sulla spianatoia <strong>un</strong>a fontana con 150 g<br />

di farina, sbriciolarvi la pasta lievitata, scioglierla<br />

con acqua tiepida e incorporarvi la farina,<br />

fino a ottenere <strong>un</strong> composto liscio e<br />

morbido.<br />

• Lavorarlo bene con le mani, così che il lievito<br />

si impasti omogeneamente con la farina, farne<br />

<strong>un</strong>a palla e metterlo in <strong>un</strong>a zuppiera infarinata.<br />

• Coprire la zuppiera con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />

in <strong>un</strong> luogo caldo per almeno 3 ore.<br />

• Passato questo tempo, formare sulla spianatoia<br />

la fontana con 130 g di farina, mettervi<br />

la pasta lievitata e impastare con acqua tiepida,<br />

fino a incorporare tutta la farina.<br />

• Formare <strong>un</strong>a palla, depositarla nella zuppiera<br />

infarinata, coprirla con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />

in luogo caldo per circa 2 ore.<br />

• Tagliare a cubetti il cedro e l’arancia canditi.<br />

• Ammollare in acqua tiepida l’uvetta per <strong>un</strong>a<br />

ventina di minuti, scolarla e asciugarla.<br />

• Disciogliere in <strong>un</strong>a casseruolina, a fuoco bassissimo<br />

perché non frigga, 300 g di burro.<br />

• In <strong>un</strong>’altra casseruola versare lo zucchero con<br />

due dita di acqua calda, mescolare, sulla<br />

fiamma bassissima fino a che lo zucchero non<br />

sarà disciolto e lasciare intiepidire.<br />

• Unirvi 12 tuorli e 3 uova intere, mescolando<br />

con la frusta, dopo aver messo la casseruola<br />

a bagnomaria, affinché lo sciroppo si intiepidisca.<br />

• Formare sulla spianatoia la fontana con 1 kg<br />

di farina cui siano stati mischiati 2 cucchiaini<br />

di sale; collocarvi il panetto lievitato, che do-<br />

vrebbe aver raddoppiato il volume, e iniziare<br />

a incorporare la farina versando il burro fuso.<br />

• Unire <strong>un</strong> poco alla volta lo sciroppo fino a incorporare<br />

tutta la farina.<br />

• Lavorare con le mani per 20 di minuti, finché<br />

la pasta non avrà la consistenza di quella del<br />

pane (lucida, asciutta, con bollicine)<br />

• Impastarvi allora l’uvetta e i canditi, distribuendoli<br />

bene nel composto.<br />

• Dividere la pasta in tre panetti e dare loro<br />

<strong>un</strong>a forma leggermente all<strong>un</strong>gata, rotolandoli<br />

con le mani sulla spianatoia.<br />

• Disporre ogni panetto su <strong>un</strong> foglio di carta<br />

imburrata e infarinata sulla placca del forno,<br />

circondato con <strong>un</strong>a fascia di cartone di circa<br />

10x25 cm e lasciare lievitare al caldo per 6<br />

ore.<br />

• Al momento di mettere nel forno già caldo<br />

(200°C), praticare con <strong>un</strong> coltello affilato <strong>un</strong>a<br />

croce sulla cupola di panettoni.<br />

• Dopo 5 minuti, distribuire sulle cupole alc<strong>un</strong>i<br />

riccioli di burro e proseguire la cottura per<br />

60-80 minuti, a seconda del forno.<br />

Note: tre lievitazioni<br />

Il segreto del panettone sta nella sua triplice lievitazione.<br />

Si dà per scontato che il dolce cotto<br />

nel forno domestico non sia mai all’altezza di<br />

quelli usciti dai forni professionali, ma risparmiare<br />

tempo, come fanno alc<strong>un</strong>i ricettari, proponendo<br />

solo <strong>un</strong>a o due lievitazioni, o accelerandole<br />

col lievito in polvere non dà alc<strong>un</strong>a speranza<br />

di conferire al panettone consistenza e leggerezza<br />

adeguate.<br />

Abbinamenti:<br />

Servire con vino dolce, moscato spumante o<br />

passito. Da escludere spumanti secchi e brut.<br />

L’ingrediente: la frutta candita<br />

L’utilizzo <strong>della</strong> frutta candita riconduce a <strong>un</strong>a gastronomia<br />

tre-quattrocentesa, in cui questa risorsa<br />

glucidico-vitaminica era considerata <strong>un</strong>a<br />

sorta di spezia, <strong>un</strong>a sostanza implicata nella<br />

farmacopea, cui si ricorreva in casi eccezionali o<br />

rituali, quando nell’ordinario si arricchivano i<br />

pandolci con fichi o altra frutta secca. La tradizione<br />

<strong>lombarda</strong> accoglie la frutta candita nel torrone<br />

cremonese, nella colomba pasquale, nelle<br />

offelle ripiene del bresciano ed in molte varianti<br />

del cavulatt e del lattemiele, nei cupett di Busto<br />

e in qualche versione <strong>della</strong> charlotte.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


PANETTONE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg) Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

454 11,0 17,2 68,0 135 163 2,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Milano


Lodigiano<br />

L'area del Lodigiano, zona agricola a sud di Milano da molti<br />

secoli dedita all’allevamento bovino, copre l'area <strong>della</strong> Bassa<br />

Padana compresa tra la confluenza dei fiumi Lambro e Adda<br />

nel Po e delimitata a nord dalla linea Muzza-Addetta.<br />

Terra paludosa in epoca preistorica, frequentemente inondata<br />

dagli straripamenti del Po e dei suoi affluenti, il Lodigiano<br />

venne bonificato nel corso dei secoli. Contemporaneamente<br />

vennero studiati e perfezionati i sistemi di irrigazione,<br />

che subirono <strong>un</strong> enorme sviluppo durante il dominio<br />

sforzesco, e che consentirono l'ottimizzazione dello sfruttamento<br />

agricolo del territorio. L'intensificazione produttiva,<br />

con il conseguente incremento <strong>della</strong> foraggicoltura e del patrimonio<br />

zootecnico, era infatti imperniata sull'utilizzo dell'acqua.<br />

Il paesaggio <strong>della</strong> Bassa Padana è caratterizzato dalla presenza<br />

non solo di <strong>un</strong>a maglia di rogge e canali irrigui, ma anche<br />

delle tipiche cascine ovvero degli insediamenti a corte,<br />

completamente autosufficienti, la cui disposizione a quadrilatero<br />

attorno a <strong>un</strong>o spazio chiuso risale al XVI secolo. All'inizio<br />

le cascine erano occupate da massari, che si trasformarono<br />

in salariati alle dipendenze di <strong>un</strong> conduttore con il moltiplicarsi<br />

degli impianti irrigui, l'estensione delle colture foraggere,<br />

l'intensificarsi degli allevamenti e lo sviluppo dell'industria<br />

casearia. La struttura sociale era di tipo gerarchico: la cascina<br />

era come <strong>un</strong>a grande impresa dove ogni settore era diretto<br />

da <strong>un</strong> capo, responsabile davanti al "padròn" del proprio<br />

e dell'altrui operato. Nella cascina si trovavano la stalla,<br />

la scuderia, il caseficio, il porcilaio, il granaio, l'orto, le case<br />

dei salariati e del padrone, la falegnameria, il negozio del<br />

fabbro-maniscalco e quello del sellaio.<br />

Il lavoro dei campi e l'allevamento bovino hanno generato<br />

<strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> di riso, mais, frumento, latte e derivati, carne,<br />

prodotti <strong>della</strong> cascina. Una gastronomia all'insegna <strong>della</strong><br />

semplicità, fatta di zuppe e minestre (verze e rape, riso e latte),<br />

di frittate (fritada c<strong>un</strong> le sigule-cipolle, c<strong>un</strong> spinassi -<br />

spinaci, c<strong>un</strong> pana -panna, c<strong>un</strong> urtis -luppolo), di polenta, di<br />

pollame (pollina alla lodigiana, faraona al mascarpone), di<br />

salumi, di tanto latte, burro e formaggio, di qualche dolce<br />

(crema al mascarpone, pucia dulsa, bertuldina, turtionada).<br />

Ma la gastronomia <strong>della</strong> zona si caratterizza soprattutto per<br />

la produzione casearia. Il più rinomato e popolare dei formaggi<br />

locali è il grana padano, che sembra fosse nato proprio<br />

qui, e che prende il nome di lodigiano o granone nella<br />

varietà appartenente alla miglior produzione. Il grana lodigiano,<br />

<strong>un</strong> tempo di colore giallo per l'aggi<strong>un</strong>ta di zafferano<br />

alla pasta, non viene pressato e quindi "trasuda" siero formando,<br />

dopo anni di stagionatura, la cosiddetta "lacrima". Le<br />

forme giovani vengono tagliate a metà e il formaggio viene<br />

raschiato con <strong>un</strong> apposito utensile ottenendo la "raspadura"<br />

ovvero fogli sottilissimi di lodigiano, specialità ormai rara. Lodi<br />

rivendica la paternità di <strong>un</strong> altro celebre formaggio, il mascarpone,<br />

preparato con la panna di latte.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


RISO E LATTE<br />

Minestra <strong>un</strong> tempo molto diffusa sia nel lodigiano sia nel milanese, il riso e latte (ris e latt)<br />

veniva consumato nel pasto serale servito in profonde scodelle di terracotta. Questo piatto<br />

di origine medioevale ri<strong>un</strong>isce i due ingredienti tipici <strong>della</strong> pianura <strong>lombarda</strong>.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 20 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

casseruola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

RISO COMUNE o ORIGINARIO (200 g), LATTE<br />

FRESCO (1.2 l), ACQUA (0.4 l), ZUCCHERO (1<br />

cucchiaio e 1/2), BURRO (30 g), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere il latte e l'acqua in <strong>un</strong>a casseruola;<br />

aggi<strong>un</strong>gere il burro e lo zucchero e poco sale<br />

• Portare a ebollizione e aggi<strong>un</strong>gere il riso<br />

• Cuocere su fuoco vivace mescolando spesso<br />

affinché la minestra risulti legata e consistente;<br />

aggi<strong>un</strong>gere altro liquido bollente (3/4<br />

di latte e 1/4 di acqua) se la minestra dovesse<br />

asciugarsi troppo<br />

• Quando il riso è cotto, togliere dal fuoco, lasciare<br />

riposare, servire tiepido<br />

Varianti:<br />

La versione salata, più moderna, non contempla<br />

lo zucchero. Una grattata di noce moscata è facoltativa<br />

sia per la minestra salata sia per quella<br />

dolce, che può accogliere <strong>della</strong> scorza di limone<br />

grattugiata. C'è chi aggi<strong>un</strong>ge cacao amaro e<br />

cannella alla versione salata. Il burro può essere<br />

aggi<strong>un</strong>to a fine cottura, nelle scodelle individuali<br />

dove si sarà versata la minestra.<br />

Alc<strong>un</strong>e popolari varianti sono realizzate aggi<strong>un</strong>gendo<br />

ingredienti secondari:<br />

- riso, latte e zucca: verso la fine <strong>della</strong> cottura,<br />

si aggi<strong>un</strong>ge al riso e latte <strong>un</strong>a purea di zucca, ottenuta<br />

lessando in poca acqua salata la zucca<br />

mondata e tagliata a dadini e poi schiacciandola<br />

con <strong>un</strong>a forchetta. La minestra deve essere tenuta<br />

brodosa per accorpare bene la zucca;<br />

- riso, latte e castagne secche: <strong>un</strong> tempo piatto<br />

<strong>un</strong>ico serale molto com<strong>un</strong>e nelle zone dell'Appennino,<br />

spesso si aromatizzava con <strong>un</strong>a foglia<br />

di alloro. <strong>Per</strong> prepararlo si ammollano le castagne<br />

in acqua con bicarbonato e si liberano <strong>della</strong><br />

pellicina residua; dopodiché si può procedere in<br />

due modi: facendo bollire le castagne in acqua<br />

salata e cannella, aggi<strong>un</strong>gendo metà del latte e il<br />

riso e poi (a metà cottura), il resto del riso; oppure<br />

procedendo alla cottura del riso e latte e a<br />

metà cottura aggi<strong>un</strong>gendo le castagne già les -<br />

sate.<br />

Abbinamenti:<br />

Nutritivamente equilibrato e completo, si accompagna<br />

a <strong>un</strong> secondo a base di verdure e a frutta<br />

fresca di stagione. Il vino deve essere nuovo,<br />

acido come il Lambrusco Mantovano.<br />

L'ingrediente: il latte<br />

Il latte vaccino è ottenuto dalla m<strong>un</strong>gitura regolare,<br />

completa e ininterrotta delle mucche. E' ricco<br />

di proteine ad elevato valore biologico, vitamine<br />

(gruppo B, la D, la A), sali minerali (calcio,<br />

potassio, fosforo). Contiene lattosio (5% circa)<br />

e grassi in quantità variabile a seconda del<br />

tipo (intero: almeno il 3,2%, parzialmente<br />

scremato: tra 1,5 e 1,8%, scremato: massimo<br />

lo 0,3%). Anche il suo valore energetico è pertanto<br />

variabile dalle 61 kcal/100 g di quello intero<br />

alle 36 kcal/100 g. Molta importanza per l'alimentazione<br />

umana, soprattutto <strong>della</strong> prima e<br />

seconda infanzia, è il suo contenuto di calcio e di<br />

vitamina D, fondamentali per il normale accrescimento<br />

e sviluppo dello scheletro osseo.<br />

Data la sua ricchezza in principi nutritivi, il latte<br />

è <strong>un</strong> ottimo terreno di coltura per i batteri patogeni<br />

e non. <strong>Per</strong> tale motivo deve essere bonificato<br />

mediante <strong>un</strong> trattamento termico prima di<br />

essere messo in commercio e consumato.<br />

Il latte può essere omogeneizzato, dizione non<br />

obbligatoria che compare su alc<strong>un</strong>e confezioni,<br />

aver cioè subìto <strong>un</strong> trattamento fisico che riduce<br />

le dimensioni dei globuli di grasso per evitarne la<br />

separazione e l'affioramento, rendendolo più digeribile.<br />

Ma prima di essere commercializzato, il<br />

latte deve aver subìto <strong>un</strong> tratamento termico<br />

(pastorizzazione o sterilizzazione) per renderlo<br />

igienicamente sicuro e conservabile. Con la pastorizzazione<br />

viene riscaldato per circa 15 secondi<br />

a <strong>un</strong>a temperatura intorno a 72°C, sufficiente<br />

a distruggere i batteri patogeni eventualmente<br />

presenti lasciando inalterate la caratteristiche<br />

organolettiche e nutritive del prodotto.<br />

Si ottengono così il fresco pastorizzato: arriva<br />

crudo allo stabilimento di confezionamento e subisce<br />

<strong>un</strong> solo trattamento termico di pastorizzazione<br />

entro 48 ore dalla m<strong>un</strong>gitura; il fresco pastorizzato<br />

di alta qualità: rispetto al precedente è<br />

prodotto in aziende specificamente autorizzate<br />

per le loro elevate caratteristiche igienicosanitarie<br />

e ha valori nutrizionali superiori; il pastorizzato:<br />

subisce <strong>un</strong>o o più trattamenti termici<br />

di pastorizzazione anche più energici di rispetto<br />

al fresco pastorizzato, anche dopo 48 ore dalla<br />

m<strong>un</strong>gitura. La sterilizzazione è <strong>un</strong> trattamento<br />

termico molto più energico raggi<strong>un</strong>gendo i 130-<br />

150°C e distrugge tutti i microrganismi, non solo<br />

quelli patogeni, presenti nel latte crudo modificandone<br />

però le caratteristiche organolettiche<br />

(sapore di cotto) e nutrizionali e rendendolo<br />

conservabile per mesi. Il latte sterilizzato può<br />

essere: UHT (Ultra High Temperature) a l<strong>un</strong>ga<br />

conservazione e sterilizzato a l<strong>un</strong>ga conservazione.<br />

<strong>Per</strong> legge la conservabilità del latte<br />

pastorizzato è di 4 giorni, di 90 per il latte UHT,<br />

di 180 per quello sterilizzato.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


RISO E LATTE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

430 13,3 17,3 58,9 543 52 0,5<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


FEGATO ALLA LODIGIANA<br />

Alla lodigiana, per distinguerlo da quello alla milanese, impanato e fritto come <strong>un</strong>a costoletta,<br />

ma anche per sottolineare la specificità di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> con caratteristiche ben distinte da quella<br />

delle altre zone <strong>della</strong> regione.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

stecchini, pa<strong>della</strong><br />

Ingredienti:<br />

FEGATO DI VITELLO (12 fettine da 60 g ciasc<strong>un</strong>a),<br />

PROSCIUTTO CRUDO (12 fettine), RE-<br />

TICELLA DI VITELLO (300 g), SEMI DI FINOC-<br />

CHIO (1 cucchiaio), BURRO (70 g), SALE (q.b.),<br />

PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Salare e pepare le fettine di fegato, steccarle<br />

con i semi di finocchio<br />

• Porre su ogni fetta di fegato <strong>un</strong>a fetta di prosciutto<br />

e arrotolare con la reticella<br />

• Fermare gli involtini con gli stecchini<br />

• Passarli nel burro su fuoco moderato<br />

• Servire subito<br />

Note: fegato e fegatelli<br />

Il fegato alla lodigiana è il p<strong>un</strong>to di arrivo di <strong>un</strong>a<br />

specialità diffusa in tutta l’Europa medioevale: il<br />

fegatello. Se ne trovano ricette, per pietanze<br />

cotte allo spiedo o in pa<strong>della</strong>, in tutti i trattati<br />

storici di gastronomia, a cominciare da quello di<br />

Maestro Martino da Como. I fegatelli venivano<br />

preparati con il fegato di tutti gli animali: rimaneva<br />

costante l’impiego dei semi di finocchio e<br />

<strong>della</strong> reticella (di vitello, ma anche di maiale o di<br />

capretto). L’aggi<strong>un</strong>ta <strong>della</strong> fettina di prosciutto<br />

nella versione lodigiana dà <strong>un</strong> tocco di cultura<br />

padana a <strong>un</strong> piatto che in altre parti d’Italia ve-<br />

de spesso, a fianco del fegato, <strong>un</strong> pezzetto di<br />

carne di maiale bordato di grasso.<br />

Varianti:<br />

Secondo la tradizione rustica, il fegato si prepara<br />

in tocchi non troppo grossi, più facilmente<br />

avvolgibili nella rete, anziché a fettine, le quali<br />

hanno bisogno di essere arrotolate.<br />

Abbinamenti:<br />

Vino: Riviera del Garda rosso, dal gusto sapido<br />

e amarognolo o <strong>un</strong> corposo Buttafuoco dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: il fegato.<br />

Nella cultura antica si pensava che il fegato fosse<br />

<strong>un</strong>a delle sedi dell’anima e attraverso l’esame<br />

del fegato degli animali uccisi si traevano<br />

auspici e si realizzavano riti apotropaici. Dalla<br />

distillazione del fegato (anche umano) si ricavava,<br />

fino al XVII secolo, <strong>un</strong> elixir ritenuto efficace<br />

per combattere gli effetti dell’invecchiamento.<br />

Nell’Ottocento, sulla base <strong>della</strong> teoria<br />

positivista dell’assimilazione diretta, si riteneva<br />

che il fegato animale fosse particolarmente indicato,<br />

alla stregua del sangue di cui è il maggiore<br />

contenitore corporeo, per fare sangue, cioè per<br />

combattere l’anemia. Tale credenza è stata poi<br />

confermata dalla moderna scienza <strong>della</strong> nutrizione:<br />

il fegato, per la sua ricchezza di ferro, è<br />

indicato nelle anemie dovute a carenza di questo<br />

minerale (anemie sideropeniche). Dal p<strong>un</strong>to<br />

di vista nutrizionale il fegato è inoltre caratterizzato<br />

da <strong>un</strong>'elevatissima quantità di vitamina A,<br />

e da <strong>un</strong>o scarso contenuto di grassi e fibre connettivali<br />

risultando molto digeribile. Il suo valore<br />

calorico è pertanto modesto (dalle 135 alle 146<br />

kcal/100 g a seconda <strong>della</strong> specie animale)<br />

mentre il suo contenuto di colesterolo è abbondante<br />

(da 300 a 600 mg/100 g).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


FEGATO ALLA LODIGIANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

760 31,0 67,4 7,4 939 319 0,7<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


POLLINA ALLA LODIGIANA<br />

Ricetta classica del tacchino allo spiedo, si preferisce usare la femmina di 80-90 giorni e sui 4<br />

kg di peso, in quanto ha la carne più saporita, morbida e grassa. Il tacchino viene com<strong>un</strong>que<br />

ammorbidito durante la cottura grazie alla bardatura di prosciutto e lardo.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Arrosto<br />

Utensili:<br />

spago per arrosti, carta da forno, spiedo<br />

Ingredienti:<br />

TACCHINA (n.1 di media grandezza), LARDO<br />

(200 g), AGLIO (n.2 spicchi), BURRO (50 g),<br />

PROSCIUTTO CRUDO (2 fette da 50 g ciasc<strong>un</strong>a),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Fiammeggiare la tacchina<br />

• Bardarla con il lardo e il prosciutto tagliati a<br />

striscioline, l'aglio a fettine, sale e pepe intero.<br />

• Ungerla con il burro e intonacarla di carta<br />

• Mettere la tacchina così preparata nello<br />

spiedo e farla cuocere finché sarà dorata, per<br />

circa <strong>un</strong>'ora<br />

• Servire caldo<br />

Nota: la bardatura<br />

La bardatura è <strong>un</strong>a modalità di preparazione de -<br />

gli arrosti di carne di manzo e di vitello, dei volatili<br />

e di alc<strong>un</strong>i pesci. Consiste nel ricoprire l'alimento<br />

con delle sottili fette di lardo o di pancetta<br />

legandole con lo spago per arrosti, in modo<br />

da proteggere la carne dal calore vivo del<br />

fuoco o del forno e nel contempo ammorbidirla<br />

durante la cottura impedendo che si asciughi<br />

troppo. Inoltre si può bardare l'interno dei recipienti<br />

di cottura di umidi e brasati e gli stampi<br />

di pâté e terrine. La bardatura è invece sconsigliata<br />

per gli arrosti di manzo molto teneri perché<br />

ne altererebbe il sapore.<br />

Il lardo che avvolge la preparazione va tolto<br />

prima di servire gli arrosti di manzo e i volatili<br />

da cortile, mentre si usa servire la selvaggina a<br />

piuma ancora bardata.<br />

Varianti:<br />

Una tipica variante è di servire la pollina alla lodigiana<br />

con <strong>un</strong>a salsa preparata facendo bollire<br />

del prosciutto crudo magro, <strong>della</strong> carne di vitello,<br />

<strong>un</strong>a tazza di brodo e delle ossa di pollo,<br />

fino a quando la preparazione non prende consistenza.<br />

Si <strong>un</strong>isce quindi del burro e <strong>della</strong> farina<br />

e si mescola continuamente con <strong>un</strong> cucchiaio<br />

di legno per circa <strong>un</strong>'ora. La salsa infine si mette<br />

in vasi da conserva.<br />

Il tacchino allo spiedo codificato dall'Artusi è<br />

preparato ponendo all'interno del volatile <strong>un</strong>a<br />

pallottola di burro impastata di sale, steccandone<br />

il petto con lardo e avvolgendo l'animale in<br />

<strong>un</strong> foglio spalmato di burro e spolverizzato di<br />

sale, che viene tolto a 2/3 <strong>della</strong> cottura per far<br />

colorire la carne, la quale va oliata e salata ancora.<br />

Abbinamenti:<br />

La tacchina alla lodigiana è <strong>un</strong> piatto ricco di<br />

proteine e servita con patate arrosto o del riso<br />

pilaff e verdure al burro o al forno, diventa <strong>un</strong><br />

piatto <strong>un</strong>ico. Il vino adatto è il Chiaretto di Moniga<br />

del Garda, dal sapore leggero e asciutto su<br />

gradevole fondo amarognolo.<br />

L'ingrediente: il tacchino<br />

Originario dell'America, il tacchino (voce onomatopeica,<br />

dal verso dell'animale) appartiene<br />

alla famiglia dei Meleagridi e viene anche chiamato<br />

gallo d'India o dindo proprio per la sua origine<br />

(Indie Occidentali). Nel 1519 fu introdotto<br />

in Spagna e nel 1541 in Inghilterra, diffondendosi<br />

poi in tutta Europa.<br />

Il tacchino, accanto alla sua tipica connotazione<br />

di alimento delle festività, ha ass<strong>un</strong>to il ruolo di<br />

cibo quotidiano in molti paesi. La sua carne infatti<br />

è apprezzata per il gusto delicato, l'economicità<br />

e lo scarso contenuto di grasso. La selezione<br />

dei tacchini, svolta soprattutto negli Stati<br />

Uniti, ha portato alla nascita di ibridi specializzati<br />

nella produzione di carne. E l'allevamento di<br />

questi volatili, <strong>un</strong> tempo esclusivamente rurale,<br />

è divenuto intensivo e specializzato cosicché si<br />

producono maschi di 14-15 kg in 150 giorni e<br />

femmine di 7-8 kg in 120 giorni. Gastronomicamente<br />

tuttavia vi è differenza tra i tacchini ruspanti<br />

di piccola taglia e quelli grossi di allevamento:<br />

i primi non hanno i tagli di carne dei secondi<br />

(vi sono anche gli ossobuchi), ma sono<br />

più saporiti.<br />

Una volta pulito e fiammeggiato, il tacchino intero<br />

andrebbe <strong>cucina</strong>to dopo averlo legato per<br />

tenere ali e cosce aderenti al corpo che andrebbe<br />

bardato con lardo o prosciutto. Se lessato, è<br />

consigliabile cuocerlo in "ristretto" ovvero con<br />

poca acqua, rigirandolo spesso ed eventualmente<br />

aggi<strong>un</strong>gendo altro liquido. Il petto si <strong>cucina</strong><br />

in svariati modi, per lo più come la fesa di<br />

vitello.<br />

La carne di tacchino appartiene alla categoria<br />

delle carni bianche, con poco connettivo, ed è<br />

pertanto molto digeribile. Fornisce dalle 134<br />

kcal/100 g (petto) alle 193 kcal/100 g (ala) ed è<br />

povera di grasso.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


POLLINA ALLA LODIGIANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

1129 109,7 76,1 0,7 1095 474 0,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


ZUCCHINE RIPIENE ALLA VISCONTEA<br />

La presenza di uva sultanina e di amaretti dona il gusto agrodolce al piatto collocando la ricetta<br />

tra Medioevo e Rinascimento, quando la signoria dei Visconti si estese fino a Lodi, oltre<br />

che ad altre province lombarde, emiliane e piemontesi. La salsa besciamella invece denota<br />

<strong>un</strong>a successiva ricodifica <strong>della</strong> preparazione.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Estate, Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Cott. in forno<br />

Utensili:<br />

tagliere, coltello, cucchiaio, pentola, casseruola<br />

piccola, casseruola capace, pirofila<br />

Ingredienti:<br />

ZUCCHINE (n.12, di media grandezza), MA-<br />

SCARPONE (70 g), FORMAGGIO GRANA LO-<br />

DIGIANO (70 g), BURRO (60 g), FARINA<br />

BIANCA (30 g), LATTE (300 mL), PANNA LI-<br />

QUIDA (100 mL), CIPOLLA (35 g), AMARETTI<br />

(35 g), UVA SULTANINA (30 g), UOVA (n.2),<br />

TUORLI D'UOVO (n.2), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare le zucchine, raschiarle leggermente,<br />

tagliarle in due nel senso <strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza e<br />

dopo aver inciso con il coltello la parte interna,<br />

farle cuocere in acqua salata, scolarle<br />

e privarle <strong>della</strong> polpa, scavandole attentamente<br />

con <strong>un</strong> cucchiaio.<br />

• Nel frattempo con metà del burro far tostare<br />

leggermente la farina in casseruola piccola,<br />

versarvi il latte bollente e preparare <strong>un</strong>a salsa<br />

besciamella abbastanza densa; aggi<strong>un</strong>gere<br />

la panna e cuocere qualche minuto.<br />

• Con il rimanente burro, in <strong>un</strong>a casseruola far<br />

imbiondire leggermente la cipolla tritata<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la polpa delle zucchine alla cipolla<br />

e farla insaporire regolando di sale, pepe<br />

e noce moscata.<br />

• Incorporare il composto di zucchine alla besciamella,<br />

<strong>un</strong>endo anche l'uva sultanina precedentemente<br />

ammorbidita in acqua tiepida,<br />

gli amaretti frantumati, il formaggio lodigiano<br />

grattugiato, il mascarpone e <strong>un</strong>a alla volta<br />

le due uova intere e i due tuorli.<br />

• Disporre le mezze zucchine in <strong>un</strong>a pirofila<br />

imburrata, riempirle con il composto ottenuto<br />

e farle gratinare in forno.<br />

Note: la salsa béchamel<br />

Deve il nome al marchese francese Louis de Béchameil<br />

(1630-1703). Sovrintendente <strong>della</strong> casa<br />

del Duca d'Orléans e intendente di Bretagna,<br />

Béchameil divenne maître d'hotel di Luigi XIV e<br />

scoprì e perfezionò <strong>un</strong>a salsa già esistente, ideata<br />

da <strong>un</strong>o sconosciuto cuoco di corte, trasformandola<br />

nell'attuale besciamella e ribattezzandola<br />

con il proprio nome.<br />

La béchamel è la più semplice delle salse madri<br />

calde poiché non richiede la preparazione di <strong>un</strong><br />

fondo. Viene impiegata per le preparazioni a<br />

base di uova, verdure, coquillage, e per quelle<br />

gratinate. Una volta preparata, se ne deve <strong>un</strong>gere<br />

la superficie con del burro per evitare la<br />

formazione <strong>della</strong> pellicola. Va conservata a bagnomaria<br />

se la si utilizza entro breve tempo (al<br />

massimo 3 ore), altrimenti in frigorifero in <strong>un</strong>a<br />

terrina coperta da pellicola trasparente (per non<br />

più di 3 giorni).<br />

Dalla béchamel derivano numerose salse:<br />

- salsa Mornay: si monta la besciamella con del<br />

burro fresco, poi si aggi<strong>un</strong>ge formaggio gruviera<br />

e grana grattugiati. La si può "legare" con tuorli<br />

d'uova prima di montarla con il burro;<br />

- salsa alla panna: si aggi<strong>un</strong>ge panna fresca;<br />

- salsa Soubise: nel burro si fanno fondere delle<br />

cipolle affettate sottili, si <strong>un</strong>isce la besciamella e<br />

si fa brasare per 30 minuti circa;<br />

- salsa aurora: alla salsa alla panna si aggi<strong>un</strong>ge<br />

del passato di pomodoro;<br />

- salsa Nantua: si monta la salsa alla panna con<br />

del burro di gamberi e si aggi<strong>un</strong>gono code di<br />

gamberi;<br />

- salsa al rafano: si aggi<strong>un</strong>ge alla salsa alla panna<br />

abbondante rafano grattugiato.<br />

Varianti:<br />

Alc<strong>un</strong>e ricette prevedono pinoli, altre escludono<br />

la besciamella, talvolta sostituita da panna. Il ripieno<br />

delle "zucchette ripiene alla milanese" del<br />

Nuovo cuoco milanese economico (1829) di G.<br />

F. Luraschi è preparato tostando <strong>un</strong>a cipolla affettata<br />

nel burro, aggi<strong>un</strong>gendovi la polpa delle<br />

zucchine tritata, pane grattugiato, formaggio,<br />

noce moscata, e legando il composto con panna,<br />

rossi d'uovo e albumi montati a neve. Un'altra<br />

ricetta <strong>lombarda</strong> di zucchine ripiene agrodolci<br />

include la carne di arrosto avanzata e<br />

tritata, mentre le zucchine ripiene di magro dell'Artusi<br />

contengono tonno sott'olio tritato fine.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> secondo piatto dal gusto particolare da<br />

servire dopo <strong>un</strong>a zuppa di legumi o dei gnocchi<br />

di patate. Il vino di accompagnamento è la Lugana<br />

DOC, di solida struttura nel primo anno<br />

<strong>della</strong> vendemmia.<br />

L'ingrediente: la zucchina<br />

La zucchina (dal tardo latino cucutia) è il frutto<br />

<strong>della</strong> pianta Cucurbita pepo <strong>della</strong> famiglia delle<br />

Cucurbitacee. Viene consumata allo stato immaturo<br />

e tanto più è giovane tanto più è pregiata<br />

e saporita. Le varietà più diffuse sono la striata,<br />

la tonda verde, l'ambassador, la bolognese.<br />

Ha scarso valore nutritivo (11 kcal/100 g), ma<br />

grazie all'elevato contenuto di acqua possiede<br />

<strong>un</strong>'azione diuretica.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


ZUCCHINE RIPIENE ALLA VISCONTEA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

355 11,6 27,3 17,0 559 132 3,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


FRITTATA DI POMODORI<br />

Il pomodoro è culturalmente <strong>un</strong> ortaggio che caratterizza l’alimentazione dell’Italia centromeridionale.<br />

La fritada cui pumatesi testimonia, anche nella pianura Padana, <strong>della</strong> popolarità<br />

del pomodoro, almeno dall’inizio del XIX secolo, quando l’Odescalchi, nel suo Cuoco senza<br />

pretese ne aveva sottolineato la convenienza economica.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Primavera-Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 25 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

Tagliere, terrina, frusta, pa<strong>della</strong> antiaderente.<br />

Ingredienti:<br />

UOVA (n. 7), POMODORI MATURI (n. 5),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (40 g),<br />

SALE e PEPE (q. b.), OLIO (40 g).<br />

Esecuzione:<br />

• Sbucciare i pomodori, liberarli dai semi,<br />

spezzettarli e lasciarli sul tagliere a sgocciolare.<br />

• In <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong>, affettare la cipolla e farla rosolare<br />

nell’olio, finché non sia ben colorita.<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere i pezzetti di pomodoro, facendoli<br />

cuocere quanto basta per far evaporare il liquido<br />

naturale.<br />

• Nel frattempo, sbattere le uova con il sale, il<br />

pepe e il formaggio.<br />

• Quando i pomodori avranno perso umidità,<br />

<strong>un</strong>irvi le uova sbattute, mescolare rapidamente<br />

per distribuire <strong>un</strong>iformemente i pomodori<br />

e portare a cottura a fiamma dolce.<br />

Note: pelare i pomodori<br />

Il modo più semplice per togliere la buccia ai<br />

pomodori è quello di scottarli per <strong>un</strong> paio di minuti<br />

in <strong>un</strong>a pentola di acqua bollente: la buccia,<br />

sottile, resistente e difficile da digerire si stacca<br />

con facilità. Se i pomodori da sbucciare sono pochi<br />

e non merita far scaldare l’acqua, si può<br />

provocare il distacco <strong>della</strong> buccia dalla polpa<br />

passando su tutta la superficie del pomodoro,<br />

con <strong>un</strong>a leggera pressione, la costola del coltello<br />

(come se volessimo sbucciare il pomodoro con il<br />

coltello rovesciato). E’ necessario asportare, se<br />

il pomodoro non è ben maturo, l’eventuale polpa<br />

verde attorno all’attaccatura del picciolo, perché<br />

contiene solanina, notoriamente tossica. La pratica<br />

di liberare i pomodori dai liquidi, facendoli<br />

sgocciolare o strizzandoli preventivamente, è<br />

consigliabile per tutte le preparazioni in cui non<br />

sia necessaria la trasformazione in salsa, o anche<br />

per quelle salse non destinate a cottura<br />

prol<strong>un</strong>gata in cui si vogliano mantenere le qualità<br />

delle freschezza.<br />

Varianti:<br />

Non è raro che la frittura avvenga nel burro. E’<br />

possibile aggi<strong>un</strong>gere all’uovo sbattuto <strong>un</strong> cucchiaio<br />

di farina (da agitare bene con la frusta<br />

per evitare la formazione di grumi), o <strong>un</strong> pezzettino<br />

di luganega sbriciolata, o qualche fogliolina<br />

tritata di prezzemolo.<br />

Abbinamenti:<br />

Anche nella sua versione arricchita con la salsiccia,<br />

è <strong>un</strong>a formulazione equilibrata, che può correttamente<br />

seguire <strong>un</strong> piatto di pasta o di riso,<br />

purché non eccessivamente condito, e precedere<br />

<strong>un</strong> dessert dolce senza creme e farcie. Vino<br />

Riviera del Garda Bresciano Chiaretto DOC o<br />

Colli Morenici Mantovani del Garda Rosato DOC;<br />

ma anche, secondo la tradizione, <strong>un</strong> Oltrepò Pavese<br />

Sangue di Giuda DOC.<br />

L’ingrediente: il pomodoro<br />

I pomodori gi<strong>un</strong>sero in Europa all’inizio del XVI<br />

secolo e ricevettero i nomi poetici di pomi<br />

dell’amore, pomi del paradiso, mele d’oro. Originari<br />

del <strong>Per</strong>ù, erano stati però domesticati in<br />

Messico dove, con il nome di tomatl, avevano<br />

<strong>un</strong> largo utilizzo alimentare. In Europa ebbero<br />

<strong>un</strong>a f<strong>un</strong>zione decorativa almeno fino alla metà<br />

del XVIII secolo. Il medico cinquecentesco Costanzo<br />

Felici, in <strong>un</strong> suo scritto De l’insalata, li<br />

definisce “più belli che buoni”, e solo <strong>un</strong> naturalista<br />

dello stesso periodo, Pier Andrea Mattioli,<br />

ne segnala l’uso nelle insalate. Oggi sono <strong>un</strong>o<br />

degli ortaggi più coltivati per fini industriali, non<br />

solo nel Meridione d’Italia, ma anche nella fascia<br />

padana <strong>della</strong> Lombardia, soprattutto nelle provincie<br />

di Cremona e di Mantova.<br />

Di modesto apporto calorico, il pomodoro è ricco<br />

(soprattutto se ben maturo) di vitamina C e vitamina<br />

A. Quest’ultimo costituente (abbastanza<br />

stabile ai trattamenti tecnologici ed alla cottura)<br />

esplica <strong>un</strong>a interessante attività protettiva antiossidante:<br />

per tale ragione il consumo di pomodori<br />

o prodotti a base di pomodoro è altamente<br />

raccomandato dalle più recenti linee guida<br />

nutrizionali.<br />

Entrato più tardi che altrove nella <strong>cucina</strong> familiare,<br />

il pomodoro ha però trovato <strong>un</strong>a sua<br />

collocazione integrativa nelle linee già<br />

strutturate <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>. Lo<br />

ritroviamo, perciò, in piatti classici che prima<br />

dell’800 si preparavano in bianco, come<br />

l’ossobuco, la buseca, il coniglio alla cacciatora<br />

e persino qualche stufato.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


FRITTATA DI POMODORI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

272 16,1 21,1 4,7 593 350 2,5<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


CIPOLLE ALL'ACETO<br />

Più propriamente sono cipolle sott'aceto giacché si tratta <strong>della</strong> preparazione casalinga di<br />

questa conserva. Le cipolle più adatte sono quelle piccole bianche, che maturano da aprile a<br />

luglio, anche se ormai si trovano sul mercato tutto l'anno. Molto pregiate e dolci sono quelle<br />

brianzole.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Conserve<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti +<br />

24 ore di marinatura +<br />

1 settimana di riposo<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

spelucchino, tagliere, pentola, vaso per conserva<br />

Ingredienti:<br />

CIPOLLINE (1 kg), ACETO ROSSO (1 l + q.b.<br />

per la conserva), ALLORO (4 foglie), PEPE (12<br />

grani), CHIODI DI GAROFANO (n.6), AGLIO (1<br />

spicchio), CANNELLA (2 stecche), TIMO (2 pizzichi),<br />

OLIO DI OLIVA (q.b.), SALE GROSSO<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pelare le cipolline e metterle in <strong>un</strong> recipiente<br />

coprendole di sale grosso; lasciare riposare<br />

24 ore<br />

• Trascorso questo tempo, farle bollire in <strong>un</strong> litro<br />

di aceto rosso con 2 foglie di alloro, 6<br />

grani di pepe rotti, 3 chiodi di garofano, lo<br />

spicchio d'aglio, <strong>un</strong> pizzico di timo e <strong>un</strong>a<br />

stecca di cannella<br />

• Lasciare sobbollire dolcemente per 20 minuti<br />

• Scolarle, lasciarle raffreddare e metterle in<br />

<strong>un</strong> vaso per conserva con aceto fresco e i rimanenti<br />

odori<br />

• Coprire con <strong>un</strong> velo di olio e lasciar riposare<br />

almeno <strong>un</strong>a settimana.<br />

Note: la conservazione con aceto<br />

La tecnica di conservare gli alimenti con l'aceto<br />

è conosciuta da millenni: gli ateniesi la impiegavano<br />

per i filetti di pesce e i romani per le<br />

verdure, esattamente come viene fatto oggi. Lo<br />

scrittore romano di agronomia Columella (I sec.<br />

d.C.) nel suo trattato De re rustica descrive dettagliatamente<br />

le diverse modalità di preparazione<br />

dell'aceto più indicato per la conservazione.<br />

Le proprietà conservanti dell'aceto sono dovute<br />

alla sua acidità che abbassando il pH crea <strong>un</strong><br />

ambiente sfavorevole alla crescita di alc<strong>un</strong>i microrganismi,<br />

soprattutto patogeni, senza però<br />

riuscire ad eliminare quelli più resistenti. <strong>Per</strong> ta-<br />

le motivo all'effetto dell'aceto viene abbinato<br />

quello del riscaldamento: le verdure vengono<br />

prima cotte e poi ricoperte di aceto.<br />

Varianti:<br />

Alle cipolline si possono aggi<strong>un</strong>ge altre verdure<br />

ottenendo la giardiniera: peperoni, carote, fagiolini,<br />

sedano bianco. Le verdure vanno bollite<br />

nell'aceto rispettando i diversi tempi di cottura:<br />

dapprima si mettono sedano e carote; dopo 25<br />

minuti si aggi<strong>un</strong>gono fagiolini, peperoni e cipolline.<br />

Abbinamenti:<br />

Le cipolle sott'aceto, come pure la giardiniera, si<br />

servono con il lesso o con gli antipasti di affettati<br />

misti. Il vino può essere <strong>un</strong> Barbera o <strong>un</strong>a<br />

Bonarda dell'Oltrepò, dalle caratteristiche sufficientemente<br />

marcate da resistere all'aceto.<br />

L'ingrediente: la cipolla<br />

La cipolla (dal tardo latino cepulla), è il bulbo di<br />

<strong>un</strong>a pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Gigliacee,<br />

specie Allium cepa. Originaria dell'Asia<br />

del nord e <strong>della</strong> Palestina, è coltivata da oltre<br />

5000 anni. Sembra che la cipolla sia stata introdotta<br />

in Egitto dai Caldei e da qui si diffuse a<br />

tutto il bacino del Mediterraneo. Secondo i Greci<br />

possedeva importanti effetti terapeutici e in<br />

Europa, dalla fine del Medioevo, fu <strong>un</strong>o dei pilastri<br />

dell'alimentazione e <strong>della</strong> <strong>cucina</strong>., soprattutto<br />

nei paesi del Nord e dell'Est.<br />

Le varietà coltivate sono numerose, e differiscono<br />

per forma, stagionalità e colore. Le cipolle<br />

bianche sono precoci maturando da aprile a settembre,<br />

mentre quelle rosse e dorate sono tardive<br />

e si conservano meglio. Le varietà bianche<br />

più com<strong>un</strong>i sono la grossa piatta d'Italia, la<br />

bianca gigante di giugno, la bianca <strong>della</strong> regina,<br />

la bianca di Napoli. Mentre le varietà colorate<br />

più diffuse sono la gialla pomasca, la dorata di<br />

Parma, la rossa di Tropea, la gigante di Spagna.<br />

In <strong>cucina</strong> la cipolla è largamente utilizzata come<br />

condimento e guarnizione di molti piatti. L'odore<br />

p<strong>un</strong>gente caratteristico <strong>della</strong> cipolla cruda e che<br />

scompare con la cottura, è dovuto a <strong>un</strong> olio essenziale<br />

volatile (solfuro di allile). Dal p<strong>un</strong>to di<br />

vista nutritivo, la cipolla ha <strong>un</strong> basso contenuto<br />

calorico (26 kcal/100 g) e nutritivo in genere;<br />

consumata cruda, stimola la secrezione gastrica.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


CIPOLLE ALL'ACETO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

47 1,8 0,4 9,7 669 0 2,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


CREMA LODIGIANA<br />

Anche crema al mascarpone o mascarpone al liquore . La denominazione identifica non tanto<br />

<strong>un</strong>a origine geografica specifica, quanto <strong>un</strong>’area agricola a sud di Milano, da molti secoli dedita<br />

all’allevamento bovino, di cui Lodi è ass<strong>un</strong>ta a simbolo, quale patria riconosciuta per tradizione,<br />

del mascarpone.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti + alc<strong>un</strong>e ore<br />

per raffreddare la crema<br />

Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />

Utensili:<br />

frusta elettrica, ciotola, tazzine da caffè<br />

Ingredienti:<br />

MASCARPONE (200 g), ZUCCHERO (200 g),<br />

TUORLI D'UOVA (n.3), ALBUMI D'UOVA (n.2),<br />

RUM (30 cc)<br />

Esecuzione:<br />

• Montare i tuorli con lo zucchero sino a renderli<br />

bianchi<br />

• Unire il mascarpone e sbattere ancora bene<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il rum e alla fine, delicatamente<br />

perché non si smontino, incorporarvi gli albumi<br />

montati a neve<br />

• Versare la crema in tazzine da caffè e lasciarla<br />

gelare alc<strong>un</strong>e ore prima di servire<br />

• Accompagnare con biscotti secchi<br />

Note: formaggio e zucchero<br />

Annota il medico umanista Pantaleone da Confienza<br />

nella sua Summa lacticinorum (Trattato<br />

dei latticini, 1477) che se al mascarpone italiano<br />

’’si mischiano dell’acqua di rose e <strong>un</strong> bel po’ di<br />

zucchero si prepara <strong>un</strong> cibo gustoso e delicatissimo’’.<br />

Crediamo si tratti <strong>della</strong> prima ricetta <strong>della</strong><br />

crema lodigiana (Pantaleone era nativo <strong>della</strong><br />

zona tra Vercelli e la Lomellina, territorio di cascina<br />

e di latteria). Creme consimili, dalle più<br />

svariate denominazioni, realizzate con mascarpone<br />

o panna, stemperate e profumate con<br />

acqua di fiori di arancio o con rosolio, sono state<br />

piuttosto com<strong>un</strong>i fino all’’800, quando, all’apporto<br />

prevalentemente olfattivo <strong>della</strong> vecchia liquoristica<br />

casalinga si è andato pian piano aggi<strong>un</strong>gendo<br />

il sostegno di distillati fortemente aromatici<br />

come il rum, il cognac e il brandy.<br />

L’accostamento tra formaggio e alimenti dolcificanti<br />

- il miele, lo zucchero o, più semplicemente,<br />

le succose e dolcissime pere mature -<br />

ha origini molto antiche ed era motivato (Apicius,<br />

Avicenna, il Regimen sanitatis Salerni e lo<br />

stesso Pantaleone da Confienza) dalla convinzione<br />

che le sostanze dolci (appartenenti alla<br />

simbologia solare) correggessero, asciugandola,<br />

l’umidità indigesta che rendeva il formaggio difficile<br />

da assimilare, mettendo così a disposizione<br />

dell’organismo tutto il potenziale energetico<br />

dei prodotti caseari.<br />

Varianti:<br />

Non sempre c’è accordo sul numero dei tuorli<br />

d’uovo da sbattere con lo zucchero, né sulla<br />

quantità di mascarpone da usare: raramente,<br />

anzi, le ricette ne indicano le dosi. Le quantità<br />

empiriche rimandano sempre al gusto personale<br />

e indicano la sostanziale riconoscibilità del preparato<br />

a prescindere dalla proporzioni. In alc<strong>un</strong>i<br />

casi si incorporano al mascarpone delle chiare<br />

d’uovo a neve o, meglio, <strong>della</strong> panna montata<br />

(che gli tolgono ogni residuo gusto di formaggio).<br />

Rum e brandy sono intercambiabili (ma<br />

può essere usato qualsiasi altro liquore aromatico).<br />

Sono segnalati arricchimenti creativi con<br />

cannella, caffè o cacao.<br />

Abbinamenti:<br />

Indicata per la stagione invernale, nella tradizione<br />

rituale ottocentesca si accompagnava alla<br />

mostarda di Cremona o al panettone natalizio.<br />

Oggi si serve, prevalentemente in tazzine a parte,<br />

con biscotti secchi e con qualsiasi tipo di torta<br />

o dolce non farcito. Si abbina con i vini liquorosi,<br />

di cui la regione non è particolarmente<br />

ricca: lo Sforzato <strong>della</strong> Valtellina o il poco noto<br />

Moscato Liquoroso dell’Oltrepò Pavese.<br />

L’ingrediente: il mascarpone.<br />

(dal lomb. mascherpa = ricotta, a indicare le<br />

operazioni di scrematura del latte). E’ <strong>un</strong> formaggio<br />

grasso e cremoso, tendenzialmente<br />

bianco, dal profumo delicato, prodotto in buona<br />

parte <strong>della</strong> pianura Padana per coagulazione<br />

<strong>della</strong> panna fresca a 85°C e aggi<strong>un</strong>gendovi acido<br />

citrico. In passato veniva lasciato riposare a<br />

l<strong>un</strong>go su stuoie, per permettere il lento scolamento<br />

del siero, e poi si confezionava con garze<br />

in porzioni sferoidali. Nel prodotto industriale il<br />

siero è allontanato per centrifugazione, cui segue<br />

il confezionamento in vaschette o secchielli<br />

di plastica. Va conservato in frigorifero e consumato<br />

freschissimo. La perdita di freschezza<br />

comporta l’intensificarsi del colore (da bianco/bianco<br />

paglierino verso giallastro) e l’accentuazione<br />

dell’odore di formaggio. Si usa, oltre<br />

che per i dolci, per la preparazione di sufflé<br />

e di salse per pasta o carne e per legare gli ingredienti<br />

di pietanze crude o cotte di vario genere.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


CREMA LODIGIANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

330 5,4 18,6 34,8 54 134 0,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


TORTIONATA<br />

La tortionata o tortjonata (voce dialettale) sembra derivare il proprio nome da tortijon, che<br />

significa fil di ferro attorcigliato, al quale può essere paragonata per la difficoltà ad essere<br />

tagliata Infati questo dolce tipico lodigiano, come la sbrisolona, va spezzato e non affettato,<br />

perché si ridurrebbe a <strong>un</strong> ammasso di briciole. Quant<strong>un</strong>que sia stata codificata nel 1855 dal<br />

titolare <strong>della</strong> più antica pasticceria di Lodi, questa ricetta risale presumibilmente al tardo Medioevo<br />

per alc<strong>un</strong>e caratteristiche tipiche dei dolci del tempo. Come la forma bassa e rotonda,<br />

la consistenza morbida nonostante sia <strong>un</strong>a torta secca, la presenza di mandorle, e la mancanza<br />

di lievitazione, che rende la tortionata simile ai mostaccini e come questi forse veniva<br />

preparata con il miele per legare l'impasto data la scarsità di uova.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci, Merende<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

tritatutto, placca da forno, terrina, teglia<br />

Ingredienti:<br />

FARINA BIANCA 00 (300 g), BURRO (150 g),<br />

ZUCCHERO (150 g), MANDORLE SGUSCIATE e<br />

PELATE (150 g), TUORLO D'UOVO (n.1),<br />

SCORZA DI LIMONE GRATTUGIATA (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tritare le mandorle e farle tostare leggermente<br />

in forno mettendole sulla placca.<br />

• Impastare tutti gli ingredienti<br />

• Mettere il composto <strong>un</strong> <strong>un</strong>a teglia imburrata<br />

badando che risulti alto due centimetri o due<br />

centimetri e mezzo<br />

• Cuocere in forno moderatissimo (120° C) per<br />

circa <strong>un</strong>'ora<br />

Varianti:<br />

La scorza di limone grattugiata non è prevista<br />

nella ricetta originale codificata dal pasticcere<br />

Luraghi. Sostituendo metà farina bianca con farina<br />

gialla si ottiene <strong>un</strong>'altra torta tipica <strong>lombarda</strong>,<br />

la barlocca, la cui modalità di preparazione<br />

è descritta ne La <strong>cucina</strong> degli stomachi<br />

deboli (1862) del Dubini.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong>a torta a l<strong>un</strong>ga conservazione (se tenuta in<br />

<strong>un</strong> contenitore a chiusura ermetica o in <strong>un</strong>a<br />

scatola di latta), ideale per merende e prima<br />

colazione, o consumata dopo cena con <strong>un</strong> vino<br />

dolce come il Moscato DOC o la Malvasia dell'Oltrepò,<br />

entrambi anche nella versione spumante.<br />

L'ingrediente: il burro<br />

Il burro è <strong>un</strong> grasso di origine animale, solido a<br />

temperatura ambiente, che fornisce 758<br />

kcal/100 g. Il suo contenuto nutritivo è caratterizzato<br />

da <strong>un</strong>'elevata presenza di grassi<br />

(83.4%), per la gran parte costituiti da acidi<br />

grassi saturi (50% circa), di colesterolo (250<br />

mg/100 g) e di vit. A.<br />

Il burro si ottiene dalla lavorazione <strong>della</strong> crema<br />

del latte vaccino, cioè la panna, oppure del siero<br />

o di <strong>un</strong>a miscela di siero e crema. La burrificazione<br />

si ottiene agitando energicamente la crema<br />

in appositi contenitori (le zangole, da cui il<br />

procedimento è anche detto zangolatura) per<br />

far sì che i globuli di grasso si aggreghino tra<br />

loro separandosi dal liquido residuo, il latticello.<br />

Seguono il lavaggio (con acqua fredda, per allontanare<br />

lattosio e proteine), l'impastamento<br />

(per avere <strong>un</strong> massa compatta ed eliminare acqua<br />

residua) e la mo<strong>della</strong>tura in varie forme. Il<br />

burro può venire addizionato di sale, conservanti<br />

(antimicrobici e antiossidanti), e alc<strong>un</strong>i coloranti<br />

naturali (carotenoidi, zafferano, annatto).<br />

Il contenuto minimo di grasso non deve essere<br />

inferiore all'80%, mentre per il burro leggero a<br />

ridotto tenore di grasso deve essere compreso<br />

tra il 60 e il 62% , e per il burro leggero a basso<br />

tenore di grasso tra il 39 e il 41%.<br />

A seconda <strong>della</strong> materia prima impiegata si<br />

hanno prodotti di qualità differente: il migliore è<br />

quello ricavato solo dalla crema con determinate<br />

caratteristiche igieniche e organolettiche,<br />

tanto che la legge prevede per questo burro la<br />

denominazione burro di qualità. Importante ai<br />

fini delle caratteristiche del prodotto, è pure il<br />

modo con cui è stata separata la panna dal latte:<br />

per centrifugazione, <strong>un</strong> trattamento rapido<br />

che permette di ottenere <strong>un</strong>a crema dolce che<br />

viene fatta poi maturare addizionandola di fermenti<br />

lattici (conferiscono al burro l'aroma finale);<br />

per affioramento ovvero lasciando riposare<br />

il latte per dodici ore: la panna ricavata è più<br />

aromatica e acida e non viene addizionata di<br />

fermenti poiché questi si sviluppano naturalmente<br />

durante il periodo di riposo del latte.<br />

Un burro di buona qualità appare lucido, omogeneo<br />

e compatto, quando si taglia non devono<br />

comparire goccioline d'acqua, il colore è biancogiallognolo<br />

e può variare a seconda del periodo<br />

di produzione in base al foraggio delle vacche<br />

(bianco d'inverno e più giallo in estate), l'odore<br />

e il sapore sono lievi e delicati.<br />

<strong>Per</strong> evitarne l'irrancidimento, il burro va conservato<br />

in frigorifero a +5-6°C, perfettamente<br />

chiuso, per non più di 3-4 settimane, mentre<br />

nel freezer (-18°C) si mantiene anche <strong>un</strong> anno.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


TORTIONATA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

620 11,7 36,0 66,5 9 107 4,4<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Lodigiano


Pavia e Lomellina<br />

Il territorio pavese, che comprende l'Oltrepò e la Lomellina, è<br />

posizionato tra Lombardia, Piemonte, Emilia e Liguria, costituendo<br />

<strong>un</strong> incontro di culture e tradizioni.<br />

Con quasi 70 mila ettari di risaie, è <strong>un</strong>a terra dedicata alla coltivazione<br />

del riso, tanto che <strong>un</strong>o dei piatti simbolo <strong>della</strong> gastronomia<br />

locale è il risotto alla certosina. Il cereale fu introdotto nel<br />

nord <strong>della</strong> Penisola da Galeazzo Maria Sforza nel '400, il quale lo<br />

impiantò proprio in questa pianura paludosa del ducato. Da qui<br />

il riso si diffuse in tutta Italia: <strong>un</strong> documento del 1475, firmato<br />

dallo stesso Duca, colloca la prima esportazione di riso dalle tenute<br />

pavesi, dove ne era stata sperimentata la coltura, ai territori<br />

ferraresi. Il riso diventò la base dell'alimentazione dei contadini,<br />

che lo confezionavano a risotto con tutto quello che di<br />

commestibile disponevano (prezzemolo, biete, fagioli, papavero,<br />

cipolle, verza, rape ecc.) e lo consumavano anche come dolce,<br />

accompagnato da <strong>un</strong> bicchiere di vino. Veniva utilizzato perfino<br />

per confezionare il pane (pan risin o pan risei) quando scarseggiava<br />

la farina di grano. Le risaie abbondavano di <strong>un</strong> altro<br />

cibo tipico del pavese, le rane, oggi quasi scomparse per il massiccio<br />

impiego di diserbanti, e che, apportatrici di proteine animali,<br />

venivano catturate dai contadini e <strong>cucina</strong>te in svariati<br />

modi dando origine a molti piatti tradizionali <strong>della</strong> zona e <strong>della</strong><br />

Lombardia (riso e rane, rane fritte, rane in sguazzetto).<br />

La gastronomia pavese annovera inoltre specialità di antica tradizione.<br />

A Varzi, situato ai piedi dell'Appennino ligure, si produce<br />

il celebre salame, <strong>un</strong>o degli insaccati lombardi riconosciuti e<br />

tutelati dalla denominazione di origine, prodotto con <strong>un</strong> impasto<br />

aromatizzato con sale, pepe nero e <strong>un</strong> infuso di aglio e vino<br />

rosso che gli conferisce il caratteristico colore rosso vivo.<br />

Mortara, centro agricolo <strong>della</strong> Lomellina, è da svariati secoli la<br />

capitale dell'oca e <strong>della</strong> lavorazione di questo volatile, allevato<br />

per ottenere grasso, piume e carne. La carne d'oca viene utilizzata<br />

per numerose preparazioni (le più popolari: oca con le verze<br />

o ragò d'oca, oca arrosto) e, in sostituzione di quella di maiale,<br />

per la produzione di salumi, che sembra fosse stata favorita<br />

dalla presenza di <strong>un</strong>a com<strong>un</strong>ità ebraica, insediatasi in questo<br />

angolo lombardo nel XVII secolo per concessione di Ludovico il<br />

Moro. Tutt'oggi si confezionano il prosciutto, i ciccioli o graton e<br />

il celebre salame, insaccato nella pelle dello stesso palmipede.<br />

Non vanno infine dimenticati il formaggio di Menconico (di latte<br />

di vacca e pecora),gli amaretti di Vigevano, la marmellata di<br />

Voghera. Mentre tra gli ingredienti tipici vanno annoverati anche<br />

l'anguilla, i rinomati asparagi di Civalegna, i tartufi, le lumache,<br />

il maiale, e, tra i dolci, la torta paradiso e i più rustici panera e<br />

mein. Il pavese è inoltre zona di produzione riconociuta del gorgonzola<br />

e del grana padano.<br />

D<strong>un</strong>que <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> varia, basata come sempre sulle risorse locali,<br />

che si sposa perfettamente con i numerosi vini dell'Oltrepò<br />

(Barbacarlo, Pinot bianco, nero e grigio, Bonarda, Buttafuoco,<br />

Cortese, Riesling, ecc.).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


RISOTTO ALLA CERTOSINA<br />

La Certosa è naturalmente quella di Pavia, ai cui monaci, obbligati dalla Regola a mangiare<br />

sempre di magro, la tradizione attribuisce l’elaborazione di questo piatto. E' <strong>un</strong>o di quei manicaretti<br />

che nel XII secolo suscitavano lo sdegno di Bernardo di Chiaravalle, quando constatava<br />

che i monaci rispettando i digi<strong>un</strong>i alla lettera ed escludendo dalla loro tavola le vivande<br />

carnee, in realtà ne eludevano lo spirito, poiché "tutti i piatti di pesce venivano preparati con<br />

tanta cura e arte che, anche dopo quattro o cinque portate, le prime non impedivano di mangiare<br />

le ultime, e la sazietà non diminuiva l’appetito".<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />

Utensili:<br />

pentola, casseruola, tegame, tagliere<br />

Ingredienti:<br />

RISO VIALONE (450 g), PISELLI SGUSCIATI<br />

(100 g), BURRO (100 g), GAMBERETTI DI<br />

ACQUA DOLCE (200 g), RANE (200 g), CIPOLLE<br />

(80 g), CAROTE (30 g), SEDANO (30 g),<br />

ALLORO (1 foglia), VINO BIANCO (50 cc), OLIO<br />

DI OLIVA (15 g), POLPA DI POMODORI (40 g),<br />

FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (100 g),<br />

SEMI DI FINOCCHIO (n. 5-6), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere il sedano, la carota, metà cipolla,<br />

l'alloro e i semi di finocchio in abbondante<br />

acqua bollente<br />

• Unire i gamberetti e le rane e farli bollire 5<br />

minuti<br />

• Nel frattempo cuocere i piselli in poca acqua<br />

per 10 minuti, poi scolarli<br />

• Spolpare le rane e sgusciare i gamberi, rimettendo<br />

i gusci e lo sterno frantumanti nel<br />

brodo che si continuerà a fare bollire adagio<br />

per almeno 15 minuti finché fino ad ottenere<br />

<strong>un</strong> brodo magro sufficiente per la cottura<br />

del risotto<br />

• In <strong>un</strong> tegame fare imbiondire nell'olio <strong>un</strong><br />

cucchiaio di cipolla tritata, aggi<strong>un</strong>gere i<br />

gamberetti e la polpa di rane e rosolare su<br />

fuoco vivace<br />

• Bagnare col vino bianco e farlo evaporare<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il pomodoro e i piselli, salare e<br />

fare insaporire per almeno 6-7 minuti su fuoco<br />

moderato aggi<strong>un</strong>gendo <strong>un</strong> mestolo di<br />

brodo se necessario<br />

• Filtrare il brodo<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola fare rosolare la restante<br />

cipolla in 50 grammi di burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il riso e farlo tostare mescolando<br />

spesso<br />

• Cuocere il riso aggi<strong>un</strong>gendo il brodo poco per<br />

volta<br />

• A cottura ultimata, <strong>un</strong>ire il restante burro e il<br />

grana e mantecare<br />

• Servire mettendo il risotto nei piatti di servizio<br />

e versandovi sopra qualche cucchiaio del<br />

ragù di rane e gamberetti<br />

Note: Tecniche di cottura del risotto alla certosina<br />

a) il riso (maratelli o vialone) è lessato nell’acqua<br />

(o nel brodo di rane e gamberi) "alla maniera<br />

pavese" e, <strong>un</strong>a volta cotto, viene condito<br />

con il ragù ottenuto con tutti gli altri ingredienti.<br />

b) il riso (carnaroli o arborio) è cotto nel brodo,<br />

in presenza degli altri ingredienti, ad esclusione<br />

delle carni, che vengono aggi<strong>un</strong>te all’ultimo<br />

momento (come si fa per i risotti veri e<br />

propri).<br />

La tecnica a) è più antica rispetto alla b), che<br />

può essere stata elaborata solo dopo il XVII secolo,<br />

cioè dopo la scoperta delle procedure di<br />

brillatura del riso. L’aggi<strong>un</strong>ta di pomodoro denota<br />

<strong>un</strong> ulteriore intervento nello scorcio del XVIII<br />

o all’inizio del XIX secolo.<br />

Varianti:<br />

In alc<strong>un</strong>e ricette si indica di cuocere le rane e i<br />

gamberi separatamente. Tra gli aromi per il<br />

court-bouillon (o per il fumetto, a seconda <strong>della</strong><br />

tipologia), possono figurare porri, prezzemolo,<br />

timo, vino bianco. Il soffritto è di preferenza eseguito<br />

con olio, ma per la tipologia b) è spesso<br />

prescritto il burro. Aglio (da togliere) e cipolla<br />

risultano intercambiabili, mentre f<strong>un</strong>ghi (champignons<br />

e chiodini) e piselli figurano a discrezione<br />

nelle molte ricette esaminate. Talvolta<br />

il riso è mantecato con burro o con burro e formaggio<br />

prima dell’aggi<strong>un</strong>ta delle carni. Non è<br />

rara l’aggi<strong>un</strong>ta finale di filetti di pesce persico<br />

dorati nel burro e cotti con vino e brodo di gamberi.<br />

Abbinamenti:<br />

Questo risotto ha <strong>un</strong>a ricchezza di apporti che<br />

gli consente di non sfigurare come piatto <strong>un</strong>ico.<br />

L’ampio ventaglio di stimoli gusto-olfattivi reclama<br />

<strong>un</strong> vino sapido e asciutto, fresco, ma non<br />

invadente: Riesling e Pinot dell’Oltrepò o Valcalepio<br />

bianco.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


RISOTTO ALLA CERTOSINA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

783 29,0 32,8 96,4 624 149 3,7<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


PINOLI ALLA RICOTTA<br />

Si tratta di <strong>un</strong>a delle tante versioni di gnocchi e malfatti: dei primi contiene le patate, dei secondi<br />

le biete e la ricotta. Il nome <strong>della</strong> preparazione fa supporre la presenza di pinoli che invece<br />

non compaiono nella composizione <strong>della</strong> ricetta: è solo la forma degli gnocchetti che ricorda<br />

questi semi.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, setaccio, ciotola, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

FARINA (350 g), PATATE (800 g), RICOTTA<br />

(300 g), TUORLO D'UOVO (n.3), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (100 g), BIETOLE (500<br />

g), SALE (q.b.), SALSA DI POMODORO AL<br />

BASILICO o SUGO DI CARNE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lessare le patate e a parte le bietole; quando<br />

sono pronte, scolarle, pelare le patate e<br />

passare entrambe le verdure al setaccio<br />

• Unire la farina, la ricotta, il formaggio, i tuorli<br />

d'uovo e il sale<br />

• Impastare bene e, come per gli gnocchi, formare<br />

con l'impasto dei tondini e tagliarli a<br />

pezzetti di circa 5 cm di l<strong>un</strong>ghezza<br />

• Cuocere i "pinoli" in acqua salata, levandoli<br />

con la schiumarola quando affiorano<br />

• Condire con la salsa di pomodoro o il sugo di<br />

carne e servire<br />

Note: patate farinose e poca farina<br />

La farina negli gnocchi serve solo a legare gli ingredienti,<br />

ne basta quindi <strong>un</strong>a piccola quantità.<br />

Troppa farina non solo compromette la caratteristica<br />

morbidezza degli gnocchi ma li rende anche<br />

di difficile digestione in quanto la breve<br />

permanenza nell'acqua bollente non è sufficiente<br />

a cuocere la farina. La quantità giusta è qu ella<br />

che basta per ottenere <strong>un</strong> impasto morbido<br />

che non si attacchi alle mani. E' anche importante<br />

non lavorare a l<strong>un</strong>go l'impasto ma solo<br />

il tempo necessario ad amalgamare gli ingredienti.<br />

Le patate ideali per la preparazione degli gnocchi<br />

sono quelle bianche farinose che si amalgamano<br />

meglio alla farina. Inoltre le patate non<br />

devono aver subito gelate, aver preso luce né<br />

devono essere germogliate. Meglio poi che siano<br />

tutte <strong>della</strong> stessa dimensione affinché cuociano<br />

in modo omogeneo senza che ness<strong>un</strong>a<br />

assorba troppa acqua. Infatti <strong>un</strong> eccessivo contenuto<br />

di acqua delle patate necessita di <strong>un</strong>a<br />

maggiore quantità di farina per l'impasto. In tal<br />

caso è consigliabile far asciugare sul fuoco le<br />

patate dopo averle messe in <strong>un</strong>a casseruola.<br />

Infine, le patate vanno ridotte in purea con lo<br />

schiacciapatate, evitando di usare il passaverdure<br />

perché con questo strumento fanno la<br />

"corda", come si dice in gergo culinario, ovvero<br />

diventano collose.<br />

Varianti:<br />

La ricotta può essere sostituita da mascarpone<br />

o da mollica di pane ammollata nel latte e strizzata.<br />

Alle bietole si possono preferire gli spinaci<br />

che però rinforzano e caratterizzano il sapore<br />

<strong>della</strong> preparazione, altrimenti delicato. Il condimento<br />

contemplato in molti ricettari è quello cosiddetto<br />

"nature" ovvero abbondante burro fuso,<br />

eventualmente aromatizzato con salvia, e<br />

grana grattugiato.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> primo piatto sostanzioso e nutrizionalmente<br />

completo, da accompagnare a <strong>un</strong> secondo a<br />

base di verdura e a <strong>un</strong> dessert al cucchiaio.<br />

Il vino adatto è <strong>un</strong> Pinot dell'Oltrepò.<br />

L'ingrediente: la ricotta<br />

Caratterizzata da <strong>un</strong>a struttura finissima e morbida<br />

e da <strong>un</strong> sapore dolce e delicato, la ricotta è<br />

<strong>un</strong> latticino fresco e non <strong>un</strong> formaggio: rispetto<br />

a quest'ultimo differisce per metodo di produzione<br />

e composizione. Infatti viene ricavata non<br />

dal latte ma da <strong>un</strong> sottoprodotto <strong>della</strong> lavorazione<br />

del formaggio, ovvero il siero residuo <strong>della</strong><br />

cagliata, che viene scaldato a 70-80°C e pertanto<br />

"ricotto" e acidificato con agro o acido citrico<br />

o tartarico. Anche la sua composizione<br />

proteica è diversa da quella tipica del formaggio:<br />

non contiene caseina ma lattoalbumine che<br />

quando vengono scaldate precipitano formando<br />

la caratteristica massa molle. La ricotta può essere<br />

preparata con siero di latte di vacca o di<br />

pecora. La ricotta di latte vaccino, più frequente<br />

in Lombardia, viene prodotta da siero scremato<br />

risultando quindi povera di grassi e di calorie, e<br />

molto digeribile. Quella di pecora, più diffusa<br />

nelle regioni meridionali, si ottiene invece dal<br />

siero intero e ha <strong>un</strong> maggior contenuto lipidico<br />

e <strong>un</strong> sapore più marcato. La ricotta va consumata<br />

freschissima: è molto sensibile alla temperatura<br />

di conservazione e inizia a irrancidire<br />

dopo pochi giorni dalla produzione.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


PINOLI ALLA RICOTTA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

477 21,3 14,7 69,7 566 180 4,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


ZUPPA ALLA PAVESE<br />

Vuole la tradizione che il giorno <strong>della</strong> sua sconfitta ad opera dell’imperatore Carlo V nella battaglia<br />

di Pavia, Francesco I di Valois, re di Francia, vagasse per le campagne attorno alla città,<br />

stanco e affamato ("Tutto è perduto, fuorchè l’onore e la vita, che è salva"). La vita<br />

gliel’avrebbe salvata <strong>un</strong>a contadina, cui il sovrano si era rivolto per avere del cibo. La brava<br />

donna, non avendo che <strong>un</strong> po’ di brodo per farne <strong>un</strong>a zuppa, volle arricchirlo rompendoci<br />

dentro <strong>un</strong> paio di uova. La leggenda è naturalmente creata ad hoc per giustificare l’orgoglio<br />

di campanile per quella che i pavesi ritengono <strong>un</strong>a prelibatezza da re.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 20 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, mestolo, grattugia<br />

Ingredienti:<br />

UOVA (n.6), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO<br />

(60 g), PANE (8 fette), CRESCIONE (1 pizzico),<br />

BRODO DI CARNE (6 mestoli)<br />

Esecuzione:<br />

• Utilizzare <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> di terracotta o <strong>un</strong>a<br />

fondina calda per ogni persona<br />

• Rompere in ogni sco<strong>della</strong> <strong>un</strong> uovo, aggi<strong>un</strong>gere<br />

foglie di crescione e versare <strong>un</strong> buon<br />

mestolo di brodo bollente: l'albume dell'uovo<br />

deve diventare bianco e indurirsi leggermente<br />

• Spolverare con il grana e servire subito con<br />

le fette di pane tostato<br />

Note: uova e zuppe<br />

Sulla tavola dei poveri le zuppe non sono mai<br />

mancate: <strong>un</strong> po’ di pane secco ammollato in<br />

brodo di varia natura costituisce alimento bastante<br />

alla sussistenza, come si ricava dal De<br />

agri coltura di Catone il vecchio. Sono tuttavia i<br />

cuochi medioevali a creare gli archetipi di zuppe<br />

e minestre che ancora si <strong>cucina</strong>no in tutta la nostra<br />

penisola. Il fort<strong>un</strong>ato incontro tra il brodo,<br />

le uova e il formaggio è, infatti, di gusto tipicamente<br />

gotico. Dai ricettari anonimi del XIV secolo<br />

a quello di Maestro Martino e a quelli già<br />

rinascimentali di Cristoforo Messisbugo e di Bartolomeo<br />

Scappi si avverte tutto <strong>un</strong>o sbattere di<br />

uova e di formaggio grattugiato, da versare in<br />

minestre di grasso o di magro. Oltre all'apporto<br />

nutritivo, all’uovo si richiedeva <strong>un</strong> duplice effetto:<br />

quello di dare agli alimenti <strong>un</strong> bel colore<br />

dorato, al pari dello zafferano, e quello di addensare<br />

brodaglie troppo liquide.<br />

La zuppa pavese, d<strong>un</strong>que, a prescindere dalla<br />

veridicità <strong>della</strong> leggenda che ne lega l’origine alla<br />

fine del sogno italiano di Francesco I, rientra<br />

veramente nel gusto cinquecentesco, con in più<br />

<strong>un</strong> tocco da maestro che annulla i semplici simbolismi<br />

dell’età precedente. L’uovo intero, con il<br />

suo bel tuorlo cremoso affogato nella camicia di<br />

albume, racconta la fine dell’epoca dei sapori<br />

indistinti e ann<strong>un</strong>cia che l’avvenire <strong>della</strong> <strong>cucina</strong><br />

sarà nella ricerca e nella precisazione di sensazioni<br />

riconoscibili.<br />

La tecnica più antica per la preparazione <strong>della</strong><br />

zuppa pavese prevede che il brodo bollente sia<br />

rovesciato sugli altri ingredienti già disposti nella<br />

sco<strong>della</strong> individuale. Una tecnica più recente<br />

prescrive invece di preparare le singole porzioni<br />

in pirofile da forno o in piccole terrine da fuoco,<br />

per ottenere la sicura coagulazione dell’albume<br />

con <strong>un</strong> breve passaggio in forno o sulla fiamma.<br />

E’ necessario che le uova, il cui tuorlo non deve<br />

rassodare, siano freschissime.<br />

Varianti:<br />

Il pane su cui si rovescia la zuppa può essere<br />

semplicemente raffermo, tostato e/o spalmato<br />

di burro oppure fritto nel burro. Talvolta il formaggio<br />

è spolverato sul pane ancora asciutto,<br />

altre volte è cosparso in ultimo sulla zuppa già<br />

pronta o addirittura servito a parte.<br />

Rara l’aggi<strong>un</strong>ta di crescione nella sco<strong>della</strong> a<br />

fianco delle uova. Ricettari dell’inizio del nostro<br />

secolo propongono di versare sul pane, prima<br />

del brodo, <strong>un</strong> po’ di sugo di stufato. Pepe a discrezione.<br />

Abbinamenti:<br />

Saporita minestra invernale, può aprire <strong>un</strong> pasto<br />

che potrebbe continuare con carne (stracotto<br />

di bue alla mantovana, coniglio in guazzetto)<br />

o con pesce (anguille alla gardesana). Vino:<br />

Riesling Italico o Pinot dell’Oltrepò.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


ZUPPA ALLA PAVESE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

309 17,0 7,9 45,0 550 205 2,2<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


RANE FRITTE<br />

E’ <strong>un</strong> piatto interregionale, diffuso in tutte le zone nelle quali la ricchezza d’acqua garantisce<br />

<strong>un</strong> consistente approvvigionamento di batraci. La presenza delle risaie ha dato sicuramente<br />

alla Lomellina il primato regionale nella <strong>cucina</strong> delle rane.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

pa<strong>della</strong> di ferro o friggitrice, schiumarola, carta<br />

assorbente<br />

Ingredienti:<br />

RANE PULITE (1200 g), UOVA (n.2), FARINA<br />

BIANCA 00 (50 g), SALE (q.b.), OLIO PER<br />

FRIGGERE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare e asciugare bene le rane<br />

• Incrociare le gambe delle rane sulla schiena<br />

• Infarinarle bene e passarle nelle uova sbattute<br />

con poco sale<br />

• Scaldare bene l'olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro e<br />

mettervi le rane a <strong>un</strong>a a <strong>un</strong>a, tenendole<br />

staccate <strong>un</strong>a dall'altra<br />

• Rivoltarle di tanto in tanto fino alla doratura<br />

• Servirle appena scolate<br />

Note: intera o solo la coscia<br />

La discriminante, nel <strong>cucina</strong>re le rane, è tra chi<br />

ne utilizza soltanto le coscette posteriori e chi le<br />

cuoce tutte intere. La gastronomia popolare<br />

predilige la rana completa, semmai con le zampe<br />

ripiegate su se stesse, per evitare che la<br />

contrazione dei muscoli durante la cottura dia<br />

loro quell’aspetto vagamente umanoide che disturba<br />

la sensibilità di molti commensali. Una<br />

volta fritta, la rana, se è di piccole dimensioni, si<br />

sgranocchia completamente, ossa comprese,<br />

come d’uso anche con gli uccellini. La gastronomia<br />

colta invece seleziona solo le parti carnose,<br />

cioè le cosce posteriori, ma non modifica<br />

la modalità di cottura. E’ probabile che, nella<br />

sua semplicità, <strong>un</strong>a tra le più antiche ricette per<br />

friggere le rane sia quella riportata da Bartolomeo<br />

Platina nel De honesta voluptate (1474):<br />

"Si friggano nell’olio dopo averle avvolte nella<br />

farina".<br />

Varianti:<br />

L’infarinatura può essere preceduta<br />

dall’ammollo <strong>della</strong> carne per <strong>un</strong>’ora nel latte e<br />

seguita dal passaggio nell’uovo, che tuttavia la<br />

rende meno croccante.<br />

Alc<strong>un</strong>e ricette prescrivono di passare le rane in<br />

<strong>un</strong>a pastella di farina e acqua, altre di farle riposare<br />

<strong>un</strong> paio d’ore, prima <strong>della</strong> cottura, in <strong>un</strong>a<br />

marinata di vino, cui possono aggi<strong>un</strong>gersi cipolla,<br />

prezzemolo e basilico o altri aromi e spezie<br />

(in questo modo la carne perde <strong>un</strong>a parte <strong>della</strong><br />

sua delicatezza).<br />

Abbinamenti:<br />

Le rane fritte si possono gustare pienamente<br />

con <strong>un</strong> risotto bianco, condito con burro, formaggio<br />

e odore di prezzemolo. Vino aromatico<br />

ma delicato, la non com<strong>un</strong>e Malvasia<br />

dell’Oltrepò o dei Colli Piacentini; in mancanza:<br />

Riesling dell’Oltrepò.<br />

L’ingrediente: la rana<br />

E’ <strong>un</strong> anfibio <strong>della</strong> specie degli anuri, presente<br />

in Italia in molte varietà, tra cui la più com<strong>un</strong>e è<br />

la rana verde. Ha carni candide, tenere, quasi<br />

del tutto prive di grasso e d<strong>un</strong>que ottime dal<br />

p<strong>un</strong>to di vista dietetico, anche in relazione alla<br />

ricchezza di ferro e di proteine.<br />

Un tempo le rane, pescate di giorno con <strong>un</strong>a<br />

bacchetta di bambù cui è fissato <strong>un</strong> filo con l'esca<br />

(<strong>un</strong> ranino maschio) e di notte con la lampada,<br />

rappresentavano <strong>un</strong>a risorsa gratuita offerta<br />

dal territorio alla tavola <strong>della</strong> povera gente,<br />

che vi trovava <strong>un</strong> apporto proteico difficilmente<br />

sostituibile. Oggi le rane sono molto<br />

meno numerose che in passato a causa dei diserbanti<br />

impiegati nelle risaie e, sembra,<br />

dell'attuale configurazione dei terreni coltivati<br />

(perfettamente livellati) e <strong>della</strong> sistemazione<br />

razionale delle rive. Infatti la terra mossa<br />

creava pozze d'acqua più persistenti e gli<br />

zoccoli dei cavalli utilizzati nel lavoro dei campi<br />

formavano nicchie nel suolo. Cosicché<br />

attualmente le difficoltà sia di approvvigionamento<br />

sia di preparazione<br />

(spellatura e pulitura) ne fanno <strong>un</strong> cibo<br />

piuttosto costoso e non com<strong>un</strong>e, da gustarsi<br />

quasi esclusivamente al ristorante. Nella gastronomia<br />

<strong>lombarda</strong> le rane si preparano anche<br />

in frittata; in guazzetto, con burro, brodo, (aglio)<br />

e prezzemolo; in umido, con sugo di pomodoro;<br />

si utilizzano per arricchire risotti e per<br />

<strong>cucina</strong>re <strong>un</strong> brodo energetico, che in passato<br />

veniva ammannito agli ammalati, e dal quale,<br />

con l’aggi<strong>un</strong>ta di riso e prezzemolo, si ricava il<br />

noto ris e rann e, con <strong>un</strong> soffritto di verdure da<br />

rovesciare su fette di pane abbrustolito,<br />

l’altrettanto celebrata zuppa di rane.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


RANE FRITTE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

239 34,1 8,6 6,4 414 165 0,2<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


OCA CON LE VERZE<br />

Chiamata anche cassoeula (o bottaggio) o ragò d’oca, per la sostanziale corrispondenza con<br />

la cassoeula di maiale.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Brasatura<br />

Utensili:<br />

casseruola, trinciapollo<br />

Ingredienti:<br />

OCA (n.1 intera privata <strong>della</strong> pelle), VERZE<br />

SCURE (2 kg), BURRO (50 g), OLIO DI OLIVA<br />

(50 g), ALLORO (n.2 foglie), SEDANO (80 g),<br />

POMODORI MATURI (100 g), CIPOLLE (50 g),<br />

VINO BIANCO SECCO (200 cc), BRODO (q.b.),<br />

SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tagliare l'oca a pezzi e rosolarla in <strong>un</strong>a casseruola<br />

con olio e burro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere alloro, cipolla tritata e sedano a<br />

pezzetti<br />

• Lasciare imbiondire la verdura, aggi<strong>un</strong>gere il<br />

vino bianco e pomodori tagliati a filetti<br />

• Bagnare con il brodo poco salato e portare a<br />

3/4 di cottura<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere le verze e finire di cuocere<br />

• Servire quando le verze sono ben cotte<br />

Note: <strong>un</strong>'origine contesa<br />

E’ <strong>un</strong> piatto noto in tutte le zone prossime al Ticino,<br />

sia <strong>della</strong> riva <strong>lombarda</strong> sia di quella piemontese.<br />

Non è del tutto convincente la tradizione<br />

che ne lega l’origine alla <strong>cucina</strong> kasher dei<br />

ghetti di Alessandria e di Novara (che sicuramente<br />

ne incrementarono la diffusione), perché<br />

fino alla metà del secolo scorso le ricette<br />

<strong>della</strong> cassoeula prescrivevano l’impiego di carne<br />

e interiora di pollo e di altri volatili, mentre il<br />

maiale vi ha ass<strong>un</strong>to <strong>un</strong> ruolo esclusivo solo a<br />

partire dal nostro secolo.<br />

Varianti:<br />

Nelle preparazioni casalinghe l’oca non viene<br />

spellata. La carota arricchisce spesso il battuto,<br />

che alc<strong>un</strong>i ricettari consigliano di rendere più<br />

grasso con pancetta pestata.<br />

Come altri piatti tradizionali, anche l’oca con le<br />

verze può essere preparata nella versione più<br />

antica, senza pomodoro. Non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta<br />

di costine o cotenne di maiale alla carne d’oca.<br />

Abbinamenti:<br />

Piatto <strong>un</strong>ico se completato con polenta, da abbinare<br />

a San Colombano Rosso, asciutto e con<br />

leggero retrogusto di mandorla.<br />

L’ingrediente: l’oca.<br />

In passato l'oca era <strong>un</strong>o degli animali da cortile<br />

allevati dalla gente del popolo per la produzione<br />

di grasso da impiegare come condimento, da<br />

solo o mischiato con grasso di maiale. La gastronomia<br />

d’élite invece ne ricercava il fegato<br />

per la preparazione del paté, celebrato sino dal<br />

periodo imperiale romano (i Romani nutrivano<br />

le oche con fichi per fare loro ingrossare il fegato,<br />

iecur, che diveniva così iecur ficatum, da cui<br />

il nostro fegato).<br />

Nel mondo contadino l’oca rivestiva <strong>un</strong>’importanza<br />

rituale (segnatamente negli ambiti <strong>della</strong><br />

propiziazione), che ne faceva <strong>un</strong>o degli alimenti<br />

ricorrenti in particolari festività: nel Nord <strong>della</strong><br />

Francia era ricercato per i matrimoni; in Germania<br />

e in Boemia si mangiava per San Martino<br />

(11 novembre), in Inghilterra per San Michele<br />

(29 settembre), in Lombardia per San Siro (9<br />

dicembre) e per San Silvestro, nelle Marche e in<br />

Umbria per Ognissanti.<br />

In tutta Europa costituiva <strong>un</strong>a delle attrazioni<br />

delle fiere di paese, nel cruento gioco rituale del<br />

tiro dell’oca: i giovani dovevano riuscire a staccare<br />

la testa del pennuto vivo, appeso per i piedi<br />

ai rami di <strong>un</strong> albero, saltando o passandogli<br />

sotto a cavallo.<br />

Oggi le oche sono allevate in numero limitatissimo,<br />

in Lombardia soprattutto nella zona di<br />

Mortara, e il mercato italiano si avvale per lo più<br />

di capi allevati all’estero, proponendoli come<br />

specialità, a prezzi solitamente elevati. La tradizione<br />

<strong>lombarda</strong> rischia così di perdere alc<strong>un</strong>i<br />

dei suoi monumenti gastronomici: l’oca arrosto<br />

e quella ripiena di marroni e salsiccia, con (o<br />

senza) contorno di prugne; l’oca con i fagioli<br />

borlotti <strong>della</strong> Lomellina e quella in salmì del<br />

comasco (per non parlare delle fricassee di lingue<br />

d’oche descritte dallo Scappi nella sua Opera).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


OCA CON LE VERZE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

1539 62,6 136,2 9,7 954 21 9,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


ANATRA CON LE LENTICCHIE<br />

Tipico piatto <strong>un</strong>ico per le sere dell’ultimo aut<strong>un</strong>no o dell’inverno, <strong>un</strong>a pietanza che rientra<br />

nella com<strong>un</strong>e tipologia alla cacciatora, in cui le lenticchie, come avviene per lo zampone, hanno<br />

il compito di bilanciare la componente lipidica, fornendo abbondante intingolo per la polenta.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di ammollo 12 ore<br />

Tempo di esecuzione: 140 minuti<br />

Tecnica di cottura: Soffrittura, Rosolatura,<br />

Stufatura<br />

Utensili:<br />

Sco<strong>della</strong> ampia, pentola, tagliere, trinciante,<br />

casseruola<br />

Ingredienti:<br />

LENTICCHIE (500 g), ANITRA (n. 1, c.a 1200 g),<br />

BURRO (50 g), CIPOLLA (n. 1), CAROTA (n. 1),<br />

SEDANO (60 g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio),<br />

MARSALA (<strong>un</strong> bicchiere), SALVIA (6-7 foglie),<br />

BASILICO (4-5 foglie), BRODO DI CARNE (100<br />

ml), SALE e PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Mondare le lenticchie e metterle a bagno per<br />

<strong>un</strong>a notte intera in <strong>un</strong>a larga sco<strong>della</strong>.<br />

• Il giorno seguente, lessarle in acqua salata.<br />

• Spennare, fiammeggiare e pulire l’anatra<br />

dalle interiora, tagliando la testa e le zampe<br />

e mettendo da parte il fegato e la coratella.<br />

• Legare l’anatra con <strong>un</strong>o spaghino, perché rimanga<br />

in forma durante la cottura.<br />

• Tritare finemente la cipolla, l’aglio, il sedano<br />

e la carota e farli appassire in <strong>un</strong>a casseruola<br />

con il burro, aggi<strong>un</strong>gendovi, verso la fine,<br />

anche le interiora spezzettate.<br />

• Unire l’anatra e farla rosolare <strong>un</strong>iformemente,<br />

spruzzandola ogni tanto con marsala.<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere qualche foglia di salvia e di basilico,<br />

il sale e il pepe; bagnare con brodo e lasciar<br />

cuocere per 30 minuti.<br />

• Buttare nella casseruola le lenticchie e portare<br />

a cottura (80-90 minuti) l‘anatra, aggi<strong>un</strong>gendo<br />

altro brodo se dovesse asciugarsi.<br />

Note: le parti residuali<br />

Quasi ness<strong>un</strong>o, oggi, pensa all’utilizzo delle parti<br />

residuali di <strong>un</strong> animale come l’anatra (la testa,<br />

le zampe e le interiora) che nella <strong>cucina</strong> tradizionale<br />

erano invece utilizzate, al pari di qualsiasi<br />

altra parte commestibile. Escludendo la<br />

preparazione del nobilissimo salame di collo di<br />

anatra (o di oca; ma si faceva anche con quello<br />

del tacchino e del cappone), debitamente riem-<br />

pito con le interiora nobili, e con tutte le parti<br />

residuali (lo stomaco, le zampe opport<strong>un</strong>amente<br />

scarnite e ritagli di carne eventualmente avanzata),<br />

il collo e le zampe dell’anitra (queste ultime<br />

opport<strong>un</strong>amente scorticate con il passaggio<br />

sulla fiamma viva e lessate), possono essere<br />

aggi<strong>un</strong>ge a fianco dell’animale intero, e costituire<br />

<strong>un</strong>a vera e propria leccornia per i ghiottoni.<br />

Varianti:<br />

Talvolta al soffritto è aggi<strong>un</strong>to del prosciutto, altre<br />

volte si usano legumi diversi, soprattutto fagioli<br />

borlotti o bianchi di Spagna.<br />

L’aromatizzazione può comprendere anche rosmarino<br />

e qualche spezia (chiodi di garofano).<br />

Preparazioni simili sono usate anche per i germani<br />

e per le folaghe.<br />

Abbinamenti:<br />

Con <strong>un</strong>a bella polenta fumante costituisce piatto<br />

<strong>un</strong>ico, ma, al pari del cotechino, può essere la<br />

risorsa centrale e propiziatoria del cenone di<br />

Capodanno. Gli si affianchi <strong>un</strong> vino pieno, di<br />

gran corpo ed elevata alcolicità, come l’Oltrepò<br />

Pavese Barbacarlo o <strong>un</strong> Valtellina Superiore con<br />

qualche anno di invecchiamento.<br />

L’ingrediente: anatra e uccelli d’acqua<br />

Le anatre sono uccelli acquatici, discendenti<br />

dall’oca selvatica, dalla quale differiscono per il<br />

colore del piumaggio, per la mole (spesso considerevolmente<br />

più piccola) e perché depongono<br />

<strong>un</strong> numero superiore di uova. Una volta erano<br />

oggetto esclusivo di caccia, oggi si allevano per<br />

la produzione sia di carne che di uova. L’animale<br />

cacciato ha bisogno di qualche giorno di frollatura,<br />

quello di allevamento è subito pronto da<br />

consumare. La macellazione avviene attorno ai<br />

3 mesi di vita, quando l’animale ha raggi<strong>un</strong>to il<br />

peso di circa 1,5 kg. Le sue carni sono molto più<br />

saporite, ma anche più grasse di quelle dei<br />

volatili da cortile e, rispetto a queste, sono<br />

anche più ricche di proteine e di sali minerali. La<br />

gastronomia tradizionale, già dal XV secolo,<br />

presta molta attenzione ai volatili acquatici, con<br />

predilezione per l’anatra e per il germano reale,<br />

considerando la folaga con minore interesse, a<br />

causa del suo sapore leggermente ittico. Anatre<br />

e germani sono utilizzati per <strong>un</strong>a variante <strong>della</strong><br />

cassoeula, per gli arrosti croccanti, sia allo spiedo<br />

che in casseruola, per i salmì e, già dall’800,<br />

per accostamenti con frutta, pere, prugne o uva.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


ANATRA CON LE LENTICCHIE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

921 80,9 31,6 75,6 785 31 18,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


PEVERADA<br />

La peverada o salsa peperata ha origini medievali: è menzionata in <strong>un</strong> banchetto del 1148<br />

come accompagnamento alla carne di maiale ("carni porcine con piperata"). La ricetta originaria<br />

era a base di pepe, oggi sostituito dai peperoni, e spesso comprendeva altre spezie: in<br />

passato il largo impiego di queste sostanze aromatizzanti serviva per "bonificare" i cibi mal<br />

conservati e camuffarne il sapore sgradevole. Attualmente con peverada si indica <strong>un</strong>a generica<br />

salsa piccante da servire con la carne lessata.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Salse<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Ness<strong>un</strong>a<br />

Utensili:<br />

tagliere, mezzal<strong>un</strong>a o tritatutto, frullatore<br />

Ingredienti:<br />

PEPERONCINI PICCANTI (25 g), FARINA<br />

BIANCA (25 g), TUORLI D'UOVO (n.3, sodi),<br />

AGLIO (2 spicchi), CAPPERI (15 g), ACCIUGHE<br />

(n.3, diliscate), SEDANO (<strong>un</strong> pezzetto),<br />

SCORZA DI LIMONE (<strong>un</strong> pezzetto), OLIO EX-<br />

TRAVERGINE DI OLIVA (q.b.), ACETO ARO-<br />

MATICO (q.b.), NOCE MOSCATA (q.b.), SALE<br />

(q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Far tostare leggermente la farina<br />

• Tritare i peperoncini, l'aglio, il sedano, i capperi,<br />

le acciughe, la buccia di limone<br />

• Mettere tutto nel frullatore insieme alla farina<br />

e ai rossi d'uovo<br />

• Frullare diluendo con olio e aceto aromatico<br />

versandoli poco per volta.<br />

• Insaporire con la noce moscata e il pepe, regolare<br />

di sale<br />

• Frullare ancora fino ad ottenere <strong>un</strong>a salsa di<br />

consistenza soffice<br />

Note: per caratterizzare il lesso<br />

Il bollito misto, che deve risultare così tenero<br />

da poter essere tagliato con la forchetta, viene<br />

in genere servito con preparazioni dal sapore<br />

marcato che, in contrasto con il gusto delicato<br />

<strong>della</strong> carne lessa, lo caratterizzano. In tavola<br />

con la carne fumante compaiono salse di accompagnamento<br />

di varia composizione (la più<br />

com<strong>un</strong>e è quella verde), sottaceti, mostarda di<br />

frutta, che fanno perdere a questo piatto la<br />

connotazione dietetica trasformandolo in <strong>un</strong> secondo<br />

appetitoso. Anche nel Medioevo <strong>un</strong>a <strong>della</strong><br />

f<strong>un</strong>zioni delle spezie era di variare e contraddistinguere<br />

il sapore dei cibi.<br />

Varianti:<br />

La peverada può essere preparata in svariati<br />

modi: facendo bollire aceto, sugo di arrosto, li-<br />

mone, sale e pepe, e poi passando il composto<br />

al setaccio oppure semplicemente con grasso di<br />

arrosto, pepe rotto e peperoncino piccante, anch'essi<br />

bolliti insieme e poi frullati.<br />

Abbinamenti:<br />

Si serve con il lesso insieme a verdure al burro<br />

e patate bollite, dopo <strong>un</strong>a tazza di brodo caldo<br />

<strong>della</strong> carne e concludendo il pasto con frutta<br />

fresca di stagione. La versione che prevede il<br />

sugo di arrosto si accompagna anche a carni arrostite.<br />

Se accompagna carni bollite, il vino adatto è <strong>un</strong><br />

Barbacarlo dell'Oltrepò; se si abbina agli arrosti<br />

è indicato <strong>un</strong> raro Groppello Amarone, prodotto<br />

in limitata quantità su modello veneto nella zona<br />

del Garda-Bresciano.<br />

L'ingrediente: il pepe nero e il peperoncino<br />

Il pepe, conosciuto e utilizzato già da Greci e<br />

Romani, è il frutto essiccato di <strong>un</strong>a pianta rampicante<br />

originaria dell'India (tuttora il maggior<br />

produttore di pepe insieme all'Indonesia) ed è<br />

largamente diffuso in tutto il mondo costituendo<br />

<strong>un</strong> quarto del mercato mondiale delle spezie.<br />

Quello nero viene preparato facendo fermentare<br />

al sole i frutti ancora verdi per fargli sviluppare<br />

<strong>un</strong> sapore più forte, e poi seccandoli. Il colore<br />

scuro <strong>della</strong> buccia sembra essere causato da<br />

enzimi contenuti in <strong>un</strong> f<strong>un</strong>go presente in tutte le<br />

bacche di pepe, mentre il sapore piccante è dovuto<br />

alla piperina, <strong>un</strong>a sostanza alcaloide presente<br />

nell'olio essenziale del pepe.<br />

Il peperoncino proviene invece dal nuovo mondo<br />

ed è il frutto di <strong>un</strong>a pianta botanicamente affine<br />

al pomodoro, introdotta in Europa dagli<br />

Spagnoli. Le due specie più diffuse sono il Capsicum<br />

annum e il Capsicum frutescens, più piccolo<br />

e piccante. I maggiori produttori mondiali<br />

sono il Messico e l'India. Il sapore piccante del<br />

peperoncino è dovuto alla capsaicina, <strong>un</strong>a sostanza<br />

alcaloide che si accumula nel frutto durante<br />

la maturazione concentrandosi nel tessuto<br />

bianco interno al quale sono attaccati i semi.<br />

Della capsaicina sono stati isolati cinque componenti:<br />

tre causano il bruciore immediato nella<br />

gola e nella parte posteriore del palato, gli altri<br />

due provocano <strong>un</strong> bruciore prol<strong>un</strong>gato e meno<br />

intenso sulla lingua e in mezzo al palato. Il sapore<br />

piccante delle diverse specie di peperoncini<br />

sembra pertanto determinato dalla variazione<br />

nella proporzione di tali componenti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


PEVERADA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina<br />

Fibra (g)<br />

85 3,0 6,5 3,9 242 134 0,3


FAGIOLINI ALLA PANNA<br />

Un ortaggio modesto, sovranamente dietetico, dal sapore leggero, in tutto adeguato al registro<br />

medio <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana; e <strong>un</strong> intingolo a base di panna, di quelli che tra ‘8 e ‘900 servirono<br />

da modello a <strong>un</strong> infinito numero di formulazioni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> internazionale. Lo sposalizio,<br />

nella sua assoluta semplicità, segna in modo esemplare il gusto del Pavese, <strong>della</strong> Lomellina,<br />

del Lodigiano e del Milanese.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Primavera, Estate<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Soffrittura<br />

Utensili:<br />

Casseruola, pa<strong>della</strong>, terrina, frusta, cucchiaio di<br />

legno.<br />

Ingredienti:<br />

FAGIOLINI (600 g), BURRO (30 g), PANNA (100<br />

g), UOVA (n. 1), FORMAGGIO PARMIGIANO<br />

GRATTUGIATO (<strong>un</strong> cucchiaio), il succo di <strong>un</strong><br />

LIMONE, SALE e PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire i fagiolini dalle p<strong>un</strong>te e dagli eventuali<br />

filamenti, lavarli e lessarli in abbondante acqua<br />

salata e a recipiente scoperto, in modo<br />

che restino verdi.<br />

• Scolarli e passarli in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> in cui sia già<br />

stato sciolto il burro; rimescolare, bagnare<br />

con la panna (meno <strong>un</strong> cucchiaio) e lasciar<br />

cuocere a fuoco lento.<br />

• Rompere l’uovo in <strong>un</strong>a terrina con sale e pepe,<br />

<strong>un</strong>irvi il cucchiaio di panna conservato<br />

precedentemente, <strong>un</strong>a cucchiaiata di parmigiano<br />

grattugiato e il succo di limone, sbattendo<br />

bene con la frusta (o con <strong>un</strong>a forchetta).<br />

• Versare il composto sui fagiolini e rimescolare<br />

finché l’uovo non si sia leggermente rappreso.<br />

Servire ben caldo.<br />

Note: le salse bianche<br />

A partire dalla fine del XVII secolo la gastronomia<br />

padana, in parte debitrice verso ciò che si<br />

andava elaborando Oltralpe, come testimoniano<br />

i molti Cuochi perfezionati a Parigi pubblicati a<br />

Torino e a Milano tra ‘7 e ‘800, subisce <strong>un</strong>a sorta<br />

di tirannia delle salse coprenti o leganti. Sono<br />

pochi i piatti che riescono a sottrarsi alla copertura<br />

con salse a base di farina, sul tipo <strong>della</strong> salsa<br />

bianca e <strong>della</strong> besciamelle, in <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, come<br />

quella <strong>lombarda</strong>, che da sempre tributava<br />

<strong>un</strong>’attenzione esagerata alla panna e al suo utilizzo<br />

gastronomico. Tutto ciò che oggi è <strong>cucina</strong>to<br />

con la panna, nei ricettari del passato è spesso<br />

preparato con besciamella, con o senza aggi<strong>un</strong>ta<br />

di uova, secondo scelte <strong>cucina</strong>rie oggi non<br />

più adeguate ai nostri gusti e al nostro fabbisogno<br />

nutrizionale. Salse bianche: va bene, ma<br />

riducendo al minimo la panna e la stucchevole<br />

presenza <strong>della</strong> farina.<br />

Varianti:<br />

Il cuoco milanese (metà XIX sec.) riporta <strong>un</strong>a<br />

ricetta sostanzialmente identica, Fagiuoli verdi<br />

alla Poulette, con la sola aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> soffritto<br />

di cipolla e prezzemolo. Pellegrino Artusi aggi<strong>un</strong>ge<br />

la farina alla panna, optando così per la<br />

besciamella, e serve il tutto con mandorle di<br />

pane fritto. Preparazioni nella stessa tipologia si<br />

usano anche per altri vegetali: le taccole (piselli<br />

mangiatutto), gli spinaci e le bietole, gli asparagi,<br />

i porri e persino le patate.<br />

Abbinamenti:<br />

Con primi piatti asciutti o in brodo, anche sostanziosi,<br />

e a fianco di uova o carni senza eccessi<br />

di salsa (roast-beef o arrosto tradizionale).<br />

Il vino più adatto sarà bianco (Oltrepo Pavese<br />

Pinot DOC o Lugana DOC) se i fagiolini costituiscono<br />

secondo piatto autonomo; oppure il rosso<br />

scelto per le carni, se utilizzati per contorno.<br />

L’ingrediente: la panna<br />

La panna (crema, nell’uso tradizionale) è propriamente<br />

la parte grassa del latte, in passato<br />

separata dalla parte liquida per affioramento del<br />

latte lasciato a riposare. E’ questo il sistema ancora<br />

in uso nei caseifici dove si fabbricano formaggi<br />

grassi o semigrassi, come il Grana. Oggi<br />

la panna si ricava industrialmente per mezzo di<br />

scrematrici centrifughe, che permettono <strong>un</strong><br />

tempo di separazione del grasso molto più rapido<br />

del sistema per affioramento, evitando la sua<br />

acidificazione. Il tipo in commercio (panna fresca,<br />

ovvero pastorizzata, con durabilità 4-7<br />

giorni e panna a l<strong>un</strong>ga conservazione) deve<br />

contenere almeno il 33% di sostanze grasse,<br />

fino a <strong>un</strong> massimo dell’80%. Una buona parte<br />

<strong>della</strong> panna prodotta in Lombardia è utilizzata<br />

per la produzione di formaggi e di burro. Sotto<br />

l’aspetto nutrizionale, l’apporto calorico è notevole<br />

(330 kcal per 100g) e rimarchevole è il contenuto<br />

in grassi saturi, oltre che l’apporto in colesterolo:<br />

per tale ragione, insieme al burro, è<br />

<strong>un</strong> condimento sovente demonizzato a livello<br />

dietetico, sebbene le sue caratteristiche di palatabilità<br />

e le sue proprietà leganti la rendano i nsostituibile<br />

in molte preparazioni tradizionali.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


FAGIOLINI ALLA PANNA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

194 6,2 17,0 4,4 435 69 4,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Pavia e Lomellina


Cremona e Cremasco<br />

La provincia di Cremona, confinante a sud con l'Emilia, è<br />

delimitata a est dall'Adda e a ovest dall'Oglio. Una terra<br />

di pianura, ricca d'acqua, ampiamente sfruttata dalle<br />

coltivazioni agricole e dagli allevamenti di bovini e suini.<br />

La gastronomia del territorio è d<strong>un</strong>que legata ai prodotti<br />

dell'agricoltura, del bestiame e <strong>della</strong> lavorazione del latte.<br />

Secondo alc<strong>un</strong>i la <strong>cucina</strong> locale va distinta in cremasca,<br />

cremonese propriamente detta, e casalasca, ma<br />

le differenze tra <strong>un</strong>a e l'altra non sembrano molto significative.<br />

Fra i primi piatti, i marubini (ravioli con il ripieno di carne<br />

e pane secco biscottato) sono la preparazione più tipica,<br />

e vanno serviti in brodo, meglio se composto da tre brodi<br />

ri<strong>un</strong>iti (gallina, manzo, salame da pentola). A Crema<br />

la pasta ripiena diventa agrodolce (tortelli cremaschi)<br />

per la farcitura di amaretti, uva sultanina, buccia di limone,<br />

grana. La zucca (rinomata quella di Casalmaggiore)<br />

caratterizza altri primi piatti tradizionali<br />

come il riso e zucca e i tortelli di zucca, condivisi con i<br />

mantovani al di là dell'Oglio.<br />

Ampia e saporita è la salumeria cremonese, con specialità<br />

<strong>un</strong>iche come il salame da pentola, prodotto con carne<br />

magrissima, tanto che se ne consuma il delicato brodo di<br />

cottura. C'è poi il testoss, cotechino dalla forma irregolare,<br />

che si mangia stufato con le verze a Cremona e con<br />

la polenta a Crema. Altrettanto particolare, ma oggi assai<br />

raro, è il salame all'aglio.<br />

Nella <strong>cucina</strong> locale è rimasta memoria degli allevamenti<br />

d'oca, <strong>un</strong> tempo molto diffusi in tutto il cremonese, con<br />

le briseule ovvero le braciole d'oca, con la trippa in brodo<br />

d'oca e con il fegato grasso. Discreta la varietà dei dolci,<br />

dei quali si ricordano il bussolano di Soresina (simile a<br />

quello bresciano) e la spongarda di Cremona (analoga<br />

alla spongata emiliana).<br />

Sono però il torrone e la mostarda i prodotti simbolo <strong>della</strong><br />

gastronomia cremonese, entrambi tipici delle feste natalizie.<br />

Il primo, bianco, durissimo, con le mandorle,<br />

sembra avere origini molto antiche (torrone deriverebbe<br />

dal latino torrere, tostare). La mostarda, nelle varietà<br />

dolce e piccante, è d'obbligo la sera <strong>della</strong> vigilia accompagnata<br />

da stracchino, quartirolo o crescenza. Si<br />

confeziona con frutta intera o a pezzi, lessata e lasciata<br />

riposare in <strong>un</strong>o sciroppo di zucchero, miele, vino bianco<br />

e senape.<br />

Altra gloria <strong>della</strong> terra cremonese è l'aver dato i natali a<br />

Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, nato il 1421 a Piadena,<br />

autore del volume De honesta voluptate et valetudine<br />

(1474). Il trattato, che rappresenta il primo libro<br />

di <strong>cucina</strong> divulgato con la stampa, è <strong>un</strong>a sintesi del sapere<br />

alimentare e gastronomico dell'epoca, e riporta<br />

numerose ricette, per la gran parte dichiaratamente des<strong>un</strong>te<br />

dal De arte coquinaria di Maestro Martino.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


PANTRID MARIDAA<br />

Più correttamente pàan triit maridàat ovvero pantrito sposato [con l’uovo] o panada = minestra<br />

di pane. Notissima minestra interregionale, appartenente alla numerosa famiglia dei<br />

pancotti, sul modello <strong>della</strong> stracciatella (in cui si impiega però semola o semolino in luogo del<br />

pangrattato). Una minestra di pangrattato (pagnotta grattugiata, brodo, burro, uova e formaggio)<br />

è descritta nell’Opera di Bartolomeo Scappi (1570) e prima ancora nel De honesta<br />

voluptate et valetudine (1474) del Platina, le cui ricette sono però des<strong>un</strong>te dal Libro de arte<br />

coquinaria di Maestro Martino (1450).<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, zuppiera, frusta<br />

Ingredienti:<br />

BRODO DI CARNE (1.5-1.8 l), PAN GRATTATO<br />

(6 cucchiai), BURRO (40 g), UOVA (n.3), FOR-<br />

MAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Bagnare il pan grattato con il brodo e lasciare<br />

riposare per circa 10 minuti<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il burro e portare il brodo a ebollizione<br />

• Fare bollire per 15-20 minuti<br />

• In <strong>un</strong>a zuppiera sbattere le uova, aggi<strong>un</strong>gere<br />

il grana e continuando a sbattere versare il<br />

brodo bollente: la minestra deve risultare<br />

piuttosto liquida, come <strong>un</strong>a stracciatella<br />

• Servire subito<br />

Note: la consistenza del pantrid<br />

Come per molte altre preparazioni, anche per il<br />

pantrid vi sono due scuole: quella di chi pensa<br />

che questa minestra debba rimanere piuttosto<br />

liquida, quasi come <strong>un</strong>a stracciatella, con la<br />

parte solida minutamente frammentata e dispersa<br />

in maniera omogenea nel brodo; e quella<br />

di chi ritiene che il brodo debba rimanere<br />

chiaro e la panata, con appositi accorgimenti,<br />

debba raggrumarsi in grappoli di <strong>un</strong>a certa consistenza.<br />

L’effetto del primo tipo si ottiene lasciando<br />

riposare il pangrattato nel brodo freddo<br />

per 10-15 minuti, e aggi<strong>un</strong>gendovi le uova<br />

sbattute con il formaggio <strong>un</strong>a volta che la<br />

pentola abbia ripreso il bollore.<br />

La formazione dei grappoli invece si ottiene<br />

sbattendo preventivamente il pangrattato con le<br />

uova e il formaggio e rovesciando il composto<br />

nel brodo bollente per rad<strong>un</strong>arlo col mestolo nel<br />

mezzo alla pentola così che non si scomponga.<br />

Varianti:<br />

Unica variante di rilievo, l’aggi<strong>un</strong>ta di burro nel<br />

brodo al momento di rimetterlo sul fuoco per<br />

portarlo a ebollizione.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> primo piatto poco impegnativo, cui possiamo<br />

far seguire <strong>un</strong> secondo sostanzioso (piccioni<br />

farciti alla bresciana, pollo con i f<strong>un</strong>ghi o<br />

coniglio arrosto con patate). Dessert con biscottini<br />

di Busto e crema lodigiana. Vino: rosato<br />

dei Colli Morenici mantovani del Garda.<br />

L’ingrediente: il pangrattato.<br />

Fino all’inizio del nostro secolo (e nelle campagne<br />

per qualche decennio ancora) il pangrattato<br />

si è prodotto esclusivamente tra le pareti domestiche,<br />

riutilizzando <strong>un</strong>a parte di quel pane raffermo,<br />

eventualmente biscottato in forno, che<br />

<strong>un</strong>a tradizione strutturata sull’autoconsumo, destinava<br />

a nuova dignità trasformandolo in zuppe,<br />

in torte, in farcie. Quasi ness<strong>un</strong>o oggi trova<br />

convenienza nella preparazione del pangrattato<br />

casalingo, rispetto al quale il prodotto industriale<br />

appare più durevole e pratico e qualitativamente<br />

selezionato. I prodotti presenti sul mercato<br />

si distinguono in due varietà, l’<strong>un</strong>a, più<br />

pregiata, di sola mollica; l’altra, di recupero, ottenuta<br />

da crosta e mollica. La qualità e le componenti<br />

del pane grattugiato sono ovviamente<br />

quelle degli ingredienti del pane fresco di origine.<br />

Così se ne trovano varietà derivate da pane<br />

speciale, contenenti piccole quantità di grassi<br />

animali o di olii vegetali, tracce di latte in polvere,<br />

di zucchero etc.. Ricco di carboidrati e povero<br />

d’acqua, ha valori calorici superiori di <strong>un</strong> terzo<br />

rispetto a quelli del pane bianco fresco.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


PANTRID MARIDAA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

159 9,1 10,0 8,0 1035 119 0,0


RISO E ZUCCA<br />

In cremonese riis e söca, è <strong>un</strong> piatto tradizionale lombardo, diffuso tanto nella versione<br />

asciutta preparato come risotto, che in quella in brodo qui proposta. Prende sapore solo dalla<br />

zucca che deve pertanto avere <strong>un</strong> gusto deciso, essere cioè molto dolce, altrimenti il piatto<br />

risulterà insipido e per nulla caratterizzato. <strong>Per</strong> tale motivo alc<strong>un</strong>i "provano" la zucca prima<br />

di procedere alla realizzazione <strong>della</strong> ricetta, cuocendone <strong>un</strong> pezzettino in forno o lessandolo.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Inverno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

tagliere, coltello, casseruola, zuppiera<br />

Ingredienti:<br />

ZUCCA GIALLA (400 g), RISO (200 g), BURRO<br />

(30 g), LARDO (30 g), CAROTE (n.1), CIPOLLA<br />

(n.1, piccola), SEDANO (<strong>un</strong> pezzetto), BRODO<br />

DI CARNE (1 l), FORMAGGIO GRANA GRATTU-<br />

GIATO (4 cucchiai), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Levare alla zucca la scorza, privarla dei semi<br />

e tagliarla a pezzettini<br />

• Mondare e lavare cipolla, sedano e carota;<br />

poi tritarli molto finemente con il lardo<br />

• Porre sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con il burro,<br />

<strong>un</strong>ire il battuto preparato e farlo soffriggere<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la zucca e farla rosolare per alc<strong>un</strong>i<br />

minuti<br />

• Unire il brodo e dopo <strong>un</strong> quarto d'ora di bollitura<br />

mettere il riso nella casseruola<br />

• Quando la minestra sarà pronta (risulterà<br />

densa), versarla nella zuppiera, incorporarvi<br />

il grana e servire<br />

Varianti:<br />

<strong>Per</strong> la preparazione in brodo, molti ricettari<br />

suggeriscono di sostituire il brodo con latte oppure<br />

con latte e acqua nella proporzione di 3 a<br />

1; inoltre c'è chi omette del tutto il formaggio.<br />

C'è poi la versione asciutta: la zucca viene fatta<br />

"fondere" a fuoco dolce in <strong>un</strong> soffritto di cipolla<br />

e burro; dopodiché si aggi<strong>un</strong>ge il riso e si porta<br />

a cottura aggi<strong>un</strong>gendo poco per volta brodo o<br />

acqua o acqua e latte, procedendo come per <strong>un</strong><br />

risotto che a sua volta prevede varianti: la zucca<br />

non viene fatta disfare ma deve restare a<br />

cubetti, oppure viene cotta in forno e aggi<strong>un</strong>ta<br />

al riso 5 min. prima di togliere dal fuoco. Infine,<br />

alc<strong>un</strong>i suggeriscono <strong>un</strong>a grattugiata di noce<br />

moscata, altri tralasciano la cipolla.<br />

Abbinamenti:<br />

Si accompagna bene a <strong>un</strong> secondo di carne in<br />

umido, come <strong>un</strong>o stufato o <strong>un</strong>o stracotto. <strong>Per</strong><br />

equilibrare la dolcezza <strong>della</strong> zucca, il vino indicato<br />

è <strong>un</strong> bianco di solido Trebbiano, come la<br />

Lugana DOC, o <strong>un</strong> vino da tavola come il Bianco<br />

di Casteggio.<br />

L'ingrediente: il riso<br />

Originario dell'Asia, il riso fu importato in Italia<br />

dagli Arabi che lo introdussero in Sicilia nell'VIII<br />

sec. Da qui arrivò in Lombardia nel '400, grazie<br />

a Galeazzo Maria Sforza. E' <strong>un</strong>o dei cereali più<br />

diffusi del mondo e più importanti per l'alimentazione<br />

umana. La produzione del riso prevede<br />

dapprima la pulitura dei chicchi del risone (cariossidi)<br />

per eliminare polveri, terra, frammenti<br />

metallici, ecc.. Poi la sbramatura ovvero la liberazione<br />

<strong>della</strong> cariosside dalla lolla ottenendo il<br />

riso integrale o semigreggio. Quindi la sbiancatura,<br />

cioè l'eliminazione del germe e dei diversi<br />

strati che rivestono il riso integrale. Infine per<br />

rendere la superficie dei chicchi levigata, brillante<br />

e bianca si eseguono la spazzolatura, l'oliatura<br />

(si ricopre il riso con <strong>un</strong> velo sottilissimo di<br />

olio di vaselina: riso camolino) e la brillatura (si<br />

cosparge il riso con <strong>un</strong>a soluzione di glucosio e<br />

talco: riso brillato).<br />

La legge classifica in quattro grandi gruppi le<br />

varietà di riso e risone in base ad alc<strong>un</strong>e caratteristiche<br />

dei chicchi (l<strong>un</strong>ghezza, larghezza,<br />

spessore, forma, peso, ecc.):<br />

• com<strong>un</strong>e o originario: per minestre e dolci,<br />

con chicchi piccoli e cottura di 12-13 min. (varietà:<br />

Balilla, Balilla G.G., Ticinese);<br />

• semifino: per timballi, supplì, antipasti, con<br />

chicchi tondeggianti e cottura di 13-15 min.<br />

(varietà: Rosa Marchetti, Vialone Nano, Italico,<br />

Maratelli, Padano, Navile, Vitro, Lido);<br />

• fino: per risotti e contorni, con chicchi l<strong>un</strong>ghi e<br />

affusolati e cottura di 14-16 min. (varietà più<br />

importanti: Ribe, Rizzotto, Vialone, S. Andrea);<br />

• superfino: per risotti e ripieni, con chicchi<br />

grossi e l<strong>un</strong>ghi e cottura di 16-18 min. (varietà<br />

più importanti: Arborio, Carnaroli, Roma, Baldo,<br />

Razza 77).<br />

Vi sono inoltre il riso parboiled (il risone viene<br />

bagnato con acqua, trattato con vapore per diffondere<br />

verso l'interno le vitamine e i sali minerali<br />

di germe e strati più esterni aumentando la<br />

resistenza dei chicchi alla cottura e riducendo la<br />

perdita di nutrienti nelle successive fasi di raffinazione);<br />

il riso converted (simile al parboiled<br />

ma con perdite nutrizionali minori e colore più<br />

simile a quello del riso brillato); il riso a rapida<br />

cottura (si cuoce parzialmente il riso e lo si disidrata<br />

con aria calda, la cottura è ridotta a 5-8<br />

minuti); il riso arricchito (si introducono chicchi<br />

di riso, 1 su 200 in genere, imbevuti in <strong>un</strong>a soluzione<br />

vitaminica).<br />

Il riso fornisce 362 kcal per 100 g ed è ricco di<br />

carboidrati complessi (amido) e povero di grassi<br />

risultando molto digeribile. Il basso valore biologico<br />

delle sue proteine può essere aumentato<br />

abbinando il riso a legumi, latte, carni, pesci.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


RISO E ZUCCA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

317 10,8 11,1 45,8 1305 18 1,4


MARUBINI IN BRODO<br />

Marubéen, probabilmente da marù = castagna, a causa <strong>della</strong> forma e delle dimensioni, simili<br />

a quelle dei marroni; in mantovano, agnoléen, (con questo nome già nell’Arte di ben <strong>cucina</strong>re<br />

, 1662, del mantovano Bartolomeo Stefani) forse come agnellotto o agnolotto = agnellino,<br />

per il colore e per la forma ass<strong>un</strong>ta dalla pasta <strong>un</strong>a volta farcita, che ricorda il ventre gonfio<br />

di <strong>un</strong> piccolo animale, al pari di gallotto =galletto, che Vincenzo Agnoletti (La nuovissima <strong>cucina</strong><br />

economica, 1814) attribuisce alle paste farcite bergamasche.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

casseruole, ciotola, matterello, tagliapasta,<br />

pentola, mestolo<br />

Ingredienti:<br />

BRODO DI CARNE (2 l), CARNE DI MANZO (250<br />

g), CARNE DI VITELLO (250 g), CARNE DI MA-<br />

IALE (250 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />

TUGIATO (100 g), UOVA (n.7), NOCE MOSCATA<br />

(5 g), PANGRATTATO (10 g), FARINA BIANCA<br />

(400 g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Stufare la carne di manzo, lessare la cervella<br />

e arrostire il vitello e il maiale<br />

• Tritare le carni insieme passandole al tritacarne<br />

due volte<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a ciotola, aggi<strong>un</strong>gere il grana,<br />

la noce moscata grattugiata, tre uova, il<br />

pangrattato, sale e pepe<br />

• Mescolare bene fino ad ottenere <strong>un</strong> composto<br />

omogeneo<br />

• Preparare la sfoglia impastando la farina con<br />

le quattro uova rimaste e poca acqua tiepida<br />

fino alla giusta consistenza<br />

• Stendere la sfoglia e ricavarne delle sfoglie<br />

di circa 5 cm di diametro<br />

• Disporre su metà delle sfoglie il ripieno a pallottoline,<br />

sovrapporre le altre sfoglie di pasta<br />

e premere con le dita sul bordo di ogni agnolino<br />

• Portare il brodo a ebollizione, aggiustare di<br />

sale e versare gli agnolini<br />

• Togliere dal fuoco appena cotti e servire<br />

Note: tipi di brodo<br />

E’ la pasta cremonese per le solennità, destinata<br />

ad essere cotta nel brodo. Il brodo, per essere<br />

degno dei marubini, deve essere preparato con<br />

tre tipi diversi di carne: vitello, manzo e pollo<br />

(oppure manzo, pollo e salame fresco da pentola,<br />

vanto <strong>della</strong> salumeria cremonese). <strong>Per</strong> essere<br />

più precisi, è necessario che i tre tipi di<br />

carne siano cotti separatmente e che solo in ultimo<br />

i tre tipi di brodo ottenuti siano miscelati<br />

tra loro. Niente vieta, naturalmente, di consumarli<br />

asciutti, i marubini, e allora si condiscano<br />

con burro fuso, salvia e formaggio grana grattugiato.<br />

Varianti:<br />

Nel Cremonese il ripieno dei marubini varia da<br />

paese a paese, se non da famiglia a famiglia.<br />

<strong>Per</strong> il ripieno si usano carni diverse e cervello,<br />

ma anche solo cervello o solo midollo di garetto<br />

di manzo. Variabile tra 2 e 4 il numero delle uova<br />

per il ripieno. Al condimento con sale e alla<br />

noce moscata è aggi<strong>un</strong>to talvolta pepe e prezzemolo<br />

tritato. Se l’impasto è troppo compatto<br />

si diluisce con qualche cucchiaio d’olio. Nel ripieno<br />

possono entrare anche carne di stufato<br />

alla cremonese e salamella (o salame fresco<br />

all’aglio). Nel Mantovano il ripieno conserva ancora<br />

<strong>un</strong>’idea di Rinascimento e si fa con stracotto<br />

di bue, salamelle di maiale, fegatini di pollo,<br />

rossi d’uovo, sale, pepe, zenzero, cannella e<br />

chiodi di garofano.<br />

Abbinamenti:<br />

Essendo <strong>un</strong> piatto importante, si preveda in apertura<br />

di <strong>un</strong> pranzo importante, composto, per<br />

esempio, da lepre in crosta con salsa di melagrana<br />

e da <strong>un</strong> dessert tradizionale. Vino rosato<br />

o rosso vivace, Chiaretto del Garda o Lambrusco<br />

mantovano.<br />

L’ingrediente: filologia e paste farcite<br />

Nicolò Tommaseo, nel suo vocabolario, aveva<br />

sentito il bisogno di classificare le paste farcite<br />

a seconda <strong>della</strong> forma o del tipo di ripieno, distinguendo<br />

tra tortelli, ravioli, agnellotti e cappelletti<br />

e ricercando per ciasc<strong>un</strong> tipo di pasta<br />

<strong>un</strong>a immagine che ne garantisse la riconoscibilità.<br />

Più tardi, Pellegrino Artusi, sicuramente<br />

meno esperto di sfumature semantiche rispetto<br />

al Tommaseo, ma sicuramente più padrone <strong>della</strong><br />

spianatoia e del mattarello, non si addentrò<br />

nell’intricato labirinto e preferì non pron<strong>un</strong>ciarsi<br />

esplicitamente sull’argomento, attribuendo a<br />

tutte le paste ripiene, a prescindere dalla denominazione,<br />

la forma ad anello più o meno<br />

grande, che è attribuita com<strong>un</strong>emente ai tortellini,<br />

e <strong>un</strong> ripieno prevalentemente di carne. Insomma,<br />

il patriarca <strong>della</strong> Scienza in <strong>cucina</strong> intuiva<br />

che quando si chiuda <strong>un</strong> qualche ripieno<br />

entro <strong>un</strong>a sfoglia di varia forma e dimensione, si<br />

può accettare con tranquillità la denominazione<br />

locale com<strong>un</strong>e, senza scandalizzarsi se altrove<br />

prodotti simili sono chiamati con nomi diversi o<br />

al contrario prodotti molto diversi vengano indicati<br />

con lo stesso nome. Probabilmente è nel<br />

giusto Fernanda Gosetti quando afferma che il<br />

ripieno "varia da regione a regione, come varia<br />

la forma, la quale, se da <strong>un</strong> inesperto può essere<br />

giudicata senza importanza, dai gastronomi<br />

viene invece considerata facente parte essenziale<br />

<strong>della</strong> bontà del prodotto".<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


MARUBINI IN BRODO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

550 49,6 16,4 53,7 1773 334 1,8


COTENNE CON FAGIOLI DELL'OCCHIO<br />

Il fagiolo dell'occhio appartiene alla specie Vigna sinensis del genere Phaseolus delle Leguminose<br />

Papilionate, ed è l'<strong>un</strong>ico fagiolo autoctono del Vecchio Mondo, essendo originario dell'Africa<br />

e dell'Asia. Consumato fin dall'antichità, quando era chiamato phaseolus, deve il nome<br />

attuale a <strong>un</strong>a macchiolina rotonda e scura presente al centro <strong>della</strong> concavità del legume.<br />

L'abbinamento con le cotenne rimanda ad <strong>un</strong> altro piatto tipico lombardo, i fagioli con le cotiche.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 200 minuti + 12 ore di<br />

ammollo<br />

Tecnica di cottura: Stufatura, Lessatura<br />

Utensili:<br />

casseruola, pentola, tegame largo e pesante,<br />

scodelline individuali<br />

Ingredienti:<br />

FAGIOLI DELL'OCCHIO (250 g), COTENNE DI<br />

MAIALE (250 g), BURRO (40 g), POMODORI<br />

PELATI (100 g), MARSALA SECCO (40 mL),<br />

ROSMARINO (1 rametto), FARINA BIANCA<br />

(q.b.), FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO (30<br />

g), CROSTINI DI PANE (q.b.), SALE (q.b.), PEPE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mondare i fagioli e metterli a bagno per 12<br />

ore<br />

• Scolarli, sciacquarli e metterli in <strong>un</strong>a casseruola<br />

con acqua fredda abbondante, il rosmarino<br />

e poco sale e portarli quasi a cottura<br />

• Nel frattempo scottare le cotenne in acqua<br />

bollente e poi tagliarle a striscioline larghe<br />

<strong>un</strong> dito<br />

• Infarinare le cotenne e farle rosolare nel burro<br />

in <strong>un</strong> tegame largo e pesante; regolare di<br />

sale e pepe (attenzione al dosaggio di sale:<br />

per la l<strong>un</strong>ga cottura alla fine il composto potrebbe<br />

risultare molto salato)<br />

• Quando le cotenne sono ben rosolate, bagnare<br />

con il marsala e lasciar evaporare mescolando<br />

di tanto in tanto affinché le cotenne<br />

non si attacchino sul fondo<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere i pomodori pelati e qualche cucchiaiata<br />

di acqua dei fagioli già cotti, in modo<br />

da coprire le cotenne<br />

• Far bollire molto adagio per circa 2 ore<br />

• A cottura ultimata, aggi<strong>un</strong>gere i fagioli e lasciar<br />

cuocere ancora per circa 10 minuti in<br />

modo che i sapori si amalgamino<br />

• Servire in scodelline già calde, spolverizzando<br />

di grana e accompagnando con crostini<br />

di pane<br />

Note: l'ammollo dei legumi<br />

I legumi secchi vanno lasciati a bagno in abbondante<br />

acqua fredda o tiepida eventualmente addizionata<br />

di sale o bicarbonato di sodio, per<br />

circa 12 ore.<br />

Scopo di questa preparazione è di rendere tenera<br />

la buccia dei semi e ridurre il tempo di cottura.<br />

Oltre a ciò sembra che l'ammollo determini<br />

<strong>un</strong>a maggior disponibilità e/o <strong>un</strong> aumento del<br />

contenuto di alc<strong>un</strong>i principi nutritivi, come la vit.<br />

C, il ferro, la niacina. Nel contempo, se si cambia<br />

l'acqua varie volte, si può verificare la perdita<br />

di gran parte delle sostanze contenute nei<br />

legumi che inibiscono la digestione di alc<strong>un</strong>i nutrienti<br />

o dotate di tossicità.<br />

Varianti:<br />

La variante più diffusa prevede i fagioli borlotti<br />

al posto dei fagioli dell'occhio e la cottura delle<br />

cotenne in acqua, per poi ri<strong>un</strong>ire e soffriggere in<br />

casseruola, in <strong>un</strong> trito di verdure, i due ingredienti<br />

di base, già cotti. Parte del burro può essere<br />

sostituito da lardo. Omettendo i crostini di<br />

pane e il grana, disdegnato da molti per questa<br />

preparazione, diventa <strong>un</strong> secondo piatto. Anche<br />

il Marsala è facoltativo.<br />

Abbinamenti:<br />

Un piatto forte nel sapore e nel contenuto nutritivo,<br />

che si accompagna a riso bollito o pilaff e<br />

frutta fresca di stagione, e che richiama <strong>un</strong> vino<br />

dall'odore vinoso e dal gusto denso giustamente<br />

acido-tannico come l'Oltrepò pavese Buttafuoco.<br />

L'ingrediente: le cotenne<br />

Il detto popolare "Del maiale non si butta niente",<br />

esemplificato nel trattato seicentesco Del<br />

porco e delle centodieci maniere di farne vivande<br />

del marchese bolognese Vincenzo Tanara,<br />

trova conferma nel consumo <strong>della</strong> cotenna o<br />

cotica, ovvero <strong>della</strong> pelle di questo animale. Dura<br />

e spessa, ricca di grasso, la cotenna viene<br />

utilizzata sia in salumeria sia <strong>un</strong> <strong>cucina</strong>. In salumeria<br />

come involucro di alc<strong>un</strong>i insaccati, in<br />

particolare di zampone e cotechino (cui dà anche<br />

il nome). In <strong>cucina</strong> ha impieghi antichissimi<br />

come succedaneo di grassi più pregiati e ancora<br />

oggi serve per insaporire alc<strong>un</strong>e preparazioni,<br />

come minestre, e, scaldata e grattugiata, per<br />

rivestire il fondo di brasiere e cocotte affinché<br />

durante al cottura rilasci grasso alla pietanza<br />

ammorbidendola. Inoltre la cotenna viene impiegata,<br />

con il piede di vitello, come elemento<br />

gelificante nella confezione delle gelatine. Il Tanara,<br />

nel citato trattato, suggeriva che "le cotiche<br />

a lesso cotte, misticate con cascio, a foggia<br />

di lasagne si condiscono".<br />

<strong>Per</strong> il suo elevato tenore lipidico (27% circa) e<br />

quindi calorico (oltre 600 kcal/100 g), e la sua<br />

consistenza coriacea, la cotenna è poco digeribile<br />

e va consumata saltuariamente.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


COTENNE CON FAGIOLI DELL'OCCHIO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

434 24,2 18,8 42,9 434 22 6,2


PARMIGIANA DI BIETOLE<br />

Si definisce parmigiana o alla parmigiana <strong>un</strong> qualsiasi preparato di verdure già cotte, passate<br />

poi in forno con <strong>un</strong> qualsiasi condimento e formaggio parmigiano. Al contrario di quanto si<br />

potrebbe credere è <strong>un</strong> piatto di origine napoletana e non emiliana; ma siccome entra nella gastronomia<br />

<strong>lombarda</strong> già dal Nuovo cuoco milanese del Luraschi (1829, Coste alla parmigiana),<br />

può vantare <strong>un</strong> largo radicamento nella regione.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura, Cottura al<br />

forno<br />

Utensili:<br />

Pentola, colino, teglia da forno<br />

Ingredienti:<br />

BIETOLE (500 g), BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (300 g), SUGO DI<br />

ARROSTO (100 ml), SALE e PEPE BIANCO (q.<br />

b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire le bietole, togliendo i fili dai gambi e<br />

separando i gambi dalla foglia.<br />

• Lavare con cura i gambi (le coste), quindi<br />

farli lessare in acqua salata.<br />

• Scolarli, ponendoli in <strong>un</strong> setaccio e, <strong>un</strong>a volta<br />

freddi, spremerli, senza spappolarli, per farne<br />

uscire i liquidi residui.<br />

• Sistemarli a strati in <strong>un</strong>a teglia da forno, condendo<br />

ogni strato con burro, formaggio<br />

grana grattugiato e <strong>un</strong>a spruzzata di pepe<br />

bianco.<br />

• Infornare per 20-25 minuti, avendo cura di<br />

bagnare con <strong>un</strong> po’ di sugo di arrosto ogni<br />

qualvolta dovessero asciugarsi troppo.<br />

Note: la foglia <strong>della</strong> bietola<br />

L’utilizzo dei gambi delle bietole presuppone lo<br />

scarto delle foglie verdi, che tuttavia è impensabile<br />

finissero nell’immondizia, in <strong>un</strong>a società come<br />

quella tradizionale abituata a consumare<br />

tutto ciò che potesse essere consumato. Così le<br />

foglie scartate da preparazioni gastronomiche di<br />

maggior momento, finivano nelle farciture per le<br />

torte salate, nei minestroni o in gustose minestre<br />

di riso (in Lombardia si è sempre preferito<br />

la bietola, più delicata, agli spinaci, meno adatti,<br />

per il loro sapore intenso, al carattere medio<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> padana). Non era escluso l’uso nella<br />

farmacopea popolare, che utilizzava le foglie<br />

verdi, cotte e macerate, sotto forma di cataplasma<br />

per la cura di scottature e ascessi.<br />

Varianti:<br />

Alc<strong>un</strong>i ricettari ottocenteschi riportano la ricetta<br />

delle bietole in salsa bianca, in cui al burro fuso<br />

e al formaggio si aggi<strong>un</strong>ge <strong>un</strong> po’ di farina (e<br />

talvolta <strong>un</strong>a raschiatina di noce moscata), formando<br />

<strong>un</strong>a vera e propria salsa, prima di passare<br />

la teglia in forno o di terminare la cottura<br />

sulla fiamma. Altri mischiano al formaggio del<br />

pane grattugiato. Formulazioni più recenti prevedono<br />

che le bietole siano soffritte con cipolla e<br />

aglio, prima di essere sistemate nella teglia. In<br />

alc<strong>un</strong>i casi si consiglia la gratinatura anziché la<br />

cottura in forno.<br />

Abbinamenti:<br />

Si tratta di <strong>un</strong> secondo piatto che, pur gi<strong>un</strong>gendo<br />

da <strong>un</strong>a tradizione ormai superata, può essere<br />

correttamente ass<strong>un</strong>to in <strong>un</strong> regime dietetico<br />

moderno. Può seguire <strong>un</strong> risotto, o costituire<br />

piatto <strong>un</strong>ico assieme a <strong>un</strong> paio di uova in cereghin<br />

o a pesce di lago alla griglia. Gli si addice<br />

<strong>un</strong> vino bianco, secco e morbido, come l’Oltrepò<br />

Pavese Cortese DOC o la Lugana DOC <strong>della</strong> zona<br />

del Garda.<br />

L’ingrediente: le bietole<br />

La bietola, o bieta da costa, o semplicemente<br />

costa, è <strong>un</strong> ortaggio <strong>della</strong> famiglia delle Chenopodiacee,<br />

cioè delle barbabietole. Al contrario<br />

delle altre varietà <strong>della</strong> famiglia, di cui si utilizza<br />

la radice, <strong>della</strong> bietola si utilizzano le grandi foglie<br />

e i gambi bianchi e carnosi.<br />

Denominate anche “erbette” (in Emilia), le bietole<br />

hanno sapore delicato e solitamente si consumano<br />

dopo <strong>un</strong>a breve lessatura, nelle stesse<br />

preparazioni usate per i cardi (la bietola è chiamata<br />

anche cardonetto).<br />

Le bietole hanno modesto apporto calorico, ma<br />

sono ricche in ferro (quasi quanto gli spinaci), in<br />

potassio ed in vitamina A, oltre che di fibre facilmente<br />

digeribili.<br />

La preparazione più tradizionale è quella in gras<br />

pestàa: le coste lessate sono fatte saltare in <strong>un</strong><br />

battuto di lardo. Molto com<strong>un</strong>e la consumazione<br />

in insalata, col solo condimento di olio e succo di<br />

limone. Dalla <strong>cucina</strong> ottocentesca sono gi<strong>un</strong>te<br />

sulle nostre tavole le frittate e le frittelle (queste<br />

ultime anche in versione dolcificata) di gambi di<br />

bietola sminuzzati.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


PARMIGIANA DI BIETOLE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

609 27,6 52,8 6,1 957 176 1,2


FIORI DI ZUCCA RIPIENI ALL’ORTOLANA<br />

Come in altre vivande, la denominazione all’ortolana indica la presenza di diversi ortaggi.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Primavera, Estate<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno, Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, setaccio, ciotola, teglia<br />

Ingredienti:<br />

FAGIOLINI VERDI (100 g), ZUCCHINE (100 g),<br />

PATATE (150 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />

TUGIATO (50 g), BURRO (40 g), FIORI DI<br />

ZUCCA (n.12), UOVA (n.1), BASILICO (10 foglie),<br />

AGLIO (1 spicchio), OLIO DI OLIVA (2<br />

cucchiai), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire e lessare le zucchine, le patate e i fagiolini<br />

• Scolarli e passarli al setaccio<br />

• Mettere il ricavato in <strong>un</strong> tovagliolo e strizzarlo<br />

bene per levare l'acqua contenuta nelle<br />

verdure<br />

• Versare il passato in <strong>un</strong>a ciotola, <strong>un</strong>ire l'uovo,<br />

l'aglio pestato col basilico, quindi il grana<br />

e il burro fuso<br />

• Salare e pepare e amalgamare bene<br />

• Riempire i fiori di zucca con l'impasto richiudendo<br />

bene i petali<br />

• Ungere i fiori di olio, accomodarli in <strong>un</strong>a teglia<br />

e passarli in forno caldo (180° C) per<br />

15-20 minuti togliendoli quando sono dorati<br />

• Servire subito<br />

Note: elogio <strong>della</strong> leggerezza e dei profumi<br />

La gastronomia popolare non disdegnava, in<br />

passato, trasformare i fiori, anche i più com<strong>un</strong>i,<br />

in alimenti talvolta raffinati. La pratica moderna<br />

ha portato a dimenticare molte ricette floreali di<br />

<strong>un</strong>a volta, di cui resta però testimonianza nei ricettari.<br />

In tutta l’Italia del Nord, ed in particolare<br />

in Lombardia, regione legata alla <strong>cucina</strong> <strong>della</strong><br />

zucca, i fiori <strong>della</strong> invadente cucurbitacea si preparavano<br />

anche fritti con la pastella (con o senza<br />

ripieno). Si friggevano inoltre i fiori di robinia<br />

e quelli di sambuco, per ricavarne frittelle e frittate,<br />

come già si legge nell’anonimo Libro per<br />

cuoco veneziano del XIV secolo. I fiori di sambuco<br />

entrano ancora oggi nella ricetta pan de<br />

mej, preparato in tutta la regione, e in quella<br />

del dolce tipico di Chiavenna, il fiurètt. Petali di<br />

rosa davano teneri riflessi e intensi profumi al<br />

rosolio e al nocino dei nostri nonni; violette can-<br />

dite ornavano biscotti e dolciumi dal sapore di<br />

altri tempi.<br />

L’elaborazione dei fiori di zucca, richiede alc<strong>un</strong>e<br />

precauzioni. Intatti e appena raccolti, devono<br />

essere trattati con estrema cura per non romperli<br />

durante il lavaggio e l’asciugatura. Unico<br />

accorgimento per la preparazione è di togliere il<br />

ped<strong>un</strong>colo esterno e il pistillo interno, che in alc<strong>un</strong>i<br />

casi risulta amaro.<br />

Varianti:<br />

Il ripieno può essere integrato con foglie di<br />

basilico o di prezzemolo, con mollica di pane<br />

ammollata nel latte o anche con prosciutto cotto<br />

tritato finissimo o salsiccia (nel qual caso l’ortolana<br />

passa in salumeria). Anziché cuocerli in<br />

forno, alc<strong>un</strong>i ricettari prescrivono di friggere i<br />

fiori, previa infarinatura o dopo <strong>un</strong> rapido bagno<br />

in pastella di farina, latte e uova.<br />

Abbinamenti:<br />

Sia come secondo sia e soprattutto come stuzzicante<br />

antipasto per <strong>un</strong>a pranzo che non preveda<br />

altre cotture in olio. Vino Franciacorta Rosato<br />

Spumante, fruttato e fragrante di lieviti.<br />

L’ingrediente: l'arte del ripieno<br />

Il riempimento di <strong>un</strong> involucro inconsistente,<br />

come quello dei fiori <strong>della</strong> zucca, tende a rinnegare<br />

la natura aerea e la leggerezza del contenitore:<br />

è <strong>un</strong>’operazione ad alta carica simbolica<br />

che riporta idealmente all’immagine dell’uovo e<br />

al meccanismo <strong>della</strong> sorpresa (come le scatole<br />

cinesi e le matrioske russe). La gastronomia alta<br />

ha saputo sfruttare con eccezionale maestria<br />

e spirito decorativo, da Apicio al Messisbugo,<br />

dallo Scappi allo Stefani, la meraviglia derivante<br />

dall’apertura di <strong>un</strong> corpo contenente <strong>un</strong> altro<br />

corpo, ripieno semmai di altre materie commestibili.<br />

La <strong>cucina</strong> popolare ha guardato invece<br />

meno alla forma e più alla sostanza e ha collaudato,<br />

nel corso dei secoli, impasti infallibili, con<br />

pochi e semplici ingredienti: pane secco, castagne,<br />

patate, formaggio, latte, uova, frutta secca,<br />

aromi, talvolta <strong>un</strong> po’ di salsiccia. Salvo alc<strong>un</strong>i<br />

esempi più elaborati, provenienti dalla tradizione<br />

principesca rinascimentale (i tortelli con<br />

la mostarda), i ripieni <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> si<br />

giocano tutti su quei pochi elementi. Sia che si<br />

tratti di riempire <strong>un</strong>a trota o <strong>un</strong>a tinca, di farcire<br />

il cappone natalizio o di fare l’impasto per i ravioli,<br />

pochi spostamenti aromatici sono sufficienti<br />

ad offrire profilo e carattere alla genericità<br />

dell’impasto di base (timo e lauro per i pesci;<br />

salvia e rosmarino per le carni; noce moscata,<br />

chiodi di garofano e cannella per le paste).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


FIORI DI ZUCCA RIPIENI ALL’ORTOLANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

150 5,2 12,3 4,8 466 58 1,0


SALSA AGRODOLCE PER LESSO<br />

Questa preparazione, presumibilmente di origine medievale e già codificata ne Il nuovo cuoco<br />

milanese (1853) di Gian Felice Luraschi, sostituisce la tradizionale salsa verde come accompagnamento<br />

alla carne bollita. Caratterizzata dall'associazione di zucchero e aceto, che viene<br />

anche definita "gastrica", la salsa agrodolce è utilizzata nella <strong>cucina</strong> di molti paesi.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Salse<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 15 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

tritatutto, piccola casseruola<br />

Ingredienti:<br />

PREZZEMOLO (60 g), ACETO (70 mL), ZUC-<br />

CHERO (15 g), PASSATO DI POMODORO (100<br />

g), OLIO DI OLIVA (20 g), SALE (q.b.), PEPE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Tritare il prezzemolo e mescolarlo a freddo a<br />

tutti gli altri ingredienti<br />

• Far bollire il tutto per 5 minuti, servire<br />

Note: l'agrodolce<br />

La pratica di combinare nello stesso piatto due<br />

sapori contrastanti, l'agro e il dolce (dati dall'aceto<br />

e dallo zucchero o dal miele), risale alla<br />

<strong>cucina</strong> romana antica. Preparazioni agrodolci<br />

sono infatti riportate nel De re coquinaria di Apicio.<br />

Il gusto agrodolce era molto apprezzato anche<br />

nel Medioevo e nel Rinascimento, quando,<br />

in conseguenza dell'introduzione di nuovi alimenti,<br />

si creavano associazioni di ingredienti<br />

che oggi possono apparire insensate ma che<br />

allora trovavano largo consenso sia per le preferenze<br />

sensoriali del tempo sia per lo sfarzo<br />

che ostentavano. Alla carne venivano abbinati<br />

frutta secca, zucchero, spezie, formaggio, come<br />

nella tanto celebrata torta parmesana, in voga<br />

dal '300 al '600 come simbolo di alta <strong>cucina</strong> e<br />

momento clou di <strong>un</strong> banchetto. Fu la <strong>cucina</strong><br />

francese, nel '600, a mettere ordine e razionalizzare<br />

gli abbinamenti dei cibi distinguendo<br />

tra dolce e salato e influenzando in tal senso le<br />

abitudini culinarie dei paesi culturalmente dominati<br />

dalla Francia, come l'Italia. In alc<strong>un</strong>i piatti<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> regionale italiana sono rimaste associazioni<br />

agrodolci come nei tortelli con la zucca,<br />

nelle sarde in saor, nelle cipolline in agrodolce,<br />

ecc. Tipiche preparazioni agrodolci sono<br />

le conserve di frutta all'aceto, come pure alc<strong>un</strong>i<br />

condimenti di origine esotica e introdotti in Europa<br />

dagli inglesi (mostarda dolce, chutney). In<br />

alc<strong>un</strong>i Paesi l'agrodolce è frequente in molti<br />

piatti di carne (Russia, Scandinavia, Germania e<br />

Cina).<br />

Varianti:<br />

Il passato di pomodoro non è contemplato in<br />

molti ricettari, dove è sostituito da brodo di car-<br />

ne ed è prevista l'aggi<strong>un</strong>ta di uvetta, pinoli e,<br />

talvolta, di amaretti sbriciolati e di farina per legare<br />

la salsa. Nelle indicazioni de Il nuovo cuoco<br />

milanese non si trova il prezzemolo né l'olio, sostituito<br />

dal burro, e compare poca scorza di limone.<br />

Anche il procedimento può variare: si fa<br />

caramellare lo zucchero per poi scioglierlo nell'aceto<br />

e aggi<strong>un</strong>gervi infine gli altri ingredienti.<br />

Abbinamenti:<br />

La salsa agrodolce si accompagna ai lessi e alla<br />

cotolette fredde. I vini indicati sono il Barbera e<br />

la Bonarda dell'Oltrepò, giovani e fragranti.<br />

L'ingrediente: l'aceto<br />

Utilizzato fin dall'antichità come conservante e<br />

per condimenti, salse e marinate, l'aceto, definito<br />

da Aristotele "vino putrefatto", è il prodotto<br />

<strong>della</strong> fermentazione del vino o di altri liquidi alcolici<br />

ottenuti da frutta, cereali, malto, miele.<br />

prodotti agricoli (mele, malto, barbabietola, riso,<br />

ecc.). La fermentazione avviene ad opera di<br />

particolari batteri chiamati acetici che trasformano<br />

l'alcol contenuto nel prodotto di partenza<br />

(vino, sidro, sakè, ecc.) in acido acetico, sostanza<br />

che conferisce il caratteristico sapore a<br />

questo condimento e che, per legge, deve essere<br />

presente in quantità non inferiore al 6% per<br />

l'aceto di vino e al 5% per gli altri aceti. Dal<br />

p<strong>un</strong>to di vista commerciale si distinguono aceti<br />

com<strong>un</strong>i e aceti di qualità, che hanno <strong>un</strong>'acidità<br />

uguale o maggiore al 7% e la differenza tra<br />

queste due categorie risiede nella materia prima<br />

e nella tecnica di produzione. <strong>Per</strong> gli aceti<br />

com<strong>un</strong>i vengono generalmente impiegati vini<br />

molto diluiti e già leggermente alterati, il processo<br />

di fermentazione è rapido e la maturazione<br />

nelle botti è limitata a pochi mesi cosicché gli<br />

aromi presenti e le caratteristiche sensoriali sono<br />

meno spiccati. Gli aceti di qualità provengono<br />

invece da vini sani appositamente preparati,<br />

con <strong>un</strong>a diluizione minore e quindi con <strong>un</strong>a<br />

maggior quantità di profumi e aromi, e la cui acidificazione<br />

avviene lentamente; l'aceto rosso<br />

ottenuto viene poi lasciato invecchiare in fusti di<br />

legno per sei mesi circa e poi travasato in contenitori<br />

di acciaio inossidabile per <strong>un</strong> altro periodo<br />

di invecchiamento, mentre quello bianco<br />

viene fatto "maturare" per <strong>un</strong> anno sempre in<br />

recipienti di acciaio. Durante il periodo di invecchiamento<br />

il prodotto diviene limpido e affina le<br />

proprie caratteristiche risultando più profumato<br />

e aromatico. Alc<strong>un</strong>i aceti vengono aromatizzati<br />

addizionandoli di estratti aromatici naturali di<br />

erbe (basilico, rosmarino, salvia ecc.) o di frutta<br />

(lampone, limone) e lasciandoli riposare il tempo<br />

necessario perché acquistino le caratteristiche<br />

sensoriali degli aromi aggi<strong>un</strong>ti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


SALSA AGRODOLCE PER LESSO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

43 0,5 3,4 3,2 394 0 0,4


DOLCE DI GRANOTURCO<br />

Questa torta viene anche chiamata polenta dolce, non solo per la presenza <strong>della</strong> farina di<br />

mais, ma anche per la modalità di preparazione, simile app<strong>un</strong>to a quella <strong>della</strong> polenta.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci, Merende<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 80 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Cott. in forno<br />

Utensili:<br />

casseruola, tortiera, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

LATTE (500 cc), FARINA DI GRANOTURCO (200<br />

g), TUORLI D'UOVO (n.3), ZUCCHERO (60 g),<br />

BURRO (120 g), AMARETTI (100 g), ZUCCHERO<br />

A VELO (50 g), CANNELLA (<strong>un</strong> pizzico)<br />

Esecuzione:<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola portare a ebollizione il latte<br />

• Versarvi la farina gialla e far cuocere per 20<br />

minuti<br />

• Ritirare la casseruola dal fuoco e quando la<br />

polentina diventa tiepida, <strong>un</strong>ire i rossi d'uovo<br />

<strong>un</strong>o per volta, la cannella, lo zucchero, il burro<br />

e gli amaretti ridotti in polvere<br />

• Fare <strong>un</strong> impasto omogeneo e versarlo in <strong>un</strong>a<br />

tortiera imburrata<br />

• Cuocere in forno a 180° C per circa 30 minuti<br />

• Lasciare intiepidire il dolce, sformarlo, spolverizzarlo<br />

di zucchero a velo e servire<br />

Note: l'ebollizione del latte<br />

Alc<strong>un</strong>e preparazioni culinarie prevedono la bollitura<br />

del latte: questa, a differenza di quanto si<br />

crede com<strong>un</strong>emente, non avviene quando si innalza<br />

la pellicola superficiale che si forma durante<br />

il riscaldamento. Infatti tale fenomeno è<br />

dovuto alla coagulazione delle lattoalbumine e<br />

<strong>della</strong> lattoglobuline, che avviene a 70-80°C. L'ebollizione<br />

si verifica invece a 101° C, vale a dire<br />

circa 5 minuti dopo la formazione <strong>della</strong> pellicola.<br />

<strong>Per</strong>ché il latte bolla è d<strong>un</strong>que necessario rompere<br />

la pellicola mano a mano che si forma e proseguire<br />

nella cottura. Così facendo tuttavia<br />

vengono distrutte vitamine e proteine, che com<strong>un</strong>que<br />

andrebbero perse nella successiva cottura<br />

<strong>della</strong> preparazione, mentre è buona norma<br />

non bollire il latte pastorizzato destinato al consumo<br />

diretto.<br />

Varianti:<br />

La variante più diffusa prevede la preparazione<br />

<strong>della</strong> torta senza uova e impastando farina, zucchero,<br />

mandorle tritate e burro, precedentemente<br />

sciolto. L'impasto viene steso in <strong>un</strong>a tortiera<br />

imburrata e spolverizzata di pane grattugiato,<br />

e cotto in forno a 200° C per circa 40<br />

min. Il dolce così preparato, rustico e tipico<br />

<strong>della</strong> Bassa Padana, risulta piuttosto secco e<br />

pertanto adatto a colazioni e merende più che a<br />

fine pasto.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> fine pasto delicato e morbido, che può seguire<br />

quasi tutti i piatti, ad eccezione <strong>della</strong> polenta<br />

e degli umidi. Il vino indicato è il Moscato<br />

di Casteggio Passito Liquoroso per <strong>un</strong> abbinamento<br />

importante, oppure il Verdea di S. Colombano<br />

per <strong>un</strong> abbinamento raffinato ma meno<br />

impegnativo.<br />

L'ingrediente: il granoturco<br />

Anche chiamato mais (da mahiz, nome indigeno<br />

di questo cereale, da cui deriva anche il nome<br />

botanico <strong>della</strong> pianta, Zea mais), il granoturco<br />

era conosciuto 5000 anni fa e ampiamente coltivato<br />

e diffuso presso le popolazioni precolombiane<br />

dell'America Centrale. Sembra che sia<br />

stato portato in Europa da Cristoforo Colombo,<br />

ma secondo alc<strong>un</strong>i autori l'esistenza di antichi<br />

termini italiani (méliga, granone, frumentone)<br />

fa supporre che alc<strong>un</strong>e specie di mais di origine<br />

orientale fossero state introdotte in Europa prima<br />

del 1500, seppur con scarsa fort<strong>un</strong>a. Inoltre<br />

le prime coltivazioni di granoturco furono praticate<br />

in Andalusia dagli Arabi, che lo impiegavano<br />

come foraggio e che pertanto lo conoscevano<br />

già. Il granoturco (termine che ne indica<br />

l'origine esotica) è oggi <strong>un</strong>o dei cereali di base<br />

<strong>della</strong> popolazione mondiale. In Italia è impiegato<br />

per la produzione di farina, olio, fiocchi,<br />

pop corn, mentre viene raramente consumato<br />

tal quale.<br />

Il mais fornisce 355 kcal/100 g e ha <strong>un</strong> contenuto<br />

di proteine (10% circa) di valore biologico<br />

inferiore a quelle del frumento, in quanto sono<br />

carenti di due aminoacidi essenziali (lisina e<br />

triptofano). Inoltre scarsa è la presenza delle<br />

proteine che formano il glutine, cosicché le farine<br />

di granoturco non sono adatte alla panificazione.<br />

I lipidi (circa il 4%, di cui l'80% è localizzato<br />

nel germe) sono caratterizzati da <strong>un</strong>'elevata<br />

percentuale di acido linoleico, <strong>un</strong> acido<br />

grasso essenziale. <strong>Per</strong> quanto riguarda il contenuto<br />

vitaminico, da rilevare che la niacina, scarsamente<br />

presente, si trova in forma non assimilabile<br />

dall'organismo umano. Questo fatto, <strong>un</strong>itamente<br />

alla carenza di triptofano, ha in passato<br />

determinato l'insorgenza in forma endemica<br />

<strong>della</strong> pellagra presso le popolazioni economicamente<br />

depresse delle zone montane europee<br />

che si nutrivano quasi esclusivamente di mais.<br />

Tale patologia comparve per la prima volta in<br />

<strong>un</strong>a monografia italiana del 1771 che ne descriveva<br />

la diffusione fra i mezzadri che vivevano di<br />

polenta. <strong>Per</strong> contro, gli indigeni d'America non<br />

conoscevano la pellagra quant<strong>un</strong>que la loro alimentazione<br />

fosse a base di mais, in quanto usavano<br />

trattare il cereale con sostanze alcaline<br />

che rendono la niacina assimilabile e migliorano<br />

la disponibilità relativa del triptofano.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco


DOLCE DI GRANOTURCO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Cremona e Cremasco<br />

Fibra (g)<br />

504 9,0 27,1 59,9 52 193 1,9


Mantova<br />

La collocazione geografica e la conformazione del territorio<br />

mantovano, stretto tra Emilia e Veneto e ricco di<br />

corsi e specchi d'acqua, ne hanno caratterizzato la <strong>cucina</strong>,<br />

dissimile da quella del resto <strong>della</strong> Lombardia proprio<br />

per l'influenza delle regioni confinanti, oltre che per<br />

l'abbondanza di prodotti <strong>della</strong> pesca e dell'agricoltura.<br />

Ma è stata soprattutto la raffinata e illuminata signoria<br />

dei Gonzaga, durata quasi quattro secoli, dal 1328 al<br />

1708, a connotare, insieme agli influssi <strong>della</strong> corte estense,<br />

la <strong>cucina</strong> mantovana, definita di principi e di popolo:<br />

da <strong>un</strong>a parte i fastosi banchetti rinascimentali e le<br />

elaborate preparazioni dei cuochi di corte, dall'altra <strong>un</strong>a<br />

tavola semplice (talvolta di sopravvivenza) dettata dalle<br />

disponibilità <strong>della</strong> terra e <strong>della</strong> cascina.<br />

Le due cucine erano però in continuo contatto cosicché<br />

la prima prendeva sp<strong>un</strong>to dalla seconda, restituendole le<br />

preparazioni ingentilite nella fattura e talvolta arricchite<br />

di ingredienti rari e costosi. Non c'è infatti stata, come in<br />

molte altre corti, <strong>un</strong>a snaturazione <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> del territorio<br />

con l'uso esagerato di spezie e droghe per ostentare<br />

la ricchezza dei signori. La differenza nelle cucine risiedeva<br />

più che altro nella disponibilità delle risorse: come<br />

descrive Bartolomeo Stefani, celebre cuoco del Rinascimento<br />

al servizio dei Gonzaga nella seconda metà del<br />

'600, nel suo trattato L'arte di ben <strong>cucina</strong>re, gli ingredienti<br />

per i banchetti erano pressoché illimitati in ogni<br />

periodo dell'anno grazie all'usanza di farli arrivare a corte<br />

da tutta Italia (agrumi e verdure fuori stagione dalla<br />

Sicilia, primizie dal lago di Garda, ortaggi saporiti dalle<br />

isole dell'estuario veneziano, ecc.). In <strong>un</strong> altro capitolo,<br />

Stefani riporta invece il "vitto ordinario" ovvero la tavola<br />

del popolo: a mezzogiorno <strong>un</strong>a minestra di brodo con<br />

verdure e due piatti di carne (<strong>un</strong> arrosto o <strong>un</strong>o stufato e<br />

<strong>un</strong> bollito), la sera avanzi di carne, freddi o trasformati in<br />

polpette con l'aggi<strong>un</strong>ta di fegato o ricotta.<br />

La gastronomia mantovana, varia e completa, abbonda<br />

di riso (di cui è capitale Villimpenta), in passato impiegato<br />

come legante per i diversi tipi di biancomangiare oltre<br />

che per i risotti, numerosi e apprezzati anche oggi (il<br />

risotto alla pilota è <strong>un</strong>o dei piatti più tipici di questa <strong>cucina</strong>).<br />

Pure le paste ripiene sono ampiamente rappresentate<br />

tanto che agnolini (già codificati dallo Stefani)<br />

e tortelli di zucca sono diventati <strong>un</strong>o dei simboli <strong>della</strong> <strong>cucina</strong><br />

locale. Svariati i pesci di acqua dolce (luccio, pesce<br />

gatto, trota), mentre le carni e i relativi metodi di cottura<br />

sono più o meno quelli di tutta la Valle Padana: stufati,<br />

bolliti e arrosti di manzo, pollame, cacciagione. Particolari<br />

invece le frittate, che qui accolgono ingredienti inconsueti<br />

come il pesce fritto o i piccoli gamberetti di acqua<br />

dolce chiamati "saltarei" per la loro vivacità. Non<br />

mancano polente, insaccati, salumi. Tra i dolci, la torta<br />

sbrisolona, a base di mandorle e zucchero, è ormai<br />

popolare in tutto il territorio nazionale e deve la sua<br />

fort<strong>un</strong>a alla sua conservabilità.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


RISOTTO ALLA PILOTA<br />

Piatto popolare mantovano, servito anche alla corte dei Gonzaga e condiviso con il veronese,<br />

deve il nome agli operai addetti alla pilatura del riso, chiamati app<strong>un</strong>to "piloti" (da pila, grande<br />

mortaio dove il riso veniva separato dalle glume per mezzo di <strong>un</strong>a sorte di pestello meccanico<br />

manovrato a mano), specialisti nella preparazione del piatto e che, dato il robusto<br />

appetito procurato dal lavoro manuale, avevano l'abitudine di condire molto questo riso, raddoppiando<br />

le dosi di burro, salamelle e grana indicate nella versione attuale. E' <strong>un</strong>o dei capisaldi<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> locale, definito impropriamente risotto perché la tecnica di preparazione è<br />

diversa, e veniva preparato nelle cascine per festeggiare il raccolto del riso.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

casseruola pesante con coperchio, foglio di carta,<br />

panno, pa<strong>della</strong>, forchetta<br />

Ingredienti:<br />

RISO VIALONE CIMA (400 g), SALAMELLE<br />

MANTOVANE (140 g), FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (70 g), BURRO (70 g), SALE<br />

(q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• In <strong>un</strong>a casseruola di materiale pesante versare<br />

850 mL di acqua non troppo salata;<br />

mettere il recipiente sul fuoco<br />

• Portare a bollore e versarvi il riso facendolo<br />

scendere da <strong>un</strong> foglio di carta arrotolata ad<br />

imbuto in modo che il riso cada tutto al centro<br />

del recipiente formando <strong>un</strong>a montagnetta<br />

conica, la cui p<strong>un</strong>ta deve uscire dall'acqua di<br />

circa 1 cm (se la p<strong>un</strong>ta non uscisse dall'acqua,<br />

togliere dell'acqua con <strong>un</strong> mestolo)<br />

• Quando alza il bollore, scuotere leggermente<br />

il recipiente in modo che il riso scenda <strong>un</strong> poco<br />

e continuare la cottura su fuoco vivace per<br />

circa 12 minuti<br />

• Levare quindi la casseruola dal fuoco, coprirla<br />

e avvolgerla in <strong>un</strong> panno spesso per conservarne<br />

il calore e lasciare riposare per circa 15<br />

minuti senza più toccarlo<br />

• Nel frattempo soffriggere in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> il<br />

burro e le salamelle precedentemente pelate;<br />

lasciar rosolare schiacciando le salamelle con<br />

<strong>un</strong>a forchetta per farle sciogliere il più possibile<br />

• Aggi<strong>un</strong>gerle poi al risotto, <strong>un</strong>ire due cucchiaiate<br />

di grana, mescolare bene e servire con il<br />

restante formaggio a parte<br />

Varianti:<br />

Sono numerose. In alc<strong>un</strong>i ricettari la quantità di<br />

condimento viene definita come percentuale<br />

<strong>della</strong> quantità di riso: salamelle 40% del riso,<br />

burro 20% del riso, grana 20% del riso.<br />

Come già menzionato, la versione originale prevede<br />

<strong>un</strong>a dose doppia di condimento di quella<br />

qui riportata.<br />

La variante più conosciuta è il risotto col p<strong>un</strong>tel,<br />

vale a dire il risotto alla pilota servito con braciole<br />

o costine di maiale cotte sulla griglia oppure<br />

rosolate nel burro e piantate nel risotto sui<br />

piatti dei commensali lasciando il manico (p<strong>un</strong>tel<br />

in mantovano) all'insù: il commensale afferra<br />

con la destra la forchetta e con la sinistra il p<strong>un</strong>tel<br />

<strong>della</strong> braciola, alternando a forchettate di riso<br />

bocconi di braciola. A sua volta questo risotto,<br />

che veniva preparato quando si uccideva<br />

il maiale, prevede versione meno ricca: si prepara<br />

il riso cuocendolo alla pilota ma senza il<br />

condimento, si cuociono le braciole a parte nel<br />

burro e con il loro sugo si condisce il riso dopo<br />

averlo fatto riposare.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> primo piatto corposo e saporito, che può<br />

da solo costituire il pasto oppure da accompagnare<br />

a <strong>un</strong> secondo vegetariano.<br />

Si accompagna bene a <strong>un</strong> Valpolicella e, tra i<br />

vini lombardi, a <strong>un</strong>a Bonarda o a <strong>un</strong> Barbera<br />

dell'Oltrepò.<br />

L'ingrediente: la salamella<br />

E' <strong>un</strong> insaccato da cuocere, tipico del mantovano<br />

ma diffuso in tutta la Lombardia. La salamella<br />

è confezionata con <strong>un</strong> impasto di carni provenienti<br />

dalla spalla, molto più magre di quelle<br />

normalmente utilizzate per la preparazione dei<br />

cotechini e dei salami da cuocere. Il condimento<br />

prevede solo sale e pepe.<br />

Data la semplicità degli ingredienti e la ridotta<br />

quantità di grasso di questo insaccato, se ne<br />

può consumare il brodo di cottura, analogamente<br />

a quanto accade nel cremonese con il salame<br />

da pentola, il cui brodo viene utilizzato come<br />

componente dei "tre brodi" dei marubini.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


RISOTTO ALLA PILOTA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

650 25,4 26,8 81,8 1337 84 1,0<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TORTELLI DI ZUCCA<br />

Si accetta com<strong>un</strong>emente la derivazione di tortello da torta, di origine incerta, con significato<br />

simile a tortìno. Non è però da trascurare che Cristoforo Messisbugo, nel suo Banchetti, composizioni<br />

di vivande ecc. (1549), a proposito di paste farcite e chiuse ad anello, usa il termine<br />

ritortello, legando il nome alla forma piegata <strong>della</strong> pasta.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Estate, aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 130 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

setaccio, terrina, matterello, tagliapasta, pentola,<br />

schiumarola, pirofila<br />

Ingredienti:<br />

<strong>Per</strong> il ripieno: ZUCCA MANTOVANA (1000 g),<br />

AMARETTI (160 g), MOSTARDA MANTOVANA DI<br />

MELE (160 g), FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (180 g), BURRO (80 g), NOCE<br />

MOSCATA (q.b.), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> la pasta: FARINA BIANCA 00 (600 g), UOVA<br />

(n.6), SALE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> il condimento: FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (20 g), BURRO (80 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Aprire la zucca, pulirla dai semi, tagliarla a<br />

pezzi e cuocerla in forno moderato<br />

• Toglierla dal forno e passarla al setaccio<br />

• Disporre la purea ottenuta in <strong>un</strong>a terrina<br />

• Unire gli amaretti tritati finissimi, la mostarda<br />

sminuzzata, 160 grammi di grana,<br />

sale e pepe<br />

• Lavorare il composto fino a ottenere <strong>un</strong> ripieno<br />

ben asciutto<br />

• Con la farina, poco sale e le uova preparare<br />

la sfoglia, stenderla e tagliarla in rettangoli di<br />

circa 8 cm x 4 cm<br />

• Distribuire <strong>un</strong> cucchiaino di composto sui rettangoli<br />

di pasta e chiudere in rettangoli facendo<br />

aderire bene i bordi<br />

• Cuocere in abbondante acqua salata o, meglio,<br />

in brodo di carne (anche di dado) e condire<br />

in <strong>un</strong>a pirofila a strati con il burro fuso e<br />

il restante grana<br />

Nota: <strong>un</strong> piatto da ricorrenza<br />

Nel mantovano, i tortelli di zucca costituiscono il<br />

piatto tradizionale <strong>della</strong> vigilia di Natale, <strong>un</strong><br />

piatto classico, ereditato dalla <strong>cucina</strong> principesca<br />

rinascimentale. Non stupisce, perciò, se i<br />

cuochi più ortodossi consigliano di preparare<br />

l’impasto per il ripieno il giorno precedente e di<br />

lasciarlo riposare almeno 24 ore in luogo fresco,<br />

ma non in frigorifero, per consentire alle<br />

dissonanze originarie tra sapori dolci e salati e<br />

acidi di armonizzarsi pienamente.<br />

Varianti:<br />

La proporzione com<strong>un</strong>emente accettata per la<br />

preparazione <strong>della</strong> pasta è di <strong>un</strong> uovo per 100 g<br />

di farina. Minore accordo sulla quantità di zucca,<br />

che varia, per 4-5 persone, dai 3 kg lordi dei ricettari<br />

tradizionali ai 250 g netti di quelli più recenti,<br />

con <strong>un</strong>a prevalenza per i 2 kg lordi. Agli<br />

ingredienti fondamentali del ripieno (zucca, amaretti,<br />

mostarda mantovana, formaggio, sale,<br />

pepe e noce moscata) alc<strong>un</strong>i ricettari aggi<strong>un</strong>gono<br />

<strong>un</strong>o o due pugni di pangrattato per asciugare<br />

l’eventuale acquosità residua <strong>della</strong> zucca;<br />

altri, nel caso la zucca fosse poco dolce, ne rinforzano<br />

il gusto con grappa, cognac o rum, oppure<br />

con zucchero, marmellata di prugne, cedro<br />

candito o mostarda di Cremona. Non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta<br />

di scorza e/o succo di limone. L’impasto<br />

è spesso amalgamato con <strong>un</strong> uovo. Il condimento<br />

tradizionale (burro fuso e formaggio) è<br />

talvolta insaporito con qualche foglia di salvia.<br />

In alc<strong>un</strong>e località <strong>della</strong> Bassa Mantovana si segnala<br />

<strong>un</strong> condimento più recente, a base di burro,<br />

cubetti di lardo soffritto e conserva di pomodoro<br />

con parmigiano.<br />

Abbinamenti:<br />

Piatto importante per occasioni importanti. Può<br />

precedere, come nella tradizione mantovana, il<br />

cappone farcito e la torta sbrisolona. Si abbina<br />

con la Lugana dei colli bresciani, sapida e insieme<br />

morbida e delicata.<br />

L'ingrediente: la zucca.<br />

Originaria dell'America meridionale e gloria <strong>della</strong><br />

terra mantovana, la zucca è il frutto di <strong>un</strong>a<br />

pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Cucurbitacee,<br />

genere Cucurbita maxima. Delle numerose<br />

varietà coltivate, la più diffusa e saporita è la<br />

"Marina di Chioggia", la cui superiorità qualitativa<br />

rispetto alle altre zucche è massima a piena<br />

maturità.<br />

La zucca è <strong>un</strong>o degli ortaggi costantemente presenti<br />

nell’orizzonte <strong>della</strong> gastronomia <strong>lombarda</strong>.<br />

Gli stessi mantovani, oltre che per i tortelli, la<br />

usano per gli gnocchi, per <strong>un</strong> tortino e per i turtei<br />

sguazzarott. E’ <strong>un</strong> ortaggio da tutto pasto.<br />

Difatti nella regione si preparano <strong>un</strong> minestrone<br />

di zucca, attribuito com<strong>un</strong>emente al territorio<br />

milanese, ma diffuso <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que, la minestra<br />

di latte e zucca con fagioli e i turtej dolci<br />

de züca marina in Brianza e il ris e züca baruca<br />

nel cremasco. Da non dimenticare, inoltre la<br />

frittura di zucche che il Dubini, per i suoi stomachi<br />

deboli, prepara con <strong>un</strong>a solida impanatura e<br />

spolverizza di zucchero, come <strong>un</strong> dolce rustico.<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista nutrizionale la zucca è caratterizzata<br />

da <strong>un</strong> elevato contenuto di vit. A,<br />

mentre l'apporto calorico è modesto (18<br />

kcal/100 g).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TORTELLI DI ZUCCA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

844 33,1 33,2 110,2 706 263 4,2<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TIMBALLO DI FETTUCCINE CON PICCIONE<br />

Il termine timballo proviene dal francese timbale, a sua volta dallo spagnolo atabal, di derivazione<br />

araba, che indica <strong>un</strong>o strumento musicale semisferico, cui somigliava lo stampo originario<br />

per questa preparazione. Oggi invece lo stampo ha svariate forme e con tale termine<br />

si intendono tutti i piatti composti da pasta o riso, eventualmente avvolti da pasta frolla o<br />

brisée, generalmente conditi a strati e cotti in forno in recipienti di varia forma e dimensione.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Elevata<br />

Tempo esecuzione: 160 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura, Cottura al<br />

forno<br />

Utensili:<br />

tagliere, coltello per disossare, casseruola, padelle,<br />

pentola, scolapasta, pentolino, cucchiaio<br />

di legno, ciotola, stampo da timballo, matterello<br />

Ingredienti:<br />

FETTUCCINE (350 g), PICCIONI NOVELLI (n.5),<br />

SEDANO (50 g), CIPOLLA (120 g), BURRO (100<br />

g), OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (50 g),<br />

SEDANO RAPA (50 g), POMODORI MATURI (50<br />

g), VINO BIANCO (60 mL), FORMAGGIO GRANA<br />

GRATTUGIATO (100 g), ALLORO (1 foglia),<br />

ROSMARINO (1 rametto), PASTA BRISÉE (400<br />

g), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

<strong>Per</strong> la besciamella: LATTE (500 ml), BURRO (50<br />

g), FARINA (30 g), NOCE MOSCATA (q.b.),<br />

SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire bene i piccioni e disossarli; lasciare da<br />

parte i petti<br />

• Tagliare le altre parti a julienne e farle rosolare<br />

con il burro e l'olio, la cipolla, il sedano e<br />

il sedano rapa, anch'essi tagliati a julienne<br />

• Bagnare con il vino bianco, farlo evaporare e<br />

aggi<strong>un</strong>gere i pomodori, sale, pepe, il rosmarino<br />

e l'alloro; lasciare cuocere per 30 minuti<br />

• Cuocere nella pa<strong>della</strong> i petti di piccione con il<br />

restante burro, salarli e tenerli da parte perché<br />

serviranno per guarnire il timballo<br />

• Preparare la besciamella<br />

• Cuocere le fettuccine al dente e saltarle in<br />

<strong>un</strong>'altra pa<strong>della</strong> con la besciamella<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il grana e metà del sugo di piccione<br />

• Imburrare <strong>un</strong>o stampo da timballo e foderarlo<br />

con 3/4 <strong>della</strong> pasta brisée<br />

• Disporre metà delle tagliatelle pasticciate<br />

nello stampo lasciando <strong>un</strong> buco in mezzo,<br />

dove va versato il restante sugo<br />

• Ricoprire con le restanti tagliatelle e chiudere<br />

con la pasta brisée<br />

• Cuocere in forno caldo (180°C) per 35 minuti<br />

• Sformare su <strong>un</strong> piatto di portata, disporre sul<br />

timballo i petti di piccione e servire<br />

Note: la pasta brisée<br />

La pasta brisée è disponibile già pronta, ge -<br />

neralmente surgelata. Se si preferisce prepararla<br />

in casa si tenga presente che per ottenere<br />

<strong>un</strong> impasto non troppo friabile, facile da lavorare,<br />

la proporzione tra farina e burro o margarina<br />

deve essere di 2:1. Un altro accorgimento<br />

importante riguarda la successione degli ingredienti<br />

da incorporare: dapprima vanno amalgamati<br />

la farina e il burro fino ad avere <strong>un</strong> composto<br />

dalla struttura sabbiosa, poi si aggi<strong>un</strong>gono<br />

l'acqua e le uova. In questo modo la<br />

pasta assume la tipica consistenza, finemente<br />

granulosa, caratterizzata dalla mancanza di elasticità.<br />

Prima di utilizzarla, la pasta brisée va lasciata<br />

riposare in frigorifero per 30 min. Si ricorda<br />

che per ottenere <strong>un</strong>a sfoglia rotonda dopo<br />

ogni colpo di matterello si deve girare la pasta<br />

di circa 1/8 di giro, mentre per avere <strong>un</strong>a sfoglia<br />

quadrata la si ruota di 1/4 di giro.<br />

Varianti:<br />

Il piatto accoglie volentieri qualche fettina di<br />

tartufo che va disposta sul primo strato di fettuccine.<br />

Le fettuccine possono essere sostituite<br />

da maccheroni. Alc<strong>un</strong>i ricettari consigliano di<br />

cuocere qualche fegatino di pollo insieme ai piccioni.<br />

In mancanza dei piccioni si può utilizzare<br />

<strong>un</strong> pollo novello.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico completo che ha bisogno di<br />

essere integrato solo da <strong>un</strong>'insalata verde e da<br />

<strong>un</strong> dessert a base di frutta fresca.<br />

Il vino indicato è l'Amarone.<br />

L'ingrediente: la pasta in Lombardia<br />

La Lombardia, terra di riso, conosce la pasta<br />

presumibilmente già nel tardo Medio Evo. I primi<br />

documenti che testimoniano l’esistenza di<br />

questo prodotto, cui si attribuisce <strong>un</strong>a provenienza<br />

meridionale, sono nell’Archivio di Stato<br />

<strong>della</strong> Repubblica Genovese e risalgono al XIII<br />

sec. In <strong>un</strong>o di questi documenti si parla di<br />

maccheroni, mentre in <strong>un</strong> altro di lasagne e “lasagnari”.<br />

Data la vicinanza <strong>della</strong> Liguria con la<br />

Lombardia è lecito pensare che anche in questa<br />

regione la pasta era presente fin da allora. Le<br />

prime ricette di pasta codificate risalgono com<strong>un</strong>que<br />

al Rinascimento, nel Libro de arte coquinaria<br />

di Maestro Martino da Como, da cui il<br />

Platina des<strong>un</strong>se le preparazioni di pasta che incluse<br />

nel De honesta voluptate et valetudine.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TIMBALLO DI FETTUCCINE CON PICCIONE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

1264 72,2 69,7 90,7 933 199 3,8<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


MACCHERONI ALLA GONZAGA<br />

Inusuale ricetta seicentesca <strong>della</strong> corte dei Gonzaga che prevede l'impiego <strong>della</strong> frutta secca<br />

per condire la pasta. Il piatto fu presumibilmente ideato da Bartolomeo Stefani, di origine bolognese,<br />

cuoco maggiore del Duca di Mantova per molti anni e autore dell'Arte del Cucinare,<br />

pubblicato del 1662. Oltre alla "stravaganza" del condimento a base di frutta secca, c'è <strong>un</strong> altro<br />

aspetto di questa ricetta degno di nota: la presenza dei maccheroni, che all'epoca in Lombardia<br />

era poco diffusa.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

mortaio, pestello, pentolino, pentola, scolapasta,<br />

cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

MACCHERONI (350 g), UVA SECCA SULTANINA<br />

(30 g), SCORZA DI LIMONE (10 g, solo la parte<br />

gialla), MANDORLE (60 g), NOCCIOLE (60 g),<br />

BASILICO (20 foglie), NOCE MOSCATA (<strong>un</strong> pizzico),<br />

CANNELLA (<strong>un</strong> pizzico), BRODO (1/2 tazza),<br />

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (10 g),<br />

BURRO (30 g), FORMAGGIO GRANA GRAT-<br />

TUGIATO (2 cucchiai), SALE (q.b.), PEPE<br />

ROSSO e NERO (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pestare nel mortaio l'uva sultanina, la scorza<br />

di limone, le mandorle, le nocciole e il basilico<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la noce moscata, il pepe e la<br />

cannella; ridurre tutto in pasta e sciogliere<br />

con l'olio, il burro e il brodo<br />

• Mettere la salsa in <strong>un</strong> pentolino e porre su<br />

fuoco leggero<br />

• Salare e far prendere consistenza alla salsa<br />

senza farla bollire<br />

• Cuocere i maccheroni al dente e condirli con<br />

la salsa<br />

• Cospargere con il grana e servire<br />

Nota: mortaio e pestello<br />

Il mortaio, che può essere di bronzo, pietra o<br />

legno, è lo strumento più indicato per pestare<br />

erbe aromatiche e frutta oleosa. Con questo<br />

metodo infatti si estraggono dagli ingredienti<br />

tutte le sostanze aromatiche senza alterarne il<br />

sapore. Spesso invece nella preparazione odierna<br />

di alc<strong>un</strong>i tipi di salse e battuti, mortaio e pestello<br />

vengono sostituiti dal tritatutto o dal frullatore<br />

per velocizzare l'operazione. La qualità<br />

sensoriale del prodotto ottenuto con l'elettrodomestico<br />

risulta però compromessa: il rapido<br />

movimento rotatorio delle lame provoca <strong>un</strong>a volatilizzazione<br />

di molti aromi e scalda il composto<br />

alterandone il sapore. Un vantaggio invece del<br />

frullatore e del tritatutto, oltre il risparmio di<br />

tempo, è la miglior consistenza <strong>della</strong> preparazione<br />

che risulta ben amalgamata, quasi cremosa,<br />

poiché gli ingredienti vengono frantumati<br />

molto più finemente che con il mortaio.<br />

Varianti:<br />

Oltre ai maccheroni, anche tutti gli altri formati<br />

di pasta corta sono adatti a questo condimento.<br />

Il composto può essere amalgamato e ammorbidito<br />

con ricotta fresca di vacca, precedentemente<br />

stemperata con acqua di cottura <strong>della</strong><br />

pasta. In questo modo inoltre la salsa diventa<br />

cremosa legandosi meglio alla pasta.<br />

Abbinamenti:<br />

E' <strong>un</strong> primo piatto dal gusto particolare, leggermente<br />

dolce, che si accompagna bene alla carne<br />

arrostita, meglio se di selvaggina, e a verdure<br />

cotte nel forno.<br />

Il vino di accompagnamento è <strong>un</strong> Chiaretto del<br />

Garda.<br />

L'ingrediente: l'uva passa<br />

Prodotta nei paesi del bacino del Mediterraneo,<br />

in Medio Oriente, in Australia e in California, l'uva<br />

passa si ottiene dalle varietà di uva più zuccherine<br />

e con pochi semi. L'uva viene essiccata<br />

al sole o investendola di aria calda, dopo averla<br />

eventualmente ammollata in <strong>un</strong>a soluzione alcalina<br />

bollente. <strong>Per</strong> prol<strong>un</strong>garne la conservazione,<br />

l'uva passa viene trattata con anidride<br />

solforosa (E220), <strong>un</strong> additivo che inibisce l'attività<br />

batterica e i processi di imbr<strong>un</strong>imento.<br />

Le principali varietà di uva passa comprendono:<br />

uva sultanina, molto piccola, priva di semi; uva<br />

di Corinto, piccola, di colore scuro e senza semi,<br />

viene anche impiegata per la produzione di vino;<br />

uva di Smirne (Turchia) o di Malaga (Spagna),<br />

più grandi ma meno dolci delle precedenti;<br />

uva Zibibbo, molto zuccherina e senza semi,<br />

è la più pregiata.<br />

E' molto utilizzata in pasticceria per torte, guarnizioni,<br />

biscotti, pani dolci, budini, l'uva passa è<br />

impiegata anche in <strong>cucina</strong> per farcire volatili,<br />

per la preparazione di paté, per alc<strong>un</strong>i piatti<br />

agrodolci <strong>della</strong> tradizione regionale italiana e in<br />

molte ricette orientali. Rispetto al prodotto fresco,<br />

l'uva secca, avendo perso il 90% dell'acqua,<br />

ha <strong>un</strong> maggior contenuto di energia (283<br />

kcal per 100 g) e di zuccheri.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


MACCHERONI ALLA GONZAGA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

603 17,5 29,7 71,0 540 24 6,2<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


BIGOLI CON LE SARDELLE<br />

Nel dialetto il termine bigolo significa cavicchio, paletto, ed è spesso usato come metafora<br />

sessuale e, conseguentemente, come epiteto offensivo rivolto a persone poco sveglie. In <strong>cucina</strong>,<br />

i bigoli sono <strong>un</strong>a sorta di grossi spaghetti fatti in casa con pasta all’uovo lavorata al torchio,<br />

tipici <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> mantovana, bresciana e veneta. Erano in passato <strong>un</strong> piatto tra i più<br />

apprezzati, tanto che andare a bigoli è locuzione entrata nell’uso per andare a pranzo.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Bollitura, Soffrittura<br />

Utensili:<br />

Pentola, tegame, cucchiaio di legno<br />

Ingredienti:<br />

BIGOLI (400 g), SARDELLE FRESCHE (200 g),<br />

OLIO DI OLIVA (50 g), AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio),<br />

SALE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire i pesci dalle squame, dalle interiora e<br />

dalle lische; lavarli accuratamente e asciugarli.<br />

• Mettere sul fuoco la pentola con abbondante<br />

acqua salata e non appena bolle buttarvi la<br />

pasta.<br />

• Mentre la pasta cuoce, mettere sul fuoco <strong>un</strong><br />

tegame con l’olio e lo spicchio d’aglio leggermente<br />

schiacciato e far rosolare a fiamma<br />

dolcissima.<br />

• Togliere l’aglio, porre nel tegame le sardelle,<br />

spappolandole con la forchetta e portarle a<br />

cottura senza mai far friggere l’olio.<br />

• Scolare i bigoli al dente e condirli con il sugo.<br />

Note: bigoli fatti in casa<br />

Oggi i bigoli si possono acquistare già pronti nelle<br />

zone che ne vantano la tradizione. Chi avesse<br />

a disposizione <strong>un</strong> torchio a piastra con fori larghi<br />

e volesse cimentarsi a farli in casa, può utilizzare<br />

le seguenti dosi, avendo l’avvertenza di<br />

prepararli il giorno precedente alla consumazione.<br />

• Impastare 600 g di farina di grano saraceno<br />

(o di farina integrale) con due uova intere,<br />

50 g di burro ammorbidito, 200 ml di latte e<br />

<strong>un</strong> pizzico di sale.<br />

• Lavorare l’impasto finché non sia ben liscio e<br />

omogeneo e farlo riposare per almeno mezzora.<br />

• Passare l’impasto al torchio e disporre i bigoli,<br />

ben allargati, su <strong>un</strong> vassoio ricoperto con<br />

<strong>un</strong>a salvietta infarinata, sulla quale dovranno<br />

asciugarsi per 24 ore.<br />

Varianti:<br />

La pasta può anche essere di farina bianca. Alc<strong>un</strong>e<br />

formulazioni utilizzano quattro uova ed escludono<br />

altri liquidi leganti. Alle sardelle si possono<br />

sostituire acciughe, sia fresche che dissalate.<br />

In quest’ultimo caso, invece dell’aglio, si<br />

usa <strong>un</strong> soffritto di cipolla.<br />

Abbinamenti:<br />

Come primo piatto può aprire <strong>un</strong> menù interamente<br />

di pesce. Aumentando la quantità di sardelle<br />

può diventare piatto <strong>un</strong>ico. E’ da escludere,<br />

in qualsiasi caso, l’uso di formaggio grattugiato.<br />

Vino bianco Tocai di San Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia DOC o Valcalepio bianco DOC.<br />

L’ingrediente: il pesce di mare fresco e salato<br />

La <strong>cucina</strong> tradizionale <strong>lombarda</strong> accoglie pochissime<br />

formulazioni con pesce di mare fresco, per<br />

la difficoltà di approvvigionamento <strong>della</strong> materia<br />

prima, in passato molto avvertita nelle zone più<br />

interne o lontane dai fiumi navigabili. Salvo le<br />

anguille che, pur essendo pesci d’acqua salata<br />

risalgono la corrente dei fiumi, i piatti con pesce<br />

di mare si contano sulle dita delle mani e provengono<br />

quasi tutti dalla tradizione borghese<br />

ottocentesca: il merluzzo o le aringhe con la<br />

salsa bianca, la frittura di sardelle, la sogliola in<br />

insalata o il risotto alla certosina, in cui tal<strong>un</strong>i<br />

fanno entrare la sogliola al posto del persico.<br />

Era più frequente il consumo del pesce di mare<br />

conservato sotto sale. I venditori ambulanti, di<br />

pesce salato, provenienti soprattutto dalle valli<br />

sud-occidentali del Piemonte, raggi<strong>un</strong>gevano<br />

anche i paesi più isolati dei rilievi prealpini. Il<br />

merluzzo salato (o baccalà), il merluzzo essiccato<br />

senza sale (stoccafisso), le sardelle, le alici e<br />

le aringhe erano, tra i pesci in barile, i più diffusi,<br />

tanto da generare il modello locale degli agoni<br />

di lago seccati e salati (missoltini). Proverbiale,<br />

nella descrizione di <strong>un</strong> panorama di miseria<br />

e di fame, era la polenta e tuca-là, la fetta di<br />

polenta strofinata sull’aringa posta al centro<br />

<strong>della</strong> tavola. Col baccalà si preparava lo sformato<br />

alla certosina, il baccalà in umido o quello<br />

con le verze. Le aringhe si arrostivano sulla brace,<br />

<strong>un</strong>a volta rinvenute in acqua tiepida; le sarde<br />

e le alici entravano a insaporire molti piatti,<br />

alla stregua degli attuali dadi di glutammato.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


BIGOLI CON LE SARDELLE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

453 14,5 20,9 55,2 596 57 1,3<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


STRACOTTO DI BUE ALLA MANTOVANA<br />

In origine era bue, oggi invece la ricetta prevede carne di manzo. Infatti il bue, ovvero il bovino<br />

castrato che ha superato i 4 anni e mezzo, è pressoché scomparso, essendo stato sostituito<br />

dalle macchine nella sua f<strong>un</strong>zione di forza motrice per la lavorazione del terreno.<br />

L’animale viene quindi macellato prima, quando è definito manzo. <strong>Per</strong> tale motivo la carne di<br />

bue, quant<strong>un</strong>que molto aromatica e gustosa per le infiltrazioni intramuscolari di grasso (marezzatura)<br />

, è diventata molto rara. Ma se si riesce a reperirla, senza dubbio va preferita al<br />

manzo in questa preparazione.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 330 minuti<br />

Tecnica di cottura: Stufatura<br />

Utensili:<br />

casseruola di ghisa con coperchio, foglio di carta<br />

pergamenata, piatto fondo, stecca per lar<strong>della</strong>re,<br />

tagliere<br />

Ingredienti:<br />

CARNE PER STRACOTTO (1 kg), AGLIO (2 spicchi),<br />

LARDO (30 g), FARINA BIANCA (q.b.),<br />

BURRO (30 g), SEDANO (1 costa), CAROTE<br />

(120 g), CIPOLLA (120 g), BRODO DI CARNE (1<br />

tazza), VINO BIANCO o ROSSO SECCO (2 bicchieri),<br />

SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Affettare grosso l'aglio e 20 g di lardo<br />

• Steccare la carne con i pezzi d'aglio e di lardo;<br />

salarla e infarinarla<br />

• Sciogliere il burro con il lardo in <strong>un</strong>a casseruola<br />

di ghisa; aggi<strong>un</strong>gere la carne e rosolare<br />

• Unire il sedano, la carota e la cipolla affettati;<br />

bagnare con il brodo, coprire e far cuocere<br />

per circa 30 minuti<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il vino, abbassare le fiamma e<br />

coprire la casseruola prima con <strong>un</strong> foglio di<br />

carta pergamenata e poi con <strong>un</strong> piatto fondo<br />

pieno d'acqua (l'acqua fa condensare più celermente<br />

il vapore acqueo prodotto dallo stufato<br />

e a farlo ricadere sulla carne mantenendola<br />

sempre umida)<br />

• Far cuocere per 5-6 ore.<br />

Note: il recipiente di ghisa<br />

La brasiera di ghisa è il recipiente ideale per<br />

stufati, brasati e stracotti, ovvero per le preparazioni<br />

che richiedono <strong>un</strong>a cottura prol<strong>un</strong>gata e<br />

a fuoco lento. La ghisa infatti è caratterizzata da<br />

<strong>un</strong>a bassa conducibilità termica f<strong>un</strong>gendo da<br />

termoregolatore: pentole e casseruole di questo<br />

materiale riescono ad immagazzinare il calore<br />

distribuendolo in modo <strong>un</strong>iforme e lentamente<br />

su tutte le pareti del recipiente, moderando gli<br />

effetti del contatto diretto con la fiamma. In<br />

passato la ghisa era molto diffusa, fino all’avvento<br />

di materiali di più facile lavorazione e<br />

manutenzione e maggior maneggevolezza, come<br />

l’alluminio e l’acciaio inossidabile. Oggi tuttavia<br />

la ghisa è tornata ad essere popolare sia<br />

per la maggiore attenzione che viene riservata<br />

ai materiali in relazione alla modalità di cottura,<br />

sia perché è diventata meno aggredibile dalla<br />

ruggine grazie a speciali trattamenti. Spesso<br />

inoltre la ghisa è smaltata: quant<strong>un</strong>que ciò renda<br />

il recipiente semplice da lavare e da conservare,<br />

presenta alc<strong>un</strong>i inconvenienti poiché può<br />

far aderire sul fondo del recipiente gli alimenti<br />

durante la cottura e far crepare la ghisa qualora<br />

il pentolame cada su <strong>un</strong>a superficie dura o venga<br />

scaldato senza contenuto. In mancanza <strong>della</strong><br />

brasiera di ghisa, lo stracotto può essere <strong>cucina</strong>to<br />

in <strong>un</strong>a casseruola a fondo spesso.<br />

Varianti:<br />

Secondo alc<strong>un</strong>i, allo stracotto si può evitare la<br />

rosolatura iniziale facendo semplicemente “sudare”<br />

il pezzo di carne senza farlo colorire: in<br />

questo modo vino e brodo vengono meglio assorbiti<br />

dalla carne. Oltre ad aglio e lardo, nelle<br />

incisioni praticate sulla carne per steccarla si<br />

possono inserire <strong>un</strong> chiodo di garofano e <strong>un</strong>a foglia<br />

di salvia. Le verdure possono essere lasciate<br />

intere per passarle al setaccio a fine cottura<br />

insieme all’intingolo.<br />

Abbinamenti:<br />

Lo stracotto si sposa bene alla polenta o al puré<br />

di patate diventando <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico da accompagnare<br />

a verdura bollita o a <strong>un</strong>’insalata verde.<br />

Un dessert al cucchiaio completa il pasto. Si<br />

serve con <strong>un</strong> Barbacarlo dell'Oltrepò o <strong>un</strong> Inferno<br />

<strong>della</strong> Valtellina.<br />

L’ingrediente: la carne da stracotto<br />

Questa modalità di cottura, intermedia tra l'arrosto<br />

e il bollito, lenta e dolce, è molto indicata<br />

per le carni meno tenere e consente di ottenere<br />

<strong>un</strong> equilibrio di sapori tra il pezzo di carne e il<br />

fondo di cottura, sempre molto ricco e aromatico.<br />

Si possono pertanto utilizzare i tagli ricchi di<br />

connettivo e cartilagini, poco pregiati per le cotture<br />

veloci. <strong>Per</strong>fetti sono quelli piu` magri di 2°<br />

categoria (cappello da prete, fusello, fesone di<br />

spalla, collo, geretto anteriore, geretto posteriore,<br />

aletta) che, opport<strong>un</strong>amente disossati e<br />

lar<strong>della</strong>ti, diverranno morbidi. Infatti la cottura<br />

lenta a bassa temperatura e a calore umido intenerisce<br />

la carne e nel contempo scioglie il lardo,<br />

il tessuto connettivo e le cartilagini ammorbidendo<br />

ulteriormente lo stracotto. I tagli adatti<br />

allo stracotto sono indicati anche per stufati,<br />

brasati e umidi, essendo tutte preparazioni accom<strong>un</strong>ate<br />

dal medesimo metodo di cottura,<br />

tanto che tali termini sono spesso sinonimi dello<br />

stesso piatto.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


STRACOTTO DI BUE ALLA MANTOVANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

374 35,6 18,8 7,9 647 127 1,1<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


MOSTARDA MANTOVANA<br />

Dal lat. mostum atttraverso i fr. mout e moustarde, poiché in antico si preparava con mosto<br />

cotto anziché con sciroppo di zucchero. Mantovana, per sottolineare, all’interno delle varietà<br />

padane, la provenienza di questa conserva, fatta di sole mele, specialmente nel confronto con<br />

la più nota mostarda cremonese, di cui costituisce l’archetipo popolare.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Salse<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

(+ 48 ore per l'infusione)<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili:<br />

Ingredienti:<br />

MELE (1000 g), ZUCCHERO (400 g), SENAPE (6<br />

gocce), OLIO PER FRIGGERE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Sbucciare e affettare le mele<br />

• Lasciarle in infusione per 48 ore con lo zucchero<br />

• Fare bollire per 5 minuti il composto ottenuto<br />

• Friggere il tutto ancora caldo in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong><br />

di ferro<br />

• Lasciare raffreddare e poi aggi<strong>un</strong>gere la senape<br />

• Sistemare la mostarda in vasetti di vetro sigillati<br />

Nota: la storia <strong>della</strong> mostarda<br />

La mostarda mantovana, l’<strong>un</strong>ica filologicamente<br />

corretta per i tortelli di zucca, non si trova facilmente<br />

in commercio fuori <strong>della</strong> zona di origine.<br />

Come tutti gli altri tipi di mostarda, deriva<br />

da <strong>un</strong>a preparazione tardomedioevale che, come<br />

salsa densa a base di senape e di uva passa<br />

pestata è descritta da Maestro Martino da Como<br />

(1450) ma già presente (De musto et mustarda)<br />

nel ricettario trecentesco dell’Anonimo <strong>della</strong><br />

Corte Angioina. Altri trattati storici riportano,<br />

con nomi diversi, le ricette di savori realizzati<br />

nello stesso gusto agrodolce, con zucchero o<br />

miele (e semmai aceto o agresto) per la conservazione<br />

<strong>della</strong> frutta (valga per tutti il sapore<br />

francese di Cristoforo Messisbugo, 1549).<br />

Varianti:<br />

Quella mantovana si distingue dalle altre mostarde<br />

non solo per essere composta di sole<br />

mele, ma anche perchè prima di essere messe<br />

nei barattoli queste vengono fritte anzichè asciugate<br />

al sole. Nelle ricette derivate da quella<br />

classica riportata dal Dubini (1842) lo sciroppo<br />

alla senape è preparato con miele e vino bianco.<br />

Abbinamenti:<br />

Nel ripieno dei tortelli, come contorno per i lessi<br />

e per gli arrosti, Ma c’è anche chi la consuma<br />

come ghiottoneria a fine pasto.<br />

L'ingrediente: la senape.<br />

E’ <strong>un</strong>a pianta erbacea <strong>della</strong> famiglia delle Crucifere,<br />

che cresce spontanea nelle zone temperate.<br />

Le piantine giovani vengono consumate crude<br />

in insalata, da sole o insieme ad altre erbe<br />

spontanee. Oggi si coltiva in due varietà, quella<br />

bianca (originaria del Mediterraneo) e quella nera<br />

(proveniente dall’Asia Occidentale e<br />

dall’Africa Settentrionale), per la produzione di<br />

olio utilizzato in medicina e in profumeria. Dai<br />

semi si estrae <strong>un</strong>a farina, usata in <strong>cucina</strong> come<br />

condimento aromatico, che entra con altre spezie<br />

nella ricetta <strong>della</strong> salsa di senape, <strong>della</strong><br />

moutarde francese e di altre salse dolci o piccanti<br />

per carni arrostite o bollite, per wurstel,<br />

hamburger. pesci o verdure, quali la salsa rémoulade,<br />

la Robert, la Roquefort, la Tartara e la<br />

Veronese, tipiche <strong>della</strong> gastronomia europea<br />

non mediterranea.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


MOSTARDA MANTOVANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

421 0,4 10,1 87,7 3 0 2,6<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TORTA SBRISOLONA<br />

Sbrisolina, sbrisulusa o sbrisulada per la tendenza a sbriciolarsi, già prima <strong>della</strong> cottura, a<br />

causa <strong>della</strong> presenza <strong>della</strong> farina di mais e <strong>della</strong> non perfetta amalgamazione degli ingredienti.<br />

Nella versione base richiede uguali quantità di farina bianca, di farina gialla e di zucchero,<br />

empiricamente misurate a tazze, ed è percià detta anche torta delle tre tazze.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

terrina, tortiera<br />

Ingredienti:<br />

FARINA BIANCA 00 (250 g), FARINA GIALLA<br />

(250 g), ZUCCHERO SEMOLATO (250 g),<br />

BURRO (150 g), MANDORLE TRITATE (250 g),<br />

TUORLI D'UOVO (n.3), VANIGLIA (1 bustina)<br />

Esecuzione:<br />

• In <strong>un</strong>a terrina <strong>un</strong>ire la farina bianca con<br />

quella gialla; proseguire con le mandorle tritate,<br />

lo zucchero e la vaniglia<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere il burro, mescolando a pioggia<br />

per evitare la nervatura: si ottiene <strong>un</strong> composto<br />

molto granuloso<br />

• Ungere <strong>un</strong>a tortiera e versarvi l'impasto<br />

• Cuocere in forno caldo (180° C) per 45 minuti<br />

circa<br />

Nota: amalgamare con pazienza<br />

Gli ingredienti devono essere amalgamati con<br />

pazienza, ma rimarranno sempre parzialmente<br />

separati. L’impasto, <strong>un</strong>a volta versato nella tortiera,<br />

va sistemato con le mani per dargli <strong>un</strong>o<br />

spessore <strong>un</strong>iforme.<br />

Nelle varie zone <strong>della</strong> regione questo tipo di torta<br />

è tra i più diffusi, anche sotto altre denominazioni<br />

locali, quali barlocca o tortionata. Una<br />

pasta di identica composizione è usata per i tradizionali<br />

biscotti di Sant’Angelo Lodigiano, i colissoni.<br />

Sostanzialmente è riconducibile allo<br />

stesso modello anche il pan dei mei, preparato<br />

con infinite varianti in tutta la regione, il quale<br />

però non si sbriciola perchè gli ingredienti vengono<br />

impastati con uova e latte.<br />

Varianti:<br />

La ricetta base si realizza nelle campagne senza<br />

mandorle. Nelle versioni più antiche non si prevede<br />

l’uso di uova, né di burro, né di strutto, ingredienti<br />

che invece sono accettati dalla maggior<br />

parte dei ricettari più recenti allo scopo di<br />

favorire la manipolazione dell’impasto e di diminuire<br />

lo sbriciolamento <strong>della</strong> torta.<br />

In alc<strong>un</strong>i casi l’impasto è insaporito con scorza<br />

di limone grattugiata. Lo zucchero (semolato o<br />

al velo) è talvolta spolverizzato sulla torta a<br />

cottura ultimata.<br />

Abbinamenti:<br />

Si serve da sola o con crema di mascarpone a<br />

parte, oppure con cavolatte, accompagnandola<br />

con Sangue di Giuda dell’Oltrepò, morbido, corposo,<br />

dalla persistente vena dolce.<br />

L'ingrediente: le mandorle.<br />

Sono il frutto di <strong>un</strong> albero (Pr<strong>un</strong>us comm<strong>un</strong>is o<br />

Pr<strong>un</strong>us amygdalus) originario dell'Asia Minore, e<br />

se ne distinguono due varietà: <strong>un</strong>a dolce, destinata<br />

all'alimentazione, e <strong>un</strong>a amara, per lo più<br />

ad uso farmaceutico.<br />

Le mandorle sono <strong>un</strong> ingrediente tipico <strong>della</strong> gastronomia<br />

e <strong>della</strong> pasticceria meridionali. Tradizionalmente,<br />

in area <strong>lombarda</strong>, per i piatti rustici<br />

di più antica tradizione si utilizzavano le noci,<br />

di cui il legnanese Bonvesin de la Riva scriveva,<br />

nel XIII secolo, che abbondavano in tutto il territorio<br />

milanese ed erano cibo ordinario anche<br />

nelle case dei poveri. Gli apporti cinquecenteschi<br />

innestati sulla solida popolarità originaria<br />

hanno invece conservato nella <strong>cucina</strong> mantovana,<br />

assieme ad <strong>un</strong> certo gusto sfarzoso per i<br />

piatti elaborati, anche la presenza di alc<strong>un</strong>i ingredienti<br />

tipici <strong>della</strong> gastronomia principesca (le<br />

mandorle, app<strong>un</strong>to, le spezie, lo zucchero e il<br />

miele), che appaiono qui più ricorrenti che in altre<br />

zone. Le mandorle, onnipresenti sulle tavole<br />

dell’aristocrazia medioevale e rinascimentale,<br />

con la loro potente carica apotropaica associata<br />

al simbolismo <strong>della</strong> luce e al mistero esoterico<br />

<strong>della</strong> ri/nascita, erano le noci dei ricchi (per i latini<br />

il termine nux indicava sia le noci che le<br />

mandorle), depurate dalla carica negativa che<br />

era riconosciuta invece alle noci per il loro pres<strong>un</strong>to<br />

rapporto con l’attività stregonica. Questo<br />

almeno fino al secolo scorso quando la creazione<br />

degli amaretti di Saronno non portò il vago<br />

profumo <strong>della</strong> mandorla anche su mense non<br />

propriamente principesche.<br />

Le mandorle rientrano nella categoria <strong>della</strong> frutta<br />

oleosa, nutrizionalmente contraddistinta da<br />

<strong>un</strong> elevato contenuto di grassi e di calorie e <strong>un</strong>a<br />

discreta quantità di proteine: 100 g di mandorle<br />

apportano 542 kcal, 51 g di lipidi e 16 g di proteine.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


TORTA SBRISOLONA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

Fibra (g)<br />

929 19,2 48,2 111,6 14 196 7,6<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Mantova


Brescia<br />

Del territorio amministrativo <strong>della</strong> provincia di Brescia è<br />

qui considerato solo quello che si estende attorno e a Sud<br />

del capoluogo, corrispondente a circa <strong>un</strong> quarto <strong>della</strong><br />

superficie complessiva, identificandosi con il settore di<br />

pianura Padana limitato dal corso inferiore dell’Oglio fino<br />

a Pralboino e che da qui si spinge verso nord-est fino a<br />

San Martino <strong>della</strong> Battaglia e alla riva meridionale del<br />

Garda.<br />

Al contrario del settore alpino e prealpino <strong>della</strong> provincia,<br />

in gran parte tagliato fuori nel corso dei secoli dai grandi<br />

tracciati viari europei, il territorio pianeggiante, collocato<br />

sulla direttrice Milano-Venezia, ha consentito di<br />

sviluppare, almeno nei centri urbani più importanti (oltre<br />

al capoluogo, Chiari, Lonato, Montichiari e Orzinuovi),<br />

analogamente a quanto è accaduto a Bergamo e nel<br />

Bergamasco, <strong>un</strong>a rete costante di relazioni con Milano e<br />

più ancora con la Repubblica Veneziana, <strong>della</strong> quale sono<br />

evidenti gli apporti culturali, artistici e gastronomici.<br />

Oltre che verso modelli veneti, la <strong>cucina</strong> bresciana è<br />

debitrice per gli aspetti alti di tal<strong>un</strong>e tendenze principesche,<br />

di derivazione mantovano-ferrarese, e per gli<br />

aspetti più propriamente popolari <strong>della</strong> solida semplicità<br />

culinaria <strong>della</strong> bassa Cremonese e, attraverso questa,<br />

<strong>della</strong> sponda emiliana del Po.<br />

I celebratissimi casonsei bresciani, nella versione salata<br />

con ripieno di salsiccia e formaggio, o nella versione<br />

dolce con mandorle, uvetta e pere, la minestra mariconda,<br />

il risotto alla pitocca, le belle schidionate di quaglie<br />

e piccioni per la polenta, i volatili domestici (pollo,<br />

gallina, cappone) con saporiti ripieni, la persicata, sono<br />

specialità <strong>della</strong> gastronomia del Medioevo e del Rinascimento<br />

tramandatisi quasi senza aggiornamenti e fatti<br />

propri, negli ultimi decenni, dalla ristorazione, a rappresentare<br />

gli aspetti più raffinati del gusto tradizionale,<br />

in abbinamento con i grandi vini DOC <strong>della</strong> Franciacorta,<br />

con la Lugana, il Cellatica, il Botticino e il Capriano del<br />

Colle.<br />

L’anima popolare <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> bresciana offre però le sue<br />

prove migliori nei piatti di polenta e di riso e nei semplici<br />

cibi in cui si avverte ancora, mischiato a quello dei<br />

formaggi e dei salumi tipici, il profumo dell’aia e del<br />

camino. Dalla ormai dimenticata polenta e saracca a<br />

quella con le cotiche, da quella con il baccalà a quella con<br />

il sugo di maiale; e ancora polenta con gli uccellini, con i<br />

f<strong>un</strong>ghi, con le verdure, con il coniglio in sguazzetto. E poi<br />

il riso alla campagnola con le verdure, il risotto con gli<br />

spinaci selvatici, gli strozzapreti, i bigoli con le sardele e<br />

la pastissada de caval di chiara origine veneta, le frittate<br />

rustiche di verdure o salumi; e i dolci semplicissimi, il<br />

bossolà innanzitutto, già chiamato agli onori dei ricettari<br />

ottocenteschi, l’ingenuo straca ganase e la torta di farina<br />

gialla e bianca.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


POLENTA CON LA SALVIA<br />

Questa preparazione è des<strong>un</strong>ta da La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, testo attribuito ad Antonio<br />

Dubini, medico lecchese, e stampato nel 1842 a Milano. La singolarità è quella dell'impiego<br />

dell’olio al posto del burro: il piatto risulta più leggero e digeribile, in linea con i dettami <strong>della</strong><br />

nuova igiene alimentare che si sta affermando a metà dell’800 e che troverà nell’Artusi il<br />

principale codificatore. La ricetta testimonia anche <strong>un</strong> altro fenomeno: quello del passaggio di<br />

molti piatti poveri dalla <strong>cucina</strong> contadina alla <strong>cucina</strong> del nuovo ceto emergente, la borghesia.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 50 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, frittura<br />

Utensili:<br />

paiolo, frustino, tagliere, mezzal<strong>un</strong>a, casseruola,<br />

asse per la polenta<br />

Ingredienti:<br />

FARINA DI MAIS (350 g); CIPOLLA (n.1, 60 g);<br />

ERBA SALVIA (q.b.); PREZZEMOLO (q.b.);<br />

ACCIUGHE SALATE (n.3, 120 g); FUNGHI<br />

SECCHI (50 g); OLIO (100 g); FARINA BIANCA<br />

(50 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Portare al bollore 1,5 litri di acqua e salare<br />

• Versare a pioggia la farina, aiutandosi con <strong>un</strong><br />

frustino per evitare la formazione di grumi<br />

• Cuocere per 50 minuti<br />

• (nel frattempo): Mettere a fuoco vivo la casseruola<br />

con 70 g di olio<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere la cipolla tagliata a pezzettini,<br />

l’erba salvia ed il prezzemolo tritati, le acciughe<br />

sminuzzate<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere i f<strong>un</strong>ghi secchi, precedentemente<br />

ammollati in acqua tiepida e sminuzzati<br />

• Quando il composto sarà rosolato, versarlo<br />

sulla polenta e rimestare fino a completa cottura<br />

• Versare la polenta sull’apposita asse<br />

• Tagliare la polenta a fette<br />

• Infarinare e cuocere brevemente nel restante<br />

olio già riscaldato, sempre con <strong>un</strong> po’ di salvia<br />

Note: l'olio in Lombardia<br />

Dal p<strong>un</strong>to di vista alimentare, tanto sul Lario<br />

come in tutta la Lombardia, l’olio è stato utilizzato<br />

come condimento sempre e solo per le verdure<br />

o per friggere il pesce. Laddove l’olio di<br />

oliva non era disponibile, si utilizzavano <strong>un</strong><br />

tempo oli di semi di basso valore gastronomico,<br />

come l’olio di ravizzone, l’olio di noci o l’olio di<br />

semi di lino. Del resto l’olio era più importante<br />

come combustibile per le lampade. Soltanto a<br />

partire dall’inizio del XIX secolo, come te-<br />

stimoniato anche da tutta <strong>un</strong>a sezione del ricettario<br />

del Dubini dedicata app<strong>un</strong>to alla “<strong>cucina</strong><br />

d’olio”, si assiste alla timida comparsa dell’olio<br />

nella gastronomia locale e nelle abitudini familiari.<br />

Il fenomeno si è accentuato negli ultimi<br />

anni quando il burro è stato messo all'indice<br />

perché favorisce l'innalzamento del tasso di<br />

colesterolo nel sangue.<br />

Varianti:<br />

La ricetta proposta dal Dubini ha come paternità<br />

le polente pasticciate, diffuse in tutta la Lombardia,<br />

in cui gli stessi ingredienti (con in più la<br />

salsa di pomodoro, ma non l’acciuga) sono fritti<br />

nel burro e aggi<strong>un</strong>ti alla polenta tagliata a strati<br />

e condita con formaggio grattugiato. Anche l’uso<br />

del pesce salato (aringa, acciuga, ma anche i<br />

missultit sul Lario) è abbastanza tradizionale in<br />

tutta la fascia del nord Italia: la polenta ne attenua<br />

la sapidità e ne affina il gusto. In questo<br />

caso, la polenta è generalmente servita<br />

abbrustolita.<br />

Abbinamenti:<br />

"La pulenta la c<strong>un</strong>tenta" recita <strong>un</strong> vecchio proverbio<br />

lombardo, a significare il risultato di sazietà<br />

determinato dal suo consumo. I piatti a<br />

base di polenta, conseguentemente, vanno consumati<br />

come occasione <strong>un</strong>ica. E' adatto <strong>un</strong> vino<br />

rosso di pronta beva, di giusta acidità, dall’odore<br />

vinoso (Bonarda, Barbera).<br />

L’ingrediente: la salvia<br />

La Salvia officinalis è <strong>un</strong>a delle erbe aromatiche<br />

più presenti nella <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, se non altro<br />

perché ricorrente in <strong>un</strong>a associazione<br />

tradizionale con il burro e con l’aglio. “Erba delle<br />

donne” per eccellenza, poiché ricca di follicolina,<br />

era usata per favorire l’avvio del flusso<br />

mestruale ritardatario, ma soprattutto era<br />

ritenuta <strong>un</strong>a sorta di panacea efficace a riportare<br />

la salute agli ammalati, maschi o femmine che<br />

fossero: “Potrà mai cader morto / l’uomo cui<br />

cresce la salvia nell’orto?” recitavano i cerusici<br />

medioevali. Il burro nel quale era stata soffritta<br />

la salvia, oltre che per il condimento <strong>della</strong><br />

polenta, è usato per il riso in cagnone, per il<br />

risotto col persico, per molte fritture di pesce<br />

d’acqua dolce, per gli gnocchi, per i ravioli e i<br />

tortelli.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


POLENTA CON LA SALVIA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

631 18,2 28,7 83,8 14 0 4,5


GNOCCHI DI PATATE<br />

Gnocco significa propriamente grumo o protuberanza. In Lombardia, come nelle altre regioni<br />

italiane, gli gnocchi si preparvano, fino ai primi anni del XIX secolo impastando farina bianca<br />

con acqua e uova. La patata si rivelò, sino dai primi anni successivi alla sua introduzione nel<br />

regime alimentare europeo, <strong>un</strong> economico succedaneo <strong>della</strong> farina di frumento, e gli gnocchi<br />

di patate entrarono nel panorama gastronomico lombardo con il ricettario del Dubini, nel<br />

1842.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

Spianatoia, grattugia, pentola, schiumarola,<br />

padellina<br />

Ingredienti:<br />

PATATE (700 g), FARINA BIANCA (200 g), SALE<br />

(q. b.), BURRO (100 g.), SALVIA (n. 6 foglie),<br />

AGLIO (<strong>un</strong>o spicchio), FORMAGGIO GRANA (a<br />

piacere).<br />

Esecuzione:<br />

• Lessare le patate con la buccia in abbondante<br />

acqua salata, pelarle e passarle nello<br />

schiacciapatate ancora bollenti, facendo<br />

cadere il passato sulla spianatoia.<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> po’ alla volta la farina,<br />

impastando con le mani, fino ad ottenere <strong>un</strong><br />

composto liscio, <strong>un</strong>iforme e di giusta<br />

consistenza, che non si attacchi più alle dita.<br />

• Formare con l’impasto dei cordoni con la<br />

circonferenza di <strong>un</strong> dito, tagliarli in cilindretti<br />

<strong>della</strong> l<strong>un</strong>ghezza di tre centimetri e depositarli<br />

sulla spianatoia infarinata.<br />

• Premere con il dito pollice ogni pezzetto di<br />

pasta sul rovescio di <strong>un</strong>a grattugia, in modo<br />

da scavarlo leggermente, quindi depositarlo<br />

nuovamente sulla spianatoia infarinata,<br />

avendo cura di non farlo entrare in contatto<br />

con gli altri, per evitare che si attacchino tra<br />

loro.<br />

• Gettare gli gnocchi in abbondante acqua<br />

salata, togliendoli con la schiumarola a mano<br />

a mano che vengono a galla.<br />

• Mentre gli gnocchi stanno lessando, far<br />

insaporire, in <strong>un</strong>a padellina, il burro con <strong>un</strong>o<br />

spicchio d’aglio e le foglioline di salvia.<br />

• Condire gli gnocchi col burro fuso, cospargere<br />

di grana grattugiato e servire ben caldi.<br />

Note: gli gnocchi, <strong>un</strong> piatto interregionale<br />

La paternità degli gnocchi di patate e contesa da<br />

molte città e da molte regioni, poiché questo<br />

saporito piatto fa parte del patrimonio<br />

gastronomico di ogni parte d’Italia. I ricettari del<br />

secolo scorso, d’altronde non ci aiutano,<br />

presentando preparazioni sostanzialmente simili<br />

con le più varie denominazioni di campanile: alla<br />

piemontese, alla romana, alla bolognese, alla<br />

friulana, alla veneta, alla bolognese. Qui<br />

rin<strong>un</strong>ciamo a risolvere la querelle, sottolineando<br />

come tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, la<br />

diffusione <strong>della</strong> coltivazione <strong>della</strong> patata abbia<br />

introdotto nel panorama gastronomico italiano,<br />

in modo pressoché generalizzato, lo gnocco di<br />

patate a fianco di quello tradizionale di farina di<br />

cereali.<br />

Varianti:<br />

Alc<strong>un</strong>i ricettari ottocenteschi consigliano di<br />

aggi<strong>un</strong>gere all’impasto <strong>un</strong>a o due uova, altri<br />

propongono la cottura delle patate nel latte. I<br />

ricettari del nostro secolo si attengono<br />

generalmente alla formulazione qui fornita, con<br />

lievi oscillazioni nelle dosi delle patate e <strong>della</strong><br />

farina. Tipicamente cremasca l’aggi<strong>un</strong>ta di<br />

formaggio gorgonzola dolce all’impasto di<br />

patate, farina e uova.<br />

Abbinamenti:<br />

Può precedere <strong>un</strong> secondo leggero di carne o di<br />

pesce alla griglia con insalatina verde. Vino<br />

Franciacorta Pinot Bianco.<br />

L’ingrediente: la patata<br />

Sull’introduzione in Europa del prezioso tubero,<br />

appartenente alla famiglia delle Solanacee, non<br />

si hanno informazioni precise. Le prime<br />

testimonianze del suo utilizzo alimentare <strong>della</strong><br />

patata risalgono alla seconda metà del XVI<br />

secolo, ma la sua diffusione su larga scala fu<br />

molto lenta. Fu coltivata, infatti, come curiosità<br />

botanica per la bellezza dei fiori, ma fu per<br />

l<strong>un</strong>go tempo ritenuta <strong>un</strong> alimento malsano a<br />

causa <strong>della</strong> presenza di solanina e di<br />

scopolamina nelle foglie. Furono i paesi<br />

dell’Europa centro-settentrionale, l’Irlanda, la<br />

Germania, l’Austria, la Polonia, la cui produzione<br />

di frumento era minima per ragioni climatiche, a<br />

intuirne le potenzialità alimentari e a favorirne la<br />

coltivazione estensiva. L’uso alimentare venne<br />

invece propagandato dal Parmentier in Francia e<br />

da Alessandro Volta in Italia.<br />

Di limitato apporto calorico (80 kcal/100g), la<br />

patata è nutrizionalmente povera, ma nelle<br />

preparazioni alimentari ha proprietà leganti (per<br />

il suo contenuto in amido) ed assorbenti verso i<br />

condimenti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


GNOCCHI DI PATATE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

505 10,5 24,1 65,3 438 68 3,5


RISOTTO ALLA PITOCCA<br />

I pitocchi (dal gr. ptochòs = povero) erano i mendicanti che nel XVII e nel XVIII secolo<br />

battevano la pianura Padana alla ricerca di <strong>un</strong> minimo di sostentamento: risotto alla povera,<br />

d<strong>un</strong>que. La denominazione appare però ironica, poiché non si tratta propriamente di <strong>un</strong> piatto<br />

povero.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

trinciapollo, pentola, casseruola<br />

Ingredienti:<br />

POLLO (n.1 intero), RISO (500 g), BURRO (100<br />

g), CIPOLLE (n.2 piccole), CAROTE (n.1), SE-<br />

DANO (n.1 costa), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />

OLIVA (3 cucchiai), VINO BIANCO SECCO (1<br />

bicchiere), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire il pollo e lavarlo, quindi tagliarlo a<br />

pezzi<br />

• Mettere in <strong>un</strong>a pentola la testa, il collo, le ali<br />

e lo stomaco<br />

• Unire la cipolla, la carota e il sedano, ricoprire<br />

di acqua e salare<br />

• Mettere il recipiente sul fuoco e lasciare<br />

cuocere fino ad ottenere <strong>un</strong> brodo saporito<br />

• In <strong>un</strong>a capace casseruola soffriggere nell'olio<br />

e in 50 grammi di burro, l'altra cipolla tritata<br />

fine<br />

• Sistemare nel recipiente i restanti pezzi di<br />

pollo e il suo fegato, farli rosolare bene e poi<br />

versarvi sopra il vino<br />

• Salare, e pepare<br />

• Quando il pollo sarà a metà cottura, aggi<strong>un</strong> -<br />

gervi il riso mescolando bene<br />

• Dopo 5 minuti diluirlo con <strong>un</strong> po' di brodo<br />

• Portare il riso a cottura aggi<strong>un</strong>gendo il brodo<br />

poco per volta<br />

• Prima di togliere il risotto dal fuoco, incorporarvi<br />

il rimanente burro<br />

Note: il brodo di pollo<br />

La correttezza filologica vorrebbe che il brodo<br />

per la cottura del riso fosse ricavato dalle parti<br />

residuali del pollo (le ali, il collo e la testa, lo<br />

stomaco e la parte recuperabile <strong>della</strong> carcassa)<br />

con aggi<strong>un</strong>ta di cipolla, sedano e carota. Nel<br />

caso ciò non fosse possibile, <strong>un</strong> brodo di carne di<br />

manzo è, ovviamente, preferibile al brodo di<br />

dado.<br />

Varianti:<br />

Il piatto bresciano è analogo al veronese risotto<br />

alla sbirraglia e non presenta varianti di rilievo:<br />

in alc<strong>un</strong>i casi, assieme alla carne di pollo si richiede<br />

espressamente l’impiego delle interiora<br />

nobili (fegato e cuore) e delle creste. In luogo<br />

<strong>della</strong> cipolla, per la rosolatura <strong>della</strong> carne, può<br />

essere usato <strong>un</strong> porro. A fine cottura il riso è talvolta<br />

insaporito con crescione. L’aggi<strong>un</strong>ta del<br />

formaggio grattugiato è discrezionale. Una versione<br />

leggermente più brodosa prende il nome<br />

di zuppa di riso alla pitocca.<br />

Abbinamenti:<br />

Costituisce portata <strong>un</strong>ica, che potrà essere completata<br />

con formaggio e dessert. Abbinamento<br />

tutto bresciano con Franciacorta rosato<br />

spumante (fragrante di lieviti, bouquet fruttato)<br />

o, per chi preferisse <strong>un</strong> vino tranquillo, con<br />

Chiaretto del Garda.<br />

L’ingrediente: il pollo<br />

Basta <strong>un</strong> rapido sguardo ad <strong>un</strong> qualsiasi<br />

ricettario lombardo per realizzare che il pollo<br />

non è stato <strong>un</strong> animale dei più amati dalla<br />

tradizione gastronomica di questa regione. Galli<br />

e galline sono stati sempre allevati, in passato,<br />

nelle campagne lombarde, ma, poiché venivano<br />

cresciuti fino a <strong>un</strong> anno e oltre e avevano carni<br />

non proprio tenere, finivano quasi sempre lessi,<br />

senza suscitare particolari fantasie<br />

gastronomiche. Le ricette tipiche sono davvero<br />

poche: il pol in sguassett alla bresciana; l’antica<br />

cassoeula de pulaster <strong>della</strong> Brianza; il pollo e la<br />

gallina ripiena alla comasca; il pollo alla pavese,<br />

passato in forno con <strong>un</strong> umido appena<br />

accennato; il fricandò di pollo, con panna e noce<br />

moscata, di gusto settecentesco, a<br />

testimonianza dei rapporti <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong><br />

con quella francese di quel periodo.<br />

Oggi, anche in Lombardia come nel resto d'Italia,<br />

il pollo risulta sempre più gradito per la leggerezza<br />

e la digeribilità delle sue carni e per i<br />

prezzi relativamente contenuti rispetto a quelli<br />

di altri tipi di carne. Il suo consumo annuo aumenta<br />

costantemente di circa il 2%.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


RISOTTO ALLA PITOCCA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

869 50,2 43,8 69,2 566 256 1,5


MINESTRA MARICONDA<br />

Detta anche meliconda o di meliconde, forse da mèlica, attuale denominazione dell’erba<br />

medica, in passato attribuita anche alla saggina e al mais. Meliconde sarebbero le palline<br />

gialle di cui è composta la minestra, che ricordano le cariossidi del granturco (analogamente<br />

alla meridionale cicerchiata = piatto di ceci, composto di palline di pasta fritte).<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti in brodo<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

tegame, pentola, ciotola<br />

Ingredienti:<br />

MOLLICA DI PANE o PANE RAFFERMO (250 g),<br />

LATTE DI VACCA INTERO (0.5 l), BRODO DI<br />

CARNE (1.5 L), BURRO (100 g), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (80 g), UOVA (n.4), SALE<br />

(q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Ammorbidire il pane nel latte lasciandolo<br />

macerare per almeno mezz'ora<br />

• Strizzare il pane ammollato e incorporarvi il<br />

burro appena sciolto in <strong>un</strong> tegame tiepido<br />

• Lasciare assorbire bene, poi aggi<strong>un</strong>gere le<br />

uova e il grana<br />

• Regolare di sale e pepe<br />

• Impastare bene il tutto e lasciare riposare<br />

per almeno <strong>un</strong>'ora<br />

• Con l'impasto ottenuto formare delle polpettine<br />

• Farle cuocere per 5 minuti nel brodo bollente<br />

• Servire caldo<br />

Note: l'impasto di pane<br />

E’ bene che la mollica di pane non sia molto rafferma<br />

(due giorni al massimo), perchè in tal<br />

caso il suo peso specifico sarebbe inferiore e<br />

d<strong>un</strong>que maggiore il suo volume, con <strong>un</strong>’alterazione<br />

complessiva delle quantità. Il composto,<br />

preparato con qualche ora di anticipo guadagna<br />

in compattezza e matura <strong>un</strong> gusto più pieno. Le<br />

palline possono essere ottenute facilmente arrotolando<br />

l’impasto con le mani in <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go cilindro<br />

e tagliandolo in piccole porzioni di circa 1 cm<br />

che, passate sotto la mano aperta prenderanno<br />

la forma giusta.<br />

Varianti:<br />

E’ <strong>un</strong> piatto conteso tra le provincie di Brescia,<br />

Bergamo e Mantova, nella quali è diffuso con<br />

modestissime varianti. Una minestra simile, nel<br />

mantovano, prende il nome di canedoli. In effetti,<br />

la mariconda ricorda gli knödel (o canederli)<br />

<strong>della</strong> <strong>cucina</strong> trentina e altoatesina, nella<br />

loro formulazione di base. In alc<strong>un</strong>e ricette recenti<br />

si aggi<strong>un</strong>ge poca farina bianca e <strong>un</strong> goccio<br />

di latte per legare. Tra le spezie ricorre la noce<br />

moscata. Versioni più ricche, di gusto tirolese, si<br />

ottengono mischiando, all’impasto minuscoli<br />

dadi di prosciutto affumicato. Il Cuoco senza<br />

pretese dell’Odescalchi (1826) propone di<br />

utilizzare brodo di pesce in alternativa a quello<br />

di manzo.<br />

Abbinamenti:<br />

Delicata e digeribile, la mariconda è perfetta per<br />

precedere il piccione farcito alla bresciana, con<br />

dessert leggerissimo. Si abbina a <strong>un</strong> vino bianco<br />

di buona struttura, Riesling renano dell’Oltrepò,<br />

o a <strong>un</strong> rosato come il Chiaretto del Garda.<br />

L’ingrediente: gnocchi, palline e cucchiaiate.<br />

Ciò che distingue la mariconda da altre minestre<br />

consimili è la precisa forma a pallina degli<br />

gnocchetti, tuttavia non indicata esplicitamente<br />

da tutti i ricettari. Nella sostanza, però, poco differenzia<br />

questo piatto da altri (in cui il composto<br />

prende forma cilindrica oppure è versato nel<br />

brodo a cucchiaiate) di cui è ricca la tradizione<br />

<strong>lombarda</strong>, come gli gnocchetti in brodo alla<br />

milanese, altrimenti detti sbrafodej (farina<br />

bianca anziché pane raffermo) o gli gnocarej di<br />

farina di fraina <strong>della</strong> Valsassina, i malfatti e gli<br />

strangolapreti. Il Dubini crea <strong>un</strong> po’ di<br />

confusione riportando nel suo ricettario <strong>un</strong>a<br />

zuppa di gnocchi alla tedesca e <strong>un</strong>a zuppa di<br />

gnocchi soffici alla polacca a fianco di <strong>un</strong>a<br />

minestra quasi identica, ma con aggi<strong>un</strong>ta di<br />

prosciutto tritato, che egli definisce zuppa di<br />

gnocchetti alla romana. <strong>Per</strong>ò tali attribuzioni<br />

geografiche, al di là di quel tanto di esotico che<br />

manifestano, appaiono poco credibili pensando<br />

ai padanissimi zanzarelli (o zazzarelli) descritti<br />

da Maestro Martino e da Bartolomeo Platina<br />

alc<strong>un</strong>i secoli prima.<br />

Gli gnocchi di patate (che solitamente non si<br />

consumano in brodo) appartengono alla stessa<br />

linea evolutiva, ma sono stati ovviamente elaborati<br />

tra il XVIII e il XIX secolo. Una leggenda<br />

moderna vuole che vi si applicasse Alessandro<br />

Volta, quando nel suo orticello di Camnago, nei<br />

pressi di Como, sperimentava in proprio e su indicazione<br />

dell’amico Parmentier, la coltivazione<br />

dell’utile tubero.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


MINESTRA MARICONDA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

443 18,8 25,1 37,2 1556 194 0,0


GAMBERI DI FIUME CON PATATE<br />

Quasi <strong>un</strong>a ricetta di <strong>cucina</strong> creativa, che ai delicati gamberetti d’acqua dolce <strong>un</strong>isce la solida<br />

rusticità delle patate e <strong>della</strong> pancetta (<strong>un</strong>a vera e propria <strong>un</strong>ione di opposti) e il tocco<br />

p<strong>un</strong>gente dei cetriolini.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 30 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura<br />

Utensili:<br />

pentola, pa<strong>della</strong> di ferro<br />

Ingredienti:<br />

GAMBERI DI TORRENTE (600 g), PANCETTA<br />

TESA (200 g), PATATE LESSE (n.4), CETRIOLI<br />

IN AGRO (n.2), PREZZEMOLO TRITATO (50 g),<br />

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA (30 g), SALE<br />

(q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Lavare i gamberetti e tuffarli in acqua bollente<br />

per pochi secondi; poi scolarli<br />

• Pulire i gamberetti lessati tenendo solo le<br />

code<br />

• Affettare sottile la pancetta e farla imbiondire<br />

con l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> di ferro<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere le patate tagliate a rondelle e far<br />

rosolare bene<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere le code dei gamberi, i cetrioli affettati,<br />

sale e pepe<br />

• Cospargere con il prezzemolo tritato e far insaporire<br />

il tutto<br />

• Servire caldo<br />

Note: lessare le patate<br />

Anche <strong>un</strong>’operazione semplice, come la bollitura<br />

delle patate, ha alc<strong>un</strong>e regole da rispettare. A<br />

meno che non siano destinate ad arricchire minestre<br />

di verdure, è bene utilizzare patate non<br />

farinose a pasta compatta. Le patate possono<br />

essere lessate con la buccia o senza. Si<br />

sbucciano se servono per preparazioni delicate,<br />

come il purè o la vellutata, oppure se sono<br />

utilizzate intere come contorno o guarnizione<br />

(quelle di taglia piccola). Di solito si bollono<br />

con la buccia, in modo da conservare l’apporto<br />

in vitamina C. Sia con la buccia sia pelate,<br />

devono essere immerse a freddo in acqua già<br />

abbondantemente salata (poiché assorbono<br />

rapidamente grandi quantità di sale). <strong>Per</strong> evitare<br />

che si sfarinino, si spezzino o si rompa loro la<br />

buccia, l’ebollizione deve essere mantenuta<br />

lentissima.<br />

Una volta cotte, si estraggono dalla pentola con<br />

la schiumarola (non con la forchetta: potrebbero<br />

rompersi o intridersi d’acqua!). Se hanno ancora<br />

la buccia si pelano facilmente dopo <strong>un</strong> rapido<br />

passaggio in acqua fredda.<br />

Varianti:<br />

La semplicità <strong>della</strong> ricetta offre poche possibilità<br />

di variazione. La pancetta può essere sostituita<br />

con olio o burro; i cetrioli non vengono utilizzati<br />

quando non piace l’acidità acetica, ottenendo <strong>un</strong><br />

piatto di taglio più tradizionale.<br />

Abbinamenti:<br />

In piccole quantità può essere antipasto. Nel<br />

qual caso si accorda con <strong>un</strong> vino bianco secco e<br />

fresco (l’acidità del vino attenua l’<strong>un</strong>tuosità <strong>della</strong><br />

pancetta), anche vivace e frizzante, come il<br />

Riesling dell’Oltrepò. Porzioni più abbondanti<br />

possono costituire <strong>un</strong> secondo piatto completo,<br />

cui abbinare, tra novembre e gennaio, <strong>un</strong> vino<br />

novello a macerazione carbonica; negli altri periodi,<br />

<strong>un</strong> Rosato o <strong>un</strong> Chiaretto del Garda.<br />

L’ingrediente: i gamberi d’acqua dolce<br />

Si tratta di piccoli crostacei <strong>della</strong> specie astacus<br />

(astice), molto com<strong>un</strong>i, fino al periodo dell’ultima<br />

guerra, tra le pietre e la vegetazione<br />

acquatica dei ruscelli e dei torrenti delle Alpi e<br />

delle Prealpi. Sono andati progressivamente<br />

scomparendo, in seguito ai processi di<br />

industrializzazione e all’inquinamento delle<br />

acque. La loro presenza è oggi rarissima<br />

ov<strong>un</strong>que in Italia e in vaste zone se ne è<br />

registrata da tempo la scomparsa. Le leggi<br />

nazionali limitano il periodo di pesca dei<br />

gamberi, vietandone la raccolta nel periodo <strong>della</strong><br />

riproduzione, dal 1 aprile al 30 giugno. La<br />

Regione Lombardia ne ha tassativamente vietata<br />

la pesca in qualsiasi periodo dell’anno. Chi voglia<br />

gustare <strong>un</strong> cibo <strong>della</strong> tradizione regionale, <strong>un</strong><br />

tempo importantissimo per l’arricchimento<br />

proteico <strong>della</strong> dieta <strong>della</strong> gente dei monti e <strong>della</strong><br />

campagna (risotto alla certosina, frittelle di rane<br />

e gamberi, gamberi lessi, gamberetti con la<br />

peverada o con la panna) deve rivolgersi ai<br />

prodotti di importazione, quasi tutti provenienti<br />

dall’Asia Minore e dall’Oriente.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


GAMBERI DI FIUME CON PATATE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

265 15,5 15,5 16,7 1064 94 2,1


PICCIONI FARCITI ALLA BRESCIANA<br />

Il piccione ripieno è stato nel secolo passato <strong>un</strong>o dei secondi piatti preferiti dalla borghesia<br />

<strong>lombarda</strong>. Questo, alla bresciana, si distingue per la farcia dalla nota gustativa leggermente<br />

amarognola apportata dalle mandorle, che ne sottolinea le consonanze con la gastronomia<br />

tardo-rinascimentale.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 90 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

tegamino, tagliere, coltello ben affilato, terrina,<br />

ago e spago per arrosti, tortiera<br />

Ingredienti:<br />

PICCIONI GROSSI (n.3), UOVA (n.1), MAN-<br />

DORLE AMARE (n.2), BURRO (100 g), FOR-<br />

MAGGIO GRANA GRATTUGIATO (35 g), PAN<br />

GRATTATO (40 g), OLIO EXTRAVERGINE DI<br />

OLIVA (45 g), CIPOLLA (35 g), ROSMARINO (1<br />

rametto), VINO BIANCO (100 mL), BRODO (1<br />

mestolo), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Fiammeggiare e pulire i piccioni conservando<br />

i fegatini<br />

• Far saltare in <strong>un</strong> tegamino i fegatini tritati<br />

con la cipolla, anch’essa tritata, e 30 g di<br />

burro<br />

• Impastare il composto in <strong>un</strong>a terrina con il<br />

pan grattato, l’uovo, le mandorle tritate, il<br />

formaggio e il brodo<br />

• Regolare sale e pepe e lasciar riposare per 20<br />

minuti<br />

• Riempire i piccioni con il composto, cucirli e<br />

legarli<br />

• Disporli in <strong>un</strong>a tortiera con l’olio, il restante<br />

burro e il rosmarino<br />

• Cuocere in forno moderato bagnando di tanto<br />

in tanto con il vino bianco<br />

Note: fiammeggiare e pulire<br />

La preparazione per la cottura dei volatili di piccola<br />

taglia richiede pazienza e attenzione. I piccioni<br />

debbono essere fiammeggiati accuratamente,<br />

in modo da eliminare la peluria rimasta<br />

dallo spennamento; la permanenza sulla fiamma<br />

non deve però essere prol<strong>un</strong>gata, per impedire<br />

che la pelle asciugandosi troppo si rompa. Successivamente<br />

è necessario sventrarli, estraendo<br />

le interiora, e ripulire il fegatino che (anche qualora<br />

il piccione non sia farcito) è di norma ricollocato<br />

all’interno del volatile. Si lavano all’esterno<br />

e all’interno, asciugandoli con <strong>un</strong> canovaccio,<br />

per eliminare ogni residua traccia di strinatura;<br />

si taglia la coda, per asportare le due<br />

ghiandole amare che si trovano nella parte<br />

superiore, si taglia la parte inferiore delle<br />

zampe, che si ripiegano all’indietro, fermandole<br />

alla pelle del ventre: in questo modo sono pronti<br />

per essere riempiti e cotti.<br />

Varianti:<br />

Il piccione farcito alla bresciana è <strong>un</strong>a variazione<br />

sul tema del piccione arrosto in tegame o al<br />

forno, preparato in tutta l’area padana. La farcia<br />

tradizionale in altre parti <strong>della</strong> regione non<br />

prevede le mandorle amare, ma si orienta sulle<br />

noci o sulle nocciole, oppure esclude del tutto la<br />

frutta secca, utilizzando piccole quantità di salsiccia.<br />

In luogo del vino bianco, elaborazioni di<br />

chiara origine sette-ottocentesca prescrivono<br />

succo di limone.<br />

Abbinamenti:<br />

Un piatto gustativamente complesso richiede <strong>un</strong><br />

vino perfettamente strutturato, corposo e di<br />

buona alcolicità. Ideale <strong>un</strong> uvaggio bordolese,<br />

cabernet e merlot, o <strong>un</strong> vino dall’intenso profumo<br />

erbaceo e dal ricordo di pepe e peperone,<br />

come il Valcalepio rosso.<br />

L’ingrediente: il piccione<br />

Nella cultura tradizionale le galline erano allevate<br />

principalmente per la produzione delle<br />

uova, mentre l’onere e l’onore <strong>della</strong> mensa<br />

(apporto proteico e dignità gastronomica) toccava<br />

ai piccioni. Già dal XV secolo si era andata<br />

diffondendo la creazione delle piccionaie nei locali<br />

alti delle case di campagna, ma la tendenza<br />

non era sconosciuta nemmeno nelle città, per le<br />

scarse cure richieste dall’allevamento dei piccoli<br />

volatili domestici. La carne dei piccioni<br />

(organoletticamente a metà strada tra quella del<br />

pollame domestico e quella <strong>della</strong> cacciagione)<br />

era considerata ricostituente e veniva ammannita<br />

agli ammalati e ai convalescenti. La<br />

gastronomia <strong>lombarda</strong> è perciò ricca di piatti di<br />

piccione, nei quali si evidenzia la perfetta omogeneità<br />

di questo pennuto rispetto alle scelte<br />

gustative <strong>della</strong> regione. Notissimi, per esempio, i<br />

piccioni con il riso (adagiati sul risotto o preparati<br />

in timballo e passati nel forno), i piccioni in<br />

salsa di limone, con o senza uova (in tal caso si<br />

tratta di fricassea); i piccioncini in umido con i<br />

piselli, serviti su crostone o su polenta, lo<br />

stufato di piccioni, spesso consumato con<br />

abbondante contorno di patate in umido; il<br />

monumentale timballo di piccioni derivato dalla<br />

tradizione settecentesca.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


PICCIONI FARCITI ALLA BRESCIANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

527 44,4 34,9 6,2 541 80 0,3


PERSICATA<br />

Cioè confettura o marmellata di pesche, lat. persica, frutto <strong>della</strong> <strong>Per</strong>sia. Dolce tradizionale di<br />

Brescia, nella stessa tipologia <strong>della</strong> cotognata, riferibile a elaborazioni gastronomiche colte di<br />

origine medioevale.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dessert a base di frutta<br />

Stagionalità: Estate<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti, più 12 ore di<br />

riposo e 6/7 giorni di<br />

essiccazione<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, sacchetto di lino, stampo con bordo alto<br />

15 cm<br />

Ingredienti:<br />

PESCHE A PASTA BIANCA (1 kg), ZUCCHERO<br />

(450 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Scottare le pesche in acqua bollente; sbucciarle<br />

e togliere i noccioli<br />

• Metterle in <strong>un</strong> sacchetto di lino e lasciarle<br />

scolare per circa 12 ore<br />

• Mettere le pesche e lo zucchero in <strong>un</strong>a pentola<br />

e far bollire per circa 10 minuti sempre<br />

mescolando<br />

• Poi versare il composto in <strong>un</strong>o stampo tenendo<br />

lo spessore non più alto di 12 cm<br />

• Lasciare asciugare il prodotto per 6/7 giorni<br />

in ambiente caldo, poi tagliarla in cubetti o a<br />

fettine e cospargere di zucchero semolato<br />

Note: frutta e zucchero<br />

Facendo cuocere la frutta con quantità variabili<br />

di zucchero si ottengono alc<strong>un</strong>i preparati molto<br />

simili tra loro, la cui specificità è rag gi<strong>un</strong>ta di<br />

volta in volta per mezzo di semplici variazioni<br />

tecniche o quantitative.<br />

La gelatina si ottiene facendo cuocere con <strong>un</strong>o<br />

sciroppo di acqua e zucchero il succo ottenuto<br />

dalla spremitura di frutta, meglio se ricca di pectina<br />

(es.: mele), cui all’occorrenza può essere<br />

aggi<strong>un</strong>to del gelatinizzante o <strong>della</strong> colla di pesce.<br />

La composta si prepara facendo bollire in <strong>un</strong>o<br />

sciroppo, formato con acqua e <strong>un</strong>a modesta<br />

quantità di zucchero, la frutta intera o a pezzi,<br />

finchè la concentrazione non sia tale da permetterne<br />

la conservazione per <strong>un</strong> breve periodo.<br />

La confettura è fatta di frutta intera o a pezzi<br />

bollita in acqua e zucchero e concentrata in<br />

modo tale da impedirne la fermentazione. Versata<br />

calda in vasi sterili chiusi poi ermeticamente,<br />

si conserva anche per l<strong>un</strong>ghi periodi.<br />

La marmellata è ottenuta facendo bollire la<br />

frutta, a pezzi o setacciata, con zucchero in<br />

quantità pari al peso <strong>della</strong> frutta (se questa è<br />

acida) o non meno del 75% se è dolce. Si presta<br />

a <strong>un</strong>a l<strong>un</strong>ghissima conservazione.<br />

Varianti:<br />

Le varianti rendono la persicata ora <strong>un</strong>a confettura<br />

(50% di zucchero) ora <strong>un</strong>a marmellata<br />

vera e propria (75% di zucchero). Nel primo<br />

caso bastano 10-15 minuti di cottura; nel<br />

secondo 30-40 minuti. Se ne ricava anche <strong>un</strong>a<br />

versione più raffinata, utilizzando polpa di<br />

pesche passata al setaccio. La marmellata così<br />

ottenuta, versata in <strong>un</strong>o stampo foderato di<br />

ostie e cosparso di zucchero, è fatta asciugare<br />

alla bocca del forno e quindi lasciata riposare<br />

per almeno tre giorni al fresco.<br />

Abbinamenti:<br />

Come merenda per i bambini, può essere<br />

presentata con nettare di mela verde, non<br />

eccessivamente dolce. Come dessert, si lega con<br />

i sapori antichi del rosolio, ma anche con<br />

l’aroma penetrante del Moscato dolce filtrato.<br />

L’ingrediente: le pesche<br />

La produzione di pesche, la cui coltivazione si<br />

addice alle zone pianeggianti con clima relativamente<br />

mite, assume rilevanza commerciale<br />

principalmente nelle provincie di Mantova e di<br />

Brescia. A livello regionale, la superficie coltivata<br />

a pescheto è in leggero continuo incremento, al<br />

pari <strong>della</strong> produzione che, nel 1994, è stata poco<br />

meno <strong>della</strong> metà rispetto a quella delle pere e<br />

quasi <strong>un</strong> quinto rispetto a quella delle mele,<br />

frutti tipici dell’agricoltura arbustiva <strong>lombarda</strong>.<br />

Nelle tradizioni gastronomiche <strong>della</strong> regione, alle<br />

pesche, in particolare a quelle nostrane di pasta<br />

bianca, è riservata <strong>un</strong>a collocazione non<br />

secondaria tra i dessert: le pesche giulebbate, in<br />

sciroppo di zucchero aromatizzato o meno con<br />

liquore; le pesche con gli amaretti e la panna,<br />

<strong>della</strong> zona del lago Maggiore (specialissime le<br />

pesche di Travedona, sode e compatte anche nel<br />

momento <strong>della</strong> perfetta maturazione); le<br />

varianti sul tema <strong>della</strong> charlotte; le pesche<br />

ripiene con liquore e mustazitt, quelle al sugo di<br />

limone, sono tutte preparazioni di sapore<br />

ottocentesco accettabili ancora oggi per la<br />

conclusione di <strong>un</strong> menù creativo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


PERSICATA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

335 1,2 0,2 87,6 5 0 2,4


BOSSOLA’<br />

Ciambella casalinga <strong>della</strong> tradizione bresciana, assimilabile al bisulàan o bussolano tipico del<br />

Cremonese e del Mantovano, nella tipologia del buccellato medioevale, com<strong>un</strong>e ad altre<br />

tradizioni regionali. Come specialità bresciana era già conosciuto all’inizio del XIX secolo,<br />

tanto da meritare la segnalazione da parte del Dubini.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dessert<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 70 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

spianatoia, bastar<strong>della</strong>, frullino, sco<strong>della</strong>,<br />

stampo da ciambella.<br />

Ingredienti:<br />

FARINA BIANCA (300 g), FECOLA (300 g),<br />

ZUCCHERO (250 g), LIEVITO IN POLVERE (<strong>un</strong>a<br />

bustina), VANILLINA (<strong>un</strong>a bustina), SCORZA<br />

GRATTUGIATA DI UN LIMONE E DI UN’ARANCIA,<br />

BURRO (200 g), TUORLO E ALBUME D’UOVO<br />

(n.4), SALE (<strong>un</strong> pizzico).<br />

Esecuzione:<br />

• Setacciare sulla spianatoia la farina e la fecola,<br />

formando la fontana; <strong>un</strong>itevi lo zucchero,<br />

il sale e mescolate<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere, <strong>un</strong>o alla volta, i tuorli delle uova,<br />

aiutandosi con <strong>un</strong> cucchiaio di legno<br />

• Unire le scorze degli agrumi grattugiate finissime,<br />

il burro fuso, il lievito e la vanillina<br />

• Montare gli albumi a neve ben ferma e incorporarli<br />

al composto con delicatezza affinchè<br />

non si smontino.<br />

• Versare dolcemente in <strong>un</strong>o stampo da ciambelle<br />

imburrato<br />

• Cuocere in forno a calore moderato (170°C)<br />

per 40 minuti<br />

Note: il dolce dei tre impasti<br />

Nella sua fondamentale raccolta di formulazioni<br />

regionali, Anna Gosetti <strong>della</strong> Salda riporta <strong>un</strong>a<br />

ricetta del bossolà nella quale si descrive <strong>un</strong>a<br />

procedura davvero antica, che non prevede neppure<br />

l’impiego nello stampo e che rimanda alle<br />

elaborate tecniche di lievitazione proprie di altri<br />

dolci tradizionali, quali il panettone o il pandoro.<br />

In pratica, 1/6 degli ingredienti base (farina,<br />

burro, zucchero e uova) vengono impastati con<br />

lievito di birra e lasciati a lievitare per circa<br />

<strong>un</strong>’ora. Successivamente altri 2/6 degli ingredienti<br />

vengono impastati tra loro e quindi aggi<strong>un</strong>ti<br />

al panetto già lievitato, per essere lasciati<br />

a lievitare altre due/tre ore.<br />

In ultimo si impastano i residui 3/6 degli<br />

ingredienti e si aggi<strong>un</strong>gono al panetto lievitato.<br />

Dopo quindici minuti di energica manipolazione<br />

si forma con l’impasto <strong>un</strong> l<strong>un</strong>go salame che si<br />

pone direttamente sulla placca imburrata del<br />

forno, avvolto attorno ad <strong>un</strong>a sco<strong>della</strong> capovolta.<br />

Varianti:<br />

La lievitazione, nella tradizione più remota, era<br />

ottenuta con bicarbonato e cremor tartaro. La<br />

fecola di patate è aggi<strong>un</strong>ta nelle formulazioni più<br />

recenti per conferire leggerezza alla ciambella.<br />

Sono frequenti la spennellatura superficiale con<br />

albume d’uovo, la spolverizzazione con granella<br />

di zucchero (o zucchero vanigliato) e con mandorle<br />

tritate.<br />

Abbinamenti:<br />

Il bossolà, che nell’Ottocento era considerato<br />

<strong>un</strong>a vera e propria specialità da credenza, oggi<br />

appare più congeniale a <strong>un</strong>a colazione del mattino<br />

o a <strong>un</strong> sano sp<strong>un</strong>tino pomeridiano piuttosto<br />

che a <strong>un</strong> dessert. Il gusto rustico ma delicato,<br />

infatti, si sposa bene con il latte e meglio ancora<br />

con il tè. Volendo presentarlo a fine pasto si abbina<br />

con vini bianchi dolci o liquorosi.<br />

L’ingrediente: la farina bianca<br />

Nella cultura tradizionale <strong>lombarda</strong>, massimamente<br />

in quella alpina, la farina di frumento era<br />

molto rara presso la gente com<strong>un</strong>e. Nella panificazione<br />

era usata in prevalenza per conferire coesione<br />

ed elasticità al pane di mistura confezionato<br />

con sfarinati di scarso pregio. Il pane<br />

bianco, prodotto interamente con farina di frumento,<br />

era riservato agli ammalati e ai convalescenti.<br />

In <strong>cucina</strong> la farina bianca rientrava nella<br />

preparazione delle fritture e in alc<strong>un</strong>i piatti non<br />

propriamente ordinari di paste farcite (marubini,<br />

tortelli, casonsei) o di gnocchi e minestre<br />

(malfatti, maltagliati, sbrofadej). Nella gastronomia<br />

borghese è rimasta <strong>un</strong>a traccia di<br />

frequentazioni franco-piemontesi in certe<br />

ricoperture di besciamella e nell’infarinatura<br />

delle carni per l’arrosto o per il salmì. Un po’ più<br />

frequente l’uso in pasticceria, dalle cutizze<br />

brianzole alla maggior parte dei biscotti e delle<br />

torte tradizionali, in cui <strong>un</strong>a percentuale di<br />

farina bianca mitiga sempre l’asciuttezza <strong>della</strong><br />

farina di mais o amalgama opport<strong>un</strong>amente il<br />

pane ammollato nel latte e impastato con la<br />

frutta.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia


BOSSOLA’<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Colesterolo<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Brescia<br />

Fibra (g)<br />

811 10,9 31,2 129,2 182 212 1,9


Garda e Iseo<br />

L’alto corso dell’Oglio e il lago d’Iseo a Ovest e la sponda<br />

occidentale del lago di Garda delimitano <strong>un</strong> ampio territorio<br />

montuoso e la propaggine alpina tagliati longitudinalmente<br />

dalla Valcamonica e dalla Valtrompia, comprendenti<br />

circa i tre quarti del territorio bresciano, nei<br />

quali, in continuazione con <strong>un</strong>a vicenda storica di isolamento<br />

dalle principali vie di com<strong>un</strong>icazione con l’Europa<br />

centrale, si sono conservate tradizioni etnografiche, culturali<br />

e gastronomiche dai tratti originali e autonomi rispetto<br />

a quelle <strong>della</strong> pianura. Sopravvive infatti, a Nord,<br />

seppure mitigata dalla omologazione a modelli standardizzati,<br />

propri <strong>della</strong> nostra epoca, <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong> di montagna<br />

(le castagne, la polenta, i formaggi tipici, soprattutto<br />

il Bagoss, il Silter, le Formaggelle di Monte, lo Stracchino<br />

dei Campelli), dagli evidenti legami con quella delle<br />

valli trentine e ladine. A Sud, invece, c’è <strong>un</strong>’ovvia<br />

preminenza <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> di lago, vincolata alla pesca e<br />

alla conservazione del pesce, essiccato alla breva lacustre<br />

o preparato in carpione.<br />

Ricche e austere tradizioni quelle <strong>della</strong> Valcamonica: il riso<br />

di patate e verze, gli gnocchetti di farina bianca, le<br />

lumache alla cam<strong>un</strong>a. Accanto ai piatti a base di castagne,<br />

il trionfo <strong>della</strong> selvaggina da pelo, il capriolo con i<br />

frutti di bosco e la coscia di camoscio ai f<strong>un</strong>ghi.<br />

Molte affinità con la gastronomia degli altri laghi prealpini<br />

nelle cucine delle rive del Garda, dell’Iseo e dell’Idro. Il<br />

pesce persico e la tinca impanati e fritti, con accompagnamento<br />

di risotto, le fritture di alborelle, di aiole<br />

e di sardelle del Garda, le tinche ripiene, le anguille con<br />

il vino bianco. Ma anche piatti più tipici: le tinche ripiene,<br />

il luccio stufato, la trota con guazzetto di acciughe, pancetta<br />

e aromi, le anguille con i piselli e quelle allo spiedo<br />

o alla graticola.<br />

I vini DOC <strong>della</strong> Riviera del Garda e di San Martino <strong>della</strong><br />

Battaglia offrono l’ideale complemento di questi piatti.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


BARDELE COI MARAI<br />

Tagliatelle (o fettuccine) con la borragine, pasta asciutta dei territori orientali <strong>della</strong> regione,<br />

in com<strong>un</strong>e con il vicino Veneto, elaborata con <strong>un</strong>a tecnica simile a quella <strong>della</strong> pasta verde<br />

con spinaci e <strong>della</strong> pasta con vegetali in genere che oggi trova <strong>un</strong>a certa diffusione poiché,<br />

avendo già di per sé <strong>un</strong> sapore particolare, si presta ad essere consumata solo con <strong>un</strong> po’ di<br />

burro fuso o di olio, senza condimenti pesanti o elaborati.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Primi piatti asciutti<br />

Stagionalità: Primavera, Aut<strong>un</strong>no<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola, setaccio, mezzal<strong>un</strong>a, tagliere, mattarello,<br />

panno, vassoio<br />

Ingredienti:<br />

per la pasta: FOGLIE DI BORRAGINE (200 g),<br />

FARINA BIANCA (500 g), UOVA (n.2), SALE (<strong>un</strong><br />

pizzico)<br />

per il condimento: BURRO (150 g), FORMAGGIO<br />

GRANA GRATTUGIATO (50 g)<br />

Esecuzione:<br />

• Nettare le foglie di borragine, lessarle in pochissima<br />

acqua o a vapore, risciacquarle e<br />

sgocciolarle<br />

• Tritarle finemente, passarle al setaccio e farle<br />

raffreddare<br />

• Impastarle con la farina, le uova e il sale<br />

• Lavorare bene l'impasto e farlo riposare per<br />

<strong>un</strong>'ora in <strong>un</strong> panno<br />

• Stendere l'impasto con il mattarello tirando<br />

delle sfoglie<br />

• Ripiegare le sfoglie più volte su sè stesse e<br />

tagliarle a fettuccine larghe 1 cm<br />

• Disporre le fettuccine bene aperte su <strong>un</strong> vassoio<br />

ricoperto da <strong>un</strong> panno pulito e spolverizzato<br />

di farina; farle asciugare <strong>un</strong> po'<br />

• Far cuocere le bardele in abbondante acqua<br />

bollente salata e scolarle poco per volta sollevandole<br />

dall'acqua con due forchette<br />

• Metterle nelle fondine calde, condirle con il<br />

burro fuso e il formaggio e servire<br />

Note: la preparazione delle bardele<br />

Tagliatelle particolari, le bardele, richiedono <strong>un</strong>a<br />

quantità limitata di farina rispetto alla passata di<br />

borragine (da 1/4 al doppio, quando per le tagliatelle<br />

di spinaci la quantità di farina è an che<br />

cinque volte maggiore), perché la borragine è<br />

<strong>un</strong>’erba asciutta che porta nell’impasto molta<br />

meno acqua degli spinaci. Le foglie <strong>della</strong> borragine<br />

sono leggermente pelose, devono perciò<br />

essere lavate con molta cura e messe a cuocere<br />

in pochissima acqua già bollente (è suffi ciente<br />

che il liquido le copra appena, come si fa con<br />

quasi tutti i vegetali).<br />

Dopo <strong>un</strong>a decina di minuti di bollitura a fuoco<br />

moderatissimo, si scolano con la schiumarola<br />

(non si rovesciano nello scolapasta: se fossero<br />

rimasti nell’acqua residui di terra, finirebbero<br />

nell’impasto), e si lasciano raffreddare. Infine si<br />

strizzano per estrarne il liquido (che farebbe<br />

aumentare la quantità di farina) e, dopo averle<br />

tritate grossolanamente, si passano al setaccio<br />

o nel frullatore. La sfoglia, che non deve risultare<br />

sottilissima, si ripiega alc<strong>un</strong>e volte su sè<br />

stessa, prima di tagliarla a fettuccine larghe <strong>un</strong><br />

dito da far asciugare <strong>un</strong>a mezzora o più, bene<br />

aperte su <strong>un</strong> panno spolverizzato di farina.<br />

Varianti:<br />

Qualche diversità si riscontra nelle proporzioni<br />

tra farina e foglie di borragine (massimo 10-<br />

15%), nel numero delle uova, che varia a seconda<br />

<strong>della</strong> quantità di farina, e nel grado di<br />

cottura del burro per il condimento (da crudo a<br />

fuso, a schiumante a color nocciola). Ogni altro<br />

condimento coprirebbe la gradevolezza del gusto<br />

leggermente acidulo <strong>della</strong> borragine, simile<br />

a quello del cetriolo.<br />

Abbinamenti:<br />

Le tagliatelle vegetali si accompagnano a <strong>un</strong> antipasto<br />

tradizionale - salame e fettine di lardo,<br />

giustamente aromatizzati con aglio - e scaloppine<br />

con f<strong>un</strong>ghi o asparagi. Vino bianco Chardonnay<br />

<strong>della</strong> Franciacorta, sapido e armonico.<br />

L’ingrediente: la borragine<br />

Pianta annuale (Borago officinalis) i cui grappoli<br />

di fiori azzurri spiccano per gran parte dell’anno<br />

nei terreni incolti di tutto il nostro continente,<br />

indipendentemente dalle condizioni climatiche.<br />

La farmacopea antica le riconosceva la proprietà<br />

di influenzare la sudorazione. In <strong>cucina</strong> è stata<br />

sempre apprezzata per preparati di ogni tipo, in<br />

ragione del gusto gradevole e <strong>della</strong> consistenza,<br />

ma anche per la sua assoluta economicità. Maestro<br />

Martino da Como ne fa zuppe (Menestra<br />

d’herbette) e, dopo di lui, tutti i grandi cuochi<br />

padani l’hanno elaborata in saporite frittelle e<br />

frittate. La tradizione alimentare delle campagne<br />

non ha mai perso il gusto di <strong>un</strong>’insalatina di<br />

germogli e foglie tenere di borragine, semmai in<br />

<strong>un</strong>ione con germogli di papavero e cicoria selvatica,<br />

così come, sui rilievi, si è continuato a mischiarne<br />

le foglioline ben tritate al formaggio<br />

fresco e alla ricotta. E’ utilizzata, assieme alle<br />

bietole e agli spinaci, per dare corpo ai minestroni,<br />

o per le farcie dei ravioli di magro e di<br />

torte salate e pizze, quasi sempre in amalgama<br />

con ricotta, burro e formaggio.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


BARDELE COI MARAI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

534 14,7 25,3 65,8 349 136 2,3


RISOTTO CON LE TINCHE<br />

Un piatto semplice e delizioso, conteso tra Bresciani e Veronesi, ma presente con poche varianti,<br />

in tutta la fascia dei laghi prealpini, testimonianza di <strong>un</strong>a tradizione gastronomica popolare<br />

capace di utilizzare al meglio tutte le risorse offerte dal territorio in <strong>un</strong> modello economico<br />

improntato all’autoconsumo.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 80 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Stufatura<br />

Utensili:<br />

2 casseruole, coltello per sfilettare, terrina, passino,<br />

teglia, piatto di portata<br />

Ingredienti:<br />

RISO (350 g), BURRO (100 g), TINCHE DI LAGO<br />

(n.2), SEDANO (1 costa), CAROTE (n.1),<br />

CIPOLLE (n.1), AGLIO (1 spicchio), PREZZE-<br />

MOLO (<strong>un</strong>a manciata), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Squamare le tinche, sventrarle, lavarle e sfilettarle<br />

• Porre sul fuoco <strong>un</strong>a casseruola con <strong>un</strong> litro di<br />

acqua salata, <strong>un</strong>ire la carota, la cipolla, il sedano,<br />

le lische e le teste dei pesci<br />

• Cuocere per 20 minuti e poi filtrare il brodo<br />

da <strong>un</strong> passino affinché non passi alc<strong>un</strong>a lisca,<br />

versandolo in <strong>un</strong>a terrina; tenerlo al<br />

caldo<br />

• Imburrare <strong>un</strong>a teglia e disporvi i filetti di tinca;<br />

porre il recipiente sul fuoco e cuocere il<br />

pesce rigirandolo con delicatezza<br />

• Mondare il prezzemolo, lavarlo e tritarlo finemente<br />

con lo spicchio d'aglio<br />

• Mettere il trito in <strong>un</strong>a casseruola con il restante<br />

burro e farlo rosolare<br />

• Unire il riso, lasciarlo tostare e, aggi<strong>un</strong>gendo<br />

di tanto in tanto il brodo di pesce, portare il<br />

risotto a cottura<br />

• Accomodarlo su <strong>un</strong> piatto di portata e sistemarvi<br />

sopra i filetti di tinca.<br />

Note: sapore di fango<br />

Le tinche vivono nelle acque melmose dei fondali.<br />

E' consigliabile acquistarle ancora vive e<br />

lasciarle per due o tre giorni in acqua pulita, per<br />

far perdere alla loro carne il caratteristico sapore<br />

di fango. Nel caso non ci fosse tempo per<br />

questo purgatorio (l’<strong>un</strong>ico efficace), la tradizione<br />

suggerisce di fare ingoiare ai pesci vivi alc<strong>un</strong>e<br />

cucchiaiate di aceto. C’è da dubitare<br />

dell’efficacia di questo trattamento, come dell’altro<br />

espediente raccomandato popolarmente<br />

per togliere il sapore di fango ai pesci già morti:<br />

tenerli a bagno per almeno 24 ore in acqua puli-<br />

ta per poi immergerli rapidamente alc<strong>un</strong>e volte<br />

in acqua bollente, prima di procedere a<br />

<strong>un</strong>’accurata squamatura e alla sventratura. Altri<br />

consigliano di rovesciare sulle branchie dei pesci<br />

<strong>un</strong> bicchiere di aceto: è tuttavia indubbio che se<br />

l’aceto può attenuare l’odore di fango, difficilmente<br />

può cancellarne il ritorno gustolfattivo.<br />

Varianti:<br />

In alc<strong>un</strong>i ricettari il soffritto di aglio e prezzemolo<br />

si arricchisce di cipolla, sedano, carota e<br />

basilico. La tinca spezzettata è aggi<strong>un</strong>ta al riso<br />

dopo <strong>un</strong>a rapida rosolatura nelle formulazioni<br />

più tradizionali; quelle attualizzate consigliano<br />

invece di sfilettare il pesce, utilizzando le lische,<br />

la testa e la coda per ottenere il court-bouillon<br />

con il quale cuocere il riso. I filetti, fritti nel burro,<br />

vengono poi adagiati sul riso già cotto.<br />

Abbinamenti:<br />

E’ <strong>un</strong> piatto <strong>un</strong>ico, cui si può far precedere <strong>un</strong><br />

leggero antipasto vegetale, per esempio<br />

<strong>un</strong>’insalata di cuori di sedano o, preferendo <strong>un</strong><br />

menù ittico, del paté di cavedano. Si accompagna<br />

piacevolmente con vini ricavati da vitigni<br />

Tocai, come il San Martino <strong>della</strong> Battaglia bianco,<br />

dal profumo intenso, al palato asciutto e<br />

rotondo con retrogusto amarognolo.<br />

L’ingrediente: la tinca<br />

E’ <strong>un</strong> pesce <strong>della</strong> famiglia dei Ciprinidi che frequenta<br />

i fondali sabbiosi dei corsi d’acqua delle<br />

zone temperate, con preferenza per i bacini dalle<br />

correnti pigre e tiepide. Nutrendosi di molluschi,<br />

vermi, crostacei e larve di diversa specie<br />

che riesce a stanare dai loro nascondigli tra le<br />

piante acquatiche, talvolta smuovendo la melma<br />

del fondo, può raggi<strong>un</strong>gere 5 kg di peso.<br />

Proprio per questa sua attività di scavo, la tinca<br />

ha carni con quel preciso sapore di fango che le<br />

impedisce di entrare a pieno titolo nella gastronomia<br />

maggiore. E’ stata però sempre apprezzata<br />

dalla <strong>cucina</strong> popolare, in frittura o in umido<br />

con pisellini novelli oppure con fagioli borlotti.<br />

Tipiche <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> lacustre <strong>lombarda</strong> le tinchette<br />

in carpione e quelle ripiene con formaggio<br />

e aromi. Ad <strong>un</strong>a gastronomia alta si ispirano<br />

invece le tinche al vino bianco e il brodo di tinca,<br />

aromatizzato con chiodi di garofano, cannella,<br />

lauro e f<strong>un</strong>ghi, ideale come court-bouillon<br />

per qualsiasi risotto di magro.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


RISOTTO CON LE TINCHE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

434 29,2 14,9 48,9 530 42 1,4


FRITTURA DI ALBORELLE<br />

Ai poveri il cibo dei poveri; ai poveri pescatori le alborelle, il pesce minuto di cui il lago è tuttavia<br />

generoso. Nella società tradizionale, la frittura, in quanto tecnica di cottura asciugante,<br />

permetteva al pesce, <strong>un</strong>a volta cotto, di durare qualche giorno in più (particolarmente con la<br />

successiva benedizione a base di aceto che generava le varianti sul tema <strong>della</strong> carpionatura).<br />

<strong>Per</strong> il nostro palato moderno, la fragranza e la giusta croccantezza del pesce appena fritto<br />

sono però insuperabili.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no-Primavera<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura<br />

Utensili: Pa<strong>della</strong><br />

Ingredienti:<br />

ALBORELLE (800 g), FARINA BIANCA (50 g),<br />

OLIO DI OLIVA (250 ml), SALE (q. b.),<br />

LIMONE a piacere.<br />

Esecuzione:<br />

• Squamare, eviscerare, lavare le alborelle<br />

e asciugarle con <strong>un</strong> canovaccio.<br />

• Passarle nella farina e friggerle in abbondante<br />

olio d’oliva bollente.<br />

• Depositarle su <strong>un</strong> foglio di carta assorbente<br />

per liberarle dell’<strong>un</strong>to in eccesso e salarle.<br />

• Servirle su <strong>un</strong> piatto di portata opport<strong>un</strong>amente<br />

riscaldato e guarnito, se piace,<br />

con fettine di limone.<br />

Note: <strong>un</strong> pesce “duro e difficile”<br />

Fu Ippolito Salviano a maltrattare in questo<br />

modo il pesce più com<strong>un</strong>e dei laghi prealpini.<br />

Nell’Aquatilium animalium historiae del 1558<br />

scrive infatti che “la carne dell’Albora è dura,<br />

di difficile cottura e tanto insipida che giustamente<br />

questo è ritenuto il meno pregevole<br />

di tutti i pesci. Com<strong>un</strong>que lo si cucini, non<br />

si riesce a renderlo gustoso e solo abbrustolito<br />

diventa gradito al palato. Si consuma esclusivamente<br />

quando c’è scarsità di altri pesci”.<br />

Tradizionalmente, si riconosce che il<br />

tempo migliore per consumare l’alborella è<br />

tra ottobre e giugno (quando è più difficile<br />

pescare pesci più appetibili). Sempre secondo<br />

l’abitudine popolare, in questo periodo,<br />

trovando poco nutrimento, i pesciolini possono<br />

essere fritti tutti interi, senza eviscerarli.<br />

Varianti:<br />

Trattandosi di <strong>un</strong>a semplice frittura, non esistono<br />

praticamente varianti di rilievo.<br />

Qualche formulazione prevede la salatura del<br />

pesce prima dell’infarinatura, ma è pratica<br />

sconsigliabile perché contribuisce a fargli<br />

perdere liquidi, facendo sgrillettare l’olio di<br />

frittura.<br />

Un’altra modalità di frittura comporta che i<br />

pesci siano insaporiti con salvia e rosmarino<br />

e fritti in poco olio, senza infarinatura, talvolta<br />

con <strong>un</strong>o spruzzo di vino bianco.<br />

Abbinamenti:<br />

Tradizionalmente, sulle mense dei poveri, ai<br />

pesciolini fritti si affiancava la polenta e vi si<br />

beveva assieme il vino che c’era, quasi sempre<br />

rosso. Il gusto attuale accetta volentieri<br />

<strong>un</strong>a piccola porzione di polenta abbrustolita e<br />

dell’insalata verde, ma il vino sarà bianco,<br />

meglio se leggermente aromatico, come il<br />

Tocai di San Martino <strong>della</strong> Battaglia DOC.<br />

L’ingrediente: l'olio di oliva dei laghi lombardi<br />

Introdotto in epoca romana da coloni provenienti<br />

dalla Magna Grecia, l’olivo ha trovato<br />

<strong>un</strong> clima adatto attorno ai laghi maggiori <strong>della</strong><br />

Lombardia, soprattutto quello di Garda,<br />

quello d’Iseo e quello di Como, dove il clima<br />

è sufficientemente dolce e dove è diventato<br />

<strong>un</strong> elemento importante del paesaggio locale.<br />

Se sul lago di Como la produzione è oggi<br />

limitata al consumo familiare o locale, soprattutto<br />

nella cosiddetta Zòca de l’Oli, tra<br />

Griante e Sala Comacina, sul Garda e sul Sebino<br />

la produzione di olive riesce ad essere<br />

ancora oggi apprezzabile e ad assicurare discreta<br />

presenza sul mercato nazionale ad <strong>un</strong><br />

olio extravergine con caratteri specifici di riconoscibilità.<br />

Le varietà di olive sono quelle<br />

tradizionalmente coltivate sul Benaco, come<br />

la Casaliva e la Gargnà. La raccolta viene effettuata<br />

a mano, in modo da non danneggiare<br />

il frutto, che viene poi spremuto a freddo.<br />

L’olio che se ne ricava è di colore verde, ha<br />

bassa acidità e <strong>un</strong>a caratteristica nota aromatica<br />

fruttata e erbacea che ricorda il carciofo<br />

e la mandorla: <strong>un</strong> prodotto dalle caratteristiche<br />

dietetiche e organolettiche perfettamente<br />

aderenti alle necessità e al gusto attuali.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


FRITTURA DI ALBORELLE<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

669 14,6 63,8 9,7 469 60 0,3


TROTA COI FUNGHI<br />

Il lago e la montagna trovano <strong>un</strong>a gustosissima sintesi gastronomica in questa formulazione<br />

in cui il sapore intenso dei f<strong>un</strong>ghi aggredirebbe la delicatezza <strong>della</strong> trota, se questa non venisse<br />

protetta dalla croccante infarinatura. L’associazione pesce/f<strong>un</strong>ghi, entrata solo di recente<br />

nella gastronomia d’élite, ha da sempre <strong>un</strong> posto privilegiato nella <strong>cucina</strong> popolare,<br />

fondata soprattutto sulla stagionalità e sulla disponibilità delle materie prime.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Aut<strong>un</strong>no, Primavera<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo di esecuzione: 75 minuti<br />

Tecnica di cottura: Frittura, Cottura al forno<br />

Utensili:<br />

Pa<strong>della</strong>, Teglia o pirofila<br />

Ingredienti:<br />

TROTE (n. 4 da 300 g ciasc<strong>un</strong>a), SUCCO DI<br />

LIMONE (25 g), FARINA BIANCA (40 g), OLIO<br />

DI OLIVA (50 g), FUNGHI PORCINI (300 g),<br />

BURRO (30 g), PREZZEMOLO (15 g), SALE e<br />

PEPE (q. b.).<br />

Esecuzione:<br />

• Squamare le trote, svuotarle delle interiora e<br />

delle branchie, lavarle con cura e asciugarle.<br />

• Pulire i f<strong>un</strong>ghi, togliendo la parte terrosa<br />

all’estremità del gambo e strofinando le cappelle<br />

con <strong>un</strong>o straccetto umido.<br />

• Condire le trote con il sale, il pepe, il succo di<br />

limone e infarinarle.<br />

• Far scaldare l’olio in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong>, adagiarvi le<br />

trote e lasciarle colorire due minuti per parte.<br />

• Imburrare <strong>un</strong>a pirofila e farvi sul fondo <strong>un</strong>o<br />

strato di f<strong>un</strong>ghi tagliati a pezzi piuttosto<br />

grossi, sovrapponendovi le trote.<br />

• Cospargere i pesci con il prezzemolo tritato e<br />

con il burro residuo.<br />

• Passare la pirofila nel forno già caldo a 220°C<br />

per circa 20 minuti e servire caldo nella stessa<br />

pirofila.<br />

Note: squame sì, squame no<br />

Le squame <strong>della</strong> trota, come in genere quelle<br />

dei pesci d’acqua dolce, sono più piccole e meno<br />

resistenti di quelle dei pesci di mare. Di solito si<br />

asportano dal corpo del pesce con <strong>un</strong> grosso<br />

coltello a lama rigida o con l’apposito strumento<br />

(squamapesce). La squamatura tuttavia non si<br />

attua sui pesci destinati alla cottura sul barbecue<br />

o com<strong>un</strong>que sulla fiamma viva, poiché in<br />

questi casi le squame proteggono la carne dal<br />

calore troppo intenso, evitando sgradevoli indurimenti<br />

o carbonizzazioni <strong>della</strong> pelle. Le squame<br />

non si tolgono neppure nella cosiddetta preparazione<br />

al blu, in cui proprio la mucosità epider-<br />

mica del pesce, a contatto con l’acqua acidulata<br />

di bollitura, dà alla trota la caratteristica colorazione<br />

blu.<br />

Varianti:<br />

Talvolta sotto allo strato di f<strong>un</strong>ghi viene posto<br />

<strong>un</strong>o battuto di cipolla e aglio. I porcini possono<br />

essere sostituiti con altre specie di f<strong>un</strong>ghi, soprattutto<br />

agarici (prataioli) o champignons. Al<br />

momento di infornare si può aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> bicchiere<br />

di vino bianco oppure 50 ml di latte. La<br />

gratinatura può essere favorita cospargendo i<br />

pesci con <strong>un</strong> po’ di pangrattato, prima di cospargerli<br />

con il burro.<br />

Abbinamenti:<br />

Il riso in cagnone si adatta più <strong>della</strong> polenta ad<br />

accompagnare questo piatto. Vino bianco, profumato<br />

e dal gusto fresco e morbido, Lugana<br />

DOC o Oltrepò Pavese Cortese DOC.<br />

L’ingrediente: la trota<br />

E’ <strong>un</strong> pesce d’acqua dolce <strong>della</strong> famiglia dei<br />

Salmonidi. Le specie europee sono tutte derivate<br />

dalla cosiddetta trota com<strong>un</strong>e (Salmo fario)<br />

che è quella che vive nei corsi d’acqua montani.<br />

Le trote che vivono nei torrenti di montagna<br />

hanno colore tendente al verde scuro, con p<strong>un</strong>tinatura<br />

nera e rossa, mentre quelle che vivono<br />

nei fiumi hanno colore argenteo-grigio tendente<br />

al giallognolo. Le trote di allevamento sono quasi<br />

tutte <strong>della</strong> specie iridea (Salmo gairdneri<br />

Rich.) ed hanno corpo grigio argenteo p<strong>un</strong>teggiato<br />

di nero, con riflessi multicolori (da cui il<br />

nome) e <strong>un</strong>a fascia aranciata o rosea sul fianco.<br />

Di recente diffusione le trote salmonate, dalla<br />

carne rosata, come quella del salmone.<br />

Nonostante si tratti di <strong>un</strong> pesce conosciuto e<br />

apprezzato fin dall’antichità (ne fanno l’elogio<br />

Plinio e più tardi il Giovio e Ippolito Salviano, e<br />

ne presentano ricette tutti i trattati gastronomici<br />

del Medioevo e del Rinascimento), è noto che<br />

solo recentemente le trote hanno trovato <strong>un</strong> diffuso<br />

apprezzamento nella gastronomia italiana.<br />

Solo nella fascia prealpina, e soprattutto in terra<br />

<strong>lombarda</strong>, è fiorita <strong>un</strong>a tradizione popolare, consolidatasi<br />

nel tempo, che ha elaborato alc<strong>un</strong>i<br />

piatti di grande prestigio. Le trote al vino bianco,<br />

le trote dorate, le trote in carpione (già presenti<br />

nel ricettario di Maestro Martino), quelle in<br />

salsa bianca e quelle alla comasca, non sono<br />

che le ricette più note.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


TROTA COI FUNGHI<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

362 28,3 24,3 7,9 494 110 2,1


ANGUILLE ALLA GARDESANA<br />

La <strong>cucina</strong> popolare continua a tenere in grande apprezzamento questo pesce dalla carne<br />

grassa, che in passato ha costituito <strong>un</strong>a ghiottoneria molto ricercata anche dalla gastronomia<br />

d’autore. Nelle anguille alla gardesana, cotte semplicemente sulla griglia per permettere l'ottimale<br />

sgrassamento delle carni, si ripropone <strong>un</strong>’antica ricetta il cui modello è nel Libro di<br />

Maestro Martino da Como.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Pesci<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Media<br />

Tempo esecuzione: 60 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura sulla griglia<br />

Utensili:<br />

gancio, telo, coltello, piatto, gratella<br />

Ingredienti:<br />

ANGUILLA (n.1, circa 1 kg), OLIO DI OLIVA (30<br />

g), LIMONI (n.1-2), SALE (q.b.), PEPE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Fare <strong>un</strong> taglio circolare appena sotto la testa<br />

dell'anguilla, quindi appenderla per la bocca<br />

ad <strong>un</strong> gancio e con le dita cominciare a staccare<br />

e rovesciare la pelle nella zona del taglio<br />

• Quando se ne sarà staccata <strong>un</strong>a superficie<br />

sufficiente da potersi afferrare ben con le<br />

mani, aiutandosi con <strong>un</strong> telo, che si porrà intorno<br />

alla pelle, tirare questa dall'alto verso il<br />

basso rovesciandola come <strong>un</strong> guanto, spellando<br />

così il pesce<br />

• Dopo avere spellato l'anguilla, toglierle gli<br />

intestini, lavarla, asciugarla e tagliarla a pezzi<br />

l<strong>un</strong>ghi 5 cm<br />

• Disporre i pezzi su <strong>un</strong> piatto, irrorarli con l'olio,<br />

spolverizzarli di sale e pepe e lasciarli così<br />

per circa 15 minuti<br />

• Cuocerli per 10-15 minuti su <strong>un</strong>a gratella posta<br />

su brace di legna<br />

• Servire i rocchi caldissimi, con spicchi di limone.<br />

Note: spellare l’anguilla<br />

Le anguille piccole (dello spessore di <strong>un</strong> dito,<br />

non quelle piccolissime, gli avannotti, le cosiddette<br />

cieche, oggi quasi introvabili, che si preparano<br />

come la schiuma di mare) non bisogna<br />

spellarle: per togliere il viscidume che le ricopre<br />

è sufficiente strofinarle accuratamente con <strong>un</strong><br />

panno cosparso di sale. Quelle più grandi, invece,<br />

sono rivestite da <strong>un</strong>a pelle coriacea che<br />

deve essere tolta. Con <strong>un</strong> coltello molto affilato<br />

si pratica <strong>un</strong>’incisione circolare nella pelle appena<br />

sotto le pinne branchiali dell’anguilla, che<br />

poi si appende per la testa ad <strong>un</strong> gancio. Con le<br />

dita o con lo spelucchino si comincia a staccare<br />

la pelle l<strong>un</strong>go l’incisione finché non se ne sia ro-<br />

vesciato <strong>un</strong> lembo da poter afferrare con le mani<br />

protette da <strong>un</strong>o strofinaccio.<br />

Tirandola dall’alto verso il basso, la pelle si<br />

rivolterà come <strong>un</strong> guanto. L’anguilla così<br />

spellata deve poi essere eviscerata, lavata,<br />

asciugata ed eventualmente tagliata a pezzetti<br />

di 5-6 cm.<br />

Varianti:<br />

In altre zone, l’aromatizzazione è ottenuta marinando<br />

l'anguilla 12 ore in succo di limone e olio<br />

con pepe, sale, aglio e erbe varie (tra le più frequenti<br />

il prezzemolo e l’alloro). Talvolta le anguille<br />

sono passate nel pangrattato prima <strong>della</strong><br />

grigliatura e spruzzate con succo di limone al<br />

momento di andare in tavola.<br />

Abbinamenti:<br />

Si accompagnano a insalata verde. Trattandosi<br />

di piatto non leggero, può essere preceduto da<br />

<strong>un</strong>a crema vegetale o da <strong>un</strong>a vellutata di f<strong>un</strong>ghi.<br />

Vino rosso asciutto e frizzante, sul tipo del<br />

Lambrusco mantovano, oppure <strong>un</strong> cerasuolo<br />

come il Chiaretto o, in <strong>un</strong> pasto importante, il<br />

Rosé spumante del Garda Bresciano.<br />

L’ingrediente: l’anguilla<br />

E’ <strong>un</strong> pesce marino che risale periodicamente i<br />

fiumi, per prepararsi al momento <strong>della</strong> riproduzione,<br />

quando, con <strong>un</strong> ciclo ancora non del tutto<br />

chiaro, ritorna a deporre le uova nei mari caldi<br />

dove è nata. Ha carni grasse e gustose, dal sapore<br />

molto delicato, purché pescata in acque<br />

non stagnanti tra ottobre e maggio, ma, essendo<br />

allevata, si trova tutto l'anno sul mercato. Gli<br />

esemplari più grossi (l<strong>un</strong>ghi fino a <strong>un</strong> metro e<br />

mezzo, del peso di oltre 5 kg) sono chiamati<br />

capitoni, benché siano femmine, e hanno <strong>un</strong><br />

ruolo rituale nei pasti <strong>della</strong> vigilia di Natale nelle<br />

regioni dell’Italia centro-meridionale. Con i flussi<br />

migratori interni degli ultimi cinquanta anni, tali<br />

usanze rituali si sono diffuse anche in Lombardia,<br />

affiancandosi alle preparazioni tradizionali<br />

dell’area lacustre padana. Tipicamente lombarde<br />

sono le anguille alla moda di Borgo Ticino,<br />

cotte in <strong>un</strong> fondo a base di barbera, cui può essere<br />

aggi<strong>un</strong>to qualche pomodoro e allora si definiscono<br />

in umido o anche alla pescatora; le<br />

anguille alla rivierasca, in cartoccio con timo e<br />

limone, <strong>della</strong> zona dell’Iseo; le anguille con piselli<br />

e quelle con i f<strong>un</strong>ghi (Como-Brescia); le<br />

anguille cont i fasoeu dei Navigli milanesi. Si rifanno<br />

alla cultura sei-settecentesca le anguille<br />

arrosto, con sughetto al vino bianco e quelle in<br />

fricassea con salsa d’uovo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


ANGUILLE ALLA GARDESANA<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

355 14,1 33,1 0,2 467 0 0,0


BOLLITO MISTO<br />

Costituisce, in tutta la Lombardia come nel Piemonte, <strong>un</strong> piatto a sé e non <strong>un</strong> ripiego per utilizzare<br />

le carni servite a preparare il brodo. E’ invece il brodo ad essere <strong>un</strong> residuo <strong>della</strong> carne,<br />

che viene preparata scegliendo tra i tagli pregiati, com<strong>un</strong>emente non destinati a lesso.<br />

Preparazione per 12 porzioni<br />

Tipologia: Carni<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 240 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura<br />

Utensili:<br />

pentola grande<br />

Ingredienti:<br />

POLPA DI MANZO (1.5 kg: codone, scamone,<br />

cappello da prete, brione), BIANCOSTATO DI<br />

MANZO (1 kg), TESTINA DI VITELLO (500 g),<br />

PIEDINO DI VITELLO (500 g), COTECHINO<br />

(n.1), CAPPONE (n.1), CAROTE (n.2), SEDANO<br />

(2 coste), CIPOLLE (n.2), SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mettere sul fuoco <strong>un</strong>a pentola molto grande<br />

con circa 3 litri di acqua; salarla e aggi<strong>un</strong>gere<br />

le verdure mondate e lavate<br />

• Quando l'acqua bolle aggi<strong>un</strong>gere le carni nel<br />

seguente ordine e considerando i diversi<br />

tempi di cottura: il manzo, il piedino, il cappone,<br />

la testina e infine il cotechino precedentemente<br />

cotto a parte e sgrassato<br />

• Se durante la prol<strong>un</strong>gata cottura (3-4 ore)<br />

l'acqua dovesse consumarsi troppo, aggi<strong>un</strong>gerne<br />

altra già bollente<br />

• Una volta cotta, la carne va tagliata a fette<br />

piuttosto alte, spolverizzata di sale grosso e<br />

bagnata con qualche cucchiaio di brodo bollente.<br />

Note: le regole del buon bollito<br />

Nei suoi ricettari, Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi ha tentato<br />

più volte di codificare le procedure per <strong>un</strong><br />

buon bollito misto rispettoso <strong>della</strong> tradizione;<br />

procedure che potrebbero sintetizzarsi nelle seguenti<br />

regole:<br />

• Tutte le carni e le verdure devono essere<br />

messe a cuocere nella stessa pentola, le prime<br />

a freddo, aggi<strong>un</strong>gendole progressivamente a<br />

seconda dei tempi di cottura.<br />

• Indicativamente, la cottura si protrae 3 ore<br />

per il manzo e lo zampetto, 2 ore e 1/2 per il<br />

cappone, 2 ore per la testina; il cotechino e le<br />

salsicche si cuociono a parte ed entrano nella<br />

pentola com<strong>un</strong>e, a seconda <strong>della</strong> grossezza, da<br />

1 ora a 1/2 ora prima del termine <strong>della</strong> cottura.<br />

• L’acqua deve appena coprire la carne e va<br />

aggi<strong>un</strong>ta bollente mano a mano che si consuma;<br />

l’ebollizione dovrà rimanere sempre tranquilla,<br />

per non impoverire la carne.<br />

• La carne di manzo, considerata la principale<br />

del bollito, deve provenire da bestia matura,<br />

che abbia lavorato almeno <strong>un</strong> anno, ma che sia<br />

stata fatta riposare almeno sei mesi prima <strong>della</strong><br />

macellazione. Va steccata con pancetta e con<br />

<strong>un</strong>a fettina d’aglio.<br />

• Il bollito si serve tagliato a fette spesse,<br />

spolverato di sale, dopo avervi versato sopra<br />

qualche cucchiaiata di brodo bollente ristretto,<br />

che ha la consistenza quasi di <strong>un</strong>a salsa.<br />

Varianti:<br />

I tagli di manzo più indicati, oltre alla sp<strong>un</strong>tatura<br />

di petto (cioè il biancostato) sono il codone,<br />

lo scamone, il cappello del prete, il brione. Talvolta<br />

invece del cotechino è preferito lo zampone;<br />

altre volte è aggi<strong>un</strong>ta <strong>un</strong>a lingua (salmistrata<br />

o meno). Il cappone può essere ripieno e addirittura<br />

accompagnato da <strong>un</strong>a gallina. La cipolla<br />

può essere picchettata con due chiodi di garofano.<br />

Abbinamenti:<br />

Si serve tradizionalmente con contorno di spinaci<br />

al burro, purè di patate, sottaceti, mostarda<br />

di Cremona, rafano grattugiato, oppure<br />

semplicemente con verdure di stagione o patate<br />

bollite. Frequente l’accostamento a <strong>un</strong>a buona<br />

salsa verde, preparata con filetti di acciuga, cetriolini<br />

sott’aceto, <strong>un</strong>a patata lessa, <strong>un</strong>o spicchio<br />

d’aglio e <strong>un</strong> pezzetto di cipolla, olio e sale.<br />

Si abbina con vini dalla struttura forte e ingenua,<br />

Barbera o Bonarda dell’Oltrepò, oppure<br />

Sassella valtelllinese appena imbottigliato.<br />

L’ingrediente: il lesso e i suoi derivati<br />

Le quantità di carne indicate per <strong>un</strong> bollito tradizionale<br />

rispecchiano l’essenza <strong>della</strong> economia<br />

familiare <strong>della</strong> famiglia patriarcale borghese,<br />

che <strong>un</strong>a volta al giorno si ri<strong>un</strong>iva attorno alla tavola<br />

imbandita per ritrovare, nella consumazione<br />

com<strong>un</strong>e di grandi quantità di cibo, il seme<br />

<strong>della</strong> propria coesione culturale. Oggi, anche riducendo<br />

a metà le dosi indicate, la famiglia mononucleare<br />

di 3-4 persone avrebbe bisogno di<br />

diversi giorni per smaltire i vari tagli di carne: il<br />

bollito misto, insomma, è rimasto specialità da<br />

ristorante o da osteria. Il bollito può riacquistare<br />

fascino nei due sottoprodotti che<br />

inevitabilmente ne derivano: il brodo e le<br />

polpette. Il brodo, più propriamente <strong>un</strong><br />

consommé (o consumato, come scriveva il<br />

Dubini), spesso e scuro, base indispensabile per<br />

ogni risotto: deve essere all<strong>un</strong>gato con acqua<br />

per poterne fare minestre. Le polpette, risorsa<br />

inesauribile dell’antica <strong>cucina</strong>, in cui tutte le<br />

carni e le verdure mischiano i propri sapori<br />

dietro gli stimoli olfattivi dell’aglio e del prezzemolo.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


BOLLITO MISTO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

846 96,8 50,2 1,7 1144 336 0,7


CAROTE AL BURRO<br />

Un contorno così essenziale, da sembrare quasi il frutto dell’artificio di <strong>un</strong> maître dei nostri<br />

giorni votato alla purezza creativa; ma anche così diffuso in tutto il territorio padano, da rappresentare<br />

<strong>un</strong> vero e proprio archetipo alimentare, apprezzato oggi come lo era già alla fine<br />

del Settecento.<br />

Preparazione per 4 porzioni<br />

Tipologia: Vegetali ed uova<br />

Stagionalità: Tutto l’anno<br />

Difficoltà: Minima<br />

Tempo di esecuzione: 45 minuti<br />

Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura,<br />

Stufatura<br />

Utensili:<br />

Casseruola, schiumarola, pa<strong>della</strong>.<br />

Ingredienti:<br />

CAROTE (n. 6, di media dimensione), SALE (q.<br />

b.), ERBE AROMATICHE (<strong>un</strong> mazzetto), BURRO<br />

(80 g), PEPE (q. b.), ERBE FINI (prezzemolo,<br />

cerfoglio, dragoncello e erba cipollina: <strong>un</strong> pizzico),<br />

BRODO DI MANZO (2-3 cucchiai).<br />

Esecuzione:<br />

• Pulire le carote, raschiandone la superficie<br />

con <strong>un</strong> coltello, sciacquarle e lessare in acqua<br />

bollente salata col mazzetto di erbe aromatiche.<br />

• Toglierle dalla casseruola con la schiumarola,<br />

facendole sgocciolare per bene.<br />

• Tagliare ogni carota in otto parti (prima <strong>un</strong><br />

taglio trasversale e poi due a croce per il<br />

l<strong>un</strong>go) e fare insaporire i bastoncini così ottenuti<br />

in <strong>un</strong>a pa<strong>della</strong> con le erbe fini e con il<br />

burro, avendo cura che questo frigga appena..<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong>a spolverata di pepe, e sale se<br />

fosse necessario, rigirando spesso, per <strong>un</strong>a<br />

decina di minuti.<br />

• Deglassare con il brodo, lasciar ritirare e servire<br />

le carote con la salsa così formata.<br />

Note: spazzolina o limone antiossidante<br />

La superficie delle carote, <strong>un</strong>a volta raschiata<br />

con il coltello, si ossida facilmente e il bel colore<br />

giallo arancione si ricopre di zone più scure.<br />

Quando devono essere presentate intere o in<br />

porzioni riconoscibili, è consigliabile immergerle<br />

nell’acqua bollente non appena pulite, evitando<br />

di lasciarle all’aria. Se invece ciò non fosse possibile,<br />

si può ovviare all’inconveniente immergendole<br />

in acqua acidulata con limone, oppure<br />

pulire senza raschiarle con il coltello, semplicemente<br />

ripassandole sotto l’acqua corrente con<br />

<strong>un</strong>a spazzolina dalla setole piuttosto rigide. In<br />

questo modo, soprattutto se devono essere<br />

consumate crude, si conserva loro per intero<br />

l’apporto vitaminico <strong>della</strong> buccia.<br />

Varianti:<br />

Oggi ci si attiene spesso a <strong>un</strong>a preparazione<br />

semplificata, che esclude l’uso delle erbe fini e<br />

la stufatura finale. Nei ricettari del passato, almeno<br />

fino all’epoca <strong>della</strong> prima Guerra Mondiale<br />

non è rara l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> cucchiaio di farina, o<br />

di <strong>un</strong> mezzo bicchiere di panna o latte, o di <strong>un</strong><br />

rosso d’uovo per ispessire la salsa. Nell’Ottocento<br />

era anche diffuso l’impiego di spezie,<br />

come la cannella. Appare legata a questa tipologia<br />

anche l’aggi<strong>un</strong>ta di <strong>un</strong> po’ di salsiccia sbriciolata<br />

al momento <strong>della</strong> frittura nel burro.<br />

Abbinamenti:<br />

Può affiancare qualsiasi piatto di arrosto o di<br />

pesce alla griglia o al forno, com<strong>un</strong>que cotto<br />

senza pomodoro. Vino bianco (Oltrepò Pavese<br />

Riesling DOC) o rosso, a seconda<br />

dell’accostamento.<br />

L’ingrediente: la carota<br />

La carota (Daucus carota) è <strong>un</strong> ortaggio <strong>della</strong><br />

famiglia <strong>della</strong> Umbrellifere, spontanea in tutta<br />

Europa, di cui si consuma la radice fusiforme,<br />

che ha polpa soda e croccante, di sapore dolce.<br />

Conosciuta e utilizzata fin dall’antichità per il suo<br />

alto valore nutritivo, dovuto alla ricchezza di<br />

zuccheri, è stata selezionata e resa idonea alle<br />

necessità <strong>della</strong> coltivazione soltanto a partire dal<br />

XVI secolo. Oggi se ne distinguono, commercialmente<br />

di tre tipi principali: le carote novelle,<br />

di piccole dimensioni, ottime se consumate crude;<br />

le carote di medie dimensioni, ideali per<br />

preparazioni del tipo di quella qui presentata;<br />

quelle grandi o extra (con peso medio di 150 g),<br />

utilizzabili per le minestre, per i sughi, per gli<br />

stufati e per tutti quei piatti che richiedano cotture<br />

piuttosto prol<strong>un</strong>gate. Di modesto valore calorico<br />

(42 kcal/100g), le carote contengono apprezzabili<br />

quantità di amido (che dopo cottura<br />

impartisce proprietà leganti ed assorbenti verso<br />

i condimenti) e, soprattutto, sono ricche in calcio,<br />

ferro, magnesio, vitamine del gruppo B e<br />

vitamina A, o meglio, del suo precursore, il carotene.<br />

<strong>Per</strong> questa ragione, le carote sono ormai<br />

<strong>un</strong>o stereotipo <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> dietetica.<br />

Nella <strong>cucina</strong> tradizionale le carote sono impiegate<br />

soprattutto come aromatizzanti ed entrano,<br />

con questa f<strong>un</strong>zione, in quasi tutti i soffritti importanti<br />

e in svariati tipi di minestre e di minestroni.<br />

Come piatto a sè si consumano in insalata,<br />

sia crude che lessate. Nell’Ottocento ebbero<br />

<strong>un</strong>a qualche diffusione le carote glassate nello<br />

zucchero, oggi riscoperte dalla <strong>cucina</strong> creativa.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


CAROTE AL BURRO<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

214 2,5 17,5 12,3 542 50 4,8


PAN DE MEJ<br />

Pan de mein, de meitt, pandemèinn (cioè pane di miglio) o anche paniga (sambuco) per i fiori<br />

di questa pianta con cui viene decorato. Il nome ricorda l’ingrediente che fino al XVII secolo<br />

era impiegato ordinariamente nella panificazione e nella preparazione di dolci rustici. Nelle<br />

ricette pubblicate dal ‘700 in poi, l’ingrediente principale risulta sempre la farina di mais.<br />

Preparazione per 6 porzioni<br />

Tipologia: Dolci<br />

Stagionalità: Tutto l'anno<br />

Difficoltà: Modesta<br />

Tempo esecuzione: 120 minuti<br />

Tecnica di cottura: Cottura in forno<br />

Utensili:<br />

setaccio, zuppiera, tovagliolo, placca da forno<br />

Ingredienti:<br />

FARINA GIALLA A GRANA FINE (200 g), FARINA<br />

GIALLA A GRANA GROSSA (100 g), FARINA<br />

BIANCA (150 g), BURRO (150 g), ZUCCHERO<br />

(100 g), LIEVITO DI BIRRA (15 g), UOVA (n.3),<br />

LATTE (q.b.), FIORI DI SAMBUCO (3 cucchiaini),<br />

ZUCCHERO VANIGLIATO (q.b.), OLIO (q.b.),<br />

SALE (q.b.)<br />

Esecuzione:<br />

• Mescolare insieme le tre farine e poi setacciarle<br />

sulla spianatoia<br />

• Aggi<strong>un</strong>gere <strong>un</strong> pizzico di fiori di sambuco, <strong>un</strong><br />

po' di sale, lo zucchero, le uova e il burro fatto<br />

prima fondere<br />

• Mescolare con cura e <strong>un</strong>ire il lievito sciolto<br />

con poco latte tiepido<br />

• Impastare bene gli ingredienti <strong>un</strong>endo, se<br />

necessario, altro latte<br />

• Fare con la pasta <strong>un</strong>a palla, metterla in <strong>un</strong>a<br />

zuppiera, coprirla con <strong>un</strong> tovagliolo e lasciarla<br />

lievitare per <strong>un</strong>'ora in luogo tiepido<br />

• Trascorso questo tempo, <strong>un</strong>gere con olio <strong>un</strong>a<br />

placca da forno e spolverizzarla con farina<br />

bianca<br />

• Fare con la pasta tante pagnottine lievemente<br />

schiacciate, di circa 10 cm di diametro e<br />

metterle sulla placca tenendole distanziate<br />

perché cuocendo tendono ad allargarsi<br />

• Cospargere i pani con <strong>un</strong> po' di zucchero vanigliato<br />

e fiori di sambuco<br />

• Cuocerli in forno caldo (190° C) per 30 min.<br />

Note: a far la frolla gialla<br />

Questo dolce rustico, come altri diffusi ov<strong>un</strong>que<br />

nel territorio lombardo (la sbrisulona mantovana,<br />

la torta di polenta del Varesotto, il melegòt<br />

cremonese ecc.) non è che <strong>un</strong>a sorta di pasta<br />

frolla ottenuta con miscele variamente proporzionate<br />

di farina di mais e di frumento. Nei ricettari<br />

più antichi, infatti, non è previsto l’uso<br />

del lievito, che invece compare quasi regolarmente<br />

nelle ricette fissate in periodi più recenti,<br />

per rendere il prodotto più leggero e meno friabile.<br />

Trattandosi di pasta frolla è consigliabile tentare<br />

di legare la farina aumentando leggermente la<br />

quantità di burro, senza usare uova, oppure con<br />

i soli tuorli, per evitare l’indurimento <strong>della</strong> pasta.<br />

La cottura va condotta a fuoco medio (mai<br />

superiore ai 190°) per impedire sgradevoli<br />

sbruciacchiamenti <strong>della</strong> crosta esterna.<br />

Varianti:<br />

A parte l’uso del lievito e le variazioni sul tema<br />

<strong>della</strong> pasta frolla esposte nella nota precedente,<br />

le differenze fra le varie formulazioni di questa<br />

ricetta sono relative alle proporzioni tra la quantità<br />

di farina bianca e gialla (nelle due macinature,<br />

a grana fine e a grana grossa), con oscillazioni<br />

talvolta anche del 50%. La scorza di limone<br />

e la vaniglia (o zucchero vanigliato) sono<br />

opzionali. Si preparano <strong>un</strong> po’ ov<strong>un</strong>que, secondo<br />

la stessa ricetta, dolcetti di pan de mej,<br />

chiamati meini fini, di pezzatura inferiore ai 100<br />

grammi. Talvolta non compare la panigada, e<br />

allora si parla di meini greggi.<br />

Abbinamenti:<br />

I greggi e i fini sono ottimi con il latte per colazione,<br />

ma reggono bene anche il ruolo di rompidigi<strong>un</strong>o<br />

sia al mattino (meglio di qualsiasi merendina<br />

industriale) che al pomeriggio con il tè.<br />

A fine pranzo, <strong>un</strong>a fettina di torta può essere<br />

servita alla maniera antica, con panera montata<br />

e castagne lesse, accompagnata da vino dolce o<br />

passito. Una volta si usava il vin del tecc, oggi si<br />

può fare ricorso a <strong>un</strong>o Sforzato valtellinese con<br />

<strong>un</strong> buon affinamento in bottiglia.<br />

L’ingrediente: il sambuco<br />

E’ <strong>un</strong> arbusto delle Caprifoliacee (Sambucus nigra),<br />

dal fusto ricco di midollo, considerato com<strong>un</strong>emente<br />

infestante. Ha fiori bianchi dall’odore<br />

penetrante, ri<strong>un</strong>iti in cime ombrelliformi,<br />

cui seguono drupe di piccole dimensioni e di colore<br />

nero o rosso. Fiori e frutti sono usati, sino<br />

dal tempo dei Latini, per preparati medici (tisane)<br />

e alimentari; in particolare ai frutti maturi<br />

(ottimi coloranti naturali) è riconosciuta ancora<br />

oggi <strong>un</strong>a leggera azione lassativa. Nella tradizione<br />

<strong>lombarda</strong>, con i fiori, oltre ai dolci, si prepara<br />

<strong>un</strong>a sorta di focaccia salata, impastata con<br />

strutto e sale, che pare diretta erede delle frictelle<br />

de sambugo e delle frittate già descritte nei<br />

ricettari padani del Medioevo, e che ancora si<br />

preparano specialmente nelle zone alpine. Maestro<br />

Martino da Como vi preparava <strong>un</strong>a speziatissima<br />

minestra in brodo. Con i frutti da soli<br />

o miscelati a frutti di bosco nella proporzione<br />

del 50%, si prepara <strong>un</strong>a marmellata, indicata<br />

per la ricopertura delle crostate.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo


PAN DE MEJ<br />

Valore Nutritivo (per porzione)<br />

Energia (kcal) Proteine (g) Lipidi (g) Glucidi (g) Sodio (mg)<br />

Colesterolo<br />

(mg)<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Garda e Iseo<br />

Fibra (g)<br />

576 11,1 26,6 77,9 173 160 2,3


Indice delle formulazioni (per zona)<br />

Nome Zona pag<br />

Bresaola condita Sondrio e Valli 34<br />

Pizzoccheri alla valtellinese Sondrio e Valli 36<br />

Riso e rape col polmone Sondrio e Valli 38<br />

Sciatt Sondrio e Valli 40<br />

Frittata con ortiche Sondrio e Valli 42<br />

Castagne e verze Sondrio e Valli 44<br />

Umido di cervo Sondrio e Valli 46<br />

Lepre in crostata Sondrio e Valli 48<br />

Polenta e gras pesta' Bergamo e Valli 52<br />

Strangolapreti Bergamo e Valli 54<br />

Polenta e osei Bergamo e Valli 56<br />

Ravioli con ortiche e salsa di<br />

noci<br />

Bergamo e Valli 58<br />

Casonsei Bergamo e Valli 60<br />

Margottini alla bergamasca Bergamo e Valli 62<br />

Coniglio in sguazzetto alla<br />

cassanese<br />

Bergamo e Valli 64<br />

Frittata alle erbe fini Bergamo e Valli 66<br />

Tucch e regell Como e Lario 70<br />

Risotto con filetti di pesce Como e Lario 72<br />

persico<br />

Paté di cavedano con gelatina Como e Lario 74<br />

Missoltini Como e Lario 76<br />

Pesce in carpione Como e Lario 78<br />

Rusumada Como e Lario 80<br />

Cutizza Como e Lario 82<br />

Miascia Como e Lario 84<br />

Riso e luganega Lecco e Brianza 88<br />

Urgiada o Oriada Lecco e Brianza 90<br />

Of in cereghin Lecco e Brianza 92<br />

Lumache trifolate Lecco e Brianza 94<br />

Manzo alla California Lecco e Brianza 96<br />

Agnello alla valsassinese Lecco e Brianza 98<br />

More di gelso cotte Lecco e Brianza 100<br />

Zuppa di ciliegie e marasche Lecco e Brianza 102<br />

Riso in cagnone Varese e Ticino 106<br />

Ris e erborin Varese e Ticino 108<br />

Cappelle di porcini in frasca Varese e Ticino 110<br />

Rostisciada Varese e Ticino 112<br />

Stufato d'asino Varese e Ticino 114<br />

Bruscitt Varese e Ticino 116<br />

Cupett di Busto Varese e Ticino 118<br />

Mostazzit Varese e Ticino 120<br />

Pancotto Milano 126<br />

Minestrone alla milanese Milano 128<br />

Risotto alla milanese Milano 130<br />

Buseca alla milanese Milano 132<br />

Cassoeula Milano 134<br />

Ossobuco alla milanese Milano 136<br />

Cotoletta alla milanese Milano 138<br />

Vitell toné Milano 140<br />

Nervetti in insalata Milano 142<br />

Fritto misto alla milanese Milano 144<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Nome Zona pag<br />

Polpette di verza<br />

Milano<br />

146<br />

Asparagi alla milanese Milano 148<br />

Charlotte alla milanese Milano 150<br />

Panettone Milano 152<br />

Riso e latte Lodigiano 156<br />

Fegato alla lodigiana Lodigiano 158<br />

Pollina alla lodigiana Lodigiano 160<br />

Zucchine ripiene alla<br />

viscontea<br />

Lodigiano 162<br />

Frittata di pomodori Lodigiano 164<br />

Cipolle all'aceto Lodigiano 166<br />

Crema lodigiana Lodigiano 168<br />

Tortionata Lodigiano 170<br />

Risotto alla certosina Pavia e Lomellina 174<br />

Pinoli alla ricotta Pavia e Lomellina 176<br />

Zuppa alla pavese Pavia e Lomellina 178<br />

Rane fritte Pavia e Lomellina 180<br />

Oca con le verze Pavia e Lomellina 182<br />

Anatra con le lenticchie Pavia e Lomellina 184<br />

Peverada Pavia e Lomellina 186<br />

Fagiolini alla panna Pavia e Lomellina 188<br />

Pantrid maridaa Cremona e Cremasco 192<br />

Riso e zucca Cremona e Cremasco 194<br />

Marubini in brodo Cremona e Cremasco 196<br />

Fiori di zucca ripieni<br />

all'ortolana<br />

Cremona e Cremasco 198<br />

Cotenne con fagioli all’occhio Cremona e Cremasco 200<br />

Parmigiana di bietole Cremona e Cremasco 202<br />

Salsa agrodolce per lesso Cremona e Cremasco 204<br />

Dolce di granoturco Cremona e Cremasco 206<br />

Risotto alla pilota Mantova 210<br />

Tortelli di zucca Mantova 212<br />

Timballo di fettuccine con<br />

piccione<br />

Mantova 214<br />

Maccheroni alla Gonzaga Mantova 216<br />

Bigoli con le sardelle Mantova 218<br />

Stracotto di bue alla<br />

mantovana<br />

Mantova 220<br />

Mostarda mantovana Mantova 222<br />

Torta sbrisolona Mantova 224<br />

Polenta con la salvia Brescia 228<br />

Gnocchi di patate Brescia 230<br />

Risotto alla pitocca Brescia 232<br />

Minestra mariconda Brescia 234<br />

Gamberi di fiume con patate Brescia 236<br />

Piccioni farciti alla bresciana Brescia 238<br />

<strong>Per</strong>sicata Brescia 240<br />

Bossola’ Brescia 242<br />

Bardele coi marai Garda e Iseo 246<br />

Risotto con le tinche Garda e Iseo 248<br />

Frittura di alborelle Garda e Iseo 250<br />

Trota coi f<strong>un</strong>ghi Garda e Iseo 252<br />

Anguille alla gardesana Garda e Iseo 254<br />

Bollito misto Garda e Iseo 256<br />

Carote al burro Garda e Iseo 258<br />

Pan de mej Garda e Iseo 260<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Indice delle formulazioni (per tipologia)<br />

1. Antipasti (pag.)<br />

Bresaola condita 34<br />

Margottini alla bergamasca 62<br />

Nervetti in insalata 142<br />

Paté di cavedano con gelatina 74<br />

Pesce in carpione 78<br />

Sciatt 40<br />

2. Primi piatti in brodo<br />

Marubini in brodo 196<br />

Minestra mariconda 234<br />

Minestrone alla milanese 128<br />

Pancotto 126<br />

Pantrid maridaa 192<br />

Ris e erborin 108<br />

Riso e latte 156<br />

Riso e rape col polmone 38<br />

Riso e zucca 194<br />

Urgiada o Oriada 90<br />

Zuppa alla pavese 178<br />

3. Primi piatti asciutti<br />

Bardele coi marai 246<br />

Bigoli con le sardelle 218<br />

Casonsei 60<br />

Gnocchi di patate 230<br />

Maccheroni alla Gonzaga 216<br />

Pinoli alla ricotta 176<br />

Polenta con la salvia 228<br />

Polenta e gras pesta' 52<br />

Ravioli con ortiche e salsa di 58<br />

noci<br />

Riso e luganega 88<br />

Riso in cagnone 106<br />

Risotto alla milanese 130<br />

Risotto alla pilota 210<br />

Strangolapreti 54<br />

Tortelli di zucca 212<br />

4. Piatti <strong>un</strong>ici<br />

Buseca alla milanese 132<br />

Cassoeula 134<br />

Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />

Polenta e osei 56<br />

Risotto alla certosina 174<br />

Risotto alla pitocca 232<br />

Risotto con filetti di pesce persico 72<br />

Risotto con le tinche 248<br />

Timballo di fettuccine con piccione 214<br />

Tucch e regell 70<br />

5. Carni<br />

Agnello alla valsassinese 98<br />

Anatra con le lenticchie 184<br />

Bollito misto 256<br />

Bruscitt 116<br />

Coniglio in sguazzetto alla 64<br />

cassanese<br />

Cotoletta alla milanese 138<br />

Fegato alla lodigiana<br />

158<br />

Lepre in crostata<br />

(pag.)<br />

48<br />

Manzo alla California 96<br />

Oca con le verze 182<br />

Ossobuco alla milanese 136<br />

Piccioni farciti alla bresciana 238<br />

Pollina alla lodigiana 160<br />

Rostisciada 112<br />

Stracotto di bue alla mantovana 220<br />

Stufato d'asino 114<br />

Umido di cervo 46<br />

Vitell toné 140<br />

6. Pesce<br />

Anguille alla gardesana 254<br />

Gamberi di fiume con patate 236<br />

Frittura di alborelle 250<br />

Lumache trifolate 94<br />

Rane fritte 180<br />

Missoltini 76<br />

Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />

7. Vegetali ed uova<br />

Asparagi alla milanese 148<br />

Cappelle di porcini in frasca 110<br />

Carote al burro 258<br />

Castagne e verze 44<br />

Cipolle all'aceto 166<br />

Cotenne con fagioli dell’occhio 200<br />

Fagiolini alla panna 188<br />

Fiori di zucca ripieni all'ortolana 198<br />

Frittata alle erbe fini 66<br />

Frittata con ortiche 42<br />

Frittata di pomodori 164<br />

Fritto misto alla milanese 144<br />

Of in cereghin 92<br />

Parmigiana di bietole 202<br />

Polpette di verza 146<br />

Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />

8. Salse<br />

Mostarda mantovana 222<br />

Peverada 186<br />

Salsa agrodolce per lesso 204<br />

9. Dolci, Dessert e Merende<br />

Bossola’ 242<br />

Charlotte alla milanese 150<br />

Crema lodigiana 168<br />

Cupett di Busto 118<br />

Cutizza 82<br />

Dolce di granoturco 206<br />

Miascia 84<br />

More di gelso cotte 100<br />

Mostazzit 120<br />

Pan de mej 260<br />

Panettone 152<br />

<strong>Per</strong>sicata 240<br />

Rusumada 80<br />

Torta sbrisolona 224<br />

Tortionata 170<br />

Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Indice delle annotazioni per ingrediente<br />

Ingrediente Formulazione pag<br />

Aceto<br />

Salsa agrodolce per lesso 204<br />

Aglio Riso in cagnone 106<br />

Agnello e capretto Agnello alla valsassinese 98<br />

Agoni Missoltini 76<br />

Alborella Pesce in carpione 78<br />

Amarene Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />

Amaretti Lepre in crostata 48<br />

Anatra e uccelli d'acqua Anatra con le lenticchie 184<br />

Anguilla Anguille alla gardesana 254<br />

Asino e cavallo Stufato d'asino 114<br />

Asparagi Asparagi alla milanese 148<br />

Bietole Parmigiana di bietole 200<br />

Borragine Bardele coi marai 246<br />

Bresaola Bresaola condita 34<br />

Brodo Ris e erborin 108<br />

Burro Tortionata 170<br />

Carne da stracotto Stracotto di bue alla mantovana 220<br />

Carote Carote al burro 258<br />

Castagna Castagne e verze 44<br />

Cavedano Paté di cavedano con gelatina 74<br />

Cipolla Cipolle all'aceto 166<br />

Coniglio Coniglio in sguazzetto alla cassanese 64<br />

Cotenne Cotenne con fagioli dell’occhio 198<br />

Erbe dimenticate Frittata con ortiche 42<br />

Erbette e coste Strangolapreti 54<br />

Fagioli Minestrone alla milanese 128<br />

Farciture per pasta Marubini in brodo 196<br />

Farina bianca Bossola’ 242<br />

Fegato Fegato alla lodigiana 158<br />

Formaggio in <strong>cucina</strong> Tucch e regell 70<br />

Formaggio valtellinese Sciatt 40<br />

Frutta candita Panettone 152<br />

F<strong>un</strong>ghi Cappelle di porcini in frasca 110<br />

Gamberi d'acqua dolce Gamberi di fiume con patate 236<br />

Gnocchi Minestra mariconda 234<br />

Grana padano Pancotto 126<br />

Grano saraceno Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />

Granoturco Dolce di granoturco 206<br />

Interiora nobili Fritto misto alla milanese 144<br />

Interiora povere Buseca alla milanese 132<br />

Latte Riso e latte 156<br />

Latte vs. panna Manzo alla California 96<br />

Lesso e suoi derivati Bollito misto 256<br />

Limone Ossobuco alla milanese 136<br />

Lumaca Lumache trifolate 94<br />

Maiale Rostisciada 112<br />

Maionese Vitell toné 140<br />

Mandorle Torta sbrisolona 224<br />

Mascarpone Crema lodigiana 168<br />

Mele e pere Charlotte alla milanese 150<br />

Miele Cupett di Busto 118<br />

More di gelso More di gelso cotte 100<br />

Mosto Mostazzit 120<br />

Noci Ravioli con ortiche e salsa di noci 58<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Ingrediente Formulazione pag<br />

Oca<br />

Oca con le verze<br />

182<br />

Olio d'oliva Frittura di alborelle 250<br />

Orzo Urgiada o Oriada 90<br />

Pane raffermo Miascia 84<br />

Pangrattato Pantrid maridaa 192<br />

Panna Fagiolini alla panna 188<br />

Pasta Timballo di fettuccine con piccione 214<br />

Patate Gnocchi di patate 230<br />

Pepe nero e peperoncino Peverada 186<br />

Pesce di mare fresco e salato Bigoli con le sardelle 218<br />

Pesce persico Risotto con filetti di pesce persico 72<br />

Pesche <strong>Per</strong>sicata 240<br />

Piccione Piccioni farciti alla bresciana 238<br />

Piedino Nervetti in insalata 142<br />

Pollo Risotto alla pitocca 232<br />

Pomodoro Frittata di pomodori 164<br />

Rana Rane fritte 180<br />

Rapa Riso e rape col polmone 38<br />

Ricotta Pinoli alla ricotta 176<br />

Ripieno Fiori di zucca ripieni all'ortolana 202<br />

Riso Riso e zucca 194<br />

Salamella Risotto alla pilota 210<br />

Salsiccia Riso e luganega 88<br />

Salvia Polenta con la salvia 228<br />

Sambuco Pan de mej 260<br />

Selvaggina da pelo Umido di cervo 46<br />

Senape Mostarda mantovana 222<br />

Tacchino Pollina alla lodigiana 160<br />

Tartufo Margottini alla bergamasca 62<br />

Tinca Risotto con le tinche 248<br />

Trota Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />

Uovo Rusumada 80<br />

Uva passa Maccheroni alla Gonzaga 216<br />

Verza Polpette di verza 146<br />

Vino nei cibi Bruscitt 116<br />

Vitello Cotoletta alla milanese 138<br />

Volaille minuta Polenta e osei 56<br />

Volaille vs. maiale Cassoeula 134<br />

Zafferano Risotto alla milanese 130<br />

Zucca Tortelli di zucca 212<br />

Zucchero Cutizza 82<br />

Zucchina Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Indice delle note<br />

Nota Formulazione pag<br />

Agrodolce<br />

Salsa agrodolce per lesso 204<br />

Alborella: <strong>un</strong> pesce duro e<br />

difficile<br />

Frittura di alborelle 250<br />

Amalgamare con pazienza Torta sbrisolona 224<br />

Ammollo dei legumi Cotenne con fagioli dell’occhio 198<br />

Asparagi cotti in piedi e serviti<br />

a raggiera<br />

Asparagi alla milanese 148<br />

Bardatura del tacchino Pollina alla lodigiana 160<br />

Bigoli fatti in casa Bigoli con le sardelle 218<br />

Biscotti al mosto Mostazzit 120<br />

Bossolà: il dolce dei tre<br />

impasti<br />

Bossola’ 242<br />

Brodo di pollo Risotto alla pitocca 232<br />

Caratterizzare il lesso Peverada 186<br />

Carne come fosse tonno Vitell toné 140<br />

Cassoeula d’oca Oca con le verze 182<br />

Castagne secche Castagne e verze 44<br />

Come si mangiano i missoltini Missoltini 76<br />

Conservazione con aceto Cipolle all'aceto 166<br />

Consistenza del pantrid Pantrid maridaa 192<br />

Costoletta di vitello Cotoletta alla milanese 138<br />

Cottura a fuoco lentissimo Stufato d'asino 114<br />

Cottura con lo stuin Bruscitt 116<br />

Cottura del minestrone Minestrone alla milanese 128<br />

Cottura del vino Zuppa di ciliegie e marasche 102<br />

Cottura delle salsicce Riso e luganega 88<br />

Croste e crostate Lepre in crostata 48<br />

Cuocere alla pietra Agnello alla valsassinese 98<br />

Cutizza, laciada e paradell Cutizza 82<br />

Dolci poveri Miascia 84<br />

Ebollizione del latte Dolce di granoturco 206<br />

Elogio <strong>della</strong> leggerezza e dei<br />

profumi<br />

Fiori di zucca ripieni all'ortolana 202<br />

Fegato e fegatelli Fegato alla lodigiana 158<br />

Fiammeggiare e pulire Piccioni farciti alla bresciana 238<br />

Foglia <strong>della</strong> bietola Parmigiana di bietole 200<br />

Forma degli strangolapreti Strangolapreti 54<br />

Forma dei casonsei Casonsei 60<br />

Formaggio e zucchero Crema lodigiana 168<br />

Freschezza delle uova Rusumada 80<br />

Frittata Frittata alle erbe fini 66<br />

Frolla gialla Pan de mej 260<br />

Frollatura delle carni Umido di cervo 46<br />

Frutta e zucchero <strong>Per</strong>sicata 240<br />

Gelso, baco e seta More di gelso cotte 100<br />

Gnocchi: <strong>un</strong> piatto<br />

interregionale<br />

Gnocchi di patate 230<br />

Guazzetti, limonie e fricassee Coniglio in sguazzetto alla cassanese 64<br />

Impastare la farina Ravioli con ortiche e salsa di noci 58<br />

Impasto di pane Minestra mariconda 234<br />

Lar<strong>della</strong>re Manzo alla California 96<br />

Lessare le patate Gamberi di fiume con patate 236<br />

Lievitazione <strong>della</strong> pastella Sciatt 40<br />

Limone e frittura Fritto misto alla milanese 144<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Nota Formulazione pag<br />

Mortaio e pestello<br />

Maccheroni alla Gonzaga 216<br />

Olio in Lombardia Polenta con la salvia 228<br />

Osso col buco Ossobuco alla milanese 136<br />

Pancott, pantrid e panada Pancotto 126<br />

Panettone: tre lievitazioni Panettone 152<br />

Parti residuali dell’anatra Anatra con le lenticchie 184<br />

Pasta brisée Timballo di fettuccine con piccione 214<br />

Patate farinose Pinoli alla ricotta 176<br />

Paté Paté di cavedano con gelatina 74<br />

Pelare i pomodori Frittata di pomodori 164<br />

Pesce in aceto Pesce in carpione 78<br />

Preparazione degli uccelletti Polenta e osei 56<br />

Preparazione dei nervetti Nervetti in insalata 142<br />

Preparazione dei pizzoccheri Pizzoccheri alla valtellinese 36<br />

Preparazione del riso in<br />

cagnone<br />

Riso in cagnone 106<br />

Preparazione delle bardele Bardele coi marai 246<br />

Pulire i porcini Cappelle di porcini in frasca 110<br />

Pulire il polmone Riso e rape col pomone 38<br />

Pulire le carote Carote al burro 258<br />

Pulizia <strong>della</strong> trippa Buseca alla milanese 132<br />

Qualità del brodo Ris e erborin 108<br />

Raccolta delle ortiche Frittata con ortiche 42<br />

Rane intere o solo cosce Rane fritte 180<br />

Recipienti di ghisa Stracotto di bue alla mantovana 220<br />

Recipienti di rame e canditi<br />

freschi<br />

Cupett di Busto 118<br />

Regole del buon bollito Bollito misto 256<br />

Risotto all’onda e al salto Risotto alla milanese 130<br />

Rito contadino Tucch e regell 70<br />

Rompere le uova e puciare Of in cereghin 92<br />

Salare a fine cottura Rostisciada 112<br />

Salsa bèchamel Zucchine ripiene alla viscontea 162<br />

Salse bianche Fagiolini alla panna 188<br />

Sapore di fango Risotto con le tinche 248<br />

Scelta <strong>della</strong> verza Polpette di verza 146<br />

Sfilettare il pesce Risotto con filetti di pesce persico 72<br />

Spellare l’anguilla Anguille alla gardesana 254<br />

Spurgare le lumache Lumache trifolate 94<br />

Squame sì, squame no Trota coi f<strong>un</strong>ghi 252<br />

Stagionatura <strong>della</strong> bresaola Bresaola condita 34<br />

Stampi e uova Margottini alla bergamasca 62<br />

Storia <strong>della</strong> charlotte Charlotte alla milanese 150<br />

Storia <strong>della</strong> mostarda Mostarda mantovana 222<br />

Tecniche di cottura del risotto<br />

alla certosina<br />

Risotto alla certosina 174<br />

Tipi di brodo Marubini in brodo 196<br />

Tortelli: <strong>un</strong> piatto da<br />

ricorrenza<br />

Tortelli di zucca 212<br />

Uova e zuppe Zuppa alla pavese 178<br />

Urgiada, furmentada e<br />

minestre povere<br />

Urgiada o Oriada 90<br />

Versioni <strong>della</strong> cassoeula Cassoeula 134<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Bibliografia<br />

[i testi seguiti da <strong>un</strong> asterisco (*) sono ancora reperibili in libreria]<br />

� Trattati storici<br />

1) Maestro Martino da Como, Libro de arte coquinaria (1450 c.a) ora in L’arte <strong>della</strong><br />

<strong>cucina</strong> in Italia, a cura di E. Faccioli, Torino, Einaudi, 1987, pp. 127-218 (*) e, a cura di<br />

E. Montorfano, Milano, Terziaria, 1990 (*).<br />

2) Bartolomeo Sacchi detto il Platina, De honesta voluptate et valetudine, Roma, 1474,<br />

ora in versione italiana con il titolo Il piacere onesto e la buona salute, a cura di E.<br />

Faccioli, Einaudi, Torino, 1985 (*).<br />

3) Pantaleone da Confienza, Summa lacticinorum, apud Iohannem Fabri, Thaurini 1477,<br />

ora tradotta come Trattato dei latticini (a cura di E. Faccioli), Milano, Grana Padano,<br />

1990 (*)<br />

4) Cristoforo Messisbugo, Banchetti, composizioni di vivande et apparecchio generale,<br />

presso Giovanni de Bughait e Antonio Hucher in Ferrara 1549, ora in edizione anastatica<br />

Bologna, Forni, 1974 (*) e, a cura di F. Bandini, Vicenza, Neri Pozza, 1992 (*).<br />

5) Bartolomeo Scappi, Opera dell’arte del <strong>cucina</strong>re, presso Michele Tramezzio, Venezia,<br />

1540 ora in edizione anastatica Bologna, Forni, 1981 (*).<br />

6) Bartolomeo Stefani, L’arte di ben <strong>cucina</strong>re, presso gli Osanna di Mantova 1662, ora in<br />

edizione anastatica Bologna, Forni, 1978 (*).<br />

7) Il cuoco milanese ridotto all’ultimo gusto e perfezione, in Milano nella Stamperia<br />

Sirtori 1791.<br />

8) [Antonio Odescalchi], Il cuoco senza pretese ossia la <strong>cucina</strong> facile ed economica, in<br />

Como presso Ostinelli 1826, la cui edizione Ostinelli 1836 è ora riproposta col titolo<br />

Ricette lombarde dell’800, Como, Pifferi Ed., 1989 (* Remanders).<br />

9) Giovan Felice Luraschi, Nuovo cuoco milanese economico, Milano, Tipografia Motta,<br />

1829. La terza ed. (Milano, Carrara, 1853) è ora in riproduzione anastatica Bologna,<br />

Forni, 1980 (*).<br />

10) [Angelo Dubini], La <strong>cucina</strong> degli stomachi deboli, Milano, 1842. L’edizione Milano, Tip.<br />

Bernardoni di C. Robeschini e C., 1898 è riproposta in Como, Pifferi Ed., 1990 (*<br />

Remanders).<br />

11) Giovanni Rajberti, L’arte di convitare spiegata al popolo, Milano, Bernardoni, 1850,<br />

ora parzialmente riprodotta in Tutte le opere, Milano, Gastoldi, 1964.<br />

12) Il cuoco milanese e la cuciniera piemontese, Milano, Pagnoni, 1859.<br />

13) Il cuoco milanese e la cuciniera lombardo veneta, Milano, 1863.<br />

14) Pellegrino Artusi, La scienza in <strong>cucina</strong> e l’arte di mangiar bene, 1891, ora in<br />

periodico reprint Gi<strong>un</strong>ti Marzocco (*) o nell’edizione a cura di P. Camporesi, Torino,<br />

Einaudi, 1974 (*).<br />

� Opere generali<br />

15) AA.VV., Atlante <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, Milano, Rizzoli, 1991 (*).<br />

16) AA.VV., Grande enciclopedia illustrata <strong>della</strong> gastronomia, Milano, Selezione del<br />

Reader’s Digest, 1990<br />

17) AA.VV., Dizionario di storia, Milano, Br<strong>un</strong>o Mondadori Il Saggiatore, 1993 (*).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


18) Massimo Alberini, Storia <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> italiana, Casale Monferrato, Piemme, 1992.<br />

19) Ada Boni (a cura), Cucina regionale italiana, Milano, Mondadori, 1975.<br />

20) Alberto Capatti e Massimo Montanari, La Cucina Italiana – Storia di <strong>un</strong>a cultura, Bari,<br />

Laterza Ed., 1999<br />

21) Luigi Carnacina e Vincenzo Buonassisi, Il libro <strong>della</strong> polenta, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello,<br />

1984.<br />

22) Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, La <strong>cucina</strong> rustica regionale, vol. 1, L’Italia<br />

settentrionale, Milano, Rizzoli, 1966 (*).<br />

23) Anna Gosetti <strong>della</strong> Salda, Le ricette regionali italiane, Milano, Solares, 1967, in<br />

riedizione (*).<br />

24) Gualtiero Marchesi, La <strong>cucina</strong> regionale italiana, Milano, Mondadori, 1989.<br />

25) Anna Martini, Vecchia e nuova <strong>cucina</strong> regionale italiana, Milano, Mondadori, 1982.<br />

26) Paolo Monelli, Il ghiottone errante, Viaggio gastronomico attraverso l’Italia,<br />

Milano, Treves, 1935.<br />

27) Massimo Montanari, Convivio, Bari-Roma, Laterza, 1989 (*).<br />

28) Massimo Montanari, Nuovo Convivio, Roma-Bari, Laterza, 1991 (*).<br />

29) Massimo Montanari, Convivio Oggi, Roma-Bari, Laterza, 1992 (*).<br />

30) Jean François Revel, 3000 anni a tavola (trad. G. Bogliolo), Milano, Rizzoli, 1979 (*<br />

Remanders).<br />

� Guide gastronomiche<br />

31) Touring Club Italiano, Guida gastronomica d’Italia, 1a edizione Milano 1931<br />

32) “Una guida delle gustose specialità gastronomiche e dei buoni vini italiani”,<br />

L’Albergo in Italia, gennaio 1929<br />

33) “La guida gastronomica d’Italia del T.C.I.”, Le Vie d’Italia, marzo 1931<br />

34) “L’Italia gastronomica, <strong>un</strong>a carta ... appetitosa”, L’Albergo in Italia, maggio 1932<br />

35) Touring Club Italiano, Guida all’Italia gastronomica, Testi di Massimo Alberini e<br />

Giorgio Mistretta, Milano 1984 (*).<br />

� Gastronomia <strong>lombarda</strong><br />

36) AA.VV., Antichi sapori. Ricettario <strong>della</strong> tradizione culinaria di Graffignana e del<br />

Lodigiano, G.C.P., Graffignana, 1998.<br />

37) AA.VV., Strade dei vini D.O.C. di Lombardia, Milano, Regione Lombardia e<br />

As.Co.Vi.Lo., 1999.<br />

38) AA.VV., Ricettario Lomellino, Pavia, Scuole El. Viadari e Palazzo Esposizione, 1990.<br />

39) Annalisa Alberici, Oltre il risotto, Milano, Editoriale del Drago, 1989 (*).<br />

40) Piero Antolini, Racconti e <strong>cucina</strong> di Valtellina, Padova, Muzzio, 1992 (*).<br />

41) Carlo Azimonti, Cucina bustocca, Busto Arsizio, I.A.G. Pellegatta, 1940.<br />

42) Maria Azzimonti Storti, Alc<strong>un</strong>e tradizioni cremonesi, Cremona, Tip. Betti e Busini,<br />

1925.<br />

43) Felice Bassani, El mangià di nost vecc a Com e Lecch, Merate, Bertoni, 1984 (*).<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


44) Fernando Bassi, Valtellina e Valchiavenna in tavola, Bormio, Alpinia, 1999.<br />

45) Vittorio Bottini, La <strong>cucina</strong> lodigiana, Lodi, Lodigraf, 1978.<br />

46) Franca Brambilla, Cucina e vini <strong>della</strong> Lombardia, Milano, Mursia, 1971.<br />

47) Gianni Brera e Luigi Veronelli, La pacciada. Mangiarebere in pianura padana, Milano,<br />

Mondadori, 1973.<br />

48) Gino Br<strong>un</strong>etti, Cucina mantovana di principi e di popolo, Mantova, Ist. Carlo D’Arco,<br />

1963.<br />

49) Piero Collina, Comaschi a tavola, Como, Ed. C:. Nani, 1972.<br />

50) Com<strong>un</strong>ità Montana <strong>della</strong> Valcuvia, La Valcuvia a tavola, Varese, ASK edizioni, 1993.<br />

51) Giuliano Cornelio e Francesca Ossola, Atlante dei prodotti tipici, Milano, Regione<br />

Lombardia, 1988 (*).<br />

52) Felice Cùnsolo, La <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, Milano, Novedit, 1963.<br />

53) Arturo Della Torre e Alberto Longatti (a cura), Cucina Lariana, Como, Editoriale La<br />

Provincia, 1990.<br />

54) Cia Eramo, La <strong>cucina</strong> mantovana, Padova, Muzzio, 1987 (*).<br />

55) Giuseppe Fontana, La cusinna de Milan, Milano, 1938, ora Milano, Libreria Meravigli<br />

Ed., 1980 (*).<br />

56) Marco Guarnaschelli Gotti, La <strong>cucina</strong> milanese, Padova, Muzzio, 1991 (*).<br />

57) Franco Magni, Quattro chiacchiere in <strong>cucina</strong> nella vecchia Lomellina, Vigevano,<br />

Diakronia, 1994 (*)<br />

58) Franco Marenghi, La <strong>cucina</strong> mantovana ieri e oggi, Roma, Andes, 1991 (*).<br />

59) Guido Margiotta, Valtellina e Valchiavenna: riscoperta di <strong>un</strong>a <strong>cucina</strong>, Sondrio<br />

Bissone, 1978.Emilio Montorfano, Storia e tradizioni nella <strong>cucina</strong> lariana, Milano,<br />

Xenia, 1987.<br />

60) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, Vecchia Brianza in <strong>cucina</strong>, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1979.<br />

61) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, La Lombardia in <strong>cucina</strong>. Storia e ricette di piatti tradizionali,<br />

Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1982.<br />

62) Ottorina <strong>Per</strong>na Bozzi, Vecchia Milano in <strong>cucina</strong>, Firenze, Gi<strong>un</strong>ti Martello, 1985.<br />

63) Ermanno Sagliani, Lombardia, Milano, Siepel, 1991(*).<br />

64) Renato Sozzani, Tavola imbandita in Valtellina, Sondrio, Camera di Commercio, 1988.<br />

65) Carlo Steiner, Il ghiottone lombardo, Milano, Bramante, 1964.<br />

66) Giorgio Terragni, Ricette lariane di <strong>un</strong> tempo, Como, Pifferi Ed., 1990 (* Remanders).<br />

67) Lorenzo Totò, La <strong>cucina</strong> delle valli piemontesi e lombarde, Milano, Rusconi, 1978.<br />

68) Lydia Visioli Galetti, Un antenato cremonese in <strong>cucina</strong>, Soresina, Art. Gr, Rossi, 1981.<br />

<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong> Indici e Bibliografia


Cucina <strong>lombarda</strong> - gli autori<br />

Marco Riva<br />

Rossano Nistri<br />

file://D:\Web\Weblomb\autori.htm<br />

Gli autori<br />

Nato a Como il 24/10/1951, laureato nel 1975 in Scienze delle Preparazioni<br />

Alimentari, borsista e ricercatore (dal 1990) presso il DISTAM, dal 1992<br />

professore <strong>un</strong>iversitario associato per il gruppo "Processi <strong>della</strong> Tecnologia<br />

Alimentare" e per la disciplina "Istituzioni di Tecnologie Alimentari" presso la<br />

Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Milano, ove opera in qualità di<br />

docente a tempo pieno. Svolge attività didattica per il Diploma in Viticoltura ed<br />

Enologia (Corso di Tecnologie Alimentari) e per il Diploma in Tecnologie<br />

Alimentari (Corso opzionale di Controllo ed Assicurazione <strong>della</strong> Qualità dei<br />

Prodotti Alimentari).<br />

Nell'ambito del progetto finalizzato CNR - RAISA è stato nel periodo 1991-1996<br />

coordinatore dell'Unità di Ricerca 4.10 "Mo<strong>della</strong>zione dei processi di cottura<br />

convenzionali e innovativi". Oltre a questa responsabilità gestionale, il prof.<br />

Marco Riva è stato anche coinvolto nel coordinamento scientifico del progetto<br />

strategico CNR "I prodotti alimentari tipici nel Mezzogiorno", per il quale ha<br />

supervisionato l'ideazione e la realizzazione del testo "I prodotti caseari del<br />

Mezzogiorno", vol. 1° e 2°.<br />

L'attività scientifica più recente è orientata ai seguenti temi: applicazioni delle<br />

microonde come sistema di cottura e di estrazione di composti aromatici;<br />

mo<strong>della</strong>zione di alc<strong>un</strong>e operazioni <strong>della</strong> tecnologia alimentare; applicazioni <strong>della</strong><br />

DSC (Differential Scanning Calorimetry) nello studio delle transizioni molecolari<br />

durante il riscaldamento di alimenti o quale mezzo per caratterizzare cinetiche di<br />

trasformazione o di crescita microbica; previsione <strong>della</strong> shelf-life mediante<br />

dispositivi integratori tempo-temperatura; applicazione di tecniche di imageanalysis<br />

nella caratterizzazione dei prodotti alimentari; applicazioni <strong>della</strong> ricerca<br />

in rete per il potenziamento <strong>della</strong> didattica e per la documentazione scientifica<br />

nel settore alimentare.<br />

Accanto all'attività didattica e scientifica, svolge intensa attività pubblicistica: ha<br />

collaborato fra l'altro alla trasmissione televisiva "Di tasca nostra" ed alle riviste<br />

"La Gola" ed "Il Gambero Rosso". In questo ambito attualmente fa parte del<br />

comitato di redazione del trimestrale internazionale "Slow", <strong>un</strong>a rivista del<br />

movimento Arcigola - Slowfood. Nel merito di programmi di educazione ed<br />

informazione alimentare ha svolto intensa attività divulgativa per conto di diversi<br />

Enti Locali ed istituzioni, realizzando anche supporti didattici innovativi per la<br />

valutazione nutrizionale con mezzi informatici (software "La dieta del sole",<br />

"Latte non solo a colazione", "Meet Emilia-Romagna", "Come Mangi", ed. Coop).<br />

E' coautore (insieme ad Ernestina Casiraghi) del testo "La densità nutritiva degli<br />

alimenti" (Regione Lombardia ed., 1985-1990), insieme a Turchi M.C.e Attia Atta<br />

K., del testo "Ali baba e le quaranta ricette (la <strong>cucina</strong> nel mondo islamico)",<br />

Editrice Consumatori, Bologna, (1994), e, insieme a Rossano Nistri e Monica<br />

Paolazzi, del volume "<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> Cucina Lombarda", Ia edizione, Regione<br />

Lombardia ed., 1997. Ha partecipato alla stesura del testo "A tavola dal Lario alla<br />

Brianza", a cura di Franco Soldaini e con testi di Felice Bassani, Marco Riva,<br />

Rossano Nistri, Rocco Lettieri e Angelo Sala, edito da La Provincia S.p.A.<br />

Editoriale, Como, 1997. Collabora attivamente alle attività dell'Associazione<br />

Italiana di Tecnologie Alimentari (AITA) ed è autore e responsabile delle pagine<br />

WWW del DISTAM.<br />

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Nato a San Miniato, in provincia di Pisa, nel 1949, dal 1974 abita a Como, dove,<br />

tra slanci e delusioni, trova anno dopo anno, grazie ai suoi al<strong>un</strong>ni, l’allegria<br />

necessaria per non vergognarsi di insegnare nelle scuole elementari statali. Nella<br />

scuola sperimenta da due decenni tecniche di educazione alimentare, alternative<br />

al nutrizionismo, basate sull'uso consapevole dei cinque sensi.<br />

Dal 1986 è membro dell’ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) e,<br />

dallo stesso anno, ha collaborato al mensile La Gola e ad altre pubblicazioni<br />

periodiche, tra le quali Slow food, il mensile di Arcigola, e Slow, il trimestrale<br />

<strong>della</strong> stessa associazione, con contributi di materia folkloristica, etnografica e<br />

antropologica nell’ambito <strong>della</strong> cultura gastronomica e dell'educazione sensoriale.<br />

Ha partecipato alla stesura delle voci del Compact Cucina De Agostini e del<br />

Dizionario di Storia edito dal Saggiatore-B.Mondadori. Nel 1995 ha curato<br />

l’edizione del volume Galliano, 1000 anni di storia per conto del Gruppo Arte<br />

Cultura di Cantù. <strong>Per</strong> conto <strong>della</strong> Regione Lombardia (Settore Alimentazione) ha<br />

composto, insieme a M.Riva e M.Paolazzi, il volume <strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> Cucina<br />

Lombarda, Ia edizione, Regione Lombardia ed., 1997. E' coautore dei volumi<br />

L'Oca (Lodi, Bibliotheca Culinaria, 1997) e A Tavola dal Lario alla Brianza (Como,<br />

Ed. La Provincia, 1997). Sulla base <strong>della</strong> propria esperienza didattica ha ideato il<br />

manuale Dire, Fare, Gustare – <strong>Per</strong>corsi di educazione del gusto nella scuola (Bra,<br />

Slow Food Ed., 1998) quale supporto per il corso di aggiornamento nazionale,<br />

organizzato da Slow Food Arcigola e autorizzato dal Ministero <strong>della</strong> Pubblica<br />

17/03/2001


Cucina <strong>lombarda</strong> - gli autori<br />

Monica Paolazzi<br />

file://D:\Web\Weblomb\autori.htm<br />

Istruzione, Educazione sensoriale e alimentare, di cui è stato direttore per l'anno<br />

scolastico 1998-99.<br />

Ha tenuto corsi di aggiornamento nei due diversi campi dell'Iconografia e<br />

dell'Educazione Alimentare e sensoriale per insegnanti di vario ordine e grado in<br />

quasi tutte le regioni italiane, nel quadro delle attività promosse dai<br />

Provveditorati agli Studi, dagli SPAFA regionali, da Arcigola e da Enti ed<br />

Amministrazioni Locali.<br />

Nata nel 1959 a Milano, dove è residente, lavora da molti anni nel settore<br />

alimentare con attività pubblicistica e di consulenza in campo nutrizionale.<br />

Ha collaborato a numerose riviste specializzate e a L'Unità con rubriche di<br />

informazione nutrizionale e consumeristica (A Tavola, Sale e Pepe, Guida<strong>cucina</strong>,<br />

Pratica, Tutto<strong>cucina</strong>) ed è stata redattrice <strong>della</strong> rivista La Gola. Ha lavorato in<br />

televisione sia realizzando servizi giornalistici per la trasmissione Buongiorno<br />

Italia (Canale 5) sia come redattrice e conduttrice in video di Consumatori in TV,<br />

Rete7 (Bologna) e come consulente per video di educazione alimentare.<br />

In campo editoriale ha collaborato alla progettazione e alla realizzazione di<br />

Compact <strong>cucina</strong> (De Agostini), Stati Uniti (Il Saggiatore), Il Grande Ricettario per<br />

i Bambini (Idea Libri), Dal fornello al computer (Regione Emilia-Romagna), e<br />

numerosi opuscoli di ricette ed educazione alimentare per Coop Italia. Ha inoltre<br />

partecipato alla realizzazione di alc<strong>un</strong>i software di educazione alimentare (La<br />

dieta del sole, Latte non solo a colazione, Meet Emilia-Romagna).<br />

©<strong>Per</strong> <strong>un</strong> <strong>codice</strong> <strong>della</strong> <strong>cucina</strong> <strong>lombarda</strong>, M.Riva, R.Nistri & M.Paolazzi Eds.<br />

Unità Organizzativa Politiche di Filiera - Struttura Promozione Prodotti - Milano, 2000<br />

Riproduzione consentita per usi didattici ed informativi, con citazione <strong>della</strong> fonte<br />

Credits: Marco Riva & Stefano Liviero, Ultimo aggiornamento: 30/11/00<br />

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17/03/2001

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