Santi_Pietro_e_Paolo_Pregasso
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La Vergine col Bambino,<br />
un santo vescovo (san Martino di Tours?)<br />
e cherubini in gloria e i santi <strong>Pietro</strong> e <strong>Paolo</strong><br />
Fiorella Frisoni<br />
Francesco Giugno<br />
Pala dell’altare maggiore<br />
olio su tela<br />
250x144 cm<br />
La pala all’altar maggiore della chiesa raffigura nel registro superiore<br />
la Vergine Maria, seduta su una fascia di nubi un po’ gessose con il Bambino<br />
Gesù sulle sue ginocchia, circondata da quattro paffuti cherubini e<br />
affiancata da un santo vescovo che è probabilmente da identificare con<br />
il santo al quale è dedicata la chiesa parrocchiale di Marone, San Martino<br />
di Tours, come ha intuito don Gino Scanzi redigendo nel 1974 la relativa<br />
scheda ministeriale (conservata in copia presso l’archivio parrocchiale<br />
di Marone, buste Titolo V/12/1: Inventari, arredi, paramenti e mobili, e<br />
Titolo IV/2/1: S. Bernardo, cappella cimitero e chiese varie, fascicolo san<br />
<strong>Pietro</strong>, n° 03/00068170).<br />
Nel 1968, riproducendo l’opera in un volumetto dedicato alla terra di<br />
Marone, il parroco del tempo, don Andrea Morandini, la corredava con<br />
una didascalia in cui proponeva di assegnarla a <strong>Pietro</strong> Marone, interessante<br />
pittore tardomanieristico attivo per Brescia e per il circondario, e anche<br />
per la costa bresciana del Lago d’Iseo, dagli anni Ottanta del Cinquecento<br />
all’inizio del secolo successivo. Sembra ormai assodato, infatti, che l’anno<br />
della morte del Marone vada fissato al 1603 (A. Pansera, in “AB, Atlante<br />
bresciano”, 17, 1988, p. 87), e questo vieta che la pala maronese gli possa<br />
essere attribuita, giacché è irragionevole, per ragioni stilistiche, che essa<br />
possa datare all’inizio del XVII secolo. Tale attribuzione era legata, forse,<br />
anche all’errato convincimento che il cognome di <strong>Pietro</strong> ne indicasse<br />
un’origine sebina, mentre studi relativamente recenti hanno dimostrato<br />
che la famiglia, che comprende il frate olivetano e celebre intarsiatore<br />
Raffaele da Brescia, un <strong>Pietro</strong> senior pittore e i figli di questo, a loro volta<br />
pittori (Andrea, padre del più giovane <strong>Pietro</strong>, e <strong>Paolo</strong> Marone, fattosi poi<br />
frate gesuato col nome di Benedetto), era originaria di Manerbio.<br />
In ogni caso, l’ipotesi incontrò il favore degli studi locali e ancora<br />
venne riproposta nel 1984, pur con qualche prudenza, in un opuscolo<br />
dedicato all’eremo di San <strong>Pietro</strong>, dove si suggeriva, in alternativa, di accostarla“<br />
ad altro pittore di scuola veneta del sec. XVI”.<br />
L’opera è, in effetti, di difficilissima lettura a causa del pessimo stato di<br />
conservazione e di un conseguente restauro, condotto in tempi non recenti,<br />
che ha interessato gran parte della superficie con estese ridipinture.<br />
La stesura della materia pittorica ne risulta appiattita ed eccessivamente<br />
geometrica, i panneggi sono corsivi, la cromia smagrita e alcuni volti<br />
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