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SUONO n° 542

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Editoriale<br />

Welcome<br />

to the pleasuredome<br />

di Paolo Corciulo<br />

Come già accennato nell’introduzione all’ANNUARIO del <strong>SUONO</strong> 2020, quello che andiamo ad affrontare<br />

è un anno profetico: caratterizzato dalla doppia coppia di numeri che lo definisce, con una cifra,<br />

il 20, ripetuta e simbolica nelle credenze popolari, e in più bisestile…<br />

Ma quel che più conta è che il 2020 apre un nuovo decennio<br />

e, cosa ancor più importante, sancisce la chiusura di<br />

quello precedente, il primo del nuovo millennio e, nei<br />

fatti ancor più che nell’immaginario, anno di grandi rivoluzioni,<br />

focalizzate principalmente attorno al pervasivo sviluppo della rete<br />

internet e ai fenomeni immateriali da essa generati. Un decennio<br />

liquido che per contrappeso ha portato, sicuramente almeno nel<br />

nostro settore, nuova attenzione su ciò che liquido non è (leggi<br />

vinile). E poiché, lo sostengo da tempo, il settore della musica<br />

riprodotta è un piccolo laboratorio di quel che accade nella società<br />

e in certi casi anticipa tendenze, forse non è un caso che la<br />

contrapposizione liquido/non liquido si sia allargata a tutte le<br />

cose (se ne parla perfino in un libro, Il ritorno delle cose, a pag.<br />

95). Quel che è certo, astraendosi da eccessivi voli pindarici e<br />

considerazioni di carattere filosofico, è che il decennio passato ha<br />

portato a un ripensamento profondo della filiera di distribuzione<br />

dei beni, rendendone almeno in parte immateriali alcuni (come<br />

nel doppio caso che più ci riguarda, quello della musica e dell’informazione<br />

sulla musica e sulla sua riproduzione) e soprattutto<br />

cambiando, fondamentalmente accorciando, la filiera di distribuzione<br />

di beni, idee, fatti, opinioni e sentimenti. È un bene? È un<br />

male? C’è dell’uno e dell’altro ed entrambi debbono interessare<br />

anche i lettori di <strong>SUONO</strong> perché li coinvolgono in prima persona...<br />

Perché se è bellissimo che pensiero e azione assumano la dimensione<br />

del “quasi immediato” (penso a un prodotto e se non<br />

in pochi secondi comunque in poco tempo un postino bussa<br />

alla mia porta), la filiera corta ci pone di fronte alla perdita di<br />

quei consulenti “buoni padri di famiglia” che sono stati i librai,<br />

i commessi dei negozi di dischi, a volte persino gli edicolanti,<br />

ora non più necessari. Il pericolo, per contro, è che in rete oggi<br />

siamo più soli che mai, spesso inerti verso cosa computare sulla<br />

tastiera, con il rischio di lasciarci incantare da cattivi consiglieri…<br />

È la sensazione che spesso provo sedendomi davanti alla tastiera<br />

o con lo smartphone in mano e cerco di decidere che cosa vorrei<br />

googlare, senza trovare nulla di definito nei miei desideri pur<br />

a fronte di un’offerta quasi infinita! Mi sono imbattuto in una<br />

dolcissima iniziativa in una libreria di Grosseto: all’ingresso era<br />

possibile prendere dei piccoli bigliettini attraverso i quali i visitatori<br />

potevano segnalare, apponendoli direttamente sui libri, una<br />

lettura che gli era piaciuta. Sentirsi una comunità come in una<br />

specie di internet ante litteram o in una sua versione più bella, che<br />

unisce e confronta le opinioni di una vasta quantità di persone,<br />

condividendole. Non pensiate che stia parlando per nostalgia!<br />

Anzi, consiglio vivamente ai lettori di <strong>SUONO</strong> di andare avanti,<br />

progredire in nuove esperienze, vincendo ogni resistenza verso le<br />

novità the ci vengono proposte! Io, ad esempio, da qualche tempo<br />

ho ritrovato la gioia di ascoltare musica proprio grazie ai new media<br />

e al nuovo equilibrio tra quel che possediamo (quei “valori” consistenti<br />

nello stesso fatto del raccogliere materiale da collezione) e<br />

quel che ascoltiamo soltanto. La mirabile sintesi nell’abbinamento<br />

tra i due è Roon, un programma che vi consente di accedere a una<br />

collezione di musica immateriale tout court. La versione moderna<br />

su file della discoteca di un dì, corredata di numerose informazioni<br />

e consigli: masterizzazioni e file acquistati ma anche quelli<br />

solo noleggiati (Qobuz , Spotify...) prendono così la forma di un<br />

percorso, esattamente come si faceva una volta con l’alternanza<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 3


Editoriale<br />

Ai cambiamenti dal punto di vista artistico della musica in funzione delle tecnologie<br />

e della filiera di distribuzione è dedicato il saggio How Music Works dell’ex leader dei<br />

Talking Heads David Byrne.<br />

tra disco e cassetta con il prodotto fisico. Questa nuova forma di<br />

equilibrio fa ben sperare per il mercato della musica riprodotta;<br />

ignorare indicatori come questo sarebbe ed è stato sbagliato.<br />

Il mercato si modella sulla domanda, chi non ne tiene conto chiude<br />

i battenti e la tecnologia è talmente pervasiva da cambiare persino<br />

i canoni culturali tanto che, come già accadde con il walkman, le<br />

nuove modalità di ascolto tendono a plasmare l’offerta musicale<br />

che oggi si articola, ad esempio, su brani più corti che in passato<br />

(come rilevato da Charlie Harding e Nate Sloan in Switched On<br />

Pop); mutamenti peraltro già recepiti in passato, come racconta<br />

David Byrne nel suo saggio How Music Works.<br />

Ho accennato al fatto che chi non tiene il passo rischia l’estinzione;<br />

il problema riguarda in generale tutti coloro che credono di poter<br />

fruire di una rendita di posizione. Proprio questa convinzione<br />

è stata spazzata via nel primo decennio degli anni Duemila: se<br />

non ti muovi sei morto, come ci insegna il caso tipo dei negozi<br />

Bose. Bose è stata l’azienda che prima di tutte nel settore Hi-Fi ha<br />

fiutato il vento del cambiamento, allontanandosi dai tradizionali<br />

canoni dell’Hi-Fi che pure l’avevano posta sugli altari. Ricordiamo<br />

brevemente… L’azienda del Massachusetts fondata da Amar Bose<br />

nel 1964 nasce per dare vita agli studi sulle riflessioni sonore del<br />

professore laureato al MIT; troverà la sua massima espressione di<br />

queste teorie nel Bose 901, un diffusore che utilizzava otto altoparlanti<br />

puntati verso il muro posteriore e un nono rivolto verso<br />

l’ascoltatore. I 901 erano espressione di un high end di elevato<br />

contenuto tecnologico (ante DSP) e dal 1968 al 2016, quando<br />

usciranno definitivamente di scena, sono stati tra i prodotti più<br />

iconici del settore. Ciò non di meno il successo planetario Bose lo<br />

raggiunge successivamente con i sistemi “a cubetti” + subwoofer,<br />

dotati di un WAF (women acceptance factor) elevato e prestazioni<br />

scadenti, pur sempre sorprendenti in relazioni alle dimensioni<br />

degli oggetti che le producevano! Saper interpretare i bisogni del<br />

pubblico… Come B&O prima di Bose (ma l’azienda danese puntava<br />

soprattutto sull’elemento estetico), la casa americana, forte<br />

di questa “sensibilità”, ha dato vita a una catena di “showroom<br />

monomarca” che si differenziavano dal classico punto vendita<br />

del tempo. Se ci fossimo trovati a discuterne alle soglie del nuovo<br />

millennio, ci avremmo scommesso ogni risparmio sopra: “Fatemi<br />

aprire un Bose Center!”. L’iniziativa sembrava destinata a mettere<br />

in ombra qualsiasi concorrente. Poi è arrivato Sonos… e Amazon.<br />

Quest’ultima, almeno nelle dichiarazioni della Bose, è stata il fattore<br />

scatenante della decisione (di questi giorni) di chiudere i 119 negozi<br />

sparsi in tutto il mondo: Stati Uniti, Europa, Giappone, Australia…<br />

Saranno anche Amazon e l’e-commerce ma, a mio modesto<br />

parere, la questione è più relativa alla presunzione della rendita<br />

di posizione (che ha ottenebrato quella capacità di interpretare le<br />

necessità del pubblico, in continua evoluzione) che altro.<br />

Perché, altro elemento da cui non si può prescindere, la velocità<br />

con cui accadono le cose si è caratterizzata nel primo decennio del<br />

nuovo millennio per una accelerazione allarmante. Fenomeni che si<br />

consumano come chimere, e l’Hi-Fi non ne è esente. Chi si ricorda<br />

ancora che cos’è un iPod? Che fine ha fatto o farà iTunes? Persino<br />

Steve Jobs, se ancora fosse tra noi, dovrebbe porsi il problema di<br />

come restare al passo con i tempi! Allo stesso modo il downloading,<br />

che è stato cannibalizzato dallo streaming sovvertendo l’ultimo<br />

baluardo di un vecchio modo di pensare, quello della logica del<br />

possesso! Ne discussi a suo tempo con Ivor Tiefenbrun proprio<br />

mentre la Linn si accingeva, con la consueta veemenza, a sostenere<br />

i suoi streaming player (per prima smise di produrre lettori CD)<br />

lanciando un servizio di downloading a pagamento. Chiesi a Ivor<br />

perché qualcuno avrebbe dovuto pagare somme notevoli per avere<br />

in cambio un anonimo file e Ivor, peraltro persona lungimirante e<br />

di rara intelligenza, rispose che possedere i file o semplicemente<br />

ascoltarli non era la stessa cosa. Sarebbe semplice oggi rimproverargli<br />

tale miopia… La stessa Linn è stata una delle prime aziende a<br />

inaugurare la filiera corta di distribuzione: prima l’abolizione della<br />

Poco prima della nascita del nuovo decennio Bose ha annunciato la chiusura dei suoi<br />

negozi, asset fondamentale fino ad ora della politica della casa del Massachusetts.<br />

4 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Editoriale<br />

Edicole alternative: Quisco, dallo spagnolo quiosco (chiosco), è un nuovo modello di<br />

business nella distribuzione dei giornali: ogni giorno, a partire dalle sette del mattino,<br />

un gruppo di persone munite di un’ape attrezzato compie un giro della città a tappe<br />

fisse (come fossero le fermate di un tram) per vendere quotidiani e riviste laddove<br />

la copertura delle edicole è carente…<br />

sede italiana, poi persino la rinuncia all’agente di zona sostituito<br />

oggi da un responsabile generale di vari Paesi e una gestione centralizzata<br />

sia nelle spedizioni che nell’assistenza. Qualcosa di simile,<br />

lasciando però delle strutture periferiche, ha fatto anche Moon che<br />

ha ora una sede europea e un e-commerce centralizzato. Velocità<br />

significa anche filiera corta. Velocità significa ampliamento della<br />

forchetta tra chi ha i mezzi (per fare, per comunicare…) e chi no,<br />

e non a caso uno degli argomenti spesso trattati da <strong>SUONO</strong> nel<br />

recente passato è stato quello della conflittualità tra una dimensione<br />

artigianale e<br />

una industriale<br />

che, con un<br />

punto di arrivo<br />

variabile, è la<br />

cifra stilistica<br />

del nostro settore.<br />

Per farvi<br />

fronte abbiamo<br />

assistito a una<br />

concentrazione<br />

di marchi nelle mani di pochi proprietari con motivazioni le più<br />

varie, dai fondi di investimento che trattano merci unicamente<br />

per aumentarne il valore e rivenderle a chi ha una vision d’insieme<br />

del mercato e ritiene sinergiche le competenze tra elettronica e<br />

informatica, tra categorie differenti di apparecchi per far musica<br />

che vanno venduti pensando a un sistema e non al singolo prodotto.<br />

Abbiamo assistito ad “accorpamenti” e scompattamenti della tradizionale<br />

geografia sia nel portafoglio dei costruttori che in quello<br />

dei distributori che ha annientato una strategia di vendita in grande<br />

spolvero nel precedente millennio. Tre casi limite, giusto per dare<br />

un’idea. Dopo oltre venti anni il trittico Rotel – Classé – B&W ha<br />

visto i tre marchi prendere strade diverse: B&W è approdato nelle<br />

mani di un ricco magnate americano, Classé è entrato a far parte<br />

di un grosso gruppo multimarchio, Rotel... chissà. Quel gruppo,<br />

che si chiama Sound United, ha deciso di cambiare la sua strategia<br />

commerciale, realizzando delle subsidiary in buona parte del<br />

mondo e richiamando all’interno i propri marchi “strappandoli”<br />

ai precedenti distributori. Direte: e che ce ne frega a noi lettori?<br />

Il mutamento della filiera commerciale incide comunque sui<br />

servizi e sulle modalità della vendita dei beni che non saranno<br />

più le stesse: se non spiacciate nemmeno un po’ di inglese siete<br />

sicuri che il call center di questa o quella azienda, il suo servizio<br />

informativo potranno trattarvi al meglio? E in tutto questo che<br />

cosa accadrà a noi di <strong>SUONO</strong>?<br />

Anche qui è in corso un drammatico cambiamento delle abitudini<br />

e della filiera commerciale, basti pensare ad alcuni dati. Il calo<br />

delle vendite nel comparto dell’editoria è evidente: nel 2007 le<br />

edicole hanno diffuso 2.159 milioni di copie; nel 2018 si è scesi<br />

a 948 (fonte Ads)! Lo stesso numero delle edicole è drammaticamente<br />

diminuito: in dieci anni oltre la metà hanno chiuso<br />

(quasi ventimila) e ci sono aree dove è difficile acquistare un<br />

giornale… Come reagire? A <strong>SUONO</strong> abbiamo le idee abbastanza<br />

chiare in merito e se alcuni correttivi sono stati già apportati, altri<br />

arriveranno (non è questa la sede per parlarne né intendo fornire<br />

a concorrenti narcolettici stimoli in merito). Piuttosto le ultime<br />

righe di questo atipico editoriale sono e devono essere rivolte a<br />

voi, voi lettori perché, mi sbraccio da mesi nel dirlo e lo farò anche<br />

qui, nella veste di consumatori di questa rivista, dei prodotti,<br />

della musica, anche voi dovete inevitabilmente cambiare! Qualche<br />

giorno fa ho intercettato la telefonata di una edicolante che, per<br />

fare un favore a un suo cliente, ci ha chiesto un arretrato. Ho attivato<br />

l’ufficio apposito che contatterà l’edicolante, si accorderà su una<br />

spedizione che consentirà all’edicolante di contattare il cliente e fargli<br />

infine pervenire il<br />

numero di <strong>SUONO</strong><br />

desiderato.<br />

Sarebbe bastato<br />

un click sul<br />

nostro sito e quel<br />

cliente avrebbe<br />

ricevuto la rivista<br />

direttamente a<br />

casa!<br />

Noi tutti (ho<br />

trionfalmente varcato la soglia della sessantina) non siamo dei<br />

nativi digitali ma per forza o per fortuna ognuno di noi ha a che<br />

fare con dei processi informatizzati ed è ineludibile che questo<br />

accada ancor di più nel decennio che è appena cominciato. Il vero<br />

digital divide si manifesterà, questa è la mia previsione, adesso,<br />

e per fruire dei tanti soddisfacenti servizi legati alla rete e all’informatizzazione<br />

ci vuole uno sforzo anche da parte di chi ci legge.<br />

Aderite alle campagne di abbonamento (che oggi consentono<br />

l’acquisto della singola copia, di un periodo brevissimo, breve o<br />

annuale in nostra compagnia), fare buon uso delle informazioni<br />

della nostra newsletter e di quel che pubblichiamo sui social<br />

network. Noi continueremo a garantire il piacere di sfogliare la<br />

carta inserendola in un ecosistema differente che richiede un<br />

minimo di partecipazione da parte vostra. Se poi voi, vecchi amici,<br />

vorrete far sentire la vostra voce, allora ci divertiremo ancora e<br />

molto, a partire da quest’anno profetico...<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 5


Sommario<br />

Suono Stereo Hi-Fi<br />

la più autorevole rivista audio<br />

Poste Italiane Spa sped. abb. post.<br />

D.L. 353/2003<br />

(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)<br />

Art. 1, Comma 1, Roma,<br />

aut. N. 140 del 2007 • mensile<br />

anno XLVX<br />

febbraio 2020<br />

2<br />

<strong>SUONO</strong> | <strong>542</strong> | FEBBRAIO 2020 MISTER NO ASCOLTA LA MUSICA – MALIKIAN LA FANTASIA SUL PALCO. E POI: ZAPPA, FOSSATI-MINA, CASALINO<br />

00002<br />

9 771721 576006<br />

<strong>542</strong><br />

Fly me to the moon<br />

And let me play<br />

among the stars<br />

STREAM<br />

Il bello dell’ascolto in cuffia<br />

€ 7,00 TEKTRON TK5687PSES-I<br />

Il ruggito<br />

di una pulce<br />

non è un colpo di tosse<br />

ALL TOGETHER<br />

MOON 390 E RAKOIT ARYLIC A50<br />

ROGERS<br />

La storia della riproduzione<br />

musicale è passata di qui<br />

Un upgrade Olympico<br />

SONUS FABER<br />

N. <strong>542</strong><br />

FEBBRAIO 2020<br />

EDITORIALE di Paolo Corciulo<br />

Come già accennato nell’introduzione all’ANNUARIO del <strong>SUONO</strong><br />

2020, quello che andiamo ad affrontare è un anno profetico.<br />

ANTENNA Prodotti, News, Storie<br />

Scouting tra le proposte del mercato: in un mare di<br />

offerta occorre orientarsi con una bussola!<br />

3<br />

6<br />

8<br />

POSTA di Paolo Corciulo<br />

È il momento di qualche riflessione...<br />

SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />

IN PROVA<br />

AMPLIFICATORE<br />

PER CUFFIE<br />

Tektron TK5687PSES-I<br />

a cura della redazione<br />

40<br />

MISTER NO, I SIXTIES E IL ROCK<br />

Fumetti e musica rock<br />

di Massimo Bargna<br />

Una miniserie a fumetti rilancia il celebre eroe<br />

della Bonelli spostando le sue avventure dalla<br />

Manaus degli anni Cinquanta alla New York e<br />

alla San Francisco degli anni Sessanta, all’epoca<br />

del Flower Power. E a farla da padrone nelle<br />

nuove avventure disegnate non poteva che<br />

essere la musica rock!<br />

24<br />

ARA MALIKIAN<br />

Fuori dalle righe<br />

di Francesco Bonerba e Luca Di Leonardo<br />

Così potremmo (non) definire la vita e la musica<br />

di Ara Malikian, violinista di fama mondiale dalla<br />

irrequieta creatività che, in fuga dalle etichette<br />

personali e dei generi musicali prima ancora che<br />

dal Libano in guerra, ha trovato riparo in una<br />

musica che fonde sonorità e si esprime nella sua<br />

forma più compiuta nell’incontro vitale con<br />

il pubblico.<br />

28<br />

IN PROVA<br />

STREAMING PLAYER<br />

RAKOIT Arylic A50<br />

a cura della redazione<br />

42<br />

ROGERS: NON SOLO DIFFUSORI<br />

Value for price antesignano<br />

di PierPaolo Ferrari<br />

Parlare di Rogers è essenzialmente parlare di Alta<br />

Fedeltà audio nel vero termine della parola! Rogers<br />

è stata per lunghissimo tempo un’azienda capace<br />

di produrre componenti di alta qualità uniti a costi<br />

ragionevoli e ha portato nelle case di tantissimi<br />

appassionati non solo eccellenti apparecchi ma<br />

anche la propria filosofia di progettazione.<br />

32


NEGOZI<br />

Tuttaltramusica<br />

di Francesco Bonerba<br />

C’è ancora chi scommette sull’alta fedeltà e su<br />

valori immutati nel tempo: il contatto diretto con<br />

l’esperienza del venditore, l’ascolto dal vivo dei<br />

prodotti, il dialogo con i produttori…<br />

38<br />

Sommario<br />

PER<br />

TUTTI<br />

I GUSTI<br />

VELOCE COME UN<br />

CLICK, PIACEVOLE<br />

COME IL FRUSCIO<br />

DELLA CARTA<br />

IN PROVA<br />

AMPLIFICATORE<br />

INTEGRATO<br />

Blue Aura V32<br />

a cura della redazione<br />

50<br />

54<br />

IN<br />

PROVA<br />

STREAMING PLAYER<br />

Moon 390<br />

a cura della redazione<br />

12 MESI<br />

60<br />

a<br />

SUL CAMPO<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Absolare Passion<br />

cura della redazione<br />

68<br />

IN<br />

PROVA<br />

DIFFUSORI<br />

Sonus Faber Olympica Nova V<br />

a cura della redazione<br />

€ 60,00<br />

6 MESI<br />

64 a<br />

IN PROVA<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Accuphase E-480<br />

cura della redazione<br />

92CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

72<br />

76<br />

82<br />

AMATO MIO LP<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

LE COVER AL TEMPO DEL ROCK<br />

di Antonio Gaudino<br />

LE RECENSIONI<br />

Classica - Rock - Jazz<br />

A.A.V.V.<br />

€ 30,00<br />

3 MESI<br />

€ 20,00<br />

Milano Bicocca: La musica secondo la scienza - Anche l’Hi-Fi può essere ecologica Ecopixel<br />

Il ritorno delle cose materiali I libri - Epilogo in Hi-Fi per Michael Hobson? Hyde Park Corner<br />

Le sconclusionate Pillole da 3000 CC<br />

Formule e offerte su:<br />

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Posta<br />

È il momento<br />

di qualche riflessione...<br />

Salve Direttore...<br />

…voglio solo, terra a terra, far sapere che non amo<br />

molto la rivista. Molto meglio le altre due concorrenti.<br />

Certi articoli così corti e poveri li trovo inutili. Le recensioni dei prodotti<br />

sono fatte tutte maluccio. Spesso non si capisce se il prodotto è consigliato<br />

o meno. Le recensioni dei dischi, lasciamo perdere… Ma non riuscite a<br />

risparmiare sulla carta patinata e offrire un prodotto più a misura di<br />

appassionato? Siete troppo criptici! Possibile non avere la rubrica della<br />

posta nelle prime pagine, invece che solo pubblicità di prodotti che, 9 su<br />

10, non recensirete mai? Scritto questo, la saluto, la ringrazio, mi perdoni<br />

la schiettezza, e a presto.<br />

Alessandro<br />

Caro <strong>SUONO</strong>, e in particolare caro Paolo Corciulo...<br />

Vi seguo da sempre e avendo ben 73 anni appartengo<br />

alla ormai ridotta schiera di quel tipo di fossili<br />

classificati come audiofili. Mi piace <strong>SUONO</strong> perché più di altre riviste<br />

si distingue nel cercare di difendere il buon suono alla portata di tutti,<br />

e questo specialmente dopo il “nuovo corso”. È lodevole il suo impegno<br />

nel cercare di attirare più giovani allo splendido mondo della riproduzione<br />

musicale di qualità che, l’evidenza va ammessa, è ormai in<br />

grandissima parte riservato a fossili come me o non tanto più giovani.<br />

E mi sono sempre trovato d’accordo al 100% con le opinioni espresse<br />

dal direttore. La premessa di cui sopra spiega perché sto inviando questa<br />

mia a <strong>SUONO</strong>, benché destinata in realtà a tutte le riviste del settore.<br />

Ho scelto <strong>SUONO</strong> perché, come detto prima, è a mio avviso quella più<br />

attiva nel cercare di arginare l’evidente riduzione del parco appassionati.<br />

Spero possa essere di aiuto e che soprattutto ne sia compreso lo spirito,<br />

criticamente costruttivo...<br />

Come ho detto è da molti anni che seguo il settore, quindi sono passato<br />

in tutte le sue fasi caratterizzate da diverse mode. Gli inglesi, i giapponesi,<br />

gli americani, le mini casse, l’Hi-end, i necessori, il tweaking,<br />

le punte (per disaccoppiare, secondo molti redattori,<br />

mentre in realtà servono a meglio accoppiare), etc<br />

etc. Alcune cose condivisibili, altre francamente<br />

dubbie; ma via, lasciamo passare, sarà una svista,<br />

oppure sono io, evidentemente mi sta sfuggendo<br />

qualcosa, perché altrimenti qualcun altro avrebbe<br />

fatto presente che la tal cosa non ha senso, no? Pensavo.<br />

Adesso però non se ne può più. NON È GIUSTO<br />

lasciar passare bellamente cose che non hanno senso,<br />

non è giusto nei nostri propri riguardi, perché non si<br />

deve accettare di essere trattati, in alcuni casi, addirittura<br />

da imbecilli, specialmente se fatto da persone<br />

che lo fanno a scopo di lucro. Non è giusto perché sono<br />

convinto che sia una delle principali cause, se non<br />

Merda d’artista: Pietro Manzoni 1961<br />

la principale, che allontana nuovi adepti; non è giusto perché bisognerà<br />

pure che l’illuminismo arrivi anche in questo campo, che la ragione<br />

prevalga sulla ciarlataneria. Non si può più accettare che certe cose non<br />

solo siano tollerate ma addirittura godano della complicità, volontaria<br />

o involontaria, di redattori ignoranti (non è un’offesa! Chi non sa una<br />

cosa è ignorante in merito, come io sono ignorantissimo in astrofisica e in<br />

mille altre materie, per esempio). È ora che le riviste evolvano, abbiano il<br />

basilare coraggio, od onestà intellettuale, di dire pane al pane. Di fare una<br />

bella selezione in ambito redazionale, consegnando la penna a persone<br />

che abbiano almeno una infarinatura sull’argomento in questione, e non<br />

che siano scelte perché vantano fantomatiche orecchie d’oro.<br />

Faccio alcuni esempi...<br />

Tempo fa lessi una pagina su internet dedicata alla recensione del giradischi<br />

Audiosilente Blackstone Reference. La si trova in rete, con un<br />

mio commento un po’ troppo veemente, sebbene più che motivato.<br />

Il successivo commento molto più ragionato, dove ogni affermazione<br />

inesatta, o completamente errata o falsa fatta dal costruttore/progettista<br />

veniva contestata in modo documentato, non c’è in quanto censurata dal<br />

recensore, che ha pensato bene di cavarsela con la classica scappatoia del<br />

“c’è gente che parla ma che non è in grado di capire che l’Hi-Fi è un’altra<br />

cosa”; guardandosi bene dal confutare argomenti incontestabili. Riporto<br />

questo fatto come esemplare di un recensore che si beve tranquillamente<br />

tutto quel che gli viene detto, e lo riporta tale e quale. Qui non ci si scappa,<br />

nella migliore delle ipotesi il redattore è totalmente incompetente, perché<br />

non serve molta competenza per considerare inaccettabili alcune cose<br />

dette colà dal progettista del giradischi, assolutamente fasulle. Orbene,<br />

cose del genere si leggono praticamente in ogni numero di ogni rivista,<br />

specialmente quando si parla di cavi. Cito, perché già citati più volte altrove<br />

ma gli esempi sono moltissimi, cose come un cavo dove gli isolanti<br />

hanno un dimensionamento reciproco che rispetta il rapporto aureo (e<br />

allora? Che mazza c’entra?), oppure il cavo DIY “audiophile” proposto<br />

tempo fa da Dissanayake, non ricordo se su <strong>SUONO</strong> o “Audioreview”,<br />

una cosa talmente oscena che mi ha ricordato Indagine<br />

su un cittadino al disopra di ogni sospetto, dove un<br />

capo della polizia commetteva di proposito crimini,<br />

lasciando evidenti tracce che conducevano a lui, per<br />

vedere fino a che punto poteva spingersi, quando<br />

qualcuno avrebbe avuto il coraggio di accettare<br />

l’evidenza. L’unica ragione che possa giustificare<br />

quel cavo mi sembra proprio questa. Il progettista<br />

(fra l’altro blasonato, almeno sulle riviste) si è detto:<br />

“voglio vedere fino a che punto posso prendere per<br />

i fondelli la gente”. Gli va però riconosciuto che, in<br />

questo caso, non c’erano ragioni di lucro ma probabilmente<br />

solo ludiche! Ometto di parlare dei cavi<br />

di alimentazione perché a mio avviso il fabbricante di<br />

qualunque di questi cavi andrebbe denunciato per<br />

8 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Posta<br />

truffa. Credo esistano poche cose al mondo così<br />

lapalissianamente senza senso.<br />

Ora, veniamo all’ennesimo caso eclatante. In<br />

altre lettere su questo tono inviate altrove, ho<br />

citato en passant, ma proprio en passant senza<br />

entrare nel merito, i fantomatici cavi bidirezionali.<br />

Non li conosco, anche e soprattutto<br />

perché il fabbricante non dice quale sarebbe<br />

la soluzione tecnica adottata, come del resto<br />

fanno TUTTI i fabbricanti di cavi: quando non<br />

c’è sostanza c’è poco da dire. Sto parlando della<br />

SOLUZIONE tecnica adottata, non del fatto che<br />

tutti i cavi avrebbero, a detta del costruttore ma<br />

tutto da dimostrare, una resistenza dipendente<br />

dal verso della corrente. Quindi, in mancanza<br />

di conoscere la soluzione adottata, li ho sempre<br />

guardati con grande dubbio e basta.<br />

Orbene: su qualche numero fa di “Audioreview”<br />

leggo la recensione di un trasformatore<br />

di step-up fatto dallo stesso costruttore dei cavi,<br />

e ovviamente basato sullo stesso principio.<br />

Il costruttore è Ernesto Villani, persona che non<br />

conosco e che quindi di primo acchito merita il<br />

beneficio del dubbio, può aver ragione oppure<br />

no. Nell’articolo, viene citata un’affermazione<br />

di Villani il quale dice che alcuni costruttori<br />

di cavi indicano il verso di collegamento proprio<br />

perché sanno di questo fantomatico senso<br />

privilegiato di conduzione. Ciò non è vero, lo<br />

indicano per questioni di lato dove è collegata<br />

la schermatura; ma soprattutto non ha il minimo<br />

senso perché ognuno dei due conduttori<br />

di qualunque cavo deve e può solo condurre<br />

in entrambi i sensi. Questo un redattore dovrebbe<br />

saperlo, e sollevare un sopracciglio.<br />

A parte questo, il costruttore vanta la particolare<br />

architettura dei sui trasformatori. Ci sono<br />

due trasformatori collegati indubitabilmente<br />

in parallelo (vedi schema a pagina 105) che<br />

vengono presentati come collegati in controfase<br />

perché così, si dice testualmente, “mentre<br />

uno amplifica la semionda positiva il gemello<br />

amplifica la semionda negativa, ottenendo di<br />

fatto un push-pull.” L’ho riletto perché non<br />

credevo ai miei occhi. Il beneficio del dubbio<br />

comincia a vacillare, diciamo. Ma il recensore<br />

ha fatto almeno la scuola dell’obbligo? Come<br />

fa uno a non dirgli almeno “scusa, guarda che<br />

questa io non la posso pubblicare”? Veramente,<br />

mi aspetterei di più un “scusa, mi fai mettere<br />

mano sui trasformatori? Adesso te ne collego<br />

uno in controfase, si fa così, vedi? Inverto i cavi<br />

sul solo primario oppure sul solo secondario di<br />

uno solo di loro. Poi vediamo cosa succede”.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 9


Posta<br />

La cosa mi sembra talmente incredibile che mi vengono i dubbi. Quindi<br />

mi dico che forse il recensore (non certo il costruttore) è stato tratto in<br />

inganno dal puntino che indica la fase dei trasformatori. Se è così, sappia<br />

che quello non ha nulla a che vedere con il senso di conduzione, serve solo<br />

a indicare la fase dei due avvolgimenti. E mi dico che forse il vero schema<br />

dei trasformatori non è quello ma è stato semplificato o erroneamente<br />

disegnato, quindi vado a cercare il sito della Quality Audio...<br />

Invito a leggere un po’ tutto sul sito. Verrebbe da fare un commento<br />

positivo, nel vedere che il Villani non dice mai “che è così”, come hanno<br />

la faccia tosta di affermare altri, ma usa i “dovrebbe”, i “si suppone”, e<br />

dice chiaramente che quelli che sembrano grafici sono in realtà disegni.<br />

Ma come ho detto “verrebbe da fare un commento positivo”, ma non lo<br />

si può proprio fare. Mi dispiace sig. Villani, ma non si può affermare che<br />

un cavo bipolare, UNA VOLTA INSERITO IN UN CIRCUITO, conduce<br />

meglio una semionda positiva di una negativa (o viceversa). Lei sa bene<br />

che quando la semionda positiva o di altro segno percorre uno dei due<br />

conduttori del cavo, percorre contemporaneamente anche l’altro conduttore.<br />

Quanto afferma equivale a dire che la supposta maggiore resistenza<br />

di uno dei due cavi non determina la resistenza di tutto il circuito, e sa<br />

bene che ciò non è possibile. Per questioni circuitali ciò che conta è la<br />

resistenza totale del cavo, che è per forza la stessa nei due sensi. Non è<br />

che il pre invia la semionda positiva al finale, dove fa quel che deve fare,<br />

e poi se ne torna indietro cambiata di segno nell’altro conduttore! Che<br />

senso avrebbe la freccia apposta dai suoi concorrenti? Non ha senso,<br />

quel cavo non può avere una direzione preferenziale, perché non è che<br />

il positivo va per forza dal pre al finale e torna in negativo, o viceversa,<br />

collegato in un senso o nell’altro non cambia nulla.<br />

Come disse una volta Piero Angela, “la velocità della luce non si determina<br />

per alzata di mano”. Le leggi fisiche ci sono e sono quelle. Perché invece<br />

dello schizzo non ha messo sul sito una registrazione di quella supposta<br />

distorsione di verso di conduzione? Perché parla di brevetti ma non li fa<br />

vedere? La miglior difesa di un brevetto è la sua pubblicazione. Come fa<br />

a sapere che un suo concorrente sta facendo la stessa cosa, se anche lui<br />

non pubblica il suo brevetto? Forse non tutti sanno che in Italia si può<br />

brevettare non dico l’acqua calda, ma quasi. In Italia i brevetti vengono<br />

concessi senza nessuna verifica. Mi permetto anche di aggiungere la<br />

mia personale opinione sull’indubbio vantaggio del “soddisfatti o rimborsati”.<br />

Sono fermamente convinto che è un vantaggio solo sulla carta.<br />

Ho partecipato a diverse sedute di prove a confronto, incluse quella del<br />

circuito Grundig, con gente che sentiva differenze con cose che è meglio<br />

lasciar perdere. E assicuro che, documentazione audiometrica alla mano,<br />

ci sento benissimo. Per me la suggestione è una cosa potentissima, tutto<br />

lì. Infatti lessi di uno che aveva costruito il suddetto cavo di Dissanayake<br />

(in pratica, una bella induttanza), e ne era soddisfatto.<br />

Concludendo, cara <strong>SUONO</strong>, ribadisco che queste<br />

sono le cose che allontanano la gente dal settore.<br />

Quando si parla di cavi non dico da migliaia<br />

di euro, ma nemmeno da centinaia, che nulla<br />

hanno a che fare con il miglioramento del suono<br />

di un impianto, bisogna dire le cose come<br />

sono. Nel campo degli orologi non si presenta<br />

un orologio da migliaia di euro come migliore,<br />

o più preciso, di uno da cento euro, perché<br />

non lo è. Ne viene decantata la costruzione,<br />

10 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020<br />

i materiali impiegati, il design, la durata magari. Sulle riviste invece<br />

leggiamo del suono di ciabatte! Ora uno è libero di comprarsi un cavo<br />

da mille euro o più perché gli soddisfa il tatto, o per il colore, ma non<br />

è giusto che venga truffato spacciandogli caratteristiche che non ha.<br />

Le riviste devono elevare il livello dei redattori, o si continueranno a fare<br />

figure da cioccolatino, come si dice dalle mie parti. E invito caldamente<br />

i lettori a non lasciarne più passare una. Non è possibile che si leggano<br />

lettere alla redazione dove si contestano cose del tutto comprensibili<br />

come errori di ortografia o di impaginazione, o la qualità della carta, e<br />

non si contestino mai cose molto più serie. Scrivete, contestate, non fatevi<br />

prendere per i fondelli (leggi, spesso, derubare). Per il bene del settore.<br />

Giovanni Repetti<br />

Così Alessandro, di cui ho estratto la parte significativa di una discussione<br />

che si è svolta via e-mail qualche giorno fa, in cui questo<br />

lettore (forse ancora non un ex lettore a giudicare da quel “a presto”)<br />

ha espresso un’opinione su cui, dal mio punto di vista, ha al contempo<br />

torto e ragione. E così Giovanni, di cui riporto l’intera missiva in quanto<br />

esplicitamente concordato…<br />

Entrambe rivelano quantomeno la difficoltà del lavoro di un direttore!<br />

Entrambe sono lettere coraggiose che, per così dire, aiutano anche a<br />

fare chiarezza sulla figura dell’appassionato/lettore di Hi-Fi che, come<br />

molti altri aspetti di questo settore (vedi anche nelle pagine precedenti<br />

dedicate all’editoriale di questo numero di <strong>SUONO</strong>), tendiamo a considerare<br />

congelato su stilemi definiti molto tempo fa. Ho sempre pensato<br />

(e non mi sono mai arreso!), invece, che il tempo che passa cambi il<br />

panorama che ci attornia e che tra i compiti del buon giornalismo c’è<br />

anche quello di saper interpretare e, se possibile, anticipare tendenze<br />

e cambiamenti in atto o da venire. E di buon o cattivo giornalismo qui<br />

si parla e proverò a spiegare, cercando di contenere la possibilità che<br />

il fenomeno del bias di conferma (per il quale le persone tendono a<br />

muoversi entro un ambito delimitato dalle loro convinzioni acquisite)<br />

mi condizioni, perché ritengo che i cahiers de doléances qui espressi<br />

non riguardino (se pur uno è specifico) <strong>SUONO</strong> o non riguardino<br />

solo <strong>SUONO</strong>. Così per il momento tralascerò la risposta in merito alla<br />

personale classifica di gradimento delle riviste da parte di Alessandro<br />

(ma anche quella non espressa di Giovanni), in quanto loro e quindi<br />

insindacabile ma soprattutto perché l’argomentare in merito ad altri<br />

punti sollevati dai due lettori potrebbero fornire a ognuno gli elementi<br />

per una valutazione sul valore di questa e delle altre riviste...<br />

Innanzitutto possiamo stabilire, in base alle opinioni espresse dai due<br />

lettori, che esiste un buon giornalismo e un altro meno buono (entrambi<br />

esaltati e radicalizzati dalle dinamiche della rete); in secondo luogo<br />

possiamo affermare che su ciò che è “buono” o<br />

meno le idee non sono concordi, almeno per i<br />

due lettori e, direi, in assoluto… Se le lettere<br />

fossero 10, 100, 1.000 ci sarebbero 10, 100,<br />

1.000 interpretazioni del concetto di qualità,<br />

come si dovrebbe comportare chi è al<br />

timone di una rivista e ne dovrebbe stabilire<br />

obiettivi, linguaggio, metodi? Prima ancora<br />

mi interrogherei su quale sia il compito<br />

di un giornalista e, conseguentemente, di<br />

un prodotto editoriale... Ci aiuta l’articolo<br />

Il Re nudo


Posta<br />

2 (Diritti e doveri) della legge professionale 69/1963 che è molto chiaro:<br />

“È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e<br />

di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela<br />

della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della<br />

verità sostanziale dei fatti osservati ...”.<br />

Si tratta di una regola che, se pur di carattere teorico, è valida per tutto<br />

il mondo dell’informazione così come viene evidenziato dal documento<br />

pubblicato dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria sul tema della<br />

trasparenza della pubblicità in rete che delimita i paletti di ciò che è<br />

“vero” e ciò che è materia promozionale. Inoltre la legge 6 aprile 2005 n.<br />

49 prevede una multa da 1.000 a 100mila euro da parte dell’Antitrust<br />

per editori di quotidiani e periodici che saranno giudicati colpevoli di<br />

aver pubblicizzato messaggi ritenuti ingannevoli. Esiste, insomma, un<br />

codice etico su cui fare riferimento...<br />

Questo crea già un primo bivio tra chi è soggetto a delle regole o dovrebbe<br />

esserlo (e viene punito se non le rispetta) e chi, come molti liberi<br />

pensatori in rete (non giornalisti) non sono tenuti a nulla se non a temere<br />

lo spauracchio dell’incorrere nel reato di diffamazione che è punito (o<br />

dovrebbe esserlo) tout court nei casi riconosciuti. Si dice che il ruolo<br />

del giornalista sia quello del watchdog, del cane da guardia (della<br />

democrazia, della verità…) e in quel senso, con la dovuta demoltiplica<br />

e il dovuto senso dell’ironia se analizziamo il settore della stampa Hi-Fi,<br />

credo non si possa criticare <strong>SUONO</strong> più di tanto: il tasso critico delle<br />

nostre recensioni ha fatto sì che negli anni si sia creata una lunga lista di<br />

“nemici” che quasi sempre hanno tentato di utilizzare le armi coercitive<br />

a loro disposizione (la soppressione degli investimenti pubblicitari) come<br />

loro risposta. Sono lì, nero su bianco, nelle loro presenze e poi assenze<br />

sulla rivista che a una lettura attenta risultano indicative (documentate,<br />

catalogate; se mai vorrò scrivere “Le mie memorie”, pronte all’uso).<br />

Abbiamo anticipato tendenze, abbiamo identificato i distinguo anche<br />

in un’era di straordinaria uniformità della proposta di mercato. Abbiamo<br />

detto “questo sì” e “questo no” come dimostra la nostra politica<br />

sull’ANNUARIO, anche se questo è apparso ad alcuni più come una<br />

mancanza che come la ricchezza (di indicazioni su dove orientarsi)<br />

che è. Boh: certo sarebbe stato più semplice inserire prodotti decotti<br />

come fa il nostro concorrente ma io continuo a considerare il nostro<br />

atteggiamento come un valore…<br />

Come dicevo citando il senso dell’ironia (e forse quello del ridicolo), la<br />

questione non è nemmeno quella di tenere o meno “la schiena dritta”,<br />

espressione che non mi piace ma che viene spesso utilizzata in merito:<br />

nel settore della riproduzione sonora è proprio il concetto di recensione<br />

che mostra secondo me oggi i suoi limiti narrativi e in questo senso il<br />

lettore Alessandro ha ragione ma anche torto: si, le recensioni sono fatte<br />

maluccio, tutte, su questa e le altre riviste! Le ragioni sono molteplici<br />

e certamente le condizioni di mercato, che non sono più quelle floride<br />

degli anni ’70, inevitabilmente portano a un abbassamento della qualità<br />

del lavoro svolto. Ma le recensioni di prodotto (perlomeno le nostre)<br />

sono anche fatte benissimo e provo a spiegare perché. Se andate a rileggere<br />

le ponderose recensioni degli anni d’oro del mercato troverete<br />

forse rassicuranti sequele di misure e conseguenti giudizi in base a<br />

uno zero in più o in meno rilevato (si è poi scoperto che le qualità di un<br />

apparecchio non sono direttamente riconducibili a tali misurazioni):<br />

se vi spogliate dell’impalcatura ideologica del “si stava meglio quando<br />

si stava peggio”, scoprirete che anche quelle recensioni, vergate negli<br />

anni d’oro dell’alta fedeltà, sono delle mezze fetenzie! Io ho un metodo<br />

infallibile, di cui ho già parlato in passato, per dichiararlo: dopo qualche<br />

tempo dalla stesura di un articolo me lo vado a rileggere e provo<br />

a vedere, una volta che la memoria ha cancellato l’informazione di<br />

superficie, se da quell’articolo si evince un sunto soddisfacente. Molto<br />

spesso, urbi et orbi, non è così… Quella dimensione tecnocratica venne<br />

un dì superata dall’introduzione della prosa umanista mutuata dalle<br />

riviste americane ricche di similitudini con altri registri delle emozioni (il<br />

suono serico, la tavolozza sonora…) ma se ci pensate proprio la necessità<br />

di ricercare nelle metafore il modo di descrivere certi accadimenti era<br />

il segno della povertà del linguaggio specifico di settore che non era in<br />

grado di cercare le sue certezze né nei fatti cosiddetti oggettivi né nella<br />

descrizione soggettiva. Questa forma romanzata delle recensioni non<br />

solo ha creato cattivi maestri e ancor peggiori discepoli ma ha dato la<br />

stura ad aspiranti comunicatori che per vie molto comode (al limite in<br />

tal senso, non serve nemmeno più toccare e usare il prodotto!) fosse<br />

possibile svolgere un compito sempre più malpagato (vedi sopra).<br />

Orfani di certezze (voglio dirlo a chiare lettere: il know how, spesso<br />

acquisito sotto le forze armate assai sensibili a tutto ciò che riguarda la<br />

comunicazione, è in massima parte ancora quello del dopoguerra!) e con<br />

investimenti risibili nella ricerca per procurarsene di nuove, abbiamo<br />

tutti barcollato, affidandoci a modelli che nel tempo si sono usurati in<br />

quanto non sono evoluti. Una situazione che ha generato mostri visto<br />

che tutto può essere vero e tutto è criticabile. Se consideriamo questa<br />

deriva all’interno di una più importante e ampia deriva, quella dell’ignoranza<br />

di ritorno, ecco che quei “mostri” possono generare lo sconforto e<br />

la “denuncia” del lettore Giovanni che offre naturalmente la sponda ai<br />

diretti interessati per controbattere con le loro argomentazioni quanto<br />

affermato (<strong>SUONO</strong> per dovere di cronaca li ospiterà); resta il fatto che<br />

se le obiezioni formulate fossero vere, il ruolo di watchdog non è stato<br />

svolto a dovere… da chi di dovere!<br />

Tirando le somme, quanto descritto ha generato due tipi di problemi<br />

e, a mio modo di vedere, dà adito a due tipi di sfida: una riguarda<br />

il linguaggio e la capacità di chi ha la possibilità (come le riviste) di<br />

veder passare una moltitudine di apparecchi potendoli confrontare<br />

in un regime controllato, di trasmettere a chi legge le sensazioni e<br />

le indicazioni qualitative in merito alla propria esperienza; l’altra è<br />

quella di continuare (o cominciare?) a svolgere il ruolo istituzionale<br />

preposto, quello dei controllori. Se per il primo quesito/sfida ammetto<br />

di non aver ancora trovato la soluzione (ma ci abbiamo provato ed è<br />

molto di più di quanto avviene in media), per il secondo punto ritengo<br />

che la storia recente di <strong>SUONO</strong> proprio nell’eternità della sua formula<br />

(la carta rimane lì a imperitura memoria) possa fornire la risposta<br />

a patto che, affetti da analfabetismo di ritorno, non si sia capaci di<br />

leggere nelle righe e tra le righe! Non è un atto auto assolutorio ma<br />

una semplice constatazione per chi come me considera ogni punto di<br />

arrivo un punto di partenza.<br />

In merito infine al ben noto problema (chi controlla il controllore?) fa<br />

bene Giovanni Repetti ad invitare i lettori stessi a vigilare: giuro che ho<br />

sempre avuto il massimo rispetto per questo tipo di controllo che vi invito<br />

a mantenere e, anzi, è ulteriore stimolo a far meglio. Archiviate il tutto<br />

in “buoni propositi per un nuovo decennio” e poi si vedrà sul campo!<br />

Paolo Corciulo<br />

12 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


ANTENNA<br />

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Toh chi si rivede:<br />

Oehlbach!<br />

Molti ricordano come nei primi anni ’90<br />

venissero utilizzati diversi prodotti costruiti<br />

da questa azienda, soprattutto cavi<br />

per diffusori ed interconnessione. Poi, nel<br />

tempo, una distribuzione discontinua ha<br />

portato lentamente nell’oblio questo marchio<br />

oggi nuovamente riproposto nei negozi<br />

fisici di alta fedeltà dall’importatore<br />

MPI Electronics con la presentazione del<br />

vasto catalogo di cavi e accessori nel settore<br />

video, audio, alimentazione, computer.<br />

Sfogliando i prodotti di questo produttore,<br />

l’interesse si è subito incentrato verso i<br />

componenti della sezione “Power”, spesso<br />

a torto trascurata o sottovalutata: cavi<br />

e prese multiple o powerstation come li<br />

chiama la stessa Oehlbach. Il cavo di alimentazione<br />

Powercord XXL da 1,5 m, la<br />

Powersocket 908 XXL e la Powerstation<br />

909 XXL si collocano al top della categoria<br />

“Power” pur avendo prezzi interessanti e<br />

abbordabili dai più; l’azienda, in effetti,<br />

propone tantissimi prodotti ben costruiti<br />

ma con prezzi ancorati alla realtà e al segmento<br />

midprice.<br />

Il cavo di alimentazione si presenta con<br />

uno spessore ragguardevole in quanto<br />

al suo interno, come dichiarato dal costruttore,<br />

si trovano tre conduttori HP-<br />

OCC monocristallino di 4 mm quadrati<br />

ben schermati da due fogli in alluminio<br />

ricoperti da una guaina in tessuto, con il<br />

risultato di una più che buona flessibilità.<br />

Molto performanti i connettori, entrambi<br />

dotati di contatti placcati in oro 24 K racchiusi<br />

in un corpo di alluminio nero con<br />

impresso il logo della casa.<br />

Il Powersocket XXL è una presa multipla a<br />

otto posti che in funzione della sua forma è<br />

ideale per una collocazione in verticale sulla<br />

parete a ridosso delle elettroniche. Su di un<br />

lato troviamo quattro prese digitali “filtrate”<br />

e sull’altro altre quattro analogiche “non<br />

filtrate”, tutte attacco Schuko con contatti<br />

placcati in oro 24 K e l’indicazione della fase<br />

per ogni postazione. I conduttori interni<br />

hanno un diametro di 3,3 mm quadrati<br />

realizzati in rame privo di ossigeno collegati<br />

alle varie prese a mezzo di viti dorate.<br />

L’involucro è completamente in alluminio<br />

spazzolato dotato di presa IEC maschio, un<br />

interruttore generale, un tasto reset e due<br />

spie luminose che indicano la corretta fase<br />

e la protezione da sovratensioni.<br />

Di un livello superiore, la Powerstation 909<br />

XXL utilizza un cabinet classico in metallo<br />

con un design completamente differente:<br />

il frontale è in alluminio spazzolato in due<br />

colorazioni, silver e nero e le dimensioni<br />

consentono di collocare l’apparecchio tranquillamente<br />

insieme agli altri componenti<br />

del sistema. Il numero e le funzioni delle<br />

prese poste nella parte posteriore sono<br />

identiche alla Powercord ma questo apparecchio<br />

possiede ulteriori funzioni che<br />

rendono questo prodotto più interessante.<br />

Sulla parte frontale troviamo due interruttori<br />

che attivano un primo e un secondo<br />

gruppo di prese analogiche e digitali, queste<br />

ultime provviste della funzione “delay”<br />

che ritarda l’accensione di due secondi.<br />

Al centro un display che fornisce attraverso<br />

il tasto mode informazioni sulla tensione e<br />

sul consumo di energia. Lo stesso può essere<br />

disattivato dal tasto “display” presente<br />

sul frontale dell’apparecchio. Sulla parte<br />

posteriore, oltre alle otto prese e l’ingresso<br />

IEC troviamo il tasto reset e una presa di<br />

messa a terra, utile per eventuali apparecchi<br />

come il lettore analogico. Già dal<br />

primo utilizzo si nota la tenuta delle prese<br />

che offrono una decisa resistenza, segno<br />

di un contatto molto preciso e robusto.<br />

Il cavo Powercord XXL collegato a vari<br />

apparecchi restituisce un suono pulito e<br />

sostanzialmente lineare e, nonostante un<br />

diametro non indifferente, non produce<br />

come altri cavi di grossa sezione un basso<br />

gonfio e invadente. Le prese multiple si<br />

apprezzano per il collegamento elettrico<br />

di qualità che prevede l’intervento anche<br />

su una serie di possibili disturbi e segnali<br />

indesiderati, contribuendo a migliorare<br />

14 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Cavo Oehlbach Powercord XXL<br />

Prezzo: € 307,00<br />

Tipo: alimentazione Conduttore: rame<br />

HPOCC Schermatura: doppia in rame intrecciato<br />

privo di ossigeno (OFC) e pellicola di<br />

alluminio. Caratteristiche: guaina in tessuto<br />

Note: I contatti della spina Schuko e della<br />

presa per dispositivi ad alta temperatura sono<br />

placcati oro 24k.<br />

DALL’ ALTO: Indicazione del consumo e della tensione su Powerstation XXL 909.<br />

Sia nel Powersocket 908 che nel Powerstation XXL 909 i contatti sulla<br />

presa IEC sono dorati.<br />

A DESTRA: Notevole anche la sezione dei cablaggi, con viti dorate.<br />

le prestazioni dei nostri impianti restituendo un suono<br />

più fluido e meno affaticante oltre a una sensazione di una<br />

maggiore dinamica. Per quanto verificato, dunque, la linea<br />

XXL della casa tedesca sembra caratterizzata da un ottimo<br />

rapporto qualità prezzo e dal notevole livello costruttivo,<br />

elementi entrambi determinanti nella scelta di un prodotto<br />

“accessorio” che, nel caso di Oehlbach anche nei prodotti<br />

di eccellenza non tracima costi ragionevoli lontani dalle<br />

esagerazioni dei modelli top. Certo non ci si deve aspettare<br />

performance da F1 ma se questi componenti troveranno<br />

collocazione tra le nostre apparecchiature Hi-Fi, restituiranno<br />

con il loro intervento quei piccoli ma significativi<br />

miglioramenti che ogni audiofilo ricerca continuamente.<br />

Nicola Candelli<br />

Distributore: MPI Electronic<br />

www.mpielectronic.com<br />

Complemento<br />

Oehlbach Powersocket 908<br />

Prezzo: € 369,00<br />

Tipo: Presa multipla Ingressi:<br />

quattro prese digitali (filtrate)<br />

e quattro prese analogiche (non<br />

filtrate) Note: corpo in alluminio.<br />

Contrassegni di fase in ciascuna presa singola: i corretti collegamenti<br />

sono indicati da una spia di controllo. CABLAGGI OFC = Oxygen Free<br />

Copper, rame privo di ossigeno. Protezione di sovratensione.<br />

Complemento<br />

Oehlbach Powerstation XXL 909<br />

Prezzo: € 717,00<br />

Tipo: Presa multipla Ingressi:<br />

quattro prese digitali (filtrate)<br />

e quattro prese connettore analogiche (non filtrate); due gruppi separati<br />

di prese di corrente composti ciascuno da due prese filtrate e non filtrate<br />

possono essere attivati singolarmente Note: corpo in alluminio. Contrassegni<br />

di fase per singola presa: i corretti collegamenti sono indicati da<br />

una spia di controllo. Funzione di ritardo (tre secondi) per gli interruttori<br />

principali, contro picchi di corrente all’accensione. Nera o argento.<br />

15


ANTENNA<br />

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MR. DAN<br />

Dan Clark è un ingegnere elettronico che lavora<br />

nel mercato dell’audio high-end da oltre<br />

vent’anni e ha seguito l’intera tradizionale trafila<br />

di settore che comincia, come un po’ per tutti,<br />

da una passione ereditata dal padre (si dice l’abbiano<br />

visto armeggiare con l’impianto McIntosh<br />

del padre ad appena 4 anni!). Al college consegue<br />

la laurea in Ingegneria concentrandosi sui<br />

circuiti lineari e sugli amplificatori di potenza<br />

e dopo la laurea viene coinvolto in progetti di<br />

alta tecnologia (lo sviluppo di Apple Quicktime<br />

e dei primi chipset MPEG) ma non abbandona<br />

la sua passione per l’audio sia durante la scuola<br />

(lavorando per un negozio Hi-end) che dopo,<br />

quando progetta e costruisce altoparlanti sia<br />

per se stesso che per le aziende. È così che<br />

entra nell’orbita di Phil Jones (Acoustic Energy<br />

AE-1 e AE-2) quando questi, nella seconda<br />

metà degli anni ’90, dà vita alla sua società<br />

Platinum Audio (terminerà l’attività nel 1999).<br />

Per Platinum Audio Dan sviluppa gli Studio 2 e<br />

i Reference 2, prodotti che vengono apprezzati<br />

nel settore, mostrando una particolare predilezione<br />

per i subwoofer isobarici. La crescita<br />

della sua attività lo porta a dar vita a una propria<br />

società di consulenza di progettazione che<br />

denomina MrSpeakers per sottolineare le sue<br />

competenze specifiche. Quando però arriva<br />

l’esplosione dell’ascolto in cuffia Clark mostra<br />

un interesse particolare per il settore, che lo<br />

porta inizialmente a modificare le cuffie Fostex<br />

(e a diventare una delle voci più ascoltate<br />

di Head-Fi), sviluppando in seguito prodotti<br />

commerciali ex novo per gli appassionati di<br />

cuffie, utilizzando il Fostex T50rp come plancia<br />

base. Questo ha portato alla progettazione delle<br />

cuffie Mad Dog e Alpha Dog. Utilizzando i ricavi<br />

generati dalle prime vendite, Clark finanzia la<br />

progettazione e la produzione delle sue prime<br />

cuffie originali che utilizzano una variazione<br />

brevettata della tecnologia planare (V-Planar):<br />

grazie alla collaborazione con Bruce Thigpen<br />

di Eminent Technology è stata sviluppata una<br />

sorta di “plissettatura” del cono dell’altoparlante<br />

planare che gli consente di muoversi come<br />

una superficie piana nonostante il sistema sia<br />

bloccato ai suoi bordi, determinando nei sistemi<br />

planari “convenzionali” un funzionamento simile<br />

a quello di una superficie curva. Grazie a questa<br />

soluzione le cuffie MrSpeackers sono state<br />

apprezzate e premiate al punto da convincere<br />

il fondatore dell’azienda che la contraddizione<br />

in termini insita nel nome (diffusori e cuffie non<br />

sono la stessa cosa!) andasse sanata. Così, a fine<br />

dello scorso anno, MrSpeackers è diventata Dan<br />

Clark Audio ed è così che i suoi prodotti sono<br />

giunti in Italia!<br />

Paolo Corciulo<br />

Introdotta nel 2017 la Aeon viene proposta in versione<br />

aggiornata (2) in due configurazioni, aperta<br />

e chiusa, offerte allo stesso prezzo. L’archetto è<br />

in NiTinol (lega nichel/titanio) “Memory Metal”<br />

ripiegabile con sistema cardanico e per il trasporto<br />

è prevista una custodia rigida in dotazione.<br />

Cuffia Dan Clark Audio Aeon 2<br />

Prezzo: € 1.090,00<br />

Peso: 327 g<br />

Distributore: Audiogamma<br />

www.audiogamma.it<br />

Tipo: chiusa o aperta Trasduttori: magnetoplanari<br />

Impedenza (Ohm): 13 Sensibilità<br />

(dB): 94 Cavo: 2,5 mt staccabile.<br />

16 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


ANTENNA<br />

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Per ogni necessità<br />

Dopo un periodo di limbo torna in Italia Isotek, il marchio specializzato in accessori<br />

per il trattamento del segnale elettrico in Hi-Fi. Fondata nel 2001 da Keith Martin<br />

che ne è anche l’attuale direttore generale, Isotek nasce con lo scopo di far fronte<br />

alle varie componenti che inquinano la corrente elettrica: “Ero stufo di poter ascoltare<br />

bene l’impianto solo a notte inoltrata”, racconta Martin, facendo riferimento<br />

al fatto che in tarda ora, essendo i consumi energetici minori, anche le componenti<br />

di rumore diminuiscono, “e non riuscendo a trovare nessun prodotto in grado di<br />

risolvere il problema ho deciso di crearlo da solo. Avevo le competenze per farlo!”.<br />

Laureato in design industriale, per un periodo commesso in un negozio di dischi,<br />

poi designer per aziende come Coca Cola e Lufthansa, Martin decide di dare vita a<br />

Isolation Technology, da cui l’acronimo Isotek. L’azienda è parte del gruppo Audio<br />

Power Systems con altri marchi come Blue Horizon (rack audio e accessori) e Weibel<br />

(elevatori per proiettori). La sede centrale è in Svizzera, ricerca e sviluppo si svolgono<br />

in Inghilterra e la produzione in Slovacchia dove<br />

il costo del lavoro è minore.<br />

Il catalogo della casa si articola in cinque linee<br />

pensate in funzione di differenti fasce di prezzo<br />

del sistema in cui i prodotti andranno a essere<br />

inseriti: oltre 30 tra cavi (7), connettori, prese, filtri<br />

e condizionatori di rete (nella foto l’Evo 3 Genesis,<br />

uno dei più raffinati, destinato a impianti da più<br />

di 50.000 euro), questi ultimi offerti in ben dieci<br />

differenti versioni!<br />

Agostino Bistarelli<br />

Distributore: Tecnofuturo<br />

www.tecnofuturo.it<br />

E SE A SCUOLA ARRIVASSE LA MUSICA<br />

ANCHE QUANDO NON C’È?<br />

“Andiamo in molte scuole poco servite e in comunità con<br />

poche risorse a portare un’esperienza che apre gli occhi<br />

e può cambiare la vita dei bambini e delle comunità”,<br />

spiega Brian Rothschild, Co-fondatore e Direttore<br />

Esecutivo del Lennon Bus, un impianto mobile di<br />

registrazione e produzione audio e video HD con un<br />

programma itinerante che nel 2020, quello che sarebbe<br />

stato l’ottantesimo compleanno dell’ex Beatles,<br />

svolge un ruolo propedeutico alle iniziative del John<br />

Lennon Educational Tour Bus in Europa e USA. Grazie<br />

alla tecnologia Smart Active Monitoring di Genelec<br />

(sponsor dell’iniziativa) è stato possibile creare specifici<br />

preset di calibrazione per diverse configurazioni<br />

del Bus, utilizzando il software GLM di Genelec. “La<br />

capacità di sintonizzare i diffusori nella stanza e il fatto<br />

che si tratti di un processo davvero semplice è fantastico”,<br />

racconta Jeff Sobel, Creative Technology Director del<br />

Lennon Bus, “Il Bus è uno spazio configurabile. Ha porte<br />

scorrevoli in vetro che possono separare le stanze l’una<br />

dall’altra e che cambiano anche l’acustica dello spazio”.<br />

È abbastanza per ispirare la prossima generazione<br />

di musicisti?<br />

Agostino Bistarelli<br />

18 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


ANTENNA<br />

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Mono ma<br />

bi-amp<br />

Un nuovo amplificatore mono non è certo<br />

una novità per McIntosh ma l’MC 901 si<br />

distingue per essere specificatamente dedicato<br />

alla biamplificazione. Sfruttando<br />

il crossover regolabile di questo finale e<br />

grazie al fatto che sono presenti due stadi<br />

di potenza completamente distinti, le regolazioni<br />

nel taglio e nella sua pendenza<br />

consentono un’ampia versatilità nell’interfacciamento<br />

con diffusori predisposti per<br />

la biamplificazione. Una sezione a stato<br />

solido da 600 W è dedicata alla riproduzione<br />

delle basse frequenze mentre uno<br />

stadio valvolare da 300 W basato su otto<br />

valvole di uscita KT88, quattro valvole di<br />

segnale 12AT7 e due 12AX7A e dotato di<br />

autotrasformatore è dedicato alle medie e<br />

alte frequenze. Il crossover, con i controlli<br />

accessibili nella parte superiore dell’unità,<br />

consente di regolare i livelli di guadagno<br />

relativi a ciascuna sezione dell’amplificatore<br />

da -6 dB a +3 dB mentre l’alimentazione<br />

(diretta e che può bypassare i filtri) viene<br />

collegata a ciascuna sezione dell’amplificatore.<br />

Nel grande display compaiono<br />

sovrapposti due VU-Meter che mostrano<br />

la potenza erogata distintamente dalla<br />

sezione valvolare e quella a stadio solido.<br />

Nella sezione valvolare è stato introdotto<br />

un nuovo circuito Power Guard dedicato<br />

alle valvole KT88 che tramite un sensore<br />

di griglia monitora il loro stato prevenendo<br />

guasti e allungandone la vita.<br />

Il Tremila<br />

Amplificatore finale McIntosh MC 901<br />

Prezzo: € 28.000,00<br />

Dimensioni: 44,45 x 33,7 x 74,9 cm (lxaxp)<br />

Peso: 77,1 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: mono Tecnologia: ibrida: stato<br />

solido per sezione bassi, a valvole per sezione<br />

medio-alti Potenza (W): 600 su 2/4/8<br />

per sezione bassi, 300 su 2/4/8 per medio<br />

alti Risp. in freq. (Hz): 20-20.000 S/N<br />

(dB): 112 (VT), 122 (SS) THD (%): 0,5 (VT),<br />

0,005 (SS) Fattore di smorzamento: >18<br />

(VT), >40 (SS) Ingressi: 3 bilanciati XLR<br />

(SS, VT e Composite) Note: controllato<br />

tramite RC o via cavo DB25. Configurazione<br />

Quad Balanced per lo SS e UNity coupled per<br />

quello VT. Display VuMeter Dual. Chassis in<br />

acciaio lucido con vetro sul frontale.<br />

NUOVA SERIE<br />

www.pmc-speakers.com<br />

The definition of performance.<br />

vieni ad ascoltarle a Milano da:<br />

Progettazione,vendita ed installazione<br />

impianti audio-video-rete dati<br />

C.So magenta, 27- 20123 - Milano<br />

Ph +39 02.80.56.410 - Fax +39 02.86.45.60.11<br />

info@buscemihifi.It<br />

20 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


ANTENNA<br />

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Amplificatore integrato Boulder 866<br />

Prezzo: non comunicato<br />

Dimensioni: 44 x 19 x 39 cm (lxaxp)<br />

Peso: 24,50 Kg<br />

Distributore: Audio Graffiti<br />

www.audiograffiti.com<br />

PUNTO DI SVOLTA<br />

L’introduzione del Boulder 866 è un punto<br />

di svolta nella storia del marchio che porta<br />

lo stesso nome della città del Colorado dove<br />

vengono costruiti i suoi prodotti. Fino ad oggi<br />

sostanzialmente tradizionalista e legata ai<br />

consumati canoni Hi-Fi, la line up della casa si<br />

arricchisce infatti di un prodotto in un certo<br />

modo di rottura che prefigura innanzitutto<br />

il desiderio di posizionarsi in una fascia più<br />

economica che in precedenza.<br />

Grazie infatti a una serie di economie di scala<br />

(che toccano i circuiti stampati, il telaio e<br />

l’alimentazione), l’866, avrà un costo simile se<br />

non inferiore al predecessore 865 presentato<br />

oltre 12 anni fa. Il nuovo apparecchio mostrato<br />

al pubblico per la prima volta in occasione del<br />

recente Audio Fair di Tokyo (vedi foto) verrà offerto<br />

nelle versioni completamente analogica o con<br />

sezione digitale a bordo (per la prima volta negli<br />

integrati della casa), controllabile via app Wi-Fi. Uno<br />

schermo da 18 cm touch consente le operazioni<br />

anche a bordo dell’apparecchio, che eroga una<br />

potenza di 200 watt, 50 in più del predecessore.<br />

Agostino Bistarelli<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato<br />

solido Potenza: 2 x 200 W su 8 Ohm Risp. in freq.<br />

(Hz): 0.015 - 150.000 THD (%): 0.01 Ingressi<br />

analogici: 3 XLR Ingressi digitali: USB HiRes /<br />

Ethernet Uscite digitali: Ottica Note: schermo<br />

da 7” touch screen. 4x USB, wireless, AirPLay,<br />

DLNA; controllabile da App.<br />

NUOVA SERIE<br />

www.pmc-speakers.com<br />

The definition of performance.<br />

vieni ad ascoltarle a Chieti da:<br />

Un grande successo che va in scena<br />

da oltre quaranta anni<br />

Viale Benedetto Croce, 437<br />

66100 - Chieti Scalo (CH) - Italia<br />

Tel: +39 0871 562 198 - info@hifidiprinzio.it<br />

22 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INSIDE<br />

di Massimo Bargna<br />

Mister No, i Sixties e il rock<br />

Una miniserie a fumetti rilancia il celebre eroe della Bonelli spostando le sue avventure dalla Manaus degli<br />

anni Cinquanta alla New York e alla San Francisco degli anni Sessanta, all’epoca del Flower Power. E a farla<br />

da padrone nelle nuove avventure disegnate non poteva che essere la musica rock!<br />

Il mito dei Sixties, nelle sue diverse declinazioni politicocultural-musicali,<br />

è duro a morire. Sarà perché le icone di<br />

quel periodo magico e contraddittorio sono entrate a far<br />

parte dell’immaginario collettivo di tutti noi: da Bob Dylan ai Beatles,<br />

da John Kennedy a Martin Luther King, da Marylin Monroe<br />

ad Andy Warhol… sono tanti i volti rappresentativi di un’epoca<br />

senza cui non riusciremmo a immaginare la nostra. Furono gli<br />

anni della lotta per i diritti civili, della guerra del Vietnam, dello<br />

sbarco sulla Luna, della rivoluzione sessuale e della nascita di<br />

una controcultura giovanile che trovava nella musica rock e di<br />

protesta uno dei suoi principali elementi di riconoscimento. Ma<br />

gli anni Sessanta furono anche il momento in cui, grazie al già<br />

citato Warhol, maestro della Pop Art, il fumetto venne nobilitato<br />

da semplice fenomeno di costume a vera e propria forma d’arte.<br />

Non è un caso, allora, se la Bonelli, la storica casa editrice italiana<br />

di fumetti, abbia deciso di ambientare il reboot di uno dei suoi più<br />

riusciti personaggi, Mister No, proprio in quell’età dell’oro della<br />

musica e dell’arte di cui ancora oggi subiamo prepotentemente<br />

l’influsso. Ne abbiamo parlato con Michele Masiero (nella foto di<br />

apertura), 52 anni, direttore editoriale della Bonelli e sceneggiatore<br />

dell’appassionante miniserie a colori Mister No Revolution,<br />

pubblicata in tre volumi da libreria e distribuita in edicola in sei<br />

albi dalle splendide copertine.<br />

Non poteva non destare l’attenzione di <strong>SUONO</strong> il fatto<br />

che cinque numeri su sei di Mister No Revolution recano<br />

il titolo di una celebre canzone di rock e folk rock<br />

americani. È una scelta che ha a che fare anche con i<br />

tuoi gusti musicali?<br />

Musicalmente io sono un onnivoro. Amo anche il rock d’annata<br />

ma la musica indie è quella che ascolto più volentieri. È negli<br />

anni Sessanta, però, che sono state gettate le basi di tutto ciò ha<br />

24 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INTERVISTA MICHELE MASIERO<br />

Le copertine di due dei nuovi episodi di Mister No<br />

E MISTER NO CAMBIA FACCIA<br />

Emiliano Mammucari, 44 anni,<br />

dai Castelli Romani, è l’autore<br />

delle splendide sei copertine<br />

di Mister No Revolution. Fumettista<br />

a tempo pieno, da quindici<br />

anni lavora per la Bonelli per<br />

cui ha disegnato Dylan Dog e<br />

creato Orfani, la prima serie a<br />

colori del fumetto italiano.<br />

Le tue bellissime copertine<br />

della miniserie di Mister No si<br />

discostano dallo stile classico<br />

della Bonelli e sono più in sintonia con il gusto delle nuove generazioni di lettori<br />

di fumetti. Da dove hai tratto ispirazione per questo tuo lavoro?<br />

L’idea di partenza era di prendere uno dei personaggi cardine della Bonelli e trasportarlo<br />

in un format moderno. Devo dire che ha funzionato alla grande, sia nella<br />

storia, sia nelle copertine. Per quanto mi riguarda ho scelto di essere aderente al<br />

personaggio e raccontare la sua vicenda. Nelle copertine si segue il percorso di<br />

Jerry Drake dall’America della sua adolescenza alla guerra del Vietnam e poi dal<br />

suo ritorno nella San Francisco del ’68, fino al suo arrivo in Amazzonia. Mister No<br />

Revolution è la storia di un uomo che cerca il suo posto nel mondo.<br />

Il fatto di lavorare nell’ambito di un progetto editoriale che aveva come obiettivo<br />

di rinnovare e rilanciare Mister No ricollocandolo in un’altra epoca, ti ha<br />

fatto sentire più libero a livello creativo o, al contrario, calarti nel mood degli<br />

anni Sessanta ha comportato delle difficoltà?<br />

Il progetto è un atto d’amore verso l’eroe della Bonelli che Masiero e io amiamo di<br />

più. Eravamo tutti dispiaciuti che Mister No non fosse più in edicola, e così abbiamo<br />

deciso di colmare questo vuoto. È stato tutto più semplice di come può sembrare:<br />

il personaggio di Mister No è talmente carismatico che, non appena ha iniziato a<br />

muoversi nel nuovo ambiente, ha preso subito possesso nella scena. Noi ci siamo<br />

lasciati trasportare con passione dal lavoro senza renderci bene conto di ciò che<br />

facevamo. L’emozione è salita, però, quando abbiamo sentito l’abbraccio del pubblico.<br />

Dei lettori che amano il personaggio.<br />

Quale tecnica hai usato per la realizzazione delle tue copertine? Puoi spiegarci,<br />

passo per passo, come ti sei mosso?<br />

Ho realizzato le copertine in pittura digitale. Si lavora come con i colori a olio solo<br />

che, invece di prendere la tavolozza, si disegna direttamente sul monitor del PC. Io<br />

sono partito con un’idea ben precisa: volevo realizzare immagini che ricordassero<br />

le copertine delle riviste di reportage di guerra, cioè molto asciutte e schematiche.<br />

Nello stesso tempo intendevo raccontare una storia, come se le mie copertine fossero<br />

il trailer delle avventure all’interno dell’albo. Non volevo adottare uno stile classico<br />

e nemmeno strizzare l’occhio alle locandine cinematografiche. Mi interessava fare<br />

qualcosa di realmente nuovo, restando incollato alla storia.<br />

Negli anni ‘60 le copertine dei vinili erano una vera e propria forma d’arte. Qual<br />

è quella che ti ha colpito di più e che ha influito maggiormente sul tuo stile?<br />

Confesso di essere un beatlesiano di acciaio. Ho amato la storia della costruzione<br />

della copertina di Sgt. Pepper, costruita con la volontà di raccontare il mondo artistico<br />

e l’immaginario di tutti e quattro i Beatles. In questa icona del rock sono raccolti i<br />

miti e le vicende degli anni Sessanta ma anche i ricordi personali dei componenti<br />

della band. Per realizzarla, sono perfino andati a casa di loro amici a recuperare dei<br />

memorabilia di quando erano ragazzi. Questa idea di costruire una storia nuova<br />

utilizzando pezzi della propria vita, senza nascondersi, mi ha sempre affascinato.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 25


INSIDE<br />

A SINISTRA IN ALTO: Una tavola della San Francisco del ’68<br />

A SINISTRA IN BASSO: Mister No a San Francisco<br />

passione per le terre che aveva visitato, i libri che aveva letto e la<br />

musica che ascoltava, in primo luogo il jazz classico ma anche la<br />

bossa nova brasiliana. L’avventura editoriale di Mister No durò<br />

trent’anni, fino al 2006, quando Bonelli scrisse l’ultima storia.<br />

Dopo la sua scomparsa, nel 2011, Mister No restò nel limbo per<br />

diversi anni perché non ce la sentivamo di scrivere una storia<br />

su un personaggio così intimamente legato al suo autore. Alla<br />

fine, però, abbiamo rotto gli indugi e riportato in vita il nostro<br />

eroe, con una serie di classici ambientati in Amazzonia (ora in<br />

edicola) e, qualche mese prima, con Mister No Revolution. Vi<br />

hanno collaborato il copertinista Emiliano Mammuccari e i disegnatori<br />

Matteo Cremona e Alessio Avallone, insieme ad alcuni<br />

bravissimi coloristi. L’idea di creare una miniserie che innovasse<br />

il personaggio, spostandolo in un’epoca e un contesto differenti,<br />

ci è venuta perché Mister No ha dei tratti molto moderni. Ho<br />

pensato agli anni Sessanta, un periodo estremamente complesso<br />

ed eccitante, e a due città simbolo, New York e San Francisco,<br />

che furono al centro dei movimenti controculturali che avevano<br />

come comune denominatore una gran voglia di cambiare il<br />

mondo. È qui che trovarono maggiore spazio le rivendicazioni dei<br />

neri, del femminismo, degli omosessuali e dei pacifisti e che si<br />

sviluppò quella rivoluzione musicale che portò al rinnovamento<br />

della musica rock.<br />

forgiato il mio gusto musicale, grazie a band come i Velvet Underground<br />

e i Jefferson Airplane e ad autori come Neil Young e il<br />

Bob Dylan che cominciava a diventare elettrico. Era una musica<br />

che sperimentava, un rock che diventava più adulto e morboso<br />

e apriva nuove strade.<br />

Com’è nata l’idea di spostare le storie di Mister No dalla<br />

suggestiva cornice naturale della foresta amazzonica<br />

a quella metropolitana della Grande Mela e della San<br />

Francisco della Summer of Love?<br />

A monte di tutto c’è il mio amore per il personaggio creato nel<br />

’75 dal grande Sergio Bonelli, alias Guido Nolitta. È il primo<br />

anti-eroe della nostra casa editrice, un avventuriero cinico e romantico<br />

al tempo stesso in cui il suo creatore riversò la propria<br />

Mister No si è così ritrovato in un’America completamente<br />

stravolta nella propria visione del mondo e nei<br />

propri valori. Che reazione ha avuto, lui che nella sua<br />

precedente vita editoriale ascoltava il bebop e Frank<br />

Sinatra, ad assistere a un concerto dei Velvet Underground<br />

al Greenwich Village e a vagabondare nella San<br />

Francisco di Janis Joplin, dei Jefferson Airplane, di Allen<br />

Ginsberg e della cultura psichedelica?<br />

In effetti, è stato come far salire Mister No su una macchina del<br />

tempo per catapultarlo in un’altra epoca, che sentivamo più vicina<br />

a noi. Nelle storie classiche il personaggio aveva combattuto nella<br />

Seconda guerra mondiale, spinto dall’afflato patriottico di chi<br />

sa di essere dalla parte giusta. Mister No Revolution, invece, è<br />

per una buona parte ambientato durante la guerra del Vietnam,<br />

un’impresa bellica che a casa era molto contestata e che finì in<br />

un disastro. Quando Mister No, il cui vero nome è Jerry Drake,<br />

ritorna in patria alla fine degli anni Sessanta, è un ragazzo<br />

ventenne in cerca di se stesso. Si ritrova in un paese che fatica a<br />

riconoscere e, ovviamente, si sente spiazzato come poteva esserlo<br />

un qualsiasi reduce cha ha visto gli orrori del Vietnam. Al tempo<br />

stesso, però, viene coinvolto nell’atmosfera entusiasmante di<br />

un’epoca di grandi sogni e cambiamenti anche se la disillusione<br />

è già alle porte e, di lì a poco, inizierà il periodo del riflusso conformista.<br />

A New York ho voluto che Jerry Drake assistesse a un<br />

concerto dei Velvet (in una vignetta si distingue chiaramente la<br />

cantante Nico al microfono) quando ancora erano una band conosciuta<br />

da pochi che si stava affacciando sulla scena rock, senza<br />

sapere cosa avrebbero rappresentato per il futuro. Attraverso<br />

26 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INTERVISTA MICHELE MASIERO<br />

tutti i tempi. E per finire quella che, paradossalmente, è la più<br />

emblematica: The sound of silence di Simon & Garfunkel, una<br />

canzone sull’incomunicabilità in cui si riflettono tutte le ansie<br />

di una generazione che si risvegliava dall’illusione di un sogno e<br />

cercava la propria voce.<br />

Al concerto dei Velvet Underground a New York.<br />

questo fumetto, abbiamo voluto regalare ai lettori lo stupore del<br />

momento, cioè l’emozione di vivere in diretta quel periodo così<br />

ricco di stimoli creativi. È come sintonizzarsi magicamente su<br />

una stazione radio degli anni Sessanta e sentire Light my fire dei<br />

Doors o For what is worth dei Buffalo Springfield quando erano<br />

dei pezzi ancora “caldi”.<br />

Il nuovo Mister No è più cinico e disilluso di quanto appariva<br />

negli album classici. Richiama di più gli anti-eroi<br />

e i beautiful losers dei film di Martin Scorsese e Michael<br />

Cimino. Quanto sei stato influenzato nella stesura della<br />

tua sceneggiatura dall’immaginario cinematografico<br />

sulla guerra del Vietnam?<br />

Noi che raccontiamo storie che non ci appartengono perché non<br />

fanno parte del nostro vissuto, abbiamo visto tanti film e letto<br />

tanti libri che ci hanno formati. Più che raccontare una verità<br />

sul Vietnam, ho quindi voluto raccontare cos’è giunto a me di<br />

questa tragedia attraverso il filtro dell’entertainment. Un modo<br />

per ricostruirla mescolando citazioni da capolavori come Apocalypse<br />

Now, Full metal jacket e ll cacciatore. I film sul Vietnam<br />

che ritengo più rappresentativi sono questi, perché hanno tre<br />

visioni differenti degli eventi storici ma tutte molto personali e<br />

sconvolgenti.<br />

Quali sono le canzoni che idealmente dovrebbero fare<br />

da colonna sonora a Mister No Revolution?<br />

Le ho indicate esplicitamente nei titoli degli album distribuiti in<br />

edicola. I’ll be your mirror di Lou Reed, dal seminale album The<br />

Velvet Underground & Nico è quella che preferisco. California<br />

dreamin’ brano del 1965 dei The Mamas & the Papas è stato<br />

oggetto di moltissime cover da parte di artisti di tutto il mondo.<br />

Somebody to love, invece, è tra le canzoni simbolo della scena<br />

di San Francisco, di cui i Jefferson Airplane sono stati esponenti<br />

di punta. Non poteva mancare Gimme Shelter, di Mick Jagger e<br />

Keith Richards, una fra le più famose canzoni antimilitariste di<br />

Gli anni Sessanta sono entrati a far parte del nostro<br />

immaginario collettivo ma al prezzo di una mitizzazione<br />

che ne ha distorto i contorni. A tuo avviso qual è stato il<br />

grande lascito di quell’epoca sul piano artistico e culturale<br />

e il suo maggior punto di debolezza?<br />

È stato un decennio di grandi innovazioni creative che hanno<br />

dilatato i generi artistici popolari, non solo nel campo della musica<br />

ma anche del cinema, dell’arte, della letteratura, del fumetto.<br />

Si aveva il coraggio e la voglia di sperimentare ed esplorare<br />

nuovi orizzonti. Ecco perché gran parte delle migliori rock band<br />

dei decenni successivi hanno un forte debito nei confronti degli<br />

artisti di quegli anni. Anche sul versante delle battaglie per i<br />

diritti civili, ci furono delle conquiste molto importanti che sono<br />

arrivate fino a noi. Certo, ciò che avvenne negli anni Sessanta<br />

non fu tutto rose e fiori. Il movimento della controcultura peccò<br />

di ingenuità e venne strumentalizzato, represso e incanalato<br />

dall’establishment. Mister No attraversa queste contraddizioni<br />

nel corso del fumetto. Si ritrova nella San Francisco del ’68,<br />

ancora molto solare sebbene l’estate dell’amore sia già passata.<br />

Ma Nixon stava per essere eletto, la guerra in Vietnam continuava<br />

e l’uso delle droghe che avrebbero dovuto aprire le porte<br />

della percezione (come sosteneva Aldous Huxley riprendendo<br />

un poema di William Blake che diede il nome al gruppo di Jim<br />

Morrison), cominciava invece a rivelarsi un fenomeno distruttivo,<br />

con la diffusione dell’eroina che sostituiva le sostanze lisergiche.<br />

Anche i dischi degli anni Settanta di Neil Young, insieme a quelli<br />

dei Velvet e dei Doors, testimoniano della fine di questo sogno<br />

psichedelico hippy. Mister No assiste impotente alla morte per<br />

overdose della sua ragazza, simbolo di una generazione sconfitta<br />

e del crollo dei fragili sogni del Flower Power. Il nostro eroe,<br />

però, ha le risorse umane per reagire. Il suo è il racconto della<br />

formazione di un giovane che all’inizio si lascia trascinare dagli<br />

eventi ma poi prende in mano la propria vita.<br />

Qual è la ragione del fascino esercitato sui lettori da Mister<br />

No a distanza di tanti anni dalla sua creazione e<br />

come mai si presta così bene, a differenza di altri personaggi<br />

della Bonelli come Tex e Zagor, a essere ricollocato<br />

in epoche più vicine alla nostra?<br />

Mister No è un personaggio che è sempre stato avanti per il<br />

proprio tempo. Ha una forza dirompente e una modernità che<br />

si sono conservate intatte fino ad oggi. È un anticonformista,<br />

guidato dallo spirito di avventura e dalla voglia di conoscere e<br />

che intrattiene un rapporto complesso e non stereotipato con il<br />

sesso e l’universo femminile. Per renderlo altrettanto moderno<br />

dovevo tentare di trovare nuove strade sia narrativamente che<br />

graficamente. E, se ci pensi, è un po’ l’insegnamento che ci hanno<br />

lasciato gli anni Sessanta…<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 27


INSIDE<br />

di Francesco Bonerba e Luca Di Leonardo<br />

Fuori<br />

dalle righe<br />

Così potremmo (non) definire la vita e la musica di Ara Malikian, violinista di fama mondiale dalla<br />

irrequieta creatività che, in fuga dalle etichette personali e dei generi musicali prima ancora che dal<br />

Libano in guerra, ha trovato riparo in una musica che fonde sonorità e si esprime nella sua forma più<br />

compiuta nell’incontro vitale con il pubblico.<br />

con il violino sin da piccolo, grazie al nonno<br />

e al padre. La scoperta della musica come aggregatore<br />

L’incontro<br />

sociale e terapia rigenerante, avvenuta in un garage<br />

durante la guerra civile libanese, esperienza da cui nascerà il suo<br />

nuovo disco doppio Royal Garage. Poi la fuga in Germania, gli<br />

studi alla Guildhall School of Music & Dram di Londra, l’inizio<br />

di collaborazioni importanti con nomi del calibro di Franco Donatoni,<br />

Malcolm Lipkin e Kuciano Chailly, l’approdo in Spagna,<br />

l’esperienza di primo violino, durata sette anni, presso la Royal<br />

Symphonic Orchestra in Madrid, e infine l’inizio della carriera da<br />

solista in giro per il mondo, con circa 480.000 biglietti venduti<br />

in 280 concerti. Ara Malikian, recentemente protagonista di un<br />

bel documentario realizzato dalla compagna Nata Moreno, A Life<br />

Among Strings, ama stupire sé stesso e il pubblico, fuggire dalle<br />

classificazioni, mescolare i generi, improvvisare restando fedele<br />

solo al proprio viscerale amore per la musica declinato attraverso<br />

le corde del suo violino, autentica estensione fisica del suo spirito.<br />

A inizio dicembre è stato nuovamente in Italia per cinque imperdibili<br />

date. Lo abbiamo raggiunto per una esclusiva intervista<br />

per <strong>SUONO</strong>.<br />

Hai iniziato a suonare il violino sin da piccolo, senza riuscire<br />

più a separartene come racconti anche nel documentario.<br />

Perché credi di esserti innamorato proprio di questo strumento<br />

e non di un altro? Come si mantiene viva una “relazione”<br />

per così tanti anni consecutivi?<br />

Mi innamorai del violino perché mio padre me lo ha dato in mano<br />

facendolo diventare parte della mia vita. Lui era un fanatico del violino.<br />

Continuo ad esserne innamorato perché ho sempre cercato di non<br />

cadere nella routine e di inventarmi qualcosa che mi piace. Credo che<br />

la routine possa essere insopportabile.<br />

Il violino ha salvato tuo nonno dal genocidio armeno – come<br />

nell’album l’album The Incredible Story of Violin – e ti ha<br />

consentito di uscire dal Libano e diventare un artista di fama<br />

mondiale. Hai mai temuto di non farcela?<br />

Certo, esistono sempre momenti di dubbio nei quali ti chiedi “ce la<br />

farò?”. Però c’è sempre la motivazione. Capita di cadere, di fallire.<br />

Quando fallisci sei pieno di dubbi. Nonostante questo, in nessun momento<br />

ho perso la motivazione che mi ha mantenuto vivo e mi ha dato<br />

la forza di continuare a fare quello che mi piace.<br />

28 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INTERVISTA ARA MALIKIAN<br />

Il documentario Ara Malikian: A Life Among Strings racconta<br />

i punti salienti della tua vita, da quando hai dovuto lasciare il<br />

Libano fino ai grandi successi, passando per i tanti momenti<br />

complessi della tua gavetta. Hai collaborato alla scrittura?<br />

La verità è che in origine il documentario doveva essere su mia madre;<br />

piano piano si è trasformato in un film su di me ma senza una vera sceneggiatura.<br />

Abbiamo lavorato con Nata aggiustandolo a poco a poco mentre<br />

lo giravamo ed è venuta fuori la mia storia più o meno per quello che è.<br />

Ci racconti com’è nata l’idea per il progetto di Royal Garage?<br />

Volevo fare un omaggio al primo luogo dove ho scoperto il potere della<br />

musica, il luogo dove mi sono innamorato delle esibizioni in pubblico:<br />

è stato in un garage, in Libano negli anni ’70, quando cominciò la guerra.<br />

Nell’edificio dove vivevamo c’era un garage sotterraneo nel quale<br />

dovevamo passare molto tempo per proteggerci dalle bombe. Stavamo<br />

lì per diversi giorni o settimane, aspettando. Così ho iniziato a suonare<br />

il violino, e altri si sono uniti suonando altri strumenti, cantando e ballando.<br />

In una situazione così drammatica abbiamo fatto feste coi vicini,<br />

ci siamo divertiti e più il rumore delle bombe era forte più aumentava<br />

la nostra energia nel suonare. Quel garage sporco, buio, pieno di topi<br />

e blatte per me è stato un posto pieno di ispirazioni, un luogo magico.<br />

Il mio omaggio è per quel garage, quel luogo in cui mi sono reso conto<br />

che un luogo così può dare allegria, può cambiare le persone e migliorare<br />

la loro qualità di vita.<br />

Nella tua musica trovano spazio non solo le tue radici armene<br />

ma anche influenze arabe, ebraiche, gitane e Kletzmer,<br />

rimandi al tango argentino e al Flamenco spagnolo. Come<br />

funziona il tuo processo creativo? In che modo scegli la<br />

sonorità giusta da inseguire?<br />

È vero, ho avuto la possibilità e anche la fortuna di suonare molti<br />

stili diversi. Però le cose che ho fatto le ho sempre vissute, imparate<br />

e sentite. Per esempio, quando ho cominciato a suonare flamenco ho<br />

iniziato a vivere nel mondo flamenco. Non avevo in programma di fare<br />

fusioni musicali o sperimentare. Sinceramente non mi preoccupo mai<br />

dello stile che faccio. Tutte le cose che ho fatto sono diventate parte di<br />

me. Quando passo da uno stile all’altro è perché faccio musica a modo<br />

mio, mi viene da dentro. A volte, quando compongo, mi succede di<br />

iniziare un pezzo con un carattere orientale che nel processo magari<br />

si trasforma in un brano latino-americano. Non lo controllo e non<br />

mi preoccupo di farlo, voglio che le cose succedano, voglio vivere<br />

l’esperienza e che questa si rifletta in quello che creo. Non voglio che<br />

la mia musica abbia etichette.<br />

Nel disco troviamo diverse collaborazioni: Franco Battiato,<br />

Serj Tankian (frontman dei System of a Down), Bunbury,<br />

Kase.O, Pablo Milanés, Andrés Calamaro. Come hai scelto gli<br />

artisti con cui collaborare?<br />

La collaborazione con questi artisti è stata molto facile. Voglio sottolineare<br />

che non li abbiamo scelti per ragioni economiche o strategiche.<br />

Considerate che il disco non è fatto da una multinazionale e non c’è<br />

una casa discografica: è fatto tutto tra di noi in modo molto artigianale.<br />

Abbiamo contattato alcuni artisti che io conoscevo e coi quali c’erano<br />

rispetto e stima reciproci, musicisti con cui in qualche modo avevo già<br />

collaborato. Li ho contattati con un whatsapp ed è stato molto naturale.<br />

Sapevo che sarebbe stato facile. Con Battiato è stato leggermente diverso.<br />

Qui in Spagna è molto conosciuto e io conoscevo bene la sua musica.<br />

A proposito di etichette: ne parli in diverse occasioni e le<br />

rinneghi sempre. Non ti piacciono le definizioni che ti vengono<br />

date...<br />

Mi definisco un musicista. Niente di più, niente di meno. Sono un<br />

musicista innamorato di quello che fa e con l’obiettivo di condividere<br />

la sua passione con il pubblico.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 29


INSIDE<br />

Il caso ha voluto che avessimo un amico in comune così sono riuscito<br />

a mettermi in contatto con lui e la sua risposta è stata meravigliosa.<br />

Dopo la registrazione gli abbiamo mandato il risultato finale di cui lui<br />

è stato molto felice e “pronti, via!”. Un disco con tante collaborazioni<br />

può sembrare difficile ma non c’è stata nessuna complicazione, nessun<br />

episodio strano. È bello che le cose accadano così facilmente!<br />

Da diverso tempo sostieni il progetto ONG Acción Contra el<br />

Hambre, che ti porta a contatto con i bambini di un campo<br />

di rifugiati siriani in Libano. Quanto è importante, per te,<br />

che la musica abbia una funzione sociale? In che modo pensi<br />

possa contribuire a rendere il mondo un posto migliore?<br />

È l’eterna questione: la musica e l’arte hanno il potere di fermare le<br />

guerre e le ingiustizie? Forse non arrivano a tanto però possono cambiare<br />

la gente, hanno la forza di cambiare le persone che si dedicano a<br />

combattere guerre o a commettere ingiustizie o vivono di delinquenza.<br />

Se tutti avessimo accesso alla musica e alla bellezza dell’arte sin da<br />

piccoli (che sia pittura, teatro o letteratura) sono sicuro che potremmo<br />

vivere in una società più rispettosa, aperta ad ascoltare opinioni<br />

diverse. Se uno si dedica all’arte non si dedicherà mai alla delinquenza<br />

o alla violenza.<br />

Il brano El Extranjero, scritto da Bunburry, ha una forte<br />

connotazione politica. In Spagna il partito di estrema destra<br />

Vox è la terza forza politica del Paese e nel resto dell’Europa<br />

avanzano ideologie che non riconoscono l’accoglienza come<br />

un dovere politico ma, al contrario, incitano l’odio, invocando<br />

la chiusura dei porti e delle frontiere. Ti andrebbe di fare<br />

un commento su questo?<br />

Assolutamente sì, è necessario parlarne. È importantissimo capire come<br />

questa situazione si possa risolvere. Questa terribile ondata di razzismo<br />

e intolleranza purtroppo non è una novità. Ci sono correnti di odio che<br />

tornano ciclicamente. Facciamo bene a preoccuparcene perché generano<br />

violenza e odio ma soprattutto disinformazione. Ritengo che sia una<br />

grande bugia che “lo straniero” sia una minaccia per la nostra società.<br />

È esattamente il contrario. È dimostrato dalla storia che quelli “da<br />

fuori” portano sempre qualcosa di buono, che qualunque cultura e civilizzazione<br />

debba accogliere gli altri per potersi arricchire ed evolvere.<br />

È importante continuare a parlarne perché passi questa brutta ondata<br />

di intolleranza. Ma io credo nelle persone e ho fiducia che torneremo<br />

tutti a essere più umani. Il punto è che non dobbiamo trattare il problema<br />

dell’immigrazione come una questione politica ma come una<br />

catastrofe umanitaria. Proprio di questo tratta la canzone. La amavo<br />

molto e abbiamo voluto inserirla nel disco, così come nei titoli di coda<br />

di A Life Among Strings.<br />

Parliamo del rapporto tra la tua musica e il cinema. Oltre al<br />

documentario, che è un po’ una summa della tua musica, hai<br />

collaborato con Alberto Iglesias per alcune colonne sonore<br />

dei film di Almodovar. Com’è stato vedere le tue sonorità<br />

sposarsi alle immagini sul grande schermo?<br />

Credo sia un po’ un esercizio: pensare la tua musica in immagini. Non<br />

sempre è necessario ma è molto divertente. Lavorare per il cinema mi<br />

piace ma per me nessun lavoro in studio può sostituire i concerti live.<br />

Non c’è nient’altro che mi dà la carica dei concerti dal vivo. Mi piace<br />

sentire il pubblico, quell’attenzione, l’energia delle persone, sentire<br />

come respirano. Questo è ciò che sento veramente mio e non lo posso<br />

paragonare a nessun’altra esperienza della mia vita professionale.<br />

L’Italia ha dato i natali a grandi violini, violinisti e musicisti.<br />

Ci sono delle figure che più ti hanno influenzato del nostro<br />

Paese?<br />

30 <strong>SUONO</strong> febbraio 2019


INTERVISTA ARA MALIKIAN<br />

Ma certo! L’Italia da secoli è un paese “musicale”, culturalmente<br />

molto ricco. Diciamo che se io suono il violino è un po’ anche grazie<br />

a Paganini. Sono un suo grande fan come lo era mio padre. L’arte di<br />

Paganini risuona in tutti i violini del mondo. È un personaggio che<br />

continua a intrigarmi sia per la sua arte che per le sue esperienze<br />

di vita. Ha rivoluzionato il mondo della musica e del violino. L’Italia<br />

per me, come per molti musicisti del mondo, è e sarà un luogo<br />

di grande ispirazione con il quale ci misuriamo; ci piace l’idea di<br />

suonare bene e di dare il meglio di noi, visto che gli italiani amano<br />

la musica e ne hanno tanta di qualità. Vogliamo fare bella figura!<br />

Conosci il detto “Paganini non ripete”?<br />

Ahahaha, no, non l’ho mai sentito!<br />

Sembra che Paganini lo fece riferire al re Carlo Felice sul<br />

finire di un concerto, nel 1818, quando il sovrano chiese<br />

di riascoltare un brano; dal momento Paganini creava<br />

improvvisazioni geniali ma non replicabili, mandò questo<br />

messaggio al re.<br />

Non conoscevo questo detto né l’episodio ma mi sembra assolutamente<br />

coerente con la figura di Paganini. Era intelligentissimo.<br />

Ho letto tanto su di lui, ho visitato mostre che lo rappresentavano<br />

e studiato tanto la sua vita. Oltre a essere un genio rivoluzionario<br />

della musica era un grande imprenditore, nonostante sia finito in<br />

rovina. Lui sapeva bene come trattare il pubblico e i suoi “clienti”,<br />

come comportarsi con i re, con l’alta società e chiunque altro, per<br />

cui credo che abbia avuto le sue ragioni, se vuoi “pubblicitarie”, per<br />

rispondere così al re. E ancora una volta, il fatto che esista questa<br />

espressione che resta per l’eternità dimostra il suo genio e la sua<br />

capacità di vendersi, come era giusto che fosse. Userò questo detto<br />

nei miei prossimi concerti!<br />

Appena arrivato dal Libano in Germania, dal momento che<br />

non conoscevi quasi nulla di tedesco, ti sei trovato a rispondere<br />

“si” ad alcune proposte, ritrovandoti a suonare per quattro<br />

anni a diverse celebrazioni della comunità ebraica di Berlino.<br />

Da lì la tua carriera è decollata. Il fatto di rispondere affermativamente<br />

anche senza sapere a cosa questo porterà per<br />

te ha un significato? Credi che un “si” porti a cose positive a<br />

prescindere?<br />

Ho sempre riflettuto sul fatto di essere sempre ben disposto alle cose<br />

affermative e molto meno a quelle negative. Mi sono trovato spesso<br />

in situazioni molto belle dicendo “si”, come nel caso dei matrimoni<br />

ebraici, ma qualche volta mi sono anche messo nei casini e quindi<br />

ho imparato che bisogna sapere quando dire di no per non trovarsi<br />

in situazioni difficili.<br />

Hai un sogno nel cassetto che vorresti si realizzasse il prossimo<br />

anno e una cosa che ti piacerebbe cambiasse dell’attuale<br />

situazione in Libano?<br />

(Respira profondamente) In Libano sta succedendo qualcosa che dà<br />

speranza. Ci sono manifestazioni in atto perché il popolo è stanco dei politici<br />

corrotti e sta chiedendo un cambiamento in modo pacifico. Questo<br />

è esemplare, credo che ce ne sia bisogno in tutti i Paesi del mondo dove<br />

ci sono politici corrotti. È il momento di cambiare! Dopo tanti anni di<br />

guerra, incertezza e di terrorismo che ha generato paura nel paese, dà<br />

speranza che la gente voglia finalmente vivere in pace e bene. Un desiderio<br />

per il nuovo anno? Beh, il mio è sempre lo stesso: che ricominciamo<br />

a pensare sempre di più con amore e meno per gli interessi politici ed<br />

economici. Dobbiamo essere più umani, usare di più il nostro cuore e la<br />

nostra sensibilità, sentire e rispettare di più il mondo nel quale viviamo,<br />

le persone con le quali lo condividiamo, in modo tale che ognuno, a modo<br />

proprio, possa migliorare il luogo nel quale vive.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 31


INSIDE<br />

di PierPaolo Ferrari<br />

Value for price<br />

antesignano<br />

Parlare di Rogers è essenzialmente parlare di Alta Fedeltà audio nel vero termine della parola! Rogers<br />

è stata per lunghissimo tempo un’azienda capace di produrre componenti di alta qualità uniti a costi<br />

ragionevoli e ha portato nelle case di tantissimi appassionati non solo eccellenti apparecchi ma anche<br />

la propria filosofia di progettazione.<br />

Per quasi mezzo secolo il nome di Rogers è stato sinonimo<br />

di eccellenza nella produzione di apparecchiature audio ad<br />

alta fedeltà: l’azienda inglese, infatti, si conquistò rapidamente<br />

un’eccellente reputazione per via di una combinazione fatta<br />

di superiorità tecnica e ottima e naturale riproduzione del suono,<br />

diventando un modello inglese conosciuto in tutto il mondo. Famosa<br />

per i suoi eccellenti diffusori, si è fatta altrettanto apprezzare fra gli<br />

appassionati per la costruzione di elettroniche a valvole dal suono<br />

straordinario, divenute nel corso degli anni veri e propri “miti Hi-Fi”.<br />

La ditta vede la luce subito dopo la seconda guerra mondiale e nasce<br />

essenzialmente come un’azienda artigianale fondata da un appassionato<br />

di musica e riproduzione audio, Jim Rogers, che nel 1947 crea<br />

a Londra quella che in oltre trent’anni di produzione costituirà una<br />

seria e apprezzata ditta, capace di realizzare apparecchiature audio<br />

affidabili dal costo limitato ma dal suono molto musicale, indirizzate<br />

agli esigenti audiofili inglesi dell’epoca. Agli inizi la Rogers Developments<br />

Company è come molte altre una piccola azienda artigiana;<br />

nel 1953 diventa Rogers Developments Electronics Ltd. e nel 1957 si<br />

trasferisce a Catford, a sud di Londra, nella famosa Barmeston Road<br />

dove rimarrà fino al cambio di proprietà avvenuto nel 1975, quando<br />

la compagnia Swisstone-Electronics la acquista.<br />

Nei primi anni di produzione, subito dopo la fine della Seconda<br />

Guerra Mondiale, fino agli anni Sessanta in piena Hi-Fi Golden Age,<br />

Rogers progetta principalmente elettroniche a tubi e a stato solido:<br />

eccellenti preamplificatori, amplificatori e tuner che sono stati<br />

introdotti sul mercato dal 1950 fino alla fine del 1960. Come altri<br />

costruttori inglesi l’azienda si concentra su amplificatori di bassa<br />

potenza con circuitazioni veramente minimaliste e collaudate, vedi<br />

gli storici schemi Mullard 3-3 Starvation (single- ended di EL84, soli<br />

Rogers - Williamson - Model A - 1949<br />

32 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


ROGERS: NON SOLO DIFFUSORI<br />

3 watt di potenza!), gli eccellenti Mullard 5-10 (push-pull di EL84,<br />

10 watt di potenza) e il famoso circuito Philips, il più utilizzato dagli<br />

auto costruttori dell’epoca con controlli di toni incorporato, del tutto<br />

simile al Mullard, sempre con le intramontabili EL84 in controfasce.<br />

Tutti prodotti di straordinaria “personalità”, capaci di elargire sonorità<br />

intense ed emozionanti, con un suono definito e preciso attraverso<br />

una naturale limpidezza e trasparenza dei messaggi riprodotti.<br />

Anche gli apparecchi a valvole Rogers possiedono tutti i requisiti<br />

sopra descritti: valvole di ottima costruzione e qualità sonica (come<br />

i Pentodi EL84, EL34 e i Triodi-Pentodi ECL86) e circuiti davvero<br />

essenziali, lineari e tremendamente efficaci. I primi amplificatori a<br />

valvole del 1947/48 sono basati su schemi diventati famosi come lo<br />

storico circuito Williamson (Rogers-Williamson amplifier - KT66 del<br />

1949): la Rogers si distingue per la meticolosa ed essenziale cura di<br />

costruzione / assemblaggio dei propri apparecchi audio, ottenendo<br />

sempre un ottimo successo di mercato. Ma è in quel ventennio d’oro<br />

per l’alta fedeltà (gli anni Cinquanta e Sessanta) che viene chiamata<br />

dagli anglosassoni Hi-Fi Golden Age che la Rogers si fa conoscere<br />

per l’eccellente qualità delle sue elettroniche rivolte soprattutto a chi<br />

non poteva spendere grosse cifre ma era ugualmente appassionato<br />

del buon suono. Il “suono Rogers” si è caratterizzato fin da subito<br />

e ha avuto connotati ben precisi ed originali, riconoscibile al primo<br />

impatto: se all’epoca si nominava Rogers, si capiva molto bene che<br />

cosa si volesse intendere e a quale tipo di sonorità ci si riferisse! Gli<br />

anni in cui questi apparecchi ebbero successo sul mercato dell’audio<br />

(1957-1965), furono principalmente quelli del grande fermento intorno<br />

alla riproduzione ad alta fedeltà e alla passione per la neonata ed<br />

innovativa stereofonia. Non tutti gli appassionati si potevano infatti<br />

permettere di “raddoppiare“ il proprio impianto monofonico (quindi<br />

un doppio finale, doppi diffusori, doppi preamplificatori) e neanche<br />

acquistare i costosi apparecchi americani come i McIntosh MC-30<br />

e i Marantz Model 2 oppure quelli inglesi di alta qualità, vedi il PYE<br />

PF-91 od il Leak TL 12 Point-One. Il “contagio” dell’Hi-Fi, però,<br />

era in pieno svolgimento e nessuno voleva rinunciare ad ascolti di<br />

buona qualità, anzi, proliferavano. Gli auto-costruttori si accingevano<br />

a costruire elettroniche e ad assemblare impianti DIY (Do It<br />

Yourself) risparmiando non pochi soldi e la Rogers, lungimirante<br />

quanto non mai, seppe muoversi con accortezza sviluppando una<br />

linea di prodotti essenziale e affidabile allo stesso tempo (cosa non<br />

facile!), sicura di fare breccia fra gli esigenti audiofili inglesi ma dal<br />

limitato budget a disposizione. Le amplificazioni Rogers dovevano<br />

vedersela con autentici fuoriclasse del tipo Leak, Quad, Radford e<br />

Armstrong ma cionondimeno riuscirono a spopolare sul mercato<br />

dell’audio: se la cavavano bene, molto bene, e la conferma è che oggi<br />

questi apparecchi fatti di concretezza e semplicità offrono ancora<br />

sonorità stupende.<br />

La filosofia costruttiva della ditta inglese rimane unica e inconfondibile<br />

e la si evince molto bene in tutti i finali di potenza prodotti negli<br />

anni, che nel 90% dei casi mostrano potenze di piccolo wattaggio: dai<br />

primi Rogers Baby-de-Luxe con le valvole 6V6 (6 watt di potenza) di<br />

inizio anni Cinquanta ai Rogers RD Junior del 1954 (10 watt con le<br />

EL84), dai Rogers della serie Cadet Mk II e Mk III (valvole ECL86)<br />

ai più potenti Rogers Senior (20 watt con le EL34). Nel 1962, un<br />

sistema di amplificazione Rogers Cadet costava 25 sterline ed era<br />

Rogers Rd Junior De-Luxe-1951<br />

Rogers Rd Junior Stereo - Control Unit 1958-1960<br />

Rogers Rd Junior -Iii Series -1959<br />

Rogers Rd Junior Stereo -1960<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 33


INSIDE<br />

LA PRODUZIONE DI ELETTRONICHE ROGERS<br />

Gli apparecchi Rogers si possono suddividere in serie ben distinte fra loro, ognuna delle quali risponde a caratteristiche mirate e rivolte agli appassionati più diversi.<br />

La serie Minor copre il periodo dal 1952 al 1955. La serie Junior il periodo dal 1949 al 1964. La serie Senior il periodo dal 1954 al 1961. La serie Master il periodo dal<br />

1960 al 1969. La serie Cadet il periodo dal 1958 al 1970. Infine la serie HG-88 copre il periodo dal 1958 al 1969. Qui di seguito in sintesi le caratteristiche dei principali<br />

modelli introdotti nel tempo...<br />

Rogers Williamson Type A: finale mono. 15 Watt - Push-Pull KT66 (1949/50)<br />

Rogers Williamson Type B - C - D: finale mono. 15 Watt - P.P. KT66 (1950/51)<br />

Rogers Williamson C.U. : control Unit (1949/51)<br />

Rogers Junior PX4: amplificatore integrato. 10 Watt - P.P. PX4 (1949/53)<br />

Rogers - Williamson: finale mono. 15 Watt - P.P. KT66 (1950/52)<br />

Rogers Junior Mk I: preamplificatore (1951/53)<br />

Rogers Junior Mk II-Mk III: preamplificatore (1953/55)<br />

Rogers Junior De - Luxe: finale mono. 10 Watt - P.P. KT66 (1951/54)<br />

Rogers Baby De - Luxe: finale mono. 5 Watt - P.P. 6V6 (1950/51)<br />

Rogers Baby De - Luxe Mk I: finale mono. 6 Watt - P.P. 6V6 (1952/53)<br />

Rogers Baby De - Luxe Mk II: finale mono. 8 Watt - P.P. 6V6 (1953/54)<br />

Rogers Minor Mk I: integr. finale mono. Single-Ended. 3 Watt - 6BW6 (1952/53)<br />

Rogers Cadet Mk II – 1962<br />

Rogers Minor Mk II: integr. finale mono. S.E. 4,5 Watt - 6BW6 (1954/55)<br />

Rogers Minor Mk III: integr. finale mono. S.E. 4,5 Watt - EL84 (1955/56)<br />

Rogers Senior: finale mono. 15 Watt - P.P. KT66 (1954/57)<br />

Rogers Senior C.U.: preamplificatore (1954/57)<br />

Rogers Senior Mk III: preamplificatore (1956/58)<br />

Rogers Senior Mk IV: preamplificatore (1958/60)<br />

Rogers Senior Mk II: finale mono. 20 Watt - P.P. EL34 (1957/61)<br />

Rogers RD Junior: finale mono. 10 Watt - P.P. EL84 (1954/61)<br />

Rogers RD Junior Mk II: preamplificatore (1953/54)<br />

Rogers RD Junior Mk III: preamplificatore (1955/56)<br />

Rogers RD Junior Mk IV: preamplificatore (1957/61)<br />

Rogers Cadet C.U.: preamplificatore (1958/61)<br />

Rogers Cadet: finale mono. 5 Watt - P.P. ECL83 (1958/60)<br />

RogersS Cadet Mkll: finale mono. 8 Watt - P.P. ECL86 (1957/62)<br />

Rogers Cadet Mkll: preamplificatore (1958/62)<br />

Rogers Cadet Mk III -1a versione -1964<br />

Rogers LG 88: amplificatore integrato stereo. 8 Watt - ECL82 (1958/61)<br />

Rogers Master C.U.: preamplificatore stereo (1960/62)<br />

Rogers Master Mkll: preamplificatore stereo (1962/69)<br />

Rogers Master: finale stereo. 35 Watt - P.P. EL34 (1966/69)<br />

Rogers Cadet C.U.: preamplificatore stereo (1958/61)<br />

Rogers Cadet C.U. Mkll: preamplificatore stereo - 1962/64)<br />

Rogers Cadet Mkll: finale stereo. 6 Watt - P.P. ECL86 (1962/64)<br />

Rogers Cadet Mk III: finale stereo. 10 Watt - P.P. ECL86 (1964/70)<br />

Rogers HG 88: finale stereo. 8 Watt - P.P. ECL82 (1958/61)<br />

Rogers HG 88 Mk II: finale stereo. 12 Watt - P.P. ECL86 (1961/64)<br />

Rogers HG 88 Mk III: finale stereo. 15 Watt - P.P. ECL86 (1965/69)<br />

Rogers RD Junior Mk I: preamplificatore stereo (1958/60)<br />

Rogers RD Junior Mkll: preamplificatore stereo (1960/61)<br />

Rogers Hg 88 Mk III – 1965<br />

Rogers RD Junior Mk III: preamplificatore stereo (1961/64)<br />

Rogers RD Junior Stereo: finale stereo. 12 Watt - P.P. EL84 (1960/64)<br />

Rogers Ravensbourne: amplificatore integrato stereo. 25 Watt - stato solido (1967/75)<br />

Rogers Ravensbrook: amplificatore integrato stereo. 10 Watt - stato solido (1969/75)<br />

veramente competitivo rispetto ai prezzi di altri apparecchi di qualità<br />

allora presenti sul mercato come, per esempio, il pre e finale Leak<br />

Stereo 20 dal costo di 55 sterline, i Quad 22 + Quad II dal costo di<br />

47 sterline oppure l’Armstrong Model 225 + Model 220 dal prezzo<br />

di 49 sterline...<br />

Nel 1951 la Rogers produce l’amplificatore Baby De Luxe, un piccolo<br />

gioiello di qualità musicale, con uno stadio di uscita impiegante le<br />

eccellenti valvole 6V6-G e con potenza di soli 5 watts. Con il Baby<br />

De Luxe comincia la serie dei piccoli finali di limitata potenza e di<br />

circuitazione minimalista muniti di un suono fedele e raffinato.<br />

34 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INSIDE<br />

Rogers ‘Ravensbrook’ Mk 3 Stereo Integrated Amplifier<br />

Rogers LS3-5a Speaker<br />

La filosofia Rogers è già ben delineata fino da questi primi anni di<br />

produzione, in cui i vari apparecchi a tubi (dal tipico colore del telaio<br />

rosso amaranto, il rosso Rogers!) vengono costruiti rispettando i<br />

bisogni di un ascolto domestico senza compromessi. Qualità e basso<br />

costo determinano rapidamente un notevole successo di critica e pubblico<br />

tanto che la ditta inglese allarga il proprio catalogo con nuovi<br />

prodotti, sia elettroniche a tubi che diffusori. La produzione storica<br />

Rogers comprende infatti molte elettroniche a tubi costruite in un<br />

arco di tempo che va dagli inizi degli anni Cinquanta fino alla fine dei<br />

Sessanta. Un periodo davvero d’oro per la Casa inglese, costellato di<br />

successi commerciali molto importanti. Il Rogers RD Junior (1954)<br />

o il Rogers Cadet Mk II (1962) sono amplificatori di potenza a valvole<br />

capaci di riprodurre le registrazioni musicali con un perfetto equilibrio<br />

fra le gamme di frequenze audio, una totale trasparenza e lucidità del<br />

segnale amplificato ed una assenza di “fatica d’ascolto” sconosciuta a<br />

tante elettroniche moderne. Dal 1964 fino al 1970 il Rogers Cadet III<br />

verrà prodotto in due versioni, la Series I con preamplificatore e finale<br />

di potenza con telai separati e racchiusi in un unico cabinet di legno<br />

e dal 1966 la Series II, che incorporava in un unico telaio-chassis di<br />

metallo sia il Control Unit che l’amplificatore, risultando così un vero e<br />

proprio integrato molto compatto. Il successo è immediato e del Cadet<br />

Mark III ne saranno venduti migliaia di esemplari.<br />

A metà degli anni Sessanta la Rogers si specializza in elettroniche<br />

compatte e minimaliste, i famosi apparecchi integrati, che presentano<br />

un ottimo rapporto qualità/prezzo: per contrastare la concorrenza<br />

degli apparecchi che in maniera massiccia arrivano dal Sol<br />

Levante e dall’America, esce sul mercato il famoso Rogers Cadet<br />

Mark III (1964), fortunato successore di quella “dinastia” di elettroniche<br />

inaugurata dal primo amplificatore Cadet Mono Amplifier nel<br />

1958, che impiegava solamente due valvole triodo-pentodo ECL83<br />

Mullard. Dal 1964 fino al 1970, il Rogers Cadet III verrà prodotto<br />

in due versioni, la Series I con preamplificatore e finale di potenza<br />

a telai separati e racchiusi in un unico cabinet di legno e dal 1966 la<br />

Series II, che incorporava in un unico telaio-chassis di metallo sia il<br />

Control Unit che l’amplificatore, risultando così un vero e proprio<br />

integrato molto compatto. Il successo è immediato e del Cadet Mark<br />

III ne saranno venduti migliaia di esemplari. Sebbene questo amplificatore<br />

integrato non sia l’espressione massima raggiunta dalla<br />

Rogers con gli straordinari amplificatori, come il Rogers RD Senior<br />

(1954) e tetrodi KT66, il Rogers Senior Mk II Mono del 1957 con le<br />

valvole EL34 e il Rogers RD Junior del 1954 con tubi EL84, esso<br />

racchiude in sé quella filosofia di progettazione minimalista tanto<br />

cara alla ditta inglese attraverso soluzioni intelligenti e mai banali e<br />

soprattutto attraverso una riproduzione sonora eccellente, in grado<br />

di competere con altri marchi famosi dell’epoca.<br />

Nel 1970, la Rogers produce, su commissione della BBC, un diffusore<br />

rimasto nella Storia della ditta e nel “cuore” di tanti appassionati del<br />

bel suono: il leggendario Rogers LS3/5a, venduto fino a oggi in oltre<br />

50.000 coppie! Altre collaborazioni con la creazione di una gamma<br />

di prodotti che sono diventati di serie negli studi di registrazione di<br />

tutto il mondo. Impegnata a mantenere questo vantaggio, l’azienda<br />

ha continuato a innovare, a sperimentare nuovi metodi di produzione<br />

con nuove forme che hanno via via accentuato e migliorato la qualità<br />

del suono dei suoi apparecchi. Questa continuità di perfezione ha<br />

garantito che i prodotti Rogers siano stati nel tempo sinonimo di<br />

alta qualità e per questo si possono definire “rivoluzionari” come<br />

quelli progettati tanti anni fa. Un primo esempio è stato il diffusore<br />

Rogers Corner Horn Loudspeaker, introdotto nei primi anni Cinquanta,<br />

che si è rivelato sia commercialmente che acusticamente un<br />

grande successo e ha sancito come la Rogers sia stata un produttore<br />

affidabile e innovativo trovando ampio consenso fra gli appassionati<br />

dell’epoca. Successivamente, sono stati prodotti ottimi diffusori come<br />

il Rogers LS 5/8 e LS 5/9 studio monitor, esclusivi design elaborati<br />

dalla collaborazione fra Rogers e la BBC, che sono stati prontamente<br />

utilizzati negli studi di registrazione in tutto il mondo!<br />

Dal 1993 la Rogers fa parte del Wo Kee Hong Group. Attraverso la<br />

vasta rete mondiale di questo gruppo e con un forte background finanziario<br />

e di gestione moderno, la Rogers è entrata in una nuova era<br />

e ha prodotto il sistema AB-1, modello che ha ottenuto a Las Vegas<br />

(Usa) il WCES Audio Award ’95 Innovations ma è solo ripercorrendo<br />

la produzione “antica” di questa gloriosa ditta inglese che possiamo<br />

veramente comprendere la rilevanza che ha avuto nel panorama<br />

internazionale dell’audio ad alta fedeltà.<br />

(tutti gli apparecchi appartengono alla collezione di Pier-<br />

Paolo Ferrari)<br />

36 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


INSIDE<br />

di Francesco Bonerba - foto Massimiliano Liotto<br />

Tuttaltramusica<br />

Vent’anni di attività ininterrotta, un cambio di location, tre sale prova, una passione alimentata nel<br />

tempo: il negozio di Giovanni Callegari a Novara (Via Agogna 21a) è il covo perfetto per chi vuole<br />

toccare con mano l’alta fedeltà e magari rinunciare a qualche preconcetto cristallizzatosi con il tempo…<br />

Mentre Bose ha da poco annunciato la chiusura di tutti i suoi<br />

negozi in Europa, Nord America, Australia e Giappone (119<br />

spazi commerciali, mentre resteranno attivi i 130 sparsi tra<br />

Cina, Emirati Arabi, India, Sudest asiatico e Corea del Sud), in Italia c’è<br />

ancora chi scommette sull’alta fedeltà e su valori immutati nel tempo:<br />

il contatto diretto con l’esperienza del venditore, l’ascolto dal vivo dei<br />

prodotti, il dialogo con i produttori. Per tutti gli altri, c’è internet…<br />

Quando e come nasce il negozio? Perché avete scelto questo<br />

nome?<br />

L’attività nasce nel 2000 nella zona di Legnano; quattro anni<br />

fa ci siamo trasferiti qui a Novara, dove ci stiamo ancora facendo<br />

conoscere ma abbiamo a disposizione un bacino di utenza più<br />

ampio del precedente. La mia passione per la musica riprodotta<br />

fiorisce con il car stereo degli anni ’80/’90; quando il settore<br />

ha iniziato a entrare in crisi, ci siamo spostati esclusivamente<br />

sull’Hi-Fi. Il nome nasce dalla decisione di usare una parola italiana,<br />

senza seguire la moda degli inglesismi, e che in qualche modo potesse<br />

diversificarci.<br />

Quali sono stati i primi impianti che avete trattato?<br />

Abbiamo cominciato con Acustica, Aliante e poi con i prodotti MPI,<br />

con cui collaboriamo sin dai primi anni Duemila.<br />

Qual è la vostra filosofia e cosa vi contraddistingue dagli<br />

altri negozi?<br />

Non siamo troppo “commercianti”. Io nasco come appassionato di<br />

musica di lunga data e la cosa alla quale tengo di più è cercare di<br />

assemblare gli impianti in modo che suonino al meglio, scegliendo<br />

magari a volte soluzioni non molto economiche ma che ci consentano<br />

di non scendere a compromessi. Su questo non ci lasciamo influenzare<br />

da un marchio piuttosto che da un altro: gli apparecchi arrivano in<br />

negozio, si sperimentano e si cerca di trovare la migliore combinazione<br />

tra prodotti. Mi sembra che il riscontro non stia mancando: chi visita<br />

le nostre sale, sia appassionati che addetti ai lavori, ci fa i complimenti.<br />

Quante sale avete?<br />

Abbiamo tre sale con tre impianti e un angolo prove dove proponiamo<br />

l’usato. In una, quella che acusticamente ci piace di più, abbiamo i<br />

Serafino di Sonus faber, un sistema con la musica liquida, un DAC<br />

Accuphase e il nuovo amplificatore integrato MA352 della McIntosh.<br />

Nella sala più grande abbiamo gli Olympica Nova, che abbiamo<br />

presentato a dicembre con Sonus faber assieme a Livio Cucuzza e<br />

Paolo Tezzon, con una meccanica MCT 500 della McIntosh, un pre<br />

C52 e due finali monofonici 1.25K, con filtro di rete della PS Audio.<br />

Infine, nella sala dove facciamo andare i bookshelf, ci sono i Sonus<br />

faber Olympica 1, un giradischi MT2, un lettore CD e un integrato MA<br />

38 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


XXXXXX: XXXXXXX<br />

5200, tutto della McIntosh. Quando un cliente vuole provare qualcosa<br />

di specifico, fissiamo un appuntamento in modo tale da predisporre<br />

tutto con la migliore configurazione.<br />

Che differenze ci sono tra il consumatore degli inizi e quello<br />

di oggi?<br />

Cerchiamo di portare il consumatore verso delle scelte giuste, di capire<br />

da dove nasce l’interesse del cliente verso uno specifico prodotto e cosa<br />

vuole ottenere dal sistema che ha già o da quello che vuole creare. Spesso,<br />

infatti, tanti consumatori leggono su internet informazioni inesatte<br />

o non veritiere e a noi tocca il compito di rimettere le cose in chiaro.<br />

Come si comportano i vostri clienti in relazione alla musica<br />

liquida?<br />

Ci sono due tipologie di clienti: chi è rimasto fuori dalla musica liquida<br />

e si affaccia ora sul nuovo scenario e chi, invece, essendoci già entrato,<br />

cerca di aggiornarsi con apparecchi più sofisticati e di una fascia di<br />

prezzo superiore.<br />

I prodotti più venduti in questo momento?<br />

In questo ultimo anno e mezzo c’è stata una buona richiesta di giradischi<br />

e un lieve rallentamento nelle vendite di diffusori; costanti<br />

amplificatori ed elettroniche. Nel complesso, la situazione è piuttosto<br />

bilanciata. Sui diffusori tende a prevalere la convinzione dell’utente<br />

che i propri apparecchi siano sempre attuali, anche quando vecchi<br />

di diversi anni, mentre l’evoluzione nel settore c’è ed è notevole, non<br />

andrebbe sottovalutata.<br />

C’è stato dunque un reale, nuovo interessamento attorno<br />

ai vinili?<br />

Il discorso è analogo a quello per la musica liquida: chi ha sempre<br />

avuto il giradischi magari cerca di passare a qualcosa di più aggiornato<br />

e sofisticato ma diciamo che la movimentazione rispetto ai prodotti di<br />

fascia alta continua a essere ridotta. Stiamo constatando, piuttosto,<br />

come ci sia stato un abbassamento della qualità generale dei prodotti<br />

consumer: se fino a qualche anno fa si trovavano in giro dei giradischi<br />

accettabili, apparecchi buoni per un primo impianto con la possibilità<br />

di essere upgradati, adesso stanno uscendo prodotti che non hanno<br />

niente a che vedere con l’Hi-Fi e sembrano provenire dagli anni Ottanta,<br />

quando le persone per disperazione iniziarono a passare ai primi,<br />

rudimentali CD. Sembra si stia tornando indietro anziché andare<br />

avanti. Dal canto nostro, cerchiamo sempre di far capire all’utente che<br />

se spende qualcosa in più avrà risultati migliori in termini di qualità<br />

del suono e durabilità del prodotto. Cosa analoga accade per i dischi,<br />

che oggi spessissimo sono dei riversamenti analogici fatti partendo<br />

da un master digitale.<br />

Di cosa avrebbe bisogno, oggi, il mercato Hi-Fi?<br />

Noto che c’è poca conoscenza da parte degli utenti, che si affidano<br />

sempre più ad internet convincendosi di saperne più di altri. Ci sarebbe<br />

bisogno di più manifestazioni, eventi e incontri diretti con chi<br />

produce i dispositivi – come quello tenutosi da noi con Sonus faber<br />

– per far toccare con mano i prodotti a chi è interessato. Anche semplicemente,<br />

faccio un esempio, per mostrare il giusto collocamento<br />

spaziale dei diffusori, che alla fine dei conti in pochi rispettano nelle<br />

proprie abitazioni.<br />

I prossimi eventi/appuntamenti in negozio?<br />

Stiamo studiando un calendario 2020. Abbiamo in programma di<br />

fare una serata jazz con un gruppo che suona in un club qui vicino e<br />

una session utilizzando direttamente l’impianto che abbiamo. Siamo<br />

convinti che possa essere un buon modo per avvicinare nuovi e vecchi<br />

appassionati.<br />

Per info: Tuttaltramusica - Via Agogna 21 28100 Novara - 328<br />

9851066 - tuttaltramusica@libero.it<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 39


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE PER CUFFIE<br />

Tektron TK5687PSES-I<br />

La storia ha avvocato<br />

per il progettista americano<br />

Julius Futterman il<br />

ruolo di vate della configurazione<br />

OTL prima che<br />

il generale decadimento<br />

di interesse per le circuitazioni<br />

a valvole a favore<br />

dei transistor contribuisse<br />

non poco all’oblio di questa<br />

soluzione circuitale caratterizzata<br />

anche da un certo<br />

livello di difficoltà di progetto<br />

e dalla necessità di<br />

tolleranze particolarmente<br />

basse tra le valvole.<br />

Ma in Hi-Fi, come in<br />

un serrato thriller<br />

alla James Bond,<br />

“mai dire mai”, e dopo il vinile<br />

abbiamo assistito a un rinnovato<br />

interesse per le valvole (gli<br />

appassionati potrebbero obiettare<br />

che c’è sempre stato ma...<br />

tant’è!) che, accompagnato da<br />

un equivalente interesse per<br />

l’ascolto in cuffia, ha riportato<br />

sotto i riflettori le amplificazioni<br />

OTL, in particolare nell’ambito<br />

di quest’ultima modalità d’ascolto<br />

che si svolge in maniera<br />

parallela a quella<br />

canonica. Una buona ragione,<br />

al di là dell’effetto vintage, è<br />

rappresentata da alcuni pregi<br />

specifici delle soluzioni OTL<br />

che manifestano caratteristiche<br />

particolarmente adatte per questo<br />

tipo d’uso: il basso rumore<br />

generato tipicamente da questa<br />

soluzione (priva di trasformatore<br />

d’uscita - Output Transformer-Less)<br />

o il fatto che le caratteristiche<br />

della sezione uscita si<br />

adattino a carichi di impedenza<br />

molto varia e generalmente<br />

più ampia che nel caso di un<br />

diffusore tradizionale (dove<br />

invece l’OTL è maggiormente<br />

assimilabile<br />

al concetto<br />

di “gioie<br />

e<br />

dolori”), sono segnali inequivocabili<br />

che questa soluzione sia<br />

molto adatta a risolvere l’abbinamento<br />

ampli-cuffia!<br />

Tutte cose che bene sa Attilio<br />

Caccamo, patron di Tektron<br />

con alle spalle più di 20 anni di<br />

esperienza nel restauro e nella<br />

riparazione di radio d’epoca e<br />

nell’offerta di valvole moderne<br />

e NOS: un vero cacciatore di<br />

valvole! E, almeno a giudicare<br />

dal suo primo amplificatore per<br />

cuffie, il Tektron TK5687PSES-I<br />

(nome certo non onomatopeico),<br />

anche progettista non troppo<br />

assillato da qualche “credo”<br />

assoluto visto che pur essendo<br />

buon conoscitore e fautore dei<br />

trasformatori d’uscita (che<br />

utilizza in buona parte della<br />

sua produzione) grazie a una<br />

relazione elettiva con Marco<br />

Novarria, autorità in materia,<br />

per il TK5687PSES-I ha scelto<br />

la soluzione OTL.<br />

“Nell’ascolto in cuffia non avere<br />

alcun fruscio o rumore è un<br />

elemento fondamentale e la<br />

soluzione OTL è l’ideale (acusticamente<br />

hai solo un condensatore<br />

lungo il percorso<br />

del segnale che, ovviamente,<br />

deve essere di ottima qualità),<br />

perché il trasformatore qualche<br />

piccolo rumore lo introduce<br />

e, anche quando è veramente<br />

buono, qualche colorazione ci<br />

Prezzo: € 2.800,00<br />

Dimensioni: 35 x 16 x 23 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5 Kg<br />

Distributore: TEKTRON<br />

Piazza Luigi Sapienza, 18 - 95030 Sant’Agata Li Battiati (CT)<br />

Tel. 335 6693597 - Fax 06 62204300<br />

tektron-italia.com<br />

AMPLIFICATORE PER CUFFIE TEKTRON TK5687PSES-I<br />

Tipo: a valvole OTL Risp. in freq. (Hz): 10 - 55.000 Ingressi: 1<br />

XLR, 2 RCA Uscite: 1 RCA Impedenza cuffie: 16 - 800 Note: tubi<br />

accoppiati e selezionati: 2 x ECC82 - 4 x 5687 - 2 x 6ZY5.<br />

Cablaggio a mano punto punto senza l’utilizzo di circuiti stampati.<br />

40 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

I connettori di potenza Neutrick sono<br />

disponibili nella modalità jack da 6,3 mm<br />

interbloccata per l’uscita single ended e<br />

nella versione XLR a quattro poli per quella<br />

bilanciata. I connettori RCA SE sono della<br />

CMC made in USA con il corpo in rame<br />

dorato prolungato per l’installazione in<br />

pannelli anche di elevato spessore oppure<br />

direttamente sul supporto in legno.<br />

L’ingresso bilanciato impiega una coppia<br />

di Neutrik XLR.<br />

Il cablaggio dei componenti è realizzato rigorosamente con<br />

la tecnica punto punto in cui si utilizzano prevalentemente<br />

i reofori dei componenti fissati fisicamente sui supporti dei<br />

zoccoli delle valvole e sulle strisce in bachelite dotate di<br />

ancoraggi. I cavi di collegamento sono fascettati fra loro e<br />

il circuito e la disposizione dei componitore attivi è pensata<br />

per ottimizzare il percorso del segnale. I componenti sono di<br />

elevata qualità in parte anch’essi NOS e Vintage ad eccezione<br />

dei condensatori elettrolitici di livellamento.<br />

Il circuito è realizzato con una configurazione<br />

totalmente dual mono con i due canali che non<br />

hanno nulla in comune. Le valvole, sia quelle di<br />

amplificazione che la rettificatrice di alimentazione,<br />

sono NOS selezionate e accoppiate: nel prodotto in<br />

prova sono state installate le ECC82 della Togram, le<br />

5687 della Tung-Sol e le rettificatrici 6ZY5 della RCA.<br />

può stare!”. Caccamo dixit, sottolineando<br />

anche il fatto che il<br />

suo TK5687PSES-I è in grado<br />

di pilotare cuffie con un range<br />

di impedenza notevole, altro<br />

pregio del’OTL, soprattutto se,<br />

al contrario di quanto accade<br />

nell’ascolto tradizionale, non si<br />

cerca solo l’abbinamento ideale<br />

ma anche la versatilità di<br />

poter ascoltare con più modelli<br />

di cuffie in funzione delle loro<br />

peculiarità.<br />

La scelta delle valvole è caduta<br />

su quelle che hanno il miglior<br />

rapporto di qualità ma anche<br />

una reperibilità ampia che consenta<br />

poi di selezionarle con<br />

maggiore ampiezza di scelta.<br />

Nulla osta, per chi è legato ad<br />

una particolare rappresentazione<br />

sonora di orientarsi verso<br />

altri modelli (Mullard più morbide,<br />

Telefunken più aperte) o,<br />

in alternativa, su valvole d’epoca<br />

come le GE, le Tungsol<br />

Un salutare tuffo nel passato,<br />

dunque, confermato dall’esame<br />

visuale dell’apparecchio<br />

che si allinea ai canoni estetici<br />

di un tempo, per alcuni l’unica<br />

vera Hi-Fi, e non nasconde ma<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 41


SELECTOR<br />

al banco di misura<br />

La risposta in frequenza risulta molto ampia, molto più di<br />

quanto dichiarato dal costruttore, con un andamento molto<br />

lineare e quasi per nulla influenzata dal carico collegato.<br />

Solo per i carichi molto bassi si apprezza una lieve attenuazione<br />

all’estremo inferiore, posta lontano dal range utile.<br />

La distorsione, comunque molto contenuta, denota un<br />

decadimento armonico naturale e una componente di<br />

seconda armonica predominante. Il rumore di fondo è<br />

esalta la natura artigianale del<br />

prodotto, confermata da una<br />

costruzione “come un dì” (per<br />

il puro piacere estetico ammirate<br />

la foto dell’interno ma non<br />

avventuratevi se non necessario<br />

nello smontaggio). Vintage<br />

e deliziosi anche i comandi che<br />

prevedono due potenziometri<br />

separati (uno per canale) per il<br />

volume perché “...a mio avviso<br />

è necessario: le nostre orecchie<br />

non sono perfettamente<br />

identiche ma la presenza di<br />

un balance rappresenterebbe<br />

un ulteriore componente sul<br />

percorso del segnale con effetti<br />

peggiorativi”.<br />

Certo occorre qualche minuto<br />

in più per il settaggio<br />

dell’apparecchio ma l’intervento<br />

dei due comandi è molto morbido<br />

e interviene in maniera molto<br />

precisa sul bilanciamento.<br />

Per tutti i membri del nostro<br />

staff è stato davvero facile trovare<br />

la giusta regolazione, anche<br />

nel caso di chi trova veramente<br />

ostica la soluzione dei due potenziometri<br />

separati.<br />

In effetti, la regolazione avviene<br />

in modo molto naturale e si ottiene<br />

rapidamente un equilibrio<br />

con una scena acustica salda e<br />

posizionata al centro dell’headstage,<br />

risultato che si ottiene a<br />

“orecchio” e a gusto personale, a<br />

scapito di scale graduate e punti<br />

di riferimento sui potenziometri!<br />

La regolazione ottimale si<br />

molto basso e si apprezza l’assenza di spurie in banda<br />

e fuori banda nonostante la risposta in frequenza del<br />

sistema sia ampia e non filtrata all’estremo superiore. Il<br />

livello di uscita raggiunge tensioni elevate che amplia il<br />

range di abbinabilità con cuffie anche di bassa impedenza<br />

e non particolarmente efficienti, raggiungendo così<br />

livelli di pressione soddisfacenti all’interno di un range<br />

di utilizzo ottimale.<br />

raggiunge agevolmente anche<br />

grazie all’intervento morbido e<br />

progressivo del potenziometro<br />

che non mostra innalzamenti<br />

repentini del livello: una volta<br />

effettuata e dopo aver atteso un<br />

tempo nemmeno eccessivo per<br />

il riscaldamento, si può dar vita<br />

all’ascolto che evidenzia due caratteristiche<br />

molto chiare.<br />

Innanzitutto la mancanza di rumore<br />

è un valore davvero percepibile<br />

che contribuisce a una<br />

trasparenza e chiarezza della<br />

rappresentazione sonora, con<br />

un effetto simile a quello che,<br />

nelle giornate di sole, dirada la<br />

nebbiolina del primo mattino. A<br />

parte l’elevato grado di piacevolezza,<br />

la mancanza di veli dona<br />

alla musica un effetto di realismo<br />

notevole (tanto più se la<br />

cuffia che si ha in testa è una di<br />

quelle ad alto confort) che stabilisce<br />

una dimensione dell’ascolto<br />

in cuffia straordinario, anche<br />

perché le scelte circuitali hanno<br />

favorito un equilibrio timbrico<br />

che favorisce la presenza di un<br />

registro delle basse frequenze,<br />

ricco, ampio, articolato, scolpito<br />

ma al tempo stesso armonico e<br />

modulato. Non stiamo parlando<br />

di qualcosa che straborda<br />

ma di una pienezza della regione<br />

estrema delle frequenza<br />

presidiata con una articolazione<br />

notevole e una velocità negli attacchi<br />

e nei rilasci davvero inusuale.<br />

Non si tratta di quantità<br />

e peggio ancora di enfasi ma di<br />

una presenza naturale, possente<br />

e al tempo stesso mai preponderante;<br />

d’altronde anche per il<br />

resto della gamma riprodotta si<br />

può dire la stessa cosa, nel senso<br />

che si apprezza una resa in tutta<br />

la gamma armonica ma al tempo<br />

stesso incisiva e con un incedere<br />

davvero unico nel suo genere.<br />

In gamma alta non è così<br />

infrequente trovare apparecchi<br />

raffinati e dinamici ma difficilmente<br />

un comportamento del<br />

genere si estende anche al registro<br />

inferiore, soprattutto nella<br />

classe di prezzo in cui si colloca<br />

il Tektron. Da considerare<br />

inoltre che tale peculiarità la si<br />

ritrova anche negli abbinamenti<br />

più azzardati, con cuffie molto<br />

lontane fra loro come tecnologie<br />

e caratteristiche acustiche in cui<br />

si mantiene il timbro caratteristico<br />

delle cuffie ma si apprezza<br />

un livellamento in alto delle<br />

prestazioni, tanto da mettere in<br />

secondo piano il concetto stesso<br />

di abbinamento ottimale amplicuffia:<br />

mai una défaillance, mai<br />

una durezza. Si potrebbe azzardare<br />

che l’ambiente è “confortevole”<br />

per noi e per le cuffie “di<br />

ogni specie”...<br />

42 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

STREAMING PLAYER<br />

RAKOIT Arylic A50<br />

Un universo mutato nel<br />

tempo e nuovi stili di vita<br />

richiedono nuovi metodi<br />

di approccio ma anche la<br />

capacità di cogliere le opportunità<br />

laddove nascosti<br />

dai preconcetti o dai modelli<br />

del passato...<br />

Bufere, mutamenti epocali,<br />

trasgressioni, code<br />

lunghe e quant’altro...<br />

Il panorama dei prodotti per la<br />

riproduzione della musica ha<br />

subìto così tanti cambiamenti<br />

che molte affermazioni di principio<br />

(“Source first”, mah, sarà ancora<br />

valido?) risultano oggi inappropriate,<br />

rapidamente<br />

soverchiabili da<br />

altre regole o metri di<br />

giudizio. Se si aggiunge<br />

lo tsunami Cina (il<br />

suo ingresso, l’impatto<br />

commerciale, le nuove<br />

categorie di costi) e si<br />

completa con l’abdicazione<br />

del made in<br />

Japan (che comunque<br />

aveva in parte mutuato<br />

i suoi valori<br />

dal precedente<br />

mercato<br />

dominante<br />

occidentale), il<br />

quadro è fatto! Si aggiunga una<br />

notevole dose di commistione<br />

tra informatica ed elettronica ed<br />

è facile ipotizzare che le regole,<br />

quelle belle certezze che ci hanno<br />

accompagnato dagli anni ’60<br />

in poi, sono saltate. Ne avemmo<br />

per la prima volta contezza molti<br />

anni fa quando provando un<br />

convertitore portatile di provenienza<br />

informatica di costo risibile:<br />

fu doveroso ammettere che<br />

il rapporto costi/benefici a cui<br />

eravamo abituati stava saltando.<br />

Il mondo Hi-Fi ha reagito chiudendosi<br />

ancor più in quell’enclave<br />

che già l’abbandono quasi<br />

totale dei grandi dell’elettronica<br />

aveva evidenziato; intanto<br />

le generazioni M,<br />

X e tutte le<br />

altre lettere<br />

dell’alfabeto<br />

con<br />

cui quelli<br />

dopo di<br />

noi vengono<br />

definiti<br />

si godevano<br />

comunque la<br />

musica!<br />

Questo lungo preambolo<br />

è finalizzato fondamentalmente<br />

a far percepire<br />

al lettore come oggi il mercato<br />

offra soluzioni spesso non canoniche<br />

e come alcune di esse possano<br />

rivelarsi, a un occhio scevro<br />

da preconcetti, anche molto<br />

performanti nel puro ambito che<br />

più interessa l’appassionato: la<br />

qualità della riproduzione sonora.<br />

Se si affronta così il mercato,<br />

si possono ravvisare in alcune<br />

scelte gli elementi che garantiscono<br />

un rapporto costi/benefici<br />

elevato e in sostanza, poiché il<br />

budget di ogni appassionato non<br />

è infinito, le opportunità di assemblare<br />

il proprio sistema nel<br />

modo più profittevole possibile!<br />

Se così non fosse, inutile interessarsi<br />

a una società come Rakoit,<br />

una sorta di start-up nata nel<br />

2014 con sede a Shenzhen, Cina,<br />

e formata da uno staff giovane<br />

che si è formato nelle università<br />

occidentali. Obiettivo di Rakoit<br />

la progettazione e produzione di<br />

hardware audio per lo streaming<br />

affiancata a quella di software<br />

correlati, applicazioni e servizi<br />

di integrazione allo streaming.<br />

Il tutto con l’ausilio di una unità<br />

produttiva non piccola non grande<br />

(1.000 mq) che rende Rakoit<br />

se non una mosca bianca un caso<br />

Prezzo: € 159,00<br />

Dimensioni: 10,80 x 3,70 x 14,70 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0,4 Kg<br />

Distributore: Axiomedia<br />

Via Enrico Mattei 2 c/o Ecocity - 20852 Villasanta ()<br />

Tel. 039-2051560<br />

www.axiomedia.it<br />

STREAMING PLAYER RAKOIT ARYLIC A50<br />

Formati audio compatibili: WAV, Apple Lossless, FLAC, WMA<br />

Lossless, APE, MP3 cbr, MP3 vbr, AAC, WMA, Web Radio Sistemi<br />

operativi supportati: 4 Stream e/o Muzo Tipo: stereo Tecnologia:<br />

a stato solido Amplificazione: 2 x 50 W su 4 Ohm (100<br />

W su 8 Ohm) in classe D Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000 Ingressi<br />

analogici: 2 RCA Uscite analogiche: 2 RCA Ingressi digitali:<br />

USB Standard (1) Accessori e funzionalità aggiuntive: Telecomando<br />

44 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

a parte nella grande espansione<br />

industriale del Dragone. Per merito<br />

di una sapiente correlazione<br />

con il distributore italiano (che<br />

è anch’esso produttore e progettista<br />

software), dal catalogo<br />

del costruttore cinese sono stati<br />

selezionati alcuni prodotti che,<br />

consapevolmente o meno, sono<br />

adatti a imbastire una sfida che<br />

inevitabilmente <strong>SUONO</strong> ha reso<br />

possibile: può un economicissimo<br />

prodotto cinese confrontarsi<br />

con i criteri minimi che definiscono<br />

l’Hi-Fi superandoli? La risposta,<br />

oltre a essere un SI pieno,<br />

si arricchisce di un ulteriore EC-<br />

COME, in quanto certe soluzioni<br />

possono evolvere e migliorare<br />

nel tempo con affinamenti e tuning<br />

up, mantenendo un costo<br />

pressoché invariato.<br />

È il caso del piccolo Arylic A50,<br />

che offre in dimensioni decisamente<br />

minimali un amplificatore<br />

integrato completo dotato di ingressi<br />

analogici, ricevitore Bluetooth<br />

e streamer con connessione<br />

fisica e Wi-Fi, che supporta<br />

per di più la configurazione multizona<br />

e multiroom. L’alimentatore<br />

è esterno all’apparecchio, di<br />

tipo switching, fornisce 24VDC<br />

a 4.16A e ha dimensioni paragonabili<br />

all’apparecchio, anzi, uno<br />

dei tre lati è di poco più lungo di<br />

quelli dell’A50. D’altronde quando<br />

le dimensioni sono ridotte al<br />

minimo non è possibile e soprattutto<br />

poco raccomandabile<br />

tentare di inserire l’alimentatore<br />

all’interno del circuito attivo.<br />

Una volta trovata la collocazione<br />

“a scomparsa” dell’alimentatore<br />

esterno, il prodotto occupa veramente<br />

uno spazio esiguo e risulta<br />

anche molto gradevole alla<br />

vista, con una estetica sobria ma<br />

comunque molto curata. Anche<br />

il retro ha subìto una drastica<br />

razionalizzazione degli spazi in<br />

quanto sono presenti comunque<br />

un certo numero di connessioni:<br />

una coppia di ingressi RCA, una<br />

coppia di uscita RCA l’RJ-45 per<br />

la connessione di rete, la presa<br />

USB, la presa di alimentazione<br />

e, infine, il collegamento dei cavi<br />

di potenza per i diffusori. Per il<br />

contenimento dello spazio per<br />

quest’ultimi è stato impiegato<br />

un connettore rapido, di quelli<br />

che non piacciono per nulla al<br />

mondo audiofilo e che per chissà<br />

quale motivo vengono tacciati di<br />

poca affidabilità nella “connessione”.<br />

Sicuramente questo tipo<br />

di connessione è poco scenico e<br />

sicuramente bisogna dotarsi di<br />

un cacciavite sottile di ottima<br />

qualità e di santa pazienza per<br />

spellare il cavo con molta precisione<br />

in quanto la lunghezza<br />

deve essere di circa un centimetro.<br />

Fatto ciò il collegamento è<br />

stabile, molto pratico da inserire<br />

e disinserire e a prova di cortocircuito.<br />

Inoltre, occupa pochissimo<br />

spazio soprattutto nella<br />

parte posteriore. Anche se non<br />

ha nulla di Hi-Fi nell’aspetto, si<br />

tratta di una delle soluzioni più<br />

efficaci e viene da chiedersi come<br />

mai l’Hi-Fi abbia optato<br />

per sistemi più inefficaci e<br />

a rischio come i morsetti<br />

a vite. Il cavo che ci si può<br />

collegare ovviamente non<br />

può essere di grandi dimensioni<br />

ma sicuramente<br />

di quelle che bastano e<br />

avanzano per le grandezze<br />

in gioco, anche considerando<br />

che se la lunghezza<br />

non è eccessiva<br />

la sezione diventa meno<br />

importante. Anticipando<br />

alcune considerazioni<br />

che faremo più<br />

avanti, se si azzarda<br />

una configurazione<br />

in biamplificazione<br />

verticale, la lunghezza<br />

dei cavi diventa<br />

irrisoria in quanto<br />

ognuno dei due<br />

A50 viene collocato<br />

quasi a ridosso del<br />

diffusore, massimizzando così<br />

la funzionalità del tipo di connessione<br />

con una lunghezza dei<br />

cavi inferiore al mezzo metro!<br />

All’interno trovano posto i tre<br />

elementi funzionali: il processore<br />

audio MVSilico AP8064<br />

dotato anche di ricevitore del<br />

segnale analogico, Bluetooth<br />

e di elaborazione DSP; il modulo<br />

di comunicazione di rete<br />

della Linkplay A31 che supporta<br />

i protocolli di trasmissione<br />

audio, i formati più comuni e<br />

le app dei fornitori di servizi di<br />

streaming; infine l’integrato di<br />

potenza STMicroelectronics ad<br />

alta potenza, anch’esso programmabile<br />

e con varie funzioni DSP.<br />

In altri termini un coacervo di<br />

soluzioni, alcune sovrapposte<br />

altre no, che abbinate anche ad<br />

una app di gestione molto avanzata<br />

consentono configurazioni<br />

e installazioni “estranee” a prodotti<br />

di questa classe di prezzo.<br />

Il prodotto viene fornito anche di<br />

telecomando a infrarossi e si può<br />

utilizzare in modalità stand<br />

All’interno dell’esiguo spazio<br />

a disposizione trovano<br />

posto due coppie di<br />

connessioni RCA, una per<br />

l’ingresso linea e l’altra per<br />

l’uscita preamplificata. Al<br />

centro il collegamento RJ-<br />

45 per la rete e il caratteristico<br />

connettore ad innesto rapido<br />

per i cavi di potenza. Al lato il jack<br />

di alimentazione a 24VDC.<br />

alone, senza connetterlo alla rete<br />

interna - certo è un peccato ma<br />

è anch’essa una possibilità e si<br />

può sfruttare la connessione<br />

Bluetooth.<br />

L’app di gestione consente la<br />

configurazione dei vari sistemi<br />

connessi all’interno della rete e<br />

di vari tipi di raggruppamento<br />

per zona e funzionalità; si possono<br />

gestire anche i servizi esterni<br />

di streaming, molti dell’emisfero<br />

orientale ma anche quelli che più<br />

si utilizzano in occidente tra cui<br />

Tidal, Qobuz, Deezer e Spotify.<br />

Da segnalare che il sistema si<br />

trova a particolarmente a suo<br />

agio nella riproduzione di formati<br />

non compressi anche ad alta<br />

risoluzione, pertanto, con Qobuz<br />

sembra avere una marcia in più<br />

rispetto a Spotify o altri servizi<br />

con stream a perdita. Tramite<br />

l’app è possibile anche accedere<br />

ai contenuti nei server DLNA<br />

ma con una esperienza d’uso<br />

non così attraente come quella<br />

di altri fornitori come,<br />

ad esempio,<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 45


SELECTOR<br />

Lo stadio finale in classe D è un<br />

integrato ST Microelectronics<br />

STA326 con quattro canali<br />

configurabili in 2+1, 2 e mono.<br />

Nell’A50 è stata selezionata la<br />

modalità stereo a ponte.<br />

L’A50 è incentrato sul processore Audio<br />

MVSilicon AP8064 che si occupa della<br />

ricezione dei segnali analogici e digitali,<br />

della conversione e della transcodifica. È<br />

dotato anche di DSP per equalizzazione e<br />

la regolazione dei livelli e per la ricezione<br />

dei segnali Bluetooth.<br />

Il modulo di rete Wireless<br />

e Ethenet 10/100 Mbps<br />

è un LinkPlay A31 che<br />

implementa il supporto<br />

al DLNA, Airplay e tutti<br />

i codec necessari per la<br />

conversione dei formati<br />

streaming. Il sistema<br />

supporta anche le app di<br />

fornitori streaming come<br />

ad esempio Spotify, Tidlal<br />

e Qobuz.<br />

46 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

TANTE PICCOLE COSE<br />

L’app di gestione 4Stream realizzata da LinkPlay (che fornisce il modulo<br />

di trasmissione di rete) deriva direttamente dalla App MUZO player hi fi. È<br />

necessario usare 4Stream per la configurazione del dispositivo che avviene<br />

in modo molto semplice ed intuitivo con pochi passi necessari per settare<br />

l’accredito nella rete domestica sia wireless che di tipo cablata.<br />

L’App supporta i servizi di streaming di fornitori esterni utilizzando gli strumenti<br />

di ricerca dei fornitori ma mantenendo l’aspetto caratteristico della<br />

app 4Stream durante la riproduzione: copertina all’interno di un “disco in<br />

vinile” e in alto a sinistra il logo della sorgente streaming, nelle foto si apprezza<br />

il DLNA e Qobuz.<br />

Bubble UPnP. Tuttavia, quando<br />

si inserisce il sistema in una rete<br />

DLNA, l’Arylic A50 si presenta<br />

come un render puro e facilmente<br />

gestibile da un Controller<br />

DNR o da un Player DMP.<br />

La tensione di alimentazione è di 24VDC a 4.16A fornita da<br />

un alimentatore switching. Lo stadio finale accetta tensioni<br />

di alimentazione anche maggiori per raggiungere una<br />

potenza di uscita fino a 2x80 W su 4 Ohm, valore comunque<br />

al limite del sistema e che sviluppa anche calore. Invece<br />

l’A50 eroga circa 28 Wrms su 8 Ohm, un risultato più che<br />

dignitoso in conseguenza del fatto che il calore è molto<br />

contenuto anche per lunghi periodi di attività ad alti livelli<br />

di ascolto. All’interno un ulteriore circuito di livellamento<br />

e filtratura della tensione di ingresso.<br />

Si tratta di usare la sua app per<br />

configurare l’apparecchio e per<br />

riprodurre i brani presenti nella<br />

memoria collegata alla presa<br />

USB a bordo dell’apparecchio<br />

ma, per il resto, l’apparecchio<br />

si inserisce facilmente in un<br />

ecosistema DLNA compatibile e<br />

risponde molto bene ai controlli<br />

e ai comandi.<br />

Sempre tramite la App di gestione<br />

è possibile configurare<br />

ogni A50 per la riproduzione<br />

in modalità stereo oppure per<br />

la riproduzione di uno solo dei<br />

canali, il destro o il sinistro a<br />

scelta. Potendo disporre di due<br />

A50 è possibile<br />

configurarli uno<br />

per il canale<br />

sinistro l’altro per<br />

quello destro e<br />

poi raggrupparli<br />

in modo che<br />

vengano considerati<br />

sia dalla<br />

App che da un<br />

sistema DLNA<br />

come un sistema<br />

unico. Durante<br />

la fase di abbinamento<br />

uno dei due<br />

sistemi diventa l’unità master<br />

e l’altra si connette all’unità<br />

master in una sotto rete gestita<br />

dall’unità master, non visibile<br />

all’interno della rete domestica.<br />

Il volume viene regolato per entrambi<br />

i sistemi ma volendo si<br />

può intervenire su uno di essi per<br />

ottimizzare il bilanciamento e<br />

poi regolare il livello dal master.<br />

Lo stadio di potenza non sembra<br />

risentire in modo particolare del<br />

carico a cui si collega, anzi, anche<br />

nei passaggi più concitati non si<br />

avverte indurimento in gamma<br />

alta anche all’approssimarsi del<br />

limite superiore di potenza che,<br />

tuttavia, prima del clipping si<br />

inserisce un compressore che<br />

sposta ancora un po’ più in là<br />

il momento in cui bisogna “abbassare”<br />

il volume. La timbrica<br />

non è fra le più luminose con<br />

una risposta comunque alle alte<br />

frequenze molto nitida e dettagliata.<br />

La resa più emozionante<br />

e coinvolgente si ottiene in biamplificazione<br />

e comunque non a<br />

bassissimi livelli ma da un certo<br />

volume in poi, in cui l’articolazione,<br />

il punch e la timbrica diventano<br />

appannaggio di apparecchi<br />

di classe “Hi-Fi” di alto rango:<br />

48 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST RAKOIT ARYLIC A50<br />

al banco di misura<br />

La risposta in frequenza presenta una marcata attenuazione<br />

all’estremo superiore che in parte riduce la sensibilità del<br />

filtro di uscita dell’amplificazione in classe D in funzione<br />

del carico collegato. L’estremo superiore si ferma a 20kHz<br />

in seguito al processamento del segnale a 44.1kHz interno<br />

al DSP. È presente anche una curva di equalizzazione su cui<br />

al momento non si può intervenire. La potenza rilevata su<br />

un carico di 8 Ohm è circa 28 Wrms con un clipping non eccessivamente<br />

repentino in cui intervengono anche i circuiti<br />

di compressione. La distorsione si attesta su valori molto<br />

bassi sopratutto ad alti livelli di emissione, mentre a basso<br />

livello si innalza il rumore anche se non a livelli eccessivi.<br />

veramente dal giorno alla notte!<br />

Anche con i formati compressi a<br />

perdita il risultato è eccellente,<br />

soprattutto per l’assenza in alta<br />

frequenza dei fastidiosi effetti<br />

della compressione che spesso<br />

vengono esaltati e rendono<br />

poco piacevole la riproduzione.<br />

Tramite la App è possibile configurare<br />

più sistemi per riprodurre<br />

un solo canale e per essere abbinati<br />

fra loro, quindi la tentazione<br />

di metter su una biamplificazione<br />

passiva verticale è veramente<br />

irresistibile: il risultato va oltre<br />

ogni aspettativa! Dinamica, articolazione,<br />

pressione complessiva<br />

vanno ben oltre il prezzo “doppio”<br />

per l’acquisto di due A50. Si<br />

tratta di una formula semplice: il<br />

prezzo raddoppia ma la qualità<br />

è esponenziale, e i costi restano<br />

comunque lontanissimi dallo<br />

scenario in cui si muove l’Hi-Fi<br />

tradizionale.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 49


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Blue Aura V32<br />

Stando alla pubblicistica<br />

aziendale, il marchio<br />

Blue Aura, data di fondazione<br />

2010, è composta da<br />

un team di ingegneri audio<br />

britannici con la passione<br />

per l’integrazione tra<br />

i sistemi di riproduzione<br />

sonora e le opportunità<br />

fornite dalle soluzioni wireless.<br />

Fondatore e direttore di<br />

Matrix Sound Limited,<br />

la società proprietaria<br />

del marchio, è Nicholas William<br />

Holland, sessantenne con un<br />

passato in Mission e, sempre da<br />

informazione aziendale, un “audio<br />

industry veteran” con circa 30<br />

anni di esperienza. In merito non<br />

possiamo dire di più non essendo<br />

riusciti a contattare Holland ma le<br />

caratteristiche della Matrix Sound<br />

Limited e, in particolare quelle di<br />

Blue Aura, sembrano essere quelle<br />

della tipica azienda fabless: team<br />

di progettazione occidentale (con<br />

sede in Inghilterra) e produzione<br />

lì dove i costi sono minori. Si aggiunga<br />

una caratteristica che comincia<br />

a diventare tipica proprio<br />

nel Regno Unito ovvero quella<br />

di una versione sui generis del<br />

concetto di startup<br />

dove<br />

spesso<br />

proprio dei veterani tornano a solcare<br />

il terreno della riproduzione<br />

sonora offrendo una versione aggiornata<br />

di quel value for money<br />

(o le molte altre definizioni che ne<br />

vennero date al tempo) che rese<br />

famoso il Made in England in Hi-<br />

Fi. Tradotto in termini moderni<br />

una ricerca, scevra di preconcetti<br />

(o perlomeno lontana dai canoni<br />

tradizionali) su quelle soluzioni<br />

che rendono l’ascolto della musica<br />

più piacevole e fruibile, prendendo<br />

spunto dal fenomeno Tivoli o<br />

giù di lì...<br />

In questo senso la line up dei prodotti<br />

Blue Aura (un catalogo essenziale<br />

ma che tocca tutti i principali<br />

anelli di una catena Hi-Fi,<br />

anche se manca uno streamer) fa<br />

anche qualcosina di più, in quanto<br />

va a rivisitare i canoni stilistici e almeno<br />

in parte tecnici della “buona<br />

Hi-Fi di una volta” creando<br />

quel curioso coacervo per cui<br />

possono coesistere le valvole e<br />

il Bluetooth. Roba per stomaci<br />

senza preconcetti, insomma,<br />

offerta a prezzo ragionevole,<br />

proprio come accadeva con la<br />

generazione di prodotti essenziali<br />

ma ben suonanti di un tempo.<br />

Un’operazione principalmente<br />

di marketing? Anche, senz’altro,<br />

ma anche votata a investigare quei<br />

nuovi rivoli di mercato che la fruizione<br />

moderna della musica offre.<br />

Ecco: inquadriamo in questa luce<br />

Prezzo: € 449,00<br />

Dimensioni: 25,50 x 14 x 20 cm (lxaxp)<br />

Peso: 3,2 Kg<br />

Distributore: Exhibo<br />

Via Leonardo da Vinci, 6 - 20854 Vedano al Lambro ()<br />

Tel. 039 49841<br />

www.exhibo.it<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO BLUE AURA V32<br />

Tipo: stereo Tecnologia: ibrido Potenza: 2 x 20 W su 8 Ohm in<br />

classe AB Accessori e funzionalità aggiuntive: Telecomando,<br />

Ingresso cuffia Risp. in freq. (Hz): 20Hz-20KHz +/- 1,5dB THD<br />

(%): 0,1 S/N (dB): 86 Phono: MM ( mV/ KOhm) Ingressi analogici:<br />

(1,0 mV/47 kOhm) Ingressi digitali: USB Standard Sistema<br />

di conversione audio D/A: 24 bit - 96 kHz Note: 6n1x2 6e2x1,<br />

Bluetooth aptX, uscita sub.<br />

50 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

Lo stadio finale utilizza un<br />

integrato di potenza ST<br />

Microelectronics STA540 in classe<br />

AB a quattro canali configurabili<br />

anche in modalità stereo e in<br />

grado di erogare fino a 2x34<br />

Wrms su 8Ohm.<br />

La sezione di ingresso utilizza un processore<br />

audio Princeton Technology Corporation<br />

PT7314 dotato di un buffer in ingresso e uno<br />

di uscita, quattro ingressi linea, controllo del<br />

volume, dei toni e loudness progressivo.<br />

Le funzioni dell’apparecchio<br />

sono gestite da un<br />

microcontroller<br />

programmabile che tiene<br />

sotto controllo anche le<br />

condizioni operative. Il<br />

software è realizzato ad hoc.<br />

L’ingresso phono impiega due<br />

amplificatori operazionali Analog<br />

Devices AD8672A caratterizzati da<br />

un bassissimo rumore e impiegati<br />

per strumentazioni di misura e<br />

amplificatori di precisione a basso<br />

rumore.<br />

Il modulo Bluetooth 4.1 è un CSR8645,<br />

ora acquisito dalla Qualcomm, che<br />

supporta la modalità A2DP e aptX. Il modulo è<br />

dotato anche di connessione USB audio a 48kHz 16bit.<br />

Due ingressi RCA, uno per l’entrata phono MM e l’altra per<br />

l’ingresso linea. Un ulteriore ingresso ausiliario è presente<br />

con un jack stero da 3,5mm. Sotto la presa di massa per il<br />

fono, molto comoda da utilizzare, è presente la connessione<br />

USB audio a 48kHz 16bit. Il segnale in uscita è pensato per<br />

alimentare un subwoofer attivo tramite un collegamento RCA<br />

stereo. Sotto l’antenna Bluetooth è collocato il connettore<br />

jack da 3.5mm per l’uscita cuffia, abbastanza difficile da<br />

raggiungere; i morsetti di potenza sebbene posizionati molto<br />

vicini fra loro sono comodi e accessibili.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 51


SELECTOR<br />

al banco di misura<br />

La risposta in frequenza è fortemente caratterizzata da un incremento della gamma bassa di circa 7dB centrato intorno agli<br />

80 kHz presente di default all’accensione dell’apparecchio. Tramite il telecomando è possibile intervenire sulla regolazione<br />

e raggiungere una risposta flat diminuendo di due passi l’emissione in basso e aumentando quella alta di tre. I controlli<br />

di tono hanno un effetto molto marcato ma si rischia di far saturare lo stadio di uscita che raggiunge circa 12 Wrms su<br />

8 Ohm. La risposta è molto estesa è il rumore di fondo risulta molto basso e privo di interferenze. La distorsione mostra<br />

un buon decadimento armonico e si mantiene entro valori molto bassi fino al raggiungimento del clipping, repentino.<br />

l’integrato V-32 che a un prezzo<br />

collocato strategicamente in una<br />

fascia appetibile offre alcuni degli<br />

stilemi del passato (le valvole<br />

ma anche un design e un cabinet<br />

elegante, lineare e sobrio che richiama<br />

quegli echi lì) all’interno<br />

di una soluzione in cui la provenienza<br />

orientale non lascia troppi<br />

margini all’originalità, se non<br />

nelle scelte di base che “un team<br />

di ingegneri audio britannici con<br />

la passione per l’integrazione tra<br />

i sistemi di riproduzione sonora,<br />

etc., etc.” possono effettuare o indurre<br />

nel fornitore. A queste possono<br />

essere ascritte, ad esempio,<br />

la presenza di uno stadio fono di<br />

più che accettabile qualità (tanto<br />

per dare un’idea: ci sono prodotti<br />

Hi-Fi simili che lo utilizzano in<br />

modelli anche di gamma media<br />

- entry level) o la annosa scelta tra<br />

alimentazione interna ed esterna<br />

in favore della prima, più onerosa<br />

in termini di costi e complessità<br />

circuitale (l’alimentatore, di tipo<br />

switching, è collocato all’interno<br />

dell’apparecchio dentro il<br />

contenitore nero posto dietro le<br />

valvole). La scelta di Blue Aura è<br />

caduta su una soluzione estetico<br />

funzionale notevole in quanto gli<br />

alimentatori esterni non fanno<br />

una bella figura e in ogni caso il<br />

“sarcofago” in puro alluminio fresato<br />

ricorda molto i trasformatori<br />

di uscita (non presenti in questo<br />

prodotto) degli ampli a valvole.<br />

Davvero accettabile in un’ottica<br />

Hi-Fi… !<br />

Più discutibile dal punto di vista<br />

funzionale la scelta di una soluzione<br />

ibrida laddove, tenuto anche<br />

costo della fascia di mercato, non<br />

c’era nessuna necessità di sfruttare<br />

le due tecnologie, valvole +<br />

chip integrato di amplificazione<br />

in classe AB a quattro canali configurabile<br />

in vari modi, ma dove le<br />

sirene del marketing hanno orientato<br />

la scelta verso una soluzione<br />

“accattivante” che impiega una<br />

valvola storica, la 6E2, una sorta<br />

di indicatore di livello a cavallo fra<br />

un occhio magico e un VU-Meter<br />

lineare, che però evoca al contempo<br />

quelle scelte solo formali che<br />

apparvero sul mercato con i primi<br />

prodotti cinesi...<br />

Avremmo voluto contattare Holland<br />

anche per discutere di alcune<br />

scelte tecniche che potremmo<br />

definire perlomeno originali ma<br />

sulla cui valenza, almeno nei commenti<br />

che troverete, utilizzate le<br />

pinze visto che non è stato possibile<br />

un contraddittorio.<br />

Dal punto di vista dell’UX, ad<br />

esempio, nessuna indicazione per<br />

gli ingressi, per il livello di regolazione<br />

del volume e ancor peggio<br />

per le regolazioni effettuate solo<br />

da telecomando, noi non ci siamo<br />

trovati bene e non comprendiamo<br />

le scelte intraprese, non solo<br />

per il fatto che, non essendo dei<br />

millennials, forse il codice di<br />

comunicazione ci è ignoto. Un<br />

esempio per tutti: il controllo dei<br />

toni avviene tramite i tasti del<br />

telecomando senza nessuna indicazione<br />

né sull’intervento né sullo<br />

stato. Lo si potrebbe considerare<br />

un aspetto marginale se non fosse<br />

che il sistema, di default, non ha<br />

una risposta lineare ma un’enfasi<br />

52 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST BLUE AURA V32<br />

L’indicatore di livello a tubi mostra due barre fluorescenti che partono dagli estremi<br />

e vanno a coincidere al centro della valvola quando il livello raggiunge il massimo.<br />

La valvola 6E2 utilizza una griglia di emissione che proietta il doppio fascio su uno schermo<br />

fluorescente. Le due valvole ai lati sono le 6N2, un doppio triodo di amplificazione.<br />

importante nella gamma bassa e<br />

medio bassa. Attenzione, non si<br />

tratta di un loudness progressivo<br />

ma di uno squilibrio che interessa<br />

una banda molto ampia e che,<br />

generalmente, tende a spostare<br />

l’equilibrio timbrico della risposta<br />

complessiva. Sempre mancando<br />

il contraddittorio, abbiamo supposto<br />

che la scelta di enfatizzare<br />

la gamma bassa può essere una<br />

ottima chance, soprattutto se il<br />

prodotto è pensato per essere abbinato<br />

a diffusori piccoli da scrivania,<br />

ma ciò comporta anche un<br />

serie di problemi legati al livello<br />

di ascolto e di saturazione del segnale<br />

che rendono molto difficile<br />

la vita dell’amplificatore. Ad esempio,<br />

a basso volume si avverte uno<br />

squilibrio verso il basso che oscura<br />

totalmente il resto della gamma.<br />

Alzando il volume, l’equilibrio<br />

cambia e a un certo livello diventa<br />

anche molto piacevole, e in questo<br />

fa da padrone il concetto di<br />

equalizzazione loudness; alzando<br />

ancora e di poco il volume, però,<br />

il sistema entra immediatamente<br />

in crisi in quanto uno squilibrio di<br />

circa 10 dB porta rapidamente in<br />

saturazione il piccolo finale di potenza.<br />

In effetti, l’equalizzazione<br />

loudness ha un effetto importante<br />

e molto gradevole quando apporta<br />

una equalizzazione agli estremi<br />

banda che varia progressivamente<br />

in funzione del livello; in questo<br />

caso, invece, si tratta di una enfasi<br />

eccessiva, costante. I controlli di<br />

tono potrebbero aiutare a rendere<br />

lineare la risposta ma, disconoscendo<br />

i punti di intervento e<br />

l’entità, a orecchio è veramente<br />

complicato trovare un compromesso,<br />

anche perché in gamma<br />

alta si manifesta oltre a una equalizzazione<br />

anche un innalzamento<br />

del livello che modifica l’equilibrio<br />

complessivo. Solo attraverso un<br />

analizzatore di spettro è possibile<br />

ottenere una risposta lineare, visto<br />

che è sostanzialmente impossibile<br />

tenere a mente quante volte bisogna<br />

premere i pulsanti dei toni per<br />

raggiungere l’obiettivo e soprattutto<br />

per ottenere gli stessi risultati<br />

in seguito allo spegnimento del<br />

prodotto. Perché i settaggi delle<br />

equalizzazioni si perdono a ogni<br />

riaccensione!<br />

Viene spontaneo chiedersi allora<br />

quali potrebbero essere state le intenzioni<br />

del costruttore in quanto<br />

molti aspetti sono particolarmente<br />

curati ma altri del tutto trascurati.<br />

Per certi versi è vero che la<br />

destinazione d’uso del prodotto<br />

sembra orientato a un pubblico<br />

non audiofilo ma non sembrerebbe<br />

nemmeno di nuova generazione<br />

in quanto i millennials, abituati<br />

ad app e all’immediatezza dell’utilizzo<br />

di apparati complessi, certamente<br />

non troverebbero soddisfazione<br />

nell’utilizzo del V32 anche<br />

perché, sbagliando i settaggi ma<br />

anche lasciandolo così com’è, il<br />

limite della potenza di uscita è<br />

piuttosto facile da raggiungere<br />

anche a pressioni complessivamente<br />

modeste. Una scelta che,<br />

soprattutto in considerazione del<br />

fatto che lo stadio di ingresso e di<br />

controllo è realizzato ad hoc con<br />

un microcontrollore che gestisce<br />

l’integrato di ricezione del segnale<br />

di regolazione del volume e di<br />

preamplificazione, penalizza il<br />

prodotto e, con altri presupposti,<br />

lo avrebbe invece distinto seriamente<br />

da molta concorrenza in un<br />

momento in cui l’offerta del mercato<br />

orientale è ai vertici. Ci rimane<br />

anche qualche dubbio in merito<br />

alle scelte relative alla sezione<br />

digitale, non tanto per la scelta di<br />

un ricevitore Bluetooth quanto<br />

per quella di sfruttare la sua sezione<br />

DAC interna anche per un<br />

collegamento USB limitato a 48<br />

kHz 16 bit e senza ingresso spdif,<br />

quando si sarebbe potuto fare<br />

(ma a che costi? Holland potrebbe<br />

spiegarlo...) di più, soprattutto<br />

rispetto ai dati dichiarati nel manuale<br />

e nella brochure in cui vengono<br />

esposti dati ben differenti.<br />

Quello che colpisce, però, è in un<br />

certo senso il peso che viene dato<br />

a certi aspetti che poi distolgono<br />

l’attenzione da quelle che invece<br />

sono le caratteristiche che rendono<br />

unico un prodotto, soprattutto<br />

quando è evidentemente orientato<br />

all’universo analogico!<br />

L’impostazione timbrica, una volta<br />

ottenuta una regolazione flat,<br />

risulta molto luminosa e incisiva<br />

anche se l’escursione dinamica è<br />

comunque contenuta e risente di<br />

un certo indurimento all’aumentare<br />

del livello di uscita. Con formati<br />

compressi si evidenziano gli<br />

artefatti digitali e una qualche fatica<br />

di ascolto. Tramite i controlli di<br />

tono è possibile ottenere un equilibrio<br />

più caldo e ritmico anche<br />

se l’incremento, seppur minimo,<br />

del registro inferiore, tende a far<br />

perdere articolazione alla gamma<br />

bassa con una impostazione<br />

puncy non proprio gradevole.<br />

In buona sostanza siamo di fronte<br />

a un prodotto che è frutto di buone<br />

intenzioni, che incarna in buona<br />

parte l’idea di value for money (soprattutto<br />

se alcune scelte iconiche<br />

contano per voi) che con qualche<br />

accortezza in più avrebbe potuto<br />

essere una killer app. Basterebbe<br />

poco ma è lecito chiedersi se quel<br />

poco sarebbe dovuto, lecito o un<br />

plus in questa fascia di prezzo. A<br />

far chiarezza l’esame di concorrenti<br />

che tra più tradizionali e<br />

altrettanto di frontiera, in alcuni<br />

casi offrono di più dal punto di vista<br />

sonoro, in altri da quello della<br />

versatilità. In medio stat virtus?<br />

Date un voto anche al vestito che<br />

è parte della piacevolezza.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 53


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

STREAMING PLAYER<br />

Moon 390<br />

40 anni e non accorgersi<br />

di averli... Sarà perché la<br />

propensione all’innovazione<br />

costringe a evolvere costantemente,<br />

sarà perché<br />

di vicissitudini Moon ne<br />

ha vissute parecchie (a cominciare<br />

dal nome stesso e<br />

ve lo racconteremo) ma si<br />

fa fatica ad associare una<br />

così lunga storia a questo<br />

costruttore canadese orgoglioso<br />

di aver sempre costruito<br />

tutto in casa senza<br />

cedere alle lusinghe delle<br />

sirene orientali.<br />

Quella che diventerà<br />

Moon viene fondata,<br />

per i tipi della Sima<br />

Electronique, nel 1980 a St.<br />

Hubert nel Quebec dal tecnico<br />

del suono Victor Sima il cui<br />

primo prodotto è un ampli integralista<br />

privo di ogni orpello<br />

non indispensabile (PW 2000).<br />

Dieci anni più tardi la società è<br />

soggetta a una riorganizzazione<br />

aziendale con il passaggio a Simaudio<br />

che, qualche anno più<br />

tardi (1997), dà vita al marchio<br />

Moon, caratterizzato da contenuti<br />

e aspetto maggiormente<br />

tecnologici. Nel 2013 l’azienda<br />

viene nuovamente ceduta agli ex<br />

dipendenti: Costa Koulisakisa<br />

per il lato commerciale, Thierry<br />

Dufour e Louis Lemire per quello<br />

progettuale. Da quel momento<br />

tutto il catalogo della casa è<br />

soggetto a una accelerazione<br />

frutto dell’impulso del nuovo<br />

staff che<br />

darà origine<br />

a uno sterminato<br />

catalogo di elettroniche (attualmente<br />

ne abbiamo contate oltre<br />

30!) e che proprio in questo periodo<br />

dà vita al primo streamer<br />

dell’azienda, il 180 MiND; il<br />

modulo Mind ora alla versione<br />

“2” costituisce l’elemento base<br />

di una linea che comprende attualmente<br />

ben 6 modelli di streaming<br />

player.<br />

Il 390 è uno dei più recenti: si<br />

tratta di un pre-dac-network<br />

player, compatibile Roon, Tidal,<br />

Qobuz, Deezer e UPnP con<br />

architettura digitale a 32/384<br />

in grado di decodificare file<br />

PCM ma anche DSD fino a 256.<br />

L’apparecchio è anche dotato<br />

di connessioni HDMI e ingressi<br />

bilanciati e display OLED. Nella<br />

sempre più ardua opera di categorizzazione<br />

delle new entry<br />

Hi-Fi, come sempre più spesso<br />

accade il posto dove inserire il<br />

Moon 390 è... ancor più mutevole<br />

che in altri casi. È principalmente<br />

un preamplificatore?<br />

Si, a tutti gli effetti e non solo<br />

un hub digitale visto che dispone<br />

di un ingresso fono versatile e<br />

di altissimo livello. È uno streamer?<br />

Indubbiamente. È un<br />

DAC? Senza dubbio. Risponde<br />

in linea di massima al concetto<br />

di preamplificatore moderno,<br />

un ruolo che, se se ne escludono<br />

le versioni ispirate al minimalismo,<br />

in passato come nel<br />

presente prevede che il pre (un<br />

tempo chiamato anche cervello)<br />

sia il crocevia dei vari segnali in<br />

ingresso e sia in grado di trattarli<br />

in modo che l’amplificatore<br />

di potenza possa amplificarli al<br />

meglio. Ai segnali e agli ingressi<br />

“tradizionali” (ormai nel vocabolario<br />

comune anche gran arte<br />

di quelli digitali) si aggiungano<br />

le connessioni HDMI (ARC e<br />

non), seppur di estrazione<br />

tutt’altro che “Hi-end”, che<br />

costituiscono comunque<br />

un ulteriore passo verso<br />

il concetto di prodotto “al<br />

centro” dell’impianto, anzi<br />

di un impianto di livello assoluto<br />

che apre la fruizione<br />

della musica anche con<br />

Prezzo: € 6.250,00<br />

Dimensioni: 42,90 x 8,90 x 33,30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 10 Kg<br />

Distributore: LP Audio<br />

Via della Tesa, 20 - 34138 Trieste (TS)<br />

Tel 040 569824<br />

www.lpaudio.it<br />

STREAMING PLAYER MOON 390<br />

Formati audio compatibili: PCM, AIFF, WAV, FLAC Tipo: stereo Tecnologia: a stato<br />

solido Risp. in freq. (Hz): 10 - 200.000 -0.5 dB/-3 dB THD (%): 0.0004 S/N (dB): 125<br />

Ingressi analogici: 1 RCA 1 XLR Uscite analogiche: 2 RCA 1 XLR Ingressi digitali:<br />

Ottico (1), Coassiale (1), USB High resolution (1), Ethernet (2) Ingresso Phono: MM (<br />

mV/ KOhm) MC ( mV/ Ohm) Convertitore D/A: ESS DAC PRO Sistema di conversione<br />

D/A: 32 bit - 384 kHz Accessori e funzionalità aggiuntive: Ingresso cuffia Note:<br />

volume regolabile, PCM 32/384 e DSD 256, circuitazione bilanciata, ingresso fono<br />

configurabile, 4+1 HDMI, 1 uscita variabile MQA e Roon ready. Bluetooth aptX.<br />

54 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

Il modulo di comunicazione di<br />

rete STREAM810, prodotto dalla<br />

StreamUnlimited, è fra i più evoluti,<br />

aggiornati e ad ampia compatibilità, con<br />

fornitori di terze parti di servizi streaming<br />

e di gestione dei contenuti. Supporta<br />

ogni aspetto del DLNA ma anche Roon e<br />

Chromecast built-in.<br />

Lo stadio di amplificazione dell’uscita<br />

cuffia impiega due integrati Texas<br />

LME49600, uno per canale, dotati<br />

di uscita ad alta corrente e gran<br />

capacità di pilotaggio e alimentati<br />

con uno stabilizzatore filtrato per<br />

ogni dispositivo. Praticamente<br />

lo stesso front end utilizzato nel<br />

Moon 230HAD.<br />

La regolazione del livello di uscita<br />

variabile impiega due integrati<br />

JRC MUSES 72320 in dual mono<br />

e configurazione bilanciata,<br />

gestiti da un microcontrollore<br />

in modo molto sofisticato<br />

e personalizzabile per ogni<br />

ingresso con passi fino a 0.25dB.<br />

Gli ingressi HDMI utilizzano una scheda ad<br />

hoc prodotta dalla Momentum Data System<br />

realizzata appositamente per estrarre l’audio<br />

ad alta risoluzione da un collegamento HDMI<br />

senza perdita di qualità e con un levato<br />

controllo del jitter. Il plus valore del prodotto<br />

è nella accuratezza della realizzazione e<br />

nella manutenzione di un sistema che è<br />

soggetto alle variazioni delle policy di<br />

protezione di contenuti che devono essere<br />

aggiornate per consentire una estrazione<br />

audio di qualità nel tempo.<br />

Ampia la dotazione di connessioni sia<br />

digitali (tradizionali e di tipo HDMI) CHE<br />

analogiche tra cui un ingresso Phono sia<br />

MM che MC. Doppia le connessione di<br />

rete J-45: in questo modo è possibile<br />

collegare la rete in modo passante.<br />

Leggermente scomodo l’accesso alla<br />

presa USB per collegare un hard disk<br />

con i contenuti, anche se si tratta di una<br />

operazione che non si effettua così di<br />

frequente.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 55


SELECTOR<br />

Linea<br />

al banco di misura<br />

Al banco di misura l’apparecchio esibisce prestazioni da<br />

vero primo della classe sia per quanto riguarda gli aspetti<br />

legati alla realizzazione che per quelli invece collegati alle<br />

scelte progettuali. Innanzi tutto il rapporto segnale/rumore<br />

e la pulizia dello spettro sono al vertice; in barba a tanti preconcetti<br />

sulle alimentazioni di tipo switching verso quelle<br />

lineari le prestazioni più significative le stiamo rilevando<br />

su apparecchio di alto pregio realizzati con alimentazioni<br />

switching e non lineari abbinati ad una resa all’ascolto<br />

“superba”. La risposta in frequenza è molto estesa e lineare<br />

senza attenuazioni fino a 20 kHz, valore oltre il quale<br />

si apprezza una lieve attuazione a secondo del formato<br />

riprodotto. L’ingresso analogico invece si estende quasi<br />

linearmente fino a 100 kHz. Sono assenti componenti di<br />

Cuffia<br />

distorsione armonica e da intermodulazione. Solo con i<br />

formati con Fs=44.1kHz è presente una blanda filtratura<br />

che espone un alias di un certo rilievo, assente per i formati<br />

ad alta risoluzione. Una scelta di carattere filosofico<br />

adottata per il filtro digitale.<br />

L’uscita cuffia evidenzia un comportamento del tutto sovrapponibile<br />

a quello di apparecchi di rango dedicati. La<br />

risposta non subisce variazioni significative in funzione del<br />

carico, evidenziando una impedenza interna molto bassa<br />

e un alto fattore di smorzamento. Assenti le componenti<br />

di distorsione armonica e da intermodulazione. Il livello<br />

di uscita, alto oltre il necessario, non raggiunge il clipping<br />

con segnali a 0dB FS o con segnali analogici in ingresso a<br />

2 Vrms che si avvicina a 8V per un carico da 150R.<br />

modalità tutt’altro che scontate;<br />

è possibile, ad esempio, collegare<br />

un Blu-Ray oppure un<br />

Chromecast o un altro sistema<br />

di streaming multimediale per<br />

intercettare il segnale audio<br />

ad alta qualità di un programma<br />

e visualizzare sul televisore<br />

i contenuti video. Si tratta di<br />

intercettare solo i canali audio<br />

stereo, ma lo si ottiene con un<br />

controllo del formato e della pulizia<br />

del segale non paragonabile<br />

a quanto in genere accade con<br />

l’uscita ottica del televisore o la<br />

HDMI-ARC in dotazione alle TV<br />

più moderne. A cosa può servire?<br />

Semplice! A godersi concerti<br />

live in alta risoluzione, audio<br />

stereo ad alta qualità oppure un<br />

film attraverso le tracce stereo.<br />

L’offerta di fornitori di contenuti<br />

in stream di alta qualità,<br />

seppur con difficoltà, sta aumentando<br />

soprattutto in quelle<br />

nicchie di mercato che sono<br />

presidiate da colossi di settore<br />

come, ad esempio, la Berliner<br />

Philarmoniker Digital Concert<br />

Hall, che apre il suo immenso<br />

catalogo di concerti registrati ad<br />

alta definizione e di eventi live<br />

che si possono apprezzare solo<br />

attraverso un renderer audio video<br />

in cui è possibile installare<br />

l’App. Con un Chromecast (ma<br />

anche con un Amazon Fire TV)<br />

si raggiunge un livello di qualità<br />

impensabile fino a poco tempo<br />

fa. Il 390 diventa quindi il centro<br />

di smistamento dei contenuti ad<br />

alta definizione sia nel dominio<br />

analogico che digitale, anche se<br />

solo “stereo”: d’altronde il multicanale,<br />

se non ha preso piede<br />

finora, magari non avrà tante<br />

altre occasioni...<br />

Rispetto al passato (dove erano<br />

d’obbligo in tal senso l’ingresso<br />

e l’uscita per il tape, eventualmente<br />

dei filtri e altro ancora)<br />

un pre come il Moon 390, con<br />

massima versatilità del presente<br />

più ancora che un “cervello”, è<br />

56 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


UNA GUI ARTICOLATA TRA SCHERMO E APP<br />

Moon è stato fra i primi costruttori ad adottare un sistema di comunicazione<br />

avanzato e anche con una gestione dei contenuti accettabile e funzionale. Oltre<br />

ad essere fra i pochi ad offrire una riproduzione gapless funzionante e senza<br />

bug o latenze, è stato anche uno dei “pochissimi” e fra i primi ad implementare<br />

un hardware molto curato nella riduzione di disturbi immessi e prelevati dalla<br />

rete. Il sistema denominato fin dall’origine MIND, un curioso gioco di parole<br />

che nasce da MOON Intelligent Network Design, nella prima versione utilizzava<br />

software proprietario e un SoC BridgeCo. Attualmente, nella versione<br />

Mind2, il settore dei servizi di streming ha subito una crescita esponenziale<br />

e il nuovo modulo di basa su un prodotto OEM della StreamUnlimited che<br />

al momento è fra i fornitori di hardware e servizi più aggiornati e robusti dal<br />

punto di vista del software. L’hardware al contorno invece è sempre frutto del<br />

know MOON, ma il modulo STREAM810 offre la compatibilità con le app dei<br />

fornitori esterni di streaming come ad esempio Tidal compreso il supporto a<br />

MQA, Qobux e ROON. La App è molto intuitiva e funzionale, non consente una<br />

gestione avanzata delle funzionalità dell’apparecchio soprattutto nel setup.<br />

La consultazione dei contenuti nei server DLNA non è fra le più immediate,<br />

tuttavia, con un apparecchio della caratura del MOON 390 l’esperienza d’uso<br />

diventa unica nel suo genere nel momento in cui si utilizza ROON con la propria<br />

collezione di dischi in locale oppure abbinata a Tidal o Qobuz. In questo caso<br />

l’apparecchio diventa un “riproduttore” puro ma con una serie di informazioni<br />

fornite sia dall’app che dal display OLED veramente rare nel settore.<br />

forse (scusate il neologismo) un<br />

“quasi-sistema”, uno di quegli<br />

apparecchi ancora rari nel terzo<br />

millennio ma ai quali basta una<br />

coppia di diffusori amplificati e<br />

l’impianto è fatto (anche se, naturalmente,<br />

nulla osta a inserire<br />

invece un finale e una coppia di<br />

sistemi passivi). In questo senso<br />

la logica del tutto in uno di<br />

qualità ne fa uno di quei prodotti<br />

radicali (assolutamente<br />

si - assolutamente no) in base<br />

alle abitudini e alle necessità<br />

dell’utilizzatore che può essere<br />

spaventato dall’idea di non poter<br />

più praticare il giochino dei<br />

cambiamenti e abbinamenti tra<br />

pezzi (e ancor più da una eventuale<br />

obsolescenza del DAC) o<br />

rassicurato dall’idea di risparmiare<br />

spazio e non rinunciare ad<br />

una qualità che si preannuncia<br />

elevata (anche se il prezzo, proprio<br />

in questa ottica, alla luce<br />

delle varie funzioni e del fatto<br />

che Moon per definizione si<br />

posiziona nel segmento medioalto<br />

di mercato, non è nemmeno<br />

così elevato).<br />

Al centro dell’apparecchio trova<br />

posto un piccolo schermo<br />

OLED. Se il 390 viene utilizzato<br />

come streamer di rete, viene visualizzato<br />

il nome dell’artista, i<br />

titoli delle tracce e degli album,<br />

il tipo di file, la frequenza di<br />

campionamento, il tempo trascorso<br />

e l’impostazione del volume;<br />

viste le ridotte dimensioni,<br />

non è possibile visualizzare<br />

(ma non avrebbe nemmeno<br />

particolare senso) la copertina<br />

dell’album. Se si varia il volume<br />

sullo schermo appare il livello<br />

in caratteri numerici di grandi<br />

dimensioni. Uno screensaver interviene<br />

dopo un certo periodo<br />

di inattività visto che i display<br />

OLED sono soggetti a burn-in.<br />

A sinistra del display ci sono due<br />

colonne di tre pulsanti d’argento<br />

identici ciascuna: Stand by,<br />

Display, Mute, Speaker Off (per<br />

l’ascolto in cuffia), e Input Left<br />

e Right. A destra una fila di tre<br />

pulsanti (numerati 1, 2, 3) per<br />

i preset di radio Internet; sotto<br />

di essi ci sono i pulsanti del setup<br />

e l’ok per la navigazione nel<br />

menu, la cui struttura è ben organizzata,<br />

intuitiva, complessa<br />

ma non impossibile (ovviamente<br />

molto meglio con qualsiasi app<br />

si utilizzi). La grande manopola<br />

del volume consente incrementi<br />

di 1 dB (da 0 a 30 dB) e di 0.5<br />

dB al di sopra mentre ruotandola<br />

rapidamente si ottengono<br />

incrementi di 1 dB: ci vuole un<br />

po’ a farci la mano ma poi tutto<br />

è molto facile e preciso! Tra le<br />

57


SELECTOR<br />

UN FONO RAFFINATO<br />

Il set up dell’apparecchio, in particolar modo dello stadio phono, è fra i più evoluti<br />

e intriganti in quanto è possibile effettuare le regolazioni di guadagno e carico<br />

del fonorivelatore in modo diretto, al volo e con una interfaccia grafica essenziale<br />

ma al tempo stesso molto leggibile. Si può scegliere la modalità standard in cui<br />

il guadagno e il carico sono quelli “standard” per MM e MC, ma passando alla<br />

modalità avanzata è possibile scegliere il guadagno indipendentemente dal<br />

carico resistivo e da quello capacitivo: insomma una flessibilità d’uso davvero<br />

inconsueta in un apparecchio apparentemente destinato all’universo digitale.<br />

innumerevoli possibilità, di una<br />

certa rilevanza quella di regolare<br />

il livello di ogni ingresso in<br />

modo da evitare repentini cambi<br />

del livello al variare della fonte.<br />

Straordinarie, considerando che<br />

non stiamo parlando di uno stadio<br />

fono ma di un apparecchio<br />

che ha “anche” uno stadio fono,<br />

le possibilità di regolazione<br />

per questo ingresso: il modulo<br />

è configurabile per guadagno,<br />

impedenza e curva di equalizzazione<br />

anche mentre si ascolta<br />

un brano! Inoltre, grazie alla<br />

funzione di multiroom l’ingresso<br />

fono può essere “splittato” verso<br />

altri streamer Moon eventualmente<br />

presenti in casa grazie<br />

alla modalità sincronizzata (senza<br />

ritardo temporale), per cui il<br />

segnale fono viene digitalizzato<br />

(grazie al convertitore A/D presente<br />

a bordo). Se invece si vuole<br />

ascoltare il segnale analogico<br />

originale, quindi unicamente<br />

nell’apparecchio dove avviene la<br />

connessione, si sceglie l’opzione<br />

“original”.<br />

Questa operazione avviene tramite<br />

la app proprietaria che<br />

consente anche una ulteriore<br />

possibilità non sempre reperibile:<br />

quella di creare una coda<br />

(operazione che avviene per<br />

di più in modo semplice) oltre<br />

che una playlist! Solo questi<br />

elementi possono, peraltro, far<br />

propendere l’utilizzatore a una<br />

scelta che non sia Roon, decisamente<br />

più semplice da gestire,<br />

sebbene la app di Moon non sia<br />

tra le più farraginose, considerando<br />

anche il fatto che si tratta<br />

di una soluzione sviluppata da<br />

un costruttore relativamente<br />

piccolo. Non manca infine l’uscita<br />

cuffia che si rivelerà (si:<br />

l’assassino è il maggiordomo!)<br />

di ottima qualità, termine che<br />

come si vedrà ricorrerà spesso<br />

nei giudizi stilati per le numerose<br />

funzionalità della macchina<br />

e che per necessità di sintesi<br />

saranno sintetiche...<br />

Avendo già svelato il nome<br />

dell’assassino, cominciamo proprio<br />

dall’ascolto in cuffia che si<br />

rivela immediatamente parte<br />

sostanziale dell’apparecchio e<br />

non solo un addendum accessorio:<br />

è apprezzabile l’elevato<br />

silenzio percepibile e un’impostazione<br />

ricca di particolari ma<br />

decisamente neutra dove brilla<br />

la grande ariosità del palcoscenico<br />

virtuale e performance<br />

nella porzione grave delle frequenze<br />

notevoli. D’altronde la<br />

sezione di amplificazione deriva<br />

direttamente da quella utilizzata<br />

nell’ampli dedicato alle cuffie<br />

di fascia medio alta, il 230HAD<br />

da 2.000 euro, certamente non<br />

quella del 430HAD (che però<br />

si aggira intorno ai 4.000 euro<br />

nella versione senza DAC), che<br />

oltre a essere realizzata a componenti<br />

discreti ha anche una<br />

configurazione bilanciata. Come<br />

per la sezione fono, quindi, non<br />

si tratta di avere “anche” una<br />

uscita cuffia assimilabile ad<br />

una di “servizio” ma una sezione<br />

dedicata di potenza che ha<br />

ben poco da invidiare a quelle<br />

di apparecchi dedicati sia della<br />

concorrenza ma anche in casa!<br />

Se il basso è massiccio e ben sostanziato,<br />

nella fascia media si<br />

apprezza la ricchezza dei dettagli<br />

priva di ogni possibile spigolosità<br />

mentre la parte alta è ben<br />

equilibrata con il resto e caratterizzata<br />

da un buon equilibrio tra<br />

brillantezza e precisione.<br />

Saliamo di almeno un livello<br />

qualitativo nel giudicare le capacità<br />

del Moon come preamplificatore<br />

tradizionale: i suoni fluiscono<br />

belli, ariosi e dettagliati<br />

al tempo stesso, con una impostazione<br />

che si allinea ai colori<br />

caldi su una ipotetica tavolozza<br />

sonora. L’apparecchio scandisce<br />

i vari passaggi con precisione e<br />

ritmo ma in maniera da risultare<br />

abbastanza neutro dal punto<br />

di vista del carattere (ammesso<br />

che un oggetto ne abbia!). Nel<br />

caso delle uscite bilanciate si<br />

guadagna qualcosa in termini di<br />

rumore il che rende attacchi e<br />

rilasci ancor più netti: da consigliare<br />

senz’altro se si dispone di<br />

una catena bilanciata, con qualche<br />

rimpianto se così non è...<br />

Quello che diventa poi un valore<br />

aggiunto raro da incontrare in<br />

apparecchi anche di fascia superiore<br />

è la possibilità di regolare<br />

tutti i livelli degli ingressi<br />

in modo indipendente per evitare<br />

il dislivello che si incontra<br />

quando si commutano sorgenti<br />

molto differenti fra loro. Oltre<br />

alla funzione di trim anche il<br />

balance è personalizzabile per<br />

ogni ingresso: l’operazione si<br />

effettua tramite il menu di setup<br />

direttamente dal pannello<br />

dell’apparecchio, in modo un<br />

po’ farraginoso e meno immediato<br />

se effettuato tramite una<br />

app dedicata, ma si tratta di<br />

una regolazione che si fa una<br />

volta sola o comunque molto<br />

raramente.<br />

Nell’ambito della riproposizione<br />

dei segnali digitali<br />

va innanzitutto segnalata la<br />

grande varietà di tipologie di<br />

ingresso disponibili anche se<br />

solo con la USB, via ethernet<br />

o Wi-Fi è possibile utilizzare<br />

l’intera varietà di formati ad<br />

alta risoluzione compatibili<br />

(PCM fino a 384 - DSD fino a<br />

256). Come streamer il Moon<br />

(o meglio il Mind) si colloca<br />

decisamente nel segmento<br />

alto delle performance, forse<br />

non il migliore in assoluto<br />

ma decisamente il più conveniente<br />

della upper class! La<br />

ricchezza dei dettagli tipica<br />

dell’alta risoluzione trova qui<br />

una sua rappresentazione coerente<br />

con un ritmo che sembra<br />

scandire con ancor maggiore<br />

timing la musica (avete in<br />

mente quella sensazione per<br />

cui sembra che i protagonisti<br />

dello stage sonoro si siano<br />

come risvegliati dopo che la<br />

tromba ha suonato la carica?).<br />

Ecco: velocità, trasparenza e<br />

anche una carica dinamica<br />

maggiore rendono giustizia<br />

all’Hi-res che non per caso si<br />

è affermata grazie a lettori che<br />

la sanno trattare così.<br />

58 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

di Nicola Candelli<br />

A<br />

volte il direttore mi<br />

assesta qualche tiro<br />

mancino ma questa<br />

volta ha proprio colpito nel<br />

segno. Mi telefona dicendomi<br />

che mi sta inviando un amplificatore<br />

integrato da provare,<br />

e fin qui nulla di straordinario;<br />

a distanza di qualche giorno,<br />

però, mi ritrovo sotto il portone<br />

un imballo dalle dimensioni<br />

di un mezzo pallets (che<br />

ha richiesto l’aiuto del vicino<br />

di casa per essere trasportato<br />

nel mio appartamento) per poi<br />

ritrovarmi, una volta sballato,<br />

un amplificatore di ben 70 cm<br />

di profondità che ha creato<br />

non poche difficoltà di collocazione<br />

nel mio impianto. Ma<br />

si sa che gli appassionati sono<br />

avvezzi a queste movimentazioni<br />

e quindi pazientemente<br />

risolvono gli eventuali problemi<br />

logistici. Il problema,<br />

invece, si è presentato quando<br />

questo apparecchio è dovuto<br />

ritornare al mittente. Non è<br />

stata la fatica dovuta alle operazioni<br />

di re-imballaggio e riconsegna<br />

al vettore ma il reset<br />

che ho dovuto imporre alla mia<br />

mente per cancellare le tante<br />

emozioni trasmesse durante i<br />

vari ascolti da questa straordinaria<br />

macchina.<br />

L’integrato Absolare Passion,<br />

150 watt per canale, un ibrido<br />

con una preamplificazione<br />

a tubi e una sezione finale a<br />

transistor, ha peso di ben 32<br />

kg e una presentazione minimalista,<br />

con la parte anteriore<br />

dotata di due manopole, una<br />

per la commutazione degli ingressi<br />

e l’altra per il controllo<br />

del volume, oltre a una piccola<br />

spia che indica lo stato dell’apparecchio.<br />

La parte superiore è<br />

occupata dalle due valvole preamplificatrici<br />

(12 AU7) e da un<br />

massiccio dissipatore che copre<br />

buona parte della superfice.<br />

La parte superiore e quella<br />

inferiore sono rivestite in pelle,<br />

una soluzione che colpisce<br />

e conferisce un aspetto sobrio<br />

ed elegante a questa particolare<br />

struttura. La costruzione<br />

è di altissimo livello ma è l’interno<br />

che stupisce per la notevole<br />

attenzione riservata alla<br />

costruzione e ai componenti,<br />

che sono quanto di meglio oggi<br />

il mercato possa offrire; questo<br />

mix tecnologico porta l’Absolare<br />

ai vertici di una ipotetica<br />

classifica di merito, facendo<br />

risultare il Passion una delle<br />

migliori realizzazioni della<br />

serie integrati attualmente<br />

disponibili. Ho avuto modo<br />

di ascoltare questi prodotti in<br />

alcune fiere ma ora, avendo la<br />

possibilità di ascoltarlo in un<br />

ambiente controllato utilizzando<br />

la mia discografia, mi<br />

è molto più facile scoprire e<br />

valutare le grandi prestazioni<br />

di cui questo integrato è capace.<br />

Unico problema il prezzo<br />

(27.600 euro), che restringe<br />

drasticamente la platea di co-<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Absolare Passion<br />

Prezzo: € 27.600,00<br />

Dimensioni: 38,20 x 20 x 67 cm (lxaxp)<br />

Peso: 32 Kg<br />

Distributore: Audioplus - www.audioplushiend.it<br />

Tipo: stereo Tecnologia: ibrido Potenza: 2 x 150 W su 8 Ohm<br />

in classe A/AB Risp. in freq. (Hz): 20 -20.000 +/- 0.1dB Ingressi<br />

analogici: 4 RCA (50 mV/50 kOhm) Note: stadio di preamplificazione<br />

a valvole (2x 12AU7 / ECC82 o E80CC). Telecomando<br />

opzionale; finiture della pelle a scelta. Versione signature con<br />

componentistica selezionata € 36.000<br />

SUL CAMPO<br />

60 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

All’interno condensatori di accoppiamento Mundorf Silver / Gold / Oil, cavi interni in argento-oro-palladio costruiti espressamente<br />

dalla consociata Echole, prese RCA in rame tellurio placcate oro<br />

FUORI DAGLI SCHEMI<br />

In occasione del test dei Django XL (<strong>SUONO</strong> n.539 – novembre 2019) ho<br />

avuto modo di utilizzare l’Absolare Passion, scelto dal distributore (che mi<br />

ospitava) come anello della catena di riproduzione per questi diffusori. Visto<br />

che i Marten mi sono sempre piaciuti (e anche questa volta non sono stati<br />

da meno) credo con onestò di aver sottovalutato il contributo dell’Absolare<br />

all’ascolto di altissimo livello che mi sono potuto gustare o, perlomeno, non<br />

mi si è accesa la lampadina! Curioso perché prima ancora che ben suonante,<br />

il Passion è… intrigante! L’aspetto, per proporzioni ma soprattutto la sua<br />

genesi sono abbastanza fuori dal solco usuale delle storie hi-fi. A dare vita<br />

al marchio una società relativamente giovane (Absolare è nato nel 2006) i<br />

cui fondatori sono turchi, cosa non comune nel panorama di settore: Kerem<br />

Küçükaslan (un passato come industrial design) e Gökhan Türkan, ingegnere<br />

informatico, hanno dato vita ad un team inizialmente di carattere nazionale<br />

(la sede era a Istanbul) che poi si è internazionalizzato come la società<br />

che ora opera a cavallo tra la Turchia, Paesi Bassi e Stati Uniti. In parallelo<br />

è stato sviluppato anche il marchio di cavi Echole e Kerem Küçükaslan, il<br />

cui senso degli affari deve essere evidentemente sviluppato: ha investito<br />

nel proprio paese in una catena di steakhouse, la BySteak! Al netto di tutto<br />

questo Passion (che poi è una linea e oltre l’integrato comprende un pre, un<br />

finale e uno stadio fono) è davvero un apparecchio eccezionale che delizia<br />

le orecchie, e accade di rado, senza se e senza ma. Come dovrebbe essere<br />

sempre la riproduzione della musica, magari un po’ più per tutti e non solo<br />

per una élite…<br />

Paolo Corciulo<br />

dei diffusori stessi conferendo<br />

una solida e granitica struttura,<br />

un corpo, una dinamica,<br />

una esuberanza di dettagli che<br />

riempiono la parete, caratteristiche<br />

trasferite anche a diffusori<br />

bookshelf che acquistano<br />

dimensione e spessore insospettabili.<br />

Il suono è davvero<br />

grande ma non grasso, riesce<br />

a riportare tutto a dimensioni<br />

reali rendendo molto credibile<br />

l’evento musicale. Jennifer<br />

Warnes in Famous Blue Raincoat<br />

parte con la sua eccellente<br />

voce riprodotta in maniera<br />

esemplare ma è la riproduzione<br />

del basso che ha catturato la<br />

mia attenzione: stretto, potente,<br />

nitido, perfettamente scontornato<br />

senza rigonfiamenti o<br />

aloni con il risultato che oltre<br />

alla fondamentale riproposta<br />

in maniera netta e possente, si<br />

riesce a percepire con chiarezza<br />

l’alternarsi delle vibrazioni<br />

emesse dalla corda ancora sottoposta<br />

a oscillazioni. Gran bel<br />

risultato. Velocità, pienezza,<br />

grande rigore timbrico, entusiasmante<br />

gamma dinamica<br />

vengono fuori dall’ascolto della<br />

Sinfonia Fantastica di Berlioz<br />

diretta da Charles Munch<br />

(quarto movimento - Marche<br />

Au Supplice) riprodotto da<br />

un file 24/192 della etichetta<br />

Il controllo di volume è di tipo discreto<br />

con attenuatore a resistori personalizzati<br />

a 48 posizioni comandabile anche dal<br />

telecomando in dotazione che asserve<br />

esclusivamente alla funzione di volume.<br />

loro che potrebbero essere interessati<br />

a questo integrato ma<br />

appare ragionevole in funzione<br />

dell’impegno profuso nel progetto,<br />

dei materiali utilizzati e<br />

soprattutto del risultato finale.<br />

Un discreto warm-up e via<br />

all’ascolto. Prima impressione:<br />

i diffusori scompaiono e<br />

lasciano alla parete il compito<br />

di trasformarsi in un unico<br />

altoparlante ricreando un<br />

palcoscenico virtuale che supera<br />

di gran lunga l’ampiezza<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 61


SELECTOR<br />

Nella parte posteriore quattro ingressi linea (che possono essere richiesti tutto RCA, tutti XLR o 2+2), i connettori per diffusori in teflon costruiti dalla stessa Absolare, un<br />

interruttore generale (non è previsto lo stato di stand-by) e una vaschetta IEC per l’alimentazione.<br />

HDTT. Anche nei momenti<br />

di maggior contenuto<br />

energetico l’Absolare riesce<br />

a tramettere solo l’essenza<br />

della riproduzione aiutando i<br />

diffusori nel gravoso compito<br />

di riproporre con precisione<br />

e correttezza questa enorme<br />

quantità di suoni. E il risultato<br />

entusiasma. Velocità e violenza<br />

nei transienti, l’orchestra,<br />

e soprattutto i fiati, i timpani,<br />

i piatti, si diffondono nell’ambiente<br />

con una purezza una<br />

L’apparecchio viene fornito con un case sagomato che ne consente la trasportabilità,<br />

comunque non agevole in funzione di peso e dimensioni.<br />

pulizia che raramente ho avuto<br />

modo di apprezzare. Nessun<br />

accenno a impastare il suono<br />

anche nei momenti più critici,<br />

ciò che è presente nell’incisione<br />

viene riproposto nel modo<br />

più corretto possibile. E non<br />

è questione di potenza ma è il<br />

comportamento esemplare con<br />

cui tutta questa energia viene<br />

trasferita ai diffusori. Ho molte<br />

volte ascoltato elettroniche<br />

con potenze anche maggiore<br />

ma i risultati non sono stati<br />

così entusiasmanti e veritieri<br />

e, ripeto, il risultato finale non<br />

risulta né grasso né gonfio, è<br />

solo grandioso. Il culmine<br />

del piacere l’ho raggiunto<br />

nell’ascolto di un SACD di<br />

Hugh Masechela (Hope), riprodotto<br />

dal PS Audio Memory<br />

Player e processato via I2S dal<br />

convertitore PS Audio Direct<br />

Sream. Il concentrato di questi<br />

bit confezionati al meglio per<br />

il nostro integrato sono stati<br />

trattati magistralmente con il<br />

risultato di una esplosione di<br />

suoni e colori. La voce profonda<br />

di Masechela, il “Whooo,<br />

Whooo” del coro (che imita<br />

il fischio del treno) che si<br />

concretizza all’improvviso<br />

nel palcoscenico virtuale venendo<br />

fuori da un buio assoluto,<br />

lo spessore, la doratura<br />

dell’ottone riproposto dai fiati,<br />

lasciano un grandissimo piacere<br />

di ascolto, ma gli attacchi<br />

fulminei delle percussioni e<br />

la grandezza della grancassa<br />

mi hanno fatto riscoprire<br />

le potenzialità di qualunque<br />

diffusore quando sottoposto<br />

a segnali corretti e precisi. Il<br />

messaggio musicale trasferito<br />

con la massima accuratezza dal<br />

Passion obbliga gli altoparlanti<br />

a vibrazioni che attengono<br />

esclusivamente al messaggio<br />

musicale e alla fine il risultato<br />

è scontato. La pelle delle<br />

percussioni, la potenza della<br />

grancassa si materializzano di<br />

fronte all’ascoltatore dimenticando<br />

di trovarsi all’ascolto<br />

di un evento riprodotto. Potrei<br />

continuare a descrivere le<br />

molteplici sensazioni provate<br />

in tutte le sedute di ascolto ma<br />

il risultato è sempre lo stesso,<br />

“straordinario“. Beato chi può<br />

permetterselo.<br />

62 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Accuphase E-480<br />

Un antidoto al tempo?<br />

Se il progetto è buono,<br />

dura nel tempo, soprattutto<br />

se si tratta di<br />

amplificazione. Questo il<br />

concetto, per sommi capi,<br />

che anima l’operato della<br />

casa giapponese la più<br />

Hi-end tra quelle consumer<br />

del Sol Levante che<br />

per affinamenti successivi<br />

ha portato i suoi amplificatori<br />

(e la logica con cui<br />

li distribuisce nelle varie<br />

fasce del mercato), ad una<br />

stabile appartenenza nelsegmento<br />

dell’eccellenza.<br />

La logica del produttore<br />

giapponese è inossidabile:<br />

ogni linea è in continua<br />

evoluzione con prodotti che<br />

via via l’aggiornano passando<br />

allo step successivo (testimoniato<br />

da una nuova sequenza<br />

delle cifre che ne caratterizzano<br />

il nome) ma senza alterare l’equilibrio<br />

della gamma che, nel<br />

caso degli amplificatori integrati,<br />

prevede 5 modelli, due di fascia<br />

superiore (in classe A) e tre in<br />

classe AB, sostanzialmente differenti<br />

per la potenza erogata,<br />

mentre il progetto di base rimane<br />

sostanzialmente lo stesso se<br />

non per qualche nuovo affinamento<br />

progressivo.<br />

Gli integrati, tutti ad alta potenza<br />

(mai<br />

sotto i<br />

90W in classe<br />

AB) a partire dall’E-303<br />

rilasciato nel 1978, sono stati<br />

costantemente aggiornati: l’E-<br />

480, ad esempio, rappresenta<br />

l’undicesima generazione del<br />

segmento che occupa la casella<br />

del “più potente”.<br />

La nuova generazione di questo<br />

e degli altri modelli ha preso vita<br />

nel 2019 e comprende al momento<br />

oltre all’E-480 qui in prova<br />

il modello leggermente inferiore<br />

per potenza (380). Quindi<br />

la cifra “80” è attualmente quella<br />

che identifica<br />

i<br />

prodotti più recenti<br />

anche se, in onestà, affidarsi<br />

a quelli della generazione<br />

precedente (70) o prima ancora<br />

(60) è comunque una sicurezza,<br />

e se poi vengono scontati perché<br />

“vecchi”, beh meglio così! Perché<br />

gli aggiornamenti a volte sostanziali<br />

a volte semplicemente<br />

cosmetici o poco di più sono<br />

quello che sono, aggiornamenti<br />

appunto, né il produttore se ne<br />

fa vanto o li nasconde, semplicemente<br />

raccontando nel particolare<br />

cosa distingue uno dall’altro.<br />

Nel caso specifico del 48, più per<br />

dovere di cronaca che per un<br />

effettivo stravolgimento delle<br />

performance, annotiamo come<br />

l’evoluzione preveda migliori<br />

prestazioni in termini di potenza<br />

(+20%), nel rumore e nel fattore<br />

di smorzamento.<br />

Quel che invece rimane pressoché<br />

immutabile è il cocktail di<br />

soluzioni offerte e se si esamina<br />

attentamente la gamma degli<br />

integrati alla ricerca dei fattori<br />

che identificano le scelte e la<br />

segmentazione (compiuta pur<br />

partendo sostanzialmente da un<br />

progetto unico) che identificano<br />

prodotto da prodotto, poiché<br />

nulla capita a caso, la lettura di<br />

alcune scelte attuate in particolare<br />

nei due modelli di maggior<br />

pregio (o maggior costo) porta<br />

alla tesi di seguito esposta...<br />

Prezzo: € 11.000,00<br />

Dimensioni: 46,50 x 18,10 x 42,80 cm (lxaxp)<br />

Peso: 24,6 Kg<br />

Distributore: High Fidelity Italia<br />

Via Collodi - 20010 Cornaredo (MI)<br />

Tel. 02 93611024 - Fax 02 93647770<br />

www.h-fidelity.com<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO ACCUPHASE E-480<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 180 W su<br />

8 Ohm in classe AB stadio d’uscita push-pull a MOS-FET Accessori<br />

e funzionalità aggiuntive: Telecomando, Ingresso cuffia,<br />

Controlli di tono, Loudness Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000 +0,<br />

-0.5 dB THD (%): 0,05 S/N (dB): 109 Ingressi analogici: 5 RCA<br />

2 XLR Uscite analogiche: 1 RCA 1 XLR Note: moduli DAC e fono<br />

aggiuntivi.<br />

64 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

La scelta di abbandonare i VU-<br />

Meter in favore dei led e il design<br />

di alcun tasti in questi apparecchi<br />

fanno pensare che tramite un<br />

messaggio aziendale quasi subliminale<br />

puramente cosmetico si<br />

voglia accreditare la tesi per cui i<br />

modelli alto di gamma guardano<br />

alla modernità (sebbene iconicamente<br />

la Classe A è forse più “antica”<br />

della soluzione a MosFet)<br />

mentre quelli a partire dal 480 in<br />

giù puntino sugli echi della tradizione.<br />

Se si accetta questa ipotesi,<br />

il 480 e gli altri prodotti che si<br />

sono alternati in ben 11 versioni<br />

dal 1978 ad oggi, diventano un<br />

prodotto ancor più intrigante in<br />

quanto funge da spartiacque tra<br />

una produzione che, pur essendo<br />

votata all’eccellenza, declina<br />

questo concetto in maniera varia<br />

e conseguentemente con prezzi<br />

anche molto distanti tra loro. E<br />

se fa un po’ impressione parlare<br />

di “affare” o di elevato rapporto<br />

qualità/prezzo per un apparecchio<br />

che comunque supera significativamente<br />

i quattro zeri,<br />

proprio per quella capacità di<br />

compromesso (e qui il termine<br />

“compromesso alto” è avvalorato<br />

più di quanto si possa immaginare)<br />

rappresentato dal<br />

prodotto che si chiama 480 (ma<br />

in passato 470 o 460 o 407 che<br />

dir si voglia) per il quale, in sintesi<br />

massima, vedi alla voce “integrati<br />

molto potenti”.<br />

Ovviamente le assonanze con i<br />

predecessori sono molto ampie<br />

a cominciare da una sezione di<br />

preamplificazione molto versatile,<br />

con ingressi sia bilanciati<br />

che sbilanciati e la possibilità di<br />

essere ulteriormente estesa con<br />

la presenza di due slot che possono<br />

ospitare altrettanti schede<br />

relative a ingressi supplementari<br />

(uno dei punti fermi della<br />

filosofia Accuphase, al punto<br />

tale che si potrebbe azzardare<br />

che il 480 nasca “anche” per<br />

poter ospitare la nuova e più<br />

performante scheda DAC-50).<br />

Altrettanto si può dire per la<br />

sezione di controllo ricca per<br />

numero di pulsanti e manopole.<br />

Questa “ricchezza” e il fatto che<br />

molti controlli siano posti sotto<br />

l’ampia finestra centrale del<br />

display contenente i VU-Meter<br />

e spie varie, celati alla vista da<br />

uno sportellino la cui apertura<br />

e chiusura è una vera libidine<br />

per chi sa apprezzare queste<br />

cose, contribuisce in maniera<br />

determinante alla cifra stilistica<br />

dell’apparecchio.<br />

Il gran numero di comandi all’interno<br />

dello sportello è raccolto<br />

in tre aree ben precise: una che<br />

consente di selezionare le modalità<br />

d’ascolto (la selezione di<br />

due coppie di diffusori, l’eventuale<br />

separazione tra la sezione<br />

pre e quella di potenza, l’ascolto<br />

o meno in fase di registrazione<br />

e la fase), quella centrale dedicata<br />

ai controlli di tono e al bilanciamento<br />

e una terza, forse<br />

la più eterogenea, che accomuna<br />

le varie funzioni selezionabili<br />

(esclusione o meno dei controlli<br />

di tono, funzionamento dei<br />

VU-Meter, selettore tra MM/<br />

MC, quando la scheda phono,<br />

prevista solo come opzionale, è<br />

inserita). L’intervento dei vari<br />

comandi è visualizzato grazie<br />

alla presenza di una serie di<br />

Led posti ordinatamente in fila<br />

sotto i VU-Meter nella grande<br />

finestra del display e che diventano<br />

rossi quando il comando è<br />

attivato, misura che consente<br />

di identificare immediatamente<br />

quanto impostato. Una volta<br />

fatto, lo sportello può rimanere<br />

chiuso a protezione dei piccoli<br />

comandi e dei settaggi effettuati.<br />

Altro elemento altamente identificante<br />

è costituito dalle due<br />

grandi (e simili) manopole ai<br />

due estremi dell’apparecchio (è<br />

così da un dì!)...<br />

Quella di sinistra consente la<br />

selezione degli ingressi: ad<br />

ogni ingresso corrisponde<br />

uno scatto della manopola<br />

a cui corrisponde l’accensione<br />

di un led rosso.<br />

L’operazione avviene in maniera<br />

precisa e chiarissima sia<br />

che la si effettui direttamente<br />

dalla manopola che lo si faccia<br />

dal telecomando, anche a buona<br />

distanza dall’apparecchio. Un’operazione<br />

dal gusto di ben altri<br />

tempi, in cui la massa della manopola<br />

imprimeva un effetto volano<br />

particolarmente apprezzabile<br />

nella selezione “meccanica”<br />

del commutatore. Oggi, invece,<br />

la commutazione avviene tramite<br />

relè e tutto il sistema meccanico,<br />

seppur magnifico al tatto e<br />

all’esperienza d’uso, non ha alcuna<br />

attinenza funzionale con la<br />

selezione degli ingressi: se ne occupa<br />

un circuito logico! Sul lato<br />

destro, invece, il controllo del<br />

volume avviene con un vero piacere<br />

tattile, frutto delle dimensioni<br />

indovinate, della notevole<br />

massa e del momento d’inerzia,<br />

oltre che della splendida finitura.<br />

In questo caso il controllo non<br />

è asservito ad alcun led ma il<br />

controllo a distanza da teleco-<br />

Ampia la dotazione di ingressi<br />

analogici, 5 linea RCA, 2<br />

bilanciati XLR, un anello del<br />

Tape, separazione fra uscita<br />

pre e ingresso per lo stadio di<br />

potenza disponibile anche nella<br />

modalità XLR con la possibilità<br />

di invertire la fase dei due poli<br />

caldi, una funzione che solo<br />

Accuphase e pochi altri offrono.<br />

Due gli slot per le schede<br />

opzionali che possono essere lo<br />

stadio phono, un DAC oppure un<br />

ulteriore ingresso linea. Doppi<br />

morsetti di potenza per due<br />

sistemi indipendenti oppure<br />

per un bi-wiring semplificato.<br />

Eccellente la meccanica di<br />

serraggio.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 65


SELECTOR<br />

Il circuito di protezione è realizzato con<br />

relè a stato solido con una bassissima<br />

impedenza interna, che ha contribuito<br />

a migliorare il fattore di smorzamento<br />

dell’apparecchio.<br />

Lo chassis è di tipo autoportante realizzato con<br />

pannellature in lamiera ripiegata fissate fra loro<br />

con viti autofilettanti. Il coperchio superiore e quello<br />

inferiore non fanno parte della struttura, mentre i<br />

dissipatori e il pianale di sostegno del trasformatore<br />

di alimentazione sono elementi portanti.<br />

La regolazione del volume avviene<br />

tramite il sistema proprietario<br />

AAVA che agisce sulla variazione<br />

di guadagno del circuito di<br />

amplificazione senza inserire<br />

elementi passivi nel percorso<br />

del segnale. Il potenziometro<br />

ALPS motorizzato, in questa<br />

applicazione ha solo la<br />

funzione di comparatore<br />

e attuatore per il sistema<br />

AAVA e nessun effetto sulle<br />

prestazioni audio.<br />

Il modulo di amplificazione<br />

è un triplo push-pull a<br />

MOSFET con l’utilizzo di<br />

componentistica molto simile<br />

a quella utilizzata nell’E650.<br />

Tuttavia la configurazione in<br />

classe AB del’E480 consente<br />

di oltrepassare i 200 Wrms<br />

rispetto ai più modesti valori<br />

del fratello in classe A.<br />

mando è facilitato dal valore del<br />

volume che appare sul display<br />

al centro tra i due VU-Meter. Il<br />

sistema del volume, realizzato<br />

tramite il circuito proprietario<br />

denominato AAVA (Accuphase<br />

Analog Vari-gain Amplifier), è<br />

il frutto di continui affinamenti<br />

(in sostanza è un dispositivo che<br />

opera nel dominio interamente<br />

analogico, pur assistito da un<br />

cuore digitale e controllato da<br />

un ALPS motorizzato) e anche<br />

in questo caso subisce una’evoluzione,<br />

come accade per la sezione<br />

di potenza che, a partire dalle<br />

due generazioni precedenti, utilizza<br />

un triplo push-pull, con<br />

l’introduzione dei MOSFET; al<br />

tempo questo passaggio richiese<br />

una generale revisione di tutto<br />

ciò che stava intorno a loro per<br />

le diverse richieste elettriche,<br />

termiche ed energetiche mentre<br />

oggi, ancora una volta, parliamo<br />

di affinamenti.<br />

Dal punto di vista sonico il risultato<br />

di questi successivi affinamenti<br />

è il fatto che gli amplificatori<br />

integrati della casa<br />

giapponese (perlomeno quelli<br />

in classe AB) si distaccano<br />

66 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST ACCUPHASE E-480<br />

al banco di misura<br />

La risposta in frequenza risulta estremante lineare in<br />

gamma utile e per nulla influenzata dal carico collegato.<br />

Agli estremi banda si apprezzano lievi attenuazioni,<br />

comunque indipendenti dal livello di uscita. Il bilanciamento<br />

fra i canali è perfetto a tutti i livelli di regolazione.<br />

I passi di regolazione del volume sono stati pensati a<br />

passi di 0.5 dB e poi a passi inferiori man mano che si alza<br />

il volume per ottenere una regolazione il più possibile<br />

accurata in quanto, anche se il comando è analogico<br />

la variazione di livello è di tipo a gradino. Il rumore di<br />

progressivamente da quella impronta<br />

sonora “morbidosa” di<br />

un tempo pur essendo contraddistinta,<br />

allora come oggi, da<br />

un grande rigore dal punto di<br />

vista timbrico. Oggi gli integrati<br />

Accuphase risultano, sebbene<br />

stiamo parlando di sottigliezze,<br />

maggiormente adrenalinici che<br />

in passato.<br />

In particolare nel caso del<br />

dell’E-480 c’è anche uno strepitoso<br />

bilanciamento tra la capacità<br />

di rappresentare le tinte calde<br />

della musica e la fredda analiticità<br />

necessaria per una rappresentazione<br />

rigorosa degli spazi,<br />

degli strumenti e degli attori<br />

in gioco. Un punto di incontro<br />

a cavallo tra le caratteristiche<br />

migliori dei transistor e quelle<br />

della Classe A che potrebbe mettere<br />

in imbarazzo (per eccesso<br />

di competitività) l’apparecchio<br />

rispetto ai modelli superiori, anche<br />

perché la potenza non è un<br />

davvero un problema per questo<br />

integrato e se vi si somma una<br />

delicatezza e una raffinatezza<br />

simili a quelle che nei Classe<br />

A determinano quella tonalità<br />

ambrata e calda di fondo, ecco<br />

che forza e imperiosità tipiche di<br />

un Classe AB di buona potenza<br />

stabiliscono un nuovo connubio<br />

notevolmente intrigante. Da<br />

sempre l’estensione in frequenza<br />

non rappresenta un problema<br />

fondo è bassissimo, assenti anche prodotti di distorsione<br />

armonica e da intermodulazione come per altro frequenze<br />

spurie in banda e fuori banda: praticamente perfetto<br />

da punto di vista delle alimentazione e delle filtrature,<br />

riflettendo una cura nella realizzazione decisamente di<br />

altissimo livello. La potenza di uscita, di 210 Wrms su 8R,<br />

oltrepassa anche se di poco quella dichiarata, anche se<br />

con un clipping abbastanza repentino nonostante un<br />

tasso di distorsione irrisorio che si mantiene a valori<br />

bassissimi anche in prossimità del limite.<br />

per le amplificazioni Accuphase<br />

(in passato la definimmo “prossima<br />

a quella di uno strumento<br />

di misura”) con una percepibile<br />

saldezza su tutta la gamma<br />

inclusi gli estremi. A questo<br />

punto l’imbuto (o l’elemento<br />

caratterizzante) è più rappresentato<br />

dai diffusori e dalle loro<br />

caratteristiche. Per preservare<br />

questo equilibrio aureo consigliamo<br />

modelli molto neutri, di<br />

piccolo o grande litraggio che<br />

siano, perché le caratteristiche<br />

positive dell’E-480 si possono<br />

apprezzare in entrambi i casi.<br />

Percussioni di grande impatto<br />

e profondità, bassi marcati e<br />

corposi (veri calci in pancia se il<br />

diffusore lo permette); strumenti<br />

a corda in grado di esporre<br />

contemporaneamente la loro solidità<br />

e l’agilità... E, soprattutto,<br />

una gamma media dove si sommano<br />

le caratteristiche migliori<br />

che contribuiscono alla sensazione<br />

di veridicità in particolare<br />

delle voci: incedere incalzante,<br />

coerenza timbrica, straordinaria<br />

riproposizione delle armoniche.<br />

La gamma alta non è da meno,<br />

riuscendo a rappresentare in<br />

modo efficace, anche se non da<br />

primato come le precedenti, quel<br />

sottile equilibrio tra suoni ricchi<br />

di corpo ma al tempo stesso con<br />

un alto grado di analiticità. C’è<br />

modo anche di apprezzare una<br />

capacità dinamica che è un cocktail<br />

estremamente originale per<br />

il fatto che pur senza particolare<br />

evidenza l’amplificatore è in grado<br />

di far sentire i suoi muscoli,<br />

all’interno di una rappresentazione<br />

sonora educata e tesa<br />

prima di tutto a generare una<br />

piacevolezza che si fonde con la<br />

sensazione di realismo.<br />

A beneficiarne è una scena sonora<br />

ricchissima di informazioni<br />

relative all’ambiente, con<br />

dimensioni degli strumenti e<br />

loro collocazione riportate con<br />

estrema precisione e dimensioni<br />

credibili. La scansione dei piani<br />

sonori è da metronomo e il senso<br />

della profondità della scena ampio<br />

e limitato solo dalla quantità<br />

di informazioni presenti nel brano<br />

ascoltato: con l’alta definizione<br />

è uno spettacolo!<br />

Tutti gli strumenti risultano vivaci,<br />

con un senso del ritmo notevole<br />

ma non affannato, e quelli di<br />

più difficile riproduzione si avvicinano<br />

più che altre volte alla realtà.<br />

Per cura dei particolari, credibilità<br />

della riproposizione sonora e<br />

sua piacevolezza siamo ai massimi<br />

consentiti per un budget<br />

importante ma ancora terrestre:<br />

ottenere di più vuol dire spendere<br />

mooolto di più!<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 67


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

DIFFUSORI<br />

Sonus Faber Olympica Nova V<br />

Se nella linea Reference<br />

viene raccolta la massima<br />

espressione della capacità<br />

tecnica della casa (e le linee<br />

Homage Tradition e Heritage<br />

stabiliscono il trait<br />

d’union, almeno formale,<br />

con un passato evocativo,<br />

la linea Olympica occupa<br />

un segmento di mercato<br />

strategico.<br />

Quello degli Olympica è il<br />

livello più elevato della<br />

produzione Sonus faber<br />

dove quella sorta di tayloring<br />

espresso dalle serie citate lascia<br />

spazio al concetto di produzione<br />

di serie, intendendo comunque<br />

per “di serie” quel connubio<br />

tra artigianato e industria che<br />

da sempre rappresenta il baricentro<br />

a cui aspirano i prodotti<br />

Sonus faber. Sonetto e gli altri<br />

tentativi che l’hanno preceduta<br />

è invece la linea entry level,<br />

forse poco amata dagli appassionati<br />

di lunga data ma pur<br />

sempre una porta di entrata nel<br />

mondo degli “artisan of sound”.<br />

Originariamente, la serie Olympica<br />

è stata presentata nel 2013<br />

in occasione del Munich Hi-End,<br />

e rappresentava un “omaggio al<br />

Teatro Olimpico di Vicenza, tempio<br />

del geometrico godimento<br />

della voce e della Musica” ed<br />

era composta da tre modelli<br />

(due torri e uno da stand) con<br />

cabinet in legno di noce naturale,<br />

con top (rivestito in pelle) e<br />

bottom in noce massello e baffle<br />

frontale e retro anch’essi rivestiti<br />

in pelle con assenza di viti a vista.<br />

Sei anni dopo (5 settembre<br />

2019), questa volta in occasione<br />

del Rocky Mountain Audio Fest<br />

(RMAF) di Denver, arriva<br />

una versione aggiornata della<br />

gamma, Olympica Nova,<br />

che ne mantiene la forma in<br />

pianta (a liuto) ma a differenza<br />

della precedente versione, anche<br />

con il profilo interno a liuto<br />

in quanto i fianchi sono realizzati<br />

con 8 strati di legno pressato e<br />

modellato sulla curva scelta. Nel<br />

top e nel baffle la pelle lascia il<br />

posto al legno naturale (noce o<br />

wengé) incastonato in una lastra<br />

di alluminio fresato come accade<br />

nei prodotti della collezione Homage<br />

Tradition. Nella normale<br />

evoluzione di un progetto alcune<br />

cose cambiano, altre restano.<br />

Cambiano gli altoparlanti, in<br />

alcuni casi evoluzioni di quelli<br />

utilizzati nella prima serie, mentre<br />

per il crossover prosegue il<br />

cammino intrapreso elaborando<br />

le idee di Onken e Jensen e viene<br />

mantenuta la forma del condotto<br />

(Stealth Reflex) con uscita laterale<br />

del flusso, già presente nella<br />

prima versione degli Olympica,<br />

implementata nei modelli Homage<br />

Tradition con un profilo<br />

in alluminio estruso di finitura<br />

esterna, in parte ereditato nella<br />

versione degli Olympica Nova.<br />

Il condotto di accordo nei Nova,<br />

tuttavia, sfrutta una parete laterale<br />

del mobile, a differenza<br />

degli Homage Tradition che<br />

hanno una fessura lamellare che<br />

occupa gran parte dell’altezza del<br />

mobile. Basi e stand sono stati<br />

ri-progettati e in questa versione<br />

costituiscono una soluzione<br />

molto efficace anche dal punto<br />

Prezzo: € 15.000,00<br />

Dimensioni: 42,4 x 117,4 x 53 cm (lxaxp)<br />

Peso: 44 Kg<br />

Distributore: MPI Electronic SRL<br />

Via De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI)<br />

Tel.02.936.11.01 - Fax 02.93.56.23.36<br />

www.mpielectronic.com<br />

DIFFUSORI SONUS FABER OLYMPICA NOVA V<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: bass reflex Stealth Ultraflex<br />

N. vie: 3 Potenza (W): 60 - 400 Impedenza (Ohm): 4 Frequenze<br />

di crossover (Hz): 250/2500 Risp. in freq (Hz): 32 - 35,000<br />

Sensibilità (dB): 90 Altoparlanti: 1 Tw 28 mm a cupola in seta<br />

H28 XTR3, 1 Mid da 15 cm M15 XTR2-04, 3 Wf da 18 cm W18X-<br />

TR2-12<br />

68 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST<br />

di vista strutturale, in quanto nei<br />

modelli a torre la base in acciaio<br />

da un centimetro di spessore copia<br />

fedelmente la pianta del diffusore<br />

con le quattro estensioni<br />

su cui si collocano le punte che<br />

ampliano la pianta di appoggio a<br />

terra e aumentano sensibilmente<br />

la stabilità anche grazie al peso<br />

della piastra in acciaio. La gamma<br />

“Nova” si distingue poi dalla<br />

precedente per la presenza di un<br />

numero maggiore di modelli (7)<br />

e, al netto dei prodotti destinati<br />

all’home theater per il fatto che<br />

tra quelli prettamente Hi-Fi si<br />

aggiunge una torre, la terza e<br />

più elevata per posizionamento<br />

sul mercato della linea, che<br />

mancava nella serie precedente.<br />

Si tratta della Olympica Nova V<br />

che per dimensioni e presenza di<br />

un terzo woofer a bordo non ha<br />

equivalenti nella serie Olympica<br />

originaria, anche se per la cronaca<br />

va segnalato che al tempo<br />

dell’introduzione della linea veniva<br />

preconizzata l’introduzione<br />

in una seconda fase di altri<br />

modelli che poi non è avvenuta.<br />

Proprio questo modello, che non<br />

ha precedenti, è quello oggetto<br />

della nostra prova, mentre al<br />

tempo (<strong>SUONO</strong> 480 - ottobre<br />

2013) la nostra attenzione si<br />

concentrò sugli Olympica II,<br />

la più piccola delle due torri al<br />

tempo disponibili. Ben tre torri<br />

in una linea: può essere considerata<br />

una soluzione in qualche<br />

misura atipica nella disposizione<br />

dei modelli, perlomeno se si<br />

paragonano le scelte della casa<br />

italiana con quelle dei principali<br />

concorrenti in questo stesso<br />

segmento di mercato dove nel<br />

tempo a comporre una gamma<br />

si sono alternate le scelte con<br />

due bookshelf (in virtù, si diceva,<br />

di certe caratteristiche delle<br />

case americane) e due torri ad<br />

approcci minimalisti (un solo<br />

bookshelf e due torri), quasi mai<br />

con la ricchezza di ben tre torri e<br />

un solo bookshelf, soprattuto in<br />

casa di chi il bookshelf l’ha quasi<br />

inventato!<br />

Va però considerato un elemento<br />

non da poco: la cesura comunque<br />

netta che separa una linea<br />

medio-alta come Olympica dagli<br />

Homage in termini di storicità e<br />

dai Reference per contenuti<br />

tecnici. Considerando che<br />

la ricaduta tecnologica è un<br />

argomento costantemente<br />

utilizzato dalla casa alle varie<br />

revisioni dei progetti (che nel<br />

2018 hanno interessato proprio<br />

la linea Homage Tradition)<br />

e il fatto che per bocca del<br />

progettista Paolo Tezzon uno<br />

degli obiettivi degli Olympica<br />

Nova (e forse uno dei limiti degli<br />

Olympica senza la terza torre)<br />

era proprio quello di avvicinarsi<br />

alla serie superiore, si intuisce<br />

che la mancanza di una torre<br />

“importante” rappresenterebbe<br />

un grosso limite per tale impresa.<br />

Una sorta di anello di congiunzione?<br />

C’è anche da considerare<br />

che prima degli Olympica Nova<br />

V sono stati presentati i Venere<br />

S, sostituti successivamente dai<br />

Sonetto VIII, come se il taglio del<br />

diffusore a torre ideale per l’azienda<br />

sia quello con tre woofer<br />

in basso da 18 cm, un mid woofer<br />

da 15 centimentri e un tweeter da<br />

28 mm! Ovviamente tra le serie e<br />

le versioni cambiano i materiali<br />

e le soluzioni, come ad esempio<br />

l’introduzione delle membrane<br />

in alluminio per i Venere S e i Sonetto<br />

VIII a cui si contrappone<br />

invece la membrana in doppio<br />

stato di cellulosa con anima in<br />

schiuma nei Nova. Cambiano le<br />

tecnologie ma l’impostazione di<br />

fatto è molto simile e comunque<br />

proietta questo taglio molto al di<br />

sopra della linea a cui appartiene,<br />

è stato così per i Venere, per i Sonetto<br />

e anche nel caso dei Nova<br />

V, considerati anche da Tezzon,<br />

per sua stessa ammissione, il<br />

prodotto meglio riuscito degli<br />

ultimi tempi. Certo tutta la linea<br />

ha beneficiato, in quel costante<br />

divenire che è la progettazione<br />

audio (soprattutto se affidata a<br />

punti fermi - Tezzon è lì fin da ragazzino...),<br />

degli affinamenti che<br />

in maniera non equanime hanno<br />

riguardato il cabinet, gli altoparlanti<br />

e il crossover e, nel caso dei<br />

Nova V, anche l’ignoto del “non<br />

fatto prima”. Da segnalare infine,<br />

in questa iniziale disamina,<br />

che dal punto di vista dei prezzi<br />

l’aumento medio per ogni modello<br />

è nell’ordine del 10% rispetto<br />

alla serie precedente, dunque<br />

La feritoia di accordo reflex è disposta<br />

sul lato posteriore in prossimità<br />

del volume occupato dai tre<br />

woofer. Al lato della fessura<br />

è collocato un estruso in<br />

alluminio lamellare<br />

di raccordo estetico<br />

fra le due pareti<br />

asimmetriche.<br />

I morsetti sono<br />

disposti in posizione<br />

verticale che agevola<br />

la connessione<br />

in bi wiring o in<br />

biamplificazione passiva.<br />

Buona le resa meccanica dei<br />

morsetti.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 69


SELECTOR<br />

Le pareti laterali del mobile sono realizzate con un compensato modellato<br />

a pressa. Nella parte posteriore il condotto di accordo è ricavato da<br />

una controparete laterale con la stessa curvatura posta a circa due<br />

centimetri da quella laterale. L’interno è irrobustito con setti<br />

di rinforzo in MDF anulari e sagomati con la pianta a liuto.<br />

Il pannello anteriore invece è realizzato in MDF rivestito con<br />

lo stesso foglio esterno di impiallacciatura in legno che segue<br />

la venatura. I fori degli altoparlanti sono dotati di una sede<br />

in polimero con finitura alluminio che accetta le ghiere di<br />

raccordo in gomma rivestita in pelle.<br />

Il gruppo magnetico in neodimio è dotato di una<br />

camera posteriore che porta la risonanza del<br />

tweeter a 700 Hz. Al centro della membrana in tela<br />

trattata poggia l’elemento in metallo a sua volta<br />

fissato ad un supporto in alluminio che è<br />

alla base della tecnologia<br />

proprietaria DAD.<br />

Il woofer adotta un cestello a tre doppie<br />

razze con disegno aerodinamico ed<br />

equipaggio mobile a vista. La sospensione<br />

è in gomma e la membrana è realizzata<br />

con due strati di polpa di cellulosa al cui<br />

interno è posta una schiuma polimerica<br />

molto leggera e resistente che conferisce<br />

al compound leggerezza, rigidità e al tempo<br />

stesso alto smorzamento superficiale.<br />

Il cestello a tre doppie razze<br />

offre il minimo impatto con<br />

l’emissione posteriore<br />

della membrana in polpa<br />

di cellulosa. Dietro l’ogiva<br />

fissa, realizzata in polimero<br />

stampato, è presente<br />

l’anello in rame di<br />

compensazione fissato<br />

in testa all’espansione<br />

polare.<br />

70 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


TEST SONUS FABER OLYMPICA NOVA V<br />

al banco di misura<br />

accettabile nell’ottica dell’inevitabile<br />

incremento determinato<br />

dal costo della vita.<br />

Non si fa fatica a capire che i Nova<br />

V sono diffusori importanti: lo è<br />

il loro costo ma anche una certa<br />

imponenza nelle dimensioni se<br />

pur ingentilite dal design ormai<br />

tipicamente ispirato alla forma<br />

del liuto (in pianta) e offerto nelle<br />

tradizionali finiture perché una<br />

Sonus faber sa sempre di legno e<br />

dunque il nero laccato o il bianco<br />

tardo Apple-like sono banditi! Il<br />

diffusore da questo punto di vista<br />

non è particolarmente leggiadro<br />

come d’abitudine nella produzione<br />

Sonus ma risulta piuttosto<br />

massiccio come accade nei prodotti<br />

della serie Reference.<br />

Trait d’union con quell’idea radicata<br />

di “suono sonus faber”<br />

(secondo i dettami del suo fondatore),<br />

la porzione delle medie<br />

frequenze degli Olympica Nova<br />

V è abbastanza in evidenza anche<br />

se meno marcata e caratterizzante,<br />

maggiormente equilibrata<br />

dal punto di vista della<br />

correttezza timbrica rispetto al<br />

passato e sopratutto con un’articolazione<br />

inusuale per il taglio<br />

La risposta è molto lineare ed estesa con una lieve enfasi alle<br />

basse frequenze ma senza picchi di risonanza in gamma mediobassa.<br />

L’impedenza si mantiene costante intorno a 5 Ohm<br />

con un modulo molto lineare sopratutto in gamma bassa in<br />

cui sono evidenti gli effetti di reti di linearizzazzione e del tipo<br />

di accordo scelto. I tre woofer hanno una impedenza di circa<br />

12 Ohm in quanto collegati in parallelo fra loro ai moretti<br />

inferiori. Il gruppo di emissione mediolati, mid e tweer, è<br />

collegato a quelli superiori e presenta un taglio in basso<br />

che si incrocia all’emissione dei tre woofer intorno ai 250 Hz<br />

con benefici in bi wiring o biamplificazione passiva, anche<br />

se l’impedenza delle sue sezione rimane quella nominale.<br />

del diffusore apprezzabilissima<br />

anche a livelli di ascolto molto<br />

sostenuti. Da considerare che<br />

l’azzardato parallelo effettuato<br />

in precedenza con i Venere S e<br />

con i Sonetto VIII, colloca i Nova<br />

V in una categoria superiore proprio<br />

riguardo la resa in gamma<br />

bassa, vuoi per gli altoparlanti<br />

di differente natura, ma anche<br />

sopratutto per un cabinet nettamente<br />

migliorato rispetto alle<br />

precedenti versioni della serie<br />

Olympica che, oltre alla resa<br />

estetica, si comporta in modo più<br />

granitico e accondiscendente con<br />

la possente gamma bassa emessa<br />

dai tre woofer in cellulosa. Quello<br />

che invece sorprende (sia rispetto<br />

al profondo passato che alla<br />

serie precedente) è la gestione<br />

della porzione bassa delle frequenze<br />

che si allinea maggiormente<br />

a quanto espresso nelle<br />

serie di diffusori maggiori con<br />

una rappresentazione sonica<br />

che privilegia una sorta di nuova<br />

modalità di percepire i bassi, più<br />

diretta sul corpo dell’ascoltatore.<br />

Scolpita, articolata, piena magari<br />

non estesissima ma in grado di<br />

contribuire in maniera determinata<br />

alla capacità di riproporre<br />

il ritmo della rappresentazione<br />

sonora da parte del diffusore.<br />

Nell’estremo alto delle frequenze<br />

si rinuncia ad un po’ di enfasi a<br />

favore di performance più compassate,<br />

senza rinunciare a un<br />

equilibrio complessivo soddisfacente.<br />

La scansione della scena<br />

sonora è buona e, soprattutto,<br />

coinvolgente, con dimensioni<br />

realistiche degli attori in gioco<br />

e strumenti riproposti con una<br />

ottima coerenza sonora. Complessivamente<br />

un diffusore che fa<br />

della rappresentazione sonora a<br />

cavallo tra le tinte fredde e quelle<br />

calde della tavolozza sonora il<br />

suo forte.<br />

Da questo punto di vista è interessante<br />

notare il grande lavoro<br />

fatto in Sonus faber in questi<br />

anni seguendo un’idea sonora<br />

che si ispira aduna notevole correttezza,<br />

perseguita senza perdere<br />

troppo dello spirito originario,<br />

in modo da creare un suono se<br />

non per tutti certamente per un<br />

maggior manipolo dei soli fan del<br />

marchio. In particolare i Nova V<br />

sembrano un diffusore all around<br />

che bene rappresenta la nostra<br />

idea di compromesso alto: una<br />

mediazione per tecniche e risultati<br />

sonori con i modelli maggiori<br />

e un equilibrio sonoro a cavallo<br />

tra il passato, il presente e, immaginiamo,<br />

il futuro...<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 71


SELECTOR<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

Friday Night In San<br />

Francisco è un album<br />

dal vivo del 1981 di Al<br />

Di Meola, John McLaughlin e<br />

Paco de Lucia. È stato descritto<br />

dall’autore e critico jazz, Walter<br />

Kolosky, come “un evento musicale<br />

che può essere considerato<br />

il più influente di tutti gli album<br />

di chitarra acustica dal vivo”. Le<br />

tracce, tranne Guardian Angel,<br />

furono registrate dal vivo al Warfield<br />

Theatre il 5 dicembre 1980 a<br />

San Francisco.<br />

Questa registrazione di debutto<br />

su Columbia Records divenne<br />

una pietra miliare che superò i<br />

5 milioni di copie vendute. I tre<br />

virtuosi del Trio hanno suonato<br />

insieme tra il 1980 e il 1983,<br />

pubblicando un altro splendido<br />

album, Passion, Grace & Fire nel<br />

1983.<br />

Questo è di gran lunga uno degli<br />

album di chitarra più eccitanti<br />

di sempre, perfetto per esaltare<br />

le potenzialità del vinile. Al<br />

Di Meola, John McLaughlin e<br />

Paco de Lucia suonano chitarre<br />

classiche (tipo quelle con corde di<br />

nylon) in stile flamenco/jazz con<br />

una tecnica sbalorditiva.<br />

Paco de Lucia era un chitarrista,<br />

compositore e produttore di<br />

flamenco spagnolo. Uno dei<br />

principali sostenitori dello<br />

stile del Nuovo Flamenco, che<br />

ha contribuito a legittimare<br />

Al Di Meola, John<br />

McLaughlin, Paco de<br />

Lucia<br />

FRIDAY NIGHT IN SAN<br />

FRANCISCO<br />

IMPEX RECORD IMP6029 1<br />

LP 180 GR<br />

il flamenco all’interno delle<br />

tradizioni spagnole ed è stato uno<br />

dei primi chitarristi di flamenco<br />

ad aver attraversato con successo<br />

altri generi musicali come la<br />

musica classica e il jazz. De<br />

Lucia era famoso per le sue corse<br />

veloci e fluide con le dita. Le sue<br />

collaborazioni con i chitarristi<br />

John McLaughlin e Al Di Meola gli<br />

hanno permesso di ottenere una<br />

maggiore popolarità al di fuori<br />

della sua nativa Spagna.<br />

Al Di Meola è un acclamato<br />

chitarrista che ha spaziato tra i<br />

generi fusion, jazz e latino e pure<br />

un compositore e produttore<br />

discografico. Con una carriera<br />

musicale che dura da più di tre<br />

decenni, è stato rispettato come<br />

uno dei chitarristi più influenti<br />

nel jazz fino ad oggi. Album<br />

come Friday Night In San<br />

Francisco gli hanno procurato<br />

un successo sia artistico che<br />

commerciale con una solida<br />

base di fan in tutto il mondo.<br />

Un prolifico compositore e<br />

prodigioso talento a sei corde,<br />

Di Meola ha realizzato oltre venti<br />

album come leader mentre le sue<br />

collaborazioni sono state davvero<br />

numerose. John McLaughlin<br />

è un chitarrista inglese dalle<br />

molteplici esperienze e capofila<br />

di alcuni stili a cavallo del 1970.<br />

La sua musica comprende molti<br />

generi dal jazz al rock, che ha<br />

unito a un interesse per la musica<br />

classica indiana per diventare una<br />

delle figure pionieristiche della<br />

fusion. Nel 2010, il chitarrista<br />

Jeff Beck lo ha definito “il miglior<br />

chitarrista vivente”. Dopo aver<br />

contribuito a diversi importanti<br />

gruppi britannici dei primi anni<br />

Sessanta e aver realizzato il<br />

suo primo disco da solista, si è<br />

trasferito negli Stati Uniti dove<br />

ha suonato con il gruppo Lifetime<br />

di Tony Williams e poi con Miles<br />

Davis nei suoi famosi album di<br />

fusion jazz elettrico: In A Silent<br />

Way , Bitches Brew, A Tribute To<br />

Jack Johnson e On The Corner.<br />

Il lavoro si apre con un medley<br />

tra il brano di Di Meola (sul<br />

canale destro) proveniente<br />

da un disco di qualche anno<br />

prima, Mediterranean<br />

Sundance, e il brano di de Lucia<br />

(sul canale sinistro) Rio Ancho,<br />

dove gli scambi, la ritmica e i<br />

passaggi sonori sono velocissimi,<br />

melodicamente perfetti e<br />

coinvolgenti su una base di<br />

flamenco. Segue un omaggio a<br />

Chick Corea con il brano Short<br />

Tales of the Black Forest dove,<br />

sul canale sinistro, si sfila de<br />

Lucia ed entra McLaughlin: inizia<br />

scherzosamente con il tema della<br />

Pantera Rosa poi lentamente<br />

riprende l’interpretazione del<br />

pezzo di Corea con note blues<br />

che ritornano subito al jazz in<br />

un dialogo tra le due chitarre<br />

assolutamente ammaliante.<br />

La terza combinazione di<br />

chitarristi, McLaughlin a sinistra<br />

e de Lucia a destra, affronta<br />

un brano di Gismonti Frevo<br />

Rasgado che sembra da subito<br />

pura improvvisazione e una<br />

prova estrema di virtuosismo di<br />

entrambi. Tutti e tre assieme per il<br />

successivo pezzo Fantasia Suite di<br />

Di Meola per un’esperienza<br />

unica ed esplosione fenomenale<br />

di suoni per oltre otto minuti.<br />

Ancora tutti e tre assieme per<br />

chiudere con una registrazione<br />

in studio a suggellare un’amicizia<br />

che darà vita ad altre memorabili<br />

performance: Guardian<br />

Angel di McLaughlin è un pezzo<br />

magnifico, che la pulizia della<br />

registrazione in studio esalta al<br />

72 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Amato mio LP<br />

massimo, sin dagli arpeggi di<br />

apertura e la melodia centrale che<br />

ritorna attraverso accelerazioni<br />

veramente fenomenali di tutti e<br />

tre. Sciolto e spontaneo, questo<br />

album è un incontro di tre dei<br />

più grandi chitarristi del mondo<br />

all’apice della loro carriera, una<br />

collaborazione piuttosto rara tra<br />

star della comunità di chitarristi,<br />

solitamente restii a condividere il<br />

ruolo di protagonisti con altri.<br />

Masterizzato da Bernie Grundman<br />

e Bob Donnelly da nastri master<br />

analogici originali. Limitato a<br />

sole 3.000 copie numerate. Nella<br />

realtà ne esiste un’altra versione<br />

analogica, a 45 giri con i cinque<br />

brani distribuiti su due dischi<br />

con le medesime caratteristiche<br />

qualitative in fatto di materiali e<br />

tecnologie utilizzate, ugualmente<br />

in edizione limitata e di costo<br />

quasi doppio. Il livello qualitativo<br />

è naturalmente altissimo e,<br />

tra gli appassionati, si è aperta<br />

una discussione su quale sia la<br />

versione migliore, con una leggera<br />

preferenza per il 33 giri. Per gli<br />

incontentabili si sono aggiunte<br />

nel tempo anche le versioni digitali<br />

fino a quelle scaricabili Hi-Res.<br />

Potete trovare tutto questo in rete<br />

tra i soliti siti come l’italiana Sound<br />

and Music, Acoustic Sounds, etc.<br />

Dire Straits<br />

DIRE STRAITS<br />

Warner Records -<br />

WEALP949783 1 LP pure<br />

heavy vinyl 180 gr<br />

Nati nel mezzo dei furori<br />

punk e new wave inglesi,<br />

nella seconda metà<br />

degli anni Settanta del ventesimo<br />

secolo, i Dire Straits non ci misero<br />

molto a prendere le distanze artistiche<br />

da quel fenomeno di rottura.<br />

Nel 1977 si esibivano nei pub e la<br />

loro prima esibizione risale a un<br />

mini festival tenuto a Deptford insieme<br />

agli Squeeze. Ben presto il dj<br />

radiofonico Charlie Gillet li notò<br />

e li raccomandò alla Phonogram.<br />

Il grimaldello era già The Sultans<br />

of Swing. Il loro album di<br />

debutto, cioè questo, è del 1978<br />

e costò davvero poco, essendo<br />

stato registrato dal vivo ma senza<br />

pubblico, per una spesa totale di<br />

12.500 sterline. Spesa abbondantemente<br />

ricompensata dalla vendita<br />

di ben otto milioni di copie nei<br />

soli primi nove mesi dall’uscita!<br />

Si può tranquillamente affermare<br />

che nonostante l’evoluzione e il<br />

successo dei successivi album, il<br />

primo rimanga insuperato.<br />

Nonostante la figura predominante<br />

del leader, Mark Knopfler, chitarra<br />

solista voce e compositore, la band<br />

non era un semplice supporto ma<br />

un completamento che contribuiva<br />

in modo fondamentale all’identità<br />

unica e originale dei Dire Straits.<br />

Knopfler con la sua voce e i testi<br />

fu accostato da molti a Dylan<br />

ma la miscela di rock americano<br />

si fondeva perfettamente con le<br />

reminiscenze e il gusto britannico.<br />

Un ottimo esempio è Down To<br />

The Waterline dove queste fonti<br />

si integrano felicemente e, forse,<br />

spiega il perché la loro musica<br />

sia stata immediatamente così<br />

ben accettata negli USA come<br />

nel Regno Unito. Un approccio<br />

sobrio al blues rock, a volte anche<br />

minimale, questo è un grande<br />

debutto e un grande album.<br />

Masterizzato da Bernie Grundman<br />

partendo dagli originali nastri<br />

master e stampato presso<br />

gli studi Pallas in Germania.<br />

Vinile silenzioso. Il suono è nel<br />

complesso molto buono con<br />

una certa enfasi sui bassi. Molto<br />

piacevole da ascoltare. Questa<br />

rimasterizzazione va bene, al<br />

contrario di tante altre realizzate in<br />

modo frettoloso, tanto da reggere<br />

il confronto con l’originale WB del<br />

1978 e prodotto da Rhett Davies.<br />

I suoni, con una ottima capacità<br />

di mantenere le proporzioni<br />

nelle variazioni dinamiche,<br />

sono dettagliati, molto naturali<br />

e coinvolgenti; il campo sonoro<br />

non è solo molto ampio ma anche<br />

profondo, arioso e spazioso.<br />

Grande stampa e realizzazione<br />

generale molto curata. La<br />

pressatura è impeccabile, tra le<br />

migliori realizzate dalla Pallas.<br />

Giunge notizia che presto arriverà<br />

una nuova ristampa, realizzata<br />

dalla Mobile Fidelity, estesa su<br />

due LP a 45 giri con l’obiettivo di<br />

massimizzare il suono, e sarebbe<br />

piuttosto interessante fare un<br />

confronto.<br />

PILLOLE<br />

The Sound of Stokowsky<br />

WAGNER MUSIC<br />

Analogue Productions AAPC 2555/<br />

RCA Living Stereo - 1 LP 200 gr<br />

Il direttore Leopold<br />

Stokowsky, oltre<br />

che uno dei<br />

maggiori direttori<br />

d’orchestra del<br />

’900 è stato anche un grande<br />

divulgatore della musica classica<br />

non solo attraverso gli<br />

arrangiamenti e la direzione della<br />

colonna sonora di Fantasia di Walt<br />

Disney ma anche in lavori come<br />

questo, dove alcune delle più<br />

gloriose overture e arie tratte dal<br />

teatro wagneriano sono<br />

magistralmente eseguite e proposte<br />

a un pubblico non necessariamente<br />

esperto di tale materiale. Musica e<br />

qualità sonora: tutto è a eccellenti<br />

livelli con questa ristampa.<br />

Bizet<br />

CARMEN E L’ARLESIENNE<br />

SUITE<br />

Dir. Bruno Walter CSO<br />

ORG 157- 2 LP 45 giri 180 gr<br />

Selezione di brani<br />

dall’opera Bizet del<br />

compositore<br />

francese, con<br />

l’Orchestra della<br />

Svizzera Romanda e diretta dal suo<br />

direttore per eccellenza, Ernest<br />

Ansermet. Solita eccellente<br />

registrazione della London del 1960,<br />

masterizzata dai nastri master<br />

originali, pressata dalla RTI e<br />

pubblicata in due 45 giri. Versione<br />

extra lusso e limitata.<br />

Nirvana<br />

MTV UNPLUGGED LIVE IN<br />

NEW YORK<br />

Geffen B0029512 – 2 LP 180 gr<br />

Ristampato nel<br />

2019, in occasione<br />

del suo<br />

venticinquennale, il<br />

celebre lavoro<br />

acustico dei Nirvana, gruppo<br />

simbolo del Grunge. Anche questa è<br />

una versione molto buona che<br />

contiene cinque tracce alternative<br />

dei brani suonati in quelle serate e<br />

non pubblicate nel 1994.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 73


SELECTOR<br />

a cura di Carlo D’Ottavi<br />

Nella pletora di nuove<br />

registrazioni e<br />

ristampe rilasciate<br />

per celebrare il<br />

centenario della morte di Debussy<br />

in quest’anno, l’apprezzamento<br />

che l’etichetta Harmonia<br />

Mundi ha ricevuto nel<br />

dedicare molti dei suoi lavori al<br />

grande compositore francese,<br />

ha incoraggiato i produttori a<br />

continuare in questa esplorazione.<br />

In effetti è un piacere<br />

costante che aumenta quando<br />

vengono affrontate pagine<br />

meno usurate dalla continua<br />

frequentazione di brani come<br />

i celebri poemi sinfonici de La<br />

Mer, il Prèlude à l’après-midi<br />

d’un Faune, Images e altre o la<br />

Claude Debussy<br />

LE TROIS SONATES<br />

Harmonia Mundi -<br />

HMM902303 2018<br />

disponibile in CD e download 24/96<br />

su Presto Classical<br />

Isabelle Faust (violin),<br />

Alexander Melnikov<br />

(piano), Tanguy de<br />

Williencourt (piano),<br />

Magali Mosnier (flute),<br />

Antoine Tamestit (viola),<br />

Xavier de Maistre (harp),<br />

Jean-Guihen Queyras<br />

(cello), Javier Perianes<br />

(piano)<br />

sua opera Pelléas et Mélisande.<br />

Anche la parte cameristica o<br />

comunque per piccoli ensemble<br />

è altrettanto magnifica:<br />

dalle pagine soliste per piano,<br />

vedi i Preludi nei quali si sono<br />

cimentati tutti i più grandi<br />

pianisti del mondo, citiamo<br />

il nostro Arturo Benedetto<br />

Michelangeli ma lista sarebbe<br />

infinita, per arrivare allo<br />

splendido quartetto per archi<br />

e queste composizioni finali per<br />

varie piccole formazioni dove<br />

l’arte debussiana raggiunge<br />

il culmine dell’essenzialità e<br />

del sublime. Questo è un recital<br />

ipnotico incentrato sulla<br />

manciata di opere da camera<br />

composte da Debussy durante<br />

la prima guerra mondiale,<br />

a seguito di un lungo periodo<br />

di stasi creativa: la Sonata per<br />

Violoncello del 1915, la Sonata<br />

per Flauto, Viola e Arpa e<br />

la Sonata per Violino del 1917,<br />

il suo ultimo lavoro completato.<br />

Le sonate sono presentate in<br />

ordine cronologico inverso,<br />

e quindi l’album si apre con<br />

l’infinitamente sottile e leggero<br />

suono della Sonata per<br />

Violino con la solista Isabelle<br />

Faust e Alexander Melnikov al<br />

piano; accade spesso che i due<br />

musicisti giochino a toccare<br />

a malapena i loro strumenti<br />

nei passaggi più eterei, ma la<br />

coppia è anche capace di esaltarsi<br />

nei pochi momenti in cui<br />

è richiesto qualcosa di più vigoroso.<br />

In particolare, Isabel<br />

Faust rifugge dalla tentazione<br />

di sfoderare tutta potenza del<br />

suo Stradivari, preferendo evidenziare<br />

gli effetti più delicati<br />

creati dall’uso libero delle armoniche<br />

di Debussy in tutto il<br />

pezzo. L’atmosfera ariosa e ultraterrena<br />

evocata dalla Faust<br />

è ulteriormente ampliata dal<br />

violista Antoine Tamestit e dal<br />

flautista Magali Mosnier nella<br />

Sonata per flauto, Viola e Arpa.<br />

In particolare la fusione tra la<br />

viola e il flauto è così perfetta<br />

che spesso è difficile determinare<br />

quando si passa da uno<br />

strumento all’altro. L’arpa di<br />

Xavier de Maistre aggiunge<br />

un piacevole pizzico di colore<br />

suonando quasi percussivo in<br />

alcuni punti e suggerisce le sonorità<br />

più esotiche di strumenti<br />

medievali.<br />

Jean-Guihen Queyras al violoncello<br />

e Javier Perianes al<br />

piano interpretano la Sonata<br />

per Violoncello in modo molto<br />

deciso e sonoro facendo da<br />

perfetto contraltare alle precedenti<br />

e delicate sonate. Un<br />

perfetto bilanciamento arricchito<br />

da alcuni pezzi, vere e<br />

proprie miniature, per pianoforte<br />

solo. Lavori d’occasione<br />

per momenti i più diversi e<br />

tutti eseguiti con gusto dal pianista<br />

francese Tanguy de Williencourt.<br />

Registrazione ideale<br />

con strumenti ben distinti e<br />

descritti in tutta loro ricchezza<br />

armonica e timbrica senza alcuna<br />

perdita di controllo anche<br />

nei, rari, momenti più dinamici<br />

e agitati.<br />

74 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Secondo noi la classica<br />

Eric Wolfgang Korngold<br />

SINFONIA IN FA<br />

DIESIS MAGGIORE,<br />

OP. 40<br />

Chandos<br />

CHAN 5220 2019<br />

disponibile in formato CD, SACD<br />

e in download 24/96 su<br />

www.chandos.net/products/<br />

catalogue/CHAN%205220<br />

Sinfonia of London<br />

dir John Wilson<br />

Classico caso di un<br />

grande artista costretto<br />

a lasciare<br />

l’Europa con l’ascesa<br />

del nazismo, Korngold<br />

ne è uno dei tanti esempi.<br />

Nato nel 1897 a Brno, allora<br />

appartenente all’impero<br />

austro-ungarico, da una famiglia<br />

di origini ebree, studiò<br />

composizione con Zemlinsky<br />

e ben presto si fece notare, anche<br />

da un certo Gustav Mahler,<br />

per essere dotato di una straordinaria<br />

facilità di scrittura<br />

musicale, legata molto al tardo<br />

romanticismo, godibile ma<br />

tutt’altro che banale. Nel 1920<br />

raggiunge il successo nella<br />

mitteleuropa con l’opera teatrale<br />

Die Tote Stadt (La Città<br />

Morta) suscitando entusiasmo<br />

tra il pubblico ma meno nella<br />

critica che lo riteneva troppo<br />

“facile”. Pregiudizi artistici<br />

ai quali ben presto si sarebbe<br />

aggiunto il rischio di rientrare<br />

nella famigerata lista nazista<br />

degli esponenti dell’Arte Degenerata<br />

o Entartete Kunst;<br />

furono le sue origini ebraiche a<br />

consigliarne l’emigrazione negli<br />

USA nel 1934. Il compositore,<br />

contrariamente ad altri che<br />

poco si adattarono all’America,<br />

vi trovò una straordinaria opportunità<br />

di lavoro, adattando<br />

la sua arte alla settima arte,<br />

cioè il cinema, realizzando un<br />

numero crescente e notevole di<br />

colonne sonore per la Hollywood<br />

degli anni Trenta/Quaranta.<br />

Il grande successo di questi lavori<br />

nei quali la sua rinomata<br />

capacità di realizzare una musica<br />

raffinata ma anche fluida<br />

e perfettamente malleabile con<br />

i vari stili cinematografici in<br />

voga non gli impedì di continuare<br />

a scrivere musica colta.<br />

La Sinfonia, op.40, il Theme &<br />

Variations op.42 e Straussiana<br />

sono alcuni dei punti più<br />

alti della sua arte, composti tra<br />

1952 e il 1954 cioè poco prima<br />

della sua scomparsa giunta tre<br />

anni dopo, a Los Angeles, senza<br />

poter realizzare il suo sogno<br />

di tornare nella sua madre patria,<br />

la Cecoslovacchia, oltre la<br />

cortina di ferro.<br />

Se non proprio un eroe dei<br />

due mondi Korngold si è comunque<br />

garantito popolarità<br />

e ammirazione in entrambe<br />

le sponde dell’Atlantico. In<br />

questo disco della Chandos,<br />

l’orchestra sinfonica di Londra<br />

e la bacchetta del giovane<br />

John Wilson, nell’interpretare<br />

questi lavori, ne presentano la<br />

giusta chiave di lettura tra raffinatezza<br />

e freschezza, proprie<br />

della scrittura dell’autore.<br />

L’opera principale è la Sinfonia<br />

in fa diesis, e fin dall’inizio,<br />

con meditabondi accordi<br />

inquieti di fagotti, marimba,<br />

piano e archi, è chiaro che<br />

Wilson è ben attento alle sfumature<br />

dell’orchestrazione di<br />

Korngold. La lucentezza degli<br />

archi ricorda Hollywood ed è<br />

molto piacevole: per essere il<br />

debutto della ricostituita orchestra<br />

sinfonica londinese è<br />

una promessa di grandi cose<br />

a venire. La sinfonia emerge<br />

come un capolavoro sotto la<br />

direzione di Wilson e favolosamente<br />

suonata dai musicisti.<br />

Soprattutto nei primi due<br />

movimenti possiamo cogliere<br />

evidenti richiami allo Stravinsky<br />

neo-classico, vedi le<br />

sinfonie in Do e nei Tre Movimenti,<br />

levigate eppure arrotondate<br />

nel personale stile di<br />

Korngold. Splendido anche il<br />

solo del corno, che si potrebbe<br />

definire un momento glorioso.<br />

Il pastiche di Johann Strauss<br />

è molto divertente e brillantemente<br />

orchestrato.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 75


SELECTOR<br />

di Antonio Gaudino<br />

PARTE 2<br />

Le cover<br />

al tempo del rock<br />

Le copertine hanno contraddistinto i dischi anni ’60 e dei primi ’70 e la grande epopea del vinile a 33 giri<br />

nel momento, probabilmente, di massimo splendore di questa forma di illustrazione. Si conclude la nostra<br />

cavalcata tra le storie di quel periodo, raccontante proprio partendo dagli artwork, i designer e i fotografi delle<br />

cover immortali che abbiamo raccolto.<br />

serenato. Il pericolo, l’orrore,<br />

sembra lontano.<br />

strano i quattro in copertina e<br />

per la location scelta, ma che di<br />

sicuro è apprezzabile per la sua<br />

originalità e per il senso di “sobborgo”<br />

che emana.<br />

to “dark” che sprigiona, la scelta<br />

dei colori e della posizione del<br />

viso. La foto del retro copertina,<br />

affidata a Stephen Paley, ritrae<br />

l’artista con una sorta di sorriso<br />

malinconico appena accennato,<br />

rivelando un lato più sereno e<br />

meno inquieto della copertina.<br />

King Crimson<br />

IN THE COURT OF THE<br />

CRIMSON KING<br />

Atlantic (1969)<br />

Design: Barry Godber<br />

Vagamente ispirata a L’urlo di<br />

Munch, questa copertina rimane<br />

un’icona massima del genere<br />

rock progressive. I tratti deformati<br />

del volto in primo piano<br />

dell’uomo, che occupa l’intera<br />

cover, sono particolarmente<br />

“stranianti”. Il terrore è visibile<br />

negli occhi rivolti verso qualcosa<br />

che sta al lato dell’uomo, attraverso<br />

le narici dilatatissime e la<br />

bocca spalancata, che mostra<br />

una dentatura notevole, con la<br />

lingua che tende a ritrarsi verso<br />

l’ugola e l’apparato tonsillare<br />

(come a causa di un “grido”<br />

soffocato). Il tutto è accentuato<br />

dai colori “vivi” sul rosso violaceo,<br />

e la sensazione d’angoscia e<br />

d’inquietudine traspare inequivocabile.<br />

Quasi a indicare che<br />

il contenuto del disco sia qualcosa<br />

di assolutamente fuori dal<br />

normale. All’interno dell’album,<br />

però, l’uomo sorride, forse ras-<br />

John Mayall<br />

BLUES BREAKERS WITH<br />

ERIC CLAPTON<br />

Deram (1969)<br />

Design: John Mayall<br />

È proprio John Mayall, il<br />

“padre” del blues inglese, a<br />

occuparsi del design di questa<br />

copertina. Il disco, che si avvale<br />

della presenza di Eric Clapton,<br />

offre la foto dei John Mayall’s<br />

Bluesbreakers in compagnia di<br />

“Slowhand”. I quattro sono seduti<br />

su un muretto, e hanno alle<br />

spalle una parete di cemento con<br />

delle macchie di colore e delle<br />

scritte. Probabilmente si tratta<br />

di una location in qualche quartiere<br />

periferico inglese. La band<br />

ha lo sguardo fisso nell’obiettivo<br />

mentre Clapton sta leggendo<br />

un numero di Beano, un fumetto<br />

inglese, e per questo motivo il<br />

disco è anche conosciuto con<br />

il titolo di “The Beano Album”.<br />

È un’immagine piuttosto insolita<br />

per la disinvoltura che mo-<br />

Laura Nyro<br />

NEW YORK TENDABERRY<br />

Columbia (1969)<br />

Foto: David Gahr<br />

La “divina” Nyro ad occhi chiusi,<br />

ritratta qui dal fotografo David<br />

Gahr (già autore delle copertine<br />

di Bob Dylan, Charles Mingus,<br />

Jeff Buckley, fra le tante) dà le<br />

spalle a una finestra aperta dalla<br />

quale si scorge un pezzettino di<br />

New York. Si tratta di uno scatto<br />

in bianco e nero che alla sua maniera,<br />

“con i contrasti di luci e<br />

ombre, è un’interpretazione impressionistica<br />

della città, dell’amore,<br />

della vita” spiega David<br />

Gahr. Sembra che la Nyro stia<br />

scuotendo lentamente il capo<br />

in modo da far muovere i suoi<br />

lunghissimi capelli neri. Se fosse<br />

una copertina di un artista dei<br />

nostri giorni potrebbe essere<br />

quella di PJ Harvey, per l’effet-<br />

The Rolling Stones<br />

THROUGH THE PAST,<br />

DARKLY (BIG HITS VOL. 2)<br />

ABKCO (1969)<br />

Foto: Ethan Russell<br />

Ethan Russell è l’unico fotografo<br />

ad aver realizzato le copertine<br />

per i Beatles, i Rolling Stones e<br />

gli Who. È uno di quei grandi<br />

nomi della fotografia, con una<br />

carriera trentennale alle spalle,<br />

che possono vantare di essere<br />

stati dei pionieri dei video musicali,<br />

realizzando dei filmati per<br />

Rickie Lee Jones ed Emmylou<br />

Harris molto prima della nascita<br />

di MTV. Il suo particolare tocco<br />

artistico si può notare appieno<br />

in questa copertina ideata e<br />

creata per “Through The Past,<br />

76 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Darkly”, un’immagine che si può<br />

gustare per intero solo vedendo<br />

entrambi i lati dell’album.<br />

Sulla copertina, infatti, i Rolling<br />

Stones sono “spiaccicati”<br />

contro una vetrata. I loro volti<br />

sono sformati in quanto tutti<br />

e cinque si appoggiano contro<br />

il vetro trasparente con le facce<br />

e i corpi, spingendo con le<br />

mani come se volessero uscire<br />

da quella “gabbia” trasparente.<br />

Il retro della copertina, invece,<br />

mostra gli Stones sempre dietro<br />

la vetrata, che nel frattempo è<br />

stata colpita ripetutamente e appare<br />

completamente sfasciata.<br />

Unica e geniale.<br />

Crosby Stills Nash & Young<br />

DÉJA VU<br />

Atlantic (1970)<br />

Foto: Tom Gundelfinger<br />

Design: Gary Burden<br />

Per un breve periodo all’inizio<br />

degli anni ’70 i grafici ingaggiati<br />

dalle case discografiche si<br />

innamorarono della dicotomia<br />

fra “band giovane” e “immagine<br />

antica”: una manciata di<br />

formazioni (Steeleye Span, Nitty<br />

Gritty Dirt Band e in Italia<br />

il nostro Francesco De Gregori<br />

con “Rimmel”) si avvalsero di<br />

questo trattamento visivo, legando<br />

il proprio nome a delle<br />

foto d’epoca o simil-tali. Déja<br />

Vu, con la formazione immobile<br />

come in un dagherrotipo, ne<br />

resta l’esempio più celebre. La<br />

foto – virata sul seppia – venne<br />

scattata a casa di Crosby a Novato,<br />

in California, e sembrava<br />

immortalare una scena della Rivoluzione<br />

Americana. Fu scelto<br />

un materiale in similpelle per<br />

la copertina dell’LP, per accentuare<br />

la verità di “Old West”, ma<br />

furono in molti a obiettare sul<br />

fatto che si trattasse in realtà di<br />

cartone friabile.<br />

The Doors<br />

MORRISON HOTEL<br />

Wea (1970)<br />

Foto: Henry Diltz<br />

Design: Gary Burden<br />

La storia che si nasconde dietro<br />

questa fotografia è che la band<br />

non ebbe il permesso da parte del<br />

proprietario del Morrison Hotel,<br />

così che Jim Morrison e compagni<br />

corsero dentro per mettersi<br />

in posa mentre il fotografo Henry<br />

Diltz prese degli scatti in tutta<br />

fretta, e volarono di nuovo fuori<br />

dall’albergo prima che il proprietario<br />

potesse accorgersi di cosa<br />

stesse succedendo. Dunque la<br />

copertina mostra i componenti<br />

della band ripresi da dietro la vetrata<br />

del posto che porta la scritta<br />

“Morrison Hotel” e “Rooms<br />

For Rent”. Nient’altro. In realtà<br />

Diltz e Gary Burden avrebbero<br />

voluto scattare la foto nella hall<br />

dell’albergo ma, come detto,<br />

l’inserviente non li fece entrare.<br />

Ray Manzarek dei Doors prese<br />

la foto che si può vedere sul retro<br />

copertina, scattata di fronte a<br />

uno squallido bar chiamato Hard<br />

Rock Cafè. L’attuale e conosciutissima<br />

catena dell’Hard Rock<br />

Cafè si ispirò proprio a quest’immagine<br />

per il nome del locale.<br />

Elton John<br />

TUMBLEWEED CONNEC-<br />

TION<br />

Rocket/Island (1970)<br />

Foto, artwork e design: David<br />

Larkham<br />

Straordinaria copertina per un<br />

giovane Elton John. Un “quasi”<br />

bianco e nero virato da una leggera<br />

tinta color coloniale immortala<br />

l’artista seduto per terra in<br />

un angolo di un vecchio e deserto<br />

bar-tabaccheria. Il tipico e vecchio<br />

“spaccio” degli States del deserto<br />

californiano. Particolari e affascinanti<br />

le vecchie insegne pubblicitarie<br />

in metallo, che ornano per<br />

intero il negozio al quale John è<br />

poggiato. Pensieroso e in solitudine<br />

attende, forse, l’apertura della<br />

“bottega”. Se una copertina generalmente<br />

funge da riflesso dell’anima<br />

di un album, in questo caso<br />

è azzeccatissima. Si tratta infatti<br />

di un disco rock blues con forti influenze<br />

gospel-pop, e la foto con<br />

la grafica da whiskey del Tennessee<br />

non poteva riflettere meglio<br />

queste caratteristiche. In seguito,<br />

infatti, l’artista avrebbe optato per<br />

copertine molto più commerciali.<br />

Led Zeppelin<br />

III<br />

Atlantic (1970)<br />

Design: Zacron<br />

L’album calendario intitolato<br />

Led Zeppelin III, cosparso<br />

di farfalle, animali da fattoria<br />

e verdure volanti, all’epoca non<br />

soddisfò tutti i membri del gruppo.<br />

L’artwork lasciò perplesso<br />

Jimmy Page, chitarrista della<br />

band, che definì la copertina<br />

“stupida, da teenager”. Invece<br />

fu un’innovazione al tempo della<br />

sua pubblicazione nel campo<br />

del design di copertine. L’album<br />

includeva una ruota girevole di<br />

modo che quando questa veniva<br />

girata varie fotografie della<br />

band, accompagnate da forme<br />

e motivi dalle tinte forti, apparivano<br />

nei cerchi (dei fori creati<br />

appositamente) della copertina<br />

frontale. Questo affare costoso<br />

accreditato a Zacron (nella vita<br />

reale fa l’insegnate a Wimbledon)<br />

è solo un lontano risultato<br />

del progetto originario di Jimmy<br />

Page. “La copertina originale”,<br />

disse Page, “doveva riflettere<br />

l’ambiente campagnolo dell’album<br />

attraverso l’imitazione di<br />

un calendario girevole. Invece<br />

Zacron ha cosparso la copertina<br />

con varie immagini psichedeliche<br />

coloratissime, includendo<br />

oggetti, bersagli, farfalle e<br />

stelle”. L’interno della copertina<br />

apribile conteneva molto di più<br />

dello stesso tipo di soggetti: una<br />

sedia volante, una pannocchia e<br />

un uccello tropicale molto colorato.<br />

Gli unici oggetti presenti<br />

nelle immagini dell’artwork<br />

relativi alla band sono lo Zeppelin<br />

(il dirigibile), un aereo<br />

da bombardamento tedesco e<br />

un’auto con le iniziali sulla fiancata.<br />

Nonostante tutto, Page ha<br />

avuto parte di responsabilità nel<br />

risultato finale dell’album. Il chitarrista,<br />

per lungo tempo interessato<br />

alla magia, acquistò la<br />

residenza “Boleskine House” del<br />

mistico Aleister Crowley. All’inizio<br />

della sua creazione l’LP<br />

conteneva un estratto dal libro


SELECTOR<br />

di Antonio Gaudino<br />

di Aleister Crowley The Book Of<br />

The Law (“Il libro della legge”)<br />

che leggeva “Do what Thou Wilt,<br />

So Mote It Be”, un’abbreviazione<br />

della citazione di Crowley, “Fare<br />

quello che credi dovrebbe essere<br />

la sola legge”. La gestazione<br />

della copertina fu talmente lunga<br />

che in Italia e in molti altri<br />

Paesi l’LP uscì con una busta<br />

provvisoria: una busta di carta<br />

normale con l’effige dei quattro<br />

musicisti, la stessa posta dietro<br />

la copertina definitiva. In teoria,<br />

presentandosi dopo mesi con la<br />

busta provvisoria, la commessa<br />

avrebbe dovuto cambiarla<br />

con quella ufficiale a cerchio;<br />

ma questo non avvenne e molti<br />

acquirenti dell’epoca hanno ancora<br />

“III” con la busta provvisoria.<br />

Viste le quotazioni delle<br />

rarità in vinile, la “provvisoria”<br />

ha superato, paradossalmente,<br />

l’originale.<br />

Santana<br />

ABRAXAS<br />

Columbia (1970)<br />

Design: Mati Klarwein<br />

Quando Carlos Santana andò<br />

nello studio di Mati Klarwein<br />

per valutare l’illustrazione di<br />

una possibile copertina del suo<br />

album il posto gli sembrò un<br />

quartiere appena fuori Tangeri,<br />

a causa delle idee di pittura<br />

grafica e foto decisamente etniche<br />

che vi trovò. Il chitarrista e<br />

leader dei Santana si innamorò<br />

così tanto di un dipinto in particolare<br />

che lo scelse per la copertina<br />

di Abraxas. Gli accordi<br />

vennero presi benché tra i due<br />

non avvenne nessun incontro<br />

e, a quanto si dice, non si fossero<br />

mai parlati. Che cosa amò<br />

Santana di quel lavoro? “Le congas<br />

fra i piedi dell’angelo ed i<br />

colori”, disse. Una fidanzata di<br />

Klarwein della Guadalupa raffigura<br />

la vergine nera e nuda e,<br />

come spiega Klarwein, “un trio<br />

di nomadi nigeriani rappresentano<br />

i Magi, e l’arcangelo Gabriele<br />

alato discende dal cielo<br />

con le gambe da ambo i lati di<br />

una congas. Anche i tamburi<br />

sono stati utilizzati per annunciare<br />

qualcosa: erano un mezzo<br />

di comunicazione in Africa e<br />

l’angelo annuncia la nascita del<br />

redentore battendo il tamburo”.<br />

Traffic<br />

JOHN BARLEYCORN<br />

MUST DIE<br />

Island (1970)<br />

Foto: Richard Polak<br />

Design: Mike Sida<br />

Illustrazione: per gentile concessione<br />

della English Folk<br />

Dance & Song Society<br />

Per l’album John Barleycorn<br />

Must Die i Traffic si affidano al<br />

fotografo Richard Polak e al designer<br />

Mike Sida i quali fanno<br />

uso di un’immagine concessa<br />

dalla English Folk Dance & Song<br />

Society per descrivere il suono<br />

folk dell’album. È un’immagine<br />

che, tra l’altro, richiama anche<br />

la svolta progressive che la band<br />

di Steve Winwood aveva preso,<br />

abbandonando quelle atmosfere<br />

molto più psichedeliche del<br />

passato. Su una base di cartoncino<br />

marrone spicca il disegno<br />

che sembra fatto a mano e che<br />

raffigura un fascio di fiori dallo<br />

stelo lungo o di frasche di grano<br />

messe in verticale sopra una<br />

macchia d’erba. Potrebbe essere<br />

il luogo simbolico dove giace<br />

il corpo di “John Barleycorn”<br />

che per questo album, secondo<br />

il titolo, doveva morire. Non è<br />

di certo una copertina eclatante<br />

ma è di sicuro effetto visivo per<br />

la sua semplicità e per la storia<br />

che cela.<br />

Joni Mitchell<br />

BLUE<br />

Reprise (1971)<br />

Foto: Henry Diltz<br />

Direzione artistica: Gary Burden<br />

Il quarto LP della Mitchell è contraddistinto<br />

dal titolo: Blue. In<br />

effetti la foto è “filtrata” da un<br />

blu che mette in risalto i tratti<br />

della cantautrice canadese. Penetrante,<br />

elegante, signorile,<br />

questa foto è un raggio di luce<br />

“aristocratico” sul vasto panorama<br />

delle copertine d’autore,<br />

quelle più belle e importanti.<br />

Ma Blue è molto più di questo.<br />

Tra morbide chitarre acustiche e<br />

accordi di pianoforte che illuminano<br />

l’album, i testi poetici della<br />

Mitchell dipingono l’immagine<br />

di una donna vulnerabile e tormentata<br />

(Blue vuol dire anche<br />

triste). Joni Mitchell aveva solo<br />

28 anni quando registrò questo<br />

disco eppure sentiva la forte<br />

necessità di mettere a nudo i<br />

suoi sentimenti, di far sapere al<br />

mondo che aveva voglia di sfuggire<br />

alla solitudine per ritrovarsi<br />

tra le braccia di qualcuno che la<br />

amasse. E la foto che la ritrae in<br />

copertina mostra tutto questo<br />

trasformando l’album in un magnifico<br />

lavoro di onesta bellezza.<br />

The Rolling Stones<br />

STICKY FINGERS<br />

Rolling Stones Records/Atlantic<br />

(1971)<br />

Concept e foto: Andy Warhol<br />

Design: Craig Braun<br />

Si narra che a un party a New<br />

York, nel 1969, Andy Warhol<br />

accennò con indifferenza a<br />

Mick Jagger che si stava divertendo<br />

a realizzare una vera<br />

chiusura lampo per una possibile<br />

copertina di un album. Un<br />

anno più tardi Jagger propose<br />

l’idea alla band per il loro<br />

nuovo album, Sticky Fingers:<br />

il primo per la nuova etichetta<br />

di loro proprietà, la Rolling<br />

Stones Records, e anche il primo<br />

in cui compariva il famoso<br />

logo: la caricatura della bocca,<br />

con tanto di “linguaccia”, di<br />

Jagger. Una copertina geniale<br />

quanto “sessuale”: foto in<br />

bianco e nero, blue jeans con<br />

chiusura lampo vera che, una<br />

volta tirata giù, metteva in mostra<br />

un bel paio di “mutande”.<br />

Molti dissero che il modello era<br />

Jagger ma il frontman ha sempre<br />

smentito, affermando che<br />

il modello è un tale Joe Dallesandro,<br />

dello studio di Warhol.<br />

L’unico inconveniente che la<br />

chiusura lampo poteva causare<br />

era quello di “battere” e graffiare<br />

nel punto esatto dove c’era<br />

78 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


la canzone “Sister Morphine”<br />

(traccia numero 8 dell’LP); allora<br />

Braun realizzò uno strato<br />

supplementare di cartone per<br />

proteggere il disco dalla chiusura<br />

lampo. Con questa soluzione<br />

venne sventata la querela<br />

da parte della casa discografica<br />

che distribuì il disco all’epoca.<br />

Una curiosità: inizialmente<br />

molte catene di grandi magazzini<br />

si rifiutarono di esporre il<br />

disco perché metteva in risalto<br />

un’ambigua protuberanza<br />

all’altezza del pube.<br />

James Taylor<br />

MUD SLIDE SLIM AND<br />

THE BLUE HORIZON<br />

Warner (1971)<br />

Foto: Unknown<br />

Sembrerebbe una foto messa<br />

sulla copertina di un album fotografico.<br />

James Taylor è qui<br />

ritratto in figura intera, su uno<br />

sfondo scuro. Ha lo sguardo<br />

beffardo, e il fatto che si tenga<br />

le bretelle con le mani sottolinea<br />

questa sfumatura ironica<br />

che trapela dagli occhi. Considerato<br />

che Mud Slide Slim<br />

And The Blue Horizon è un<br />

album autobiografico, tutto<br />

quadra, perché nei primi anni<br />

’70 Taylor stava attraversando<br />

un periodo di depressione, accentuata<br />

da problemi d’amore<br />

e dalla dipendenza da droghe.<br />

Ma questa foto sembra dargli<br />

anche l’aspetto di ragazzo di<br />

campagna che lo avrebbe reso<br />

riconoscibile in seguito. La<br />

camicia blu stropicciata con il<br />

colletto in disordine, le bretelle<br />

e i pantaloni marroni rievocano<br />

questo stile “campagnolo”<br />

che si adatta alla perfezione<br />

alla faccia del cantautore.<br />

America<br />

HOMECOMING<br />

Warner (1972)<br />

Foto: Henry Diltz<br />

Direzione artistica e design:<br />

Gary Burden<br />

Per quanto possa sembrare<br />

strano, questa è una delle copertine<br />

più costose realizzate<br />

per la Warner. Per farla ci<br />

sono voluti giorni e giorni di<br />

lavoro. Dewey Bunnell, Dan<br />

Peek e Gerry Beckley, insieme<br />

a Gary Burden (direttore<br />

artistico) e al fotografo Henry<br />

Diltz (che compare anche<br />

nei credits dell’album come<br />

banjoista) si sono avventurati<br />

fino a Esalen, nei pressi di Big<br />

Sur, California, per ottenere lo<br />

scatto perfetto. Si trattava di<br />

aspettare che la luna tramontasse<br />

per ottenere l’effetto<br />

rossastro che si può vedere<br />

in copertina. Inoltre anche il<br />

formato dell’LP, con la sua tripla<br />

ripiegatura a tre ante, era<br />

qualcosa di rivoluzionario per<br />

l’epoca. La foto a campo lungo<br />

all’interno, catturata con una<br />

lente motorizzata, doveva dare<br />

la netta sensazione di trovarsi<br />

nella Redwood Forest mentre<br />

l’immagine di copertina doveva<br />

simbolizzare la degradazione<br />

della terra da parte<br />

dell’uomo.<br />

David Bowie<br />

ZIGGY STARDUST<br />

RCA (1972)<br />

Foto: Brian Ward<br />

Artwork: Terry Pastor<br />

Le foto per l’album Ziggy Stardust<br />

sono state scattate in una<br />

fredda e piovosa notte nel gennaio<br />

del 1972 da Brian Ward, fuori dal<br />

suo studio a Heddon Street, a<br />

Londra. Per la realizzazione è stata<br />

usata una pellicola in bianco e<br />

nero e le foto sono state in seguito<br />

colorate. L’artwork è stato curato<br />

da Terry Pastor. In tutto sono state<br />

scattate 17 foto, di cui sei sono<br />

dei primi piani, sette riprendono<br />

Bowie in posa davanti al 23 di<br />

Heddon Street e quattro mostrano<br />

il cantante fuori e dentro una cabina<br />

telefonica. Nella foto di copertina<br />

Bowie sembra brillare come se<br />

arrivasse da un altro pianeta. È in<br />

piedi di fronte a un portone, con<br />

una chitarra a tracolla, sotto un’insegna<br />

con su scritto K. West. Molti<br />

dettagli della copertina hanno<br />

contribuito a rendere affascinante<br />

quanto mistico il personaggio di<br />

Ziggy, come il nome del cantante<br />

sopra il titolo dell’album nella parte<br />

alta, a sinistra dell’immagine,<br />

scritti con lo stesso carattere e la<br />

stessa grandezza, quasi a suggerire<br />

che Bowie sia Ziggy Stardust.<br />

Jackson Browne<br />

JACKSON BROWNE<br />

Asylum (1972)<br />

Foto: Henry Diltz<br />

Direzione artistica: Gary Burden<br />

for R.Twerk<br />

Ricordate i vecchi manifesti<br />

“wanted”, stampati nell’ufficio<br />

dello sceriffo nei film western?<br />

Ebbene, Jackson Browne, nel<br />

1972, si fa fotografare dal celebre<br />

Henry Diltz (già all’opera<br />

con gli America, Tim Buckley,<br />

The Doors, Grateful Dead e<br />

tanti altri. Diltz conta più di<br />

200 copertine di album nella<br />

sua carriera di fotografo). Lo<br />

scatto è stato poi rielaborato<br />

con china e il risultato è quello<br />

che si può notare e che ricorda<br />

molto da vicino i manifesti in<br />

stile “wanted”. La scritta in alto<br />

al centro della copertina, “Saturate<br />

Before Using” (“riempire<br />

al massimo prima dell’uso”),<br />

è stata spesso fraintesa come<br />

titolo dell’album ma in realtà<br />

è la scritta originale del “desert<br />

water bag”, l’otre d’acqua<br />

sulla quale è stato realizzato il<br />

disegno. Una trovata davvero<br />

originale.<br />

Tim Buckley<br />

LOOK AT THE FOOL<br />

Manifesto Records (1972)<br />

Foto: Norman Seeff<br />

Illustrazione: Napoleon<br />

Originariamente il titolo di<br />

questo album doveva essere<br />

“Tijuana Moon”, e questo


SELECTOR<br />

di Antonio Gaudino<br />

spiegherebbe la luna che spicca<br />

nel cielo notturno alle spalle<br />

del cantautore nell’immagine<br />

realizzata da Napoleon. Look<br />

At The Fool, “Guarda il buffone”,<br />

è il titolo dato dalla casa<br />

discografica al momento della<br />

pubblicazione. Tim Buckley<br />

appare stanco in questo dipinto,<br />

ed anche abbastanza<br />

triste. Ha le labbra strette in<br />

un amaro sorriso, come se già<br />

prevedesse la sorte che lo attendeva<br />

(sarebbe scomparso<br />

l’anno successivo, ucciso da<br />

un’overdose). Si narra che<br />

Buckley odiasse questa copertina,<br />

e quando un suo amico<br />

un giorno provò a indossare<br />

una maglietta che riproduceva<br />

l’immagine Tim disse: “che<br />

schifo!”. Bella, invece, la foto<br />

che appare sul retro copertina,<br />

scattata da Norman Seeff, che<br />

ritrae Buckley in penombra.<br />

Nick Drake<br />

PINK MOON<br />

Island (1972)<br />

Artwork: Michael Trevithick<br />

La grafica di questo album,<br />

realizzata da Michael Trevithick,<br />

svela aspetti oscuri e<br />

psicologici dell’uomo e dell’artista<br />

Drake. Il fuoco del razzo<br />

americano verso la “luna rosa”,<br />

così come quella folata in basso,<br />

sotto la luna stessa, sta a<br />

indicare il viaggio. Il “viaggio”<br />

di Drake. La luna rosa, a tratti<br />

violacea, con uno spicchio di<br />

base color arancio, è “coperta”<br />

da vari oggetti: una tazzina di<br />

caffè, una coda in corda che<br />

s’immerge nel mare, una foglia<br />

verde e di lato una conchiglia<br />

marina che guarda il tutto<br />

come se ridesse, con le sue<br />

naturali dentature. Anche la<br />

faccia triste di un clown sbuca<br />

dalla luna. Un mare plumbeo<br />

è la base su cui poggia la luna<br />

contornata da montagne scure<br />

sullo sfondo. Sono i segni più<br />

evidenti dallo stupendo e surrealista<br />

lavoro di Trevithick.<br />

La luna è “donna”, per Trevithick<br />

e Drake: ha un’unica<br />

scarpetta femminile con cui<br />

attraversa (grazie a una tavola,<br />

cosparsa di colori spenti)<br />

l’oscuro mare. Curiosità: Nick<br />

Drake custodiva la grafica originale<br />

dell’album incorniciata<br />

in camera sua, dove poi lo trovarono<br />

morto.<br />

Lou Reed<br />

TRANSFORMER<br />

RCA (1972)<br />

Foto: Mick Rock<br />

Mick Rock cattura un Lou<br />

Reed pressoché irriconoscibile<br />

sul palco del Kings Cross<br />

Cinema di Londra: espressione<br />

assente, trucco colante e<br />

lo stesso abito stazzonato indossato<br />

per giorni e giorni di<br />

seguito. Il tutto dava l’idea di<br />

un film tedesco muto in bianco<br />

e nero. Rivedendo insieme<br />

i provini, qualche giorno<br />

dopo, fu proprio il fondatore<br />

dei Velvet Underground a indicare<br />

questo scatto come uno<br />

dei suoi preferiti – e nessuno<br />

dei presenti fece caso al fatto<br />

che fosse fuori fuoco. Così lo<br />

ricorda Mick Rock: “Non notai<br />

il fatto che la foto fosse sfocata<br />

quando la guardai attraverso<br />

l’ingranditore durante i primi<br />

provini di stampa ma ricordo<br />

ancora il formicolio che provai<br />

quando vidi il risultato di<br />

quella trascuratezza prendere<br />

forma nello sviluppatore”. Si<br />

è trattato, quindi, di un errore<br />

involontariamente azzeccato.<br />

Carly Simon<br />

NO SECRETS<br />

Elektra (1972)<br />

Foto: Ed Caraeff<br />

Ed Caraeff è famoso per aver<br />

collaborato come fotografo,<br />

direttore artistico e designer<br />

per le copertine degli album<br />

di Diana Ross, Alice Cooper,<br />

Dolly Parton, Elton John,<br />

Eric Clapton, Frank Zappa,<br />

Neil Diamond, Tim Buckley, e<br />

tanti altri… Nel 1972 realizza<br />

per Carly Simon la copertina<br />

dell’album No Secrets (due<br />

anni più tardi avrebbe firmato<br />

quella di Hotcakes) e<br />

la immortala mentre se ne<br />

va a passeggio, col cappello<br />

in testa, e la borsa sulla spalla.<br />

L’abbigliamento tipico<br />

degli anni ’70 – maglia blu<br />

avvitata a maniche lunghe,<br />

pantaloni stretti color rosso<br />

bordeaux – mette in risalto<br />

la snella figura della cantante<br />

che non porta il reggiseno,<br />

tanto che le si intravedono i<br />

capezzoli. “Ho fatto tantissime<br />

copertine che non avevano<br />

nulla a che fare con il sesso<br />

in passato” si è giustificata la<br />

cantante, aggiungendo: “E poi<br />

i direttori artistici scelgono<br />

sempre gli scatti ammiccanti,<br />

sensuali. Anche se la scelta<br />

finale è stata la mia in questo<br />

caso. Ho pensato che quelle<br />

immagini fossero divertenti<br />

e non solamente sexy”. Carly<br />

Simon è infatti nota per alcune<br />

copertine vagamente sexy.<br />

Steely Dan<br />

CAN’T BUY A THRIL<br />

MCA (1972)<br />

Foto: Unknown<br />

Una copertina senza dubbio<br />

emblematica che spiega in parte<br />

il titolo, ovvero che “non si<br />

può comprare un’emozione”.<br />

Una bocca gigantesca di donna<br />

beve da una grande cannuccia<br />

colorata che va a finire<br />

nel mezzo busto svestito di un<br />

uomo. Sulle spalle dell’uomo<br />

sono appoggiate le gambe di<br />

una donna nuda che tiene la<br />

testa fra le braccia, come se<br />

stesse piangendo o si vergognasse.<br />

Tutto intorno, in colori<br />

fluorescenti, è descritta la vita<br />

notturna di una città, o meglio<br />

della parte più “immorale” della<br />

città, con un lungo marciapiede<br />

sul quale sfilano in bella<br />

mostra delle donne pronte<br />

a vendere il proprio corpo.<br />

Tutte le immagini che fanno<br />

da sfondo alla figura dell’uomo<br />

nudo, compresa la donna<br />

che piange e le gambe coperte<br />

da un lungo vestito giallo dal<br />

quale spunta un piede, sono<br />

assemblate come se fossero<br />

pezzi di un puzzle.<br />

80 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Frank Zappa<br />

THE HOT RATS<br />

SESSIONS<br />

Universal\Zappa Records<br />

Centro pieno per il<br />

sigillo definitivo<br />

di una delle tappe<br />

più imprescindibili<br />

nella storia del<br />

rock, che viene così<br />

ricostruita nel suo<br />

asset filologico dagli<br />

appassionati eredi che ne gestiscono i<br />

suoi sconfinati archivi. In oggetto quelle<br />

mitiche e lunghe session che si svolsero dal<br />

18 al 30 luglio del 1969, per un totale di 65<br />

tracce di cui solo le 6 originali precedentemente<br />

note. Nella sua lucida, anticonformista<br />

genialità, Zappa aveva un DNA<br />

capace di abbattere ogni tipo di barriera<br />

fra generi e stili, unendo sacro e profano,<br />

colto e popolare. Già a partire dall’esordio<br />

sopra le righe di Freak Out!, il nostro<br />

eroe aveva fornito chiaramente la misura<br />

del suo essere iconoclasta, con quelle solo<br />

apparenti “stupid songs”, secondo la sua<br />

stessa definizione, che invece mettevano<br />

alla berlina il bigottismo imperante e<br />

quei personaggi mediocri, soprattutto di<br />

estrazione politica, che lo circondavano<br />

e di cui si faceva regolarmente sberleffo.<br />

Rotto quindi il ghiaccio nel 1966 con i The<br />

Mothers of Invention, Zappa si ritaglia<br />

rapidamente uno spazio a sé fra i rocker<br />

82 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Rock<br />

più irriverenti, rimescolando idee e prospettive<br />

con qualcuno dei suoi sodali: fra<br />

questi c’è Ian Underwood, decisivo nelle<br />

sue abilità di multistrumentista per lo sviluppo<br />

di questa musica, e l’amico\rivale<br />

Captain Beefheart. Poi c’è l’inserimento in<br />

front-line dei violinisti Don “Sugarcane”<br />

Harris e Jean Luc Ponty, con le spalle coperte<br />

da un’imponente sezione ritmica che<br />

apre le danze nella massiccia ponderazione<br />

di Peaches en Regalia, incalzante suite in<br />

cui tutti i musicisti contribuiscono, dietro<br />

la rigida e meticolosa regia di Zappa, ad<br />

un affresco sonoro che diventa subito un<br />

classico (moderno) istantaneo. Per qualcuno<br />

l’attacco alla batteria di Ron Selico è<br />

da ritenersi come il battesimo ufficiale del<br />

jazz-rock, suffragato dalle linee di basso<br />

di cui l’artefice è niente meno che Shuggie<br />

Otis. Un geniale work in progress che si<br />

gode anche nelle concitate jam di Willie<br />

the Pimp o negli entusiasmanti sviluppi<br />

di Transition, da cui si possono intravedere<br />

i prodromi di Twenty Small Cigars,<br />

che poi sarebbe apparso in Chunga’s Revenge.<br />

Spicca anche una stravagante jam<br />

intitolata Bogner Regis, sulla quale Zappa<br />

realizzò una lunga esercitazione negli<br />

anni, fino al bozzetto ufficiale di Conehead,<br />

che comunque non vide ufficialmente<br />

la luce fino al 1981, contenuta in You Are<br />

What You Is. Dopo la riproposizione della<br />

sequenza originale, nell’ultima parte<br />

del cofanetto sfilano i missaggi mono di<br />

singoli e le sostenute parti ritmiche di tre<br />

brani su sei, oltre alle surreali e spassose<br />

pubblicità radiofoniche d’epoca, nonché<br />

la sola traccia vocale di Captain Beefheart<br />

in tutta la bofonchiante allure ascoltata<br />

in Willie the Pimp. Ottimo il remissaggio a<br />

cura di Craig Parker Adams (con masterizzazione<br />

di Bob Ludwig), che fa riferimento<br />

alla famosa edizione della Rykodisc del<br />

1987, quella che ebbe il placet ufficiale<br />

dello stesso Zappa, conosciuto per la sua<br />

attenzione maniacale nei confronti dei<br />

dettagli, che all’epoca mise a punto quello<br />

che venne identificato come un efficace<br />

prototipo di registratore a 16 piste, al fine<br />

di una maggiore flessibilità nelle sovraincisioni.<br />

Confezione di lusso in formato<br />

LP, con libretto di gran foggia, un saggio<br />

commemorativo dello stesso Anderson e<br />

meravigliose fotografie in studio di Bill<br />

Gubbins e altre outtakes di Andee Nathanson,<br />

che invece si occupò della copertina:<br />

tutto materiale rimasto inedito fino ad<br />

oggi, con un grado variabile di responsabilità<br />

e colpevolezza. In più, un divertente<br />

per quanto accurato gioco da tavolo che<br />

riprende la saga di quello che potrebbe<br />

tranquillamente candidarsi come uno stile<br />

di vita, più che un grandioso cofanetto, il<br />

cui prezzo di lancio è comunque ben al di<br />

sopra della media.<br />

Vittorio Pio<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 83


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Mina Fossati<br />

MINA FOSSATI<br />

Sony/Pdu<br />

Cosa dire del<br />

più ambizioso<br />

e chiacchierato<br />

progetto<br />

della nostra<br />

squinternata<br />

discografia? Due pesi massimi<br />

che nel passato si erano già accarezzati<br />

(le fossatiane Se stasera<br />

sono qui e Non può morire<br />

un’idea che si trovano in Mina<br />

Live 1978, quando la tigre di<br />

Cremona si era già ritirata dalle<br />

scene pubbliche a neanche 40<br />

anni, e Cow-Boys e Notturno<br />

delle tre, perle di produzioni<br />

più recenti), con un rendezvous<br />

ufficiale vagheggiato nel<br />

2002, di cui poi si persero le<br />

tracce. Finalmente, dopo grandi<br />

manovre tenute nascoste praticamente<br />

fino all’ultimo bimestre,<br />

ecco comparire questo<br />

album, ambìto e ricercato per<br />

vari motivi che ne avevano già<br />

decretato lo status di leggenda<br />

nel momento esatto in cui sono<br />

caduti i veli. “Dopo otto anni la<br />

mia decisione non cambia: non<br />

torno a fare dischi né concerti”,<br />

ha ribadito l’artista ligure, “ma<br />

per niente al mondo mi sarei<br />

negato la gioia di scrivere un<br />

disco intero per Mina.” La sua<br />

pregiata penna integralmente<br />

al servizio di una voce che non<br />

smette di meravigliare, considerando<br />

anche la sbalorditiva<br />

cifra di 75 album confezionati<br />

in una carriera che fa categoria<br />

a sé. Una coppia aurea, così<br />

nobile ed efficace da lasciare<br />

tramortiti per la scia luminosa<br />

che produce. Attenzione ai miraggi,<br />

però: delle 11 tracce che<br />

raccontano il contemporaneo<br />

nella modalità “qui ed ora”, coniugata<br />

ai sentimenti, c’è solo<br />

una parte centrale realmente<br />

all’altezza dei talenti messi in<br />

campo, il resto si dipana in un<br />

mestiere ampiamente riconosciuto,<br />

che riporta alla memoria<br />

ben altre vertigini, sia dal punto<br />

di vista melodico che su quello<br />

dei testi (a beneficio dei lettori<br />

distratti ricordiamo che Fossati,<br />

oltre ai pezzi pregiati della sua<br />

collezione personale, ha scritto<br />

dei capolavori come Pensiero<br />

stupendo, Un’emozione da<br />

poco e Dedicato fra molti altri),<br />

mentre gli arrangiamenti di<br />

Massimiliano Pani quasi mai<br />

si allontanano da porti sicuri<br />

per quanto prevedibili. Tex-<br />

-Mex era un singolo già<br />

largamente insufficiente, le<br />

sopravvalutate Meraviglioso<br />

è tutto qui e Niente meglio di<br />

noi due presentano dei testi<br />

da mano sinistra (con Fossati<br />

probabilmente bendato) e<br />

una Mina che stenta a trovare<br />

il giusto feeling, lasciando<br />

un’insolita sensazione<br />

di freddezza. Dopo tanta<br />

approssimazione, il livello<br />

sale vertiginosamente nelle<br />

centratissime Come volano<br />

le nuvole, La guerra fredda e<br />

la strepitosa Luna Diamante,<br />

dove tutto è finalmente perfetto:<br />

il piano di Fossati complice<br />

e suadente nel registro grave,<br />

il timbro di Mina imperiale<br />

nel suo incedere sontuoso,<br />

gli archi di Celso Valli regali.<br />

Una goduria che non altera<br />

però il senso di fatica e sperpero<br />

che si insinua lungo tutto il<br />

percorso. Concetto amplificato<br />

dalle varie versioni in circolazione,<br />

che presentano omissioni<br />

e sovrapposizioni dettate da<br />

un miope marketing, persino<br />

nella versione deluxe (Special<br />

Book 7” + Picture Disc + CD +<br />

Booklet + Disegno - nella foto),<br />

fino alla sciagurata stampa in<br />

vinile, con rumori di fondo ed<br />

altre ignobili caratteristiche che<br />

finiscono per vanificare il piacere<br />

dell’ascolto.<br />

84 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Rock<br />

Rolling Stones<br />

BRIDGES TO<br />

BUENOS AIRES<br />

Universal/Eagle Pictures<br />

Ci eravamo già<br />

occupati di<br />

questo esaltante<br />

tour<br />

degli Stones<br />

qualche<br />

mese fa, in occasione dell’uscita<br />

di Bridges to Bremen,<br />

una serata perfetta registrata<br />

in Europa, ma questa tappa<br />

argentina, nonostante le variazioni<br />

minime di scaletta, è<br />

se possibile ancora più trascinante<br />

ed euforica; documenta<br />

inoltre lo stato di grazia di un<br />

gruppo appena reduce dalla<br />

pubblicazione di un album ben<br />

diretto nella visionaria produzione<br />

di Don Was, testimone<br />

di una lucida coerenza con la<br />

loro ingombrante storia piena<br />

di medaglie, tonfi e distintivi<br />

ma anche nuovi traguardi da<br />

raggiungere. Per Buenos Aires,<br />

nell’aprile del 1998, vengono<br />

bloccate addirittura cinque<br />

date consecutive presso il mitico<br />

River Plate Stadium e la<br />

scelta si dimostrerà quanto<br />

mai azzeccata per il calore del<br />

pubblico e la concretizzazione<br />

di un super special guest, a<br />

lungo vagheggiato e finalmente<br />

giunto per l’apoteosi di una<br />

platea giustamente incredula.<br />

Anzi, per una volta partiamo<br />

da metà concerto, quando sul<br />

palco arriva trafelato sua maestà<br />

Bob Dylan in nero vestito<br />

alla stregua di un predicatore,<br />

per duettare con Mick sulla<br />

sua Like a Rolling Stone: è un<br />

cerchio che si chiude, un’emozione<br />

infinita, nonostante<br />

qualche rapido passaggio a<br />

vuoto prontamente tamponato<br />

da Jagger, che lo saluta con<br />

un eloquente Dylan Freewheeling.<br />

Prima e dopo il livello<br />

resta in linea con la maglia a<br />

strisce bianco azzurre di tale<br />

Diego Armando Maradona,<br />

indossata da Charlie Watts,<br />

mentre il resto dei ragazzi<br />

porta a lavare i panni sporchi<br />

di Little Quennie, When the<br />

whips come down eYou got me<br />

rocking nel primordiale rock<br />

di Chuck Berry, aggiornato<br />

secondo il verbo dei Glimmer<br />

Twins, che si svuotano le<br />

tasche con alcuni anthem<br />

della loro inimitabile carriera,<br />

doppiati da un pubblico<br />

in fiamme: Let’s spend the<br />

night together con Mick che<br />

urla “bienvenido” come un<br />

ossesso in giacca di ciniglia<br />

blu e camicia in sfolgorante<br />

arancio, Gimme Shelter vede<br />

Jagger e Lisa Fischer in evidente<br />

stato di flirt. Forse la<br />

strepitosa corista è un po’ appesantita<br />

ma ciò che appare è<br />

sempre sexy e ad alto tasso di<br />

blues; Richards inanella un riff<br />

perpetuo su It’s only rock and<br />

roll, strabiliando tutti a partire<br />

dai suoi, Sister Morphine è così<br />

perfetta da essere consegnata<br />

direttamente alla leggenda nel<br />

finale incandescente in cui<br />

la sequenza è veramente da<br />

KO: Tumbling Dice, Honky<br />

Tonk Woman e Start Me Up,<br />

innescano il delirio collettivo<br />

chiuso da Jumpin’ Jack<br />

Flash e Brown Sugar. Doppio<br />

CD e DVD o Blu-Ray (corredato<br />

di Dolby Atmos Surround<br />

Mix), si trovano tutti insieme<br />

con un bel libretto di 16 pagine.<br />

Molto ambita anche l’alternativa<br />

separata in triplo vinile<br />

(esiste anche una versione limitata<br />

bordata di azzurro) da<br />

180 g, che sfodera una ottima<br />

dinamica.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 85


SELECTOR<br />

di Paolo Corciulo<br />

NON È MAI TROPPO TARDI<br />

C’è un momento<br />

della<br />

giornata<br />

in cui la<br />

tensione si<br />

scioglie, le atmosfere languide<br />

appaiono appropriate anche<br />

negli “uomini tutti d’un pezzo”<br />

mentre un tramonto e una tassa<br />

di tè caldo rappresenterebbero<br />

l’ideale complemento di una<br />

cornice fatta di panorami belli<br />

o, almeno, rilassanti. Grandi<br />

sono stati nel tempo gli interpreti<br />

di questa “musica da tè”:<br />

crooners, menestrelli (o come<br />

altro li si voglia definire o li si è<br />

definiti), ci hanno dato nel tempo<br />

la pace e la serenità contro<br />

“il logorio della vita moderna”!<br />

The Sleeping Tree<br />

PAINLESS<br />

La Tempesta International - 2013<br />

E forse quella pace interiore,<br />

in antitesi alla musica molto<br />

più urban che realizza con la<br />

reggae band Mellow Mood, ha<br />

spinto Giulio Frausin ad avventurarsi<br />

con il suo progetto<br />

The Sleeping Tree in territori<br />

diversi e intimistici dove conduce<br />

una sei corde in luogo del<br />

basso inforcato con la band e,<br />

a supporto, solo la sua voce<br />

per un tessuto musicale dolcissimo<br />

e malinconico che, di<br />

primo acchito, mi ha ricordato<br />

l’amatissimo Nick Drake e le<br />

sue rarefatte atmosfere sonore.<br />

E non è un complimento da<br />

niente! Painless mantiene<br />

salda la rotta lungo i suoi<br />

12 brani senza cedimenti né<br />

la tentazione di strafare per<br />

manifestare molteplici registri,<br />

pure potenzialmente<br />

nelle corde dell’artista; fin<br />

da Leaves and Roots (2008)<br />

e poi successivamente con<br />

Stories (2011) e soprattutto<br />

Colours (2015) - l’ultima sua fatica<br />

solista in attesa che ci offra<br />

ancora piccole perle sonore -<br />

The Sleeping Tree ha saputo rileggere<br />

anche in altra chiave le<br />

sue personali fatiche musicali.<br />

Nella notte buia della musica,<br />

che si appiglia ai suoi stilemi<br />

più radicati per non risultare<br />

un enorme marshmallow pluricromatico<br />

ma tutto dallo stesso<br />

sapore, un trentacinquenne<br />

“made in Pordenone” in grado<br />

di deliziarci senza se e senza<br />

ma. Fortemente consigliabile.<br />

86 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


SELECTOR<br />

di Vittorio Pio<br />

Mirko Cisilino<br />

EFFETTO<br />

CARSICO<br />

Auand<br />

Si chiama proditoriamente<br />

Effetto Carsico<br />

il disco d’esordio<br />

di Mirko Cisilino, un<br />

nome che se fosse<br />

circolato nella boxe<br />

americana di qualche<br />

decennio fa sarebbe<br />

stato certamente definito come “the next<br />

great white hope”. Ma più che semplice<br />

speranza, il poli-strumentista friulano che<br />

mantiene come primo strumento una tromba<br />

a cilindri di derivazione classica è già una<br />

splendida realtà e non solo per le lodi sperticate<br />

che convergono su di lui da parte di<br />

musicisti autorevoli come Franco D’Andrea e<br />

Francesco Bearzatti. C’è arditezza nell’elaborazione<br />

della struttura dei 14 brani originali<br />

che compongono l’album: raramente superano<br />

i quattro minuti e la musica abbina fasi<br />

preparatorie e progressioni toniche, basate<br />

su temi dal riff malandrino le cui radici sono<br />

anche popolari. Ci sono collettivi vorticosi,<br />

dai quali si elevano i notevoli spunti solistici<br />

del quintetto completato da Filippo Orefice<br />

(sax tenore), Beppe Scardino (sax baritono),<br />

Marzio Tomada (basso elettrico) e Marco<br />

D’Orlando (batteria). “In un paio d’anni”,<br />

ribadisce, “ho lasciato che questi pezzi si<br />

coagulassero dentro di me per distillarne<br />

il significato. Con questo debutto ho cercato<br />

di trovare un equilibrio tra il dentro e<br />

il fuori, tra complesso e semplice, in altre<br />

parole tra i miei opposti. Però anche dalle<br />

sensazioni arrivate dall’osservazione di ciò<br />

che mi circonda. Scrivo da quando avevo 11<br />

anni ma un’accelerata in questa mia maturazione<br />

la devo a Francesco Bearzatti:<br />

mi ha sempre spronato a fare un disco da<br />

solista, da leader”.<br />

Come hai proceduto per quanto<br />

riguarda repertorio e formazione? E<br />

che sensazioni ti hanno accompagnato<br />

quando lo hai riascoltato?<br />

I brani di questo album sono un compendio<br />

delle ricerche sulla musica jazz e leggera<br />

iniziate quando ancora ero adolescente.<br />

Però ho cominciato da idee messe a<br />

punto negli ultimi anni. Forse più appunti<br />

sparsi: per l’esattezza tra una melodia e un<br />

contrappunto (basso). Ma anche il Carso<br />

è stato una fonte di grande ispirazione,<br />

direi una pietra miliare: la storia e la sua<br />

particolare natura hanno impresso un netto<br />

cambio di passo nella mia vita.<br />

Tornando al disco, mi sono posto l’obiettivo<br />

di ricercare un equilibrio in forma di<br />

quintetto, un organico ristretto che ha le<br />

potenzialità di un’orchestra. Ho pensato al<br />

basso elettrico perché volevo uscire dal suono<br />

classico e Marzio Tomada (che all’epoca<br />

era anche mio coinquilino) rappresenta per<br />

me un ideale. Alla batteria non poteva che<br />

esserci Marco D’Orlando perché la fiducia<br />

nei suoi confronti come uomo e musicista è<br />

tra le più alte che possiedo nella mia vita. Da<br />

qualche anno lavoro già con Beppe Scardino<br />

in altri gruppi (C’mon Tigre e Calibro 35),<br />

e la miscellanea tra tromba e baritono mi<br />

sembrava il connubio per il suono che avevo<br />

in mente. Come primo impatto, ascoltare<br />

questa musica senza Filippo Orefice mi faceva<br />

sembrare il tutto troppo scarno e acido;<br />

aggiunto lui, si è illuminato tutto. Per cui<br />

quando ho riascoltato il disco le prime volte<br />

mi riempivo di gioia. Adesso più lo ascolto<br />

e più ci trovo cose da sistemare, modificare:<br />

88 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Jazz<br />

nonostante ciò, sono felice dell’esito arrivato<br />

da una seduta lampo, che si è concretizzata<br />

in un solo giorno.<br />

Dedichi molto tempo e cura alla<br />

composizione o lasci prevalere<br />

l’istinto?<br />

Per questo disco ho lavorato con Marzio<br />

e Marco mettendo insieme appunti o<br />

lavorando su vere e proprie canzoni. Poi,<br />

prima con Beppe e a seguire anche con<br />

Filippo, abbiamo trovato tutte le voci.<br />

Avendo avuto poco tempo di mio, tante<br />

parti di arrangiamento le ho scritte un po’<br />

all’ultimo, per cui in questa fase mi sono<br />

affidato maggiormente all’istinto. A più<br />

largo spettro considero l’armonia come uno<br />

specchio delle emozioni e dell’uomo.<br />

Quando hai iniziato a suonare? È<br />

corretto definirti jazzista?<br />

Più che un jazzista, in realtà, mi sento un<br />

musicista consapevole di improvvisare. Ho<br />

cominciato a suonare la melodica all’asilo<br />

con le suore. Avevamo due orchestrine,<br />

gli spartiti con le note colorate. Poi<br />

alle medie ho incontrato il mio primo<br />

maestro, Fabrizio Fontanot, compositore<br />

e direttore di banda, con cui ho cominciato<br />

a suonare la tromba e a fare i miei primi<br />

arrangiamenti per la big band interna a<br />

essa. Appena iniziato, il mio patrigno mi<br />

regalò un CD di Louis Armstrong e due<br />

di Glenn Miller. Ad oggi questi due colori<br />

della musica che riportano alle atmosfere<br />

degli anni ’30 e ’40 con tanto di orchestra,<br />

mi sono molto cari.<br />

Sempre grazie a Filippo Orefice, nel periodo<br />

delle superiori ho scoperto gli anni ’50 e<br />

’60 del jazz e subito dopo ho cominciato<br />

le mie ricerche. In realtà da quasi dieci<br />

anni ascolto poco jazz: questo disco è una<br />

mia protesta nei confronti di una deriva<br />

cervellotica della musica dalla quale<br />

voglio prendere le distanze. Nel senso che<br />

bisogna ritornare di più alla semplicità, alle<br />

melodie: è la mia componente romantica<br />

che me lo suggerisce. In questo senso<br />

Ornette Coleman è stato insuperabile per<br />

la sua duttilità nel passare dal complesso<br />

a melodie capaci di stenderti.<br />

Prova a definire il tuo di suono e<br />

come ci stai lavorando su...<br />

Negli ultimi due anni ho messo in discussione<br />

il modo in cui pensavo il mio suono e<br />

attualmente sto lavorando nel modellarlo,<br />

per poter così pian piano espandere i miei<br />

enormi limiti. È un po’ come se tutto quello<br />

che mi sta dentro e intorno facesse il mio<br />

suono. Negli alti e bassi della quotidianità<br />

e della vita. Mi mette di fronte ai miei<br />

limiti e mi aiuta ad affrontarli. Per cui in<br />

questi mesi la percezione del mio suono è<br />

come mi sento: particolarmente sensibile.<br />

Forse fragile.<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 89


SELECTOR<br />

Enrico Rava – Joe Lovano<br />

ROMA<br />

ECM - 2019<br />

Vittorio Cuculo Quartet<br />

BETWEEN<br />

AlfaMusic 2020<br />

Roma è l’incontro<br />

tra<br />

l’ambasciatore<br />

del<br />

jazz italiano<br />

che ha<br />

appena festeggiato i suoi ottanta,<br />

splendidi anni in una<br />

più che invidiabile parabola,<br />

e il sassofonista Joe Lovano,<br />

che del modern mainstream<br />

è l’esponente più autorevole.<br />

Registrato un anno fa presso<br />

il Parco della Musica progettato<br />

da Renzo Piano; l’album<br />

comprende un trio ritmico<br />

formato da Giovanni Guidi,<br />

pianista ormai nel pieno della<br />

sua maturità artistica, ed<br />

i più giovani Gerard Cleaver<br />

(batteria) e Dezron Douglas<br />

(contrabbasso). Compositore<br />

e solista aperto ad ogni genere<br />

d’influenza (ricordiamo<br />

la sua fascinazione per<br />

Michael Jackson), Rava oggi<br />

suona quasi esclusivamente<br />

il flicorno, strumento grazie<br />

al quale riesce ad offire un<br />

saggio eloquente della propria<br />

capacità di sintesi poetica:<br />

la voce strumentale è<br />

morbida, sinuosa e guizzante,<br />

sulla stessa front-line il sax di<br />

Lovano si lancia in improvvisazioni<br />

fiorenti e vigorose.<br />

Alle spalle Guidi asseconda e<br />

rilancia con un ruolo strategico,<br />

enfatizzando talvolta il<br />

suo furor improvvisativo alternato<br />

all’imbattibile estro<br />

da balladeur di razza, come<br />

si evince nel meraviglioso<br />

spot finale che lo attende in<br />

Over the Rainbow. Intensità<br />

timbrica ed esemplare costruzione<br />

delle parti fluiscono<br />

negli spigoli di Interiors e<br />

Secrets, originali nuovamente<br />

coniugati, mentre egualmente<br />

magistrale è Forth Worth,<br />

un blues nostalgico in cui si<br />

riverberano le immagini di<br />

Ornette Coleman e Dewey<br />

Redman, quasi doppiato dal<br />

celebre Spiritual di John Coltrane.<br />

Vittorio Pio<br />

Le vie feconde<br />

della vita e<br />

dei sogni, nel<br />

loro crescere e<br />

catalizzarsi al<br />

terreno sentire,<br />

fanno incetta delle mezze misure,<br />

dei solchi di confine, carpendone<br />

ricchezze e savoir-faire.<br />

Percorsi divisibili in piccole<br />

aree tematiche che arricchiscono<br />

il gradiente di maturazione<br />

di un uomo e del suo pulsare<br />

creativo. Così come accade per<br />

Vittorio Cuculo, giovanissimo<br />

musicista che nel suo fresco<br />

esperire i momenti d’oggi del<br />

jazz italiano ha raccolto e continua<br />

a raccogliere una fitta serie<br />

di entusiasmanti avventure<br />

di musica e di suono, esaltando<br />

il valore e l’amore per il jazz.<br />

Con Between, disco d’esordio licenziato<br />

da AlfaMusic, Vittorio<br />

si tuffa nella profondità del suo<br />

animo per riaffiorare assieme<br />

agli eroi che hanno arricchito<br />

la storia del Novecento musicale<br />

spingendo nell’intensità del<br />

dialogo espressivo ciò che il<br />

linguaggio del jazz è diventato.<br />

Il canto del sassofono romano<br />

alterna al fraseggio debordante<br />

e innovativo l’intima carezza<br />

emozionale che il soffio caldo e<br />

vibrante del suo strumento sa<br />

donare. Nelle undici tracce che<br />

compongono il disco troviamo<br />

gli standard della tradizione<br />

del jazz, rivisitazioni di brani<br />

di Ellington, Monk, Pieranunzi<br />

e tre composizioni originali.<br />

Infine, tra le cose belle vi è il<br />

violino di Enrico Cuculo, fratello<br />

di Vittorio, che impreziosisce<br />

una splendida versione di Vedrai,<br />

vedrai del compianto<br />

cantautore Luigi Tenco.<br />

Daniele Camerlengo<br />

90 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


Recensioni Jazz<br />

Tom Harrell - Ethan Iverson trio<br />

COMMON PRACTICE<br />

ECM<br />

Willem Breuker & Han Bennink<br />

NEW ACOUSTIC SWING DUO<br />

ICP/Corbett Vs Demps 2019<br />

In quel tempio del<br />

jazz che resta il Village<br />

Vanguard di<br />

New York, ecco il<br />

poetico rendez-vous<br />

live fra Tom Harrell<br />

ed il trio di Ethan Iverson che<br />

ruota su un programma di quasi<br />

tutti standards sotto l’egida di<br />

Chet Baker. L’atmosfera di un<br />

luogo magico, unita alla perfetta<br />

acustica hanno finito per<br />

congiurare la scelta di melodie<br />

immortali, rese ancora più accattivanti<br />

dal sognante lirismo<br />

del trombettista, cui ha fatto<br />

da contraltare la raffinatezza<br />

del fraseggio e la lievità del<br />

tocco del pianista in una setlist<br />

al glucosio, nei ricami che<br />

ornano le suadenti I Can’t Get<br />

Started, All the Things You Are,<br />

I’m Getting Sentimental Over<br />

You: tutte si snodano in chiave<br />

intima e riflessiva, con grande<br />

attenzione ai valori melodici e<br />

cantabili negli interventi che<br />

comprendono anche Ben Street<br />

ed Eric Mc Pherson, a chiudere<br />

la sezione ritmica con una<br />

grande attenzione alle sfumature.<br />

Un omaggio anche al battesimo<br />

nella cattedrale del jazz<br />

da parte dello stesso Iverson,<br />

che ricorda di quando arrivò<br />

poco più che diciottenne a New<br />

York dal Wisconsin, proprio al<br />

Village Vanguard dove si esibiva<br />

un quintetto di gran classe<br />

composto dagli stessi Harrell e<br />

Lovano insieme a John Abercrombie,<br />

Ed Blackwell e Rufus<br />

Reid. Due generazioni di musicisti<br />

ispiratissimi, capaci di<br />

sviluppare una ricerca musicale<br />

piacevole ed istintiva, dalle cui<br />

trame si intravedono, come se<br />

si guardasse da un vetro smerigliato,<br />

le ombre di molteplici riferimenti,<br />

che si poggiano però<br />

su una solida consapevolezza<br />

della propria, elevata arte.<br />

Vittorio Pio<br />

Nella storia<br />

della musica<br />

universale,<br />

quella che<br />

rende significato<br />

al<br />

gesto d’arte dei musicisti, troviamo<br />

enunciati e personificati d’improvviso<br />

carismi e menti illuminate che<br />

dettano i riferimenti stilistici di<br />

un pensiero e un gusto musicale<br />

innovativo. Tra di essi, per ciò che<br />

concerne la libera improvvisazione,<br />

annoveriamo il sassofonista<br />

Willem Breuker e il batterista Han<br />

Bennink che registrarono a fine<br />

anni ’60 New Acoustic Swing Duo,<br />

il primo lavoro discografico (che è e<br />

rimane testata d’angolo della musica<br />

creativa olandese) per la ICP Records,<br />

innovativa casa discografica<br />

interamente dedicata alla musica<br />

improvvisata gestita dagli stessi artisti.<br />

La danza frenetica e tracciante<br />

del sassofono di Breuker spazia tra<br />

le infinite sfaccettature della spiritualità<br />

umana, un debordante e dichiarato<br />

sfogo espressivo in dialogo<br />

con l’esplosività del batterismo creativo<br />

di Bennink, inserito nel gotha<br />

del jazz e dei batteristi della musica<br />

improvvisata. In quel periodo era<br />

un giovanotto che portava con sé un<br />

immenso sacco di percussioni tra<br />

le più disparate, pronte a esplodere<br />

sotto le sue mani. Per far capire<br />

l’entità e la valenza di questa registrazione,<br />

che lanciò un nuovo approccio<br />

all’estemporaneità del jazz,<br />

Breuker e Bennink, dopo l’esperienza<br />

in duo, insieme a Brötzmann registrarono<br />

Machine Gun, altra pietra<br />

miliare della musica libera europea.<br />

Nonostante la sua importanza,<br />

New Acoustic Swing Duo non è<br />

mai stato disponibile nella versione<br />

CD. Finalmente rimasterizzata dai<br />

nastri originali, questa ristampa<br />

include la copertina originale con<br />

il timbro a mano “ICP 001”, oltre<br />

a diverse versioni delle copertine<br />

disegnate a mano dallo stesso Bennink,<br />

tratte dalla meravigliosa collezione<br />

di Mats Gustafsson. Infine,<br />

come bonus speciale, il doppio CD<br />

include un leggendario concerto<br />

di Breuker e Bennink, registrato<br />

ad Essen, in Germania, nel 1968,<br />

pubblicato in anteprima mondiale.<br />

Daniele Camerlengo<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 91


CUT ‘N’ MIX CONCERTI | CINEMA | LIBRI | SOCIETÀ | ARTE<br />

La musica è una koinède Il Tremila<br />

La musica come linguaggio universale, che prescinde dall’età e dalla cultura dell’ascoltatore o, come<br />

ebbe a dire Pietro Ingrao al direttore di questo giornale, la musica come moderna koinè. Lo rivelano<br />

gli studi del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca<br />

Il cervello è in grado di riconoscere<br />

il linguaggio delle<br />

emozioni nella musica;<br />

interpreta i suoni musicali con<br />

lo stesso meccanismo cerebrale<br />

con cui comprende le sfumature<br />

emotive della voce umana. A<br />

rivelarlo due ricerche pubblicate<br />

su “European Journal of Neuroscience”<br />

e “iScience” frutto del<br />

lavoro del Dipartimento di Psicologia<br />

di Milano-Bicocca, secondo<br />

cui un meccanismo neurale<br />

comune permette di percepire<br />

la musica come triste oppure<br />

allegra nello stesso modo in cui<br />

cogliamo le emozioni espresse<br />

dalla voce umana sotto forma<br />

di linguaggio verbale o di vocalizzazioni.<br />

Per arrivare a questa<br />

conclusione è stata registrata la<br />

risposta bioelettrica cerebrale<br />

spontanea (combinata con immagini<br />

anatomiche di risonanza)<br />

da 128 sensori metallici posti sul<br />

cuoio capelluto di 60 studenti<br />

universitari maschi e femmine,<br />

mente altri 32 studenti hanno<br />

valutato la componente emotiva<br />

degli stimoli stabilendone la valenza<br />

negativa oppure positiva.<br />

Un totale di 92 partecipanti al<br />

progetto per una ricerca durata<br />

più di due anni coordinata da Alice<br />

Mado Proverbio, professoressa<br />

Associata di Psicobiologia e<br />

Psicologia Fisiologica all’Università<br />

di Milano-Bicocca, dove<br />

insegna Neuroscienze Affettive e<br />

Cognitive sociali e Neuroscienze<br />

Cognitive. Alice Mado Proverbio<br />

è coinvolta da anni nell’attività<br />

di ricerca che si occupa delle basi<br />

neurobiologiche della cognizione<br />

sociale, le neuroscienze della<br />

musica e la neuroestetica, le differenze<br />

di genere, le emozioni,<br />

i neuroni specchio e l’empatia,<br />

la percezione visiva e uditiva, il<br />

linguaggio.<br />

Per effettuare questo studio è stato<br />

utilizzato un caschetto in grado<br />

di leggere gli impulsi elettrici<br />

del cervello e la tecnica “Loreta”<br />

che trasforma microvolt e nanoampere<br />

in “contenuti mentali”<br />

Il Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca è guidato dalla professoressa Alice Mado<br />

Proverbio (al centro nella foto). I settori di ricerca vanno dalle neuroscienze della musica<br />

e della danza fino agli studi su linguaggio, bilinguismo e umorismo.<br />

92 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


XXX XXX<br />

L’area del cervello interessata da tutti gli stimoli positivi di natura musicale è la corteccia frontale inferiore.<br />

attraverso i quali i ricercatori possono<br />

“vedere pensieri” del tipo:<br />

ciò che si immagina quando si<br />

ascolta il suono di un violino o se<br />

si osserva un ballerino esibirsi...<br />

Gli studi, che si sono svolti nel<br />

Laboratorio di elettrofisiologia<br />

cognitiva del dipartimento di<br />

Psicologia, è stato condotto da<br />

un team di ricercatori che hanno<br />

utilizzato stimoli di carattere<br />

verbale, vocale o musicale. 200<br />

gli enunciati verbali con valenza<br />

emotiva (per esempio: “Tutti<br />

mi disprezzano…”, oppure<br />

“Assolutamente fantastico!”) oltre<br />

a 25 frasi neutre contenenti un<br />

nome, tutti pronunciati da speaker<br />

professionisti. Ai partecipanti<br />

sono stati fatti ascoltare anche 64<br />

file audio di vocalizzazioni spontanee<br />

di uomini e donne adulti e<br />

bambini (gridolini di gioia, grida<br />

di sorpresa, risate, pianti, grida<br />

di paura, lamenti di tristezza).<br />

Sia le voci che il linguaggio sono<br />

stati poi trasformati digitalmente<br />

in melodie eseguite al violino o<br />

alla viola/violoncello e presentati<br />

in cuffia. Si è verificato come i<br />

La calotta da indossare come una cuffia per la piscina, dotata di sensori elettrici.<br />

partecipanti fossero in grado di<br />

riconoscere le sfumature emotive<br />

distinguendole in negative e<br />

positive per le vocalizzazioni tra<br />

i 150 e i 250 millisecondi dopo<br />

l’inizio dell’emissione, verso i<br />

350 millisecondi per linguaggio<br />

verbale e a partire dai 450 ms per<br />

la musica strumentale. A partire<br />

da tale istante il cervello esibiva<br />

risposte bioelettriche simili per i<br />

tre tipi di segnale (voce, musica,<br />

linguaggio), nella comprensione<br />

del loro significato emotivo.<br />

Dall’analisi dei generatori cerebrali<br />

è emerso come alcune aree<br />

si attivano selettivamente. Solo<br />

per la musica, ad esempio, si attivano<br />

l’area paraippocampale<br />

destra, il lobo limbico e la corteccia<br />

cingolata destra; per le<br />

vocalizzazioni, invece, agisce<br />

la corteccia temporale superiore<br />

sinistra BA39 mentre solo per il<br />

linguaggio verbale interviene la<br />

corteccia temporale superiore sinistra<br />

BA42/BA39. Le aree comuni<br />

che, a prescindere dalla tipologia<br />

di suoni, sono risultate attive<br />

nel comprendere la loro natura<br />

emotiva sono state per gli stimoli<br />

negativi il giro temporale mediale<br />

dell’emisfero destro, mentre per<br />

quelli positivi la corteccia frontale<br />

inferiore. La notazione ottenuta<br />

trasformando i segnali acustici in<br />

note musicali ha mostrato come<br />

i suoni emotivamente negativi<br />

tendevano a essere in tonalità<br />

minore o a contenere più dissonanze<br />

di quelli positivi. Dati<br />

che dimostrano, secondo la<br />

professoressa Alice Mado Proverbio,<br />

“come il cervello sia in<br />

grado di estrarre e comprendere<br />

le sfumature emotive dei suoni<br />

attraverso popolazioni neurali<br />

specializzate della corteccia fronto/temporale,<br />

e dedicate a comprendere<br />

il contenuto prosodico<br />

e affettivo delle vocalizzazioni<br />

e del linguaggio umano”. Cosa<br />

che spiega la relativa universalità<br />

di certe reazioni innate alla<br />

musica, che prescindono dall’età<br />

e dalla cultura dell’ascoltatore e<br />

che sono un ottimo viatico per<br />

proporne l’ascolto di qualità,<br />

compito che da anni si è assunta<br />

questa rivista...<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 93


CUT ‘N’ MIX<br />

Anche in Hi-Fi va il verde<br />

Anche l’Hi-Fi in prima linea contro il degrado dell’ambiente: grazie a una società italiana nasce<br />

Ecopixel Audio, materiale per la costruzione di sistemi altoparlanti green.<br />

Ecopixel è una società che<br />

si occupa dello sviluppo<br />

di materiali plastici<br />

riciclati da utilizzare nel campo<br />

del design e dell’architettura interna.<br />

La società, che ha sede a<br />

Porto Valtravaglia sul Lago Maggiore,<br />

ha recentemente sviluppato<br />

una<br />

nuova gamma<br />

di materiali particolarmente<br />

adatti per le doti<br />

di fonoassorbenza: combinati<br />

insieme questi materiali danno<br />

vita a una singola mescola che<br />

si accumula deliberatamente<br />

in diversi strati ed è possibile<br />

combinare strati diversi con<br />

densità diverse o anche qualità<br />

strutturali differenti. Il materiale<br />

di partenza deriva da un fonte<br />

di plastica “post industria” (al<br />

di fuori del tipo di plastica nel<br />

campo della plastica riciclata<br />

si divide il “post consumer” dal<br />

“post fabbrica” e, solitamente, il<br />

materiale post consumer e molto<br />

più difficile perché spesso non è<br />

un mono-polimero ma un misto<br />

di diversi tipi di plastica): è un<br />

misto di PELD (low density) e<br />

PEHD (high density) in varie<br />

grandezza di granula che, tra le<br />

molte combinazioni possibili, è<br />

stato abbinato in modo da creare<br />

un materiale fonoassorbente<br />

costituito da uno strato interno<br />

più morbido<br />

di forma<br />

approssimativa e di uno strato<br />

esterno più denso “più rigido”,<br />

complessivamente con elevata<br />

capacità di assorbimento del<br />

suono. Il materiale, definito<br />

Ecopixel Audio, si è dimostrato<br />

particolarmente adatto per lo<br />

sviluppo di diffusori, in particolare<br />

per la sua caratteristica<br />

di poter essere modellato secondo<br />

qualsiasi tipo di disegno.<br />

Così l’azienda italiana, in<br />

collaborazione con l’ingegnere<br />

del suono italo/ungherese Joseph<br />

Szall, ha testato il materiale<br />

sugli ingombri per altoparlanti<br />

in una ricerca che ha portato al<br />

94 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


progetto di altoparlanti sferici.<br />

Il prototipo è stato presentato<br />

alla Galleria Rosanna Orlandi<br />

durante l’evento internazionale<br />

di design nell’aprile 2019, poi<br />

Salone del Mobile di Milano, e<br />

alla design-week di Londra, e ora<br />

è in pieno sviluppo per diventare<br />

un altoparlante di fascia alta con<br />

il marchio Capriccio Continuo<br />

Sound Company.<br />

L’idea è quella di realizzare un<br />

interessante altoparlante Bluetooth<br />

di fascia alta utilizzando<br />

una unità coassiale prodotta<br />

in Italia e caratterizzata da un<br />

tweeter a cupola in seta trattata<br />

al neodimio da 1,5” e un woofer<br />

a cono doppiamente smorzato<br />

con carico asimmetrico (DAR)<br />

da 6,5” in gomma. L’involucro<br />

in gomma riciclata del diffusore,<br />

proprio per le sue caratteristiche<br />

di fonoassorbenza, non ha<br />

richiesto altri materiali interni<br />

fonoassorbenti e ha consentito<br />

di realizzare un diffusore con<br />

una risposta in frequenza estremamente<br />

estesa in relazione al<br />

volume del diffusore e a un tubo<br />

di accordo posteriore rivestito al<br />

suo interno con un secondo tubo.<br />

Eye, questo il nome del diffusore,<br />

è amplificato in Classe D (3 W<br />

di potenza) e sarà collegabile a<br />

una fonte via Bluetooth da cui<br />

è comandabile ogni operazione<br />

ad esclusione dell’accensione,<br />

che avviene tramite un interruttore,<br />

l’unico pulsante a bordo<br />

del corpo del diffusore. Eye<br />

utilizza l’alimentazione di rete<br />

ed è dotato di un supporto da<br />

pavimento circolare che consente<br />

il posizionamento libero<br />

in tutte le direzioni (può essere<br />

posizionato sul pavimento, rivolto<br />

leggermente verso l’alto<br />

o direttamente su un mobile).<br />

In attesa della sua commercializzazione<br />

(prezzo al pubblico appena<br />

al di sotto dei 500 euro) come<br />

non plaudire all’iniziativa? Anche<br />

Greta sarebbe d’accordo…<br />

LIBRI<br />

Fabrizio Barrabesi Barrabesi – Manuela Lozza<br />

BABY ROCK, LE CANZONI CHE HANNO FATTO LA<br />

STORIA SPIEGATE AI BAMBINI<br />

Arcana 224 pp. - 16 euro<br />

Lezioni di rock in quella terra<br />

di mezzo cruciale che va dai<br />

pannolini alle lavagne digitali<br />

Lim, chi ci aveva pensato? Nessuno<br />

finora. D’accordo, Another<br />

brick in the wall (che a pensarci<br />

era fin troppo scontato) non<br />

è pervenuto. E non c’è nemmeno<br />

Uffà uffà di Bennato, altro<br />

brano “educativo” - e a suo<br />

modo profetico vista l’emergenza ambientale di oggi<br />

- che tenne banco in classifica giusto 40 anni fa e se<br />

la giocò a testa alta proprio con il successone dei<br />

Floyd. Ma non è un caso che scatti il solito giochino<br />

degli esclusi eccellenti in un’antologia come questa.<br />

Perché lo sforzo è tutto da premiare. Come consegnare<br />

in eredità agli adulti di domani il vasto e vario<br />

patrimonio della musica rock nella sua essenza energetica?<br />

Per farlo in modo divertente e condiviso,<br />

festa colorata oltre che sonora per tutta la famiglia,<br />

ci hanno pensato i giornalisti Fabrizio Barabesi e<br />

Manuela Lozza, colleghi e sposi alle prese con due<br />

adorabili luciferini da crescere, nel loro libro edito da<br />

Arcana: Baby Rock, 50 canzoni per crescere piccoli demoni.<br />

Contiene le istruzioni per l’uso per far innamorare<br />

i vostri piccoli (o quelli dei vicini) del rock più<br />

verace con 50 canzoni considerate a vario titolo<br />

esemplari. Una playlist per crescere a pane, schitarrate<br />

e fantasia. Si parte dai mascheratissimi Kiss, che<br />

per i bambini sono attrazione formidabile, e passando<br />

da Chuck Berry “perfetto per il bagnetto”, nonno<br />

Tom Waits irresistibile di I Don’t Wanna Grow Up si<br />

termina con gli altrettanto mitici Beatles di All together<br />

now. Un libro fresco ma anche molto istruttivo, immancabile<br />

sotto l’albero a Natale ma anche per i<br />

compleanni dei vostri figli e nipoti strizzando l’occhio<br />

ai papà e alle mamme che non ne possono più di rap<br />

e trap e affini. Un libro che si basa sull’esperienza<br />

diretta di due genitori alle prese con la prole nell’era<br />

digitale e con la necessità di trasmettere loro la passione<br />

per una tradizione che per qualcuno è già classica<br />

ma che per le orecchie vergini può essere manna<br />

e un bel training. Si passa da dischi epocali e<br />

scatta la voglia di riscoprirli con ascolti dal vivo. E il<br />

bello è che non c’è esterofilia. Non mancano pietre<br />

miliari della canzone italiana come Enzo Iannacci e<br />

Gianna Nannini, Rita Pavone e Rino Gaetano, gli spaziali<br />

Rockets, Francesco Guccini, Giuni Russo e Loredana<br />

Bertè. Il rock è stato nelle sue varie metamorfosi<br />

sinonimo di rivoluzione, irriverenza, sovversione,<br />

pura baldoria e tutte queste cose insieme in un mix<br />

che sa rinnovarsi generazione dopo generazione. E<br />

in parte, forse al tramonto, lo sa fare ancora. Qui<br />

grazie a questa coppia di penne alleate sul fronte del<br />

palco e del lettino è forma d’amore, una collezione<br />

reale e non virtuale da non nascondere gelosamente<br />

per pudore o per paura sugli scaffali più alti della<br />

discoteca domestica. Al contrario, è una sfida divertente,<br />

un gioco di ruolo che aiuta a crescere e anche<br />

un potente antidoto alla solita pappa, ossia alle note<br />

banali e piatte propinate dall’industria in cui i piccoli<br />

potrebbero rimanere invischiati irrimediabilmente<br />

con le orecchie e peggio ancora con il cuore nella<br />

loro crescita.<br />

Lorenzo Morandotti<br />

Angelo Miotto e Massimo Acanfora<br />

IL RITORNO DELLE COSE<br />

Altraeconomia 112 pp. - 12 euro<br />

“Questo libro”, scrive Massimo<br />

Acanfora, uno degli autori “non<br />

vede la luce per scomunicare la<br />

tecnologia né per contrapporre<br />

digitale e analogico, intelligenza<br />

umana e intelligenza artificiale,<br />

innovazione estrema e<br />

retromania, virtuale e reale, ma<br />

per riflettere sulla nostra umanità<br />

che viene quotidianamente<br />

erosa - a dispetto della realtà ‘aumentata’ - dal frapporsi<br />

di uno strumento tecnologico tra noi e un tramonto,<br />

un Cezanne, il nostro stesso volto”. Premessa quanto<br />

mai opportuna per affrontare un “argomento<br />

sensibile” tanto nei risvolti di cronaca e politica più<br />

attuale che nello svolgere dei propri piaceri privati,<br />

tanto più se il punto di partenza è quello di saper<br />

apprezzare “il piacere senza tempo di sfogliare un libro,<br />

il graffio della puntina sull’LP, il click pieno della macchina<br />

fotografica”. Gli autori, evidentemente già di<br />

“una certa età” (Acanfora è del 1966, Miotto del 1992),<br />

partono da qui, cercando di evitare il rischio di focalizzarsi<br />

sulla contrapposizione tra impero digitale e<br />

ribellione analogica o di indulgere sulla nostalgia per<br />

i tempi andati. In quel grande calderone che da un<br />

lato porta a riflettere sul valore relazionale degli oggetti,<br />

sullo svilimento culturale di eventi e cose riletti<br />

attraverso i potentissimi sistemi di comunicazione<br />

odierna, Acanfora e Miotto portano il contributo di<br />

due materie rare, intelligenza e riflessione; in questo<br />

pamphlet in mezzo formato gettano dei “semi” ai<br />

nativi digitali che rappresentano un buon viatico<br />

anche per noi che non lo siamo, uno sprono a usare<br />

le cose con soddisfazione, contenendo gli effetti<br />

delle loro versioni virtuali.<br />

Il Tremila<br />

<strong>SUONO</strong> febbraio 2020 95


CUT ‘N’ MIX<br />

Per<br />

Michael<br />

basta così...<br />

Michael Hobson è uno dei pionieri<br />

della rinascita del vinile e<br />

uno dei più navigati operatori<br />

Hi-Fi americani: un “furbone”<br />

ma anche uno con prospettive e<br />

senso della vision molto sviluppati!<br />

Dopo aver aperto un negozio<br />

Hi-Fi a New York verso la<br />

fine degli anni ’80,<br />

Hobson ha fondato<br />

Classic Records nel<br />

1994 intuendo la rinascita<br />

del vinile e<br />

dando vita per oltre<br />

15 anni a ristampe<br />

di centinaia di registrazioni<br />

rare e con<br />

attenzione alla qualità<br />

tecnica nella riproduzione,<br />

grazie<br />

al prezioso apporto<br />

del “mago” delle<br />

rimasterizzazioni<br />

Benny Grundman. Nel 2010<br />

Classic Records è stata venduta<br />

alla Acoustic Sounds del mogul<br />

delle etichette alternative Chad<br />

Kassem e di seguito Hobson si è<br />

sbarazzato di Elite A/V Distribution<br />

(società di distribuzione<br />

Uno dei tanti: Led Zeppelin I (Side A1) 45rpm LP Test<br />

Pressing su Clarity Vinyl da 200 gr. Inciso solo su un lato.<br />

HYDE PARK<br />

CORNER<br />

di prodotti Hi-Fi) e di High<br />

Fidelity, un negozio di dischi<br />

aperto a Los Feliz, area trendy<br />

di Los Angel. Da qualche mese,<br />

infine, ha messo in vendita su<br />

eBay attraverso TheMusic.com<br />

e la sua consociata AllTheMusic.com<br />

la sua sconfinata<br />

collezione personale<br />

di prime copie e test<br />

pressing, tutte ancora<br />

sigillate!<br />

Con questo Hobson, che<br />

ha appena festeggiato il<br />

suo sessantesimo compleanno,<br />

si tira fuori<br />

completamente (a meno<br />

di sorprese dell’ultima<br />

ora) dall’agone Hi-Fi. C’è<br />

qualcosa che ha capito<br />

o si tratta solo di dorato<br />

pensionamento per<br />

(quasi) raggiunti limiti<br />

di età?<br />

PILLOLE DA 3000 MCG<br />

IL FESTIVAL DELLO SPETTATORE<br />

“Un festival è immaginazione; senza<br />

invenzione, tutto diventa routine.<br />

Spesso si dimentica l’essenziale, il<br />

piacere, che non deriva solamente<br />

dall’ennesima ripetizione dello<br />

stesso concerto ma soprattutto<br />

dalla novità. L’arte destabilizza,<br />

sorprende, è motore e specchio del pensiero”. Così Marc Monnet, direttore del<br />

Festival Printemps des Arts, la rassegna monegasca di musica, teatro, danza<br />

declinate con un approccio anticonvenzionale dal 13 marzo all’11 aprile. Dalla<br />

musica extraeuropea di Bali a repertori francesi dimenticati dal XVIII all’inizio<br />

del XX secolo (Aubert, Chausson, Ferroud, Samazeuilh, Decaux, Magnard), con<br />

tre giornate dedicate alla musica barocca per clavicembalo, affidata ai grandi<br />

interpreti Andreas Staier, Pierre Hantaï e Olivier Baumont. Il programma,<br />

sterminato, su: www.printempsdesarts.mc.<br />

NON SOLO BIT<br />

Dal 24 gennaio è aperto Castellana<br />

San Giovanni, il ristorante di<br />

alta cucina piemontese dello<br />

chef stellato Marco Sacco (nella<br />

foto) e dell’imprenditore Matteo<br />

Morello che dopo aver veicolato la<br />

cucina di questo territorio in quel di<br />

Hong Kong si propone ora in una location unica che rappresenta uno dei più<br />

prestigiosi patrimoni storici italiani: l’antico monastero di San Giovanni (XV secolo),<br />

caratterizzato dalla splendida volta a botte con mattoni a vista collocata proprio<br />

sotto alla Chiesa di San Giovanni. Audiofili, per una volta godetevela!<br />

BEATLES CON LE BOLLICINE<br />

“Beatles Memorabilia Show”, la mostra<br />

dedicata ai “fantastici quattro”<br />

allestita nella Galleria d’arte della<br />

cantina La Montina di Monticelli<br />

Brusati in Franciacorta, è stata<br />

prolungata fino al 9 marzo. Curata<br />

da Rolando Giambelli, fondatore di<br />

Beatlesiani d’Italia Associati nell’ambito di Art, Rock & Wine, la mostra racconta<br />

aspetti poco conosciuti e curiosità dei quattro di Liverpool. Tra i Memorabilia<br />

provenienti dal Beatles Museum italiano gli oggetti più significativi del collezionismo<br />

beatlesiano: libri, foto, dischi, vinili, autografi, lettere, fanzine e<br />

gadget vari. Ad alternarli, per dare una collocazione temporale e contestuale,<br />

la narrazione fotografica dei momenti salienti della carriera dei Beatles.<br />

In chiave “beatlesiana” anche la sezione ispirata al cibo e alla cucina, “Metti<br />

i Beatles a Tavola”. Nove pannelli con immagini scelte e sette ingrandimenti<br />

e riproduzioni fotografiche di alcune delle opere di Andrea Rauch, graphic<br />

designer e illustratore toscano di fama internazionale che, ispirato dal libro<br />

scritto da Ippolita Douglas Scotti di Vigoleno Metti i Beatles nella Zuppa, ne<br />

illustrò le pagine. A completare il percorso sei delle quattordici copie di litografie<br />

di John Lennon tratte dalla collezione privata Bag One: Alphabet Page,<br />

Bed In For Peace, Exchange Of Rings, I Do, John & Yoko e The Honeymoon.<br />

Per info: www.lamontina.it<br />

96 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020


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Content Reviewer<br />

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Hanno collaborato<br />

Massimo Bargna, Agostino Bistarelli, Francesco Bonerba, Nicola Candelli, Paolo Corciulo, Luca Di<br />

Leonardo, Carlo D’Ottavi, Pier Paolo Ferrari, Antonio Gaudino, Vittorio Pio, Il Tremila.<br />

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scritta dell’Editore.<br />

Suono è un periodico che ha percepito (già legge 7 agosto 1990 n. 250) e percepisce i contributi<br />

pubblici all’editoria ( legge 26 ottobre 2016 n. 198, d.lvo 15 maggio 2017 n. 70).<br />

Il presente numero di <strong>SUONO</strong> è stato finito di stampare nel mese di febbraio 2020.<br />

Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo<br />

Direttore editoriale<br />

Paolo Corciulo<br />

Distributore per l’Italia<br />

Press-di Distribuzione Stampa e Multimedia S.r.l.<br />

20134 Milano<br />

Stampa<br />

Tiber S.p.A.<br />

Via Della Volta 179 - 25124 Brescia (BS)<br />

(t) 030.35.43.439<br />

(f) 030.34.98.05<br />

INDICE INSERZIONISTI<br />

Adcomm - VREL electroacoustic 9<br />

Audio Reference - ProAc<br />

II Cop.<br />

Audioplus 47<br />

Cooperativa Giornalistica Mondo Nuovo 7, III Cop.<br />

Distretto Audio 23<br />

Fonë 97<br />

Gammalta Group - Pmc 21<br />

Gammalta Group 20<br />

Gammalta Group 22<br />

High Fidelity Italia - Accuphase 35<br />

Il Centro Della Musica 17, 81<br />

Lp Audio - Elac 13<br />

Mpi Electronic - McIntosh 11<br />

Mpi Electronic - PS Audio 37<br />

Mpi Electronic - Klipsch 59<br />

Mpi Electronic - Sonus Faber<br />

IV Cop.<br />

Ricable - Ricable 49<br />

Tecnofuturo - Gold Note 19<br />

Tecnofuturo - Gold Note 43<br />

Tecnofuturo - Wharfedale 63<br />

The Sound Of The Valve 87<br />

98 <strong>SUONO</strong> febbraio 2020

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