Tecnologia & Innovazione - Numero 1/2020
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TECNOLOGIA & INNOVAZIONE | MARZO 2020
Cos’è lo smart working?
La recente epidemia di Covid 19 che ha colpito le regioni del nord Italia ha riacceso i riflettori sullo smart working.
Il DPCM del 25 febbraio 2020 contenente le misure urgenti per il contenimento del contagio prevede
infatti, nel secondo articolo, la possibilità per le aziende di passare allo smart working semplificato.
Ma cos’è lo smart working? La legge 81/2017 in materia di “tutela del lavoro” che per prima disciplina il
lavoro agile in Italia, lo definisce come «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita
mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli
di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività
lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno
senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale,
derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva»
Insomma, nulla a che vedere con il telelavoro! Lo smart working è a tutti gli effetti un ripensamento dell’organizzazione
aziendale, basato su flessibilità degli orari e dei luoghi di lavoro, che si regge sulla collaborazione e
la fiducia tra le parti e che mira alla responsabilizzazione dei dipendenti, con l’ausilio di strumenti tecnologici
di condivisione delle informazioni, e un ridisegnamento degli spazi fisici dell’azienda per adattarsi alle esigenze
dei lavoratori.
I benefici economico-sociali dello smart working sono notevoli: la produttività dei lavoratori aumenta del
15%, e basta una sola giornata lavorativa agile alla settimana per risparmiare 40 ore annue di spostamenti,
con conseguente diminuzione dello stress psicofisico del lavoratore e abbattimento delle emissioni di CO².
I numeri dello smart
working in Italia
Se nelle grandi imprese il lavoro agile è ormai una realtà consolidata,
con una azienda su 2 che ha progetti strutturati e 1 su 10
che ha ripensato totalmente la propria struttura lavorativa ed
organizzativa, nelle PMI le cose stanno diversamente.
Solo il 30% delle piccole e medie imprese, infatti, ha introdotto
delle iniziative, in maniera più o meno formale, a fronte di un
51% di aziende che si dichiara disinteressato.
Quali sono le ragioni di un tale divario?
Stando al rapporto dell’osservatorio sullo smart working del
Politecnico di Milano (2019), la barriera più significativa consiste
nella convinzione della non applicabilità dello smart working
alla propria realtà produttiva. Certo, è chiaro che un’azienda di
servizi può ripensare il proprio business “slegandolo” da un luogo
fisico di produzione, mentre un’azienda manifatturiera non
può operare la propria linea produttiva da remoto, ma questo
non deve rappresentare un ostacolo insuperabile: pensiamo ad
esempio alla gestione dei dati: l’Internet delle Cose e il machine
learning rendono possibile il controllo da remoto di un’enorme
quantità di processi, limitando la necessità di presenza fisica
dell’operatore nella sede produttiva.
E poiché smart working non è solo lavoro da remoto, la ridefinizione
degli spazi aziendali a “misura di dipendente” potrebbe
essere un ottimo modo per ripensare la propria azienda in chiave
smart, così come rivedere le linee di leadership nell’ottica di
una maggiore responsabilizzazione del lavoratore, che aumenta
anche il senso di appartenenza all’azienda.
Infine, molte figure dell’organigramma aziendale potrebbero
passare al lavoro agile, come gli impiegati amministrativi e commerciali,
o quelli dell’ufficio acquisti, fino ad arrivare ai Project
Manager; vi siete poi mai chiesti se è possibile conciliare il
desiderio dei neo genitori di godersi ogni momento della vita del
neonato con la necessità dell’azienda di non perdere il know-how
del dipendente? I relatori della legge di bilancio 2019 lo hanno
fatto, e hanno previsto priorità di accesso al lavoro agile per donne
in rientro lavorativo dalla maternità e per i caregivers.
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