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CONSULENTI E IMPRESA NUM 3

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CONSULENTI E IMPRESA

Uno degli argomenti più caldi del nostro

giornaliero dibattito socio-politico è costituito

dal lavoro, soprattutto nell’attuale

emergenza pandemica che crea tante vittime sul

piano sanitario ed economico. Imprese costrette a

chiudere, con migliaia di dipendenti lasciati a casa e

con la povertà che cresce a macchia d’olio colpendo

“partite IVA” e lavoratori d’ogni ordine e grado: mai

una crisi del genere s’era vista dal dopoguerra. E che

si tratti di guerra non v’è dubbio: il nemico, questa

volta, è invisibile e la paura serpeggia quasi ancora

più intensamente, come lo è quando il tuo rivale in

le origini. Tralasciamo le critiche di quanti, tra gli

stessi costituenti, non comprendevano il significato

di una democrazia “fondata sul lavoro” e che avrebbero

preferito riferirsi alla “giustizia sociale”, ovvero

alla “partecipazione effettiva di tutti i lavoratori

all’organizzazione politica, economica e sociale del

Paese”.

Ponendo, quindi, da parte le controproposte espresse

in sede dei lavori assembleari (per queste e per le

discussioni che seguirono rimandiamo a V. Falzone

– F. Palermo – F. Cosentino, La costituzione della

modo subdolo, vigliacco, ti colpisce per un abbraccio,

un saluto, una stretta di mano, ossia ti colpisce

in quelle che sono le basi della socialità umana. E

quando parliamo di socialità, cos’altro se non il lavoro

ne è maggiormente intriso? Anche da qui, da

tale punto di vista, spiccano le enormi perdite che

nell’attuale momento storico sta subendo il mondo

dell’occupazione.

La Costituzione significativamente, al primo articolo,

enuncia il carattere fondamentale che il lavoro

riveste per la nostra democrazia. In altri termini, la

Repubblica italiana è nel lavoro che individua le

proprie radici, il pilastro costitutivo che ne supporta

Repubblica Italiana illustrata con i lavori preparatori,

Roma, 1948, 21 s.), ci limitiamo a ricordare

come critico nei riguardi di quella formula fu anche

Calamandrei, il quale chiese ai Colleghi quale contenuto

avrebbe dovuto ricavarne per consegnarlo ai

suoi studenti, non trovandovi un “senso compiuto”.

Invero - se si legge il citato art. 1 unitamente al successivo

art. 4 che, dopo avere al 1° comma qualificato

il lavoro come diritto, al 2° comma pone a carico

di ogni cittadino il “dovere di svolgere, secondo le

proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o

una funzione che concorra al progresso materiale o

spirituale della società” –, sembra di trovarsi al cospetto

del lavoro, in ogni sua manifestazione, quale

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