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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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La scuola era uno dei pochissimi pretesti per cui potevamo lasciare il

Grave. Percorrevamo la strada fino alla scuola pubblica, e io camminavo

con il naso all’insù, guardando le nuvole mi illudevo di essere come gli altri

- con la mente sognavo di salire su un aeroplano e volare via, verso mondi

remoti e liberi.

Quello… era uno dei rari momenti in cui riuscivo quasi a sentirmi

normale.

«Ho già chiamato la segreteria», ci fece sapere Anna. «La preside vi

riceverà subito. La scuola ha riconosciuto la vostra iscrizione, e mi hanno

assicurato che potrete iniziare fin da subito a frequentare i corsi. So che è

tutto molto affrettato, ma… spero possa andare bene. Vi è permesso fare

richiesta di inserimento nella stessa classe, se volete,» aggiunse.

Incontrai la sua espressione fiduciosa e mi sforzai di nascondere il

disagio. «Oh. Sì… grazie.»

Ma percepii uno sguardo addosso. Spostai gli occhi e trovai Rigel intento

a osservarmi: le iridi spiccavano profonde e affusolate da sotto le

sopracciglia arcuate e mi guardavano dritto in faccia.

Distolsi lo sguardo come se mi fossi scottata. Avvertii il bisogno

viscerale di allontanarmi e con la scusa di andare a vestirmi mi alzai da

tavola e lasciai la cucina.

Mentre mettevo muri e pareti tra di noi, sentii qualcosa torcermi lo

stomaco e quello sguardo infestarmi i pensieri.

«Sarò brava,» sussurrai a me stessa, convulsa, «sarò brava… lo giuro…»

Di tutte le persone al mondo, lui era l’ultima che avrei voluto lì.

Sarei mai stata in grado di ignorarlo?

La nuova scuola era un edificio grigio e squadrato.

Il signor Milligan accostò, mentre qualche ragazzino passava vicino al

cofano per affrettarsi a lezione. Si sistemò gli occhiali massicci sul naso e

appese goffamente le mani sul volante come se non sapesse dove altro

metterle. Scoprii che studiare le sue espressioni mi piaceva: aveva una

personalità docile e impacciata e probabilmente era per questo che mi

suscitava tanta empatia.

«Vi passa a prendere Anna, più tardi.»

Nonostante tutto, sentii un palpito più piacevole degli altri all’idea che lì

fuori ci sarebbe stato qualcuno per me, pronto a riportarmi a casa. Annuii

dal sedile dietro, lo zainetto consunto in grembo.

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