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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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4. Cerotti

“«Continua a essere sensibile», grida la vita.

La delicatezza è un’arte dimenticata.”

Christopher Poindexter

Il sole tesseva corde di luce tra gli alberi.

Era un pomeriggio di primavera e l’aroma dei fiori riempiva l’aria.

Il Grave era un colosso stagliato alle mie spalle. Sdraiata nell’erba,

guardavo il cielo con le braccia aperte come a volerlo abbracciare. La

guancia era gonfia e mi faceva male ma non volevo piangere ancora,

perciò fissavo l’immensità sopra di me lasciando che le nuvole mi

cullassero.

Sarei mai stata… libera?

Un rumore sottile attirò la mia attenzione. Alzai la testa e individuai

nell’erba qualcosa che si muoveva. Mi tirai sulle gambette e decisi di

avvicinarmi con cautela, le mani strette a una ciocca di capelli.

Era… un passero. Graffiava la polvere con i suoi artigli di spillo e aveva

occhietti lucenti come biglie nere, ma un’ala era allungata in maniera

innaturale e non riusciva a spiccare il volo.

Quando mi piegai sulle ginocchia dal becco gli esplose un pigolio

acutissimo e allarmato, e intuii di averlo spaventato.

«Scusami», sussurrai subito, come se potesse capirmi. Non volevo fargli

del male, anzi, desideravo aiutarlo. Riuscivo a sentire la sua disperazione

come se fosse mia: anch’io ero incapace di spiccare il volo, anch’io

desideravo scappare via, anch’io ero fragile e impotente.

Eravamo uguali. Piccoli e indifesi contro il mondo.

Tesi le dita, sentendo il bisogno di fare qualcosa per poterlo salvare. Ero

solo una bambina, eppure volevo restituirgli la sua libertà, come se quel

gesto potesse ridarmi in qualche modo la mia.

«Non avere paura…» continuai a parlargli sperando di rassicurarlo. Ero

abbastanza piccola da credere che potesse davvero capire le mie parole.

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