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Domm Erin - Fabbricante di lacrime

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Rigel abbassò il mento, fissando la mia reazione da sotto le sopracciglia

in modo intellegibile.

«Ecco com’è il nostro rapporto…» mormorò, con voce acre.

«Devi lasciarmi in pace!» sbottai, tremando. Gli riversai addosso tutta la

mia asprezza, anche se fragile, e nei suoi occhi passò un’ombra che non fui

in grado di afferrare. «Se Anna e Norman vedessero… se loro vedessero…»

«Se vedessero che mi disprezzi così tanto… che da me non fai altro che

scappare… che non è perfetto come credono… potrebbero cambiare idea,

vero?»

Lo fissai a occhi sgranati, come se mi avesse letto nella testa. Mi sentii

tremendamente esposta. Rigel mi conosceva bene, intuiva la mia anima

semplice, quello spirito genuino che lui non aveva mai avuto.

Io volevo solo un’occasione, ma se loro avessero saputo la verità, se

avessero visto che la nostra era una convivenza impossibile… avrebbero

potuto riportarci indietro. O forse solo uno di noi. E il dubbio mi morse,

masticò tra i miei pensieri, chi avrebbero preferito?

Cercai di negarlo a me stessa ma fu inutile. Come se non avessi notato il

modo adorante in cui Anna e Norman lo guardavano. O il bel pianoforte nel

salotto, lucidato con incredibile riguardo.

Come se non sapessi che era sempre lui quello ad essere scelto.

Mi strinsi contro il muro. Stai lontano, avrei voluto urlargli, ma il dubbio

mi accartocciò e il cuore prese a correre.

Sarò brava, mi tamburellò in gola, sarò brava, sarò brava… Per nessun

motivo al mondo volevo tornare tra quelle pareti, ricordare l’eco delle urla e

sentirmi ancora in trappola. Io avevo bisogno di quei sorrisi, quegli sguardi

che per una volta mi avevano scelta. Non potevo tornare indietro, non

potevo, no, no, no…

«Un giorno capiranno chi sei veramente», dissi a viso basso in un filo di

voce.

«Ah sì?» domandò lui, senza riuscire a trattenere una nota di

divertimento. «E chi sono?»

Serrai le dita, sollevando su di lui uno sguardo lucido di biasimo. E con

tutto il rimprovero che mi tremava in corpo, fissandolo dritto negli occhi,

sputai dura: «Sei il fabbricante di lacrime».

Ci fu un lungo momento di silenzio.

Poi… Rigel gettò la testa all’indietro e scoppiò a ridere.

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