LA DIFFICILE ELABORAZIONE DEL LUTTO - IN-formazione
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<strong>LA</strong> <strong>DIFFICILE</strong> E<strong>LA</strong>BORAZIONE <strong>DEL</strong> <strong>LUTTO</strong><br />
Paolo Astorre, Teresa Crescini, Raffaele Maritati, Cataldo<br />
Mastromauro, Luca Persemoli, Olivia Bacciu, Amalia Falzetta, Luigi<br />
Pelagalli, Olivera Markovic, Maria Beatrice Rondinelli<br />
Associazione Romana Assistenza Domiciliare (A.R.A.D.)<br />
“<strong>IN</strong><strong>formazione</strong> Psicologia Psicoterapia Psichiatria”, n°36-37,<br />
gennaio agosto 1999, pagg. 76-85, Roma<br />
Introduzione<br />
Il compito di un équipe di cure palliative è quello di curare ed assistere<br />
sia i pazienti che i loro familiari, con l’obiettivo di migliorare i sintomi degli<br />
ammalati e le condizioni psicosociali di tutto il contesto familiare. Tale<br />
attività si protrae quindi anche dopo la morte della persona in cura<br />
modificandosi, ovviamente, la qualità e la quantità degli interventi che, da<br />
strettamente medici ed infermieristici, si trasformano in rapporto ai<br />
numerosi bisogni psicologici, affettivi ed emotivi dei sopravvissuti.<br />
Nelle società evolute sono venute meno strutture sociali, quali ad<br />
esempio la famiglia patriarcale, in grado di assorbire e contenere, anche<br />
mediante la ritualità, la sofferenza individuale legata al lutto. La gestione<br />
personale del lutto è difficile e quindi è necessario formare figure<br />
professionali in grado di aiutare nella elaborazione del lutto. Per lutto si<br />
intende una serie di comportamenti rituali, accompagnati da uno stato<br />
psicologico, che caratterizzano il periodo successivo alla morte della persona<br />
cara. Il cordoglio si riferisce invece alla reazione emozionale,<br />
comportamentale ed al travaglio psicologico dei superstiti.<br />
Nel lutto si concretizzano atteggiamenti, che avvicinando natura e<br />
cultura, tendono a rendere tollerabile per il nucleo familiare l’evento della<br />
morte. Infatti, con il lutto viene espressa simbolicamente la volontà di morire<br />
con chi è morto; ma grazie all’aiuto di una serie di interventi esterni (“il<br />
consolo” ad esempio) il gruppo esce dalla identificazione con il morto, viene<br />
liberato dalla colpa di voler interrompere la “condizione di morte” e ritorna<br />
alla vita.<br />
L’anticipazione del lutto<br />
E’ inevitabile che le necessità del paziente, finché è in vita, abbiano la<br />
precedenza su quelle della famiglia. I congiunti del malato, tendono a<br />
mantenere uno stretto controllo delle proprie emozioni ed una scarsa<br />
considerazione dei propri bisogni. Tale comportamento viene percepito come<br />
indispensabile per continuare a prendersi cura del proprio caro e può<br />
indurre lo staff di cure palliative a sottostimare le esigenze della famiglia e a<br />
rendere difficile il supporto prima della morte del paziente. E’ veramente<br />
paradossale che il supporto venga meno proprio nel momento del decesso,<br />
quando cioè la famiglia è più cosciente del proprio bisogno di aiuto e più
disposta ad accettarlo. Pur accettando questo atteggiamento di negazione,<br />
che inizialmente può essere utile per affrontare la difficoltà della malattia e<br />
del dolore, è necessario fornire il supporto adeguato ai familiari che scelgono<br />
di esprimere il dolore anticipatamente, comunicando loro che dopo le<br />
lacrime potranno affrontare meglio il rapporto con la malattia e la<br />
comunicazione con il loro caro (Lundin, 1984). Numerosi studi mostrano che<br />
i decessi attesi e tempestivi danno origine con meno probabilità a problemi<br />
psicologici nei sopravvissuti.<br />
Esistono buone ragioni per considerare il complesso fenomeno del<br />
lutto come un processo estremamente rischioso per l’equilibrio psicofisico<br />
dell’individuo che lo sperimenta e vedere nel supporto fornito dallo staff di<br />
cure palliative una opportunità per prevenire i problemi legati a questo<br />
mostrando alle persone nuove direzioni di crescita psicologica, sociale e<br />
spirituale.<br />
Il dolore nella elaborazione del lutto: le reazioni<br />
La reazione alla scomparsa di una persona cara è complessa e può<br />
essere descritta attraverso molte prospettive. Sono state identificate tre<br />
maggiori componenti che giocano influenze reciproche e diverse, nelle varie<br />
fasi che seguono la perdita di una persona cara.<br />
La necessità di piangere e la ricerca della persona perduta<br />
Gli esseri umani condividono con gli animali a struttura sociale<br />
complessa la forte tendenza ad esprimere un sentimento di dolore per la<br />
scomparsa di una persona cara. Questo sentimento è spesso accompagnato<br />
nell’uomo dall’impulso a piangere e a ricercare senza sosta la persona<br />
scomparsa e in questi frangenti si possono avere crisi di grande dolore<br />
scatenate da eventi, situazioni o oggetti, che ricordano il proprio familiare.<br />
La necessità di evitare il pianto<br />
Nella cultura dei paesi industrializzati la sofferenza e la morte sono<br />
stati relegate negli ospedali e affrontate con atteggiamento tecnologico.<br />
Spesso per convenzione sociale viene posto un limite alla piena espressione<br />
delle emozioni e nei funerali si possono osservare varie forme di<br />
autocontrollo delle emozioni da parte dei protagonisti. L’individuo infatti può<br />
rispondere a questa tempesta emozionale con una diversità di<br />
comportamenti che vanno dal piangere apertamente alla inibizione delle<br />
emozioni esterne. Studi a questo riguardo suggeriscono che coloro che<br />
reprimono maggiormente il dolore e le emozioni sono a un maggiore rischio<br />
per disturbi successivi.<br />
La necessità di riesaminare e modificare i modelli interni<br />
La morte di una persona cara rimette in discussione un grande<br />
numero di assunti riguardo la visione del mondo, la modalità di pensiero e di<br />
comportamento che facevano riferimento alla persona scomparsa. Vecchie<br />
regole devono essere abbandonate e ne devono essere adottate delle nuove; i<br />
programmi devono cambiare; lo status sociale, il potere ed il controllo sono<br />
spesso persi o modificati. La transizione psicosociale che ne consegue, è<br />
ovviamente scarsamente accettata e spesso rifiutata.<br />
Può accadere che la persona scomparsa sia percepita come vicina, minimi<br />
rumori possono essere erroneamente interpretati come presenza del defunto
e, nelle fasi dell’addormentamento si possono avere allucinazioni<br />
ipnagogiche. Transitorie allucinazioni di questo tipo si verificano, ad<br />
esempio, nel 50% delle vedove.<br />
Tutto questo mette in crisi il proprio senso di sicurezza; ogni pensiero,<br />
infatti, deve essere controllato e viene devoluto molto tempo nel tentativo di<br />
rendere adeguati alla nuova situazione modelli di pensiero divenuti<br />
sorpassati.<br />
Il dolore nella elaborazione del lutto: le fasi<br />
Varie componenti sono identificabili, in dinamica combinazione fra<br />
loro, nei diversi momenti dell’elaborazione del lutto.<br />
Prostrazione e perdita di lucidità<br />
Molte persone, soprattutto se impreparate all’evento, possono<br />
evidenziare, nelle immediate vicinanze della scomparsa della persona cara,<br />
una difficoltà a realizzare la piena realtà dell’accaduto e reagire con un<br />
atteggiamento di non adattamento.<br />
Le crisi dolorose<br />
Lo struggente desiderio della persona amata può portare ad episodi di<br />
pianto intervallati da periodi di ansia e tensione. Nella tempesta emozionale<br />
di questi momenti rabbia e confusione si associano ad un senso di perdita di<br />
sicurezza e di autostima. I correlati fisiologici dell’ansia sono spesso<br />
interpretati come sintomi di una malattia incipiente e l’ansia può aumentare<br />
fino a scatenare attacchi di panico e/o crisi di iperventilazione.<br />
Disorganizzazione e disperazione<br />
Con il passare del tempo l’intensità e la frequenza degli attacchi di<br />
dolore diminuisce mentre si rende più evidente apatia e disperazione. Tutti<br />
gli appetiti diminuiscono e la persona vive rivolta al presente, senza una<br />
precisa elaborazione del futuro e con una sensazione di distacco dal contesto<br />
sociale.<br />
Riorganizzazione e recupero<br />
Il primo segno di recupero è costituito dal ritorno dell’appetito per il<br />
cibo e, dopo circa un anno dall’evento luttuoso, la perdita di peso corporeo<br />
registrata nei primi due mesi di lutto viene generalmente recuperata. Lo<br />
stato d’animo migliora, iniziano attività rivolte al futuro; inizia a prevalere<br />
una nuova visione del mondo che si affianca alla precedente. Dopo anni<br />
dall’evento doloroso è però sempre possibile l’improvvisa riacutizzazione del<br />
dolore e lo struggimento per la persona amata può ritornare intenso come<br />
nelle prime settimane; ma col passare del tempo, tuttavia, tale sensazione<br />
viene sostituita dal piacere del ricordo per gli eventi del passato.<br />
Fattori culturali e demografici<br />
La scomparsa del coniuge e dei figli sono considerati i lutti più gravi.<br />
La perdita del coniuge provoca una più prolungata disorganizzazione del<br />
modello personale di visione del mondo mentre la perdita del figlio evoca la<br />
più intensa e duratura sofferenza e rabbia. Tale reazione e la richiesta di<br />
supporto é più pronunciata nelle madri e nelle vedove rispetto alle<br />
controparti maschili. In contrappunto a questo dato uno studio evidenzia<br />
una maggiore capacità di recupero psicologico (misurato attraverso la
valutazione del livello di ansia e di depressione) e una minore mortalità<br />
cardiovascolare delle donne rispetto agli uomini (Parkes,1986;<br />
Osterweis,1984) che possono forse correlarsi alla maggiore pressione sociale,<br />
in senso inibitorio, esercitata sul sesso maschile per quanto riguarda la<br />
manifestazione del dolore.<br />
L’età è un altro importante fattore che influenza il decorso e<br />
l’espressione del dolore. Nei bambini molto piccoli la differenza tra<br />
separazione temporanea e permanente è poco chiara, tuttavia l’inevitabile<br />
stress provocato dalla perdita della persona di riferimento tende a regredire<br />
se compaiono adeguate figure sostitutive. Nel bambino più grande le<br />
modalità di espressione e sperimentazione del dolore sono simili a quelle<br />
dell’adulto anche se le difficoltà comunicative sono maggiori. Gli adulti<br />
spesso tentano di proteggere i bambini dall’impatto della perdita<br />
nascondendo l’evento con storie magiche o impedendo al bambino di entrare<br />
nell’argomento. Nell’anziano l’evento perdita è meno spesso inaspettato e<br />
questo può spiegare il minor impatto psicologico che è osservato così spesso<br />
da essere considerato da alcuni come una normale espressione<br />
dell’invecchiamento. Tuttavia nell’anziano la fragilità fisica e i problemi di<br />
mobilità possono aggravare tutti gli aspetti negativi del lutto.<br />
Rischi per la salute fisica e mentale<br />
Dopo la morte del coniuge circa un terzo dei superstiti evidenzia un<br />
declino fisico o mentale tale da richiedere un intervento medico (Raphael,<br />
1984). Si riscontrano in percentuale maggiore disturbi d’ansia, alterazioni<br />
del sonno, dell’appetito e della concentrazione che, nel primo mese dalla<br />
perdita, possono ancora essere considerati normali.<br />
Nel primo mese di lutto sono state documentate modificazioni<br />
endocrine (Hofer, 1977) ed una riduzione della funzionalità dei linfociti B<br />
(Scheiffer, 1983), ma le implicazioni pratiche di questi dati non sono chiare.<br />
Più rilevante l’evidenza di un incremento della mortalità cardiovascolare tra<br />
gli uomini vedovi dopo i 55 anni (Osterweis, 1984).<br />
L’evento luttuoso può scatenare qualsiasi patologia psichiatrica; una<br />
depressione clinica è stata documentata nel 47% dei vedovi durante il primo<br />
anno, mentre alcuni sintomi ipocondriaci tendono a somigliare ai sintomi<br />
della malattia di chi è morto. Alcuni sostengono un lieve incremento del<br />
rischio di suicidi tra gli uomini rimasti soli. Un gruppo interessante e<br />
caratteristico è quello rappresentato dai soggetti che sviluppano una<br />
reazione patologica al lutto e nei quali il normale decorso del lutto è distorto.<br />
Previsione del rischio di sequele psicologiche<br />
La valutazione del rischio nei componenti della famiglia che possono<br />
essere più influenzati dalla morte del paziente dovrebbe essere eseguita<br />
routinariamente come parte della valutazione del nucleo familiare. Tale<br />
compito di solito viene svolto dallo psicologo durante il colloquio con i<br />
familiari del paziente prima della presa in carico con l’assistenza domiciliare.<br />
In questa occasione un genogramma può essere molto utile. Il genogramma<br />
è un codice convenzionale utilizzato per visualizzare i vari componenti della<br />
famiglia e i relativi rapporti parentali, impiegando simboli semplici (un
cerchio per le donne e un quadratino per gli uomini), uniti da linee e con<br />
l’aggiunta di ulteriori utili informazioni.<br />
Numerosi fattori sono emersi come predittivi di una cattiva<br />
elaborazione del lutto. Un evento improvviso e inaspettato per alcuni autori<br />
risulta essere un fattore di rischio elevato (Lundin, 1984), anche se altri<br />
autori non concordano con questa ipotesi (Helsing, 1981). Anche l’età della<br />
persona che muore rappresenta un fattore molto importante; la scomparsa<br />
di un anziano non é mai completamente inaspettata mentre quella di un<br />
giovane ha quasi l’aspetto di un oltraggio, ed é percepita ancor più<br />
dolorosamente quando avviene in modo inaspettato.<br />
La vulnerabilità all’evento luttuoso é maggiore nelle persone con<br />
scarsa fiducia in se stessi e/o negli altri, in quelle con precedenti psichiatrici<br />
nella storia personale (tentativi di suicidio).<br />
Il tipo di relazione con il morente (di grande attaccamento oppure di<br />
ambivalenza) influenza chiaramente il risultato dell’elaborazione del lutto,<br />
come anche l’atteggiamento di accoglienza o di censura dell’ambiente<br />
famigliare nei confronti della manifestazione della sofferenza.<br />
In alcuni centri vengono utilizzati questionari per quantificare il<br />
rischio e quindi indirizzare determinati familiari al counselling, ma solo un<br />
accurato colloquio, al momento dell’ingresso nell’unità di cure palliative, può<br />
svelare determinati fattori di rischio.<br />
L’elaborazione anomala del lutto<br />
E’ difficile correlare un determinato fattore di rischio con un tipo<br />
particolare di anomala elaborazione del lutto. Si possono distinguere fattori<br />
di rischio non specifici (ansia, depressione, abuso di alcool) che comunque<br />
complicheranno il decorso elaborativo e si calcola che circa la metà dei<br />
pazienti che ricorrono ad uno psichiatra dopo la scomparsa di un familiare<br />
rientrano in questo gruppo. Il restante 50% realmente manifesta un<br />
determinato tipo di lutto patologico. E’ comunque basso il numero di<br />
persone che richiedono un supporto psicologico rispetto a quante realmente<br />
ne avrebbero il bisogno.<br />
Sono stati identificati tre principali tipi di lutto patologico,<br />
complessivamente legati ad una mancata elaborazione (riparazione) del<br />
proprio mondo interno: la perdita traumatica, il lutto conflittuale e il lutto<br />
cronico (Parkes, 1983). Queste tre categorie di lutto patologico non si<br />
escludono vicendevolmente, ma anzi, spesso coesistono ed interagiscono<br />
reciprocamente.<br />
Perdita traumatica<br />
Eventi luttuosi improvvisi, inaspettati, associati alla scomparsa di più<br />
persone, che hanno messo in pericolo di vita il sopravvissuto o che ne hanno<br />
determinato gravi mutilazioni, danno origine ad un meccanismo che tenta di<br />
evitare o di reprimere il dolore della scomparsa per molto tempo, ma non<br />
impedisce alti livelli di ansia e tensione emotiva. Gli eventi passati sono<br />
ricordati con grande chiarezza, al punto che suoni oppure oggetti che<br />
ricordano l’evento possono scatenare sintomi di ansia o attacchi di panico.<br />
La prima fase di reazione al lutto è caratterizzata da intensa prostrazione e<br />
può persistere per un periodo più lungo del normale; il processo di
elaborazione del lutto é ritardato e spesso il sopravvissuto può mantenere<br />
una relazione immaginaria con la persona scomparsa e mostrare difficoltà di<br />
relazione con il contesto sociale.<br />
Lutto conflittuale<br />
Si verifica per la perdita di una persona con la quale il sopravvissuto<br />
aveva un rapporto ambivalente. La prima reazione emozionale è quasi di<br />
sollievo e non si verifica l’ansia e la prostrazione del lutto traumatico.<br />
Successivamente la persona si ritrova perseguitata dalla memoria della<br />
persona scomparsa. Rabbia e senso di colpa si aggiungono alla sensazione di<br />
non avere diritto alla felicità, poiché questa deriva dalla perdita del proprio<br />
congiunto e questo favorisce lo sviluppo di una forte sensazione di<br />
mancanza della persona cara. L’ambivalenza solitamente si estende anche ai<br />
rapporti con altri membri della famiglia; ad esempio, relazioni difficili con i<br />
genitori possono trasferirsi anche nel rapporto con il coniuge o con i fratelli.<br />
Lutto cronico<br />
Un rapporto di dipendenza può essere interpretato in maniera<br />
biunivoca: la persona che muore può essere o l’elemento forte del rapporto,<br />
quello cioè dal quale dipendeva l’altro, oppure la parte debole, che dipendeva<br />
da colui che é sopravvissuto. In entrambi i casi, con motivazioni diverse, si<br />
sviluppa una intensa e prolungata sofferenza nel superstite di questo<br />
rapporto comunque complementare e simbiotico. Il gruppo sociale di<br />
appartenenza tende comunque a proteggere la persona in lutto e a<br />
concedergli il tempo necessario a riorganizzare ed elaborare nuovi ruoli, ma<br />
questo meccanismo può portare ad un cordoglio patologicamente prolungato<br />
nel tempo e nell’intensità.<br />
Il piano di cura<br />
Il supporto al familiare che sperimenta una perdita deve iniziare prima<br />
che l’evento luttuoso si verifichi poiché la prevenzione dei disturbi psichici è<br />
molto più efficace della loro cura. Il supporto offerto alla famiglia<br />
rappresenta una preziosa possibilità per rivedere i rapporti con la persona<br />
morente e per prepararsi a fronteggiare la realtà del distacco da questa, per<br />
quanto doloroso possa essere.<br />
Le forme di intervento dell’équipe devono quindi essere pianificate in<br />
anticipo, tenendo conto della cultura e della condizione sociale del contesto<br />
familiare e di alcuni fattori che, come si è visto, possono influenzare<br />
l’evoluzione del cordoglio come, ad esempio, la modalità del decesso, le realtà<br />
e i rapporti interpersonali preesistenti, i fattori creati dal decorso della<br />
malattia.<br />
La regolare discussione, nell’ambito dell’équipe, dei problemi del<br />
nucleo familiare è un modo importante per assicurare attenzione verso la<br />
famiglia nella sua interezza e crescita nella capacità di affrontare<br />
problematiche di tipo psicologico.<br />
La collaborazione di varie figure come assistenti sociali, psicologi,<br />
psichiatri è molto importante ma non elimina la necessità da parte di tutti i<br />
componenti dell’équipe di imparare a sapersi muovere flessibilmente nei vari<br />
ambiti (psicologico, spirituale, sociale) che l’interazione con la famiglia ed il<br />
malato induce.
L’organizazzione dei servizi<br />
Le attività di supporto alle famiglie che si trovano ad affrontare il lutto<br />
si caratterizzano per numerosi aspetti come la modalità di selezione, il tempo<br />
dedicato all’intervento, il tipo di operatore interessato, la sede del servizio, la<br />
sua affiliazione, la sede dove avviene l’intervento, la tipologia dell’unità di<br />
cura (hospice, unità di cure palliative, équipe di assistenza domiciliare) il<br />
tipo di supporto erogato e la durata dell’intervento.<br />
Si possono distinguere servizi attivi, che intervengono spontaneamente<br />
dopo una valutazione del rischio di lutto patologico e servizi a chiamata,<br />
contattati dal familiare, generalmente informato della sua esistenza tramite<br />
un opuscolo oppure durante il colloquio con un membro dell’équipe.<br />
Le unità di cure palliative a domicilio infatti predispongono visite<br />
regolari alla famiglia dopo il decesso del malato. Indipendentemente da chi<br />
ed in quale contesto venga effettuata la valutazione del rischio di lutto<br />
patologico, essa deve condurre ad una chiara risposta riguardo la necessità<br />
o meno di supporto successivo; tutta l’équipe quindi deve avere un adeguato<br />
training nella conoscenza dei fattori di rischio e nella loro valutazione.<br />
La visita alla famiglia viene svolta tra le tre e le otto settimane dal<br />
lutto; prima sarebbe troppo coinvolta, mentre successivamente è possibile<br />
che i componenti della famiglia abbiano in qualche modo “smesso di<br />
piangere” e in questo caso può essere faticoso ritornare a parlare di ciò che è<br />
accaduto. Nell’intervallo invece la famiglia é spesso isolata, chiusa in se<br />
stessa ed il dolore è ancora molto vivo.<br />
Esistono posizioni diverse nell’identificare le figure che devono erogare<br />
il supporto alla famiglia. Alcuni sostengono che, dopo appropriata selezione,<br />
istruzione e supervisione, gli stessi membri dell’équipe (medici, infermieri,<br />
assistenti sociali) possono fornire un adeguato supporto; altri invece vedono<br />
nelle figure dello psicologo e dello psichiatra gli specialisti più adeguati.<br />
La localizzazione ideale di un servizio di supporto al lutto é costituita<br />
ovviamente dall’ospedale o dall’hospice dove di solito opera anche l’équipe di<br />
cure palliative, con il limite però che potrà essere servita soltanto l’area<br />
limitrofa alla struttura sanitaria. La maggior parte degli interventi sono<br />
erogati al domicilio della famiglia; nei primi periodi del lutto, infatti, può<br />
essere molto pesante per i familiari recarsi in ospedale o in hospice, luoghi<br />
spesso associati al dolore ed alla morte.<br />
A nostro avviso il supporto può essere erogato da varie figure, purché<br />
adeguatamente qualificate con un opportuno training, che vanno dal<br />
volontario, all’infermiere professionale, al medico all’assistente sociale, sino<br />
allo psichiatra ed allo psicologo.<br />
La durata dell’intervento deve essere più breve possibile. In alcuni casi<br />
una sola visita é sufficiente a rassicurare i familiari della normalità delle<br />
emozioni che stanno vivendo; più spesso cinque o sei incontri ad intervalli<br />
sempre più dilazionati rappresentano il tempo adeguato per monitorizzare<br />
un regolare decorso dell’elaborazione del lutto.<br />
Ruoli, <strong>formazione</strong> e supervisione dei componenti dell’equipe
Il supporto al lutto è troppo importante per essere lasciato alla<br />
iniziativa individuale. Sono molti i membri dell’équipe che hanno un ruolo<br />
ben preciso in questo ambito, per cui è necessario riportare, sulla<br />
documentazione riguardante il paziente, i dati relativi a tutte le visite di<br />
ordine clinico e di relazione con i membri della famiglia. Questi dati così<br />
raccolti rappresentano una preziosa fonte di informazioni sulla località di<br />
residenza della famiglia e sulla sua accessibilità, sulla possibilità di rivedere<br />
ogni interazione tra équipe e famiglia, rendendo così possibile la riflessione<br />
critica sulle problematiche di diverso ordine emerse durante la cura, ma<br />
possono essere anche valida fonte di elementi per la ricerca.<br />
La famiglia dovrà essere informata dell’esistenza di tale<br />
documentazione e rassicurata sulla confidenzialità del suo utilizzo. Sarà<br />
comunque diritto dei familiari poter accedere in qualsiasi momento a questo<br />
materiale.<br />
Esaminiamo ora, per ogni figura professionale, il ruolo che essa può<br />
sostenere nel supporto al lutto.<br />
Infermieri professionali<br />
˙ supporto alla famiglia, prima del decesso;<br />
˙ valutazione del rischio di lutto patologico;<br />
˙ supporto alla famiglia al momento della morte;<br />
˙ visita dopo la morte da parte di infermieri che hanno seguito il malato<br />
in assistenza domiciliare, sia per esprimere la propria vicinanza, ma anche<br />
per valutare la necessità di ulteriore supporto. In alcune strutture, infermieri<br />
specificamente istruiti e seguiti da un supervisore forniscono l’intero<br />
supporto al lutto, se richiesto.<br />
Medici<br />
˙ supporto alla famiglia e al paziente durante il periodo di cura;<br />
˙ incontro con la famiglia in occasione della morte o dopo il lutto (ad<br />
esempio per la consegna del certificato di morte) per rispondere a qualunque<br />
quesito sulla modalità di decesso o per fornire supporto emotivo. Il medico é<br />
la figura più adeguata per rassicurare la famiglia che tutto il necessario é<br />
stato eseguito;<br />
˙ il medico di famiglia può visitare i familiari due o tre settimane dopo<br />
l’evento luttuoso, rassicurarli che il dolore e la tempesta di emozioni che lo<br />
seguono non sono segno di un crollo nervoso. Egli stesso può ravvisare gli<br />
elementi per consigliare un supporto adeguato per il lutto<br />
˙ gli specialisti in varie branche devono tenere in considerazione il<br />
rapporto esistente tra il lutto ed una serie di disturbi ed evitarne l’eccessiva<br />
medicalizzazione.<br />
Psicologi e Psichiatri<br />
˙ Lavorano in stretta collaborazione con i servizi di supporto al lutto e<br />
con le équipe di cure palliative;<br />
˙ rassicurano la maggior parte delle persone che accedono alla loro<br />
consulenza comunicando la normalità della reazione al lutto e sono figure<br />
chiave per l’individuazione precoce dei fattori di rischio;<br />
˙ hanno un ruolo di primo piano nella <strong>formazione</strong> e nella selezione delle<br />
altre figure che opereranno nell’ambito del supporto al lutto.<br />
Assistenti sociali
˙ Hanno la possibilità di interagire profondamente con la famiglia prima<br />
e dopo la morte; sono quindi nelle condizioni ideali per valutare il rischio di<br />
lutto patologico e di erogare essi stessi, adeguatamente istruiti e<br />
supervisionati, il necessario supporto.<br />
Assistenti spirituali<br />
˙ Sono le figure che hanno tradizionalmente erogato questo tipo di<br />
supporto;<br />
˙ i cappellani degli ospedali hanno l’opportunità di incontrare le famiglie<br />
prima e dopo la morte del proprio caro;<br />
˙ i funerali e le occasioni di suffragio permettono ai sacerdoti<br />
l’opportunità di vivere con la famiglia momenti di grande significato<br />
psicologico e spirituale;<br />
˙ questa grande potenzialità è, ovviamente, meglio fruita dalle persone<br />
con un credo religioso.<br />
Volontari<br />
˙ se adeguatamente istruiti possono valutare il rischio di lutto<br />
patologico ed avviare i membri della famiglia al supporto;<br />
˙ possono essere addestrati a riconoscere, spiegare e rassicurare i<br />
familiari circa la normalità di molti dei sintomi fisici e delle emozioni legate<br />
alla elaborazione del lutto.<br />
˙ possono riconoscere precocemente la necessità di un intervento<br />
medico;<br />
˙ nella loro veste di gratuità facilitano ed incoraggiano l’espressione del<br />
dolore, ma quando al momento adatto, sottolineano anche la necessità<br />
dell’apertura alla vita ed al futuro.<br />
Le figure di supporto al lutto: (reclutamento, e selezione)<br />
E’ necessaria una forte motivazione da parte di coloro che propongono<br />
se stessi come potenziali figure di supporto al lutto (counsellor). E’ possibile<br />
identificare tali figure tra i volontari o tra quei professionisti (medici,<br />
infermieri, psicologi) che desiderano acquisire questa nuova competenza.<br />
L’intervista è la modalità migliore di selezione. Si indaga sulla presenza nella<br />
storia personale di lutti o di altri eventi dolorosi di rilievo e si analizzano le<br />
ragioni della scelta di accompagnare le persone nella elaborazione del lutto.<br />
E’ importante saper comprendere se chi si ha di fronte potrà condividere<br />
emozioni e pensieri, non senza una risonanza interiore, ma evitando di farsi<br />
sopraffare dal dolore proprio e da quello dell’altro. E’ necessario che i<br />
candidati a tale attività di <strong>formazione</strong> partecipino sia alla parte teorica, ma<br />
anche a quella pratica, costituita da visite di supporto sotto adeguata<br />
supervisione.<br />
Principi di counseling<br />
Ogni situazione di supporto ha la sua specificità e non esistono quindi<br />
regole generali valide per tutti i contesti. Il primo e più importante<br />
atteggiamento da assumere è quello di prendere tempo, di non avere fretta di<br />
avvicinare la famiglia che ha subito il lutto; la prima visita può durare sino a<br />
due ore. E’ necessario non parlare tanto e mettere a proprio agio
l’interlocutore spiegando in maniera empatica e rilassata il motivo<br />
dell’incontro.<br />
L’elaborazione del lutto consiste nel rendere reale al proprio interno<br />
ciò che è già avvenuto all’esterno. Nel chiedere al sopravvissuto di raccontare<br />
la propria storia, si chiede a questa persona, in realtà, di mostrarsi, di<br />
spiegarsi a se stessa. Le parole di partecipazione e vicinanza devono essere<br />
l’espressione reale dei sentimenti che l’operatore sperimenta al sua interno.<br />
La comunicazione non verbale rappresenta in questo contesto un prezioso<br />
strumento. Se la tensione o l’ansia si fanno forti il modo migliore per ridurle<br />
è di avvicinarsi all’interlocutore e toccarlo o sorridergli anche se questo può<br />
essere poco tollerato da alcuni. Non bisogna essere mai troppo frettolosi nel<br />
momento dello sfogo doloroso e saper attendere adeguatamente prima di<br />
riprendere il colloquio. Spesso è necessario rassicurare sulla normalità del<br />
dolore e delle sensazioni che sono connesse alla perdita. Sono inopportuni<br />
atteggiamenti di critica e di biasimo, e tantomeno accordi su affermazioni<br />
distorte della realtà, ma partecipazione profonda.<br />
Il counsellor deve essere in grado di affrontare momenti difficili come<br />
l’interruzione della comunicazione per stanchezza, sentimenti troppo intensi,<br />
rabbia o sfiducia. Egli deve incoraggiare implicitamente ed esplicitamente le<br />
persone che ha di fronte a vivere pienamente il dolore e le reazioni alla<br />
scomparsa del proprio caro in modo tale da permettere alla persona che ha<br />
subito la perdita di rientrare nella pienezza della propria progettualità e del<br />
suo rapporto con il mondo (Shut, 1994).<br />
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