segni - casa di riposo “mons. g. sagnori” - Diocesi Suburbicaria ...
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Registrazione al Tribunale <strong>di</strong> Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 0696100596 - curia@<strong>di</strong>ocesi.velletri-<strong>segni</strong>.it Mensile a carattere <strong>di</strong>vulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della <strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> Velletri -Segni Anno 6 - numero 4 (52) - Aprile 2009<br />
IN QUESTO<br />
NUMERO:<br />
Gran<strong>di</strong> Temi<br />
- Il primo viaggio <strong>di</strong><br />
Papa Benedetto XVI in<br />
Africa<br />
- Il rischio della nuova<br />
legge sulla “fine della<br />
vita”<br />
Concilio Vaticano II:<br />
- Lumen Gentium 33:<br />
l’apostolato dei laici<br />
Vocazioni<br />
- Il fiore della Pasqua<br />
- Una possibile <strong>di</strong>namica<br />
vocazionale<br />
Educare oggi<br />
- Genitori ragazzini<br />
Anno Paolino<br />
- Vocabolario paolino 8:<br />
Accoglienza<br />
- I Compagni <strong>di</strong> Paolo:<br />
I Romani delle Lettere<br />
- Lettera <strong>di</strong> San Paolo ai<br />
Romani - seconda parte<br />
- La Roma <strong>di</strong> Paolo<br />
- I luoghi paolini, 9<br />
Antiochia <strong>di</strong> Siria<br />
Pasqua<br />
- Il triduo pasquale<br />
- La liturgia della<br />
parola nella veglia<br />
pasquale<br />
Caritas<br />
- L’inizio della soluzione<br />
- Non c’è sicurezza<br />
senza rispetto delle<br />
regole
2<br />
I verbi del donare-consegnare e del<br />
ricevere-accettare del mistero pasquale<br />
“Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io<br />
mando voi”.<br />
Dopo aver detto questo, alitò su <strong>di</strong> loro e <strong>di</strong>sse:<br />
“Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati<br />
saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno<br />
non rimessi”. (Gv.20,21-23).<br />
Sono le prime parole che Gesù Risorto rivolge<br />
ai Dieci nel Cenacolo la sera della prima<br />
Domenica della storia: sono il dono inatteso dello<br />
Shalom pieno, totale ed eterno, frutto del suo<br />
sacrificio, attraverso il quale l’Amore <strong>di</strong>vino, che<br />
è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, si comunica<br />
alla Chiesa nascente, adempimento dell’unico<br />
Israele. Il Padre dall’eternità dona il Tutto <strong>di</strong>vino<br />
al Figlio e allo Spirito Santo nell’in<strong>di</strong>cibile vita<br />
trinitaria; il Figlio e lo Spirito Santo ricevono e accettano<br />
il Tutto e il Figlio con lo Spirito Santo reciprocamente<br />
consegna il Tutto <strong>di</strong>vino al Padre.<br />
Nella Incarnazione e, compiutamente, nella<br />
Morte e Resurrezione entra a pieno titolo in questa<br />
<strong>di</strong>namica <strong>di</strong>vina l’Umanità del Figlio e, attraverso<br />
Lui, tutta l’umanità nostra.<br />
Per questo Gesù <strong>di</strong> Nazareth può <strong>di</strong>re: “Tutto mi<br />
è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il<br />
Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre<br />
se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia<br />
rivelare”(Mt.11,27). La fonte del dono è sempre<br />
il Padre: è Lui che dona al Figlio tutti noi e l’universo<br />
intero: “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà<br />
a me; colui che viene a me non lo respingerò,<br />
perché sono <strong>di</strong>sceso dal cielo non per fare<br />
la mia volontà, ma la volontà <strong>di</strong> Colui che mi ha<br />
mandato.<br />
E questa è la volontà <strong>di</strong> Colui che mi ha mandato,<br />
che io non perda nulla <strong>di</strong> quanto egli mi ha<br />
dato, ma lo resusciti nell’ultimo giorno”(Gv.6,37-<br />
39); ed è il Padre che dona il Figlio agli uomini,<br />
poiché “Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da<br />
� Vincenzo Apicella, vescovo<br />
dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede<br />
in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”(Gv.3,16).<br />
Tutta la vita <strong>di</strong> Cristo è un dono che rimane sempre<br />
attuale e tutti raggiunge attraverso il segno<br />
supremo dell’Eucarestia, la cui istituzione così viene<br />
descritta da un antico autore: “Quando quelli<br />
che festeggiavano la Pasqua insieme con lui<br />
stavano per mangiare, Gesù prese il pane da parte<br />
del Padre e, rendendo grazie, lo spezzò e lo<br />
donò ai <strong>di</strong>scepoli suoi secondo quanto ciascuno<br />
poteva riceverne. Lo donò ad essi parlando:<br />
“Accettate e mangiate”. Con questo mostrava che<br />
questo Pane che li nutriva era il suo proprio Corpo,<br />
poiché è il Verbo stesso che a noi è in<strong>di</strong>spensabile<br />
sia adesso sia dopo, quando Egli sarà giunto<br />
al compimento nel Regno <strong>di</strong> Dio” (Origene).<br />
Ora Gesù Risorto può finalmente adempiere la<br />
sua promessa: “E’ bene per voi che io me ne vada,<br />
perché, se non me ne vado, non verrà a voi il<br />
Consolatore, ma quando me ne sarò andato ve<br />
lo manderò”(Gv.16,7) e, alitando su <strong>di</strong> loro, può<br />
compiutamente donare lo Spirito Santo agli Apostoli,<br />
la sua Chiesa, la sua Sposa. Ma i <strong>di</strong>scepoli ricevono<br />
lo Spirito per donarlo a loro volta a tutti gli<br />
uomini, rimettendo i peccati a chi accetterà il dono,<br />
poiché è lo stesso Spirito Santo la remissione <strong>di</strong><br />
tutti i peccati, come preghiamo nella Liturgia.<br />
I verbi del donare-consegnare e del ricevere-accettare,<br />
per donare a propria volta, sono quelli che<br />
la Scrittura e i Padri usano per descrivere il fatto<br />
della Tra<strong>di</strong>zione - trasmissione della fede,<br />
che è l’azione costitutiva della Chiesa.<br />
Lo Spirito santo è, quin<strong>di</strong>, l’Oggetto – Soggetto<br />
principale della Tra<strong>di</strong>zione; in un certo senso, Egli<br />
è la stessa Tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina, nel suo in<strong>di</strong>cibile<br />
riceversi dal Padre per donarsi per intero agli uomini,<br />
attraverso il Figlio. Lo stesso Spirito “pone i<br />
vescovi nella Chiesa”(At.20,28) e così comincia<br />
la catena della Tra<strong>di</strong>zione<br />
– Recezione <strong>di</strong>vina apostolica,<br />
nell’ininterrotto trasmettere<br />
a causa dell’aver ricevuto.<br />
Di questa storia noi facciamo<br />
parte e, oggi, ne siamo i protagonisti<br />
e i responsabili, per<br />
questo occorre prenderne<br />
coscienza, personalmente<br />
e comunitariamente, come<br />
stiamo cercando <strong>di</strong><br />
fare nel corso <strong>di</strong><br />
questo anno pastorale,<br />
anche per mezzo<br />
<strong>di</strong> una mia lettera,<br />
<strong>di</strong> cui questa è la<br />
prima pagina.<br />
Aprile<br />
2009<br />
Ecclesia in cammino<br />
Bollettino Ufficiale per gli atti <strong>di</strong> Curia<br />
Mensile a carattere <strong>di</strong>vulgativo e ufficiale per gli atti<br />
della Curia e pastorale per la vita della<br />
<strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> Velletri-Segni<br />
Direttore Responsabile<br />
Don Angelo Mancini<br />
Collaboratori<br />
Stanislao Fioramonti<br />
Tonino Parmeggiani<br />
Gaetano Campanile<br />
Roberta Ottaviani<br />
Proprietà<br />
<strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> Velletri-Segni<br />
Registrazione del Tribunale <strong>di</strong> Velletri n. 9/2004 del<br />
23.04.2004<br />
Stampa: Tipolitografia Graphicplate Sr.l.<br />
Redazione<br />
C.so della Repubblica 343<br />
00049 VELLETRI RM<br />
06.9630051 fax 96100596<br />
curia@<strong>di</strong>ocesi.velletri-<strong>segni</strong>.it<br />
A questo numero hanno collaborato<br />
inoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, S.E. mons. Andrea<br />
Maria Erba, mons. Luigi Vari, Costantino Coros, don Dario<br />
Vitali, mons. Franco Risi, Maria Pietroni, mons. Franco<br />
Fagiolo, don Cesare Chialastri, don Fabrizio Marchetti,<br />
don Marco Nemesi, don Gianni Castignoli, don Andrea<br />
Pacchiarotti, dr. Luigi Vari, Sara Bianchini, Angelo<br />
Bottaro, Dorina e Nicolino Tartaglione, Antonio Galati, Mara<br />
Della Vecchia, Pier Giorgio Liverani, Antonio Ven<strong>di</strong>tti, Emanuela<br />
Ciarla, Valentina Fioramonti, Daniele Pietrosanti,<br />
Sara Gilotta, Sara Calì, Fausto Ercolani, equipe CDV.<br />
Consultabile online in formato pdf sul sito:<br />
www.<strong>di</strong>ocesi.velletri-<strong>segni</strong>.it<br />
DISTRIBUZIONE GRATUITA<br />
In copertina:<br />
Noli me tangere<br />
Casa Buonarroti<br />
Il contenuto <strong>di</strong> articoli, servizi foto e loghi nonché<br />
quello voluto da chi vi compare rispecchia<br />
esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai<br />
in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la <strong>di</strong>rezione e la<br />
redazione Queste, insieme alla proprietà,<br />
si riservano inoltre il pieno ed esclusivo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
pubblicazione, mo<strong>di</strong>fica e stampa a propria insindacabile<br />
<strong>di</strong>screzione senza alcun preavviso o autorizzazioni.<br />
Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se<br />
non pubblicati, non si restituiscono.<br />
E’ vietata ogni tipo <strong>di</strong> riproduzione <strong>di</strong> testi, fotografie,<br />
<strong>di</strong><strong>segni</strong>, marchi, ecc. senza esplicita<br />
autorizzazione del <strong>di</strong>rettore.
LE FRASI DA RICORDARE<br />
Aprile<br />
2009<br />
Stanislao Fioramonti<br />
Roma, 17 marzo, "Angelus" in piazza S. Pietro: "Con<br />
questa visita intendo idealmente abbracciare l'intero continente<br />
africano: le sue mille <strong>di</strong>fferenze e la sua profonda<br />
anima religiosa; le sue antiche cultute e il suo faticoso cammino<br />
e <strong>di</strong> riconciliazione; i suoi gravi problemi, le sue dolorose<br />
ferite e le sue enormi potenzialità e speranze. Intendo<br />
confermare nella fede i cattolici, incoraggiare i cristiani nell'impegno<br />
ecumenico, recare a tutti l'annuncio <strong>di</strong> pace affidato<br />
alla Chiesa dal Signore risorto. (...)<br />
"Parto per l'Africa con la consapevolezza <strong>di</strong> non aver altro<br />
da proporre e donare a quanti incontrerò se non Cristo e<br />
la Buona Novella della sua Croce, mistero <strong>di</strong> amore supremo,<br />
<strong>di</strong> amore <strong>di</strong>vino che vince ogni umana resistenza e<br />
rende possibile persino il perdono e l'amore per i nemici.<br />
(...) La Chiesa non persegue dunque obiettivi economici,<br />
sociali e politici; la Chiesa annuncia Cristo, certa che il Vangelo<br />
può toccare il cuore <strong>di</strong> tutti e trasformarli, rinnovando in tal<br />
modo dal <strong>di</strong> dentro le persone e le società. (...)<br />
"Alla celeste intercessione <strong>di</strong> questo grande santo (S. Giuseppe)<br />
affido il prossimo pellegrinaggio e le popolazioni dell'Africa<br />
tutta intera, con le sfide che le segnano e le speranze che<br />
le animano, in particolare penso alle vittime della fame, delle<br />
malattie, delle ingiustizie, dei conflitti fratrici<strong>di</strong> e <strong>di</strong> ogni<br />
forma <strong>di</strong> violenza che purtroppo continua a colpire adulti<br />
e bambini, senza risparmiare missionari, sacerdoti, religiosi<br />
e volontari".<br />
17 marzo, sull'aereo per il Camerun, in risposta alle domande<br />
<strong>di</strong> giornalisti: "L'AIDS non si combatte <strong>di</strong>stribuendo preservativi,<br />
che anzi aggravano il problema. (...) Il problema<br />
dell'AIDS non si può superare solo con i sol<strong>di</strong>, che pur sono<br />
necessari, se non c'è l'anima. Dunque da un lato bisogna<br />
umanizzare la sessualità, cioè rinnovare il modo <strong>di</strong> comportarsi<br />
verso il proprio corpo e quello degli altri, e dall'altro<br />
<strong>di</strong>mostrare una vera amicizia nei confronti delle persone<br />
malate. La Chiesa fa questo ogni giorno e così offre un<br />
contributo importante". (L' opinione del papa sull'inutilità del<br />
preservativo nella lotta all'AIDS ha scatenato nei giorni successivi<br />
una ondata <strong>di</strong> proteste in Europa, a tutti i livelli: tutti<br />
a ribattere che invece il preservativo serve a contenere<br />
la <strong>di</strong>ffusione dell'epidemia; nessuno si è fermato a riflettere<br />
sul resto delle parole del papa, pure abbastanza chiaramente<br />
in<strong>di</strong>canti la necessità <strong>di</strong> un approccio più globale<br />
e completo al problema). Riguardo alla crisi economica<br />
il papa ha anche detto: "Non ho ricette politiche da proporre,<br />
ma nelle strutture finanziarie c'è un deficit etico da<br />
colmare. E anche <strong>di</strong> questo si parlerà nella prossima enciclica<br />
sociale". "L'Africa ha bisogno <strong>di</strong> solidarietà vera, anche<br />
e soprattutto <strong>di</strong> fronte all'attuale crisi economica. Perciò parlando<br />
<strong>di</strong> Dio e parlando dei gran<strong>di</strong> valori spirituali che costituiscono<br />
la vita cristiana cerco <strong>di</strong> dare un contributo anche<br />
per superare questa crisi".<br />
17 marzo, all'arrivo nell'aeroporto <strong>di</strong> Yaoundé (Camerun):<br />
" Di fronte al dolore o alla violenza, alla povertà o alla fame,<br />
alla corruzione o all'abuso <strong>di</strong> potere, un cristiano non può<br />
mai rimanere in silenzio. (...) Qui in Africa, come pure in<br />
tante altre parti del mondo, innumerevoli uomini e donne<br />
anelano ad u<strong>di</strong>re una parola <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> conforto. Conflitti<br />
locali lasciano migliaia <strong>di</strong> senza tetto e <strong>di</strong> bisognosi, <strong>di</strong> orfani<br />
e <strong>di</strong> vedove. In un continente che, nel passato, ha visto<br />
tanti suoi abitanti crudelmente rapiti e portati oltremare a<br />
lavorare come schiavi, il traffico <strong>di</strong> esseri umani, specialmente<br />
<strong>di</strong> inermi donne e bambini, è <strong>di</strong>ventato una moderna<br />
forma <strong>di</strong> schiavitù. In un tempo <strong>di</strong> globale scarsità <strong>di</strong> cibo,<br />
<strong>di</strong> scompiglio finanziario, <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong>sturbati <strong>di</strong> cambiamenti<br />
climatici, l'Africa soffre sproporzionatamente: un numero<br />
crescente <strong>di</strong> suoi abitanti finisce preda della fame, della povertà,<br />
della malattia. Essi implorano a gran voce riconciliazione,<br />
giustizia e pace, e questo è proprio ciò che la Chiesa offre<br />
loro. Non nuove forme <strong>di</strong> oppressione economica opoliti-<br />
ca, ma la libertà gloriosa dei figli <strong>di</strong><br />
Dio. Non l'imposizione <strong>di</strong> modelli culturali<br />
che ignorano il <strong>di</strong>ritto alla vita<br />
dei non ancora nati, ma la pura acqua<br />
salvifica del Vangelo della vita. Non<br />
amare rivalità interetniche o interreligiose,<br />
ma la rettitu<strong>di</strong>ne, la pace<br />
e la gioia del Regno <strong>di</strong> Dio, descritto<br />
in modo così appropriato dal papa<br />
Paolo VI come "civiltà dell'amore".<br />
18 marzo, Yaoundé, <strong>di</strong>scorso ai vescovi<br />
del Camerun: "Lo sviluppo <strong>di</strong> sette<br />
e movimenti esoterici, come pure<br />
la crescente influenza <strong>di</strong> una religiosità<br />
superstiziosa, come anche<br />
del relativismo, sono un invito<br />
pressante a dare un rinnovato impulso<br />
alla formazione dei giovani e degli<br />
adulti, in particolare nel mondo universitario<br />
e intellettuale. (...) Sono<br />
lieto <strong>di</strong> sapere che nel vostro paese<br />
i fedeli laici sono sempre più impegnati<br />
nella vita della Chiesa e della<br />
società. (...) Sono lieto <strong>di</strong> evidenziare e incoraggiare la<br />
partecipazione attiva delle associazioni femminili nei vari<br />
settori della missione della Chiesa, <strong>di</strong>mostrando così una<br />
reale consapevolezza della <strong>di</strong>gnità della donna e la sua<br />
specifica vocazione nella comunione ecclesiale e nella società.<br />
(...). Nel contesto della globalizzazione in cui ci troviamo,<br />
la Chiesa ha un interesse particolare per le persone<br />
più bisognose. La missione del vescovo lo impegna ad essere<br />
il principale <strong>di</strong>fensore dei <strong>di</strong>ritti dei poveri, a promuovere<br />
e favorire l'esercizio della carità, manifestazione dell'amore<br />
del Signore per i piccoli".<br />
19 marzo, sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Yaoundé (Camerun), Eucaristia nel<br />
corso della quale il papa ha presentato lo "Strumento <strong>di</strong><br />
lavoro", cioè il documento preparatorio del secondo Sinodo<br />
dei vescovi africani, che si svolgerà a Roma il prossimo<br />
ottobre ed avrà per tema "La Chiesa in Africa al servizio<br />
della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete<br />
il sale della terra...Voi siete la luce del mondo' (è stato questo<br />
uno dei due motivi fondamentali del viaggio, l'altro essendo<br />
quello <strong>di</strong> celebrare i 500 anni dell'evangelizzazione dell'Angola,<br />
prima terra africana a ricevere la Parola <strong>di</strong> Cristo):<br />
"In questo nostro tempo in cui tante persone senza scrupoli<br />
cercano <strong>di</strong> imporre il regno del denaro <strong>di</strong>sprezzando<br />
i più in<strong>di</strong>genti (e qui il riferimento è alle multinazionali e ai<br />
mercanti d'armi e a quanti sfruttano le risorse naturali del<br />
Continente, lasciando le briciole ai suoi abitanti), voi dovete<br />
essere molto attenti. L'Africa in generale e il Camerun<br />
in particolare sono in pericolo se non riconoscono il vero<br />
Autore della Vita! Fratelli e sorelle del Camerun e<br />
dell'Africa, voi che avete ricevuto da Dio tante qualità umane,<br />
abbiate cura delle vostre anime! Non lasciatevi affascinare<br />
da false glorie e da falsi ideali. (...)<br />
Come in altri continenti, oggi la famiglia conosce effettivamente<br />
un periodo <strong>di</strong>fficile... Alcuni valori della vita tra<strong>di</strong>zionale<br />
sono stati sconvolti. I rapporti tra le generazioni si sono mo<strong>di</strong>ficati...Troppo<br />
spesso si assiste a un esodo rurale paragonabile<br />
a quello che numerosi altri perio<strong>di</strong> umani hanno conosciuto.<br />
La qualità dei legami familiari ne risulta profondamente intaccata.<br />
Sra<strong>di</strong>cati e resi più fragili, i membri delle giovani generazioni,<br />
spesso senza un vero lavoro, cercano rime<strong>di</strong> al loro<br />
male <strong>di</strong> vivere rifugiandosi in para<strong>di</strong>si effimeri e artificiali...<br />
"La prima priorità consisterà nel ridare senso all'accoglienza<br />
della vita come dono <strong>di</strong> Dio... Una esortazione particolare<br />
ai padri <strong>di</strong> famiglia...rispettate e anate la vostra sposa e guidate<br />
i vostri bambini, con amore e con la vostra presenza<br />
accorta, verso Dio dove essi devono essere. Infine a tutti<br />
i giovani rivolgo parole <strong>di</strong> amicizia e <strong>di</strong> incoraggiamento...Ai<br />
bambini che non hanno più un padre o che vivono abbandonati<br />
nella miseria della strada, a coloro che sono separativiolentemente<br />
dai loro genitori, maltrattati e abusati, e<br />
3<br />
arruolati a forza in gruppi militari che imperversano in alcuni<br />
Paesi, vorrei <strong>di</strong>re: Dio vi ama, non vi <strong>di</strong>mentica... "Lasciatevi<br />
riconciliare. Nessuna <strong>di</strong>fferenza etnica e culturale, <strong>di</strong> razza,<br />
<strong>di</strong> sesso o <strong>di</strong> religione deve <strong>di</strong>ventare tra voi motivo <strong>di</strong><br />
contesa. Siete tutti figli dell'unico Dio. Con questa convinzione<br />
sarà finalmente possibile costruire un'Africa più giusta<br />
e pacifica".<br />
19 marzo, incontro con il mondo della sofferenza "Card.<br />
Léger" <strong>di</strong> Yaoundé (Camerun):<br />
Dopo essersi appellato ai me<strong>di</strong>ci e ai ricercatori ("Spetta<br />
a voi in primo luogo proteggere la vita umana, essere i <strong>di</strong>fensori<br />
della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale,<br />
perché il rispetto della vita è un <strong>di</strong>ritto e un dovere"),<br />
il papa ha detto: "Io non <strong>di</strong>mentico coloro che elle loro case,<br />
negli ospedali, negli ambienti specializzati o nei <strong>di</strong>spensari,<br />
sono portatori <strong>di</strong> han<strong>di</strong>cap, sia motorio che mentale, né coloro<br />
che nella loro carne portano i <strong>segni</strong> delle violenze e delle<br />
guerre. Penso anche a tutti i malati, e specialmente qui,<br />
in Africa, a quelli che sono vittime <strong>di</strong> malattie come l'Aids,<br />
la malaria, la tubercolosi. La Chiesa è fortemente impegnata<br />
in una lotta efficace contro questi terribili flagelli, e la incoraggio<br />
a proseguire con determinazione questa opera urgente".<br />
20 marzo, all'arrivo nell'aeroporto <strong>di</strong> Luanda (Angola):<br />
"Cari amici angolani, il vostro territorio è ricco, la vostra nazione<br />
è forte. Utilizzate queste vostre prerogative per favorire<br />
la pace e l'intesa fra i popoli, su una base <strong>di</strong> lealtà e <strong>di</strong><br />
uguaglianza che promuovano per l'Africa quel futuro pacifico<br />
e solidale al quale tutti anelano e hanno <strong>di</strong>ritto. A tale<br />
scopo vi prego: non arrendetevi alla legge del più forte! Poiché<br />
Dio ha concesso agli esseri umani <strong>di</strong> volare, al <strong>di</strong> sopra<br />
delle loro tendenze naturali, con le ali della ragione e della<br />
fede. Se vi fate sollevare da queste ali, non vi sarà <strong>di</strong>fficile<br />
riconoscere nell'altro un fratello, che è nato con gli stessi<br />
<strong>di</strong>ritti umani fondamentali. Purtroppo dentro i vostri confini<br />
angolani ci sono ancora tanti poveri che riven<strong>di</strong>cano il<br />
rispetto dei loro <strong>di</strong>ritti. Non si può <strong>di</strong>menticare la moltitu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> angolani che vivono al <strong>di</strong> sotto della linea <strong>di</strong> povertà<br />
assoluta. Non deludete le loro aspettative! Si tratta <strong>di</strong> un'opera<br />
immane, che richiede una più grande partecipazione<br />
civica da parte <strong>di</strong> tutti".<br />
20 marzo, Luanda. alle autorità politiche e civili e al corpo<br />
<strong>di</strong>plomatico in Angola: "Amici miei, armati <strong>di</strong> un cuore<br />
integro, magnanimo e compasionevole, voi potete trasformare<br />
questo Continente, liberando il vostro popolo dal flagello<br />
dell'avi<strong>di</strong>tà, della violenza e del <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, guidandolo sul<br />
sentiero segnato dai principi in<strong>di</strong>spensabili ad ogni moderna,<br />
civile democrazia: il rispetto e la promozione dei <strong>di</strong>ritti<br />
umani, un governo trasparente, una magistratura in<strong>di</strong>pendente,<br />
una comunicazione sociale libera, una onesta
4<br />
amministrazione pubblica, una rete <strong>di</strong> scuole e <strong>di</strong> ospedali<br />
funzionanti in modo adeguato e la ferma determinazione,<br />
ra<strong>di</strong>cata nella conversione dei cuori, <strong>di</strong> stroncare una volta<br />
per tutte la corruzione. (...) "Lo sviluppo economico e<br />
sociale in Africa richiede il coor<strong>di</strong>namento del Governo nazionale<br />
con le iniziatice regionali e con le decisioni internazionali.<br />
Un simile coor<strong>di</strong>namento suppone che le nazioni<br />
africane siano viste non solo come destinatarie dei piani<br />
e delle soluzioni elaborate da altri. Gli stessi africani, lavorando<br />
insieme per il bene delle loro comunità, devono essere<br />
gli agenti primari del loro sviluppo. (...) "Anche qui numerose<br />
pressioni si abbattono sulle famiglie: ansia e umiliazione<br />
causate dalla povertà. Disoccupazone, malattia, esilio,<br />
per menzionarne solo alcune. Particolarmente sconvolgente<br />
è il giogo opprimente della <strong>di</strong>scriminazioe sulle donne e ragazze,senza<br />
parlare della innominabile pratica della violenza<br />
e dello sfruttamento sessuale che causa loro tante umiliazioni<br />
e traumi. Devo anche riferire un'ulteriore area <strong>di</strong> grave<br />
preoccupazione: le politiche <strong>di</strong> coloro che, col miraggio<br />
<strong>di</strong> far avanzare l''e<strong>di</strong>ficio sociale', minacciano le sue stessefondamenta.<br />
Quanto amara è l'ironia <strong>di</strong> coloro che promuovono<br />
l'aborto tra le cure della salute 'materna'! Quanto<br />
sconcertante la tesi <strong>di</strong> coloro secondo i quali la soppressione<br />
della vita sarebbe una questione <strong>di</strong> salute riproduttiva"<br />
(Qui il papa fa riferimento <strong>di</strong>retto al "Protocollo <strong>di</strong> Maputo",<br />
un trattato sui <strong>di</strong>ritti delle donne in Africa firmato finora da<br />
42 Paesi africani e ratificato da 20; tra i suoi articoli il 14°,<br />
sul <strong>di</strong>ritto alla salute delle donne, prevede l'aborto terapeutico<br />
sia in casi <strong>di</strong> violenza sessuale, stupro e incesto, sia anche<br />
quando la gravidanza danneggerebbe la salute fisica e mentale<br />
della donna, concetto quest'ultimo molto labile e <strong>di</strong> dubbia<br />
interpretazion, tanto da far pensare all'aborto come forma<br />
<strong>di</strong> contraccezione).<br />
21 marzo, Luanda, ai vescovi e sacerdoti dell'Angola: "Oggi<br />
spetta a voi offrire Cristo risorto ai vostri concitta<strong>di</strong>ni. Tanti<br />
<strong>di</strong> loro vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti da<br />
cui si credono minacciati: <strong>di</strong>sorientati, arrivano al punto <strong>di</strong><br />
condannare bambini della strada e anche gli anziani perché,<br />
<strong>di</strong>cono, sono stregoni. (...) Se noi siamo convinti e abbiamo<br />
fatto l'esperienza che, senza Cristo, la vita è incompleta,<br />
le manca una realtà, anzi, la realtà fondamentale,<br />
dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo<br />
ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli <strong>di</strong>amo<br />
la possibilità <strong>di</strong> trovare, in questo modo, anche la sua<br />
vera autenticità, la gioia <strong>di</strong> avere trovato la vita. Anzi, dobbiamo<br />
farlo, è un obbligo nostro offrire a tutti questa possibilità<br />
<strong>di</strong> raggiungere la vita eterna".<br />
21 marzo, incontro con i giovani angolani nello sta<strong>di</strong>o<br />
<strong>di</strong> Luanda: "Vedo qui presenti alcuni delle migliaia <strong>di</strong> giovani<br />
angolani mutilati in conseguenza della guerra e delle<br />
mine, penso alle innumerevoli lacrime che tanti <strong>di</strong> voi<br />
hanno versato per la per<strong>di</strong>ta dei familiari, e non è <strong>di</strong>fficile<br />
immaginare le nubi grigie che coprono ancora il cielo dei<br />
vostri sogni migliori. (...) La cultura sociale dominante non<br />
vi aiuta a vivere la Parola <strong>di</strong> Gesù e neppure il dono <strong>di</strong> voi<br />
stessi a cui Egli vi invita secondo il <strong>di</strong>segno del Padre. Carissimi<br />
amici, la forza si trova dentro <strong>di</strong> voi (...); non abbiate paura<br />
<strong>di</strong> prendere decisioni definitive. La generosità non vi manca,<br />
lo so, ma <strong>di</strong> fronte al rischio <strong>di</strong> impegnarsi per tutta la<br />
vita, sia nel matrimonio che in una vita <strong>di</strong> speciale consacrazione,<br />
provate paura. (...) I dubbi vi assalgono e l'attuale<br />
cultura in<strong>di</strong>vidualistica ed edonista li esaspera. Ma quan-<br />
do il giovane non si decide, corre il rischio <strong>di</strong> restare eterno<br />
bambino. Vi <strong>di</strong>co: Coraggio! Osate decisiioni definitive,<br />
perché in verità queste sono le sole che non <strong>di</strong>struggono<br />
la libertà, ma ne creano la giusta <strong>di</strong>rezione, consentendo<br />
<strong>di</strong> andare avanti e <strong>di</strong> raggiungere qualcosa <strong>di</strong> grande nella<br />
vita".<br />
CAMERUN E ANGOLA, LE METE DEL 1° VIAGGIO<br />
AFRICANO DI PAPA RATZINGER<br />
Il Camerun, repubblica dell'Africa equatoriale affacciata sul<br />
Golfo <strong>di</strong> Guinea, nell'Oceano Atlantico, ha una gran<strong>di</strong>ssima<br />
varietà <strong>di</strong> aspetti geografici e culturali; da quest'ultimo<br />
punto <strong>di</strong> vista anzi, ospitando circa 280 etnie e gruppi lingistici<br />
<strong>di</strong>versi, è definito "Africa in miniatura". Le sue due<br />
lingue ufficiali, francese e inglese, richiamano i due paesi<br />
europei che l'hanno controllata politicamente (ed economicamente)<br />
dopo la Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, su mandato<br />
della Società delle Nazioni, ma fin dal 1884 il territorio <strong>di</strong>venne<br />
colonia tedesca, mentre dal XV secolo i marinai portoghesi<br />
avevano raggiunto la sua costa, chiamandola Rio dos<br />
Camaroes (da cui Camerun). Il Paese, che ha una superficie<br />
<strong>di</strong> 475.000 kmq e una popolazione <strong>di</strong> circa 16 milioni<br />
<strong>di</strong> abitanti, ottenne l'in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong>venne Repubblica<br />
presidenziale nel 1960; la sua relativa stabilità politica e<br />
sociale ha consentito un notevole sviluppo, sostenuto da<br />
una importante industria petrolifera, del legname e dei minerali,<br />
ma ciò nonostante la gran parte della popolazione è<br />
povera, potendo contare solo su una agricoltura <strong>di</strong> sussistenza.<br />
Circa un quarto della popolazione (5 milioni) è <strong>di</strong><br />
religione cattolica, quasi altrettanti sono i musulmani. Il Vangelo<br />
vi è giunto piuttosto recentemente, poco più <strong>di</strong> 150 anni<br />
fa, ma si è ben ra<strong>di</strong>cato e la sua Chiesa è <strong>di</strong>namica e in<br />
prima linea nella <strong>di</strong>fesa della <strong>di</strong>gnità dell'uomo, della giustizia,<br />
della pace e dello sviluppo; particolarmente importanti<br />
i suoi impegni nel campo della salute e dell'educazione.<br />
Il suo episcopato ha ripetutamente denunciato i mali della<br />
società camerunense: la corruzione sia come costume<br />
generalizzato sia nella gestione dei beni pubblici; la recessione<br />
economica; la ricchezza del paese in mano solo a<br />
una oligarchia che non reinveste ma esporta capitali all'estero;<br />
la scarsa incidenza delle chiese locali sulla vita quoti<strong>di</strong>ana<br />
e sulla mentalità comune. L'attuale presidente in carica,<br />
il cattolico Paul Biya, può considerarsi il simbolo della<br />
politica camerunese: al potere dal 1982, non ha nessuna<br />
intenzione <strong>di</strong> mollarlo (ha persimo mo<strong>di</strong>ficato la Costituzione<br />
per assicurarsi un nuovo mandato) e lo detiene con meto<strong>di</strong><br />
che statistiche dell'ONU hanno classificato ai primi posti<br />
della corruzione mon<strong>di</strong>ale. Stabilità politica che dunque non<br />
significa crescita ma piuttosto stagnazione e che spiega il<br />
persistere della miseria nonostante le enormi risorse umane<br />
ed energetiche del Paese. Non tutto, ovviamente, è negativo,<br />
e il papa stesso - nel suo <strong>di</strong>scorso all'arrivo nella capitale<br />
Yaoundé, il 17 marzo - ha evidenziato alcuni aspetti<br />
molto positivi del Camerun, definito "terra <strong>di</strong> speranza" nell'Africa<br />
Centrale per migliaia <strong>di</strong> rifugiati dai vicini Paesi in guerra;<br />
"terra <strong>di</strong> vita" per il suo Governo che <strong>di</strong>fende chiaramente<br />
i <strong>di</strong>ritti dei non nati; "terra <strong>di</strong> pace" per l'operato della sua<br />
<strong>di</strong>plomazia in un contenzioso con la Nigeria; "terra <strong>di</strong> giovani"<br />
e "Africa in miniatura", come detto. Da questa terra,<br />
che simbolizza l'intero Continente, papa Ratzinger ha iniziato<br />
il suo viaggio. L' Angola invece ha una storia e una<br />
lingua portoghese: il Portogallo è nel Paese da<br />
circa cinque secoli, prima come colonizzatore,<br />
poi come referente politico e commerciale. Grazie<br />
al Portogallo, l'Angola è stato il primo Paese evangelizzato<br />
dell'Africa subsahariana (1491), e proprio<br />
questo anniversario il papa ha voluto celebrare<br />
solennemente con la sua presenza. Trova<br />
una terra governata da 30 anni dallo stesso presidente<br />
(Josè dos Santos, uno dei capi ribelli del<br />
MPLA) e che, dopo 27 anni <strong>di</strong> una sanguinosa<br />
guerra civile (1975-2002) e mezzo milione <strong>di</strong> mor-<br />
Aprile<br />
2009<br />
ti, è attualmente in impetuosa crescita economica (il PIL è<br />
aumentato del 25% su base annua). Anche in questo caso<br />
però, come troppo spesso in Africa, ad arricchirsi è solo<br />
una limitata oligarchia. Questo forte sviluppo è sostenuto<br />
(anche qui come in tanti altri Paesi africani) da una non<br />
più tanto subdola colonizzazione cinese, che invia operai<br />
a lavorare a ritmi <strong>di</strong> schiavi per costruire strade, ferrovie,<br />
porti, ospedali, scuole, attratta com'è dalle ricchezze angolane,<br />
soprattutto petrolio e <strong>di</strong>amanti. Uno sviluppo che non<br />
impe<strong>di</strong>sce al 70% della popolazione (circa 16 milioni in totale,<br />
su 1.246.000 kmq, quattro volte l'Italia) <strong>di</strong> continuare a<br />
soffrire la fame e le malattie (l'analfabetismo è al 60%, la<br />
mortalità entro i 5 anni è del 330 per mille!). Un altro problema<br />
gravissimo è la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> circa 11 milioni <strong>di</strong> mine<br />
ed altri residuati bellici inesplosi, che provocano vittime soprattutto<br />
tra i bambini. "Un Paese, lo ha definito il papa all'Angelus<br />
domenicale precedente il viaggio, che dopo la lunga guerra<br />
interna ha ritrovato la pace ed ora è chiamato a ricostruirsi<br />
nella giustizia".<br />
UNA DOTTORESSA ITALIANA CHE AGLI ANGOLANI<br />
HA DATO LA VITA<br />
"Fino ai giorni nostri schiere <strong>di</strong> missionari e <strong>di</strong> martiri hanno<br />
continuato ad offrire la loro testimonianza a Cristo in ogni<br />
parte dell'Africa, e oggi la Chiesa è qui benedetta con la<br />
presenza <strong>di</strong> circaa 150<br />
milioni <strong>di</strong> fedeli".<br />
Queste parole, pronunciate<br />
da Benedetto<br />
XVI nell'aeroporto<br />
<strong>di</strong> Yaoundé al suo arrivo<br />
in Camerun, mi<br />
hanno fatto ripensare<br />
a Maria Bonino, una pe<strong>di</strong>atra italiana vittima della sua passione<br />
per i bambini africani malati. Accadde giusto quattro<br />
anni fa, il 24 marzo 2005, proprio nel giorno in cui la<br />
Chiesa celebra con preghiere e <strong>di</strong>giuno i cristiani martiri<br />
(ricordando l'assassinio in Salvador del vescovo Oscar Romero,<br />
nel 1980). La dottoressa Bonino, 51 anni, piemontese <strong>di</strong><br />
Biella, era in Africa già da 11 anni come volontaria dell'ong<br />
italiana Cuamm-Me<strong>di</strong>ci con l'Africa; aveva avuto esperienze<br />
in Tanzania, Burkina Faso e Uganda ed era in Angola da<br />
due anni, ma stava per trasferirsi ancora in Etiopia. Il suo<br />
luogo <strong>di</strong> lavoro era l'ospedale provinciale <strong>di</strong> Uige, nel nord<br />
dell'Angola, dove scoppiò una epidemia <strong>di</strong> febbre emorragica<br />
causata dal virus Marburg. Un virus poco noto, <strong>di</strong>fficile<br />
da stu<strong>di</strong>are e da trattare, ma molto pericoloso perché<br />
provoca, oltre a febbre-vomito-<strong>di</strong>arrea, emorragie gravi e<br />
spesso mortali in pochi giorni. Nella regione infatti in poco<br />
tempo si arrivò a più <strong>di</strong> 500 vittime, soprattutto bambini.<br />
La dottoressa Bonino era consapevole del pericolo ma non<br />
volle lasciare i suoi malati; "mascherina e guanti, candeggina<br />
a gogò - scrisse alla sorella - stai tranquilla, mi <strong>di</strong>fendo!".<br />
Ma ai genitori scrisse anche, quasi con un presentimento:<br />
"Qui si boccheggia, cercando <strong>di</strong> non affondare nel<br />
mare grosso della pe<strong>di</strong>atria. Avolte sembra un incubo: pianti,<br />
gemiti, urla <strong>di</strong> genitori <strong>di</strong>sperati... e la sensazione <strong>di</strong> essere<br />
impotenti. E' umanamente impossibile vedere un senso<br />
per tutto questo dolore innocente - aggiungeva con lo<br />
sgomento del me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> fronte al male, ma poi con la speranza<br />
del cristiano concludeva: l'unica cosa che resta è fidarsi<br />
che ci sia". Fu contagiata dal virus Marburg, che in pochi<br />
giorni la portò alla morte, nonostante una corsa <strong>di</strong>sperata<br />
a Luanda, capitale dell'Angola, per un estremo tentativo<br />
terapeutico; e a Luanda Maria Bonino fu sepolta, perché<br />
alla madre aveva anche scritto: "Se muoio in Africa, lasciatemi<br />
dove sono". Mi è sembrato bello ricordarla, nel quarto<br />
anniversario del suo sacrificio, insieme al racconto del<br />
viaggio papale, come una dei tanti missionari - sacerdoti,<br />
religiosi, laici - che contribuiscono silenziosamente, e a volte<br />
fino al dono della propria vita, allo sviluppo materiale e<br />
morale del Continente più povero e sfruttato.
Pier Giorgio Liverani<br />
Aprile<br />
2009<br />
Che cosa potrebbe accadere<br />
se la legge sulla “fine vita”<br />
(mentre scrivo è ancora<br />
in <strong>di</strong>scussione al Senato)<br />
fosse approvata con la<br />
legittimazione anche del<br />
“<strong>di</strong>ritto” <strong>di</strong> farsi sospendere<br />
la nutrizione e l’idratazione?<br />
Di là dalle<br />
valutazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />
morale e religioso,<br />
su cui mi sembra<br />
perfino superfluo soffermarsi,<br />
le macro-conseguenze<br />
sono note.<br />
Sarebbe innanzi tutto<br />
sancito ufficialmente<br />
il lugubre<br />
“<strong>di</strong>ritto alla morte”<br />
<strong>di</strong> cui si è fatto<br />
portaban<strong>di</strong>era<br />
Umberto Veronesi, uno che aveva finora de<strong>di</strong>cato<br />
la sua vita alla salvezza <strong>di</strong> quella altrui (definisco<br />
lugubre l’inesistente <strong>di</strong>ritto, perché nella<br />
concezione dell’ateismo e del laicismo oltre la<br />
morte non c’è speranza né tanto meno salvezza:<br />
finiscono tutti e tutto in un grande buco nero).<br />
E si darebbe il via libera, legalizzandolo, anche<br />
al suici<strong>di</strong>o: quello “assistito” nel caso specifico<br />
per cui questa legge si sta facendo, ma su un<br />
piano più vasto anche il suici<strong>di</strong>o in sé.<br />
Già questo sarebbe un autentico rovesciamento<br />
<strong>di</strong> aspetti importanti dell’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co,<br />
rovesciamento peraltro non nuovo, perché con<br />
la legge 194/78 sull’aborto volontario si è introdotto<br />
in Italia anche il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uccidere il nascituro<br />
(il proprio figlio!) con l’aiuto e il finanziamento<br />
dello Stato, dunque a spese <strong>di</strong> tutta la comunità<br />
nazionale e perciò con la complicazione e l’aggravante<br />
<strong>di</strong> una forzata complicità <strong>di</strong> tutti noi.<br />
Attualmente il Co<strong>di</strong>ce civile vieta gli “atti <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione<br />
del proprio corpo” (salvo i casi <strong>di</strong> donazione<br />
per trapianto) e questa norma è considerata,<br />
in giurisprudenza, espressione <strong>di</strong> un principio generale<br />
dell’or<strong>di</strong>namento avente dunque valore <strong>di</strong><br />
norma inderogabile.<br />
A maggior ragione, anche se non esplicitata, l’or<strong>di</strong>namento<br />
non concepisce una legittimità del suici<strong>di</strong>o.<br />
Difatti il Co<strong>di</strong>ce penale punisce sia l’omici<strong>di</strong>o<br />
del consenziente (da sei a quin<strong>di</strong>ci anni <strong>di</strong><br />
reclusione) sia l’istigazione e l’aiuto al suici<strong>di</strong>o<br />
(da cinque a do<strong>di</strong>ci anni o da uno a cinque se<br />
il suici<strong>di</strong>o non avviene).<br />
Tutto l’or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co, a parte i casi recenti<br />
dell’aborto e della fecondazione artificiale, è<br />
orientato alla vita, pro vita. Con la DAT<br />
(Dichiarazione anticipata <strong>di</strong> trattamento: questo<br />
è il nome ufficiale del testamento biologico) si<br />
rischia <strong>di</strong> fare un altro lungo passo verso l’orientamento<br />
inverso, pro morte.<br />
Che cosa accadrà, allora? Se si darà tanta importanza<br />
a una DAT fatta anni prima e valida anche<br />
se la firmataria non l’ha confermata perché in<br />
stato <strong>di</strong> incoscienza, a maggior ragione dovrebbe<br />
essere rispettata la volontà <strong>di</strong> chi, in possesso<br />
<strong>di</strong> tutte le sue facoltà, si spara o si getta nel Tevere<br />
o in mare o da una finestra o si avvelena o sia<br />
asfissia.<br />
Di conseguenza non dovrebbe più essere lecito<br />
impe<strong>di</strong>rglielo o salvargli la vita, dato che eserciterà<br />
un suo <strong>di</strong>ritto.<br />
C’è il rischio, insomma, che chi si lancia nei flutti<br />
e, a rischio della propria vita, la salva al suicida<br />
invece <strong>di</strong> ricevere la classica medaglia sia<br />
condannato al… carcere al valor civile.<br />
Può sembrare, ma non è una battuta.<br />
Ci saranno poi anche le micro-conseguenze. Scriveva<br />
giorni or sono al Foglio Alfredo Mantovano, magistrato<br />
<strong>di</strong> valore e attualmente sottosegretario agli<br />
Interni: «Se io sottoscrivo una polizza assicurativa<br />
<strong>di</strong> vita e dopo qualche tempo deposito al<br />
notaio la DAT, la polizza vale ugualmente?»<br />
E proseguiva: «Domanda strana? Tutt’altro: domanda<br />
che conferma come in un or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co<br />
orientato pro vita, l’inserimento <strong>di</strong> un istituto<br />
che si muove pro morte produce effetti indesiderati,<br />
anche in ambiti <strong>di</strong>stanti e impreve<strong>di</strong>bili».<br />
In altre parole e situazione, sarebbe come se<br />
una donna accendesse un’assicurazione sulla<br />
vita del figlio che ha in grembo e poi lo abor-<br />
5<br />
tisse. Non solo, ma le<br />
imprese assicuratrici,<br />
vorranno sapere, prima <strong>di</strong><br />
concordare un’assicurazione<br />
sulla vita, se la<br />
persona in questione avrà<br />
già depositato la sua DAT<br />
o se firmerà un impegno<br />
a non sottoscriverla,<br />
pena la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ogni<br />
<strong>di</strong>ritto.<br />
Si rischia, poi, <strong>di</strong> favorire<br />
“fini vita” mai desiderati:<br />
immaginate<br />
il caso <strong>di</strong> un erede,<br />
che, nel timore<br />
<strong>di</strong> un risveglio<br />
dallo stato<br />
vegetativo<br />
persistente,<br />
acceleri la morte<br />
del de cuius<br />
o ne falsifichi<br />
una DAT magari con la complicità <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co<br />
<strong>di</strong>sonesto e complice, per assicurarsi la cospicua<br />
ere<strong>di</strong>tà. Insomma il rischio più preve<strong>di</strong>bile<br />
è una grossa <strong>di</strong>minuzione delle assicurazioni sulla<br />
vita.<br />
La bioetica è esigente, non è altra cosa dalla<br />
nostra vita quoti<strong>di</strong>ana e può avere ricadute impreve<strong>di</strong>bili.<br />
Non sono ipotesi soltanto <strong>di</strong> scuola. Un<br />
appello apparso sull’Unità a metà marzo (e<strong>di</strong>zioni<br />
a stampa e on line) e firmato dai grossi nomi<br />
“operativi” del mondo laico-laicista (tra cui i ginecologi<br />
Carlo Flamigni e Carlo Augusto Viano, l’anestesista<br />
Mario Riccio – quello <strong>di</strong> Welby – i quali<br />
per professione dovrebbero tutti avere a che<br />
fare con la vita piuttosto che con la morte, e Maurizio<br />
Mori, segretario della laicissima Consulta <strong>di</strong> Bioetica)<br />
cancellava ogni dubbio circa la possibilità che<br />
il “caso Eluana” fosse stato usato ad arte ai fini<br />
<strong>di</strong> un risultato anche politico. «Noi – <strong>di</strong>ceva l’appello<br />
– non esitiamo a riven<strong>di</strong>care la moralità e<br />
la desiderabilità dell’eutanasia (attiva e volontaria)<br />
e del suici<strong>di</strong>o assistito» e definiva le cure<br />
palliative «passaggi essenziali per raggiungere<br />
l’obiettivo della buona morte», cioè esplicitamente<br />
l’omici<strong>di</strong>o del consenziente ovvero il suici<strong>di</strong>o<br />
assistito.<br />
Qui si tratta soltanto <strong>di</strong> un cambio <strong>di</strong> nome, <strong>di</strong><br />
un caso classico <strong>di</strong> Antilingua. Povera Eluana,<br />
vittima <strong>di</strong> una cultura, <strong>di</strong> una politica, <strong>di</strong> una giustizia<br />
e infine <strong>di</strong> un laicismo ra<strong>di</strong>cale che – fateci<br />
caso: aborto, droga, fecondazione artificiale<br />
al costo dell’abbandono <strong>di</strong> tanti embrioni fratelli<br />
e ora anche eutanasia e suici<strong>di</strong>o – sembrano<br />
non avere altro obiettivo da raggiungere che la<br />
morte.
6<br />
Mara Pietroni<br />
Nell’Istruzione “Donum<br />
Vitae”, del 1987, leggiamo<br />
che “’essere<br />
umano deve essere rispettato<br />
e trattato come persona dal<br />
momento stesso del concepi-<br />
mento” 1<br />
.<br />
Questa importante <strong>di</strong>chiarazione<br />
è <strong>di</strong>venuta ancora più forte<br />
e significativa in vista dei progressi<br />
della biotecnologia,<br />
ponendosi come imperativo<br />
etico <strong>di</strong> fronte alle nuove capacità<br />
manipolative degli uomini.<br />
Laddove un tempo, per la vita<br />
del nascituro, si aveva come volontaria<br />
soltanto la minaccia dell’aborto,<br />
troviamo oggi una<br />
variegata possibilità <strong>di</strong> interventi<br />
che mortificano quella nuova vita<br />
umana nella sua <strong>di</strong>gnità.<br />
Dalla fabbricazione in provetta<br />
alla <strong>di</strong>agnosi preimpianto, dalla<br />
manipolazione alla sperimentazione,<br />
c’è sempre la<br />
mano <strong>di</strong> un uomo irrispettoso che interpreta e<br />
giu<strong>di</strong>ca il valore <strong>di</strong> un’altra vita umana sulla base<br />
<strong>di</strong> categorie non più ontologiche ma materialiste<br />
e funzionaliste.<br />
Proprio per questo la nostra responsabilità è ancora<br />
più grande e determinante. Si tratta infatti <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere l’inviolabilità della vita umana proprio<br />
quando essa è più fragile e vulnerabile.<br />
Paradossalmente è stata proprio la scienza a<br />
<strong>di</strong>mostrare piuttosto <strong>di</strong> recente che l’embrione<br />
è inequivocabilmente un essere umano e che<br />
a lui appartengono quei caratteri che consideriamo<br />
determinanti nello sviluppo <strong>di</strong> una vita umana<br />
quali l’in<strong>di</strong>vidualità sostanziale, la continuità<br />
della sua attività autoprogrammata e teleologica,<br />
un essere umano cioè che fin dai primi<br />
sta<strong>di</strong> mostra tutte le caratteristiche <strong>di</strong> un nuovo<br />
in<strong>di</strong>viduo umano che si sta sviluppando secondo<br />
il proprio progetto <strong>di</strong> vita, non lasciando nulla<br />
al caso.<br />
Nonostante il fatto che sulla base <strong>di</strong> queste evidenze<br />
scientifiche ci siano state <strong>di</strong>fferenti interpretazioni<br />
inerenti il <strong>di</strong>verso valore da dare alle<br />
susseguentisi fasi <strong>di</strong> sviluppo della vita umana,<br />
la vera <strong>di</strong>fferenza sta nella prospettiva antropologica<br />
adottata.<br />
E bisogna ricordare che è sempre in base a tale<br />
prospettiva che un problema si pone come etico<br />
ed eventualmente come estremamente grave.<br />
Il caso delle cellule staminali suscita oggi particolare<br />
interesse perché ad esso viene legata,<br />
con non poco sensazionalismo, la possibilità <strong>di</strong><br />
curare le più gravi malattie e <strong>di</strong> aprire possibilità<br />
terapeutiche fino ad ora inimmaginabili.<br />
Bisogna però sempre ricordare che sperimen-<br />
tare su cellule embrionali vuol <strong>di</strong>re prelevarle da<br />
embrioni umani che vengono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>strutti e<br />
che, nella logica <strong>di</strong> questa prospettiva, vengono<br />
spesso creati al solo fine della ricerca.<br />
Qui vale nel modo più assoluto la legge del “fine<br />
che giustifica i mezzi”, proprio perché in vista<br />
<strong>di</strong> risultati straor<strong>di</strong>nari, curativi per le persone malate<br />
si è <strong>di</strong>sposti a sacrificare la vita <strong>di</strong> altrettanti<br />
esseri umani, degni invece dello stesso rispetto<br />
e portatori della stessa <strong>di</strong>gnità ed inviolabilità.<br />
Altra cosa da ricordare è che oggi i risultati<br />
derivanti dallo stu<strong>di</strong>o sulle cellule staminali embrionali<br />
sono davvero pochi e che quelli invece più<br />
promettenti e rilevanti provengono dalla ricerca<br />
sulle cellule staminali adulte.<br />
Negli ultimi anni ad esempio interessanti stu<strong>di</strong><br />
sono stati condotti sulle cellule staminali prelevate<br />
dal sangue del cordone ombelicale, stu<strong>di</strong><br />
che hanno dato promettenti risultati anche nel<br />
caso <strong>di</strong> gravi malattie quali la sclerosi laterale<br />
amiotrofica (sla). Per questo molti scienziati sostengono<br />
che è proprio su questi fronti, cioè sullo<br />
stu<strong>di</strong>o delle cellule staminali adulte – che evidentemente<br />
non compromettono la <strong>di</strong>struzione<br />
<strong>di</strong> embrioni umani - che dovrebbero concentrarsi<br />
tutte le energie per la ricerca.<br />
Ma tornando alle cellule staminali embrionali, va<br />
ricordato un altro dramma connesso a queste<br />
nuove possibilità ovvero, non solo la già accennata<br />
creazione ad hoc <strong>di</strong> embrioni, ma anche<br />
l’insoluta questione degli embrioni crionservati,<br />
cioè <strong>di</strong> tutti quegli embrioni soprannumerari<br />
la cui vita è letteralmente sospesa, embrioni congelati<br />
creati inizialmente per effettuare fecondazioni<br />
artificiali e che da più parti vengono reclamati<br />
Aprile<br />
2009<br />
al fine della sperimentazione.<br />
E’la triste immagine dell’uomo che<br />
si sente padrone della stessa creazione<br />
e che aggiunge danno al<br />
danno.<br />
Per non parlare <strong>di</strong> quando delicatissime<br />
scelte etiche vengono<br />
fatte sulla base <strong>di</strong> non troppo<br />
profon<strong>di</strong> meccanismi politici,<br />
come quelli che hanno portato<br />
il neo presidente americano<br />
Obama a rimuovere, con un or<strong>di</strong>ne<br />
esecutivo, i limiti posti dalla<br />
precedente amministrazione<br />
al finanziamento pubblico per la<br />
ricerca sulle cellule staminali embrionali.<br />
In vista <strong>di</strong> una “nova frontiera”<br />
per la scienza americana e<br />
quin<strong>di</strong> in vista <strong>di</strong> interessi <strong>di</strong> potere<br />
ed economici evidentemente<br />
molto rilevanti, il presidente<br />
Obama ha approvato dei finanziamenti<br />
che permetteranno il sacrificio<br />
<strong>di</strong> vite umane appena iniziate<br />
– gli embrioni appunto – per<br />
ricercare quella potenzialità che<br />
egli stesso ha <strong>di</strong>chiarato essere al momento soltanto<br />
presunta. E questo in nome <strong>di</strong> una scienza<br />
libera dai dogmi e dalle ideologie.<br />
Ma proprio questo è un perfetto esempio <strong>di</strong> ideologia<br />
che prevarica il rispetto della vita umana.<br />
Imme<strong>di</strong>ate sono state le repliche della Santa Sede<br />
la quale ha sottolineato che “il riconoscimento<br />
della <strong>di</strong>gnità personale deve essere esteso a tutte<br />
le fasi dell’esistenza dell’essere umano: su<br />
questa maturità del pensiero si fonda una reale<br />
democrazia, capace <strong>di</strong> riconoscere l’uguaglianza<br />
<strong>di</strong> tutti gli uomini e d’impe<strong>di</strong>re ogni ingiusta <strong>di</strong>scriminazione<br />
basata sul loro sviluppo o sulla loro<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute”.<br />
Un embrione infatti, come ha aggiunto il prof.<br />
Pessina - <strong>di</strong>rettore del Centro <strong>di</strong> bioetica<br />
dell’Università Cattolica - “è soggetto non nel<br />
senso psichico, ma nel significato ontologico”,<br />
e proprio questa dovrebbe essere la determinante<br />
prospettiva antropologica dalla quale muovere<br />
verso scelte etiche così delicate, nella speranza<br />
<strong>di</strong> non commettere errori così gravi e lesivi<br />
per la <strong>di</strong>gnità propria della vita umana in ogni<br />
fase del suo sviluppo.<br />
1<br />
Cf Gau<strong>di</strong>um et spes, 24; cf CONGREGA-<br />
ZIONE PER LA DOTTRINA DELLA<br />
FEDE,Istruzione sul rispetto della vita umana<br />
nascente e la <strong>di</strong>gnità della procreazione<br />
“bDonum Vitae”, 22-II-1987, 5.
Aprile<br />
2009<br />
Sara Gilotta<br />
“ Io t’invoco e Ti cerco, Uomo,<br />
in cui la storia umana<br />
può trovare il suo Corpo.<br />
Mi muovo incontro a te,<br />
non <strong>di</strong>co, “vieni”<br />
Semplicemente <strong>di</strong>co”Sii”,<br />
sii là dove non resta nessuna impronta ,<br />
ma dove un tempo fu l’uomo,<br />
dove fu in cuore e anima,<br />
desiderio, dolore e volontà,<br />
consumato dai sentimenti<br />
e avvampando <strong>di</strong> santa vergogna,<br />
sii l’eterno Sismografo delle Realtà<br />
invisibili.<br />
O Uomo in cui s’incontrano dell’uomo<br />
il fondo e il vertice,<br />
in cui l’intimo non è pesantezza né tenebra<br />
ma solamente cuore.<br />
Uomo nel quale ogni uomo può ritrovare<br />
l’intento profondo<br />
E la ra<strong>di</strong>ce delle sue azioni: specchio <strong>di</strong><br />
vita e morte,<br />
fisso all’umana corrente.<br />
Uomo- a Te sempre giungo- seguendo<br />
Il magro fiume della storia,<br />
andando incontro a ogni cuore,<br />
incontro a ogni pensiero<br />
( storia- una ressa <strong>di</strong> pensieri<br />
e morte dei cuori).<br />
Cerco per tutta la storia il Tuo Corpo,<br />
cerco la Tua profon<strong>di</strong>tà.<br />
Karol Wojtyla<br />
In questi giorni <strong>di</strong> Quaresima, che forse ognuno<br />
vive nell’incerta luce <strong>di</strong> un pensiero umano<br />
troppo annebbiato dal suo stesso essere <strong>di</strong>venuto<br />
specchio <strong>di</strong> una realtà cui sembra mancare<br />
qualunque vera certezza non solo <strong>di</strong> fede,<br />
ma <strong>di</strong> consapevole senso umanità, ho cercato<br />
parole che fossero capaci <strong>di</strong> rinnovare il mio<br />
pensiero per darmi risposte che superassero<br />
il contingente e mi parlassero nello stesso tempo<br />
dell’uomo come persona.<br />
E i versi <strong>di</strong> Wojtyla che ho sopra riportato hanno<br />
subito parlato al mio cuore e alla mia mente,<br />
<strong>di</strong>venendo momento <strong>di</strong> riflessione sincera,<br />
oltre che <strong>di</strong> rinnovata ammirazione per il loro<br />
Autore del quale in tanti anni <strong>di</strong> Pontificato tutti<br />
abbiamo imparato ad amare proprio quel profondo<br />
senso <strong>di</strong> umanità, che oggi troppo spesso<br />
sembra perdersi, travolto da false ed ancor<br />
più dannose ideologie, nelle quali l’Uomo - Cristo<br />
viene <strong>di</strong>menticato o perlomeno relegato nel cono<br />
d’ombra <strong>di</strong> scelte fatte solo<br />
<strong>di</strong> vuota superficialità.<br />
Colui che fu pontefice amato<br />
e seguito, le cui parole<br />
<strong>di</strong> fede non <strong>di</strong>menticarono<br />
mai <strong>di</strong> guardare alla<br />
realtà della persona umana,<br />
proprio in occasione<br />
della veglia pasquale del<br />
1966 scrisse <strong>di</strong> cercare<br />
Cristo fatto uomo nella storia<br />
anche lì dove essa non<br />
sembra conservare nessuna<br />
impronta <strong>di</strong> Lui, forse<br />
dove appunto un tempo<br />
fu l’uomo, quello capace<br />
<strong>di</strong> riconoscersi tale e<br />
riconoscere il suo simile<br />
con il cuore, l’anima, il desiderio<br />
e la volontà per guardare<br />
all’altro con sentimento<br />
positivo, quello che nasce<br />
dal cuore e non dalla pesan-<br />
7<br />
tezza delle tenebre.<br />
Le tenebre dell’in<strong>di</strong>fferenza, del sopruso , <strong>di</strong> una<br />
male <strong>di</strong>ffuso, che si traveste <strong>di</strong> desiderio <strong>di</strong> giustizia<br />
e <strong>di</strong> equità sociale, ma che, in verità sta<br />
conducendo i destini dell’umanità verso esiti,<br />
nei quali sarà <strong>di</strong>fficile ritrovare la ra<strong>di</strong>ce e l’autentico<br />
significato delle azioni che dovrebbero<br />
appartenere all’uomo, se in lui si vuole ancora<br />
ritrovare L’Uomo, cui la storia dovrebbe tendere<br />
per dare un senso a se stessa.<br />
Il poeta, che sa solo che andando “incontro ad<br />
ogni cuore e ad ogni pensiero”, può giungere<br />
a Lui, sa anche che senza <strong>di</strong> Lui , la storia è<br />
solo un magro fiume, è la morte dei cuori persi<br />
in certezze che fin troppo facilmente riveleranno<br />
la loro inutile arroganza e la loro vuota<br />
inconsistenza.<br />
Eppure il poeta sa che solo nella storia può continuare<br />
a cercare Cristo, perché <strong>di</strong>versamente<br />
essa perderebbe <strong>di</strong> qualunque significato per<br />
quanto immanente e transeunte ed è per questo<br />
che <strong>di</strong>ce “Sii” lì dove c’è ancora almeno il<br />
desiderio <strong>di</strong> trovarLo, nonostante l’uomo sembri<br />
<strong>di</strong>mentico che solo in Lui può trovare l’eterno<br />
sismografo delle realtà oltremondane ed invisibili<br />
<strong>di</strong> cui il mondo sembra convinto <strong>di</strong> poter<br />
fare a meno. “Sismografo”, <strong>di</strong>ce il poeta, un sostantivo<br />
forse anomalo in un componimento <strong>di</strong> stile<br />
elevato e commosso, ma è certo che proprio<br />
<strong>di</strong> un rinnovato sismografo il mondo ha bisogno,<br />
per svegliarsi dal torpore in cui è precipitato,<br />
il torpore, non solo dell’in<strong>di</strong>fferenza, ma del<br />
convincimento troppo <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> non avere bisogno<br />
d’altro che <strong>di</strong> se stesso, per vivere e fare<br />
la storia.<br />
E in un momento come quello in cui stiamo vivendo<br />
che non può non apparire, com’è, in piena<br />
crisi <strong>di</strong> valori riconosciuti e con<strong>di</strong>visi, non si può<br />
che sperare e pregare, perché si torni con semplicità<br />
a cercare l’uomo seguendo l’Uomo.<br />
Nella speranza che nulla sia ancora del tutto<br />
compromesso.
8<br />
Sara Bianchini<br />
L<br />
o scorso 29 gennaio il Progetto San<br />
Lorenzo, della Caritas <strong>di</strong>ocesana, ha organizzato<br />
un incontro <strong>di</strong> formazione per i suoi<br />
volontari (e per chiunque fosse stato interessato)<br />
sul tema carcere, giustizia e comunicazione.<br />
Il titolo era "L'inizio della soluzione…" e l'incontro era<br />
animato da Ornella Favero, <strong>di</strong>rettrice <strong>di</strong> "Ristretti Orizzonti",<br />
il giornale bimensile redatto dai detenuti e dai volontari<br />
della Casa <strong>di</strong> Reclusione <strong>di</strong> Padova. "Ristretti Orizzonti"<br />
è la fonte più completa <strong>di</strong><br />
informazioni - quasi in tempo<br />
reale - sui temi e i problemi<br />
della giustizia e del carcere<br />
in Italia (e non solo).<br />
Una fonte quoti<strong>di</strong>ana, raggiungibile<br />
me<strong>di</strong>ante un sito<br />
(www.ristretti.it) e una newsletter<br />
che raggiunge quoti<strong>di</strong>anamente<br />
i suoi lettori. Perché<br />
l'inizio della soluzione?<br />
Perché riflettendo insieme,<br />
siamo arrivati a concludere<br />
(ma questa non è una novità)<br />
che i mezzi <strong>di</strong> comunicazione<br />
hanno una più che rilevante<br />
responsabilità nell'orientare<br />
(se non con<strong>di</strong>zionare) l'opinione<br />
pubblica quanto ai temi della<br />
giustizia e del carcere. La<br />
novità sta invece nel fatto <strong>di</strong><br />
iniziare noi - volontari e cristiani<br />
in genere - a sentire<br />
il dovere <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre<br />
questa responsabilità della comunicazione e della informazione.<br />
Oggi il volontariato prima fa e poi pensa che<br />
può lasciare un piccolo spazio per comunicare e fare<br />
informazione. Vorrei riportare brevemente alcune considerazioni<br />
emerse durante la serata. Per un volontariato<br />
<strong>di</strong> informazione efficace bisogna attrezzarsi. Innanzitutto<br />
perché il tema del carcere non piace a nessuno e perché<br />
rappresenta una realtà complessa. Chi ritiene utile<br />
impiegare il proprio tempo a ragionare sulla realtà<br />
"carcere" e "giustizia" in Italia? Tanto più oggi… Che<br />
cosa significa allora attrezzarsi?<br />
1) Avere la ferma consapevolezza del proprio punto <strong>di</strong><br />
partenza: con le parole <strong>di</strong> "Ristretti Orizzonti", in carcere<br />
ci sono persone e non reati che camminano. E<br />
queste persone sono - in moltissimi casi - persone come<br />
noi. Negli incontri con gli adolescenti, la seconda domanda<br />
- dopo quella: per quale reato stai dentro? - è sempre<br />
quella sulla famiglia <strong>di</strong> provenienza, proprio ad in<strong>di</strong>care<br />
che l'immagine del detenuto è quella <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sgraziato<br />
che venga da una famiglia <strong>di</strong>sgraziata e che dunque<br />
era una sorta <strong>di</strong> predestinato al crimine. Questo non è<br />
sempre vero, anzi!!! Le "certezze" crollano quando ci<br />
si accorge che non è vero che i buoni stanno tutti da<br />
una parte e i cattivi tutti da un'altra (i buoni fuori e i cattivi<br />
dentro, sempre per <strong>di</strong>rla con le parole <strong>di</strong> "Ristretti").<br />
2) Cercare <strong>di</strong> capire con chi bisogna confrontarsi per<br />
sapere come comunicare sul carcere - chi parla in Italia<br />
<strong>di</strong> giustizia e carcere? Molto spesso i rappresentati politici<br />
che altrettanto spesso un carcere non l'hanno mai<br />
visto o stentano a ricordare se esista o meno un mandato<br />
costituzionale relativo al carcere (sì, esiste! Ed è<br />
l'articolo 27 della Costituzione). Talora ne parlano le<br />
forze dell'or<strong>di</strong>ne o i rappresentanti della magistratura.<br />
Quasi mai ne parlano le vittime <strong>di</strong>rette <strong>di</strong> un<br />
reato (forse i suoi familiari, ma solo subito dopo<br />
il reato, prima che le indagini e i processi siano<br />
compiuti). Mai ne parlano gli operatori<br />
(educatori, polizia penitenziaria, psicologi,<br />
volontari) né i <strong>di</strong>retti interessati<br />
(detenuti e loro famiglie). Perché<br />
se voglio sapere<br />
qualcosa <strong>di</strong> sci,<br />
chiedo ad uno sportivo <strong>di</strong> quel settore e non al ministro<br />
delle politiche giovanili o sportive, e invece sul carcere<br />
chiedo tutto al ministro e nulla a un detenuto?<br />
3) Cercare <strong>di</strong> capire quali sono i temi cal<strong>di</strong> connessi<br />
alla nostra riflessione - oggi il tema centrale non è la<br />
giustizia, ma la sicurezza. Allora attrezzarsi significa chiedersi<br />
"quali <strong>di</strong>mensioni garantiscono oggi realmente la<br />
sicurezza?". Esistono molti dati del Ministero degli Interni<br />
in proposito… Può esserci una fonte più sicura e più<br />
imparziale <strong>di</strong> questa? Eppure, nonostante dal Ministero<br />
arrivi la notizia che il tasso dei reati in Italia è <strong>di</strong>minuito<br />
negli ultimi anni (e dunque - conseguenza logica -<br />
che siamo più sicuri oggi <strong>di</strong> ieri), perché tutti ci sentiamo<br />
meno sicuri e ignoriamo queste ricerche?<br />
Le obiezioni e le paure che vengono dalle persone comuni,<br />
circa il carcere, sono spesso sensate: come fa una<br />
madre senza sol<strong>di</strong> ad accettare che mentre lei non può<br />
pagare gli stu<strong>di</strong> al figlio, in carcere ci sono alcuni detenuti<br />
che hanno l'università gratis?<br />
E a chi tocca fare lo sforzo <strong>di</strong> spiegare che l'ingiustizia<br />
sta nel fatto che entrambi dovrebbero avere questo<br />
<strong>di</strong>ritto, e invece le risorse per questo non si trovano,<br />
e che investire sulla formazione <strong>di</strong> un detenuto significa<br />
investire a lungo termine affinchè, anche grazie alla<br />
cultura, non ripeta più cioè che ha compiuto?!? Tocca<br />
ai magistrati, ai poliziotti? Ovviamente no. Tocca a chi<br />
ruota accanto al mondo del carcere, ossia gli operatori<br />
e i volontari. E i detenuti… Perché in Italia si pensa<br />
che il lavoro sia rieducativo e non si pensa (abba-<br />
Aprile<br />
2009<br />
L'inizio della soluzione…<br />
Foto a destra e sinistra: momenti della conferenza.<br />
In alto, titoli <strong>di</strong> articoli sul tema, pubblicati in Ecclesia<br />
stanza) che avvicinare a dei ragazzi un detenuto con<br />
l'intento che lui faccia la fatica <strong>di</strong> raccontare la sua storia,<br />
subire le domande dei ragazzi (che sono spesso<br />
crudeli e sfrontate), sia educativo per lui che dovrà per<br />
forza rileggere la sua storia e per loro che sapranno<br />
quanto sia facile scavalcare il confine fra legale e illegale<br />
e che prima o poi la giustizia ti presenta il suo conto<br />
(e dunque l'impunità non è così scontata!?!)?<br />
4) Riflettere sulle parole - le parole dei giornali "E' già<br />
fuori" o dei detenuti "Ci è scappato il morto" non rendono<br />
ragione della realtà. Perché non spiegano che è<br />
un modo <strong>di</strong> procedere tipico e legale della nostra<br />
giustizia, quello per cui se non sei pericoloso,<br />
resti fuori fino al processo,<br />
ma poi il processo lo avrai<br />
e in carcere ci andrai (e dunque<br />
il problema non è la certezza<br />
della pena, ma la lentezza<br />
della giustizia, cosa<br />
che riguarda i violentatori,<br />
ma soprattutto i responsabili<br />
<strong>di</strong> reati fiscali, economici<br />
che spesso in<br />
galera non ci vanno perché<br />
arriva la prescrizione). Perché<br />
non spiegano che se vai in giro<br />
con una pistola carica, il morto<br />
non ci spacca, ma è molto probabile<br />
che segua dalla tua decisione irresponsabile<br />
<strong>di</strong> partenza, ossia il<br />
portarti la pistola!<br />
5) Accettare un fine <strong>di</strong>verso<br />
della nostra comunicazione<br />
- un volontario (un cristiano)<br />
ha il dovere <strong>di</strong> essere vicino ad un detenuto,<br />
ma non quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderlo a priori. Un volontario<br />
ha il dovere <strong>di</strong> aiutare un detenuto a mettere la sua<br />
esperienza a servizio (e non in cattedra) degli altri.<br />
6) Evitare le esemplificazioni giornalistiche - i giornali<br />
si basano sulla semplificazione che "noi possiamo essere<br />
tutti vittime". Nessuno <strong>di</strong> noi si mette nell'ottica che<br />
"noi possiamo essere tutti colpevoli".<br />
Nessuno <strong>di</strong> noi - e i giornali lavorano su questo [altrimenti<br />
perché <strong>di</strong>re "rumeno violenta quin<strong>di</strong>cenne" e non<br />
<strong>di</strong>re "trentenne violenta quin<strong>di</strong>cenne", se non perché -<br />
fra gli altri motivi - trentenni potremmo essere tutti noi<br />
e i nostri familiari e amici, mentre rumeni no!?!] - sa mettersi<br />
al posto <strong>di</strong> un altro colpevole.<br />
Proprio "mettersi nei panni degli altri" è la sfida a cui<br />
deve rispondere un volontario, perché è un'azione che<br />
permette <strong>di</strong> attrezzarsi: per rompere la catena dell'o<strong>di</strong>o<br />
e non cavalcare l'onda della vendetta; per arrivare<br />
al cuore delle persone; per essere umili ed accettare<br />
<strong>di</strong> non possedere "la verità".
Aprile<br />
2009<br />
Angelo Bottaro<br />
Nel saggio “Motivazione e<br />
personalità” pubblicato<br />
nel 1954 lo psicologo statunitense<br />
Abraham Harold<br />
Maslow in<strong>di</strong>viduò una scala <strong>di</strong> bisogni<br />
fondamentali dell’uomo, che<br />
muove da quelli più elementari, primari<br />
e fisiologi, per arrivare ai bisogni<br />
più evoluti, relativi alla realizzazione<br />
delle proprie potenzialità, alla<br />
creatività, alla spiritualità. I bisogni sono<br />
stati in<strong>di</strong>viduati e rappresentati da Maslow<br />
con una piramide, alla cui base sono<br />
collocati i bisogni <strong>di</strong> bere, <strong>di</strong> mangiare,<br />
<strong>di</strong> respirare, <strong>di</strong> dormire e al cui vertice<br />
figurano quelli più sofisticati, quali<br />
per l’appunto quelli relativi alla piena<br />
realizzazione <strong>di</strong> sé e delle proprie<br />
aspirazioni. Ebbene, al secondo gra<strong>di</strong>no della piramide,<br />
subito dopo quelli vitali e fisiologici, figurano i bisogni<br />
<strong>di</strong> sicurezza, <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> protezione dai pericoli e dai<br />
danni. Ho scoperto con sorpresa e allo stesso tempo<br />
con apprensione che nella sfera dei miei parenti , amici<br />
e conoscenti in questi ultimi tempi il bisogno <strong>di</strong> sicurezza<br />
è cresciuto in maniera esponenziale. In conseguenza<br />
<strong>di</strong> ciò ho anche rilevato che le persone che frequento<br />
vorrebbero infliggere ai colpevoli pene più severe e drastiche,<br />
perché ritenute, rispetto alla gravità e alla tipologia<br />
del reato, deterrenti ed esemplari. Si tratta <strong>di</strong> crimini<br />
particolarmente gravi come la pedofilia, lo stupro,<br />
la violenza fisica su minori o su persone anziane e in<strong>di</strong>fese.<br />
Non mi sembra necessario scendere nei dettagli<br />
, ma certo è che non sospettavo tanta raffinata crudeltà<br />
e tanta sa<strong>di</strong>ca fantasia da parte dei miei interlocutori.<br />
Sono in ogni caso certo che si tratta <strong>di</strong> eccessi e <strong>di</strong><br />
intemperanze verbali con un assai improbabile seguito<br />
e sono parimenti convinto che tali propositi, emotivi più<br />
che razionali, sono stati in buona parte insinuati ed istigati<br />
dai me<strong>di</strong>a, che prendendo lo spunto da alcuni recenti<br />
e gravi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cronaca, hanno nella generalità dei<br />
casi affrontato e commentato i fatti, veri o presunti, con<br />
superficialità, parzialità, irresponsabilità, cinismo.<br />
Esagerazioni a parte è comunque fuori <strong>di</strong> dubbio che la<br />
sicurezza sia una esigenza fondamentale della vita del<br />
singolo e della intera collettività e che essa sia il presupposto<br />
per cui gli esseri umani si sono costituiti in organismo<br />
sociale, in collettività, ponendo le basi delle regole<br />
da rispettare, dei <strong>di</strong>ritti e soprattutto dei doveri, senza<br />
i quali non è possibile garantire e <strong>di</strong>fendere la convivenza<br />
sociale. Se da un lato non bisogna sottovalutare<br />
segnali e fatti che per la loro reiterazione, frequenza,<br />
gravità rischiano <strong>di</strong> incrinare e <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>care i rapporti<br />
umani e civili , dall’altro lato è semplicistico e al<br />
tempo stesso pericoloso pensare che le minacce e le<br />
turbative alla società possano essere arginate o impe<strong>di</strong>te<br />
con il ricorso a pene più severe e che alcuni reati<br />
abbiano una matrice ben precisa che passa per il colore<br />
della pelle, per il paese <strong>di</strong> provenienza, per la ra<strong>di</strong>ce<br />
religiosa o culturale del colpevole. E’ del tutto errata la<br />
equazione stupro eguale rumeno ed è altrettanto sbagliata<br />
la equazione pene più dure eguale meno reati e<br />
maggiore sicurezza. Basti citare pochi, inconfutabili dati<br />
: nel nostro Paese secondo le rilevazioni dell’Istat sul totale<br />
della popolazione femminile ancora in vita tra i quin<strong>di</strong>ci<br />
e i settanta anni <strong>di</strong> età hanno subito qualche forma<br />
violenza circa sei milioni e settecentomila delle donne<br />
(un milione e centocinquantamila solo nel 2006)! Oltre<br />
un milione e quattrocentomila ragazze italiane hanno subito<br />
una forma <strong>di</strong> violenza sessuale prima del compimento<br />
del se<strong>di</strong>cesimo anno! Secondo i dati relativi al 2009 <strong>di</strong>ffusi<br />
dal Ministero dell’Interno, tuttavia, si stima che in<br />
Italia il 96% delle violenze sessuali non venga denunciato<br />
soprattutto perché nel 70% dei casi è il partner<br />
della donna, fidanzato, marito o convivente, a commettere<br />
la violenza, al riparo delle mura domestiche e, quando<br />
invece si tratta del datore o del collega <strong>di</strong> lavoro, al<br />
riparo delle pareti dell’ufficio………. Per quanto attiene<br />
il restante 4% delle violenze , quelle denunciate , nel<br />
60,9% dei casi si tratta <strong>di</strong> italiani , nel 7,8% <strong>di</strong> rumeni ,<br />
nel 6,3% <strong>di</strong> marocchini e nel 6,2% <strong>di</strong> sconosciuti. Secondo<br />
le informazioni su dati reali <strong>di</strong>ffuse il 19 febbraio scorso<br />
dalla Ecpat Italia alla Borsa internazionale del turismo<br />
<strong>di</strong> Milano noi italiani risultiamo essere al primo posto in<br />
Europa per “turismo sessuale” (leggi pedofilia). Sono più<br />
<strong>di</strong> ottantamila gli italiani che ogni anno si recano all’estero,<br />
preferibilmente in Brasile, per “incontrare” una minorenne<br />
o un minorenne e molto spesso si tratta <strong>di</strong> padri<br />
<strong>di</strong> famiglia “rispettabili”, <strong>di</strong> mariti “premurosi”, <strong>di</strong> “persone<br />
per bene”: la prossima volta riflettiamo su questi pochi,<br />
ma sconvolgenti dati prima <strong>di</strong> puntare il <strong>di</strong>to sul prossimo<br />
stupratore rumeno. Ci vorrebbe un carcere grande<br />
come una metropoli per togliere dalla circolazione tutta<br />
questa “brava gente”<br />
e perché ogni donna<br />
possa sentirsi sicura<br />
non solo per strada,<br />
ma nella propria <strong>casa</strong><br />
o nell’ufficio nel quale lavora.<br />
Per quanto attiene<br />
le pene più severe la<br />
esperienza dei fatti ha<br />
<strong>di</strong>mostrato in maniera<br />
esauriente e definitiva<br />
che neppure la pena <strong>di</strong><br />
morte costituisce un<br />
sufficiente e apprezzabile<br />
deterrente per l’autore<br />
<strong>di</strong> un reato. E allora?<br />
Presi e sopraffatti dalla<br />
emergenza, dalla<br />
inquietu<strong>di</strong>ne, dall’impulso,<br />
dal giustiziali-<br />
9<br />
smo abbiamo tralasciato e sottovalutato<br />
una verità semplice, elementare,<br />
ma sempre <strong>di</strong>fficile da applicare,<br />
specie a noi stessi: la sicurezza<br />
<strong>di</strong>pende poco o nulla dalle<br />
pene, minacciate o inflitte, ma è fondata<br />
sulla prevenzione e dal non<br />
fare agli altri quello che non vorremmo<br />
fosse fatto a noi stessi. In<br />
altre parole la sicurezza è fondata<br />
sul rispetto dell’altro e cioè delle<br />
regole, a partire proprio da quelle<br />
apparentemente più “banali”, secondarie,<br />
quoti<strong>di</strong>ane, che noi stessi violiamo,<br />
più o meno sistematicamente<br />
e coscientemente, ritenendole , a<br />
torto, mancanze veniali, scusabili<br />
, meno gravi. Dobbiamo come<br />
sempre partire da noi stessi , dalle<br />
“piccole” cose, dando il buon esempio<br />
se non vogliamo che nella comunità trionfino il sotterfugio,<br />
la furbizia, la violenza, la prepotenza, la <strong>di</strong>sonestà,<br />
la corruzione e per giunta sotto la apparenza formale <strong>di</strong><br />
leggi eguali per tutti, del perbenismo e nel falso convincimento<br />
che i buoni (noi compresi ) siano tutti da una parte e<br />
i cattivi (gli altri , specie se immigrati) siano tutti dall’altra.<br />
La sicurezza, prima <strong>di</strong> affermare che tutti gli stupratori<br />
andrebbero castrati chirurgicamente o chimicamente,<br />
si costruisce giorno per giorno evitando <strong>di</strong> frodare il fisco,<br />
<strong>di</strong> assentarsi pretestuosamente dal lavoro, <strong>di</strong> abbandonare<br />
rifiuti <strong>di</strong> ogni genere, cani e gatti compresi, al primo angolo<br />
<strong>di</strong> strada, <strong>di</strong> acquistare marchi contraffatti, <strong>di</strong> istallare<br />
programmi informatici e dvd pirata, non consentendo ai<br />
figli minorenni e maggiorenni <strong>di</strong> guardare spettacoli osceni<br />
( leggi pornografici) o violenti fino all’inverosimile, mettendo<br />
in regola i <strong>di</strong>pendenti e collaboratori domestici, non<br />
facendo uso abituale del turpiloquio, della calunnia e della<br />
mal<strong>di</strong>cenza, rispettando i limiti <strong>di</strong> velocità, i semafori<br />
rossi e gli stop, guidando senza cellulare etc, etc, etc.<br />
In conclusione anche io auspico che tutti gli stupratori<br />
siano puniti e che scontino tutta la galera prevista, ma<br />
potrò scagliare pietre, alzare la voce e pretendere giustizia<br />
e sicurezza solo quando a mia volta avrò rispettato<br />
le regole, tutte le regole, nessuna esclusa.<br />
Solo a tale con<strong>di</strong>zione potrò unire la mia voce ai cori <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>gnazione e <strong>di</strong> protesta!
10<br />
Don Dario Vitali *<br />
LG 33 affronta il tema dell’apostolato dei laici.<br />
Il paragrafo è forse il tema più innovativo<br />
dell’intero capitolo sui laici: per secoli la missione<br />
della Chiesa era stata affare dei chierici<br />
e solo con la nascita dell’Azione Cattolica<br />
– un secolo e mezzo fa – si era parlato <strong>di</strong> una<br />
partecipazione subor<strong>di</strong>nata e ausiliare dei laici<br />
a tale missione, in aiuto della gerarchia.<br />
La <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trovare un equilibrio nella formulazione<br />
del tema si può misurare dai continui<br />
rimaneggiamenti del testo.<br />
Già nel titolo si avverte il cambio <strong>di</strong> prospettiva:<br />
mentre lo schema consegnato ai Padri<br />
parlava <strong>di</strong> «vita salutifera Ecclesiae a laicis<br />
active participata», dove l’attenzione va alla<br />
vita della Chiesa e i laici sono chiamati a partecipare<br />
attivamente alla sua vita, la redazione<br />
definitiva si riferisce <strong>di</strong>rettamente ai laici, la<br />
cui vita è «salutifera et apostolica».<br />
Il testo afferma a chiare note che «l’apostolato<br />
dei laici è partecipazione alla missione stessa<br />
della Chiesa» a cui tutti sono deputati non<br />
già da una concessione della gerarchia, ma<br />
dal Signore stesso in forza del battesimo e della<br />
cresima.<br />
Se l’affermazione <strong>di</strong> principio è chiara, si chiariscono<br />
anche gli ambiti e le modalità <strong>di</strong> esercizio<br />
<strong>di</strong> questo apostolato. Lo schema fonda<br />
e spiega l’apostolato dei laici sulla base della<br />
missione stessa della Chiesa: essendo membra<br />
del corpo <strong>di</strong> Cristo, tutti sono chiamati a<br />
collaborare perché tutto il corpo cresca e si<br />
e<strong>di</strong>fichi me<strong>di</strong>ante la carità.<br />
La relazione allo schema precisava che «la<br />
loro attività [dei laici] non è meramente occasionale<br />
e suppletiva, ma or<strong>di</strong>naria e continuata».<br />
E aggiungeva che, se soltanto alcuni assumono<br />
un apostolato a tempo pieno, su tutti incombe<br />
la cooperazione alla <strong>di</strong>ffusione della fede<br />
e della grazia secondo le proprie con<strong>di</strong>zioni,<br />
in modo particolare ai genitori e agli educatori.<br />
Sorprende che la relazione qualifichi come<br />
«oggetto secondario che spetta solo in<strong>di</strong>rettamente<br />
alla religione» l’impegno <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare<br />
cristianamente la città dell’uomo.<br />
Nella seconda redazione scompare questa <strong>di</strong>cotomia,<br />
e la relazione afferma che i laici hanno<br />
il <strong>di</strong>ritto – e il compito conseguente – <strong>di</strong> cooperare<br />
alla missione della Chiesa, o partecipando<br />
<strong>di</strong>rettamente alla missione della Chiesa, o promuovendo<br />
i valori morali, o santificando le opere<br />
secolari.<br />
Dopo aver in<strong>di</strong>cato che la sorgente <strong>di</strong> ogni apostolato<br />
– il testo <strong>di</strong>ce “l’anima”, riecheggiando<br />
un famoso libro dell’abate Choutard – si<br />
trova nei sacramenti, soprattutto nell’Eucarestia,<br />
perché alimenta la carità, il paragrafo precisa<br />
che l’apostolato dei laici consiste nel rendere<br />
presente e viva la Chiesa nei luoghi dove<br />
vivono e operano, soprattutto là dove la Chiesa<br />
può essere “sale della terra” solo me<strong>di</strong>ante la<br />
loro presenza e la loro opera.<br />
Opera che non ha alcun carattere <strong>di</strong> supplenza<br />
o <strong>di</strong> concessione, in quanto si fonda sui carismi<br />
ricevuti da Dio stesso, che abilitano ogni<br />
laico ad essere «testimone e strumento vivo<br />
della missione della Chiesa “secondo la<br />
misura del dono <strong>di</strong> Cristo” (Ef 4,7)».<br />
La citazione, rimandando ai doni <strong>di</strong> Dio, mostra<br />
come la logica che sostiene il testo è quella<br />
stessa <strong>di</strong> Paolo: «Aspirate ai carismi più gran<strong>di</strong>:<br />
e io vi mostrerò la via migliore <strong>di</strong> tutte»: la<br />
carità (cfr 1Cor 12,31).<br />
Partecipare alla missione della Chiesa è soprattutto<br />
testimoniare la carità, attuare forme <strong>di</strong><br />
vita che abbiano l’agape come principio e fine.<br />
Accanto all’affermazione dell’apostolato dei laici<br />
come <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> ogni battezzato, il concilio<br />
ripropone ancora la concezione dell’apostolato<br />
come compito che procede da un mandato<br />
della gerarchia e che si configura come<br />
collaborazione <strong>di</strong>retta con la gerarchia.<br />
«Oltre a questo apostolato, che spetta assolutamente<br />
a tutti i fedeli – precisa il testo – i<br />
laici possono anche essere chiamati in <strong>di</strong>versi<br />
mo<strong>di</strong> a collaborare più imme<strong>di</strong>atamente con<br />
Aprile<br />
2009<br />
l’apostolato della gerarchia, alla maniera <strong>di</strong> quegli<br />
uomini e <strong>di</strong> quelle donne che aiutavano l’apostolo<br />
Paolo nel vangelo, faticando molto per<br />
il Signore».<br />
La logica è quella della cooperazione, per cui<br />
la gerarchia assume nell’esercizio <strong>di</strong> determinate<br />
funzioni – peraltro non precisate – quei laici<br />
che manifestano attitu<strong>di</strong>ne in tal senso.<br />
La scelta <strong>di</strong> non elencare le forme e gli ambiti<br />
della collaborazione lascia aperto il campo<br />
alla determinazione <strong>di</strong> tale mandato della gerarchia.<br />
In altre parole, è affermato un principio che<br />
apre a una possibilità, attuabile in molti mo<strong>di</strong><br />
secondo le necessità della Chiesa.<br />
Il testo conclude sottolineando la responsabilità<br />
dei laici nel campo dell’apostolato e il corrispondente<br />
compito della gerarchia <strong>di</strong> promuovere<br />
ogni forma <strong>di</strong> apostolato dei laici: «Grava su<br />
tutti i laici il glorioso peso <strong>di</strong> lavorare, perché<br />
il <strong>di</strong>vino <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> salvezza raggiunga ogni<br />
giorno <strong>di</strong> più tutti gli uomini <strong>di</strong> tutti i tempi e<br />
<strong>di</strong> tutta la terra.<br />
Sia perciò loro aperta qualunque via, affinché,<br />
secondo le loro forze e le necessità dei tempi,<br />
anch’essi attivamente partecipino all’opera<br />
salvifica della Chiesa».<br />
È questo capoverso, più <strong>di</strong> tutto il capitolo IV<br />
sui laici, a costituire il fondamento per il decreto<br />
conciliare sull’apostolato dei laici Apostolicam<br />
Actuositatem.<br />
Il proemio si richiama <strong>di</strong>rettamente a questo<br />
paragrafo, asserendo che «Il sacra concilio,<br />
volendo rendere più intensa l’attività apostolica<br />
del Popolo <strong>di</strong> Dio, con sollecitu<strong>di</strong>ne si rivolge<br />
ai fedeli laici, dei quali già altrove – cioè<br />
in LG 33 – ha ricordato la parte propria e assolutamente<br />
necessaria nella missione della Chiesa.<br />
L’apostolato dei laici, infatti, derivando dalla<br />
loro stessa vocazione cristiana, non può mai<br />
venire meno nella Chiesa» (AA 1).<br />
* Teologo e Dir SDFP Scuola <strong>di</strong> Teologia
Aprile<br />
2009<br />
Don Gianni Castignoli<br />
…In un paesino <strong>di</strong> montagna c’è un’usanza<br />
molto bella. Ogni primavera si<br />
svolge una gara tra tutti gli abitanti. Ciascuno cerca<br />
<strong>di</strong> trovare il primo fiore della primavera. Chi<br />
trova il primo fiore sarà il vincitore e avrà fortuna<br />
per tutto l’anno. A questa gara partecipano tutti,<br />
giovani e vecchi. Quest’anno, quando la neve<br />
iniziava a sciogliersi e larghi squarci <strong>di</strong> terra umida<br />
rimanevano liberi, tutti gli abitanti <strong>di</strong> quel paesino<br />
partirono alla<br />
ricerca del primo fiore.<br />
Per ore e ore<br />
iniziarono a cercare<br />
alle pen<strong>di</strong>ci del<br />
monte, ma non trovarono<br />
alcun fiore.<br />
Stavano già ritornando<br />
verso <strong>casa</strong><br />
quando il grido <strong>di</strong><br />
un bambino attirò<br />
l’attenzione <strong>di</strong> tutti.<br />
“È qui! L’ho trovato”<br />
Tutti accorsero<br />
per vedere.<br />
Quel bambino aveva<br />
trovato il primo<br />
fiore, sbocciato in<br />
mezzo alle rocce,<br />
qualche metro sotto<br />
il ciglio <strong>di</strong> un terribile <strong>di</strong>rupo. Il bambino in<strong>di</strong>cava<br />
col braccio teso giù in basso, ma non poteva<br />
raggiungerlo perché aveva paura <strong>di</strong> precipitare<br />
nel terribile burrone . Il bambino però desiderava<br />
quel fiore anche perché voleva vincere<br />
la gara. Cinque uomini forti portarono una corda.<br />
Intendevano legare il bambino e calarlo fino<br />
al fiore. Il bambino però aveva paura. Aveva paura<br />
che la corda si rompesse e <strong>di</strong> cadere nel burrone.<br />
“No, no - <strong>di</strong>ceva piangendo – ho paura!”<br />
Gli fecero vedere una corda più forte e quin<strong>di</strong>ci<br />
uomini che l’avrebbero tenuto. Tutti lo incoraggiavano.<br />
Ad un tratto il bambino cessò <strong>di</strong> piangere.<br />
Tutti fecero silenzio per sentire che cosa<br />
avrebbe fatto il bambino. “Va bene – <strong>di</strong>sse il bambino<br />
– andrò giù se mio padre terrà la corda!”<br />
Quando la creatura viene alla luce, dopo essere<br />
stata per nove mesi nel grembo della mamma,<br />
la prima manifestazione è la <strong>di</strong> crisi <strong>di</strong> pianto.<br />
L’impatto con la nuova realtà è veramente duro<br />
e insicuro, ma… quando il caldo dei genitori si<br />
fa sentire allora la gioia e la pace inondano il suo<br />
cuore. Da questo momento, la vita <strong>di</strong> questa persona<br />
<strong>di</strong>venta una grande avventura nel ricercare<br />
il suo benessere, nel dare un senso alla sua<br />
esistenza, nel riempire <strong>di</strong> sentimenti ed emozioni<br />
il suo cuore “affamato <strong>di</strong> relazione”. Inizia un<br />
cammino <strong>di</strong> esplorazione per in<strong>di</strong>viduare le possibilità<br />
<strong>di</strong> gratificazione e <strong>di</strong> appagamento.<br />
Nella sua crescita sperimenta la libertà, uno dei<br />
doni più gran<strong>di</strong> attraverso il quale assapora le sue<br />
capacità, i suoi doni, le sue attitu<strong>di</strong>ni in ambien-<br />
ti che reclamano la sua presenza e la con<strong>di</strong>visione.<br />
In questo contesto la persona verifica sempre<br />
più l’estensione <strong>di</strong> un mondo che gli sta attorno<br />
e nello stesso tempo mette a prova il suo genio<br />
e la sua intelligenza arrivando a sognare e a prospettare<br />
traguar<strong>di</strong> splen<strong>di</strong><strong>di</strong> e singolari. Tuttavia<br />
dal concetto della sua libertà e dalle potenzialità<br />
che sono in lei, nasce presto la presunzione<br />
<strong>di</strong> essere al centro <strong>di</strong> tutto e la tentazione <strong>di</strong> realizzare<br />
la sua vita anche contro le regole insite<br />
nella sua natura e nella sua coscienza. L’esperienza<br />
esaltante della trasgressione sembrerebbe arrecare<br />
benefici e piaceri impensati e sperati e invece…il<br />
cuore si riempie spesso <strong>di</strong> infelicità e <strong>di</strong> angoscia.<br />
In certi momenti la sofferenza bussa alla sua<br />
porta per cui si manifesta un senso profondo <strong>di</strong><br />
sgomento e <strong>di</strong> paura. Sembra iniziata una lotta<br />
spietata contro la sua vita per ri<strong>di</strong>mensionarla e<br />
ridurre le sue potenzialità .<br />
Nel “deserto” dell’esistenza l’uomo sperimenta la<br />
sua piccolezza, la sua povertà e… proprio lì nel<br />
punto più basso una mano paterna la può aiutare<br />
a ritrovare la strada per continuare a ricercare<br />
il suo vero benessere. Guardandosi attorno<br />
scorge le altre persone come punti <strong>di</strong> riferimento<br />
e <strong>di</strong> relazione profonda. La gara per un<br />
cammino che permetta <strong>di</strong> trovare il fiore più bello<br />
continua proprio da qui. Nella sua crescita s’accorge<br />
d’essere chiamata ad uscire dal suo piccolo<br />
mondo per far parte <strong>di</strong> un raggio sempre<br />
più grande <strong>di</strong> rapporti, <strong>di</strong> relazioni intime. A questo<br />
proposito nel libro degli Atti degli Apostoli c’è<br />
un’immagine davvero significativa riferita da S.<br />
Paolo “ …in Lui infatti noi viviamo, ci muoviamo<br />
ed esistiamo”. Il progetto <strong>di</strong> Dio ci ha pensati, dopo<br />
la prima nascita, in un altro grembo fecondo: quello<br />
della Chiesa. In esso veniamo nutriti fino alla<br />
pienezza della crescita <strong>di</strong> un uomo nuovo. Tutti<br />
riceviamo dalla bontà <strong>di</strong> Dio quel dono <strong>di</strong> grazia<br />
che ci fa più simili a Lui. La solidarietà e la tenerezza<br />
<strong>di</strong> Dio padre per le sue creature si sono<br />
fatte presenti nella storia attraverso l’umanità del<br />
Figlio che ci ha insegnato il cammino e ha lascia-<br />
11<br />
to le sue orme sicure per trovare il fiore più bello,<br />
il fiore che trasfigura tutta l’esistenza. Nel grembo<br />
della Chiesa, Dio ci fa assaporare la sua paternità,<br />
ma soprattutto ci fa crescere per gli altri in<br />
una ricerca continua <strong>di</strong> felicità, preparandoci a vivere<br />
quella pienezza <strong>di</strong> “carità” che riempie il nostro<br />
cuore.<br />
Il lungo e relativo cammino della vita ci riserva<br />
momenti critici, ma anche esaltanti nei quali lo<br />
sguardo si in<strong>di</strong>rizza e si proietta verso la méta<br />
che da senso a tutti gli attimi del viaggio.<br />
Su “quella cima” tra rocce e burroni, che fanno<br />
nascere nell’animo <strong>di</strong> ciascuno paure e dubbi, l’invito<br />
a cogliere il fiore più bello è un appello che<br />
risuona possente con la forte speranza <strong>di</strong> essere<br />
tuffati nel mare della gioia del grembo <strong>di</strong> Dio.<br />
L’angoscia e il dolore potrebbero soffocare il nostro<br />
respiro e la nostra fiducia, ma… “tra le braccia<br />
<strong>di</strong> mio Padre non avrò paura <strong>di</strong> niente!<br />
BUONA PASQUA
12<br />
Ecce Agnus Dei, 1462, Bouts The Elder, Monaco<br />
Antonio Galati<br />
35<br />
«Il giorno dopo Giovanni stava ancora là<br />
con due dei suoi <strong>di</strong>scepoli 36<br />
e, fissando lo<br />
sguardo su Gesù che passava, <strong>di</strong>sse: “Ecco<br />
l’agnello <strong>di</strong> Dio!”. 37<br />
E i due <strong>di</strong>scepoli, sentendolo<br />
parlare così, seguirono Gesù. 38<br />
Gesù<br />
allora si voltò e, vedendo che lo seguivano,<br />
<strong>di</strong>sse: “Che cercate?”. Gli risposero: “Rabbì<br />
(che significa maestro), dove abiti?”. 39<br />
Disse<br />
loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque<br />
e videro dove abitava e quel giorno si fermarono<br />
presso <strong>di</strong> lui; erano circa le quattro<br />
del pomeriggio» (Gv 1, 35-39).<br />
Senza voler mettere limiti alla provvidenza <strong>di</strong>vina<br />
e al modo in cui il Signore del tempo e della<br />
storia guida con essa l’umanità, e ogni uomo,<br />
dalla creazione fino al compimento della storia,<br />
mi propongo <strong>di</strong><br />
presentare una<br />
possibile <strong>di</strong>namicavocazionale<br />
a partire dalla<br />
narrazione<br />
secondo<br />
Giovanni della<br />
sequela dei primi<br />
due <strong>di</strong>scepoli<br />
<strong>di</strong> Gesù.<br />
Tutta la vicenda<br />
ha inizio da Gesù<br />
che passa: è<br />
Lui che ha l’ini-<br />
ziativa 1<br />
Il passaggio <strong>di</strong><br />
Gesù sulle rive<br />
del Giordano<br />
permette al<br />
Battista <strong>di</strong> renderetestimonianza<br />
e <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tare<br />
ai <strong>di</strong>scepoli<br />
il Signore. La<br />
prima conclusione<br />
a cui possiamo<br />
giungere<br />
subito è, allora,<br />
che la sequela<br />
<strong>di</strong> Gesù arriva<br />
dopo che il<br />
Maestro ha scelto<br />
<strong>di</strong> passare<br />
nella nostra vita<br />
e dopo qualcuno<br />
che ci ha in<strong>di</strong>cato che Egli è il Signore. Solo<br />
a questo punto i due <strong>di</strong>scepoli iniziano a seguire<br />
Gesù.<br />
Ma Gesù non si accontenta. La sequela che il<br />
Signore vuole è una sequela qualificata, e per<br />
questo chiede una motivazione che fon<strong>di</strong> la scelta<br />
<strong>di</strong> mettersi sulla Sua strada, su quella strada<br />
che conduce alla croce.<br />
Certo, la strada che Gesù percorre non si ferma<br />
alla croce, ma arriva alla Risurrezione, però<br />
la tappa della croce è quella evidente, che può<br />
spaventare se non si ha un fondamento certo<br />
e solido su cui puntare i pie<strong>di</strong> quando la strada<br />
si fa in salita e piena <strong>di</strong> pericoli.<br />
La risposta che i <strong>di</strong>scepoli danno manifesta quale<br />
sia la loro intenzione, essi vogliono sapere<br />
dove abita Gesù.<br />
Sapere dove abita una persona è avere la possibilità<br />
<strong>di</strong> incontrarlo nella sua intimità ogni volta<br />
che vogliamo e che ne abbiamo bisogno.<br />
Gesù fa <strong>di</strong> più, non in<strong>di</strong>ca solo ai <strong>di</strong>scepoli il luogo<br />
della sua abitazione, ma li invita a vedere e<br />
fare esperienza dello stare con Lui.<br />
Anche in questo caso l’azione e la volontà <strong>di</strong> Gesù<br />
anticipano le azioni e le volontà dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
.<br />
Aprile<br />
2009<br />
Infatti: mentre i <strong>di</strong>scepoli volevano sapere<br />
dove Gesù abitava per raggiungerlo quando volevano<br />
loro, in questo episo<strong>di</strong>o Gesù stesso li invita<br />
a stare con Lui secondo la Sua volontà e non<br />
quella dei <strong>di</strong>scepoli.<br />
Questo invito a fare esperienza del Maestro, se<br />
accolto, <strong>di</strong>venta un episo<strong>di</strong>o fondante, quella motivazione<br />
a cui appigliarci <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>cevamo sopra.<br />
Dopo aver fatto esperienza <strong>di</strong> Gesù i due <strong>di</strong>ventano<br />
veri <strong>di</strong>scepoli. Sintetizzando: all’origine della<br />
vocazione c’è l’azione <strong>di</strong> Dio che passa nella<br />
nostra vita. Un passaggio che delle volte non<br />
è sempre molto chiaro e per questo, sempre il<br />
Signore, ci mette accanto delle persone che ci<br />
ad<strong>di</strong>tano la Sua presenza come ha fatto il Battista<br />
per i primi <strong>di</strong>scepoli 2<br />
.<br />
Dopo aver riconosciuto la presenza <strong>di</strong> Gesù nella<br />
propria vita, colui che sceglie <strong>di</strong> accoglierlo<br />
è chiamato anche ad eleggere Gesù come il modello<br />
da imitare. Imitazione che è declinabile nella<br />
sequela, cioè nel mettersi sulla strada che Gesù<br />
ha percorso e che continua a percorrere insieme<br />
con chi sceglie <strong>di</strong> seguirlo.<br />
Strada che lo condurrà ai pie<strong>di</strong> della croce e <strong>di</strong><br />
fronte al sepolcro vuoto. Affinché questa sequela<br />
sia vera e costante, Gesù ci propone <strong>di</strong> stare<br />
con Lui e <strong>di</strong> fare esperienza <strong>di</strong> Lui nell’intimità<br />
<strong>di</strong> una <strong>casa</strong>, cioè all’interno dell’esperienza<br />
della vita quoti<strong>di</strong>ana perché tutto sia illuminato<br />
dalla sua presenza. Concludo questo articolo<br />
mettendo in risalto che, per me, in questa<br />
<strong>di</strong>namica messa in evidenza la tappa più importante<br />
è quella del fare esperienza del Risorto<br />
che è presente nella nostra vita e che ci propone<br />
<strong>di</strong> restare con Lui.<br />
La sequela, infatti, chiede <strong>di</strong> dare fiducia a colui<br />
che scegliamo <strong>di</strong> seguire. Ma non possiamo dare<br />
piena fiducia a Gesù se non facendo esperienza<br />
della sua presenza nella nostra vita.<br />
Allora, nei momenti più <strong>di</strong>fficoltosi della sequela,<br />
in cui sembra che il Signore ci abbia abbandonato,<br />
il ricordo dell’esperienza fatta ci permette<br />
<strong>di</strong> continuare la strada che abbiamo iniziato a<br />
percorrere, consapevoli che, in realtà, Gesù non<br />
ci ha abbandonato, ma ha fatto quella strada prima<br />
<strong>di</strong> noi e è presente nella nostra vita in una<br />
maniera che non riusciamo a comprendere pienamente.<br />
1 La stessa idea la veicola anche l’evangelista<br />
Marco quando narra la chiamata dei Do<strong>di</strong>ci:<br />
«Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che<br />
egli volle ed essi andarono da lui» (Mc 3, 13).<br />
2 Sostengo che la presenza del Signore non<br />
è sempre molto chiara nella nostra vita perché<br />
in questo modo Dio non ci obbliga a sceglierlo,<br />
ma ci permette <strong>di</strong> riconoscerlo nelle<br />
pieghe delle nostre esperienze e <strong>di</strong> sceglierlo<br />
con libertà, senza violenza.
Aprile<br />
2009<br />
Don Andrea Pacchiarotti<br />
La Liturgia del Triduo pasquale è fondata sull’unità<br />
del mistero pasquale. Ogni giorno del<br />
Triduo richiama l’altro e si apre sull’altro; costituisce<br />
cioè, per così <strong>di</strong>re, il prologo <strong>di</strong> un’unica grande<br />
celebrazione che ha il suo centro <strong>di</strong> attrazione nella<br />
veglia pasquale con la sua celebrazione eucaristica.<br />
Il Triduo pasquale ha inizio la sera del Giovedì santo<br />
perché secondo la tra<strong>di</strong>zione ebraica ogni giorno<br />
solare va da tramonto a tramonto. Con la celebrazione<br />
della Messa in coena Domini, l’assemblea viene a<br />
trovarsi quasi d’improvviso, in un ampio spazio <strong>di</strong> luce.<br />
Le tenebre, è vero continuano a fare forza tutt’intorno,<br />
ma la calda irra<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> Cristo che si fa «Padre<br />
<strong>di</strong> Famiglia», mette il cuore in festa. Anche il colore liturgico<br />
bianco che si sostituisce al viola, la presenza dei<br />
fiori e il suono delle campane, il canto del Gloria esprimono<br />
la letizia <strong>di</strong> un’intima riunione familiare. Stiamo<br />
per partecipare ad un banchetto nuziale, perché con<br />
l’istituzione dell’Eucaristia Cristo lega per sempre se<br />
stesso alla Chiesa, sua sposa. L’ intensa esplosione<br />
iniziale con la Preghiera Colletta cede il posto ad una<br />
gioia più raccolta, perché in essa si ricorda la morte<br />
del Signore. Le letture presentano la Pasqua dell’Antica<br />
e della Nuova Alleanza e ne mettono in evidenza la<br />
stretta relazione. Con questa celebrazione non siamo<br />
radunati per una cena qualunque, ma per entrare in<br />
comunione <strong>di</strong> vita con il Signore e tra <strong>di</strong> noi, mangiando<br />
<strong>di</strong> quell’unico pane e bevendo <strong>di</strong> quell’unico calice che<br />
il Cristo, nella notte in cui fu tra<strong>di</strong>to, istituì quale Nuova<br />
Alleanza tra Dio e gli uomini e quale sacramento dell’unità<br />
per la Chiesa, che sarebbe nata <strong>di</strong> lì a poco dal<br />
suo sangue sparso sulla croce. Il rito della lavanda dei<br />
pie<strong>di</strong>, dopo la lettura del passo evangelico che ne svela<br />
il senso, non è una suggestiva commemorazione,<br />
ma un’azione che opera ora in noi la stessa purificazione<br />
che operò negli apostoli: l’amore inizia dall’umiltà.<br />
Al termine della celebrazione, le sacre specie vengono<br />
solennemente portate ad un luogo debitamente preparato<br />
perché siano adorate fino alla mezzanotte e conservate<br />
per la comunione nell’azione liturgica del giorno<br />
seguente (per approfon<strong>di</strong>re cfr. Ecclesia Marzo 2008,<br />
pag. 15). Il Venerdì santo - primo giorno del Triduo -<br />
con la celebrazione pomeri<strong>di</strong>ana commemora la passione<br />
del Signore. La comunità cristiana si riunisce idealmente<br />
sul calvario per celebrare e far proprio, attualizzandolo<br />
anche negli aspetti descrittivi, il sacrificio della<br />
croce, quel primo e unico sacrificio redentore che<br />
si rinnova ad ogni celebrazione eucaristica. In questo<br />
giorno nella Chiesa regna un clima <strong>di</strong> drammaticità:<br />
le campane sono mute, gli altari sono spogli. Tutto è<br />
silenzio e povertà. L’assemblea attende in silenzio, che<br />
non è solo silenzio esteriore, ma un silenzio del cuore.<br />
La Passione è prima <strong>di</strong> tutto Proclamata con la Liturgia<br />
della Parola, che è tutta orientata al solenne annuncio<br />
della Passione secondo Giovanni. La passione viene<br />
poi Invocata: là, ai pie<strong>di</strong> della croce che l’ha generata,<br />
la Chiesa raccoglie tutti i suoi figli e insegna loro<br />
ad aprire le braccia per essere con Cristo una supplica<br />
al Padre: unanime sale al Padre la grande preghiera<br />
<strong>di</strong> intercessione. Alla preghiera universale segue la solenne<br />
presentazione e adorazione del legno della croce:<br />
la passione, segno della nostra salvezza, viene Venerata.<br />
13<br />
Dopo la contemplazione e l’adorazione<br />
della Croce, la famiglia<br />
<strong>di</strong> Dio tende le braccia al<br />
Padre insieme a quelle <strong>di</strong> Cristo<br />
aperte sulla croce. Con<br />
Cristo siamo <strong>di</strong>ventati un solo<br />
corpo, ecco il senso della<br />
comunione sacramentale.<br />
Con la vibrante<br />
preghiera <strong>di</strong> bene<strong>di</strong>zione<br />
si conclude la celebrazione:<br />
senza canto e senza suono, ma lasciando il cuore traboccante<br />
<strong>di</strong> tutti i sentimenti che la Passione del Signore<br />
contemplata e Comunicata ha suscitato in noi, protagonisti<br />
dell’oggi della storia della salvezza. Il Sabato<br />
santo, secondo giorno del Triduo, è il giorno del grande<br />
silenzio, è come giorno che sorge senza luce, poiché<br />
su <strong>di</strong> esso si spiegano le tenebre del Venerdì santo.<br />
Ai concitati eventi del Venerdì fa seguito una profonda<br />
quiete: oggi Gesù tace, tacciono le grida dei crocifissori<br />
e della folla. La Chiesa tutta intera oggi si raccoglie<br />
presso il sepolcro dello Sposo per ascoltarne il<br />
Silenzio e per attendere con speranza il suo risveglio.<br />
L’unica liturgia che oggi si celebra è quella delle ore,<br />
la Chiesa lo fa con tono pacato. Il passaggio dal Sabato<br />
Santo alla Domenica <strong>di</strong> Resurrezione non avviene attraverso<br />
una notte, ma attraverso un anticipata aurora.<br />
La Veglia Pasquale per la sua struttura e per il suo contenuto,<br />
abbraccia tutto lo sviluppo della storia della salvezza,<br />
partendo dall’opera creatrice <strong>di</strong> Dio per arrivare<br />
alla nuova creazione, me<strong>di</strong>ante l’opera redentrice<br />
del Cristo, fino al prelu<strong>di</strong>o della parusia. I <strong>di</strong>versi momenti<br />
della celebrazione vanno considerati come un tutto<br />
unitario che esplicita il mistero pasquale. Questa breve<br />
riflessione, offre stimoli a sufficienza perché ogni<br />
comunità, ogni gruppo liturgico parrocchiale si prepari<br />
seriamente e responsabilmente a preparare il Triduo<br />
pasquale. In tal modo, ogni assemblea che per tre giorni<br />
resta sempre convocata e riunita <strong>di</strong>venta contemporanea<br />
– grazie allo Spirito Santo – della Pasqua <strong>di</strong><br />
morte, sepoltura e <strong>di</strong> resurrezione <strong>di</strong> nostro Signore<br />
Gesù Cristo.
14<br />
Aprile<br />
2009<br />
Antonio Galati Infatti, per antica tra<strong>di</strong>zione, la Chiesa consiglia<br />
che il cammino dei catecumeni che han-<br />
«Per mezzo del battesimo siamo dunque stano chiesto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare cristiani si concluda la<br />
ti sepolti insieme a lui nella morte, perché come notte <strong>di</strong> Pasqua<br />
Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della<br />
gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare<br />
in una vita nuova» (Rm 6, 4).<br />
Questo passo della lettera <strong>di</strong> Paolo ai Romani<br />
è uno dei versetti che vengono proclamati nella<br />
Veglia <strong>di</strong> Pasqua prima dell’ascolto del Vangelo.<br />
Si pone, quin<strong>di</strong>, come ponte tra le letture veterotestamentarie<br />
e il brano evangelico, dando<br />
anche una chiave <strong>di</strong> lettura particolare ai passi<br />
dell’Antico Testamento proclamati durante la<br />
Veglia. Questa chiave <strong>di</strong> lettura è il sacramento<br />
del Battesimo.<br />
1<br />
, con<br />
la celebrazione dei tre<br />
sacramenti dell’iniziazione<br />
cristiana, <strong>di</strong> cui<br />
il Battesimo è il primo,<br />
perché introduce l’uomo<br />
nel corpo mistico <strong>di</strong><br />
Cristo che è la Chiesa,<br />
dona e rafforza la fede<br />
nei fedeli e purifica colui che lo riceve e apre<br />
la porta dei fedeli alla ricezione degli altri sacramenti<br />
della Chiesa 2<br />
.<br />
Le letture dell’Antico Testamento proposte per<br />
la Veglia <strong>di</strong> Pasqua 3<br />
, allora, tengono conto della<br />
“<strong>di</strong>mensione battesimale” della Veglia stessa<br />
per cui, per una interpretazione corretta del<br />
messaggio biblico veicolato dai brani veterotestamentari<br />
proposti, bisogna anche tenere conto<br />
della liturgia stessa che li propone.<br />
Nel mio tentativo <strong>di</strong> sottolineare alcuni aspetti<br />
delle letture veterotestamentarie terrò conto,<br />
quin<strong>di</strong>, anche della liturgia della Veglia <strong>di</strong> Pasqua<br />
e, in particolare, delle orazioni che il Messale<br />
Romano associa, alla fine <strong>di</strong> ogni salmo<br />
responsoriale, al brano dell’Antico Testamento 4<br />
.<br />
La celebrazione della Parola della Veglia <strong>di</strong> Pasqua<br />
si apre con il primo racconto della creazione,<br />
in cui si descrive Dio che or<strong>di</strong>na e crea il mondo<br />
e l’uomo bene<strong>di</strong>cendoli e <strong>di</strong>chiarandoli «cosa<br />
buona» 5<br />
e «cosa molto buona» 6<br />
.<br />
La liturgia ci propone, cioè, <strong>di</strong> guardare, attraverso<br />
la consapevolezza della Pasqua, all’origine<br />
della storia come una «cosa molto buona»<br />
7<br />
in sé alla quale si è aggiunta una cosa ancora<br />
più grande: «l’opera della nostra redenzione,<br />
nel sacrificio pasquale» 8<br />
morire con Cristo per risorgere con Lui<br />
<strong>di</strong> Gesù, che la Chiesa<br />
offre a tutti gli uomini attraverso la celebrazione<br />
del sacramento del Battesimo invitandoli a<br />
9<br />
.<br />
Se la prima lettura focalizza l’attenzione su Adamo<br />
e, attraverso <strong>di</strong> lui, su tutta l’umanità e la sua<br />
storia che è «cosa molto<br />
buona» 10<br />
, nella secon-<br />
La <strong>di</strong>mensione battesimale da lettura l’attenzione è<br />
come chiave <strong>di</strong> lettura posta su Abramo e sui<br />
della liturgia della Parola suoi figli nella fede.<br />
L’atteggiamento <strong>di</strong> pie-<br />
della Veglia pasquale<br />
na fiducia in Dio che<br />
caratterizza Abramo<br />
anche nel sacrificio<br />
estremo del figlio Isacco è quello che deve guidare<br />
noi, suoi figli nella fede, nel percorrere le<br />
strade della vita e che deve guidare la Chiesa<br />
nell’annunciare il Vangelo della Pasqua, sigillando<br />
con il Battesimo la fede <strong>di</strong> coloro che l’accolgono,<br />
per dare nuovi figli ad Abramo,<br />
partecipando così a realizzare la<br />
promessa che Dio fece al patriarca.<br />
Come per cerchi concentrici<br />
1<br />
«La stessa Veglia <strong>di</strong> Pasqua sia considerata il<br />
che si stringono sempre <strong>di</strong> più al cen-<br />
tempo più conveniente per il conferimento dei<br />
tro, la terza lettura veterotestamentaria<br />
sacramenti dell’iniziazione» (Rito dell’iniziazione<br />
narra la liberazione <strong>di</strong> Israele dalla schia-<br />
cristiana degli adulti, 30).<br />
2<br />
vitù egiziana, attraverso il passaggio del<br />
Cfr. Rito dell’iniziazione cristiana degli adul-<br />
Mar Rosso.<br />
ti, 18-19.<br />
3<br />
Passaggio che è anticipazione <strong>di</strong> una<br />
Gn 1, 1-2, 2; Gn 22, 1-18; Es 14, 15-15, 1; Is<br />
54, 5-14; Is 55, 1-11; Bar 3, 9-15.31-4, 4; Ez 36,<br />
nuova e definitiva Pasqua, quella del<br />
16-28.<br />
nostro Signore che passò una vol-<br />
4<br />
Cfr. Messale Romano, 175-178.<br />
ta per sempre dalla morte alla vita<br />
5<br />
Gn 1, 4.9.18.21.25.<br />
e alla quale siamo associati tut-<br />
6<br />
Gn 1, 31.<br />
ti noi cristiani attraverso il<br />
7<br />
Battesimo.<br />
Gn 1, 31.<br />
8<br />
La quarta lettura della Veglia ci<br />
Messale Romano, 175.<br />
9<br />
permette <strong>di</strong> ascoltare la promessa<br />
Cfr. Rm 6, 4.<br />
10<br />
che Dio, lo Sposo, ha fatto alla<br />
Gn 1, 31.<br />
11<br />
nazione <strong>di</strong> Israele sua sposa e,<br />
Ez 36, 26.<br />
attraverso <strong>di</strong> essa, a tutta l’umanità.<br />
12<br />
Ez 36, 26.<br />
La promessa, cioè, <strong>di</strong> collocare<br />
13<br />
Rm 6, 3-11.<br />
Gerusalemme su fondamenta soli-<br />
14<br />
Mc<br />
de e <strong>di</strong> adornarla con mura prezio-
Aprile<br />
2009<br />
se in grado <strong>di</strong> accogliere tutti gli uomini per la<br />
salvezza.<br />
Insieme con la quarta lettura,<br />
la quinta rilancia la promessa<br />
della salvezza e la<br />
specifica, affermando che<br />
questa va incontro anche<br />
e principalmente ai bisogni<br />
primari dell’uomo, ma secondo<br />
vie e progetti che non sono<br />
quelli umani, ma <strong>di</strong> Dio, il<br />
quale solo conosce i veri bisogni<br />
dell’uomo ai quali sovviene<br />
a suo tempo e, principalmente<br />
e mirabilmente,<br />
con la Sua Parola incarnata<br />
e risorta.<br />
La sesta lettura proposta<br />
ricorda l’opera<br />
creatrice <strong>di</strong> Dio e il<br />
dono della sapienza<br />
che ha fatto ad<br />
Israele e, tramite,<br />
lui a tutta l’umanità,<br />
alla quale,<br />
dopo il compimento<br />
del passaggio<br />
dalla morte<br />
alla vita <strong>di</strong> Cristo, tutti noi<br />
possiamo attingere in<br />
forza della grazia dello<br />
Spirito che ci viene donato<br />
con il Battesimo.<br />
La liturgia della Parola della<br />
Veglia <strong>di</strong> Pasqua si<br />
conclude con il brano<br />
veterotestamentario<br />
che ci propone la sal-<br />
vezza in termini <strong>di</strong> un rinnovamento del nostro<br />
spirito e del nostro cuore a opera <strong>di</strong> Dio.<br />
Questa salvezza ci è stata donata con il lavacro<br />
rigeneratore del Battesimo nel quale, l’acqua<br />
santificata dallo Spirito Santo, ci ha tolto<br />
la macchia del peccato originale, che rende duri<br />
i nostri cuori, e ci ha donato «un cuore nuovo» 11<br />
e «uno spirito nuovo» 12<br />
.<br />
A conclusione <strong>di</strong> tutta la liturgia della Parola,<br />
dopo l’ascolto <strong>di</strong> un brano tratto<br />
dall’epistola ai Romani con il<br />
quale Paolo ci descrive gli<br />
effetti e la forza del Battesimo 13<br />
,<br />
la Chiesa ci propone l’ascolto<br />
della narrazione, secondo<br />
Marco 14<br />
Risurrezione - Piero Della Francesca - 1452, San Sepolcro<br />
, dell’evento che com-<br />
pen<strong>di</strong>a tutto ciò che è detto<br />
dai brani veterotestamentari<br />
e che li porta a<br />
compimento attualizzandoli:<br />
l’annuncio<br />
della Pasqua.<br />
15<br />
È, infatti, la Pasqua il compimento della storia<br />
della salvezza iniziata con la creazione.<br />
È sempre la Pasqua che realizza in pienezza<br />
la bene<strong>di</strong>zione promessa da Dio ad Abramo e<br />
compie il sacrificio perfetto del Primogenito del<br />
Padre santificando la <strong>di</strong>scendenza del patriarca.<br />
Con il suo passaggio dalla morte alla vita, il Signore<br />
compie il passaggio definitivo dell’umanità dalla<br />
schiavitù del peccato alla libertà dei figli <strong>di</strong><br />
Dio, passaggio prefigurato dall’attraversamento,<br />
per opera <strong>di</strong> Dio, del Mar Rosso dagli<br />
israeliti in fuga dall’Egitto.<br />
Con il suo passaggio, Gesù si<br />
manifesta come il fondamento<br />
e la pietra <strong>di</strong> volta della costruzione<br />
della nuova Gerusalemme,<br />
nella quale si accede compiendo<br />
sacramentalmente il suo stesso<br />
passaggio.<br />
Sacramento, quello del Battesimo,<br />
che viene offerto a tutta la famiglia<br />
umana senza esclusioni, per fondare<br />
una umanità secondo la volontà <strong>di</strong> Dio<br />
che è in<strong>di</strong>pendente da quella degli uomini.<br />
La Pasqua è, inoltre, l’evento storico che<br />
trascende la storia per donare a tutti, in<br />
forza dello Spirito che abita l’uomo che partecipa<br />
al passaggio del Signore, la Sapienza<br />
della conoscenza del mistero <strong>di</strong> salvezza <strong>di</strong><br />
Dio.<br />
Mistero che è comprensibile alla luce della Pasqua<br />
e che si realizza in ogni uomo che rifiuta le<br />
tenebre e si rivolge verso la luce del sole<br />
nuovo risorto che ricostruisce ciò che è<br />
<strong>di</strong>strutto, che rinnova ciò che è invecchiato<br />
e che ridona a tutto la sua integrità.
16<br />
A<br />
bbiamo visto nella puntata precedente<br />
i contenuti, importantissimi, della prima<br />
parte della Lettera ai Romani, che parla<br />
della giusta posizione dell’uomo<br />
davanti a Dio, quella che porta alla salvezza. Abbiamo<br />
anche accennato che a quella parte dogmatica<br />
del documento (capp. 1-11) fa seguito la parte<br />
“parenetica” (esortativa o morale), che sviluppa<br />
in particolare il tema della vita cristiana, del<br />
comportamento secondo la legge dello Spirito<br />
(capp. 12-16). A che cosa ci esorta san Paolo?<br />
La seconda parte della<br />
Lettera ai Romani è una grande<br />
esortazione morale e si<br />
apre, in 12,1, con l’invito ad<br />
essere coinvolti personalmente<br />
nel cammino della grazia. Paolo<br />
chiede ai cristiani <strong>di</strong> compiere<br />
le buone opere. Dopo la parte<br />
dottrinale, che sembrava<br />
negare il valore delle opere,<br />
la domanda è che senso abbia<br />
questa parte morale della lettera.<br />
Paolo, come sappiamo,<br />
non nega il valore delle<br />
opere ma invita ad agire secondo<br />
la vita nuova, seminata nei<br />
cristiani il giorno del battesimo.<br />
La vita nuova è la conseguenza<br />
della grazia. Paolo però non<br />
è un ingenuo, e sa che questa<br />
risposta alla grazia è sempre<br />
frutto della libertà dell’uomo;<br />
ha ben chiara l’idea che ognuno<br />
raccoglierà secondo le sue<br />
opere. L’azione della grazia<br />
quin<strong>di</strong> non esclude la responsabilità<br />
personale.<br />
Nel cap. 12 Paolo dà le coor<strong>di</strong>nate, suggerisce i mo<strong>di</strong><br />
per rispondere adeguatamente al dono della grazia.<br />
Suggerisce tre strade. La prima è la strada del <strong>di</strong>scernimento:<br />
agisco per amore o per interesse? Come<br />
secondo passaggio (la seconda strada), nel caso ci<br />
si accorgesse che non è l’amore a dominare, Paolo<br />
suggerisce <strong>di</strong> affidarsi alla grazia <strong>di</strong> Cristo, che può<br />
trasformare la nostra vita. La terza strada, se<br />
invece sembra che domini l’amore, è<br />
<strong>di</strong> non gloriarsi, ma <strong>di</strong> sperare nell’azione<br />
<strong>di</strong> Dio nella propria vita.<br />
Al cap. 13 Paolo riflette sull’autorità civile<br />
e sul rapporto che i cristiani debbono<br />
avere con essa, preoccupato <strong>di</strong> non<br />
creare una comunità cristiana che si<br />
opponga alla società civile.<br />
Il cap. 14 contiene regole <strong>di</strong> vita comunitaria,<br />
riguardanti situazioni <strong>di</strong>verse.<br />
La cosa interessante è che in que-<br />
sti capitoli ritornano molti dei temi trattati nelle altre<br />
lettere, il che giustifica l’idea che questa lettera costituisca<br />
una “summa” del pensiero teologico e morale<br />
<strong>di</strong> Paolo.<br />
La fine del capitolo 15 contiene alcune confidenze<br />
personali <strong>di</strong> Paolo circa il suo ministero e i suoi<br />
progetti <strong>di</strong> viaggio. Sono versetti interessanti?<br />
Il cap. 15 è importante prima <strong>di</strong> tutto perché suggerisce<br />
la norma suprema del comportamento cristiano,<br />
che è Cristo. Questo è il punto che <strong>di</strong>stingue<br />
l’etica cristiana da quella greca o romana. Avendo<br />
San Paolo pre<strong>di</strong>ca tra le rovine <strong>di</strong> Roma Pannini 1744, San Pietroburgo<br />
Cristo come norma, <strong>di</strong> fatto sono ribaltati tutti i valori<br />
dei Greci e dei Romani. In più, la vita morale non<br />
appare come uno sforzo filosofico, ma come un affidamento<br />
a Cristo.<br />
Nei vv. 19-33 Paolo fa alcuni commenti sul suo apostolato<br />
e ci dà notizie preziose sia sulla situazione<br />
che viveva in quel momento, sia sui suoi progetti <strong>di</strong><br />
evangelizzazione.<br />
Il capitolo 16 è interessante perché, oltre alle raccomandazioni<br />
e agli avvertimenti, contiene i saluti<br />
<strong>di</strong> Paolo e collaboratori ad alcuni personaggi<br />
della comunità cristiana primitiva <strong>di</strong> Roma. Perché<br />
questo capitolo è spesso considerato un’aggiunta<br />
successiva alla lettera originale?<br />
I critici notano la composizione frammentaria <strong>di</strong> questo<br />
capitolo, che probabilmente è un insieme <strong>di</strong> brani<br />
<strong>di</strong> origine <strong>di</strong>versa, e nessuno sa bene perché siano<br />
confluiti in questa lettera. Ad esempio la lunga<br />
lista dei saluti (vv. 1-16) non ha molto senso perché<br />
Paolo non avendo fondato quella comunità non<br />
Aprile<br />
2009<br />
poteva conoscerne tanti membri, e anche perché qualche<br />
personaggio potrebbe appartenere ad altre Chiese.<br />
La dossologia finale (talvolta posta alla fine del<br />
cap. 14 o 15, talaltra omessa) è particolarmente<br />
solenne e quasi ricapitola la lettera, ricordandone<br />
i temi essenziali. Essa <strong>di</strong>ce: “A colui che ha il<br />
potere <strong>di</strong> confermarvi/ secondo il vangelo che<br />
io annunzio/ e il messaggio <strong>di</strong> Gesù Cristo,/ secondo<br />
la rivelazione del mistero/ taciuto per secoli<br />
eterni,/ ma rivelato ora/ e annunziato me<strong>di</strong>ante<br />
le scritture profetiche,/ per or<strong>di</strong>ne dell’eterno Dio,<br />
a tutte le genti/ perché obbe<strong>di</strong>scano alla fede,/<br />
a Dio che solo è sapiente,/ per mezzo <strong>di</strong> Gesù<br />
Cristo,/ la gloria nei secoli dei secoli. Amen”.<br />
Vuoi commentarla un po’?<br />
Lasciamo che stavolta parli soprattutto Paolo.<br />
Voglio solo aggiungere che nei capp. 15 e 16 molti<br />
brani, tra cui questa dossologia, sono importanti<br />
per comprendere le relazioni che Paolo stringeva con<br />
queste comunità.<br />
In definitiva, se ti chiedessi<br />
<strong>di</strong> darmi un solo<br />
motivo per cui la Lettera<br />
ai Romani è così importante<br />
per la Chiesa<br />
Cattolica, tu quale <strong>di</strong>resti?<br />
Il motivo veramente determinante<br />
che fa della<br />
Lettera ai Romani il documento<br />
forse più essenziale<br />
del Nuovo Testamento,<br />
ovviamente dopo i Vangeli,<br />
è che in un unico testo Paolo,<br />
quasi fosse consapevole<br />
<strong>di</strong> rivolgersi al centro<br />
dell’Impero che sarebbe<br />
potuto <strong>di</strong>ventare il centro<br />
della nuova fede, riassume<br />
tutti gli aspetti <strong>di</strong> quella<br />
nuova fede, e sembra<br />
preannunciare proprio<br />
quello che sarebbe venuto<br />
a pre<strong>di</strong>care <strong>di</strong> lì a<br />
poco.<br />
12, 9-21: carità verso tutti, anche i nemici<br />
9<br />
La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi<br />
al bene; 10<br />
amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate<br />
nello stimarvi a vicenda. 11<br />
Non siate pigri nello zelo; siate<br />
invece ferventi nello spirito, servite il Signore. 12<br />
Siate lieti nella<br />
speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, 13<br />
solleciti per le necessità dei fratelli, premurosi nell`ospitalità. 14<br />
Bene<strong>di</strong>te<br />
coloro che vi perseguitano, bene<strong>di</strong>te e non male<strong>di</strong>te. 15<br />
Rallegratevi<br />
con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel<br />
pianto. 16<br />
Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non<br />
aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non<br />
fatevi un`idea troppo alta <strong>di</strong> voi stessi. 17<br />
Non rendete a nessuno<br />
male per male. Cercate <strong>di</strong> compiere il bene davanti a tutti gli uomini.<br />
18<br />
Se possibile, per quanto questo <strong>di</strong>pende da voi, vivete in<br />
pace con tutti. 19<br />
Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma<br />
lasciate fare all`ira <strong>di</strong>vina. Sta scritto infatti: A me la vendetta, sono<br />
io che ricambierò, <strong>di</strong>ce il Signore. 20<br />
Al contrario, se il tuo nemico<br />
ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo<br />
questo, infatti, ammasserai carboni ardenti sopra il suo capo. 21<br />
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male.
Aprile<br />
2009<br />
Stanislao Fioramonti<br />
Soprattutto nel se<strong>di</strong>cesimo ed ultimo capitolo<br />
della lettera ai Romani, ma anche nella seconda<br />
lettera a Timoteo, san Paolo ci presenta una<br />
folta schiera <strong>di</strong> cristiani originari o operanti nella<br />
capitale dell’impero. Ci sembra interessante<br />
conoscerli, perché se <strong>di</strong> alcuni ulteriori notizie<br />
sono praticamente inesistenti, <strong>di</strong> altri la storia<br />
o più spesso la tra<strong>di</strong>zione o la leggenda hanno<br />
dato un seguito importante alla citazione paolina.<br />
Nella lettera ai Romani (16, 1-16) sono citati<br />
29 cristiani della prima ora, quattro in quella a<br />
Timoteo. Primo aspetto da evidenziare, il gran<br />
numero <strong>di</strong> donne nominate (12 su 33, quasi un<br />
terzo).<br />
Ma riportiamo fedelmente il primo documento:<br />
“Vi raccomando Febe, nostra sorella, <strong>di</strong>aconessa<br />
della Chiesa <strong>di</strong> Cencre: ricevetela nel Signore<br />
come si conviene ai credenti, e assistetela in<br />
qualunque cosa abbia bisogno; anch’essa infatti<br />
ha protetto molti, e anche me stesso.<br />
Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in<br />
Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato<br />
la loro testa, e ad essi io non soltanto sono<br />
grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate<br />
anche la comunità che si riunisce nella loro <strong>casa</strong>.<br />
Salutate il mio caro Epèneto, primizia dell’Asia<br />
in Cristo. Salutate Maria, che ha faticato molto<br />
per voi.<br />
Salutate Andronìco e Giunia, miei parenti e compagni<br />
<strong>di</strong> prigionia; sono degli apostoli insigni che<br />
erano in Cristo già prima <strong>di</strong> me.<br />
Salutate Ampliato, mio <strong>di</strong>letto nel Signore. Salutate<br />
Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio<br />
caro Stachi.<br />
Salutate Apelle che ha dato buona prova in Cristo.<br />
� Andrea Maria Erba*<br />
Un aspetto fondamentale del metodo apostolico<br />
<strong>di</strong> San Paolo è l’accoglienza non solo <strong>di</strong> “chi<br />
è debole nella fede” (Rom. 14, 1) ma <strong>di</strong> tutti uomini<br />
o donne, schiavi o liberi nella Chiesa. San<br />
Paolo afferma: “In Cristo Gesù non c’è più né<br />
giudeo né greco… tutti siete uno in Lui.”. (Gal.<br />
3, 28).<br />
Sono note le <strong>di</strong>fficoltà per una tale accoglienza,<br />
testimoniate negli Atti degli Apostoli e soprattutto<br />
nelle epistole paoline ai Romani, ai<br />
Galati, agli Efesini.<br />
In esse c’è l’apertura delle Chiese giudeo-cri-<br />
Salutate i familiari <strong>di</strong> Aristòbulo. Salutate<br />
Ero<strong>di</strong>one, mio parente. Salutate quelli della <strong>casa</strong><br />
<strong>di</strong> Narciso che sono nel Signore.<br />
Salutate Trifena e Trifosa che hanno lavorato<br />
per il Signore. Salutate la carissima Pèrside che<br />
ha lavorato per il Signore.<br />
Salutate Rufo, questo eletto del Signore, e la<br />
madre sua che è anche mia. Salutate Asìncrito,<br />
Flegonte, Ermes, Pàtroba, Erma e i fratelli che<br />
sono con loro.<br />
Salutate Filòlogo e Giulia, Nèreo e sua sorella<br />
e Olìmpas e tutti i credenti che sono con loro.<br />
Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi<br />
salutano tutte le chiese <strong>di</strong> Cristo”.<br />
La citazione della seconda lettera (2Tm 4,21),<br />
che sembra scritta da Paolo durante la sua seconda<br />
e ultima prigionia romana (anni 65-67), è molto<br />
più breve: “Ti salutano Eubùlo, Pudente, Lino,<br />
Clau<strong>di</strong>a e tutti i fratelli”.<br />
Ve<strong>di</strong>amo ora <strong>di</strong> conoscere meglio qualcuno <strong>di</strong><br />
questi nostri predecessori in Cristo.<br />
Di Febe <strong>di</strong> Cencre abbiamo già parlato nel paragrafo<br />
<strong>di</strong> Corinto (Cencre era uno dei due porti<br />
della città, quello sul Mar Egeo), ma è nella<br />
lettera ai Romani, in occasione <strong>di</strong> un viaggio<br />
della donna a Roma, che Paolo fa il suo elogio<br />
come sorella, <strong>di</strong>aconessa e protettrice <strong>di</strong> molti<br />
fedeli, lui compreso.<br />
Di Prisca e Aquila abbiamo trattato invece nel<br />
numero scorso della rivista, essendo i due coniu<br />
stiane verso la<br />
piena accoglienza<br />
dei<br />
pagani nel<br />
popolo <strong>di</strong> Dio.<br />
Ci voleva un<br />
apostolo deciso<br />
come San Paolo, la sua profonda convinzione<br />
della necessità della fede in Cristo, e non<br />
la circoncisione, per accogliere ogni genere <strong>di</strong><br />
persone.<br />
Per <strong>di</strong>ffondere e far trionfare questo Vangelo <strong>di</strong><br />
libertà e <strong>di</strong> unità, Paolo ha percorso tutto il mondo<br />
<strong>di</strong> allora pre<strong>di</strong>cando, scrivendo, lottando persino<br />
con Pietro (cfr Gal. 2, 11).<br />
Alla fine vinse: nella Chiesa anche i pagani<br />
convertiti sono cristiani integralmente.<br />
E’ Gesù che attira tutti alla comunione con Dio<br />
e tra <strong>di</strong> Noi, e non le pratiche giudaiche, Insiste:<br />
si può essere cristiani appartenendo a qualsiasi<br />
razza, nazione e cultura.<br />
17<br />
gi romani tra i principali collaboratori <strong>di</strong> Paolo<br />
prima a Corinto e poi per lungo tempo ad Efeso,<br />
dove evidentemente misero a repentaglio le loro<br />
vite per salvarlo.<br />
Erano probabilmente coniugi anche Andronico<br />
e Giunia, due dei primi cristiani <strong>di</strong> Roma perché,<br />
se convertiti prima <strong>di</strong> Paolo, dovettero esserlo<br />
nell’anno 32-33, solo un paio <strong>di</strong> anni dopo<br />
la crocifissione <strong>di</strong> Gesù; anche la Chiesa li ricorda<br />
insieme il 17 maggio. Rufo, eletto del Signore,<br />
è stato da alcuni identificato con il fratello <strong>di</strong><br />
Alessandro e il figlio <strong>di</strong> Simone <strong>di</strong> Cirene, colui<br />
che aiutò Gesù a portare la croce sul calvario<br />
(Mc 15,21); anche la madre <strong>di</strong> Rufo aveva valore<br />
nella comunità cristiana <strong>di</strong> Roma, tanto che<br />
Paolo la chiama sua madre.<br />
Pàtroba (abbreviazione <strong>di</strong> Patrobius) secondo<br />
un’antichissima tra<strong>di</strong>zione sarebbe il primo evangelizzatore<br />
e vescovo, nonché patrono <strong>di</strong> Pozzuoli;<br />
era però membro della comunità romana e Paolo<br />
lo saluta insieme ad Asìncrito, Flegonte Ermes<br />
ed Erma che – scrive P. Testini sulla Enciclope<strong>di</strong>a<br />
Cattolica – forse erano tutti schiavi o liberti <strong>di</strong><br />
uno stesso padrone.<br />
Il Martirologio Romano ricorda Patroba il 4 novembre.<br />
Di Pudente, infine, parliamo <strong>di</strong>ffusamente<br />
qui nell’articolo su San Paolo a Roma, mentre<br />
Lino, secondo S. Ireneo, è stato il papa successore<br />
<strong>di</strong> San Pietro (67-77 d.C.).<br />
Bisogna sapersi accogliere gli uni gli altri, Lo<br />
spiega in una bella pagina San Paolo ai Romani:<br />
“Accoglietevi gli uni gli altri, come Cristo accolse<br />
voi, per la gloria <strong>di</strong> Dio. Dico infatti che Cristo<br />
si è fatto servitore dei circoncisi per compiere<br />
le promesse del Padre. Le nazioni invece glorificano<br />
Dio per la sua misericor<strong>di</strong>a…”.<br />
E conclude con un invito a tutti: “Il Dio della speranza<br />
vi riempia <strong>di</strong> ogni gioia e pace nella fede,<br />
perché abbon<strong>di</strong>ate nella speranza per la forza<br />
dello Spirito Santo” (Rom. 15, 7-13).<br />
Benché Cristo abbia pre<strong>di</strong>cato<br />
solo ai Giudei, ha voluto che anche<br />
i pagani fossero chiamati alla salvezza<br />
e attestassero così che sono<br />
amati da Dio. In nome dello stesso<br />
amore, ciascuno accolga il fratello.<br />
La parola <strong>di</strong> San Paolo mantiene<br />
la sua attualità e il suo valore.<br />
*vescovo emerito <strong>di</strong> Velletri-Segni
18<br />
Stanislao Fioramonti<br />
Nel I secolo dopo Cristo Roma aveva 1,5 milioni <strong>di</strong> abitanti,<br />
dei quali circa 40 mila ebrei riuniti intorno a una<br />
decina <strong>di</strong> sinagoghe <strong>di</strong>slocate in rioni <strong>di</strong>versi (Trastevere,<br />
Suburra, Campo Marzio, Porta Capena). La presenza<br />
ebraica in Roma ha una storia lunghissima, risalente<br />
almeno al 161 a.C. (M. Procaccia, Gli Ebrei nel<br />
Lazio, in: Gli Ebrei a Ferentino e nel Lazio Meri<strong>di</strong>onale,<br />
Ferentino 2001, p. 7). Essa aveva preso origine in prevalenza<br />
da commercianti e viaggiatori del Me<strong>di</strong>terraneo,<br />
ma anche dai “liberti”, cioè dai <strong>di</strong>scendenti dei Giudei<br />
condotti a Roma da Pompeo nel 63 a.C., dopo la conquista<br />
della Palestina, venduti come schiavi e in seguito<br />
liberati o riscattati dai connazionali (cfr. anche At,<br />
6,9). Quanto invece all’origine del Cristianesimo in Roma,<br />
non si sa chi per primo abbia portato la fede nell’Urbe.<br />
Con tutta probabilità furono credenti che provenivano<br />
per lo più dall’ebraismo, ma anche dal paganesimo:<br />
marinai, commercianti, schiavi originari dell’Oriente (Palestina),<br />
che si stabilirono a Roma accolti dalla numerosa comunità<br />
ebraica locale, con<strong>di</strong>videndo per primi la loro nuova<br />
fede nella capitale dell’impero e del paganesimo.<br />
La comunità cristiana <strong>di</strong> Roma dunque non fu fondata<br />
né da san Pietro né da san Paolo, ma preesisteva<br />
ad essi. Dagli Atti degli Apostoli (2,10; 2,41) sappiamo<br />
che nella Pentecoste dell’anno 30 – a cinquanta<br />
giorni dalla morte, resurrezione e ascensione <strong>di</strong> Gesù<br />
– gli apostoli ripieni <strong>di</strong> Spirito Santo pre<strong>di</strong>carono il Risorto<br />
ai tanti Giudei osservanti <strong>di</strong> ogni nazione riuniti a Gerusalemme<br />
per la festa che celebrava un tempo la mietitura, poi<br />
l’Alleanza ritrovata del popolo eletto. Tra le persone provenienti<br />
dall’Asia e dal bacino del Me<strong>di</strong>terraneo che quel<br />
giorno sentirono gli apostoli esprimersi nelle proprie lingue<br />
(erano Parti, Me<strong>di</strong>, Elamiti, uomini della Giudea,<br />
Mesopotamia, Cappadocia, Ponto, Asia, Frigia, Panfilia,<br />
Egitto, Cirenaica, Creta, Arabia, Ebrei e proseliti) c’erano<br />
anche stranieri <strong>di</strong> Roma; Luca aggiunge che quel<br />
giorno si convertirono a Cristo circa 3000 persone. Quattro<br />
o cinque anni dopo fu lapidato il <strong>di</strong>acono Stefano, primo<br />
martire <strong>di</strong> Cristo, (Atti, capp. 8 e 9), cui seguì la<br />
<strong>di</strong>spersione dei credenti (prevalentemente giudei ellenisti)<br />
in Giudea e Samaria, poi a Cipro, in Fenicia e<br />
ad Antiochia. Essi continuarono a pre<strong>di</strong>care la nuova<br />
dottrina ai Giudei, ma ad Antiochia alcuni <strong>di</strong> Cipro e <strong>di</strong><br />
Cirene si rivolsero anche ai Greci, cioè ai pagani, che<br />
si convertirono in gran numero. Da questi nuclei provenivano<br />
probabilmente i primi cristiani <strong>di</strong> Roma, che<br />
forse nel quarto decennio del I secolo vennero confermati<br />
nella fede dalla pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong>retta dell’apostolo<br />
Pietro. Egli si recò a Roma nell’anno 42, scrive<br />
Eusebio da Cesarea, o piuttosto nel 44,<br />
dopo la nuova persecuzione anticristiana<br />
scatenata a Gerusalemme dal re Erode<br />
Agrippa I, che portò all’uccisione <strong>di</strong> spada<br />
dell’apostolo Giacomo, fratello <strong>di</strong> Giovanni,<br />
e alla cattura dello stesso Pietro, poi miracolosamente<br />
liberato (At 12,1 ss).<br />
Forse fu allora che egli fece il suo primo<br />
viaggio a Roma, per rientrare a<br />
Gerusalemme nel 49, quando incontrò<br />
Paolo (Atti, cap. 15) e poi tornare<br />
definitivamente nell’Urbe verso il 54, trovandovi il martirio<br />
una dozzina <strong>di</strong> anni dopo. La prima attestazione<br />
storica dell’esistenza <strong>di</strong> cristiani a Roma è dell’anno<br />
49-50; il biografo Svetonio (70-126) scrive che l’imperatore<br />
Clau<strong>di</strong>o decretò l’espulsione dei Giudei dalla città perché<br />
“continuamente tumultuanti a causa delle istigazioni<br />
<strong>di</strong> Cresto” (Vita <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o, 25). E’ per questo e<strong>di</strong>tto,<br />
che peraltro non dovette avere lunga durata, che<br />
Paolo incontra a Corinto i coniugi Aquila e Priscilla (At,<br />
18,1 ss). Al tempo <strong>di</strong> Paolo i cristiani <strong>di</strong> Roma appartenevano<br />
ai livelli sociali più bassi (schiavi, operai, piccoli<br />
artigiani, commercianti); la comunità cristiana era<br />
ancora giovane e la sua fede a volte immatura, per-<br />
San Paolo alla Regola<br />
ciò soggetta a <strong>di</strong>visioni e malintesi (v. i capp. 12-15 della<br />
lettera ai Romani); per <strong>di</strong> più aveva subito e subiva<br />
ancora persecuzioni violente, come <strong>di</strong>verse fonti confermano:<br />
“Della setta dei cristiani sapevano che trovava<br />
dovunque opposizione” (At, 28, 22); “i Cristiani,<br />
genere <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> una superstizione nuova e malefica”<br />
(Svetonio, Vita <strong>di</strong> Nerone, XVI, 2); “Coloro che,<br />
o<strong>di</strong>ati per il loro comportamento contro la morale, il popolo<br />
chiamava Cristiani” (Tacito, Annales, XV,44). Paolo,<br />
che non aveva fondato la comunità cristiana <strong>di</strong> Roma<br />
e non la conosceva se non per averne sentito parlare,<br />
cominciò a pensare <strong>di</strong> visitarla durante il suo soggiorno<br />
ad Efeso, verso la fine del terzo viaggio missionario<br />
(anno 57). Leggiamo infatti negli Atti (19,21):<br />
“Dopo questi fatti (conversione <strong>di</strong> maghi e indovini dopo<br />
che i sette figli <strong>di</strong> Sceva, sommo sacerdote giudeo, fallirono<br />
nel cacciare gli spiriti nel nome <strong>di</strong> Gesù), Paolo<br />
si mise in animo <strong>di</strong> attraversare la Macedonia e l’Acaia<br />
e <strong>di</strong> recarsi a Gerusalemme <strong>di</strong>cendo: ‘Dopo essere stato<br />
là devo vedere anche Roma’. Inviati allora in Macedonia<br />
due suoi aiutanti, Timoteo ed Erasto, si tratteneva ancora<br />
un po’ <strong>di</strong> tempo nella provincia <strong>di</strong> Asia”. Quella permanenza<br />
fu però bruscamente interrotta dalla rivolta<br />
Aprile<br />
2009<br />
degli argentieri efesini; Paolo fu costretto<br />
a partire per la Macedonia e poi per Corinto,<br />
dove si trattenne circa tre mesi anche perché<br />
impegnato nella colletta a favore dei<br />
fratelli della Giudea; quin<strong>di</strong> rientrò a<br />
Gerusalemme. Fu in quei tre mesi a Corinto,<br />
tra la fine del 57 e l’inizio del 58, che probabilmente<br />
l’apostolo scrisse la Lettera ai<br />
Romani, commovente segno del suo affetto<br />
per quella comunità. I suoi propositi sono chiari: egli<br />
pensa <strong>di</strong> fare <strong>di</strong> Roma la base per completare la sua<br />
missione <strong>di</strong> apostolo dei pagani. Dopo aver considerato<br />
conclusa la sua opera nel Me<strong>di</strong>terraneo orientale<br />
(Palestina, Asia Minore, Grecia), vuole passare alla<br />
evangelizzazione dell’Occidente, cominciando dalla Spagna.<br />
Con la lettera presenta dunque la sua persona, la sua<br />
opera e la sua dottrina, perché siano note prima della<br />
sua venuta; chiede le preghiere dei Romani prima<br />
del suo prossimo viaggio a Gerusalemme, dove avrebbe<br />
incontrato non pochi pericoli; e forse vuole anche<br />
prevenire che i giudaizzanti, suoi avversari, turbino la<br />
pace <strong>di</strong> quella comunità, come avevano fatto altrove<br />
(cf. Rom 16, 17-19). Giunto a Gerusalemme per la<br />
Pentecoste dell’anno 58, Paolo fu aggre<strong>di</strong>to dai suoi<br />
connazionali, che lo accusavano <strong>di</strong> profanazione del<br />
tempio, e catturato dai soldati romani, che lo salvarono<br />
dal linciaggio ma lo rinchiusero nella fortezza Antonia.<br />
Una notte, dopo aver testimoniato davanti al Sinedrio,<br />
Paolo avvertì nella prigione una particolare “vicinanza”<br />
del Signore che, quasi a conferma dei suoi progetti,<br />
gli <strong>di</strong>ce: “Coraggio! Come hai testimoniato per<br />
me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda<br />
testimonianza anche a Roma”. Quel sogno però<br />
doveva attendere due anni per realizzarsi. Timorose<br />
per la vita del prigioniero, contro il quale congiuravano<br />
i giudei per ucciderlo, le autorità romane lo trasferirono<br />
sotto forte scorta a Cesarea Marittima, capitale della<br />
provincia <strong>di</strong> Giudea (riportata dall’imperatore<br />
Clau<strong>di</strong>o sotto il <strong>di</strong>retto controllo <strong>di</strong> Roma alla morte <strong>di</strong><br />
Agrippa, nel 44). Qui Paolo, appellatosi al giu<strong>di</strong>zio dell’imperatore<br />
in quanto citta<strong>di</strong>no romano, fu tenuto per<br />
due anni in prigionia e poi, nel settembre del 60, il governatore<br />
Porcio Festo lo mandò per nave a Roma, sotto<br />
la tutela del centurione Giulio, della Coorte<br />
Augusta. Vi giunse solo nella primavera (febbraio-marzo)<br />
del 61, dopo un naufragio e tre mesi <strong>di</strong> svernamento<br />
nell’isola <strong>di</strong> Malta. Le comunità cristiane, che<br />
lo attendevano con ansia, gli andarono incontro sulla<br />
via Appia fino a 50 e 65 km dall’Urbe. Paolo <strong>di</strong>mora in<br />
Roma dal 61 al 63 e nell’attesa del processo riesce a<br />
ottenere la “custo<strong>di</strong>a militaris”, rimane cioè libero <strong>di</strong> abitare<br />
in una <strong>casa</strong> propria, presa in affitto, ma sotto la<br />
sorveglianza <strong>di</strong> un soldato; tale regime carcerario – sorta<br />
<strong>di</strong> libertà vigilata o <strong>di</strong> arresti domiciliari – gli consentì<br />
una relativa libertà <strong>di</strong> azione e <strong>di</strong> movimento, con possibilità<br />
<strong>di</strong> ricevere visite, <strong>di</strong> annunciare il regno <strong>di</strong> Dio<br />
e <strong>di</strong> insegnare “in tutta franchezza e senza impe<strong>di</strong>mento<br />
Santa Prisca, Roma
Aprile<br />
2009<br />
le cose riguardanti<br />
il Signore<br />
Gesù Cristo”,<br />
come <strong>di</strong>cono<br />
le ultime parole<br />
degli Atti<br />
degli Apostoli.<br />
Paolo insomma<br />
continuò la<br />
sua missione<br />
evangelizzatrice<br />
nel cuore<br />
dell’impero.<br />
La permanenza<br />
<strong>di</strong> san<br />
Paolo a Roma<br />
è stata <strong>di</strong> gran-<br />
Santa Maria in Campitelli de importanza<br />
per la comunità<br />
cristiana locale; tanti luoghi della città ne conservano<br />
ancora il ricordo, e in tanti altri sono rimasti i <strong>segni</strong><br />
che la tra<strong>di</strong>zione cristiana ha legato alla vita o alla venerazione<br />
dell’apostolo. Essi permettono <strong>di</strong> coglierne più<br />
da vicino la realtà e quin<strong>di</strong> anche il lato umano, e <strong>di</strong><br />
percepire tutta l’importanza della sua missione <strong>di</strong> evangelizzatore<br />
e del suo ruolo <strong>di</strong> colonna portante della<br />
Chiesa accanto a Pietro. Passeremo dunque in rassegna<br />
i luoghi <strong>di</strong> Roma che la tra<strong>di</strong>zione o la venerazione<br />
cristiana hanno associato alla presenza <strong>di</strong> Paolo;<br />
non solo i più famosi, legati al suo passaggio, ma anche<br />
i siti meno noti dove nei secoli si è manifestata la devozione<br />
verso al figura <strong>di</strong> Paolo, testimone <strong>di</strong> Cristo risorto<br />
fino al martirio. In questa prima puntata visiteremo<br />
i luoghi della sua vita missionaria; nella seconda, quelli<br />
del suo martirio.<br />
Benché sia logico pensare che la prima residenza <strong>di</strong><br />
Paolo a Roma - una <strong>casa</strong> propria presa in affitto, <strong>di</strong>cono<br />
gli Atti – dovesse situarsi nell’area del Castro Pretorio,<br />
il quartiere militare dove risiedevano i pretoriani incaricati<br />
dei prigionieri agli arresti domiciliari o in libertà<br />
vigilata, una tra<strong>di</strong>zione molto antica in<strong>di</strong>ca come prima<br />
abitazione romana dell’apostolo il sito dove ora sorge<br />
la chiesa <strong>di</strong> San Paolo alla Regola, non lontana<br />
dal Tevere (presso il ponte Sisto) e dalla Sinagoga. Nel<br />
primo secolo si concentravano in questa zona botteghe<br />
e magazzini <strong>di</strong> tessitori, tintori e conciatori <strong>di</strong> pelli;<br />
Paolo stesso era un fabbricante <strong>di</strong> tende sempre de<strong>di</strong>to<br />
al suo lavoro, sia per mantenersi nei suoi viaggi senza<br />
pesare sulle comunità che visitava, sia per dare un<br />
esempio <strong>di</strong> operosità ai cristiani. D’altra parte la zona<br />
del rione Regola è in Roma tra quelle <strong>di</strong> più antico inse<strong>di</strong>amento,<br />
posta com’era lungo una importante strada<br />
che in età imperiale collegava il ponte Elio (ponte S.<br />
Angelo) al Foro Boario. Nelle vicinanze della chiesa<br />
(citata dal 1186,<br />
ricostruita nel<br />
1687-1728), alla<br />
fine <strong>di</strong> via S.<br />
Paolo alla<br />
Regola, si trova<br />
un insieme <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici<br />
me<strong>di</strong>evali<br />
(sec. XIII) chiamato<br />
“case <strong>di</strong> S.<br />
Paolo”; invece<br />
all’incrocio con via<br />
del Conservatorio<br />
recenti indagini<br />
archeologiche<br />
Santa Prassede<br />
hanno rilevato nei<br />
sotterranei <strong>di</strong> alcune abitazioni, quasi a sostegno della<br />
tra<strong>di</strong>zione, resti <strong>di</strong> case ed altre strutture romane del<br />
I secolo d. C., il secolo <strong>di</strong> Paolo. All’interno della chiesa<br />
un oratorio è de<strong>di</strong>cato all’apostolo, che in un mosaico<br />
viene rappresentato in catene, mentre una iscrizione<br />
ricorda che “la parola <strong>di</strong> Dio non è incatenata” (2Tm<br />
2,9) Il secondo luogo in<strong>di</strong>cato come soggiorno <strong>di</strong> san<br />
Paolo a Roma corrisponde alla chiesa <strong>di</strong> S. Maria in<br />
Via Lata, nel centro città presso l’attuale via del Corso;<br />
non lontana dalla chiesa precedente, sarebbe stata la<br />
residenza nella capitale dell’impero anche dell’apostolo<br />
Pietro e degli evangelisti Luca e Giovanni. Se alla chiesa<br />
più antica si sovrapposero nel tempo quelle dei secoli<br />
XI e XVI, nei sotterranei è possibile ritrovare il ricordo<br />
dell’antica devozione paolina; vi si conserva ancora,<br />
tra l’altro, un pozzo alimentato da una sorgente d’acqua<br />
scaturita per le preghiere <strong>di</strong> Paolo, alla quale per<br />
secoli i fedeli hanno attinto devotamente. Un altare seicentesco,<br />
con Pietro e Paolo e Luca rilevati nel marmo,<br />
conferma la secolare devozione paolina del luogo.<br />
Terza tappa del nostro itinerario sui luoghi romani<br />
dell’attività missionaria <strong>di</strong> Paolo è la chiesa <strong>di</strong> S. Prisca<br />
al colle Aventino, considerata la <strong>di</strong>mora dei coniugi romani<br />
Aquila e Priscilla (Prisca), collaboratori <strong>di</strong> Paolo sia<br />
a Corinto che ad Efeso,<br />
S. Pudenziana<br />
oltre che a Roma. Nei tre anni del suo primo soggiorno<br />
romano l’apostolo visitò le comunità cristiane citta<strong>di</strong>ne<br />
nei loro luoghi <strong>di</strong> riunione, che inizialmente erano<br />
case private (domus ecclesiae), dove i fedeli pregavano,<br />
ascoltavano la Parola e celebravano l’Eucaristia.<br />
La <strong>casa</strong> <strong>di</strong> Aquila e Priscilla era appunto una <strong>di</strong> quelle<br />
prime case-chiese e si trovava nei pressi della chiesa<br />
attuale. Nel III secolo vi era già un oratorio, inglobato<br />
poi dal tempio del V secolo; questo fu restaurato<br />
nel XII e nel XVII secolo, conserva un interno basilicale<br />
a tre navate <strong>di</strong>vise da colonne ioniche e all’iniziio<br />
della navata destra dà accesso al Mitreo <strong>di</strong> S. Prisca<br />
(<strong>casa</strong> del I secolo con quadriportico e ninfeo) e alla cripta<br />
della chiesa, del IX secolo. Sull’altare sono poste<br />
le reliquie <strong>di</strong> S. Prisca, titolare della chiesa, che sarebbe<br />
la figlia <strong>di</strong> Priscilla, decapitata sotto l’imperatore Clau<strong>di</strong>o.<br />
Altro luogo paolino della tra<strong>di</strong>zione romana è la basilica<br />
<strong>di</strong> S. Pudenziana all’Esquilino. Pudenziana<br />
sarebbe stata sorella <strong>di</strong> santa Prassede e figlia del senatore<br />
Pudente, ritenuto da alcuni lo stesso personaggio<br />
citato nell’epilogo della seconda lettera <strong>di</strong> Paolo a<br />
Timoteo. La chiesa a lei de<strong>di</strong>cata, del IV secolo, sorge<br />
su una <strong>casa</strong> romana dove nel II secolo era un com-<br />
19<br />
Santi Cosma e Damiano<br />
plesso termale; il campanile romanico è del XIII, l’interno<br />
barocco, la facciata rifatta nel 1870. E’ molto importante,<br />
nell’abside, il mosaico del V secolo, il più antico<br />
<strong>di</strong> Roma del genere, rappresentante Cristo in trono<br />
circondato dagli apostoli e dalle sante sorelle Pudenziana<br />
e Prassede. Il celebre archeologo ottocentesco<br />
Giovann Battista De Rossi così sintetizza tra<strong>di</strong>zione e<br />
storia <strong>di</strong> quasta vetusta chiesa (cf. Bull. d’arch. Crist.<br />
1867, p. 4 ss): “L’antica fama, le narrazioni <strong>di</strong>vulgate<br />
sotto i nomi <strong>di</strong> Pastore e <strong>di</strong> Timoteo, le lettere <strong>di</strong> papa<br />
Pio I e <strong>di</strong> Giusto da Verona, il Libro Pontificale ci hanno<br />
tramandato che essa fu la <strong>casa</strong> <strong>di</strong> Pudente, battezzato<br />
dagli apostoli e nominato nelle epistole <strong>di</strong> Paolo;<br />
che in quella <strong>casa</strong> furono celebrate frequenti adunanze<br />
dei primi cristiani; e che Pudenziana, Prassede e<br />
Timoteo, figliuoli <strong>di</strong> Pudente, fecero quivi de<strong>di</strong>care dal<br />
papa Paolo I un fonte battesimale e costituire in titolo<br />
romano (<strong>di</strong> S. Pastore, n.d.R.) le attigue terme <strong>di</strong> Novato”.<br />
La basilica <strong>di</strong> santa Prassede, vicina a quella <strong>di</strong> S.<br />
Maria Maggiore, ugualmente esisteva come luogo <strong>di</strong><br />
culto fin dal V secolo (489); fu ricostruita da papa Pasquale<br />
I (817-824), che vi trasferì dalle catacombe i resti <strong>di</strong><br />
molti martiri. Sono anche qui gli antichi mosaici del catino<br />
absidale, anch’essi del tempo <strong>di</strong> Pasquale I, a ricollegarci<br />
con la figura <strong>di</strong> S. Paolo, raffigurato a sinistra<br />
del Cristo bene<strong>di</strong>cente con i braccio che cinge S. Prassede.<br />
La chiesa, oltre ai ricor<strong>di</strong> della santa titolare, <strong>di</strong> Pietro<br />
e Paolo e dei martiri romani, conserva anche il più importante<br />
monumento bizantino <strong>di</strong> Roma (nella cappella <strong>di</strong><br />
S. Zenone) e la presunta colonna della flagellazione<br />
<strong>di</strong> Gesù, portata nel 1223 da Gerusalemme dal car<strong>di</strong>nale<br />
Colonna. Anche la basilica dei SS. Cosma e Damiano<br />
al Foro, fratelli me<strong>di</strong>ci che la fede cristiana ha contrapposto<br />
ai <strong>di</strong>oscuri pagani Càstore e Pollùce, la ricor<strong>di</strong>amo in<br />
questa rassegna per i suoi mosaici absidali del VI-VII<br />
secolo. San Paolo è raffigurato insieme a Pietro che<br />
presentano a Cristo i due fratelli titolari della chiesa.<br />
Si tratta anche qui <strong>di</strong> una testimonianza molto antica<br />
del culto ai due apostoli evagelizzatori dell’Urbe. In due<br />
altre chiese <strong>di</strong> Roma infine si possono ammirare due<br />
versioni, molto <strong>di</strong>verse tra loro ma entrambe molto suggestive,<br />
dell’episo<strong>di</strong>o che ha rivoluzionato l’esistenza<br />
<strong>di</strong> Paolo, cioè la sua illuminazione presso Damasco.<br />
Nella chiesa <strong>di</strong> S. Maria in Campitelli, presso la sinagoga<br />
e il ghetto, si trova la versione del seicentesco<br />
Ludovico Gimignani; invece in S. Maria<br />
del Popolo, nella cappella Cerasi del<br />
transetto sinistro, si possono amirare<br />
ad<strong>di</strong>rittura due capolavori del Caravaggio,<br />
la Conversione <strong>di</strong> Paolo (1600) e la<br />
Crocifissione <strong>di</strong> Pietro (1601). In realtà<br />
è stata proprio la luce <strong>di</strong> Damasco<br />
che ha trasformato il fariseo zelante<br />
<strong>di</strong> nome Saulo nell’apostolo infaticabile<br />
del mondo pagano, dall’Asia<br />
Minore alla Grecia e fino a Roma, che<br />
del paganesimo era la capitale.
20<br />
Stanislao Fioramonti<br />
Situata all’estremità sud-occidentale della Turchia,<br />
sulle rive del fiume Oronte, al tempo <strong>di</strong> Paolo<br />
Antiochia (oggi Antakya) era la capitale della<br />
provincia romana <strong>di</strong> Siria, istituita da Pompeo<br />
nel 64 a.C. e ricostituita da Ottaviano nel 27<br />
a. C. come provincia imperiale governata da<br />
un proconsole. Con circa mezzo milione <strong>di</strong> abitanti,<br />
era anche la terza metropoli dell’impero<br />
romano, dopo Roma stessa e Alessandria<br />
d’Egitto. A 25<br />
chilometri si apriva<br />
sul Mare<br />
Me<strong>di</strong>terraneo con<br />
il porto <strong>di</strong><br />
Seleucia; questo<br />
e la sua posizione<br />
sulla Via<br />
dell’Asia, la grande<br />
arteria politica<br />
e commerciale<br />
che collegava<br />
Roma alla<br />
Palestina (quin<strong>di</strong><br />
l’Occidente<br />
all’Oriente), passando<br />
per<br />
Corinto, Efeso<br />
e l’Asia Minore,<br />
ne faceva un<br />
centro commercialeattivissimo:<br />
pesce, prodotti<br />
<strong>di</strong> prima<br />
necessità, ma<br />
anche tanti<br />
oggetti <strong>di</strong> lusso.<br />
Sviluppata era pure<br />
l’industria, in particolare quella delle armi.<br />
Era anche chiamata “Antiochia la Bella” per<br />
la magnificenza dei suoi e<strong>di</strong>fici, il suo amore<br />
per le lettere e le arti; aveva una cerchia<br />
<strong>di</strong> mura <strong>di</strong>fensive con almeno 400<br />
torri, una grande statua <strong>di</strong> Giove<br />
dominava tutta la città, che era attraversata<br />
da un corso a tre carreggiate<br />
separate da colonnati <strong>di</strong> marmo,<br />
per parecchi chilometri; dovunque,<br />
agli incroci come nelle piazze pubbliche,<br />
ci sono statue <strong>di</strong> dei e dee;<br />
le fontane sono numerose.<br />
(...). “La città è animatissima:<br />
ad ogni angolo<br />
delle strade giocolieri,<br />
mimi,<br />
ciarlatani, guaritori<br />
e stregoni d’ogni<br />
sorta attirano i<br />
passanti; ogni<br />
giorno vi sono<br />
corse, giochi, danze, processioni, feste e baccanali.<br />
I culti religiosi sono numerosi: la religione<br />
misterica <strong>di</strong> Cibele, la dea madre importata<br />
dall’Asia Minore; il culto <strong>di</strong> Attis, venuto<br />
dalla Frigia; i riti <strong>di</strong> Iside e Osiride ere<strong>di</strong>tati<br />
dall’Egitto; il culto <strong>di</strong> Diòniso, giunto attraverso<br />
la Grecia dalle profon<strong>di</strong>tà dell’Asia. Culti che<br />
danno occasione a eccessi <strong>di</strong> ogni genere,<br />
così quello <strong>di</strong> Efesto (Vulcano) e <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>te<br />
(Venere) è celebrato con orge frenetiche; quello<br />
<strong>di</strong> Astarte con sacrifici <strong>di</strong> bambini e a vol-<br />
Basilica <strong>di</strong> S. Pietro in Antiochia<br />
te anche <strong>di</strong> adulti. La superstizione è <strong>di</strong>ffusissima<br />
e i numerosi templi che celebrano il<br />
culto della natura, della germinazione, della<br />
fecon<strong>di</strong>tà e della potenza creatrice sono altrettanti<br />
luoghi <strong>di</strong> prostituzione sacra. Così<br />
Antiochia è famosa in tutto l’impero per la sfrenatezza<br />
dei costumi” (G. Le Mouel, Conoscere<br />
Paolo, pagg.22-24).<br />
Il cristianesimo giunse ad Antiochia molto precocemente.<br />
Gli Atti degli Apostoli, scritti da Luca che era<br />
probabilmente antiocheno, dopo aver ricordato<br />
che uno dei primi sette <strong>di</strong>aconi <strong>di</strong><br />
Gerusalemme scelti dagli Apostoli era “Nicola,<br />
un proselito <strong>di</strong> Antiochia” (At 6,5), racconta-<br />
Aprile<br />
2009<br />
no che dopo la persecuzione <strong>di</strong> Gerusalemme<br />
seguita alla lapidazione <strong>di</strong> Stefano i seguaci<br />
<strong>di</strong> Cristo giunsero fin nella Fenicia, a Cipro<br />
e ad Antiochia; in questa città non si limitarono<br />
a pre<strong>di</strong>care la loro fede solo ai Giudei,<br />
come altrove, ma alcuni ciprioti e cirenei pre<strong>di</strong>carono<br />
anche ai Greci, cioè ai pagani, convertendone<br />
molti. Dalla Chiesa <strong>di</strong> Gerusalemme<br />
allora inviarono ad Antiochia Barnaba, uomo<br />
pieno <strong>di</strong> Spirito Santo, che con la sua parola<br />
condusse al Signore una folla considerevole<br />
e quin<strong>di</strong>, prevedendo gran<strong>di</strong> sviluppi in<br />
quella città, si recò a Tarso per prendersi come<br />
collaboratore Saulo-Paolo, da poco convertito.<br />
I due lavorarono un anno intero ad Antiochia,<br />
dove per la prima volta i fedeli furono chiamati<br />
cristiani; e dopo aver istruito molta gente<br />
e organizzato nella città una grande comunità<br />
cristiana, guidata da anziani, profeti e dottori<br />
(oltre a<br />
Barnaba e<br />
P a o l o ,<br />
Simeone il<br />
Nero, Lucio <strong>di</strong><br />
Cirene e<br />
Manaen),<br />
Paolo fece <strong>di</strong><br />
Antiochia<br />
anche la base<br />
<strong>di</strong> partenza e<br />
<strong>di</strong> arrivo dei<br />
suoi tre gran<strong>di</strong><br />
viaggi missionari<br />
(cf. Atti,<br />
cap. 11). Infine<br />
a Seleucia, il<br />
porto <strong>di</strong><br />
Antiochia, furonoprobabilmente<br />
scritti,<br />
verso l’anno<br />
180-190 , gli<br />
apocrifi Atti <strong>di</strong><br />
Paolo; ne è<br />
protagonista,<br />
oltre all’apostolo,<br />
la martire Tecla, originaria forse <strong>di</strong> Iconio<br />
ma che proprio a Seleucia ebbe un santuario<br />
con il centro del suo culto. in Turchia i<br />
cattolici sono pochi e le parrocchie povere;<br />
ad Antiochia però i cristiani, per la maggior<br />
parte ortodossi, fanno pratica <strong>di</strong> ecumenismo:<br />
gli ortodossi frequentano la parrocchia cattolica<br />
e insieme celebrano il Natale alla data<br />
dei cattolici (il 25 <strong>di</strong>cembre) e la Pasqua a quella<br />
degli ortodossi.<br />
Il 29 giugno 2007, festa <strong>di</strong> s. Paolo, con il contributo<br />
della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Vicenza vi è stata poi<br />
inaugurata una “Casa s. Luca” con quattro appartamenti<br />
per famiglie bisognose e studenti.
Aprile<br />
2009<br />
Dopo il Concilio sono emersi con chiarezza nella<br />
comunità cristiana alcuni concetti fondamentali:<br />
che a ogni luogo, innanzitutto, è potenzialmente<br />
luogo <strong>di</strong> santificazione, e che in esso ciascun<br />
fedele laico si trova a vivere per volontà <strong>di</strong>retta<br />
o in<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Dio. Tale luogo in generale per<br />
il laico è la vita <strong>di</strong> famiglia.<br />
Inoltre, nel periodo che va dall’inizio del Vaticano<br />
II all’Esortazione “Cristifideles Laici”, si è collocato<br />
al centro della vita cristiana accanto al<br />
rapporto con Dio, anche quello con il mondo.<br />
Per tali acquisizioni ad una spiritualità tutta incentrata<br />
sul rapporto con Dio ha fatto seguito una<br />
spiritualità fondata sulla bontà originaria del mondo,<br />
voluto dal Signore, per cui l’impegno cristiano<br />
nella storia <strong>di</strong>venta la strada maestra della<br />
comunione con Dio stesso. Questo riconoscimento<br />
del valore della laicità e dell’attenzione<br />
per il mondo, rappresenta la forma tipica<br />
che la spiritualità dei laici ha assunto nel<br />
nostro tempo.<br />
Nell’ottica pastorale del dopo-Concilio, il laico<br />
cristiano coglie nella famiglia il luogo privilegiato,<br />
in quanto chiesa domestica, per realizzare<br />
le esperienze dell’amore coniugale, della<br />
paternità e della maternità, del lavoro e dell’impegno<br />
professionale, dell’impegno politico<br />
e sociale, e la stessa capacità <strong>di</strong> gioire della<br />
natura e del mondo in tutte le sue componenti,<br />
capaci <strong>di</strong> aiutarlo concretamente anche per vie<br />
<strong>di</strong>verse ad incontrare Dio.<br />
Il fedele laico è consapevole che nella Chiesa<br />
vi è sempre stata in generale un’attenzione alla<br />
sanità familiare. La ricerca della sanità nel matrimonio<br />
non costituisce certo una novità nella<br />
vita della Chiesa ma ne rappresenta una costante,<br />
perché in ogni epoca storica e in ogni ambiente<br />
culturale e sociale vi sono stati coniugi cristiani<br />
che hanno sperimentato la loro esistenza<br />
come <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> fede, <strong>di</strong> amore e <strong>di</strong> servizio<br />
a Dio. Accanto a questa attenzione, ci sono<br />
delle ragioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne generale e altre specifiche,<br />
collegabili a con<strong>di</strong>zionamenti che non hanno<br />
cessato <strong>di</strong> influenzare negativamente la vita<br />
della famiglia e che spiegano in parte il <strong>di</strong>fficile<br />
cammino della spiritualità familiare ancora<br />
oggi. 1<br />
Tuttavia il laico è ugualmente consapevole che<br />
la santità familiare non è mai salita alla ribalta,<br />
e solo marginalmente ha richiamato<br />
l’attenzione degli scrittori <strong>di</strong> spiritualità.<br />
In una parola è sempre stata<br />
considerata una santità minore.<br />
La storia della canonizzazione e<br />
delle beatificazioni è, sotto questo<br />
aspetto, illuminante: i santi sposati,<br />
sui quali del resto, opportunamente,<br />
è stata solo <strong>di</strong> recente<br />
richiamata l’attenzione, erano<br />
veramente nella Chiesa l’eccezione;<br />
tali <strong>di</strong>ventavano, <strong>di</strong> norma, non durante<br />
il matrimonio ma dopo <strong>di</strong> esso,<br />
basti pensare a vedovi o vedove, come<br />
fondatori o fondatrici <strong>di</strong> congregazioni<br />
religiose.<br />
Il concilio ha iniziato e accelerato un<br />
mutamento <strong>di</strong> prospettiva. Il laico fedele<br />
è consapevole che la generazione<br />
delle nuove famiglie <strong>di</strong> oggi e<br />
<strong>di</strong> coloro che si affaccino ora al matrimonio,<br />
hanno la grande fortuna <strong>di</strong><br />
non vivere una esperienza segnata<br />
in qualche modo dalla marginalità,<br />
21<br />
ma avvertono <strong>di</strong> essere al centro dell’esperienza<br />
cristiana laicale e <strong>di</strong> fare la scelta della vita matrimoniale,<br />
vista pure essa come sequela <strong>di</strong> Cristo<br />
e per una via <strong>di</strong>versa, non per questo meno<br />
nobile e meno degna, da quella <strong>di</strong> coloro che<br />
optano per la verginità e per la vita religiosa.<br />
Nonostante questo salto qualitativo, vivere l’esperienza<br />
della vita <strong>di</strong> famiglia come via alla<br />
santità, è <strong>di</strong>fficile oggi non meno <strong>di</strong> ieri. Se molte<br />
<strong>di</strong>ffidenze sono cadute, tuttavia resta ancora<br />
<strong>di</strong>fficile nel mondo contemporaneo vivere il<br />
matrimonio e la vita familiare nel Signore.<br />
Le nuove generazioni sono infatti immerse in<br />
un clima edonistico, consumistico, secolarizzato<br />
nel quale non è facile fare la scelta <strong>di</strong> Dio<br />
e porlo al centro <strong>di</strong> tutta la propria esistenza.<br />
Il laico fedele è chiamato ad inserirsi nella vita<br />
famigliare con l’accettare il valore della vita,<br />
con il rispettare la profonda <strong>di</strong>gnità dell’altro<br />
nelle sue varie manifestazioni: dal gesto corporeo<br />
alla con<strong>di</strong>visione dei compiti domestici,<br />
e cosi ha concepirla non privatisticamente ma<br />
come sevizio all’amore e alla vita.<br />
Attraverso questo amore umano vissuto in tutta<br />
la sua pienezza e realizzato nella sua giusta<br />
<strong>di</strong>mensione, il laico cristiano deve fare della<br />
vita coniugale una pallida immagine e insieme<br />
un luminoso annunzio dell’amore <strong>di</strong> Dio per<br />
gli uomini. L’Esortazione “Cristifideles Laici”,<br />
sulla scia del Concilio, afferma chiaramente che<br />
“la coppia e la famiglia costituiscono il primo<br />
spazio per l’impegno sociale dei fedeli laici.<br />
E’ un impegno che può essere assolto adeguatamente<br />
solo nella convinzione del valore<br />
unico e insostituibile della famiglia per lo sviluppo<br />
della società e della stessa Chiesa. Culla<br />
della vita e dell’amore, nella quale l’uomo «nasce»<br />
e «cresce», la famiglia è la cellula fondamentale<br />
della società” (Ch. L. 40). L’amore è a fondamento<br />
<strong>di</strong> questa comunità <strong>di</strong> persone.<br />
Tutto ciò viene esplicitamente insegnato dalla<br />
“Familiaris Consortio”: “la famiglia, fondata<br />
e vivificata dall’amore, è una comunità <strong>di</strong> persone:<br />
dell’uomo e della donna sposi, dei genitori<br />
dei figli e dei parenti. […]. Il principio interiore,<br />
la forza permanente e la meta ultima <strong>di</strong><br />
tale compito è l’amore: come, senza l’amore,<br />
la famiglia non è una comunità <strong>di</strong> persone, cosi,<br />
senza l’amore, la famiglia non può vivere, crescere<br />
e perfezionarsi come comunità <strong>di</strong> per-<br />
sone) 2<br />
.<br />
Nella stessa prospettiva Mannati sostiene che<br />
“ciò presuppone che vi sia una crescita nella<br />
comprensione del fatto <strong>di</strong> essere per il mondo<br />
i <strong>segni</strong> dell’amore <strong>di</strong> Cristo per la sua Chiesa<br />
(Ef.5,25) e per i figli la presenza percepibile<br />
dell’amore <strong>di</strong> Dio Padre.<br />
Se viene a mancare questo lavoro interiore in<br />
una coppia cristiana vi è il rischio <strong>di</strong> costruire<br />
una religiosità pressappochistica che certo non<br />
può trasmettere con cre<strong>di</strong>bilità e d efficacia quanto<br />
la Chiesa si aspetta da essa. 3<br />
a della propria<br />
formazione spirituale.<br />
1<br />
cf. Campanini G.G., Famiglia, in “Nuovo<br />
Dizionario <strong>di</strong> Spiritualità”, Paoline, Cinisello<br />
Balsamo (MI) 1985, pp.<br />
623-636.<br />
2<br />
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio.<br />
Esortazione Apostolica sui compiti della famiglia<br />
cristiana, (1981), E.V.7 1582<br />
3<br />
Mannati E., Teologia del laicato ct., p. 155.
22<br />
A partire da questo articolo inizieremo la trattazione<br />
della materia relativa agli impe<strong>di</strong>menti, ossia<br />
a quelle circostanze in<strong>di</strong>viduate dal <strong>di</strong>ritto come<br />
ostacoli alla celebrazione del matrimonio e, dunque,<br />
come ostacoli all’acquisto <strong>di</strong> efficacia giuri<strong>di</strong>ca<br />
da parte del consenso.<br />
Trattandosi <strong>di</strong> una restrizione dello «ius connubii»<br />
(can. 1058) e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> una limitazione della<br />
libertà <strong>di</strong> scelta del proprio stato <strong>di</strong> vita, in specie<br />
quello coniugale (can. 219), la normativa sugli<br />
impe<strong>di</strong>menti deve essere sottoposta ad interpretazione<br />
stretta (can. 18), secondo il contenuto proprio<br />
del <strong>di</strong>vieto e deve, pertanto, intendersi come un’eccezione<br />
rispetto al riconoscimento della abilità<br />
generale dei fedeli <strong>di</strong> contrarre matrimonio e, come<br />
tale, necessita <strong>di</strong> essere adeguatamente regolamentata:<br />
il can. 1058, infatti, fissando il contenuto<br />
essenziale del principio del «favor iuris»,<br />
espresso nel can. 1060, rispetto alla vali<strong>di</strong>tà dei<br />
vincoli contratti, attraverso il riconoscimento del<br />
<strong>di</strong>ritto soggettivo primario <strong>di</strong> ogni persona al matrimonio,<br />
viene ad esprimere un principio generale<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino naturale limitabile, nella sua applicazione,<br />
solo per gravi ragioni oggettive.<br />
Ogni intervento restrittivo dell’autorità dovrà pertanto<br />
avere come presupposto la certezza del<br />
profilarsi della circostanza inabilitante nel caso<br />
specifico: non basta il solo dubbio, non superato<br />
neppure a seguito <strong>di</strong> adeguata indagine, ad impe<strong>di</strong>re<br />
la celebrazione del matrimonio.<br />
Passiamo ora a delineare il concetto <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento.<br />
Il termine è totalmente assente nei primi<br />
secoli della storia della Chiesa: venivano usate<br />
espressioni generiche <strong>di</strong> cui si ignora l’esatto<br />
significato (illiceità o nullità). Si trattava soprattutto<br />
<strong>di</strong> proibizioni generali, considerando che,<br />
in materia matrimoniale, la Chiesa esercitava una<br />
potestà soltanto <strong>di</strong>sciplinare.<br />
La proibizione <strong>di</strong> contrarre matrimonio era pure<br />
determinata dai delitti pubblicamente sanzionati<br />
fra i quali i peccati gravi contro la morale sessuale,<br />
specialmente se commessi con parenti prossimi<br />
o affini, l’assassinio, il rapimento.<br />
Nel <strong>di</strong>ritto antico il concetto <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento era<br />
onnicomprensivo ed identificava ogni circostanza<br />
che, per <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino o positivo, ostasse alla valida<br />
e lecita celebrazione delle nozze.<br />
Erano, pertanto, compresi tra gli impe<strong>di</strong>menti, i<br />
vizi del consenso, l’incapacità consensuale<br />
delle parti ed i <strong>di</strong>fetti sostanziali della forma canonica.<br />
Una delle più notevoli conquiste tecniche,<br />
introdotta dal Co<strong>di</strong>ce del 1917, è stata la sostituzione<br />
<strong>di</strong> tale concetto onnicomprensivo <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento<br />
con uno più specifico, mutuato dalla <strong>di</strong>stinzione<br />
tra impe<strong>di</strong>mento, propriamente detto, come<br />
circostanza, positivamente stabilita, che inabilita<br />
la celebrazione del matrimonio e situazioni<br />
patologiche che intaccano vali<strong>di</strong>tà (vizi) e liceità<br />
(forma canonica) del consenso prestato che<br />
si riferiscono più pertinentemente ai soggetti ponenti.<br />
Il Co<strong>di</strong>ce attuale mantiene questa <strong>di</strong>stinzione,<br />
ma non esprime una definizione <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento;<br />
si limita solo ad evidenziarne il carattere<br />
<strong>di</strong>rimente.<br />
Sparisce così dal nuovo Co<strong>di</strong>ce la <strong>di</strong>stinzione<br />
tra impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>rimente con sanzione<br />
<strong>di</strong> nullità (che rende invalida la celebrazione del<br />
Aprile<br />
2009<br />
matrimonio relativamente alla produzione degli<br />
effetti giuri<strong>di</strong>ci previsti) ed impe<strong>di</strong>mento impe<strong>di</strong>ente<br />
senza sanzione <strong>di</strong> nullità (che rende semplicemente<br />
illecita la celebrazione).<br />
Dall’esame complessivo delle norme attinenti a<br />
questa materia si deduce con certezza che per<br />
impe<strong>di</strong>mento il Co<strong>di</strong>ce attuale intende, sotto il<br />
profilo materiale, solo le circostanze personali<br />
che, per legge <strong>di</strong>vina o canonica, si oppongono<br />
alla valida celebrazione del matrimonio; sotto<br />
il profilo formale, invece, gli impe<strong>di</strong>menti sono<br />
le proibizioni che il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino o positivo fissa<br />
alla valida costituzione del vincolo coniugale, proprio<br />
in ragione delle riferite circostanze. Andando<br />
più a fondo nello stu<strong>di</strong>o della natura giuri<strong>di</strong>ca degli<br />
impe<strong>di</strong>menti, la questione fondamentale è <strong>di</strong> sapere<br />
se tali proibizioni positivamente determinate<br />
implichino o meno un’incapacità soggettiva <strong>di</strong> contrarre<br />
matrimonio e, in caso <strong>di</strong> risposta negativa,<br />
<strong>di</strong> precisare quale è il fondamento del carattere<br />
invalidante <strong>di</strong> tale proibizione. A prima vista,<br />
tale proibizione sembrerebbe presupporre l’incapacità<br />
<strong>di</strong> un determinato soggetto <strong>di</strong> prestare<br />
un valido consenso per la presenza <strong>di</strong> specifiche<br />
situazioni personali che lo coinvolgono;<br />
ma non è così. La connotazione <strong>di</strong> inabilità non<br />
si adatta al carattere impe<strong>di</strong>ente o proibente dell’impe<strong>di</strong>mento,<br />
così come definito dal vecchio Co<strong>di</strong>ce,<br />
in quanto tale carattere riguarda la liceità della<br />
celebrazione e non può, quin<strong>di</strong>, riferirsi alle con<strong>di</strong>zioni<br />
soggettive dei ponenti; non si adatta neppure<br />
completamente al carattere <strong>di</strong>rimente dell’impe<strong>di</strong>mento,<br />
data la «<strong>di</strong>spensabilità» <strong>di</strong> quelli<br />
meramente ecclesiastici, giacché tale <strong>di</strong>spensa<br />
non «abilita» i contraenti, ma provvede semplicemente<br />
a rimuovere l’ostacolo che si oppone<br />
alla valida costituzione del vincolo. In tal senso<br />
gli impe<strong>di</strong>menti non significano nulla, se non<br />
presuppongono la capacità essenziale e reale<br />
dei coniugi <strong>di</strong> prestare il consenso, che è la sola<br />
causa efficiente ed insopprimibile del vincolo coniugale,<br />
come già visto (can. 1057). L’assenza o<br />
la <strong>di</strong>spensa da impe<strong>di</strong>menti è richiesta unicamente<br />
per la vali<strong>di</strong>tà della celebrazione nuziale, cioè,<br />
per l’efficacia giuri<strong>di</strong>ca del consenso prestato naturalmente<br />
sufficiente, la cui realtà è presupposta;<br />
mentre la capacità del soggetto propriamente detta,<br />
cioè la sua abilità naturale ed essenziale, è<br />
necessaria per l’esistenza del consenso stesso.<br />
La natura giuri<strong>di</strong>ca dell’impe<strong>di</strong>mento, dunque, non<br />
interessa l’abilità soggettiva dei contraenti, che<br />
deve presupporsi ai fini della costituzione del vincolo,<br />
ma va considerata in riferimento alla legittimità<br />
dell’atto, cioè, nella prospettiva della legittimazione<br />
dei contraenti al matrimonio: la nullità<br />
(invali<strong>di</strong>tà) del matrimonio celebrato in costanza<br />
<strong>di</strong> impe<strong>di</strong>mento, non proviene dall’inabilità <strong>di</strong><br />
chi lo celebra, ma dall’illegittimità derivata dall’infrazione<br />
<strong>di</strong> un’esplicita inter<strong>di</strong>zione legale che<br />
rende inefficace l’atto contrario eventualmente<br />
«posto» che pertanto, pur esistendo sotto il profilo<br />
naturale, viene considerato giuri<strong>di</strong>camente<br />
come «non posto» relativamente alle conseguenze<br />
che scaturirebbero nella sfera soggettiva del ponente.<br />
Considerando gli impe<strong>di</strong>menti rispetto alla loro<br />
fonte costitutiva, possono essere <strong>di</strong> «<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>vino<br />
naturale o positivo» e <strong>di</strong> «<strong>di</strong>ritto ecclesiasti-
Aprile<br />
2009<br />
Dorina e Nicolino Tartaglione<br />
L<br />
’Incontro Mon<strong>di</strong>ale delle Famiglie è un grande<br />
ritrovo che ogni tre anni il Papa fa svolgere per<br />
celebrare il dono <strong>di</strong>vino della famiglia.“Nella famiglia<br />
si costruisce il futuro dell’Umanità”, proclamò<br />
Giovanni Paolo II nell’annunciare l’inizio <strong>di</strong> tali incontri.<br />
Nel mese <strong>di</strong> gennaio 2009 si è svolto il sesto incontro<br />
mon<strong>di</strong>ale delle famiglie a Città del Messico.<br />
Benedetto XVI nel suo messaggio ha richiamato<br />
il ruolo fondamentale della famiglia nell’ambito educativo.<br />
La crescita della persona non può prescindere<br />
dal contesto familiare e nella realtà contemporanea<br />
tale <strong>di</strong>mensione viene trascurata, cadendo in<br />
un atteggiamento che svaluta il compito educativo<br />
della famiglia. Si tratta <strong>di</strong> una concezione che<br />
produce effetti negativi in quanto mina la struttura<br />
della vita sociale. Il ruolo educativo della famiglia<br />
è una questione antropologica, che tocca la<br />
funzione dell’ educazione e non può essere ridotta<br />
ad un problema “religioso”. Ecco perché il Papa<br />
afferma che “la famiglia ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere riconosciuta<br />
nella propria identità” e <strong>di</strong> “poter contare<br />
sulla dovuta tutela”, perché ha una “funzione<br />
sociale essenziale”. Erano numerose le famiglie<br />
cristiane provenienti dai cinque continenti, e le loro<br />
testimonianze sono state – ha detto il Papa – come<br />
“un’eco e un riflesso nel nostro tempo della storia<br />
<strong>di</strong> Gesù e della sua famiglia”, perché “l’ambiente<br />
domestico è una scuola <strong>di</strong> umanità e <strong>di</strong> vita cristiana<br />
per tutti i suoi membri, con conseguenze<br />
benefiche per le persone, la Chiesa e la società”.<br />
Come obiettivi pastorali potrebbero in<strong>di</strong>viduarsi<br />
il far emergere proprio le conseguenze benefiche<br />
per la società <strong>di</strong> una famiglia che si impegna<br />
a vivere secondo il Vangelo e quello <strong>di</strong> aiutare<br />
a riscoprire il ruolo della figura paterna, oggi<br />
spesso assente o ridotta ai margini, non solo per<br />
continua dalla pagina precedente<br />
co»; in quanto circostanze personali,<br />
possono essere assoluti (età,<br />
vincolo, voto…) o relativi (consanguineità,<br />
crimine…); per la loro <strong>di</strong>mensione temporale,<br />
possono essere perpetui<br />
(consanguineità) o temporali (età…).<br />
Considerando il grado <strong>di</strong> sicurezza<br />
o certezza, possono essere certi o<br />
dubbi e, questi ultimi, possono essere<br />
dubbi in linea <strong>di</strong> fatto (se la norma<br />
inabilitante è certa, ma si dubita<br />
della sua applicazione nel caso concreto)<br />
o <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto (se l’oggetto del dubbio<br />
è l’esistenza stessa della norma<br />
inabilitante, della sua interpretazione<br />
o estensione); infine, secondo il<br />
grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione, gli impe<strong>di</strong>menti<br />
possono essere pubblici (se comprovabili<br />
in foro esterno) o occulti (quelli conosciuti<br />
solo in foro interno e non <strong>di</strong>mostrabili<br />
in foro esterno). Un’ultima impor-<br />
le separazioni e i <strong>di</strong>vorzi, ma anche per l’organizzazione<br />
del lavoro. In effetti – ha detto Benedetto<br />
XVI – “il focolare domestico è chiamato a vivere<br />
e a coltivare l’amore reciproco e la verità, il rispetto<br />
e la giustizia, la lealtà e la collaborazione, il servizio<br />
e la <strong>di</strong>sponibilità verso gli altri, specialmente<br />
verso i più deboli”. In questi ambiti si esprime<br />
il contributo <strong>di</strong> una famiglia alla crescita del bene<br />
tante <strong>di</strong>stinzione riguarda la <strong>di</strong>spensabilità<br />
e la non <strong>di</strong>spensabilità<br />
degli impe<strong>di</strong>menti: in linea teorica<br />
sono <strong>di</strong>spensabili tutti e soli<br />
gli impe<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto meramente<br />
ecclesiastico, cioè, quelli fissati dal<br />
legislatore canonico; nella prassi<br />
ve ne sono alcuni per i quali non<br />
si concede <strong>di</strong>spensa e che ci limitiamo<br />
ad elencare, riservandocene<br />
opportuno commento: l’impe<strong>di</strong>mento<br />
<strong>di</strong> età, per il matrimonio<br />
(can. 1083); l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
impotenza copulativa (can. 1084);<br />
l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> vincolo (can.<br />
1085); l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> crimine<br />
(can. 1090); l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> affinità<br />
(can. 1092); l’impe<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
parentela legale (can. 1094).<br />
23<br />
comune. Questa missione educativa per una famiglia<br />
cristiana esige “la presenza <strong>di</strong> Dio”, perché<br />
il Signore “sta certamente” con coloro che ascoltano<br />
la sua Parola e mettono in pratica i suoi insegnamenti:<br />
“In questo modo, si trasforma e si migliora<br />
gradualmente la vita personale e familiare – ha<br />
riba<strong>di</strong>to il Pontefice - si arricchisce il <strong>di</strong>alogo, si trasmette<br />
la fede ai figli, si accresce il piacere <strong>di</strong> stare<br />
insieme, e il focolare domestico si unisce e si<br />
consolida ancora, come una <strong>casa</strong> costruita su una<br />
roccia (cf. Mt 7,24-25)”.La famiglia cristiana si converte<br />
in un Vangelo vivo, che tutti possono “leggere”<br />
(Cf. 2 Co 3,2). Da qui il collegamento e l’impegno<br />
verso il tema del VII incontro che si svolgerà<br />
a Milano nel 2012:”Famiglia il lavoro e la festa”<br />
In un momento come quello attuale come è possibile<br />
realizzare questo rapporto, che molti sociologi<br />
definiscono una conciliazione impossibile? Di<br />
fronte ad una <strong>di</strong>minuzione del lavoro come è possibile<br />
chiedere <strong>di</strong> vivere queste due <strong>di</strong>mensioni importanti<br />
per la vita familiare che coinvolgono le relazioni<br />
tra gli sposi e tra genitori e figli? Per le famiglie<br />
cristiane si apre la strada ad un modello <strong>di</strong> vita<br />
<strong>di</strong> vita <strong>di</strong>verso, dove la cura delle relazioni affettive<br />
compensa la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> beni finora ritenuti essenziali<br />
e contemporaneamente un maggiore impegno<br />
come associazioni familiari per far si come <strong>di</strong>ce<br />
il Papa che “la famiglia ha il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> essere riconosciuta<br />
nella propria identità e <strong>di</strong> non essere confusa<br />
con altre forme <strong>di</strong> convivenza, e anche <strong>di</strong> poter<br />
contare sulla dovuta tutela culturale, giuri<strong>di</strong>ca, economica,<br />
sociale, sanitaria e, più particolarmente,<br />
su un appoggio che, tenendo conto del numero<br />
dei figli e delle <strong>di</strong>sponibilità economiche, sia tale<br />
da consentire la libertà dell’educazione e della scelta<br />
della scuola”.
24<br />
Aprile<br />
2009<br />
SEGNI - CASA DI RIPOSO “MONS. G. SAGNORI”<br />
Da questo numero inizia la presentazione dell'Istituto Mons.<br />
Signori, Casa <strong>di</strong> Riposo per Anziani, che per lunga tra<strong>di</strong>zione<br />
opera a Segni nel sociale, al servizio delle persone<br />
anziane. La <strong>Diocesi</strong> avrà modo, così, <strong>di</strong> conoscere questa<br />
importante realtà, le sue ra<strong>di</strong>ci, il fondatore e le persone<br />
che ne hanno fatto la storia, con l'impegno nelle attività<br />
presenti e con uno sguardo proiettato al prossimo futuro<br />
per la realizzazione <strong>di</strong> un nuovo Centro.<br />
Breve cenno sulla vita <strong>di</strong> Mons. G. Sagnori<br />
Dr.Luigi Vari<br />
Mons. Giuseppe Sagnori nacque a Segni (RM) il 2 Ottobre<br />
1853 da Lorenzo e Francesca Gizzi.<br />
Terminati gli stu<strong>di</strong> ginnasiali nel Seminario Vescovile <strong>di</strong> Segni,<br />
nel 1872 entrò nel seminario Romano dove si laureò a pieni<br />
voti in filosofia, teologia, <strong>di</strong>ritto canonico e civile, luogo<br />
dove fu compagno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> e <strong>di</strong> formazione a sacerdozio<br />
<strong>di</strong> Piero Gasparri, poi <strong>di</strong>venuto Car<strong>di</strong>nale Segretario<br />
<strong>di</strong> Stato, notevole giurista e protagonista della<br />
prima co<strong>di</strong>ficazione del Co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Diritto<br />
Canonico. Finiti gli stu<strong>di</strong>, Mons. Sagnori tornò<br />
nella natìa Segni dove fu nominato canonico<br />
della Cattedrale, Professore e Rettore del Seminario.<br />
Nel 1897 conseguì nell'Università <strong>di</strong> Napoli l'abilitazione<br />
per l'insegnamento nelle classi<br />
superiori del ginnasio; egli godè della fiducia<br />
<strong>di</strong> più Vescovi che lo vollero Vicario Generale.<br />
Nel 1917 Benedetto XV lo designò Vescovo <strong>di</strong><br />
Tivoli, nomina cui Mons. Sagnori, con senso<br />
<strong>di</strong> responsabilità, rinunciò motivando il fatto <strong>di</strong><br />
non avere la "virtù dell'eloquio". Un incidente<br />
ferroviario occorsogli nel 1924 lo costrinse a vivere<br />
dentro <strong>casa</strong> fino alla morte sopraggiunta il<br />
4 Agosto 1931.<br />
PREMESSA<br />
Il nome <strong>di</strong> Mons. Giuseppe Sagnori è legato a due Istituzioni<br />
<strong>segni</strong>ne: la ex Cassa Rurale ed Artigiana incorporata nella<br />
B.C.C. <strong>di</strong> Roma nel 2003 e l'Istituto Mons. G. Sagnori<br />
<strong>di</strong> Via Tomassi. Nell'intenzione del fondatore l'istituto bancario<br />
e quello assistenziale erano complementari: l'uno offriva<br />
le risorse finanziarie, l'altro l'afflato della carità cristiana;<br />
l'uno attuava la norma evangelica "quod superest date<br />
elemosynam", l'altro induceva a vedere Cristo nell'anziano<br />
bisognoso!<br />
L'Istituto dalla Fondazione al 1949<br />
La storia del Ricovero è contrad<strong>di</strong>stinta da tre perio<strong>di</strong> : dalla<br />
fondazione al 1949, dal 1950 alla privatizzazione dell'opera<br />
e da questa ad oggi. Alcune circostanze avverse<br />
resero <strong>di</strong>fficile la vita del primo periodo. Nel 1924, due anni<br />
dopo la fondazione Mons. Sagnori subì un incidente ferroviario<br />
che gli tolse l'uso delle gambe, costringendolo a<br />
vivere su una poltrona chiuso nella sua abitazione <strong>di</strong> Via<br />
Sant'Agata, a breve <strong>di</strong>stanza dal palazzo Tomassi.<br />
Sopportò tale <strong>di</strong>sagio con pazienza fino alla morte. Questo<br />
doloroso avvenimento spiega perché l'opera in tale periodo<br />
manchi <strong>di</strong> uno statuto. Non si sono ritrovati nell'archivio<br />
del Ricovero i nomi dei consiglieri e del loro presidente,<br />
i verbali e i registri dell'amministrazione. Tutto avveniva<br />
tra le suore, il cappellano e il presidente della Cassa<br />
Rurale in modo informale.<br />
Ad animare ogni attività assistenziale, educativa, morale<br />
e religiosa vigilavano le suore che instaurarono una "vita<br />
associativa quasi familiare per la sua forma ed entità".<br />
Dopo la morte <strong>di</strong> Sagnori, essendosi assottigliati gli aiuti<br />
finanziari della Cassa, le suore sopperirono alla lacuna con<br />
i proventi del laboratorio <strong>di</strong> maglieria da loro installato. Sintetizzando<br />
il bilancio economico <strong>di</strong> quegli anni, un foglio dell'archivio<br />
informa che, tolta la prima dozzina <strong>di</strong> anni, in cui la cassa<br />
si accollò gran parte delle spese <strong>di</strong> gestione, queste dal<br />
1934 a tutto il 1949 furono sostenute in percentuale con<br />
le rette dei ricoverati in misura del 34,50%, con le offerte<br />
<strong>di</strong> privati citta<strong>di</strong>ni per il 32%, con le varie prestazioni delle<br />
Pie Operaie delle comunità <strong>di</strong> Segni, Gavignano, Bassano<br />
e Roma per il 22,05%, con offerte <strong>di</strong> enti religiosi per il 3,35%,<br />
con i proventi <strong>di</strong> alcuni affitti <strong>di</strong> locali e terreni per lo 0,60%,<br />
con contributi <strong>di</strong> enti pubblici per il 6% e con le offerte <strong>di</strong><br />
enti privati per l'1,50%. In una relazione, rilevate le <strong>di</strong>fficoltà<br />
affrontate dalle suore in quel periodo in cui l'istituto ospitava<br />
in me<strong>di</strong>a una decina <strong>di</strong> vecchi e una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> bambine,<br />
si legge: "Sta <strong>di</strong> fatto che se Mons. Sagnori ebbe il<br />
merito <strong>di</strong> averlo creato (il Ricovero), la vita e la pratica attuazione<br />
<strong>di</strong> esso sono merito, pressoché esclusivo, delle citate<br />
Suore Pie Operaie". Durante il periodo bellico (1939-1945)<br />
e ancor più nell'imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita<br />
del Ricovero erano <strong>di</strong>ventate estremamente <strong>di</strong>fficili.<br />
L'istituto pareva che dovesse naufragare. A risollevarne le<br />
sorti intervenne il vescovo <strong>di</strong>ocesano Fulvio Tessaroli (1933-<br />
1953), che, raccolto un comitato <strong>di</strong> persone autorevoli, le<br />
interessò al problema. Fece stilare lo statuto dell'opera, appro-<br />
dr. Luigi Vari<br />
vato dal comitato nella seduta del 2 aprile 1947 e ottenne<br />
l'erezione del Ricovero in ente morale con decreto del presidente<br />
della Repubblica del 23 agosto 1949, registrato alla<br />
Corte dei Conti il 27 settembre successivo e pubblicato sulla<br />
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 10 ottobre<br />
1949, n. 233. Lo statuto in 45 articoli, raggruppati in<br />
otto capi, descriveva l'origine, lo scopo dell'ospizio e i mezzi<br />
<strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone; dettava norme sul ricovero dei vecchi;<br />
esponeva le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita dell'orfanotrofio femminile;<br />
costituì la società "Pro Ospizio" elencandone le assemblee<br />
e i poteri; determinò la composizione del consiglio e la sua<br />
attività; descrisse i poteri del presidente. Il primo comitato<br />
era composto dei seguenti benefattori:<br />
1. S.E. Rev.ma Mons. Fulvio Tessaroli, vescovo <strong>di</strong> Segni<br />
2. Suor Maria Fiocca, <strong>di</strong>rettrice generale delle Pie Operaie<br />
3. Dottor Girolamo Cleti Meni<br />
4. Cav. Domenico Milani<br />
5. Don Vincenzo Boccardelli, presidente della Cassa<br />
Rurale <strong>di</strong> Segni<br />
6. Sig. Fernando Marozza, <strong>di</strong>rettore del Banco <strong>di</strong><br />
S. Spirito <strong>di</strong> Segni<br />
7. Don Giovanni Felici, beneficiato <strong>di</strong> Gavignano<br />
8. Sig. Guidal<strong>di</strong> Antonio, segretario della Cassa Rurale<br />
<strong>di</strong> Segni.<br />
A questo primo elenco fa seguito un altro in cui<br />
alcuni nomi sostituiscono altri depennati. Questo<br />
il secondo elenco: il vescovo Fulvio Tessaroli, presidente-<br />
Pericle Roseo- Augusto Colabucci, sindaco<br />
<strong>di</strong> Segni- Mons. Benedetto Fralleone-<br />
Mons. Giuseppe Volpicelli- Don Vincenzo<br />
Boccardelli- Don Giuseppe Pennese, parroco- Domenico<br />
Milani- Spigone Angelo- Antonio Guidal<strong>di</strong>. Nell'ultima<br />
pagine il vescovo aggiunge a penna: " Vicepresidente<br />
don Boccardelli; Segretario, Cassiere e Tesoriere<br />
Guidal<strong>di</strong>". L'art. 45, ultimo dello statuto, recitava: " Per le<br />
speciali benemerenze acquisite, per l'opera svolta in bene<br />
del Ricovero, S.E. Rev.ma Mons. Fulvio Tessaroli, vescovo<br />
<strong>di</strong> Segni, viene nominato Presidente a vita del consiglio<br />
del Ricovero Monsignor Sagnori". I nomi dei due elenchi<br />
del comitato e la nomina a vita del vescovo Tessaroli<br />
a Presidente del Ricovero sono due notizie delle <strong>di</strong>sposizioni<br />
transitorie dello statuto. Il loro inserimento in quel documento<br />
fondamentale è motivato dalla benemerenza degli<br />
uni e particolarmente dell'altro per aver salvato l'opera dall'estinzione.<br />
Non si era ancora giunti alla nomina del Consiglio<br />
<strong>di</strong> amministrazione che, secondo l'articolo 31 dello statuto,<br />
doveva essere composto <strong>di</strong> sette membri: due nominati<br />
dall'assemblea generale dei soci e scelti tra <strong>di</strong> loro, un<br />
ecclesiastico nominato dal vescovo <strong>di</strong>ocesano, uno dalla<br />
<strong>di</strong>rettrice generale delle Pie Operaie, uno dal comune <strong>di</strong><br />
Segni, uno dall'ente comunale <strong>di</strong> assistenza (ECA) e uno<br />
dalla Cassa Rurale.<br />
(continua nel prossimo numero)
Aprile<br />
2009<br />
SACRA RAPPRESENTAZIONE DEL VENERDI’ SANTO<br />
Da tanti anni, a Segni, il Venerdì Santo, da quando è<br />
caduta in <strong>di</strong>suso la processione <strong>di</strong> “Cristo morto” (così<br />
si <strong>di</strong>ceva una volta), si svolge la Sacra Rappresentazione<br />
della Passione nella Concattedrale e per le vie del Centro<br />
storico, realizzata dal Gruppo Teatrale Parrocchiale curato<br />
da Enrica Fagnani con la partecipazione del Coro Giovanile<br />
<strong>di</strong> Segni e del Quartetto <strong>di</strong> Ottoni della Banda Musicale<br />
“Città <strong>di</strong> Segni”. L’appuntamento, quest’anno, è per venerdì<br />
10 aprile, alle ore 21.00, con il seguente programma,<br />
contenute nel depliant <strong>di</strong>vulgativo e illustrativo.<br />
1. PORTA GEMINA<br />
A. Entrata <strong>di</strong> Gesù a Gerusalemme<br />
2. INTERNO CHIESA S. MARIA.<br />
A. TRADIMENTO DI GIUDA<br />
Gesù annuncia la sua passione. “Il cielo e la terra passeranno,<br />
ma le mie parole non passeranno”.<br />
Giuda si accorda con Caifa.<br />
B. ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA<br />
“Ho desiderato ardentemente <strong>di</strong> mangiare con voi questa<br />
Pasqua ………”<br />
“Questo è il mio corpo che è dato per voi … questo è<br />
il calice della nuova alleanza….. Fate questo in<br />
memoria <strong>di</strong> me.”<br />
“Il Sacramento della carità, la Santissima Eucaristia è<br />
il dono che Gesù Cristo fa <strong>di</strong> se stesso, rivelandoci<br />
IL CORO GIOVANILE DI SEGNI A S. PAOLO FUORI LE MURA<br />
Dal 12 al 15 marzo scorso si è svolto a Roma<br />
il Giubileo Paolino degli Universitari, con la partecipazioni<br />
<strong>di</strong> circa mille docenti provenienti da ogni parte<br />
del mondo. L’evento si è concluso Domenica 15 marzo<br />
con una solenne concelebrazione nella Basilica <strong>di</strong><br />
S. Paolo fuori le Mura, presieduta dal car<strong>di</strong>nale Zenon<br />
Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione<br />
Cattolica. La parte musicale è stata curata<br />
dal Coro Interuniversitario <strong>di</strong> Roma, a cui si sono<br />
aggiunti per l’occasione <strong>di</strong>versi Cori <strong>di</strong> alcuni<br />
Conservatori musicali e Istituzioni varie, accompagnati<br />
all’organo dal M° Juan Paradell Solé e dall’Orchestra<br />
Sinfonica del Conservatorio <strong>di</strong> Bari con il Complesso<br />
<strong>di</strong> Ottoni, tutti <strong>di</strong>retti da Don Massimo Palombella. Fin<br />
qui l’arida cronaca. Ma c’è da aggiungere che tra gli<br />
altri Cori era presente il Coro Giovanile <strong>di</strong> Segni, con<br />
alcuni elementi che partecipano normalmente alle attività<br />
liturgico-musicali <strong>di</strong>ocesane. Sono ormai sette/otto<br />
anni che il Coro Giovanile collabora costantemente con<br />
il Coro Interuniversitario <strong>di</strong> Roma, da quando, nel 2002,<br />
il M° Palombella ci ha invitati a partecipare la prima<br />
l’amore infinito <strong>di</strong> Dio per ogni uomo”. (Benedetto XVI)<br />
Canti:<br />
NON C’È SALVEZZA SE NON IN TE, <strong>di</strong> L. Scaglianti per soli,<br />
coro e strumenti.<br />
IESU REX ADMIRABILIS, <strong>di</strong> G. P. da Palestrina.<br />
Commento musicale: J. Haydn, L. Perosi e S. Barber.<br />
3. SAGRATO CHIESA DI S. PIETRO<br />
A. GESÙ NELL’ORTO DEL GETSEMANI. “Ora pregate per<br />
non entrare in tentazione”<br />
B. LA CATTURA DI GESÙ. “Non col ferro si risolve la<br />
contesa, rimetti a posto la tua spada, uomo”.<br />
C.GESÙ DI FRONTE A CAIFA.<br />
“D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla<br />
destra del Padre, venire sulle nubi del cielo”.<br />
D. IL RINNEGAMENTO DI PIETRO.<br />
Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro, uscito<br />
fuori, pianse amaramente.<br />
Commento musicale: J.S. Bach, Corale dalla<br />
Passione secondo Giovanni<br />
4. PORTICO CHIESA DI S. LUCIA<br />
GESÙ DI FRONTE A PILATO. “Sei tu il re dei Giudei?”<br />
“Tu lo <strong>di</strong>ci”. “Non trovo nessuna colpa in quest’uomo”<br />
Sequenza video tratta da “Gesù <strong>di</strong> Nazareth” <strong>di</strong> F.<br />
Zeffirelli. Commento musicale: J. Williams.<br />
5. PIAZZA S. STEFANO.<br />
A. L’INCONTRO DI GESÙ CON LE DONNE<br />
“Guardate come lo hanno ridotto!”. “Figlie <strong>di</strong> Gerusalemme<br />
volta alla preghiera mariana all’Aula Nervi con<br />
Giovanni Paolo II. E così è iniziata questa bella avventura,<br />
che ci permette <strong>di</strong> partecipare come protagonisti<br />
a gran<strong>di</strong> eventi culturali e musicali, <strong>di</strong> imparare tanta<br />
bella musica, <strong>di</strong> conoscere centinaia <strong>di</strong> persone che<br />
svolgono le stesse nostre attività e che si de<strong>di</strong>cano<br />
con impegno e passione al canto corale. Soprattutto,<br />
si ha modo <strong>di</strong> allargare sempre più i nostri orizzonti<br />
e <strong>di</strong> … volare alto, come si <strong>di</strong>ce. Gli appuntamenti annuali<br />
che si ripetono sono: nel mese <strong>di</strong> marzo all’Aula Nervi<br />
(quest’anno, per l’Anno Paolino, la preghiera mariana<br />
è rimandata al 10 ottobre) e nel mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre<br />
a S. Maria Maggiore con il Concerto <strong>di</strong> Natale e<br />
a S. Pietro in Vaticano con la S. Messa e l’incontro<br />
con il Papa. Certo all’inizio è stata dura: abbiamo dovuto<br />
imparare tanti brani <strong>di</strong> autori classici e moderni e,<br />
a volte, anche complicati: Perosi, Palestrina, da Vittoria,<br />
Refice, Bartolucci, Miserachs, lo stesso Palombella,<br />
ad<strong>di</strong>rittura parti dall’Oratorio “Il Natale del Redentore”<br />
<strong>di</strong> Perosi …… Ma oggi, dopo tanto stu<strong>di</strong>o ed esperienze,<br />
posse<strong>di</strong>amo quelle parti e siamo orgogliosi <strong>di</strong><br />
25<br />
non piangete su <strong>di</strong> me, ma sui vostri figli.”<br />
B. RISURREZIONE DI LAZZARO<br />
“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me,<br />
anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in<br />
me, non morrà in eterno. Cre<strong>di</strong> tu questo?”.<br />
Commento musicale: G. F. Haendel.<br />
6. PIAZZETTA VIA DANTE<br />
GESÙ VIENE AIUTATO DAL CIRENEO A PORTARE LA CRO-<br />
CE.<br />
Incontrarono un uomo <strong>di</strong> Cirene, chiamato Simone,<br />
e lo costrinsero a prender su la croce <strong>di</strong> Lui.<br />
7. INTERNO CHIESA S. MARIA<br />
A. CROCIFISSIONE E MORTE DI GESÙ. “Veramente<br />
quest’uomo era giusto!”<br />
B. Pentimento <strong>di</strong> Pietro<br />
C. IL PIANTO DI MARIA. “Donna, ecco il tuo figlio”.<br />
“Ecco la tua madre”.<br />
E da quel momento il <strong>di</strong>scepolo la prese nella sua<br />
<strong>casa</strong>.<br />
Canti: L’UOMO DEI DOLORI, <strong>di</strong> L. Scaglianti per soli,<br />
coro e strumenti<br />
SIGNORE DOLCE VOLTO, <strong>di</strong> J. S. Bach per coro a 4<br />
v.d.<br />
AVE VERUM <strong>di</strong> W.A. MOZART, per organo e<br />
Coro a 4 v.d.<br />
Commento musicale: G. Fioroni e C.<br />
Monza.<br />
cantare accanto a fior <strong>di</strong> coristi e <strong>di</strong> musicisti. Intanto<br />
è nata un’amicizia con <strong>di</strong>versi cantori e ci sono stati<br />
scambi con altri Cori <strong>di</strong> Roma e del Lazio. Soprattutto,<br />
con Don Massimo, c’è tanta cor<strong>di</strong>alità e reciproca stima;<br />
ad<strong>di</strong>rittura, qualche anno fa, è stato invitato, ed<br />
è venuto in <strong>di</strong>ocesi per un incontro <strong>di</strong> formazione liturgico-musicale….<br />
Insomma una bella esperienza, quella<br />
del Coro Giovanile <strong>di</strong> Segni con il Coro Interuniversitario<br />
<strong>di</strong> Roma, un’esperienza destinata a continuare anche<br />
in futuro. È un grande onore poter partecipare attivamente<br />
nelle gran<strong>di</strong> occasioni a eventi mon<strong>di</strong>ali, trasmessi<br />
in mondovisione,<br />
e poter<br />
<strong>di</strong>re con un istintivo<br />
pizzico d’orgoglio<br />
….. “anche<br />
noi c’eravamo!”.<br />
Un vecchio<br />
corista
26<br />
LA VIA CRUCIS NELLA CHIESA<br />
DELLA CORONCINA IN VELLETRI /2<br />
Tonino Parmeggiani<br />
Terminata così, nell’anno 1753, la costruzione<br />
della Chiesa della SS.ma Concezione,<br />
meglio conosciuta come Oratorio ‘della<br />
Coroncina’ o anche ‘della Via Crucis’, voluta dal<br />
popolo veliterno a seguito delle Missioni del Beato<br />
P. Leonardo da Porto Maurizio, dopo un periodo<br />
<strong>di</strong> interruzione, dovuto alla mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> ma,<br />
superato questo con il decisivo apporto finanziario<br />
<strong>di</strong> un devoto, il nobile veliterno Giuseppe Angelini<br />
il quale, nello stesso anno, «…hà ceduto e rinunciato<br />
al sudetto V. Convento, e RR.PP. <strong>di</strong> S. Lorenzo<br />
<strong>di</strong> questa Città <strong>di</strong> Velletri dell’Or<strong>di</strong>ne de Minori Osservanti<br />
<strong>di</strong> S. Francesco, e per essi al Molto R.P. Marcello<br />
da Pistoia Guar<strong>di</strong>ano attuale … presente, et accettante<br />
colla presenza, consenso, parola, e volontà<br />
dell’Ill.mo Sig.re Giuseppe Felice Toruzzi Nobil<br />
Patrizio <strong>di</strong> Velletri, e Conte del Sagro Romano Impero<br />
Sin<strong>di</strong>co Apostolico dello stesso V. Convento <strong>di</strong> S.<br />
Lorenzo presente [nel <strong>di</strong>ritto ecclesiastico il<br />
Sindaco svolgeva il ruolo <strong>di</strong> controllo dell’amministrazione<br />
<strong>di</strong> un convento, n.d.A.] …tutto ciò, che<br />
ad esso Sig.re Angelini spetta, ed appartiene rispetto<br />
allo speso da Lui per la prosecuzione, terminazione,<br />
stabilimento, e prove<strong>di</strong>mento del sudetto<br />
Oratorio della Via Crucis, ad averlo, e goderlo<br />
con tutte, e singole raggioni, e colla clausola del<br />
Costituto, et effetto del Precario [termini giuri<strong>di</strong>ci<br />
che in<strong>di</strong>cano un patto (Costituto possessorio) per<br />
cui chi ha ceduto un immobile continua a goderne<br />
l’uso gratuitamente (Precario) senza alcuna scadenza<br />
temporale, n.d.A.]…colle con<strong>di</strong>zioni seguenti,<br />
cioè: che li suddetti RR.PP. siano tenuti, ed obbligati<br />
quanto prima eriggere nel sudetto Oratorio il<br />
S. Esercizio della Via Crucis; che li medesimi …<br />
siano tenuti per l’avvenire far fare nel medesimo<br />
Oratorio anche l’Esercizio della Coroncina coll’assistenza<br />
del P. Direttore; che li stessi RR.PP., acciò ogn’uno<br />
à suo bellaggio possa andare à fare il S. Esercizio<br />
della Via Crucis in detto Oratorio, debbano far aprire<br />
la matina <strong>di</strong> buon ora ogni giorno la Porta …<br />
dalla parte della strada, e non chiuderla sino alla<br />
sera al tar<strong>di</strong>, sempre, et in perpetuo, e la medesima<br />
porta non possano mai in alcun tempo futuro<br />
farla murare sotto qualunque pretesto…» [Atto<br />
II, redatto il 17 agosto 1750, notaio Giovanni Serangeli,<br />
vol. 1213 (ex 1257), f. 259].<br />
Questo primo nucleo <strong>di</strong> fedeli, devoti alla pia pratica<br />
della Via Crucis, definitosi “i Fratelli della Coroncina<br />
della Città <strong>di</strong> Velletri” ottenne, dal Vicario Generale,<br />
anche il permesso (15 luglio 1753) per l’erezione<br />
dell’Esercizio della Via Crucis per gli uomini, ad<br />
esclusione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> farvi celebrare la S. Messa<br />
e <strong>di</strong> erigervi una Confraternita (Archivio Vescovile,<br />
Sez. I, Tit. IV). A questo punto nelle fonti documentarie<br />
c’è un vuoto <strong>di</strong> oltre 60 anni che però riusciamo<br />
in parte a colmare: dall’Atto III [del 17 agosto 1820,<br />
notaio Fortunato Giuseppe Moretti, vol. 1483 (ex<br />
1529)], f. 366, veniamo a sapere che «Dopo molti<br />
anni rovinò il muro dalla parte <strong>di</strong> Tramontana e<br />
per lo spazio <strong>di</strong> molti, e molti anni restò detto luogo<br />
del tutto abbandonato finchè il pio Sig.re Niccola<br />
Cesaretti coll’elemosine che potè accumulare cominciò<br />
la rie<strong>di</strong>ficazione del Muro, che per vari anni restò<br />
imperfetto, perché cessarono l’elemosine».<br />
Sulle cause del crollo del muro perimetrale a nord,<br />
trascinando giù anche il tetto (in un documento riferito<br />
all’anno 1809 vien detto che l’Oratorio rimase<br />
chiuso per 17 anni, quin<strong>di</strong> l’evento sarebbe da<br />
datarsi al 1792), se non da attribuirsi solo a cattiva<br />
costruzione, possiamo ipotizzare il terremoto<br />
dell’anno 1771 (“Scosse <strong>di</strong> terremoto e restauri<br />
alla Chiesa <strong>di</strong> S. Martino” (A. Remid<strong>di</strong>, Velletri<br />
Memorie storiche, vol. 2, 1982, p. 279; ibidem, alla<br />
p.125, notizia che, nello stesso anno, anche “I PP.<br />
<strong>di</strong> San Lorenzo volendo rifare la facciata della chiesa<br />
che minaccia rovina…”) o uno smottamento dell’area<br />
(ibidem, p. 125, nell’anno 1757 “Si accordano<br />
scu<strong>di</strong> 90 ai Frati <strong>di</strong> San Lorenzo per le muraglia<br />
dell’orto” ed ancora, nell’anno 1761,“si accordano<br />
scu<strong>di</strong> 198 ai Frati <strong>di</strong> San Lorenzo per ricostruzioni<br />
<strong>di</strong> vari muri nel convento”).<br />
Sulla figura generosa <strong>di</strong> Nicola Cesaretti, che ritroviamo<br />
spesso nei documenti del tempo, vogliamo<br />
proporre questa testimonianza storica, resa da Fabio<br />
Bartoli nel settembre 1820 (A.V. Sez. I, Tit. IV), nell’ambito<br />
<strong>di</strong> una controversia tra lo stesso Bartoli -<br />
accusato <strong>di</strong> essersi appropriato <strong>di</strong> offerte e del legname<br />
necessitato nei lavori <strong>di</strong> restauro da lui realizzati<br />
- e la Confraternita, <strong>di</strong> cui ci occuperemo in<br />
seguito: «Nicola Cesaretti non era riuscito all’intento<br />
del restauro in questione.<br />
Era il Cesaretti <strong>di</strong> sempre grata ricordanza ai buoni<br />
velletrani un uomo pio, religioso, e caritatevole<br />
in maniera, che avendo meritata la confidenza<br />
<strong>di</strong> tutti, era esso quegli, che colle elemosine da<br />
esso procurate<br />
sollinnezzava<br />
ogni anno con<br />
devota, e solenne<br />
pompa la<br />
Festa della<br />
Madonna<br />
SS.ma delle<br />
Grazie, che<br />
importava<br />
annualmente<br />
una somma considerevole,<br />
esso<br />
coll’elemosine<br />
fece costruire<br />
una macchina <strong>di</strong><br />
argento (sic!)<br />
per portare pro-<br />
cissionalmente<br />
la Immagine del-<br />
Aprile<br />
2009<br />
la Vergine, esso, che accorreva coll’elemosine al<br />
sollievo dei bisognosi della Città, esso, cui non si<br />
negava sussi<strong>di</strong>o, quando si faceva a <strong>di</strong>mandarlo.<br />
Eppure quest’uomo, che godeva, e meritava la confidenza<br />
dell’intera Popolazione, benche si accingesse<br />
all’opera del restauro della Coroncina, non<br />
potè accozzare (accumulare) tanto <strong>di</strong> elemosine<br />
per venirne al capo».<br />
Se aveva dovuto desistere anche lui, ancor <strong>di</strong> più<br />
doveva essere magnificato l’operato del Bartoli che<br />
«…<strong>di</strong> niuna relazione, <strong>di</strong> niuna eloquenza, senza<br />
maniera, e nella sola sua simplicità ottenesse tanto<br />
<strong>di</strong> elemosine..».<br />
Per inciso, va detto che questi decenni <strong>di</strong> fine secolo<br />
furono un susseguirsi <strong>di</strong> crisi economiche e <strong>di</strong><br />
carestie, a cui venne ad aggiungersi anche l’occupazione<br />
francese dello stato pontificio.<br />
Nel contempo, nell’anno 1814, veniva eretta la<br />
Confraternita degli Amanti <strong>di</strong> Gesù e Maria (T. Bauco,<br />
Storia della Città <strong>di</strong> Velletri, Velletri, 1851, vol. II.<br />
p. 149). La situazione del mancato uso dell’Oratorio<br />
rimase così immutata ancora per alcuni anni fino<br />
a che, nell’anno 1809, intervenne un altro ‘benefattore’<br />
(per ora usiamo le virgolette, in quanto un<br />
giu<strong>di</strong>zio su quanto da lui svolto richiederà un’analisi<br />
attenta), nella persona <strong>di</strong> Fabio Bartoli che<br />
«Finalmente… mosso da santo zelo, e <strong>di</strong>vozione<br />
risolvette <strong>di</strong> terminare, e ricostruire a sue spese<br />
l’Oratorio sudetto, come coll’ajuto del Signore eseguì,<br />
e felicemente terminò… con una non piccola<br />
spesa per il pagamento degli Artisti (artigiani),<br />
e compra dè travi, che importò la somma <strong>di</strong> scu<strong>di</strong><br />
trecento ventinove e baiocchi quattro…» (Atto<br />
III, f. 366); in questo atto <strong>di</strong> donazione, da parte<br />
del Bartoli ai Padri del Convento <strong>di</strong> S. Lorenzo,<br />
veniamo ad apprendere la cronistoria <strong>di</strong> questi ultimi<br />
lavori, con nuovi ed interessanti particolari, desunti<br />
dalle ricevute dei pagamenti da lui effettuati ed<br />
allegate all’atto, che riportano in dettaglio l’elenco,<br />
con relative misure, dei lavori eseguiti dalle varie<br />
maestranze.<br />
In totale il Bartoli asserì <strong>di</strong> aver speso 500 scu<strong>di</strong>,<br />
L’interno della chiesa verso la porta murata, sulla parete le cornici in<br />
stucco che contenevano i quadri delle stazioni della Via Crucis
Aprile<br />
2009<br />
più altre spese minori; le voci più importanti sono<br />
quin<strong>di</strong> le varie opere <strong>di</strong> muratura, ripresa del muro<br />
parzialmente crollato, ripresa e rifacimento <strong>di</strong> intonaci,<br />
inzeppatura <strong>di</strong> crepe, rifacimento <strong>di</strong> cornicioni,<br />
delle finestre ovali nonché costruzione dei pilastri<br />
e dell’arco della “cappelletta”, l’acquisto delle travi<br />
<strong>di</strong> legno, per l’importo dei 329 scu<strong>di</strong>, più altri 169<br />
per l’acquisto <strong>di</strong> 13.000 canali per il tetto rifatto<br />
<strong>di</strong> nuovo. Nella citata donazione ai Minori<br />
Osservanti <strong>di</strong> S. Lorenzo, il Bartoli impose la stessa<br />
“Clausola <strong>di</strong> Costituto, ed effetto del Precario”<br />
e «…che detti Padri debbano osservare, ed eseguire<br />
le medesime con<strong>di</strong>zioni già <strong>di</strong> sopra espresse,<br />
colle quali il Sig.re Giuseppe Angelini già fece<br />
nell’Anno 1753 con simile cessione…»; i due atti<br />
(del 1753 e 1820) si assomigliano molto, usando<br />
anche le stesse frasi, la terminologia giuri<strong>di</strong>ca, sarà<br />
forse un caso, ma anche giorno e mese <strong>di</strong> stesura,<br />
il 17 agosto, coincidono!<br />
Sembra quasi che il Bartoli (si <strong>di</strong>chiarerà poi <strong>di</strong> professione<br />
vignaiolo), avesse voluto immedesimarsi<br />
nella persona dell’Angelini, <strong>di</strong> cui ne ripercorre<br />
nell’atto notarile anche tutta la cronistoria, quasi<br />
a voler tramandare <strong>di</strong> se un’immagine speculare,<br />
legata ad un’altra storica, fascinosa per lui, che<br />
certamente avrà goduto <strong>di</strong> tanta stima in città se<br />
ancora veniva ricordato dai posteri.<br />
Comunque i lavori erano stati realizzati e «… così<br />
terminata felicemente la Fabrica, riattati i Quadri<br />
della Via Crucis, e fattone uno <strong>di</strong> nuovo, si aprì<br />
l’Oratorio nel giorno Primo Novembre Festa <strong>di</strong> tutti<br />
i Santi dell’Anno Mille Ottocento Nove…».<br />
Il motivo <strong>di</strong> questa donazione, dopo un<strong>di</strong>ci anni che<br />
erano terminati i lavori della Coroncina, da parte<br />
Tonino Parmeggiani<br />
E’ da pochi giorni in libreria il volume del nostro<br />
Vescovo Emerito Andrea Maria Erba, «TRA SCIENZA<br />
E CARITÀ», che porta come sottotitolo “ANTOLOGIA<br />
DEGLI SCRITTI”. Si tratta del secondo volume, e<strong>di</strong>to<br />
dalla E<strong>di</strong>trice del Verbo Incarnato (la Casa<br />
e<strong>di</strong>trice dell’Istituto del Verbo Incarnato, IVE,<br />
che ha la sua Casa Generalizia a Segni), pubblicato<br />
in occasione del ventesimo anniversario<br />
della Consacrazione Episcopale <strong>di</strong> Mons. Erba,<br />
avvenuta nella Basilica Vaticana il 6 gennaio 1989,<br />
con una presentazione <strong>di</strong> P. Elvio Celestino Fontana,<br />
IVE. Il primo volume <strong>di</strong> «ANTOLOGIA DEGLI<br />
SCRITTI», era stato dato alle stampe nell’anno<br />
2006, sempre per i tipi della E<strong>di</strong>trice del Verbo<br />
Incarnato, nel cinquantesimo anniversario della<br />
sua Or<strong>di</strong>nazione Sacerdotale, che ebbe luogo<br />
il 17 marzo 1956, per cui cogliamo l’occasione<br />
per porgere a Mons. Erba gli auguri per<br />
il suo 53° anniversario <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nazione.<br />
Si tratta <strong>di</strong> una raccolta <strong>di</strong> 18 saggi, estratti da<br />
riviste dell’or<strong>di</strong>ne barnabitico, a cui ricor<strong>di</strong>amo<br />
appartiene Mons. Erba, da atti <strong>di</strong> convegni o contributi<br />
vari, incentrati per lo più su figure storiche<br />
della Chiesa, come i rapporti tra “S. Carlo<br />
del Bartoli, consiste nel fatto che poco dopo la riapertura<br />
della chiesa nell’anno 1809, a seguito dell’invasione<br />
francese, i Frati Minori Osservanti vennero espulsi<br />
ed allora l’Oratorio continuò ad essere gestito<br />
dai laici, appartenenti all’ ”Unione Fratelli della Coroncina”.<br />
In questo periodo <strong>di</strong> assenza dei frati, fino alla restaurazione<br />
dello stato pontificio, all’incirca un quinquennio,<br />
vennero costruite, come donazioni del Conte Giuseppe<br />
Latini Macioti, la Sagrestia, attigua all’Oratorio ed<br />
un’abitazione per il Cappellano, sempre insistenti<br />
sul terreno annesso al Convento: <strong>di</strong> questo fatto<br />
si ha solo una testimonianza successiva, il Bartoli<br />
lo liquida, benchè accaduto meno <strong>di</strong> un decennio<br />
prima, con poche parole «… i Religiosi …trovarono<br />
e<strong>di</strong>ficata una Fabrica contigua all’Oratorio sudetto<br />
per uso <strong>di</strong> Sagrestia entro la clausura del Convento…»;<br />
se nell’Atto III ripercorre con attenzione quanto svolto<br />
dall’Angelini e dal Cesaretti, oltrechè da egli stesso,<br />
non si comprende perché abbia taciuto il nome<br />
del Latini Macioti, se non per il fatto che con questi,<br />
invero, erano sorte già polemiche.<br />
Al ritorno quin<strong>di</strong> dei religiosi in loco, sorse questa<br />
controversia con la, nel frattempo, neocostituita<br />
Confraternita, in merito all’uso dell’Oratorio, ed allora<br />
intervenne - assurse, magari in buona fede - a<br />
risolvere la <strong>di</strong>sputa il Bartoli con la sua donazione,<br />
dell’anno 1820, a favore dei Frati Minori Osservanti<br />
del Convento <strong>di</strong> S. Lorenzo: «Sono quin<strong>di</strong> insorte<br />
varie questioni frà l’anzidetti Religiosi, e<br />
Confraternita sul <strong>di</strong>ritto, ed uso <strong>di</strong> detto Oratorio.<br />
Amando il Sig.re Fabio Bartoli che si ponga fine<br />
a tali questioni per quanto sia possibile, e volendo<br />
far costare per atto solenne (!) la sua intenzione,<br />
cioè che le spese da lui fatte per la rie<strong>di</strong>ficazione<br />
e i barnabiti”, sul servo <strong>di</strong> Dio P. Cesare M. Barzaghi,<br />
Barnabita, sulla vita complessa del russo P. Gregorio<br />
Agostino Schouvaloff, arrivato anche lui tra i Barnabiti,<br />
sul Servo <strong>di</strong> Dio José Antonio Plancarte Y Labastida,<br />
XVI Abate <strong>di</strong> Guadalupe (è il testo <strong>di</strong> una con-<br />
27<br />
Il campanile <strong>di</strong> S. Lorenzo a cui era stata<br />
affiancata la sagrestia, si nota tra i due piani il segno<br />
della volta crollata.<br />
dell’Oratorio non hanno avuto per oggetto <strong>di</strong> togliere,<br />
ma anzi <strong>di</strong> accrescere ai Padri Minori<br />
Osservanti il loro <strong>di</strong>ritto ed uso continuo sull’Oratorio<br />
sudetto…» (f.383).<br />
Ma nell’atto alcune cose non erano state dette ed<br />
altre vennero accusate <strong>di</strong> falsità, per cui subito si<br />
originò una controversia giu<strong>di</strong>ziaria tra il Bartoli e<br />
la Confraternita degli Amanti <strong>di</strong> Gesù e Maria, con<br />
produzione <strong>di</strong> relativi memoriali, ricchi invero <strong>di</strong> particolari,<br />
come vedremo, e che si protrarranno per<br />
il tempo <strong>di</strong> sei anni. (continua)<br />
ferenza tenuta a Città del Messico) sul pensiero<br />
politico, sociale e religioso <strong>di</strong> P. Giulio Granata,<br />
sempre Barnabita e <strong>di</strong> P. Umberto Maria<br />
Fasola. Ci sono comunque testi anche <strong>di</strong> taglio<br />
pastorale, <strong>di</strong> momenti significativi vissuti lungo<br />
i 17 anni del suo Episcopato nella nostra <strong>Diocesi</strong>.<br />
Segnaliamo il “Discorso funebre pronunciato per<br />
le esequie <strong>di</strong> P. Italo Laracca” (ricor<strong>di</strong>amo ancora<br />
quella citazione <strong>di</strong>alettale “Padre Curà n ’te<br />
ne i”), un contributo sul Car<strong>di</strong>nale Stefano Borgia,<br />
il Ricordo del Car<strong>di</strong>nale Pericle Felici, la<br />
«Lettera pastorale per la Quaresima 1991», un<br />
saggio sulla storia della <strong>Diocesi</strong> <strong>Suburbicaria</strong> Velletri-<br />
Segni.<br />
Due contributi iniziali su «La chiesa delle origini»<br />
ed «I Protomartiri romani», sono evidenti<br />
frutti della sua attività <strong>di</strong> ricerca come Professore<br />
<strong>di</strong> “Storia della Chiesa e <strong>di</strong> Missiologia” presso<br />
la Pontificia Università <strong>di</strong> Propaganda Fide in<br />
Roma.<br />
Andrea Maria Erba, «TRA SCIENZA E CARITÀ , ANTOLOGIA<br />
DEGLI SCRITTI», vol. II, E<strong>di</strong>trice del Verbo Incarnato, Segni,<br />
2009, pp. 240, € 15,00.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo il vol. I, «ANTOLOGIA DEGLI SCRITTI», SEGNI, 2006,
28<br />
Da <strong>di</strong>versi numeri <strong>di</strong> Ecclesìa, grazie all’apporto della<br />
Caritas Diocesana e <strong>di</strong> altri osservatori specializzati,<br />
stiamo affrontando i temi sociali, in particolare<br />
si cerca <strong>di</strong> leggere eventi e fatti della vita sociali nella<br />
prospettiva della dottrina sociale della Chiesa. A<br />
questi contributi pensiamo <strong>di</strong> aggiungere ora uno stralcio<br />
<strong>di</strong> una inchiesta della Rivista “Il Regno” sulla crisi<br />
economica in atto. Il giornalista Lorenzo Prezzi ha<br />
posto una serie <strong>di</strong> domande a quattro vescovi. Card<br />
Paletto arcivescovo <strong>di</strong> Torino, Card. Sepe arcivescovo<br />
<strong>di</strong> Napoli, Mons. Menichelli vescovo <strong>di</strong> Ancona, e mons.<br />
Miglio vescovo <strong>di</strong> Ivrea.<br />
Abbiamo chiesto a quattro vescovi italiani <strong>di</strong> esprimersi<br />
sulla crisi economico-finanziaria che sta interessando<br />
tutte le aree mon<strong>di</strong>ali, ma anche le nostre<br />
famiglie e le nostre realtà. L’arcivescovo <strong>di</strong> Torino, il<br />
card. Severino Poletto, quello <strong>di</strong> Napoli, il card. Crescenzio<br />
Sepe, il vescovo <strong>di</strong> Ancona, mons. Edoardo<br />
Menichelli, e quello <strong>di</strong> Ivrea, mons. Arrigo Miglio (presidente<br />
della Commissione episcopale per i problemi<br />
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della CEI)<br />
raccontano le situazioni delle loro <strong>di</strong>ocesi e i progetti<br />
per contenere i <strong>di</strong>sagi. Molti altri vescovi sono intervenuti<br />
sulla questione… Il segno più clamoroso è sta-<br />
La Chiesa <strong>di</strong> Velletri-Segni vuole<br />
rendere gloria a Dio per gli<br />
eventi <strong>di</strong> grazia che insieme<br />
ci chiama a ricordare e celebrare:<br />
S. E. Mons. Andrea<br />
Maria Erba, Vescovo Emerito<br />
<strong>di</strong> Velletri-Segni, il 17 marzo<br />
del 1956 veniva orinato<br />
sacerdote e consacrato vescovo<br />
il 6 gennaio 1989: il<br />
Signore continui a<br />
custo<strong>di</strong>rlo nella gioia.<br />
Al Signore chie<strong>di</strong>amo<br />
<strong>di</strong> continuare a<br />
vegliare sul nostro<br />
Pastore S.E. Mons.<br />
Vincenzo Apicella,<br />
Vescovo <strong>di</strong> Velletri-<br />
Segni, che il 25<br />
marzo 1972 veniva<br />
or<strong>di</strong>nato<br />
sacerdote<br />
ed il 2 aprile del<br />
2006 iniziava il suo<br />
ministero episcopale.<br />
Formuliamo gli<br />
auguri anche per il<br />
suo onomastico che<br />
cade il 5 Aprile, festa<br />
to l’avvio <strong>di</strong> un fondo <strong>di</strong><br />
solidarietà deciso dal<br />
card. Dionigi Tettamanzi.<br />
Un milione <strong>di</strong> euro,<br />
affidato alle ACLI, alla<br />
Caritas e al Servizio centrale<br />
che aiuta i <strong>di</strong>soccupati<br />
(Siloe). Hanno preso<br />
una posizione comune<br />
i vescovi del Triveneto<br />
e quelli del Piemonte.<br />
La Caritas sta mettendo<br />
a <strong>di</strong>sposizione tutte<br />
le sue esperienze e<br />
competenze. Il prossimo<br />
Consiglio permanente<br />
della Conferenza episcopale italiana (CEI) elaborerà<br />
un progetto comune per le Chiese italiane.<br />
Malattie e cronicità<br />
– Quali sono i segnali della crisi finanziaria ed economica<br />
che percepisce nella sua Chiesa locale? Come<br />
si declinano le <strong>di</strong>fficoltà nelle varie fasce della popolazione<br />
e fra i gruppi <strong>di</strong> immigrati?<br />
Card. Poletto: «Ritengo che Torino sia tra tutte le città<br />
dell’Italia settentrionale quella che, ospitando da<br />
più <strong>di</strong> un secolo la più grande industria manifatturiera<br />
automobilistica italiana, quale la FIAT, si trova ora nella<br />
con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> risentire forse <strong>di</strong> più le conseguenze<br />
negative della crisi finanziaria mon<strong>di</strong>ale… L’attuale<br />
situazione <strong>di</strong> crisi, che provoca perio<strong>di</strong> più o meno<br />
lunghi <strong>di</strong> cassa integrazione per moltissimi lavoratori<br />
FIAT, ricade quin<strong>di</strong> in modo pesante anche sulle aziende<br />
dell’indotto…,. Tutto questo provoca per decine<br />
<strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> famiglie una <strong>di</strong>minuzione del red<strong>di</strong>to, se<br />
non ad<strong>di</strong>rittura la per<strong>di</strong>ta del posto <strong>di</strong> lavoro.<br />
Dobbiamo contestualmente tener presente che i lavoratori<br />
precari non hanno, per il momento, alcun sostegno<br />
proveniente dagli ammortizzatori sociali, come<br />
la cassa integrazione, e quin<strong>di</strong> per loro il red<strong>di</strong>to <strong>di</strong>venta<br />
pari a zero».<br />
Card. Sepe: «Le crisi hanno sempre un effetto deva-<br />
<strong>di</strong> S.Vincenzo Ferrer.<br />
Mons. Angelo Lopes, ricorda<br />
il 25 marzo la sua or<strong>di</strong>nazione<br />
sacerdotale avvenuta nell’anno<br />
1950: il Signore continui a rendere<br />
sal<strong>di</strong> i suoi passi.<br />
Aprile<br />
2009<br />
stante. Quella che stiamo vivendo in questo tempo<br />
si può definire globalizzata… È evidente che essa<br />
incide più marcatamente e, vorrei <strong>di</strong>re, più dannosamente<br />
su quelle realtà già afflitte da problemi strutturali e<br />
da precarietà storiche. È il caso <strong>di</strong> Napoli e della Campania,<br />
ma possiamo anche ritenerlo il caso <strong>di</strong> tutto il Sud:<br />
un malessere improvviso su un corpo già segnato da<br />
malattie croniche rende ancora più debole l’organismo».<br />
Mons. Menichelli: «La crisi c’è…. Ci sono imprese<br />
che chiudono; numerosi operai in cassa integrazione;<br />
nuovi licenziamenti e contratti a tempo <strong>di</strong>fficilmente<br />
rinnovabili. Ne consegue l’aumento dei pacchi viveri<br />
e la crescita <strong>di</strong> interventi a sostegno delle famiglie.<br />
Effetti drammatici si riversano sulle famiglie che non<br />
riescono più a pagare il mutuo, o l’affitto, il riscaldamento,<br />
il cibo. Una situazione critica che investe tutti,<br />
e a maggior ragione gli stranieri, più precari degli<br />
altri. Si ha la sensazione che dagli enti pubblici e privati<br />
si stia sviluppando una “politica <strong>di</strong> pronto soccorso”.<br />
Si unisce a tutto ciò il dramma delle persone<br />
immigrate, verso le quali cresce un clima d’in<strong>di</strong>fferenza<br />
e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco».<br />
Mons. Miglio: «Mi pare <strong>di</strong> cogliere segnali complessi<br />
e apparentemente contrastanti. Sono aumentate<br />
le famiglie che si rivolgono a Caritas e San Vincenzo<br />
per alimenti e/o pagamento delle bollette, ma per ora<br />
non si nota un calo vistoso <strong>di</strong> viaggi e <strong>di</strong> vacanze,<br />
salvo qualche ritocco ai programmi. Evidentemente<br />
la “forbice” si è ancora allargata, aumenta il numero<br />
<strong>di</strong> coloro che scivolano verso la zona povertà mentre<br />
tiene una zona <strong>di</strong> benessere. Segnali <strong>di</strong> preoccupazione<br />
riguardano la ormai cronica precarietà dei<br />
posti <strong>di</strong> lavoro per i giovani, i quali però sembrano<br />
meno preoccupati degli adulti, e soprattutto il <strong>di</strong>lagare<br />
della cassa integrazione, con tutte le incertezze del<br />
momento per una possibile ripresa del lavoro. I nuovi<br />
immigrati però continuano a svolgere e trovare lavori<br />
considerati “modesti”, ma che danno loro da vivere<br />
<strong>di</strong>gnitosamente. Direi in sintesi che siamo entrati<br />
nella crisi finanziaria ed economica senza una cultura<br />
adeguata per quanto riguarda la globalizzazione<br />
nei suoi aspetti economici e finanziari. Forse per<br />
molti questa è una crisi considerata reversibile in tempi<br />
me<strong>di</strong>o-brevi, e non se ne percepisce ancora la gravità<br />
e la durata».<br />
Il ruolo della Caritas e del volontariato<br />
– Quali suggerimenti ha formulato per aiutare a gestire<br />
l’ampliamento –<br />
speriamo provvisorio – delle povertà? Come si stanno<br />
muovendo le parrocchie, le istituzioni ecclesiali,<br />
la Caritas, il volontariato?<br />
Card. Poletto: «La situazione <strong>di</strong> grave crisi economica<br />
… mi ha spinto a programmare una serie <strong>di</strong> incontri<br />
con i rappresentanti <strong>di</strong> tutte le istituzioni civili e sociali.<br />
… per conoscere la loro valutazione e anche per<br />
offrire eventuali suggerimenti per stimolare dal<br />
governo centrale e dalle amministrazioni locali<br />
attenzioni o provvidenze maggiori a favore delle famiglie<br />
povere o a rischio <strong>di</strong> povertà. Come Chiesa locale<br />
il centro propulsore a sostegno <strong>di</strong> questa emergenza<br />
lavorativa è la Caritas <strong>di</strong>ocesana, che si avvale<br />
<strong>di</strong> una grande ramificazione <strong>di</strong> associazioni ecclesiali<br />
<strong>di</strong> volontariato, molto vivo nelle parrocchie e in<br />
istituzioni che a Torino hanno una grande e lunga tra-
Aprile<br />
2009<br />
<strong>di</strong>zione. A questo proposito posso citare il Cottolengo,<br />
e poi i numerosi centri <strong>di</strong> accoglienza delle Figlie della<br />
carità <strong>di</strong> san Vincenzo de’ Paoli e del volontariato<br />
vincenziano, il SERMIG <strong>di</strong> Ernesto Olivero, il Gruppo<br />
Abele fondato da don Ciotti e molte altre associazioni<br />
che si occupano del <strong>di</strong>sagio giovanile e non solo, e<br />
in ultimo, ormai da quasi due anni, la “Casa <strong>di</strong> Maria<br />
Porta della Speranza” nella quale le suore Missionarie<br />
della carità <strong>di</strong> madre Teresa <strong>di</strong> Calcutta offrono accoglienza<br />
e ospitalità alle donne in <strong>di</strong>fficoltà. Nel territorio<br />
<strong>di</strong>ocesano ci sono ben 600 centri <strong>di</strong> ascolto <strong>di</strong>ffusi<br />
un po’ dovunque e collegati <strong>di</strong>rettamente con le<br />
parrocchie o con gruppi e associazioni <strong>di</strong> volontariato<br />
ecclesiale.<br />
Card. Sepe: «Non ci sono formule magiche o miracolose.<br />
Del resto, la Chiesa non ha competenze tecniche<br />
e, quin<strong>di</strong>, non inventa soluzioni. A noi, pertanto,<br />
resta il compito, che poi è impegno <strong>di</strong> solidarietà<br />
e <strong>di</strong> carità cristiana, <strong>di</strong> far sentire la nostra vicinanza<br />
alle persone singole e alle famiglie, <strong>di</strong> accentuare l’ascolto,<br />
la comprensione e la con<strong>di</strong>visione, <strong>di</strong> mettere<br />
in atto azioni <strong>di</strong> sostegno morale e anche materiale.<br />
Il che significa incrementare le attività oratoriali<br />
e <strong>di</strong> accoglienza dei ragazzi e dei giovani, assumendo<br />
iniziative per il sano utilizzo del tempo libero, organizzando,<br />
laddove possibile, forme <strong>di</strong> accompagnamento<br />
nello stu<strong>di</strong>o e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> doposcuola, procurando<br />
materiale scolastico e abbigliamento».<br />
Mons. Menichelli: «I suggerimenti non riguardano nuove<br />
iniziative, ma il rafforzamento delle varie attività<br />
assistenziali esistenti nel territorio. I centri <strong>di</strong> ascolto,<br />
la Caritas e le parrocchie registrano nuove richieste<br />
d’intervento. La rete delle case <strong>di</strong> accoglienza,<br />
delle associazioni e del volontariato si fa più attenta<br />
e sensibile alla situazione attuale».<br />
Mons. Miglio: «Le istituzioni ecclesiali più attente e<br />
sensibili sono proprio la Caritas, le associazioni, il volontariato,<br />
il Centro Migrantes. L’ampliamento attuale delle<br />
povertà ha suggerito e incoraggiato il lavoro in rete,<br />
migliorando il riferimento e la <strong>di</strong>stribuzione delle risorse.<br />
La rete degli interventi funziona meglio nei centri<br />
più gran<strong>di</strong>, meno nei piccoli paesi, dove l’anonimato<br />
è più <strong>di</strong>fficile e le povertà restano più nascoste<br />
e mimetizzate».<br />
– Si può intravedere qualche collaborazione con le<br />
amministrazioni pubbliche?Di che tipo?<br />
Card. Poletto: «A Torino esiste da molto tempo una<br />
grande sinergia tra la Caritas <strong>di</strong>ocesana e l’Assessorato<br />
per l’assistenza sociale. Nelle ultime settimane ho avuto<br />
insieme con il sindaco della città un incontro con<br />
i presidenti delle due fondazioni bancarie torinesi…<br />
per sollecitare a favore della Caritas e dell’Assessorato<br />
un contributo straor<strong>di</strong>nario che consenta <strong>di</strong> offrire in<br />
questo tempo un maggiore sostegno alle famiglie e<br />
alle numerose mense per i poveri…<br />
Card. Sepe: «Certamente non pensiamo affatto <strong>di</strong> sostituirci<br />
agli interventi assistenziali pubblici, anche perché<br />
non abbiamo risorse finanziarie adeguate, né un’opportuna<br />
organizzazione tecnica. Ci sono, comunque,<br />
associazioni para-ecclesiali che svolgono statutariamente<br />
opera d’assistenza, ma spesso si trovano in gravi <strong>di</strong>fficoltà<br />
nei rapporti con le istituzioni pubbliche, perché<br />
i finanziamenti previsti vengono erogati con enormi<br />
ritar<strong>di</strong> o, talvolta, non vengono erogati affatto».<br />
Mons. Menichelli: «In questo contesto sociale, la sinergia<br />
con le forze istituzionali si fa più intensa. Emerge<br />
un reciproco aiuto, anche se si registrano <strong>di</strong>fficoltà<br />
strutturali dal momento che le amministrazioni risultano<br />
meno flessibili ai cambiamenti sociali e alle emergenze<br />
e quin<strong>di</strong> meno pronte ai vari sostegni da offrire.<br />
In questi casi il ruolo della Caritas <strong>di</strong>venta sostitutivo<br />
<strong>di</strong> quello pubblico».<br />
Mons. Miglio: «La collaborazione con le amministrazioni<br />
pubbliche avviene attraverso i servizi sociali, consorziati<br />
a livello <strong>di</strong> territorio. Per gli anziani esiste una buona<br />
rete <strong>di</strong> case <strong>di</strong> <strong>riposo</strong>… o altro, dove in genere si<br />
trova sempre un posto per l’anziano solo o in abbandono<br />
… Più grave il problema per le fasce <strong>di</strong> età più<br />
basse e non ancora pensionate, che perdono con sempre<br />
maggiore frequenza il posto <strong>di</strong> lavoro. È un problema<br />
economico, per chi ha figli che stu<strong>di</strong>ano o mutui<br />
da pagare; è però anche un problema esistenziale<br />
per queste persone. Qui le amministrazioni pubbliche<br />
sarebbero chiamate a impegnare risorse per lavori<br />
che siano veramente utili (ad esempio ambiente e<br />
territorio) e non solo “socialmente utili”. Inoltre andrebbe<br />
incoraggiata ogni forma <strong>di</strong> piccola iniziativa agricola,<br />
artigianale, cooperativistica, familiare, che produca<br />
beni e servizi veramente utili e concreti. Serve<br />
dunque una collaborazione non solo per l’ambito assistenziale,<br />
ma per promuovere l’iniziativa.<br />
Scarsa profezia<br />
– Ritiene che nella sua Chiesa ci sia stata una vigilanza<br />
sufficiente in merito alle questioni morali legate<br />
ai processi finanziari ed economici? Che il giu<strong>di</strong>zio<br />
ecclesiale sia stato puntuale e adeguato?<br />
Guardando al futuro: come rendere più con<strong>di</strong>visa nella<br />
coscienza cristiana l’attenzione ai problemi sociali?<br />
Card. Poletto: «Mi pare <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re che nella Chiesa<br />
torinese, con riferimento agli interventi che personalmente<br />
ho fatto come arcivescovo e alle iniziative promosse<br />
e realizzate dai sacerdoti e dalle parrocchie, oltre<br />
che dagli uffici <strong>di</strong>ocesani <strong>di</strong> settore, questa crisi abbia<br />
suscitato riflessioni e anche proposte concrete per<br />
richiamare tutti alle rispettive responsabilità morali,<br />
soprattutto relative a una ferma condanna <strong>di</strong> una finanza<br />
un po’ troppo avventuriera, finalizzata quasi esclusivamente<br />
a realizzare guadagni facili senza la dovuta<br />
attenzione all’economia reale al fine <strong>di</strong> creare nuovi<br />
posti e nuove opportunità <strong>di</strong> lavoro. Numerosi sacerdoti<br />
hanno partecipato a un incontro che abbiamo organizzato,<br />
a livello <strong>di</strong>ocesano, con un economista, docente<br />
della nostra università, il prof. Mario Deaglio, per<br />
essere informati sulle <strong>di</strong>namiche che hanno generato<br />
nel mondo questa situazione <strong>di</strong> crisi economica. È<br />
stata un’occasione utile per conoscere la situazione,<br />
rendendoci consapevoli che non sarà facile superare<br />
questo periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, e per sapere eventualmente<br />
consigliare quelle persone e famiglie che cercano anche<br />
dal sacerdote un conforto per i propri problemi».<br />
Card. Sepe: «È fondamentale il richiamo<br />
a stili <strong>di</strong> vita caratterizzati da comportamenti<br />
etici coerenti e rispettosi della<br />
morale cristiana. Evidentemente non<br />
si manca <strong>di</strong> avvertire limiti <strong>di</strong> competenza<br />
e <strong>di</strong> conoscenza tecnica, ma non<br />
certamente <strong>di</strong> attenzione ai fenomeni<br />
e ai fatti con conseguente accentuazione<br />
dell’approfon<strong>di</strong>mento e dello stu<strong>di</strong>o,<br />
per essere opportunamente attrezzati<br />
nella con<strong>di</strong>visione del <strong>di</strong>sagio e delle<br />
aspettative, ma anche per avanzare<br />
in<strong>di</strong>cazioni e iniziative per promuovere<br />
la crescita morale, civile e socia-<br />
29<br />
le dell’uomo. È per questo che, alla luce dei gravi problemi<br />
del nostro tempo e, quin<strong>di</strong>, della mancanza <strong>di</strong><br />
lavoro come dell’aggravarsi dello stato <strong>di</strong> povertà, sempre<br />
più <strong>di</strong>ffuso e preoccupante, abbiamo ritenuto, come<br />
Chiesa del Mezzogiorno, <strong>di</strong> convocare gli stati generali<br />
per riflettere, a più voci, sulle con<strong>di</strong>zioni del Sud<br />
e per creare con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita rispettose della <strong>di</strong>gnità<br />
dell’uomo.<br />
Mons. Menichelli: «La Chiesa locale ha <strong>di</strong>mostrato<br />
sufficiente vigilanza in merito alle questioni etiche: tuttavia<br />
sembrerebbe necessario che la vigilanza<br />
<strong>di</strong>venti profezia stigmatizzando gli alti interessi, l’euforia<br />
del mercato, che spesso trasborda nell’eccesso<br />
e nello spreco, nella tentazione <strong>di</strong> comprare tutto<br />
a rate. Un parola particolare va detta rispetto all’aumento<br />
delle scommesse, dei giochi <strong>di</strong> fortuna che immettono<br />
in una terra sogni che finiscono per indebitare<br />
ancor più e <strong>di</strong>videre le famiglie. Questa sensibilità ecclesiale<br />
si deve fare anche parresia e scelta strutturale<br />
<strong>di</strong> povertà, coniugata poi con un’evangelica solidarietà».<br />
Mons. Miglio: «Nella nostra zona le questioni morali<br />
legate ai processi finanziari ed economici c’erano<br />
già nel decennio scorso, con la lunga e triste vicenda<br />
dell’Olivetti e delle scelte che hanno avuto l’esito<br />
da tutti conosciuto. Paghiamo comunque una tar<strong>di</strong>va<br />
rivalutazione della figura dell’impren<strong>di</strong>tore e uno<br />
scarso impegno per la formazione <strong>di</strong> impren<strong>di</strong>tori che<br />
abbiano una vera cultura del lavoro, che non è solo<br />
economicista. Occorre voltare pagina, non perdersi<br />
troppo nelle analisi del passato e nelle recriminazioni.<br />
Le comunità cristiane oggi possono crescere nell’attenzione<br />
ai problemi sociali imparando anzitutto ad approfon<strong>di</strong>re<br />
e declinare il concetto fondamentale <strong>di</strong> bene comune,<br />
compreso come via concreta per vivere la carità<br />
a 360°, nell’impegno del volontariato e del servizio<br />
sociale e politico <strong>di</strong>retto. Un’altra attenzione che<br />
mi sembra importante è quella da riservare al ruolo<br />
della società civile, in tutte le sue espressioni, uscendo<br />
da una visione dualisticamente limitata alla <strong>di</strong>alettica<br />
“pubblico-privato”, dove pubblico in genere è<br />
sinonimo <strong>di</strong> enti pubblici o stato. I due termini finiscono<br />
per essere una tenaglia che mortifica spazi e iniziative.<br />
Il risultato è oggi troppo spesso quello <strong>di</strong> favorire<br />
la chiusura nel privato, humus ottimale perché<br />
la cultura delle libertà in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong>venti in<strong>di</strong>vidualismo.Valorizzare<br />
la società civile e il suo spazio, che<br />
è veramente pubblico,vuol <strong>di</strong>re far crescere iniziativa,<br />
partecipazione, sussi<strong>di</strong>arietà, capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernimento,<br />
attenzione quoti<strong>di</strong>ana ai problemi sociali».<br />
a cura <strong>di</strong> Lorenzo Prezzi<br />
Da: I L R E G N O - AT T UA L I T À 2 / 2 0 0 9
30<br />
I<br />
n quest’anno 2008/2009 il Centro<br />
Nazionale Vocazioni, che è l’organismo<br />
nazionale <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento e promozione<br />
per tutte le vocazioni, ha scelto<br />
per la Chiesa Italiana questo slogan – So a<br />
chi ho dato la mia fiducia – per accompagnare<br />
il cammino dell’anno pastorale,<br />
che vede nella celebrazione della<br />
Giornata Mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> Preghiera per<br />
le Vocazioni il suo punto culminante,<br />
ma anche la tappa <strong>di</strong> avvio per<br />
la preparazione delle tante esperienze<br />
estive vocazionali, che si progettano<br />
in tutta la nostra Penisola a favore<br />
dei giovani.<br />
Nella scelta dello slogan, il riferimento<br />
all’esperienza e agli scritti <strong>di</strong> S. Paolo<br />
era in un certo senso obbligato, visto<br />
che si sta vivendo l’anno paolino. Come<br />
ogni anno, lo slogan, che rilancia in<br />
modo sintetico il tema, è accompagnato<br />
dal poster che traduce in immagine<br />
lo stesso tema.<br />
E’ un gesto semplice quello che campeggia<br />
nel poster- una mano che si<br />
poggia su un’altra mano- ma <strong>di</strong>ce una<br />
realtà profonda: consegna, fiducia,<br />
affidamento.<br />
Nelle nostre “strette <strong>di</strong> mano” vogliamo<br />
esprimere amicizia, solidarietà,<br />
promessa; e nello scambio v’è una<br />
rapida trasmissione <strong>di</strong> forza quasi a<br />
confermare i nostri sentimenti, o la<br />
volontà <strong>di</strong> mantenere la parola data.<br />
Il Dio- che-chiama, alla vita e a seguirlo<br />
nelle <strong>di</strong>verse vocazioni, non<br />
aspetta <strong>di</strong> “sentire” la nostra forza,<br />
ma solo il nostro sincero “si”, il nostro<br />
“eccomi”, il nostro fidarci <strong>di</strong> Lui… Basta solo<br />
toccare la sua mano: la forza, la salvezza<br />
è Lui e perciò il cammino è sicuro.<br />
E’ Lui che prende l’iniziativa… basta solo<br />
rispondere! Come la donna del Vangelo (Mc<br />
5,23-34) che, in modo spontaneo e splen<strong>di</strong>do,<br />
<strong>di</strong>chiara la sua fede in Gesù:” Se riuscirò<br />
solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”.Le<br />
parole <strong>di</strong> san Paolo, scelte in questo<br />
“Anno Paolino”per la Giornata mon<strong>di</strong>ale<br />
<strong>di</strong> Preghiera per le Vocazioni: “So a chi<br />
ho dato la mia fiducia” ( 2 Tm 1, 12) esprimono<br />
bene il segreto della sua vita spesa<br />
senza riserve per Dio e i fratelli, fino al dono<br />
supremo.<br />
Nel poster non ci sono foto <strong>di</strong> persone per<br />
cui immedesimarsi nel gesto rappresentato<br />
è più facile.Lo stile vetrata ci richiama lo<br />
spazio sacro, anche quello dell’anima: il solo<br />
luogo dove può avvenire- nella fede- la nostra<br />
resa incon<strong>di</strong>zionata all’Amore.<br />
Come non vedere in quella mano aperta in<br />
alto nel poster la mano <strong>di</strong> Dio che si apre<br />
con generosità per arricchirci dei suoi innumerevoli<br />
e inattesi doni? Ogni anno, la Giornata<br />
Mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> Preghiera per le Vocazioni ravviva<br />
in noi questa consapevolezza: le vocazioni<br />
sono innanzitutto un dono <strong>di</strong> Dio, prima<br />
Aprile<br />
2009<br />
La nostra preghiera per le Vocazioni<br />
la“Veglia <strong>di</strong><br />
Preghiera”<br />
nella Cattedrale<br />
<strong>di</strong> S. Clemente<br />
a Velletri ,<br />
lunedì 27 aprile<br />
2009, alle ore 21.<br />
ancora che frutto delle nostre iniziative e della<br />
risposta generosa dei giovani. “ Ogni vocazione<br />
cristiana- ci ricordava Giovanni Paolo<br />
II- viene da Dio, è dono <strong>di</strong> Dio” (PdV 35). Da<br />
dove la Chiesa e ciascuno <strong>di</strong> noi, al suo interno,<br />
può attingere ed alimentare<br />
questa fiducia? Lo slogan- Io so a<br />
chi ho dato la mia fiducia- facendo<br />
riferimento all’esperienza personale<br />
<strong>di</strong> Paolo, fa appello ad una fiducia<br />
che deriva da una conoscenza<br />
<strong>di</strong>retta della Persona alla quale siamo<br />
chiamati ad affidarci.<br />
Io so, perché ho fatto l’esperienza<br />
<strong>di</strong> non essere stato deluso dal<br />
Signore.<br />
Guardando le due mani raffigurate<br />
nel poster- una che si protende nell’afferrare<br />
l’altra- rileggiamo “ con cuore<br />
pensante”il nostro cammino alla<br />
ricerca dei tanti <strong>segni</strong> che Dio ha lasciato<br />
nella nostra vita, che ci incoraggiano<br />
sempre più ad abbandonarci<br />
nelle sue mani.<br />
Dinanzi alle scelte definitive e totalmente<br />
coinvolgenti, è facile lasciarsi<br />
prendere dal timore e rimandare<br />
all’infinito la decisione.<br />
Si vorrebbe…, ma si ha paura <strong>di</strong> fallire,<br />
<strong>di</strong> non farcela, <strong>di</strong> non essere preparati,<br />
<strong>di</strong> perdere la libertà… Si richiede<br />
un atto <strong>di</strong> fiducia! Questo è un invito<br />
anche per voi giovani, ad accogliere<br />
la testimonianza del vescovo<br />
Tonino Bello: ”Vocazione.<br />
E’ la parola che dovresti amare <strong>di</strong> più,<br />
perché è il segno <strong>di</strong> quanto sei importante<br />
agli occhi <strong>di</strong> Dio.<br />
E’ l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>mento, presso <strong>di</strong> lui, della<br />
tua fragile vita. Sì, perché se ti chiama<br />
vuol <strong>di</strong>re che ti ama.<br />
Gli stai a cuore, non c’è dubbio. In una turba<br />
sterminata <strong>di</strong> gente, risuona un nome:<br />
il tuo. Stupore generale! A te non ci aveva<br />
pensato nessuno. Lui sì!<br />
Davanti ai microfoni della storia, ti affida un<br />
compito su misura… per lui! Sì, per lui, non<br />
per te.<br />
Più che una missione sembra una scommessa.<br />
Ha scritto t’ amo, sulla roccia non<br />
sulla sabbia, come nelle vecchie canzoni.<br />
E accanto ci ha messo il tuo nome. Forse<br />
l’ha sognato <strong>di</strong> notte, nella tua notte. Alleluia!<br />
Puoi <strong>di</strong>re a tutti: non si è vergognato <strong>di</strong> me!”<br />
E per poter vivere meglio insieme questa<br />
esperienza il Centro Diocesano Vocazioni<br />
propone a tutta la comunità <strong>di</strong>ocesana.<br />
L’équipe del CDV
Aprile<br />
2009<br />
Le chiese <strong>di</strong> Artena: S. Maria <strong>di</strong> Gesù<br />
Sara Calì<br />
Chissà quanti bambini vocianti hanno attraversato<br />
il Chiostro fiorito e or<strong>di</strong>nato del Convento,<br />
per poi sedersi su quegli stessi banchi della Chiesa<br />
<strong>di</strong> S. Maria <strong>di</strong> Gesù, dove ancora siedono i ragazzi<br />
del catechismo. Quante volte nella sobria oscurità<br />
<strong>di</strong> quel luogo avranno rivolto lo sguardo al<br />
<strong>di</strong>pinto secentesco sull’altare maggiore, avranno<br />
visto gli Angeli attorno a Maria con Gesù bambino<br />
in braccio e Giovanni Battista o avranno<br />
ascoltato i fratini che cantavano accompagnati<br />
dal suono magnifico dell’organo a canne. Allora<br />
come ora in quel luogo sereno, lontano dai rumori<br />
della città, fervono le stesse voci <strong>di</strong> fanciulli<br />
che provano i<br />
canti per la<br />
domenica, stu<strong>di</strong>ano<br />
al dopocresima<br />
il latino<br />
e il Pater noster,<br />
recitano al laboratorio<br />
teatrale e<br />
<strong>di</strong>pingono ceramichesmaltate,<br />
poi, come<br />
allora, si fermano<br />
festosi fin<br />
sul sagrato della<br />
chiesa, dove<br />
con una smorfia<br />
si raccomandano<br />
l’un l’altro <strong>di</strong><br />
fare silenzio. Ma da lì si sentono le voci del coro<br />
degli adulti che prova la Messa degli Angeli per<br />
le gran<strong>di</strong> occasioni al suono dell’organo secolare.<br />
E poi ci sono le confraternite, i <strong>di</strong>aconi, i catechisti<br />
e tutti coloro che giornalmente operano accanto<br />
ai due sacerdoti, P. Pasquale Veglianti, il Parroco,<br />
e P. Osvaldo Salvi, il P. Guar<strong>di</strong>ano che a poco<br />
a poco hanno ricostituito tutta l’antica operosità<br />
del Convento, attirando sempre più fedeli con<br />
la semplicità e l’accoglienza tipicamente francescane.<br />
In piccoli gruppi, altri ragazzi sono accompagnati<br />
nella vasta sala della biblioteca che, tutta<br />
or<strong>di</strong>nata, mostra loro tante preziose cinquecentine,<br />
altri passano per<br />
il portico dove, nelle lunette<br />
affrescate, S. Francesco<br />
e S. Antonio raccontano la<br />
propria vita al sole del chiostro<br />
che ancora li incanta<br />
con i suoi colori geometrici<br />
e con il pozzetto che per<br />
tanti anni, quando c’era la<br />
siccità, soccorreva gli abitanti<br />
<strong>di</strong> Artena con l’acqua<br />
della sua cisterna. Altri ancora<br />
salgono al primo piano<br />
a vedere il Museo con le<br />
pianete ricamate a fili d’oro,<br />
le foto e gli oggetti appartenuti<br />
a P. Ginepro Cocchi.<br />
Quei bambini forse ancora non sanno, che su<br />
quello stesso pavimento passeggiavano, pen-<br />
sosi, i ragazzi che alla loro stessa età avevano<br />
già abbracciato la regola <strong>di</strong> S. Francesco e stu<strong>di</strong>avano<br />
teologia grazie al Car<strong>di</strong>nale Scipione Borghese<br />
che, nel 1629, fece iniziare la costruzione della<br />
Chiesa <strong>di</strong> S. Maria <strong>di</strong> Gesù, (celebrata in quegli<br />
anni l’8 settembre con una solenne processione)<br />
poi consacrata nel 1715. P. Girolamo, memore,<br />
forse, della fatica che egli stesso, da montefortinese,<br />
aveva fatto per stu<strong>di</strong>are, intervenne<br />
per dotare, il convento annesso, <strong>di</strong> una ricca<br />
biblioteca con libri, manoscritti ed incunaboli.<br />
Così, a poco a poco, tra alterne vicende, terremoti<br />
e chiusure momentanee, il nostro amato<br />
Convento sopravvisse e fu sede dello stu<strong>di</strong>o<br />
teologico <strong>di</strong> preparazione al sacerdozio e, dopo<br />
il 1910, fu destinato a sede del Collegio<br />
Serafico con la scuola me<strong>di</strong>a e le classi <strong>di</strong> ginnasio<br />
parificato. Dopo il 1928 fu ingran<strong>di</strong>to il refet-<br />
31<br />
torio, costruita una nuova cappella, un secondo<br />
dormitorio e una palestra. Ad animare ancora<br />
la quieta atmosfera <strong>di</strong> questo luogo<br />
è sopraggiunta, ultimamente, una<br />
Missione popolare che si è svolta dal<br />
5 all’8 marzo, in occasione del settantesimo<br />
anno del Martirio <strong>di</strong> P. Ginepro Cocchi<br />
e in concomitanza del Centenario della<br />
sua nascita. Organizzata in collaborazione<br />
con la Provincia Romana dei Frati Minori<br />
ed il Circolo Culturale P. Ginepro Cocchi,<br />
ha previsto tante iniziative in tutto il vasto<br />
territorio della parrocchia che comprende<br />
anche le frazioni <strong>di</strong> Macere, Colubro e<br />
Selvatico. Il 5 marzo, raccolte attorno<br />
ad un frate francescano, venti famiglie<br />
avevano chiamato parenti e conoscenti<br />
per me<strong>di</strong>tare sulla figura <strong>di</strong> P. Ginepro,<br />
alla stessa ora, nelle voci <strong>di</strong> quasi duecento<br />
persone, echeggiavano parole <strong>di</strong><br />
riflessione e <strong>di</strong> commento, con lo stupore<br />
ed il sorriso <strong>di</strong> trovarsi piacevolmente<br />
insieme, a illuminare della stessa<br />
luce la propria interiorità. Dal 6 all’8<br />
prima una fiaccolata ha illuminato le vie<br />
del paese, poi i concerti e le visite alle<br />
scuole dei missionari hanno tenuto desta<br />
l’attenzione <strong>di</strong> tutti, fino alle due solenni<br />
messe<br />
dell’8 marzo celebrate<br />
una dal vescovo,<br />
sua Eccellenza<br />
Mons. Vincenzo<br />
Apicella, ed una dal<br />
Ministro Provinciale<br />
O. F. M., P. Marino<br />
Porcelli che hanno<br />
chiuso le manifestazioni,<br />
lasciando in tutti<br />
noi un po’ <strong>di</strong> nostalgia<br />
per il fervore e l’atmosfera<br />
<strong>di</strong> quei giorni,<br />
in cui si è fatta più<br />
viva l’esortazione del<br />
Padre Serafico: “Non<br />
sibi soli vivere, sed pro<br />
aliis proficere”.
32<br />
D<br />
al Concilio Vaticano<br />
II, celebrare non<br />
consiste più nel<br />
delegare alcune<br />
persone per assicurare un culto<br />
al quale il popolo assiste più<br />
o meno attentamente.<br />
La Chiesa desidera che tutti i<br />
fedeli, che sono convocati nel<br />
nome <strong>di</strong> Cristo per costituire un’assemblea<br />
“vengano guidati a quella<br />
piena , consapevole e attiva<br />
partecipazione delle celebrazioni<br />
liturgiche, che è richiesta dalla<br />
natura della stessa liturgia e<br />
alla quale il popolo cristiano, ‘stirpe<br />
eletta, sacerdozio regale, nazione<br />
santa, popolo che Dio si è<br />
acquistato’, ha <strong>di</strong>ritto e dovere<br />
in forza del Battesimo” (Sacrosanctum<br />
Concilium, 14). C’è stata una vera e propria rivoluzione!<br />
Si è riscoperto che lo scopo <strong>di</strong> questo<br />
raduno liturgico è <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare il Corpo <strong>di</strong> Cristo,<br />
rendere a Dio gloria e lode e intercedere presso<br />
<strong>di</strong> lui per tutti gli uomini.<br />
E tutti sappiamo che il canto è uno dei mezzi<br />
più importanti per partecipare all’azione liturgica<br />
poiché “il canto è il segno della gioia del cuore”<br />
(PNMR n° 19) e, come <strong>di</strong>ce S. Agostino, “il<br />
cantare è proprio <strong>di</strong> chi ama”. Il canto dell’assemblea<br />
è dunque altamente simbolico poiché<br />
permette <strong>di</strong> dare forma sensibile a una realtà<br />
che lo supera: l’unione delle voci <strong>di</strong>venta<br />
espressione dell’unione dei cuori. Il mistero della<br />
nostra comunione al Corpo <strong>di</strong> Cristo si esprime<br />
attraverso il canto comune all’interno della<br />
celebrazione liturgica. Impe<strong>di</strong>re all’assemblea <strong>di</strong><br />
cantare equivale ad ostacolare l’opera <strong>di</strong>vina che<br />
ci vuole tutti uniti in Gesù Cristo.<br />
Quando l’assemblea <strong>di</strong>aloga col suo presidente,<br />
quando risponde col canto alla Parola che<br />
le è rivolta, essa rende visibile anche il <strong>di</strong>alogo<br />
<strong>di</strong> Alleanza che ha come partner Dio e il popolo<br />
che gli appartiene. Naturalmente, se nell’azione<br />
liturgica l’assemblea svolge un ruolo <strong>di</strong> primo<br />
piano, ciò non significa che debba cantare<br />
tutto!<br />
Partecipazione attiva non equivale ad attivismo!<br />
Tuttavia alcuni canti le spettano <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, primo<br />
fra tutti il Santo, il canto che unisce la voce dell’assemblea<br />
a quella degli angeli e dei santi per<br />
cantare e proclamare in un unico coro la santità<br />
<strong>di</strong> Dio nell’universo.<br />
Inoltre l’assemblea dovrà poter cantare il ritornello<br />
del salmo responsoriale e tutte le acclamazioni,<br />
in particolare quella al Vangelo. Dovrà<br />
avere la possibilità <strong>di</strong> unirsi alla litania penitenziale,<br />
al canto del Gloria e a quello che accompagna<br />
il rito della frazione del pane. Infine, si<br />
Aprile<br />
2009<br />
inviterà l’assemblea a cantare<br />
almeno i ritornelli dei canti<br />
d’ingresso e <strong>di</strong> comunione.<br />
E non <strong>di</strong>mentichiamo che con<br />
il canto dell’assemblea l’obiettivo<br />
da raggiungere non è <strong>di</strong> tipo<br />
estetico, ma ci proponiamo<br />
<strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare il tempio santo fatto<br />
<strong>di</strong> pietre vive e <strong>di</strong> cui Cristo<br />
è la pietra angolare.<br />
Spesso e volentieri si sente<br />
la lamentela che la gente non<br />
canta! È vero, perché nessuno<br />
l’ha mai educata! Proviamo<br />
a fare qualche piccola prova<br />
pochi minuti prima della<br />
messa, facciamo cantare<br />
brani accessibili a tutti, adatti<br />
ad una assemblea tipo, senza<br />
melo<strong>di</strong>e astruse o ritmi sincopati e forsennati!<br />
Educhiamo l’assemblea al gusto del bello,<br />
aiutiamola a partecipare bene ai santi<br />
misteri e non releghiamola al ruolo <strong>di</strong> muto e semplice<br />
spettatore.<br />
Il documento Musicam sacram si esprime così:<br />
“Con una adatta catechesi e con esercitazioni<br />
pratiche si conduca gradatamente il popolo a una<br />
sempre più ampia, anzi fino alla piena partecipazione<br />
a tutto ciò che gli spetta”.<br />
Ecco allora la figura dell’animatore musicale dell’assemblea:<br />
è un ruolo insostituibile. Ogni parrocchia<br />
dovrebbe preoccuparsi <strong>di</strong> formare adeguatamente<br />
persone adatte a svolgere questo<br />
servizio nella celebrazione.<br />
E l’assemblea che canta manifesta l’armonia dei<br />
cuori, ci dà il segno concreto <strong>di</strong> appartenenza<br />
alla Chiesa, ci fa sentire membra vive del Corpo<br />
<strong>di</strong> Cristo, ci aiuta ad essere “Chiesa”. Paolo VI,<br />
il Papa che ha portato a conclusione il Vaticano<br />
II, <strong>di</strong>ceva: “Se il popolo <strong>di</strong> Dio non canta, perde<br />
la fede, se perde la fede lascia la Chiesa”.<br />
“PERCHÉ TUTTI I CRISTIANI CANTINO”, <strong>di</strong> Don Franco<br />
Gomiero, già Responsabile Nazionale della<br />
Musica per la Liturgia, testo utilizzato dalla<br />
C.E.I. per il Corso <strong>di</strong> Pastorale della Musica<br />
e del Canto per la Liturgia, è l’augurio che formuliamo<br />
per un valido rilancio del Canto<br />
dell’Assemblea nelle nostre comunità.<br />
DON FRANCO FAGIOLO<br />
PARROCCHIA S. MARIA ASSUNTA – SEGNI<br />
RESPONSABILE DIOCESANO DEL CANTO PER LA<br />
LITURGIA<br />
Tel. e Fax: 06 9768074 - Cell.: 3472218242<br />
E-mail: f.fagiolo@tiscali.it
Aprile<br />
2009<br />
Antonio Ven<strong>di</strong>tti<br />
L’<br />
ultimo fatto <strong>di</strong> cronaca, più che eclatante, è davvero<br />
scioccante : due ragazzini mettono al mondo<br />
un bimbo e la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> età tra le due<br />
generazioni è poco più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni.<br />
La televisione mostra il piccolo “padre” che tiene<br />
in braccio il piccolo “figlio” e accanto la madre<br />
bambina che si trova a giocare con un “bambolotto” vero.<br />
Sembra davvero una favola moderna, con incre<strong>di</strong>bili intrecci<br />
ed intricate magie. Invece è la realtà. Ed anche l’aspetto<br />
pecuniario è presente nella strana vicenda : la ven<strong>di</strong>ta dell’esclusività<br />
del servizio fotografico, da parte della “nonna”<br />
paterna, ad una rivista inglese, con imme<strong>di</strong>ata ed interessata<br />
riven<strong>di</strong>cazione da parte del “nonno”, che prima<br />
non ha trovato modo e tempo per occuparsi <strong>di</strong> quel figlio<br />
precoce, vivendo libero e spregiu<strong>di</strong>cato, con altri otto figli<br />
avuti da donne <strong>di</strong>verse. C’è anche un colpo <strong>di</strong> scena finale<br />
: la contestazione <strong>di</strong> altri “ragazzini” che, essendo stati<br />
“insieme” alla “madre”, riven<strong>di</strong>cano la “paternità” del figlio.<br />
Davvero, se non avessimo le prove visive dell’ingarbugliata<br />
e grottesca vicenda, non riusciremmo a crederci!<br />
Come è stato possibile tutto questo? Contrario al buon<br />
senso, contrario alla rettitu<strong>di</strong>ne, contrario alla natura, che<br />
procede gradualmente nella crescita dei singoli e nell’attribuzione<br />
dei ruoli. Fermo restando il principio dell’accoglienza<br />
e della <strong>di</strong>fesa della vita, si deve rilevare che si è<br />
verificato lo stravolgimento delle fasi dell’età evolutiva, che<br />
procedendo dall’infanzia alla fanciullezza all’adolescenza,<br />
permette l’armonica crescita e la formazione integrale della<br />
personalità, in modo che i giovani raggiungano la completa<br />
maturità e, ormai <strong>di</strong>venuti donne ed uomini, possano<br />
assumere le responsabilità della vita.<br />
Proviamo ad immaginare l’ambiente familiare dove deve<br />
crescere questo bimbo. Sicuramente la giovane nonna<br />
sarà il principale punto <strong>di</strong> riferimento e dovrà fargli realmente<br />
da madre, lei che ha ancora un figlio piccolo che<br />
si trova ad essere già “padre”. Il ruolo dei nonni è importante<br />
per quello che possono fare per i nipoti, in termini<br />
<strong>di</strong> sostegno e <strong>di</strong> aiuto, nel proficuo e rasserenante rapporto<br />
affettivo. Ciò non significa che i nonni debbano assumere<br />
un ruolo sostitutivo dei genitori che hanno la responsabilità<br />
dell’educazione dei figli e non possono delegarla<br />
Lunedì 20 aprile a Roma presso l’Istituto <strong>di</strong> Maria SS. Bambina<br />
in Via Paolo VI n.21 inizierà in aula il 4° corso in Dottrina<br />
Sociale della Chiesa per presbiteri e religiosi. Da domenica<br />
19 aprile e per ogni domenica precedente l’inizio <strong>di</strong> ciascun<br />
modulo (come in<strong>di</strong>cato nel calendario dei moduli riportato<br />
nella pagina seguente) è possibile raggiungere la sede<br />
del corso e pernottare. Il corso promosso dalla Fondazione<br />
“Centesimus Annus – Pro Pontifice” in collaborazione con<br />
la CEI e con l’ausilio della P.U. Lateranense si svolgerà in<br />
quattro settimane non consecutive a carattere residenziale,<br />
<strong>di</strong>stribuite lungo un periodo che va dal mese <strong>di</strong> Aprile al<br />
mese <strong>di</strong> Ottobre 2009. I corsisti saranno impegnati per una<br />
settimana al mese per un totale <strong>di</strong> 120 ore <strong>di</strong> lezione. Tutti<br />
i moduli avranno inizio il lunedì mattina alle ore 09:00 e termineranno<br />
alle ore 12:00 del venerdì. Le informazioni e le<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> partecipazione sono <strong>di</strong>sponibili nel sito della<br />
Fondazione: www.centesimusannus.org. Alla fine del periodo,<br />
dopo aver sostenuto l’esame presso la Pontificia Università<br />
Lateranense, i partecipanti conseguiranno un <strong>di</strong>ploma in<br />
Dottrina Sociale della Chiesa. Il Card. Attilio Nicora, presidente<br />
dell’AP SA, nella lettera inviata ai Vescovi, ha ricordato<br />
le finalità del corso: “la proposta è finalizzata ad arric-<br />
a nessuno.<br />
Quando<br />
questo ruolo<br />
dei genitori<br />
è carente<br />
o inesistente,<br />
i figli<br />
inevitabilmente<br />
ne<br />
risentono,<br />
sul piano<br />
affettivo e<br />
formativo.<br />
E dunque<br />
qual è la<br />
situazione del bimbo i cui genitori sono davvero ragazzini?<br />
E’ una situazione proprio anomala, che non permette<br />
rosee previsioni. Il padre e la madre naturali saranno<br />
percepiti come fratello e sorella maggiori e i problemi della<br />
loro adolescenza si ripercuoteranno non positivamente<br />
sulla crescita del bimbo, <strong>di</strong> fatto privato <strong>di</strong> fondamentali<br />
punti <strong>di</strong> riferimento e confuso nella percezione dei ruoli<br />
e nella visione della vita. Stiamo parlando <strong>di</strong> un fatto paradossale<br />
che però desta grande preoccupazione, per il rischio<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> casi del genere.<br />
Nella società inglese c’è un allarme, perché evidentemente<br />
le precoci relazioni sono purtroppo incontrollabili, o meglio<br />
incontrollate. Dovrebbero i genitori, prima ancora <strong>di</strong> riassumere<br />
il controllo dei loro “ragazzini”, figli e figlie, riappropriarsi<br />
della loro funzione fondamentalmente educativa,<br />
per ristabilire il giusto rapporto <strong>di</strong> educatori-educan<strong>di</strong>.<br />
Tale rapporto impone la netta <strong>di</strong>stinzione dei ruoli : i<br />
genitori devono essere guide, sicure ed autorevoli, del processo<br />
<strong>di</strong> crescita <strong>di</strong> figli e figlie, che devono recepire gli<br />
insegnamenti ed accettare le necessarie e giuste regolamentazione<br />
della vita familiare. Non si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi<br />
retorici e <strong>di</strong> parole vuote, ma <strong>di</strong> idee chiare ed azioni concrete,<br />
in un rapporto intenso <strong>di</strong> vita in comune : il che significa<br />
per i genitori stare insieme, il più possibile, ai loro figli,<br />
senza lasciarli mai in balia <strong>di</strong> se stessi, anche quando<br />
gli impegni <strong>di</strong> lavoro li tengono lontani, organizzando minuziosamente<br />
il loro tempo <strong>di</strong>sponibile e controllando i loro<br />
comportamenti. I figli, da parte loro, devono accettare<br />
chire la preparazione dei sacerdoti impegnati in problematiche<br />
strettamente connesse con l’azione evangelizzatrice”. Tra<br />
le <strong>di</strong>verse materie inserite nel programma saranno oggetto<br />
<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e approfon<strong>di</strong>mento il Magistero sociale della<br />
Chiesa, la prospettiva biblica, DSC ed economia <strong>di</strong> mercato,<br />
la DSC nel contesto dell’evangelizzazione, il tema sociale<br />
nei Padri della Chiesa, la formazione sociale dei laici:<br />
DSC ed evangelizzazione della società, lavoro e lavori in<br />
prospettiva pastorale, la DSC nella formazione presbiteriale,<br />
la leadership pastorale, la pastorale sociale nel contesto<br />
<strong>di</strong>ocesano. Le lezioni si svolgeranno a Roma presso<br />
l’Istituto <strong>di</strong> Maria SS. Bambina in Via Paolo VI n.21, situato<br />
alle spalle del colonnato <strong>di</strong> Piazza San Pietro. La scheda<br />
d’iscrizione dovrà essere recapitata alla Fondazione tramite:<br />
fax 06/69881971, e-mail centannus@foundation.va<br />
o per posta all’in<strong>di</strong>rizzo Fondazione Centesimus Annus –<br />
Pro Pontifice, 00120 Città del Vaticano. Calendario dei<br />
moduli<br />
1° Modulo;20 - 24 Aprile 2° Modulo:08 - 12 Giugno 2009<br />
3° Modulo:14 - 18 Settembre 4° Modulo:26 - 30 Ottobre 2009<br />
Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice: dal 1993<br />
impegnata per la <strong>di</strong>ffusione della DSC.<br />
33<br />
ed applicare fedelmente e <strong>di</strong>ligentemente le <strong>di</strong>rettive dei<br />
genitori, senza <strong>di</strong>storsioni e senza tentennamenti. Tra le<br />
tante <strong>di</strong>visioni e i tanti contrasti che contrad<strong>di</strong>stinguono la<br />
nostra società nel tempo presente, c’è anche la <strong>di</strong>versa<br />
concezione educativa familiare : l’educazione definita “tra<strong>di</strong>zionale”<br />
che inevitabilmente guarda al passato, per contrastare<br />
un evidente declino <strong>di</strong> idee e <strong>di</strong> pratiche educative<br />
efficaci nella formazione delle nuove generazioni; l’educazione<br />
ritenuta adatta ai nuovi tempi e basata su un<br />
allentamento del rapporto genitori-figli, che oggettivamente<br />
non ha prodotto niente <strong>di</strong> buono ed anzi ha portato a gravi<br />
conseguenze, che sono evidenti nei fatti della cronaca<br />
giornaliera. I genitori che , per senso <strong>di</strong> “modernità”, hanno<br />
voluto definirsi “liberi” ed estendere questa loro concezione<br />
ai figli, ritenuti capaci <strong>di</strong> autoregolarsi e lasciati<br />
appunto “liberi” <strong>di</strong> decidere cosa fare e con chi stare e dove<br />
andare ed anzi assecondati nelle loro richieste <strong>di</strong> denaro<br />
o <strong>di</strong> altro, in genere non possono ritenersi sod<strong>di</strong>sfatti<br />
<strong>di</strong> questa loro impostazione ed anzi, oggettivamente, devono<br />
constatare gravi insuccessi, evidenziati dai comportamenti<br />
dei loro figli. I quali, anche quando non sono protagonisti<br />
<strong>di</strong> fatti più o meno gravi, mostrano un’ immaturità preoccupante,<br />
cioè una mentalità regre<strong>di</strong>ta e non evoluta secondo<br />
l’età. E spesso, a sentir parlare i loro genitori, si avverte<br />
che c’è inconsapevolezza ed incapacità del ruolo educativo;<br />
si ha perciò l’impressione che anche loro, nonostante<br />
l’età cronologica, siano fortemente immaturi : cioè<br />
anch’essi “ragazzini”.<br />
Inizierà ad Aprile il 4° Corso in Dottrina Sociale della Chiesa per presbiteri Anno Accademico 2009<br />
L’occasione storica che ha suscitato l’idea <strong>di</strong> costituire la<br />
Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice è stata l’Enciclica<br />
“Centesimus Annus” da Giovanni Paolo II il 1° maggio 1991<br />
in occasione del centenario dell’Enciclica <strong>di</strong> Leone XIII “Rerum<br />
Novarum”. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un secolo il Papa ha infatti ritenuto<br />
opportuno fare sentire la propria voce in forma adeguata<br />
in materia <strong>di</strong> dottrina sociale che pone l’uomo al centro<br />
<strong>di</strong> ogni attività economica. Sotto la guida <strong>di</strong> S. Em.za<br />
il Card. R. José Castillo Lara e <strong>di</strong> S.E. Mons. Giovanni Lajolo,<br />
alcuni impren<strong>di</strong>tori e banchieri si sono così attivati nel raccogliere<br />
adesioni. L’idea ha quin<strong>di</strong> preso forma e si è venuta<br />
perfezionando in una serie <strong>di</strong> incontri, sia in<strong>di</strong>viduali sia<br />
<strong>di</strong> gruppi <strong>di</strong> persone. Considerata la rispondenza alla proposta,<br />
il Car<strong>di</strong>. Castillo Lara, dopo aver tenuto debitamente<br />
informata la Segreteria <strong>di</strong> Stato e la CEI, nella persona dell’Em.<br />
Presidente, Card. Camillo Ruini, ha sottoposto a Sua Santità<br />
l’ipotesi <strong>di</strong> creare la Fondazione che è stata istituita con<br />
chirografo dello stesso Santo Padre il 5 Giugno 1993. (fonte:<br />
www.centesimusannus.org).<br />
Ufficio stampa: Costantino Coros - cell. 393/9396689, email<br />
coroscosta@virgilio.it
34<br />
Mara Della Vecchia<br />
“Stabat mater lacrimosa. Juxta crucem dolorosa”<br />
questo è l’inizio dell’opera <strong>di</strong><br />
Jacopone da To<strong>di</strong> che si apre con lo strazio<br />
<strong>di</strong> Maria ai pie<strong>di</strong> della croce e termina<br />
con l’aspirazione alla gloria eterna.<br />
Questa umile lauda ha ispirato a molti musicisti<br />
bellissima musica, con la quale ne hanno<br />
rivestito testo, o meglio, ha ispirato la<br />
musica attraverso la quale approfon<strong>di</strong>re e<br />
intensificare il significato <strong>di</strong> questa poesia<br />
così semplice, ad<strong>di</strong>rittura definita<br />
ingenua da qualche critico, ma al tempo<br />
stesso profondamente spirituale.<br />
Uno Stabat Mater particolarmente bello e<br />
interessante, è quello <strong>di</strong> Giovanni Pierluigi<br />
da Palestrina che lo compose presumibilmente<br />
nel corso dell’ultimo decennio del 1500;<br />
si tratta <strong>di</strong> una composizione<br />
8 voci per due cori<br />
nella quale il musicista, forse<br />
guidato proprio dalla<br />
semplicità espressiva delle<br />
parole <strong>di</strong> Jacopone,<br />
rinuncia alla formalità più<br />
austera della scuola polifonica<br />
romana, creando delle<br />
frasi melo<strong>di</strong>che, anch’esse<br />
semplici ed espressive<br />
senza virtuosismi o<br />
complicazioni compositive.<br />
Il pezzo inizia con tre<br />
accor<strong>di</strong> consecutivi (la,sol,fa)<br />
su un ritmo sincopato,<br />
che bene esprime l’accento<br />
del pianto e del lamento,<br />
poi, potente, l’entrata <strong>di</strong> tutte<br />
le voci sui versi “O quam<br />
tristis et afflicta fuit illa bene<strong>di</strong>cta”,<br />
come uno slancio<br />
<strong>di</strong> compassione per la<br />
madre dolente.<br />
Lo Stabat Mater del<br />
Palestrina è interessante<br />
perché, a sua volta, ha<br />
generato idee musicali in<br />
altri compositori, in parti-<br />
Aprile<br />
2009<br />
colare Richard Wagner ne utilizzò l’inizio<br />
per la sua opera “Parsifal” nell’<br />
“incantesimo del venerdì santo”: un<br />
circolo virtuoso <strong>di</strong> arte e spiritualità.<br />
La composizione del Palestrina ebbe<br />
grande fortuna, fu molto apprezzato<br />
nella cappella pontificia, così che venne<br />
eseguita, per molto tempo, tutti gli,<br />
nelle funzioni della Domenica delle<br />
Palme conservandola scrupolosamente<br />
come opera preziosa e infatti<br />
la partitura rimase proprietà esclusiva<br />
della Cappella pontificia fino al<br />
1771, quando, per una rivelazione in<strong>di</strong>screta<br />
<strong>di</strong> un corista, l’opera venne pubblicata<br />
a Londra.<br />
Wagner ammirò moltissimo lo Stabat<br />
<strong>di</strong> Palestrina tanto che ne parlò anche<br />
nella propria autobiografia e ne pubblicò,<br />
nel 1871, una versione riveduta<br />
e corretta, la quale, naturalmente<br />
suscitò la più viva <strong>di</strong>sapprovazione da<br />
parte dei responsabili della Cappella<br />
Pontificia dell’epoca, ma probabilmente<br />
Wagner, con la sua revisione voleva tributare<br />
il suo personale omaggio a un musicista<br />
che riconosceva gran<strong>di</strong>ssimo.
Aprile<br />
2009<br />
La Pensione <strong>di</strong> reversibilità<br />
Avv. Daniele Pietrosanti<br />
P<br />
roseguendo il nostro cammino nell'analisi<br />
delle tematiche <strong>di</strong> maggior interesse<br />
riguardanti la previdenza sociale, in questo<br />
numero vogliamo affrontare un tema particolarmente<br />
delicato: la pensione ai superstiti anche<br />
detta pensione <strong>di</strong> reversibilità.<br />
Con il termine <strong>di</strong> pensione <strong>di</strong> reversibilità si deve<br />
intendere la quota parte della pensione complessiva<br />
che spetta ad uno dei due coniugi al sopraggiungere<br />
della morte dell'altro e si <strong>di</strong>stingue in pensione<br />
in<strong>di</strong>retta nel caso in cui il deceduto, impiegato<br />
nel modo del lavoro, avesse maturato<br />
un'anzianità <strong>di</strong> servizio pari ad almeno 15 anni, ovvero<br />
5 anni <strong>di</strong> contribuzione <strong>di</strong> cui almeno tre nell'ultimo<br />
quinquennio; e pensione <strong>di</strong> reversibilità nel<br />
caso il deceduto percepisse già una pensione <strong>di</strong><br />
vecchiaia o <strong>di</strong> anzianità.<br />
Il trattamento spetta:<br />
1. Al coniuge, anche se separato o <strong>di</strong>vorziato, a<br />
patto che non abbia contratto un nuovo matrimonio.<br />
Il coniuge separato con addebito può ottenere<br />
la pensione ai superstiti solo se titolare <strong>di</strong> un assegno<br />
alimentare fissato dal tribunale a carico del<br />
coniuge scomparso mentre il <strong>di</strong>vorziato avrà <strong>di</strong>ritto<br />
al trattamento solo se titolare <strong>di</strong> un assegno <strong>di</strong>vorziale.<br />
Se lo scomparso aveva contratto un nuovo<br />
matrimonio dopo il <strong>di</strong>vorzio, il <strong>di</strong>ritto al trattamento<br />
<strong>di</strong> reversibilità spetterà sia al coniuge superstite<br />
che a quello <strong>di</strong>vorziato;<br />
2. Ai figli che alla data <strong>di</strong> scomparsa del genitore<br />
siano minori, studenti o inabili a suo carico (si intendono<br />
figli quelli legittimi, legittimati, adottivi, naturali,<br />
riconosciuti legalmente o giu<strong>di</strong>zialmente<br />
<strong>di</strong>chiarati). I figli aventi <strong>di</strong>ritto al trattamento<br />
sono i minorenni, gli studenti fra i<br />
18 e i 21 anni, a carico dello scomparso<br />
che non prestano attività lavorativa,<br />
gli universitari per la durata del corso<br />
legale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> (comunque non oltre<br />
i 26 anni), sempre a patto che non<br />
svolgano attività lavorativa e siano<br />
a carico del genitore. Il <strong>di</strong>ritto spetterà<br />
anche ai figli inabili con grave<br />
infermità fisica o mentale tale da non<br />
consentire lo svolgimento <strong>di</strong> un'attività<br />
lavorativa;<br />
3. Ai nipoti minorenni che erano a carico<br />
della nonna o del nonno scomparso;<br />
4. In mancanza del coniuge, dei<br />
figli e dei nipoti il <strong>di</strong>ritto spetterà<br />
ai genitori e, in mancanza <strong>di</strong> questi,<br />
ai fratelli celibi o alle sorelle nubili.<br />
Per quanto riguarda il <strong>di</strong>ritto alla pensione<br />
<strong>di</strong> reversibilità in favore dei figli<br />
maggiorenni, è importante chiarire cosa<br />
la legge intenda per soggetto "inabile" .<br />
L'inabilità è un concetto <strong>di</strong>verso dall'invali<strong>di</strong>tà civile,<br />
pertanto coloro che hanno già un riconoscimento<br />
<strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà, anche se del 100% o del "100% con<br />
necessità <strong>di</strong> assistenza continua", non avranno <strong>di</strong>ritto<br />
automaticamente alla pensione <strong>di</strong> reversibilità<br />
così come chi ha il 75% non ne è automaticamente<br />
escluso, ma dovranno essere riconosciuti "inabili<br />
al lavoro" dall'ente erogatore della prestazione<br />
(l'INPS per quanto riguarda i <strong>di</strong>pendenti privati, il<br />
Ministero del Tesoro in generale per i pubblici).<br />
A tal proposito è bene chiarire che si considera<br />
inabile colui il quale, a causa <strong>di</strong> infermità o <strong>di</strong>fetto<br />
fisico o mentale, si trovi nell'assoluta e permanente<br />
impossibilità <strong>di</strong> svolgere qualsiasi attività lavorativa.<br />
E' importante sottolineare che per stabilire la con<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> inabilità al lavoro, l'ente erogatore prenderà<br />
come riferimento il momento del decesso del<br />
genitore il che comporta che ove una persona venga<br />
riconosciuta titolare del <strong>di</strong>ritto alla pensione <strong>di</strong><br />
reversibilità essendo in possesso dei necessari requisiti<br />
necessari, questo stesso <strong>di</strong>ritto verrà meno se,<br />
successivamente, uno <strong>di</strong> questi requisiti dovesse<br />
mo<strong>di</strong>ficarsi.<br />
Se quin<strong>di</strong> una persona giu<strong>di</strong>cata "inabile al lavoro"<br />
dovesse venir assunta e svolgere una qualche<br />
attività lavorativa, anche part-time, e conseguentemente<br />
risultasse titolare <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to da<br />
35<br />
lavoro, perderà il <strong>di</strong>ritto<br />
alla pensione <strong>di</strong> reversibilità in maniera<br />
definitiva, essendo esclusa la possibilità <strong>di</strong> un<br />
successivo ripristino anche nel caso in cui intervengano<br />
le <strong>di</strong>missioni o il licenziamento con l'unica<br />
eccezione per coloro che svolgano attività lavorativa<br />
con finalità terapeutiche presso cooperative<br />
sociali.<br />
Per quanto riguarda l'importo della pensione, esso<br />
si ottiene applicando le aliquote <strong>di</strong> reversibilità alla<br />
pensione <strong>di</strong>retta liquidata o a quella che sarebbe<br />
spettata al lavoratore deceduto. Il 60% spetterà<br />
al coniuge; mentre a ciascun figlio il 20% se c'è<br />
anche il coniuge o il 40% in caso <strong>di</strong> mancanza dello<br />
stesso.<br />
Se c'è un solo figlio superstite la quota potrà essere<br />
elevata al 70% per le pensioni con decorrenza<br />
dal 17 agosto 1995.<br />
Dal 1° gennaio 1996, invece, sono stati introdotti<br />
dei paletti poichè l'importo della pensione ai superstiti<br />
sarà con<strong>di</strong>zionato dalla situazione economica<br />
del titolare.<br />
Chiunque fosse interessato ad avere informazioni<br />
in merito o ad inoltrare la domanda <strong>di</strong> reversibilità<br />
potrà rivolgersi liberamente al Patronato ACLI,<br />
istituito dalla nostra <strong>di</strong>ocesi a servizio dei bisogni<br />
del citta<strong>di</strong>no ed avente sede in Velletri, Via Privata<br />
Jori 17, oppure telefonando al numero 0696142532.
36<br />
Porta cero pasquale, Vassalletto,<br />
1170, Roma,<br />
basilica <strong>di</strong> S.Paolo Fuori le Mura.<br />
Riccamente decorato, alto cm 560.<br />
Fabio Pontecorvi<br />
Io sono la luce del mondo: chi<br />
mi segue non camminerà<br />
nelle tenebre, ma avrà<br />
la luce della vita (Gv8,12)<br />
Nella liturgia della veglia<br />
Pasquale madre <strong>di</strong> tutte<br />
le veglie, forti sono i simboli<br />
che ci aiutano ad<br />
entrare nel mistero pasquale.<br />
L’assemblea si raduna<br />
fuori dalla chiesa dove partecipa<br />
all’accensione e<br />
alla bene<strong>di</strong>zione del fuoco<br />
nuovo,da cui si accende il<br />
cero pasquale, simbolo <strong>di</strong><br />
Cristo e del passaggio (<br />
la Pasqua) dalla morte<br />
alla vita dalla tristezza alla<br />
gioia e il perdono delle colpe…<br />
Sul cero vengono incise<br />
le lettere greche alfa e<br />
omega (? ?) che in<strong>di</strong>cano<br />
Cristo principio e fine,viene<br />
inciso l’anno della<br />
Pasqua corrente in cui Cristo<br />
vuole farci partecipi della<br />
sua salvezza oggi e poi<br />
viene incisa la croce simbolo<br />
della passione e la<br />
bussola che in<strong>di</strong>ca al fedele<br />
la strada per giungere<br />
alla vita. Sul cero viene <strong>di</strong>pinto<br />
anche l’immagine <strong>di</strong> Cristo<br />
che ci aiuta meglio a capire<br />
tutto il suo significato<br />
simbolico.<br />
Il cero poi viene portato<br />
dal presbitero<br />
seguito dall’assemblea<br />
in processione<br />
<strong>di</strong>cendo per tre volte<br />
(Cristo luce del<br />
mondo. Ren<strong>di</strong>amo<br />
grazie a Dio). Ad<br />
ogni sosta vengono<br />
accese le candele<br />
dei fedeli fino ad<br />
illuminare in maniera progressiva tutta la chiesa<br />
sperimentando proprio il passaggio dal buio<br />
alla luce. All’inizio della celebrazione il<br />
Diacono o il cantore intona il preconio<br />
Pasquale come ricordo delle meraviglie che<br />
il Signore ha operato nella storia, mentre i<br />
fedeli sono in pie<strong>di</strong> al buio illuminati dalle candele<br />
che<br />
tengono in<br />
mano; nel<br />
preconio<br />
nella parte<br />
finale<br />
troviamo<br />
la bene<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong><br />
l o d e<br />
appunto<br />
del cero<br />
«In questa<br />
notte<br />
accogli<br />
Padre Santo il sacrificio <strong>di</strong> lode che la chiesa<br />
ti offre per mano dei suoi ministri, nella liturgia<br />
solenne del cero, segno della<br />
nuova luce. Ti preghiamo<br />
Signore che questo cero offerto<br />
in onore del tuo nome risplenda<br />
<strong>di</strong> luce. Salga a te come profumo<br />
soave, si confonda con le<br />
stelle del cielo. Lo trovi acceso<br />
la stella del mattino,quella stella<br />
che non conosce tramonto.<br />
Cristo tuo Figlio risuscitato dai<br />
morti fa risplendere la sua luce<br />
serena». E’ bello come, la comunità<br />
vive questa esperienza in<br />
questa notte come le vergini pru-<br />
Aprile<br />
2009<br />
denti che vanno incontro allo Sposo con le<br />
lampade accese. Dopo aver ascoltato tutte<br />
le letture della storia della salvezza, c’è la bene<strong>di</strong>zione<br />
dell’acqua battesimale e l’immersione<br />
del cero a significare proprio come Cristo<br />
entrato nella morte esce fuori da questa acqua<br />
battesimale simbolo della morte e risorge insieme<br />
a noi a vita immortale.<br />
Fin dai primi secoli la luce ha sempre avuto<br />
un simbolismo<br />
importante per<br />
le comunità cristiane,<br />
il cero<br />
accompagnava<br />
l’ingresso del<br />
presidente o del<br />
vescovo e venivano<br />
posti dei<br />
candelieri sulla<br />
m e n s a .<br />
Importante è il<br />
rito del lucernario<br />
dove alla<br />
preghiera dei vespri si accendevano delle lampade<br />
ringraziando Dio <strong>di</strong> aver mandato suo<br />
Figlio Gesù Cristo a squarciare le tenebre<br />
e ad illuminare coloro che si trovano nel peccato.<br />
Ancora oggi nelle lo<strong>di</strong> e nei vespri soprattutto<br />
nella liturgia domestica si accende un<br />
cero sulla mensa accanto ad una croce che<br />
aiuta i fedeli ad entrare nella preghiera <strong>di</strong> ringraziamento<br />
e nel mistero pasquale,accompagnati<br />
dalla parola <strong>di</strong> Dio che è luce vera<br />
che accompagna ogni uomo.
Aprile<br />
2009<br />
Emanuela Ciarla<br />
I<br />
l termine cereali, derivato da Cerere, la<br />
dea romana delle messi, in<strong>di</strong>ca convenzionalmente<br />
un gruppo <strong>di</strong> ben <strong>di</strong>eci piante<br />
che hanno un ruolo fondamentale nell’alimentazione<br />
sia dell’uomo e che degli animali: riso, mais, frumento,<br />
orzo, avena, segale, miglio, panico, sorgo<br />
e grano saraceno. Le prime nove piante appartengono<br />
alla famiglia delle Graminaceae, l’ultima<br />
alle Poligonaceae.<br />
La storia dei cereali risale alla più remota storia<br />
dell’uomo, col suo passaggio da cacciatore o pescatore<br />
nomade ad agricoltore stabile: un’evoluzione<br />
basata su due elementi fondamentali, da una<br />
parte l’osservazione delle piante con semi commestibili<br />
e riproducibili, dall’altra l’invenzione dell’aratro.<br />
Le <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni climatiche tra le varie<br />
zone hanno fatto prevalere l’una o l’altra specie,<br />
ma questi eventi si verificarono in modo analogo<br />
in varie parti del mondo, sempre iniziando nelle<br />
regioni dove il terreno era più fertile per la presenza<br />
dei “gran<strong>di</strong> fiumi”: la Mesopotamia, le valli<br />
del Nilo, del Giordano, dell’Indo e del Gange,<br />
del fiume Giallo. In varie zone della Siria,<br />
dell’Anatolia e della Mesopotamia, grazie agli scavi<br />
archeologici, sono stati ritrovati grani <strong>di</strong> cereali<br />
risalenti a circa 8000 anni a. C..<br />
Il mito <strong>di</strong> Cerere, che prima abbiamo citato, risale<br />
a quello della dea greca Demetra; quest’ultima<br />
e l’egiziana Iside quasi certamente sono a<br />
loro volta collegate al culto <strong>di</strong> Cibele, l’antica “dea<br />
madre” delle popolazioni dell’Asia Minore. Nel testo<br />
biblico della Genesi si racconta che, dopo la creazione<br />
dell’uomo e della donna, Dio abbia detto:<br />
“Io vi do ogni erba che produce seme e che è su<br />
tutta la terra, e ogni albero in cui è il frutto che<br />
produce seme: saranno il vostro cibo”. Tornando<br />
a “l’erba che produce seme” sappiamo con certezza<br />
che si tratta dei cereali che da questo momento<br />
sono messi al primo posto per l’alimentazione<br />
dell’uomo.<br />
La Bibbia in moltissime occasioni parla dei cereali<br />
o dei loro derivati sotto forma <strong>di</strong> farina, focacce,<br />
pane, riferendosi ovviamente ai prodotti coltivati<br />
fin dai tempi antichi in Israele, in Egitto e in<br />
Mesopotamia. Le piante che compaiono più spes-<br />
so sono quattro, o forse cinque specie e la corrispondenza<br />
dell’antico nome ebraico con il nome<br />
botanico in qualche caso è sicura, in altri dubbia.<br />
Nel brano del Deuteronomio, che enumera le attrattive<br />
della Terra Promessa (Dt. 8,7-8) al primo posto<br />
troviamo l’acqua, il bene in<strong>di</strong>spensabile; seguono<br />
“sette piante”, <strong>di</strong> cui le prime sono dei cereali,<br />
cioè grano ed orzo, le altre cinque alberi da frutto,<br />
cioè vite, olivo, fico, melograno e palma da datteri.<br />
Il grano dal punto <strong>di</strong> vista botanico appartiene al<br />
genere Triticum che comprende numerose specie,<br />
attualmente classificate in tre gran<strong>di</strong> gruppi,<br />
dai quali derivano tutte le qualità coltivate. Oggi<br />
in tutto il mondo si coltiva prevalentemente il Triticum<br />
vulgare o sativum, cioè il grano tenero per farina<br />
da pane; ma un tempo erano assai più <strong>di</strong>ffusi<br />
il Triticum durum o grano duro, il Triticum monococcum<br />
o farro piccolo, il Triticum <strong>di</strong>coccum o grande<br />
farro, il Triticum spelta o spelta ed altre specie<br />
asiatiche ed africane oggi scomparse. In genere,<br />
l’ebraico “hittah” viene tradotto come grano;<br />
“kusemet” come farro o spelta. I testi biblici si riferiscono<br />
talvolta ad un solo cereale, più spesso<br />
ad un gruppo <strong>di</strong> essi. Per esempio nel libro dell’Esodo<br />
la ricca agricoltura egiziana è descritta con precisione<br />
a proposito <strong>di</strong> una delle “piaghe d’Egitto”<br />
inviate per punire il Faraone:<br />
“fece piovere gran<strong>di</strong>ne su tutto il paese... il lino<br />
e l’orzo furono colpiti, perché l’orzo era in spiga<br />
e il lino era in fiore, ma il grano e la spelta non<br />
erano stati colpiti, perché tar<strong>di</strong>vi...” (Es. 9,25-31).<br />
L’importanza dell’orzo nel territorio della Giudea<br />
risulta evidente nella storia <strong>di</strong> Rut, un piccolo libro<br />
ambientato all’epoca dei Giu<strong>di</strong>ci, che ancor oggi<br />
nella tra<strong>di</strong>zione ebraica si legge nella festa “delle<br />
settimane” o “della mietitura”.<br />
Noemi, una donna <strong>di</strong> Betlemme, era emigrata nella<br />
terra <strong>di</strong> Moab con il marito e due figli, che sposano<br />
donne moabite; gli uomini della famiglia muoiono<br />
e Noemi decide <strong>di</strong> tornare alla sua terra. Una<br />
delle sue nuore, Rut, la segue affermando:<br />
“dove vai tu andrò anch’io, dove ti fermerai mi fermerò;<br />
il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio<br />
sarà il mio Dio...” (Rut 1,16).<br />
Ed esse:”arrivarono a Betlemme quando si<br />
cominciava a mieter l’orzo” (Rut 1,23).<br />
37<br />
La giovane va a spigolare l’orzo in un campo che<br />
appartiene a Booz, un parente della suocera; questi,<br />
saputa la sua storia, la protegge or<strong>di</strong>nando<br />
ai suoi servi:<br />
“lasciatela spigolare tra i covoni e non le fate affronto,<br />
anzi lasciate cadere apposta per lei spighe dai<br />
mannelli...” (Rut 2,23-26).<br />
Infine Booz riscatta la terra <strong>di</strong> Noemi e sposa Rut;<br />
dal loro matrimonio nasce un figlio che sarà padre<br />
<strong>di</strong> Jesse, che è padre <strong>di</strong> Davide. Così Rut la moabita<br />
<strong>di</strong>viene, attraverso Davide, un’antenata del<br />
Messia.<br />
In tutte le storie dell’Antico e del Nuovo<br />
Testamento è evidente una stretta inter<strong>di</strong>pendenza<br />
tra l’uomo e la terra, e <strong>di</strong> entrambi da Dio: gli alberi<br />
da frutto e i cereali, in quanto sono le piante<br />
più necessarie alla vita dell’uomo, sono quelle che<br />
esprimono più concretamente questo rapporto.<br />
Le principali feste religiose ebraiche accompagnano<br />
i ritmi agricoli: la “festa degli azzimi”, cioè la Pasqua,<br />
in primavera; quella “della mietitura” o “delle settimane”,<br />
a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sette settimane o cinquanta<br />
giorni dalla Pasqua; quella “del raccolto” o “delle<br />
capanne” in autunno. Lo schema <strong>di</strong> queste celebrazioni<br />
viene dettato a Mosè prima della partenza<br />
dall’Egitto (Es. 12,8-23, 14-17); il rituale è poi precisato<br />
nel Deuteronomio (16) e nel Levitico (2 e<br />
3). Gesù si serve del tema della “semina” e del<br />
raccolto in due importanti parabole: quella del “seminatore”,<br />
in cui la Parola <strong>di</strong> Dio è paragonata ad<br />
un seme che può cadere in un luogo sassoso o<br />
tra spine o in un terreno buono (Mt. 13,3-8; Mc.<br />
4,3-8; Lc. 8,5-8) e quella della “zizzania” seminata<br />
dal nemico insieme con il seme buono (Mt.<br />
13,24-30). Ma i significati simbolici e trascendenti<br />
sono collegati soprattutto al principale prodotto<br />
del grano : il pane, <strong>di</strong> cui abbiamo già parlato. L’orzo,<br />
Hordeum vulgare, corrisponde sicuramente all’ebraico<br />
“sa ‘arah”. Ha spighe abbastanza simili a<br />
quelle del grano; in confronto a questo, ha minori<br />
problematiche con il clima, tanto che si coltiva<br />
dalla Scan<strong>di</strong>navia all’Equatore. Era noto fin dai<br />
tempi antichissimi sia in Cina che nell’area<br />
Mesopotamica; ne fecero largo uso gli Assiri e<br />
Babilonesi, Ebrei, Greci e Romani, da solo o misto<br />
con altri cereali. Fu soppiantato dal grano perché<br />
più adatto alla panificazione.
38<br />
Valentina Fioramonti<br />
“…e se le <strong>di</strong>cessi che, invece <strong>di</strong> invecchiare, <strong>di</strong>vento<br />
<strong>di</strong> anno in anno più giovane, lei cosa penserebbe?...Bè,<br />
mi <strong>di</strong>spiacerebbe per te…vedresti<br />
morire tutte le persone che ami prima <strong>di</strong> te…”.<br />
In questo scambio <strong>di</strong> battute è racchiuso tutto il<br />
senso de Il curioso caso <strong>di</strong> Benjamin Button, film<br />
<strong>di</strong> David Fincher ( Seven , Fight Club , Zo<strong>di</strong>ac )<br />
che ha rischiato <strong>di</strong> vincere ben 13 statuette agli<br />
ultimi Academy.<br />
Ho detto rischiato perché in realtà film, regista<br />
e attori sono rimasti a bocca asciutta. Un film “curio-<br />
so”, è proprio il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo.<br />
Tratto dall’omonimo racconto <strong>di</strong> Francis Scott Fitzgerald<br />
del 1922 – un libretto <strong>di</strong> 59 pagine che sulla pellicola<br />
sfiora quasi le 3 ore – il film racconta le<br />
vicende <strong>di</strong> un bimbo, Benjamin Button, nato in<br />
circostanze straor<strong>di</strong>narie e afflitto dalla sindrome<br />
<strong>di</strong> Hutchinson-Gilford, a causa della quale<br />
ringiovanisce invece <strong>di</strong> invecchiare. La sua è una<br />
vita al contrario: ad un anno non cammina a cau-<br />
sa dell’artrite, a 70 comincia a <strong>di</strong>simparare a parlare<br />
e muore in fasce, ad 84 anni. Benjamin Button<br />
attraversa tutto il Novecento americano – dalla<br />
fine della prima guerra mon<strong>di</strong>ale all’uragano Katrina<br />
– cercando continuamente <strong>di</strong> dare un senso alla<br />
sua strampalata vita. “Non sai mai cosa c’è in<br />
serbo per te” ripete a Benjamin la madre adottiva.<br />
Il cinema ci ha già regalato qualche storia<br />
<strong>di</strong> bambini straor<strong>di</strong>nari, primo fra tutti Forrest Gump.<br />
Il paragone con l’opera <strong>di</strong> Zemeckis sorge spontaneo,<br />
data la sostanziale identità della struttura<br />
della storia, ma è del tutto inaffrontabile: Benjamin<br />
Button ringiovanisce invece <strong>di</strong> invecchiare ma questo<br />
non ha nessun effetto sulla trama nè tantomeno<br />
serve a dare una visione <strong>di</strong>versa degli eventi<br />
in cui è coinvolto o della società in cui è inserito,<br />
cosa che avveniva invece in Forrest Gump.<br />
Il fatto che i due film abbiano lo stesso sceneggiatore<br />
– Eric Roth – aggiunge ben poco al film<br />
<strong>di</strong> Fincher, che sembra chiedersi unicamente “come<br />
si comporterebbe un bambino con l’esperienza<br />
<strong>di</strong> un vecchio e un vecchio con il corpo <strong>di</strong> un ragazzo?”.<br />
Fincher sceglie <strong>di</strong> narrare una storia con un espe<strong>di</strong>ente<br />
classico: a partire dalla modernità, attraverso<br />
le memorie <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ario letto alla protagonista<br />
ormai anziana e in punto <strong>di</strong> morte.<br />
Il risultato è una panoramica a ritroso indulgente<br />
e favolistica sugli Stati Uniti che però non affronta<br />
nessun tema davvero. Poche anche le emozioni,<br />
se non fosse per quel magico momento<br />
in cui l’età anagrafica dei due protagonisti si sfiora<br />
– una ventina <strong>di</strong> minuti circa – e poi <strong>di</strong> nuovo<br />
<strong>di</strong> corsa verso l’adolescenza fino all’infanzia<br />
e alla morte <strong>di</strong> Benjamin. La regia <strong>di</strong> David Fincher<br />
è impeccabile e raffinata, grazie soprattutto ad<br />
un sapiente lavoro <strong>di</strong> fotografia, che rende la pellicola<br />
ricca <strong>di</strong> quel fascino <strong>di</strong> cui sono dotati i ricor<strong>di</strong>.Gigantesco<br />
il lavoro fatto sull’invecchiamento e il ringiovanimento<br />
<strong>di</strong>gitali <strong>di</strong> Brad Pitt, entrambi ottenuti sperimentando<br />
una tecnica innovativa <strong>di</strong> motion capture.<br />
Il risultato è evidente: un Brad Pitt incartapecorito<br />
dal trucco per due terzi del film, irriconoscibile,<br />
ma che pecca <strong>di</strong> eccessiva fissità.<br />
Stesso trattamento anche per Cate Blanchett, invecchiata<br />
e ringiovanita anch’essa per esigenze <strong>di</strong><br />
copione ma in grado comunque <strong>di</strong> regalarci una<br />
prestazione fuori da ogni or<strong>di</strong>narietà.<br />
Aprile<br />
2009<br />
I l c u r i o s o c a s o d i B e n j a m i n B u t t o n<br />
un film <strong>di</strong> David Fincher, con Brad Pitt, Cate<br />
Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond,<br />
Jason Flemyng. Drammatico, durata 159 min.<br />
USA 2008.<br />
Cate Blanchett<br />
si conferma attrice<br />
luminosa e<br />
carismatica, nonché<br />
vero perno del<br />
film, l’interprete<br />
ideale della metafora,<br />
più fitzgeral<strong>di</strong>ana<br />
che proustiana,<br />
sul meccanismo<br />
<strong>di</strong>struttivo<br />
della fine degli<br />
amori e del trascorrere<br />
del tempo.<br />
In sintesi, il film si<br />
gode come un chewin gum: talvolta torna il sapore<br />
forte dell’idea originale, la lotta proustiana contro<br />
il tempo; altrove il filo si allenta, ed ecco che<br />
Proust viene sostituito da una favola buffa alla<br />
Mark Twain.<br />
Delle notti fitzgeral<strong>di</strong>ane, accompagnate dal fumo<br />
e dal jazz, è rimasto solo il caviale che Benjamin<br />
assaggia insieme all’aristocratica Elizabeth<br />
Abbott (Tilda Swinton) in una scena del film.<br />
Peccato che il grosso budget e il coraggio <strong>di</strong> scommettere<br />
su un prodotto il cui successo sulla carta<br />
non era affatto scontato non siano andate <strong>di</strong><br />
pari passo con la capacità <strong>di</strong> suscitare emozioni<br />
autentiche. Un film dunque dal grande potenziale,<br />
originale nelle intenzioni ma che rimane<br />
però al “vorrei” del regista.<br />
NUOVO LIBRO DELLA<br />
COMUNITÀ<br />
MISSIONARIA DI<br />
VILLAREGIA<br />
“ESSERE COMUNITÀ<br />
PER FARE MISSIONE”<br />
E<strong>di</strong>to dalle Paoline con prefazione<br />
del Car<strong>di</strong>nal Stanislaw Rylko, presidente<br />
del Pontificio Consiglio per i<br />
laici, il libro è <strong>di</strong>sponibile dal 15<br />
marzo in tutte le librerie Paoline.
Aprile<br />
2009<br />
“Noli Me Tangere”<br />
Don Marco Nemesi*<br />
L’opera deriva da un cartone, perduto, <strong>di</strong><br />
Michelangelo eseguito a Firenze nel 1531 e raffigurante<br />
“Cristo che appare alla Maddalena nell’orto”;<br />
si conoscono soltanto due stu<strong>di</strong> preparatori<br />
per la figura del Cristo <strong>di</strong> questa composizione,<br />
attualmente in Casa<br />
Buonarroti. Il cartone fu tradotto imme<strong>di</strong>atamente<br />
in pittura da Jacopo<br />
Pontormo, per suggerimento dello<br />
stesso Michelangelo che seguì<br />
da vicino il lavoro, svoltosi nella sua<br />
stessa abitazione.<br />
Cartone e <strong>di</strong>pinto erano stati commissionati,<br />
tramite la me<strong>di</strong>azione<br />
dell’arcivescovo <strong>di</strong> Capua Nicholas<br />
von Schomberg, da Alfonso d’Avalos,<br />
marchese del Vasto e generale <strong>di</strong><br />
Carlo X per conto della zia Vittoria<br />
Colonna, marchesa <strong>di</strong> Pescara e<br />
vedova <strong>di</strong> Francesco Ferrante<br />
d’Avalos, morto nel 1525 nella battaglia<br />
<strong>di</strong> Pavia.<br />
La scelta del tema rappresentato<br />
nell’opera va senza dubbio riferita<br />
a Vittoria Colonna: la poetessa<br />
aveva, infatti, per la Maddalena una<br />
pre<strong>di</strong>lezione che trovava probabilmente<br />
origine nella sua personale vicenda<br />
biografica, quasi che essa in qualche<br />
modo identificasse con la redenzione<br />
del personaggio evangelico<br />
il proprio abbandono della vita mondana<br />
conseguente allo stato vedovile.<br />
Da ricordare che in quello stesso<br />
anno 1531 Vittoria aveva commissionato<br />
un altro <strong>di</strong>pinto sullo stesso<br />
tema: il 5 marzo aveva, infatti,<br />
fatto chiedere a Tiziano, tramite<br />
Federico Gonzaga, <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere per<br />
lei una Maddalena “lacrimosa più<br />
che si può”, opera già terminata dal<br />
pittore poco più <strong>di</strong> un mese dopo e spesso identificata<br />
con la celebre tavola <strong>di</strong> Palazzo Pitti. Inoltre,<br />
Vittoria era attivamente impegnata a sostenere<br />
la Casa delle Convertite <strong>di</strong> Roma, destinata<br />
ad accogliere le prostitute che volevano re<strong>di</strong>mersi<br />
senza prendere il velo monacale; nei suoi scritti<br />
sono frequenti le allusioni alla Maddalena. Il<br />
<strong>di</strong>pinto eseguito per Vittoria Colonna è conservato<br />
in collezione privata a Busto Arsizio, e corrisponde<br />
alla testimonianza delle fonti sia per<br />
l’alta qualità, sia per il “colorito” pontormesco,<br />
sia, soprattutto, per le misure (cm 125x95), che<br />
ben si adattano alle <strong>di</strong>mensioni ridotte richieste<br />
dal committente.<br />
Nella Vita del Pontormo Vasari racconta che il<br />
pittore replicò il <strong>di</strong>pinto per Alessandro Vitelli, signore<br />
<strong>di</strong> Città <strong>di</strong> Castello e allora a Firenze come<br />
capitano delle truppe imperiali. È stato proposto<br />
<strong>di</strong> riconoscere questa versione, <strong>di</strong> maggiori<br />
<strong>di</strong>mensioni rispetto all’opera per Vittoria<br />
Colonna, ma con un rapporto pressoché identico<br />
fra altezza e larghezza, nella tavola della<br />
Casa Buonarroti, la cui più antica menzione fiorentina<br />
risale al 1666, quando passò dalla collezione<br />
del car<strong>di</strong>nale Carlo dei Me<strong>di</strong>ci alle raccolte<br />
granducali. Diversamente dal cartone <strong>di</strong><br />
Michelangelo, il <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Pontormo fu eseguito<br />
con grande cura, come conferma il numero<br />
dei pentimenti. La richiesta <strong>di</strong> una versione ampliata<br />
<strong>di</strong> questo soggetto dovette giungere senz’altro<br />
Pontormo, Jacopo Carrucci, “Noli Me Tangere”,<br />
1532, 125 x 95 cm, Collezione Privata, Busto Arsizio.<br />
dal Vitelli stesso, che nel 1532 godeva a Firenze<br />
<strong>di</strong> un’autorità senza precedenti. L’approccio <strong>di</strong><br />
Michelangelo al soggetto dell’incontro fra Cristo<br />
risorto e la Maddalena è molto innovativo per il<br />
modo in cui combina l’atto del ritrarsi e quello<br />
del farsi incontro.<br />
La scena è pervasa da un’energia rara nelle rappresentazioni<br />
del Noli me tangere, dove tra<strong>di</strong>zionalmente<br />
la Maddalena è raffigurata in<br />
ginocchio davanti al Salvatore. C’è una certa ambiguità<br />
nel modo in cui questa è rappresentata,<br />
come se il momento in cui implora il giar<strong>di</strong>niere<br />
<strong>di</strong> restituirle il corpo scomparso del suo amato<br />
maestro, si combinasse con quello del riconoscimento.<br />
C’è un senso <strong>di</strong> urgenza nella sua falcata, ma<br />
è come se il suo movimento fosse stato bloccato<br />
nel momento dello slancio. L’espressione<br />
del volto sembra tanto tormentata quanto gioiosa,<br />
e potrebbe anche illustrare la sua preghie-<br />
39<br />
ra <strong>di</strong> riavere in<strong>di</strong>etro il corpo scomparso dal sepolcro.<br />
Nell’ideare l’azione <strong>di</strong> Cristo, Michelangelo<br />
cercò <strong>di</strong> rappresentare al tempo stesso il movimento<br />
con cui egli va incontro alla Maddalena<br />
e quello con cui se ne ritrae.<br />
Il gesto <strong>di</strong> Cristo racchiude in sé accoglienza e<br />
rifiuto insieme. La sua mano destra è collocata<br />
al centro della composizione ma non tocca<br />
fisicamente la Maddalena, com’è stato sostenuto:<br />
questo avrebbe contraddetto il senso <strong>di</strong> fondo<br />
del soggetto prescelto. Il riferimento<br />
a Cristo come giar<strong>di</strong>niere è<br />
appena accennato, e sono lasciati<br />
da parte attributi tra<strong>di</strong>zionali della<br />
Maddalena quali i capelli<br />
fluenti e il vaso <strong>di</strong> unguento.<br />
L’eliminazione delle aureole e delle<br />
piaghe <strong>di</strong> Cristo corrisponde<br />
a una pratica consueta dell’artista.<br />
È chiaro che nel suo <strong>di</strong>pinto<br />
Pontormo cercò <strong>di</strong> rendere la<br />
forte plasticità delle figure che doveva<br />
essere un aspetto caratterizzante<br />
del cartone. I colori che egli<br />
scelse per la Maddalena, una combinazione<br />
<strong>di</strong> rosso e <strong>di</strong> verde, furono<br />
probabilmente dettati dall’identità<br />
del personaggio, ma si tratta <strong>di</strong><br />
una combinazione che troviamo<br />
in altre sue opere <strong>di</strong> questo stesso<br />
periodo. Il paesaggio scosceso<br />
e deserto coronato dagli e<strong>di</strong>fici<br />
in alto, in prossimità del margine<br />
superiore del <strong>di</strong>pinto, fu sicuramente<br />
una sua invenzione.<br />
E sembra che un tratto costante<br />
dei <strong>di</strong><strong>segni</strong> fatti da Michelangelo<br />
per altri artisti fosse proprio il fatto<br />
che il suo contributo comprendeva<br />
soltanto le figure. In basso, <strong>di</strong>etro<br />
le figure della Maddalena e<br />
<strong>di</strong> Cristo c’è una tomba, con il coperchio<br />
rovesciato da un lato.<br />
Il messaggio <strong>di</strong> Maria Maddalena<br />
esprime smarrimento, ma contiene<br />
anche un presentimento che la<br />
luce è vicina, che sono iniziati i<br />
tempi nuovi in cui Gesù Risorto dona la sua vita.<br />
“Nella Chiesa che va alla ricerca dei <strong>segni</strong>, ci<br />
sono <strong>di</strong>versi temperamenti, <strong>di</strong>verse mentalità: c’è<br />
l’affetto <strong>di</strong> Maria, l’intuizione <strong>di</strong> Giovanni, la massiccia<br />
lentezza <strong>di</strong> Pietro; si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi<br />
che cercano i <strong>segni</strong> della presenza del Signore.<br />
Ma se nella Chiesa primitiva Maddalena non avesse<br />
agito in tal modo, comunicando ciò che sapeva,<br />
e se non ci si fosse aiutati l’un l’altro, il sepolcro<br />
sarebbe rimasto là e nessuno vi sarebbe andato;<br />
sarebbe rimasta inutile la risurrezione <strong>di</strong> Gesù.<br />
Soltanto la ricerca comune e l’aiuto degli uni agli<br />
altri portano finalmente a ritrovarsi insieme, riuniti<br />
nel riconoscimento dei <strong>segni</strong> del Signore”<br />
(C.M.Martini).<br />
* parroco e <strong>di</strong>r. Uff. Dioc. Beni Culturali