Rinascimento nel Duomo - Biblioteca Provinciale di Foggia La ...
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Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio<br />
e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
<strong>di</strong> Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
I.<br />
Una Custo<strong>di</strong>a Eucaristica Rinascimentale:<br />
il Ciborio del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera 1<br />
L’opera <strong>di</strong>ligente ed attenta, <strong>nel</strong>la solita sensibilità dei Lions Club <strong>di</strong> Lucera,<br />
restituisce alla citta<strong>di</strong>nanza, dopo l’inestimabile restauro del Crocifi xus dolorosus<br />
del nostro <strong>Duomo</strong>, un’opera scultorea <strong>di</strong> grande valore artistico, quale è il Ciborio<br />
rinascimentale; ma non <strong>di</strong>mentichiamo che questa opera ci è ridata sia per la sua<br />
preziosa valenza <strong>nel</strong> campo dei beni culturali della nostra città, sia come oggetto <strong>di</strong><br />
me<strong>di</strong>tazione e contemplazione. Non possiamo non ammirare un’opera del genere,<br />
senza essere protagonisti <strong>di</strong> una certa elevazione spirituale e metastorica, per il<br />
suo valore cristologico in quanto il Cristo supera le barriere della storia ed entra<br />
<strong>nel</strong>l’oggi dell’uomo.<br />
<strong>La</strong> custo<strong>di</strong>a eucaristica nei secoli<br />
Prima <strong>di</strong> passare a trattare del Ciborio del nostro <strong>Duomo</strong>, è bene fornire<br />
delle notizie storico-liturgiche circa la genesi e l’evoluzione del concetto e della<br />
struttura del ‘ciborio’, in quanto tale.<br />
Il ciborio, dal latino ciborium, o tegurium, o tiburium, tecnicamente ed<br />
artisticamente è quel baldacchino che s’erge sull’altare e che un tempo era molto<br />
<strong>di</strong>ffuso <strong>nel</strong>le basiliche <strong>di</strong> epoca costantiniana. Il ciborio, allora, ‘è una creazione<br />
originale cristiana, per esprimere <strong>nel</strong> campo costruttivo la sovraeminente <strong>di</strong>gnità<br />
e importanza liturgica dell’altare’ 2 . Esso richiamava, in maniera intelligente,<br />
l’attenzione dei fedeli sull’altare del sacrifi cio e sul tabernacolo eucaristico.<br />
1 Relazione tenuta presso il Circolo Unione <strong>di</strong> Lucera il 14 aprile 2007 in occasione della conclusione dei<br />
restauri effettuati al Ciborio rinascimentale del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera dai Lions Club.<br />
2 I. BRAUN, Der christliche Altar, II, Münster 1932, p. 271.<br />
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<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
<strong>La</strong> realtà del ciborio del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera è completamente <strong>di</strong>fferente da<br />
quella descritta. Infatti, <strong>nel</strong>la nostra cattedrale vi è il ciborio, ma <strong>di</strong> fatto è solo un<br />
tabernacolo. Il termine, allora, non fa riferimento unicamente alla struttura che<br />
sovrasta gli altari, ma anche al luogo dove si conserva il SS. Sacramento, il Cibo <strong>di</strong><br />
vita eterna. Si è spinti, dunque, a sostenere, a buon ragione, che il termine ciborio,<br />
possa essere anche sinonimo <strong>di</strong> tabernacolo 3 .<br />
Il ciborio o tabernacolo 4 serviva per la conservazione della SS. Eucaristia.<br />
Il canone 13 del concilio <strong>di</strong> Nicea, celebratosi <strong>nel</strong>l’anno 325, poneva in<br />
risalto l’importanza <strong>di</strong> non lasciare i moribon<strong>di</strong> senza del viatico eucaristico 5 . Ciò<br />
potrebbe in<strong>di</strong>care che l’Eucaristia già d’allora venisse conservata.<br />
Un dato del genere ci è fornito, pure, da san Giustino, il quale, a proposito della<br />
celebrazione eucaristica, scrive: «Dei cibi su cui si è pronunciato il ringraziamento<br />
segue la <strong>di</strong>visione e la <strong>di</strong>stribuzione a ciascuno e per mezzo dei <strong>di</strong>aconi si mandano<br />
a coloro che non sono presenti» 6 .<br />
Un dato simile lo troviamo in sant’Ireneo, quando scrive a papa Vittore:<br />
«A queste affermazioni, Ireneo aggiunge poi una considerazione che mi<br />
sembra opportuno riferire; eccola: “Tra loro vi furono anche i presbiteri<br />
anteriori a Sotero che guidò la Chiesa che tu governi ora, cioè Aniceto, […]<br />
che non osservarono essi stessi (il quattor<strong>di</strong>cesimo giorno) né imposero (la<br />
sua osservanza) a coloro che li seguivano, […] ciononostante l’osservarlo<br />
costituiva una <strong>di</strong>vergenza ancora maggiore per coloro che non l’osservavano.<br />
E non allontanarono mai nessuno per questa regione, ma anzi quegli<br />
stessi che non l’osservavano, (vale a <strong>di</strong>re) i presbiteri che ti hanno preceduto,<br />
inviavano l’Eucaristia a quelli delle <strong>di</strong>ocesi che l’osservavano”» 7 .<br />
Un altro elemento che richiama lo stesso tema, risale alla metà del III<br />
secolo. Serapione d’Alessandria, moribondo, ricevette l’Eucaristia dalle mani <strong>di</strong> un<br />
giovanetto, mandato dal presbitero. Riportiamo il testo, il quale si corona <strong>di</strong> una<br />
particolare e<strong>di</strong>fi cazione spirituale.<br />
3 A tal proposito, ci piace riferire un’ipotesi formulata dal prof. Alberto Bellucci, cultore <strong>di</strong> storia locale, il<br />
quale asserisce che il tempietto, che attualmente sovrasta il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera, un tempo s’ergeva<br />
probabilmente a custo<strong>di</strong>a e decoro del nostro Ciborio. L’ipotesi, però, resta ancora da documentare.<br />
4 Per ulteriori informazioni circa il ‘tabernacolo’, cf. M. RAIBLE, Der Tabernakel einst und jetz, Freiburg<br />
1908; E. MAFFEI, <strong>La</strong> réservation eucharistique jusqu’à la Renaissance, Bruxelles 1942; W.H.FREESTONE, The<br />
Sacrament reserved, London 1917; L. KÖSTER, De custo<strong>di</strong>a SS. Eucharestiae, Romae 1940; J.P. VAN DIJK, The<br />
myth of the Aumbry, London 1957. Per un’ulteriore e più aggiornata rassegna bibliografi ca cf. M. FUMAGAL-<br />
LI, Tabernacolo, «Iconografi a e arte cristiana», II, a cura <strong>di</strong> R. CASSANELLI- E. GUERRIERO, Cinisello Balsamo<br />
2004, p. 1321.<br />
5 C. NOCE, Concilio <strong>di</strong> Nicea (325), in I canoni dei Concili della Chiesa antica. I. I Concili greci [Stu<strong>di</strong>a<br />
Ephemeri<strong>di</strong>s Augustinianum 95], a cura <strong>di</strong> A. DI BERARDINO, Roma 2006, p. 27.<br />
6<br />
GIUSTINO, Prima Apologia, in Gli Apologeti greci [Collana Testi Patristici (=CTP) 59], a cura <strong>di</strong> C. BU-<br />
RINI, Roma 1986, p. 148.<br />
7<br />
EUSEBIO, Storia ecclesiastica/1 [CTP 158], Roma 2001, p. 302.<br />
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Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
«Ti esporrò solo questo esempio che è giunto fi no a noi. C’era tra noi un certo<br />
Serapione, un vecchio credente, vissuto a lungo in maniera irreprensibile, ma<br />
che cadde <strong>nel</strong>la tentazione. Quest’uomo aveva spesso invocato (il perdono dei<br />
peccati), ma nessuno gli badava, perché egli aveva sacrifi cato. Essendosi ammalato,<br />
rimase per tre giorni <strong>di</strong> seguito senza conoscenza e senza poter parlare. Il<br />
quarto giorno, essendosi un po’ ripreso, mandò a chiamare il nipote e gli <strong>di</strong>sse:<br />
“Fino a quando mi ostacolerete, fi gliolo? Vi prego, fate in fretta, vi supplico,<br />
assolvetemi al più presto. Chiamami un presbitero”. Dopo aver detto queste<br />
cose, perse nuovamente la parola. Il ragazzo corse dal presbitero: era <strong>di</strong> notte<br />
e costui era ammalato. Egli non potè andare; d’altra parte poiché io avevo<br />
or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> assolvere coloro che stavano morendo, se lo avessero chiesto e,<br />
soprattutto, se l’avessero implorato anche in precedenza, affi nché morissero<br />
<strong>nel</strong>la speranza, (il presbitero) <strong>di</strong>ede al ragazzo un pezzetto dell’Eucaristia, orinandogli<br />
<strong>di</strong> bagnarlo bene e <strong>di</strong> introdurlo <strong>nel</strong>la bocca del vecchio. Il ragazzo<br />
ritornò portando con sé (l’Eucaristia) e, quando fu vicino, prima ancora che<br />
fosse entrato, Serapione rinvenne <strong>di</strong> nuovo e gli <strong>di</strong>sse: “Sei tornato, fi gliolo?<br />
Il presbitero non è potuto venire, ma fa in fretta ciò che ti è stato or<strong>di</strong>nato<br />
e lasciami morire”. Il ragazzo inumidì <strong>nel</strong>l’acqua (il pezzetto d’Eucaristia) e<br />
contemporaneamente glielo introdusse in bocca ed egli, dopo averne inghiottito<br />
un po’, subito rese l’anima» 8 .<br />
Dalla lettura <strong>di</strong> questi brevi testi patristici possiamo eventualmente supporre<br />
che l’Eucaristia era conservata anche presso i presbiteri, oltre che <strong>nel</strong> luogo sacro.<br />
<strong>La</strong> semplice presentazione <strong>di</strong> queste testimonianze patristiche non vuole<br />
affatto affrontare l’ampia ed aperta questione che riguarda la conservazione<br />
dell’Eucaristia <strong>nel</strong>le case dei cristiani.<br />
Un certo numero <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi sostengono che, il pane custo<strong>di</strong>to dai cristiani<br />
<strong>nel</strong>le loro abitazioni fosse proprio l’Eucaristia. Noi, <strong>di</strong>staccandoci ra<strong>di</strong>calmente da<br />
essi, seguiamo la linea secondo cui l’Eucaristia era custo<strong>di</strong>ta per gli infermi presso il<br />
presbitero o il <strong>di</strong>acono, i quali la conservavano in un luogo certamente sacro. Allo<br />
stesso tempo, con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo in pieno che, coloro i quali portavano con se, <strong>nel</strong>la propria<br />
abitazione, il pane eucaristico, non portavano altro che un semplice pane benedetto e<br />
non l’Eucaristia. Il gesto <strong>di</strong> portare a casa questo pane benedetto assumeva, dunque,<br />
non l’aspetto <strong>di</strong> un sacramento, bensì <strong>di</strong> un semplice sacramentale.<br />
<strong>La</strong> conservazione dell’Eucaristia è attestata in Africa, da Tertulliano 9 e Cipriano<br />
10 ; a Roma da Ippolito 11 .<br />
8<br />
IDEM, Storia Ecclesiastica/2 [CTP 159], Roma 2001, p. 78.<br />
9<br />
TERTULLIANO, Alla consorte [CTP 128], in Alla consorte. L’unicità delle nozze, a cura <strong>di</strong> L. DATTRINO,<br />
Roma 1996, p. 99; cf. anche IDEM, De Oratione 19, in Corpus Christianorum <strong>La</strong>tinorum, I, a cura <strong>di</strong> G.F.<br />
DIERCKS, Turnhout 1954, pp. 255-274.<br />
10<br />
CIPRIANO, Gli Apostati della fede [CTP 175], in Trattati, a cura <strong>di</strong> A. CERRETINI, Roma 2004, pp. 220-221.<br />
11<br />
PSEUDO-IPPOLITO, Tra<strong>di</strong>zione Apostolica [CTP 133], a cura <strong>di</strong> E. PERETTO, Roma 1996, p. 136. Per ulteriori<br />
informazioni sulle <strong>di</strong>scussioni sorte circa la Tra<strong>di</strong>tio Apostolica cf. l’ottima sintesi <strong>di</strong> M. SIMONETTI,<br />
Roma cristiana tra vescovi e presbiteri, «Vetera Christianorum», 43 (2006), pp. 5-17, part. pp. 14-17.<br />
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<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
Le prime notizie concernenti la conservazione dell’Eucaristia in un luogo<br />
sacro si possono riscontrare <strong>nel</strong>le Costituzioni Apostoliche, in cui si ammoniscono<br />
i <strong>di</strong>aconi <strong>di</strong> portare gli avanzi delle specie consacrate in un luogo chiamato<br />
Pastoforio 12 .<br />
Nelle chiese d’Oriente la custo<strong>di</strong>a per la SS. Eucaristia era sistemata al lato<br />
dell’altare, verso mezzogiorno.<br />
In Occidente, invece, il luogo <strong>di</strong> conservazione dell’Eucaristia assunse il nome<br />
<strong>di</strong> secretarium o sacrarium. Le chiavi erano conservate dai <strong>di</strong>aconi, cioè i <strong>di</strong>retti<br />
responsabili dell’amministrazione della Eucaristia. A tal proposito, Prudenzio<br />
tessendo le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong>acono san Lorenzo <strong>di</strong>ceva: «Claustris sacrorum praeerat, coelestis<br />
arcanum domus fi <strong>di</strong>s gubernans clavibus, votasque <strong>di</strong>spensans opes» 13 .<br />
Nei secretarium era sistemato un con<strong>di</strong>torium, cioè un arma<strong>di</strong>o dove si<br />
custo<strong>di</strong>va la capsa eucaristica. Questo <strong>di</strong> fatto è il primo tabernacolo.<br />
Cipriano ci informa sull’usanza dei cristiani <strong>di</strong> conservare in casa l’Eucaristia:<br />
questa, posta in un lino bianco, veniva conservata in un cofanetto (arcula), e posta<br />
in un arma<strong>di</strong>o.<br />
Nel VI secolo, Mosco (+620) parla <strong>di</strong> un giovane servo che, secundum<br />
provinciae consuetu<strong>di</strong>nem, <strong>di</strong>e sancta Coena dominicae, sumptam communionem<br />
involvit in linteo mun<strong>di</strong>ssimo et in arma<strong>di</strong>o reposuit 14 .<br />
Tale usanza, in Occidente, si conservò fi no al IX secolo. In questo periodo fu<br />
emanata l’Admonitio synodalis, la quale concesse la possibilità <strong>di</strong> tenere sull’altare<br />
la pisside con l’Eucaristia, per il viatico agli infermi. L’Admonitio non parla <strong>di</strong> un<br />
arma<strong>di</strong>o, in cui era conservata l’Eucaristia, ma si può supporre la presenza <strong>di</strong> un<br />
luogo ove, per motivi <strong>di</strong> sicurezza, si conservava 15 .<br />
Guglielmo Durando fu il primo a parlare <strong>di</strong> un vero e proprio tabernacolo.<br />
Infatti, egli accenna ad un luogo, detto propitiatorium, collocato super posteriori<br />
parte altaris, dove era custo<strong>di</strong>ta la pisside 16 . Lo stesso autore ci fornisce un<br />
altro elemento interessante: non tutte le chiese avevano adottato questa stessa<br />
modalità per la custo<strong>di</strong>a della SS. Eucaristia. A quanto pare simile metodo<br />
<strong>di</strong> conservazione della Eucaristia fu adottato da alcune chiese della Francia e<br />
dell’Italia.<br />
Dopo l’anno Mille si svilupparono varie modalità <strong>di</strong> conservazione delle<br />
sacre Specie.<br />
12 M. RIGHETTI, Manuale <strong>di</strong> storia liturgica. I. Introduzione generale, Milano-Genova 1945, pp. 435-436.<br />
13 Idem, p. 436.<br />
14 Idem.<br />
15 Idem, p. 437.<br />
16 G. DURANDO, Rationale Divinorum Offi ciorum, Roma 2001, lib. IV, I, 15.<br />
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Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
Si pensa al propitiatorium 17 , la sacristia 18 , la colomba eucaristica 19 , i tabernacoli<br />
murali 20 , le e<strong>di</strong>cole del Sacramento 21 .<br />
Solo <strong>nel</strong> XVI secolo, per iniziativa del vescovo <strong>di</strong> Verona, Gian Matteo<br />
Giberti, l’Eucaristia si conservò in un tabernacolo posto sull’altare. È anche vero,<br />
però, che già <strong>nel</strong> XIV secolo a Venezia <strong>nel</strong> dossale <strong>di</strong> san Tarasio della chiesa <strong>di</strong> san<br />
Zaccaria si associò il tabernacolo all’altare 22 .<br />
<strong>La</strong> stessa consuetu<strong>di</strong>ne era adottata, pure, dagli Eremitani <strong>di</strong> Sant’Agostino.<br />
Infatti, <strong>nel</strong>le loro Or<strong>di</strong>nationes, redatte sotto Alessandro IV (1254-1261),<br />
scrivevano: «Corpus Christi per omnia loca nostra super altare maius, in ciboriis<br />
cum pissi<strong>di</strong>bus eburneis vel alias de materia pretiosa, seris utrisque fi rmatis, in<br />
parvo numero vel mo<strong>di</strong>ca quantitate, panno mun<strong>di</strong>ssimo involtum, volemus<br />
conservari» 23 .<br />
Il Ciborio del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
<strong>La</strong> modalità <strong>di</strong> conservazione eucaristica che a noi particolarmente interessa<br />
è quella dei tabernacoli murali.<br />
Queste strutture ebbero un grande sviluppo soprattutto <strong>nel</strong> secoli XIV e XV,<br />
17 Un cofanetto in cui era custo<strong>di</strong>ta la pisside contenente le Sacre Specie. Tale modalità fu raccomandata,<br />
pure, dal Concilio <strong>La</strong>teranense (1216) e si deliberò che fosse chiuso a chiave, per motivi <strong>di</strong> sicurezza.<br />
18 Molte chiese continuarono a conservare l’Eucaristia <strong>nel</strong>le sacristie, cioè <strong>nel</strong> secretarium. A Milano l’Ordo<br />
ambrosiano <strong>di</strong> Beroldo del XII secolo rendeva noto che, il venerdì santo, Archiepiscopus communicat se i<br />
secretario cum omnibus presbyteris et <strong>di</strong>aconibus et sub<strong>di</strong>aconibus (Beroldus sive Eccl. Ambrosianae Me<strong>di</strong>olanensis<br />
kalendarium et Or<strong>di</strong>nes, a cura <strong>di</strong> M. MAGISTRETTI, Milano 1894, p. 108). Solo ai tempi <strong>di</strong> san Carlo<br />
Borromeo, il tabernacolo fu trasferito dalla sacrestia all’altare. Nel 1311, un sinodo <strong>di</strong> Ravenna <strong>di</strong>ede la possibilità<br />
ai sacerdoti <strong>di</strong> scegliere il luogo per la conservazione dell’Eucaristia: la chiesa o la sacristia (J.D. MANSI,<br />
Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, vol. 25, Graz 1961, coll. 454). In altre chiese, soprattutto<br />
in Francia, si creava <strong>nel</strong> sacrario eucaristico un oculus, perché il fedele possa vedere all’interno (A. PHILIPPE,<br />
Les armoires eucharistiques dans l’Est de la France, in Bull. Mon., 1924, pp. 103-126).<br />
19 Si trattava <strong>di</strong> un vaso, che già dal V secolo era utilizzato nei battisteri per conservare il crisma. Nel XI<br />
secolo fu optato per la custo<strong>di</strong>a del SS. Sacramento. <strong>La</strong> colomba recava sul dorso una cavità col coperchio a<br />
cerniera, in cui si inseriva la pisside con una o due particole. Essa veniva fi ssata in un piatto e, a sua volta in<br />
un piatti più grande, dal cui orlo pendevano le cate<strong>nel</strong>le che la mantenevano sopesa. Era ricoperta da un velo<br />
bianco come un conopeo. Quello della colomba eucaristica fu un sistema adottato maggiormente in Francia<br />
ed in Inghilterra, e molto raramente in Italia. In Puglia un esempio <strong>di</strong> colomba eucaristica è possibile notarlo<br />
<strong>nel</strong>la chiesa del Santo Sepolcro <strong>di</strong> Barletta.<br />
20 Si tratta <strong>di</strong> un sistema molto <strong>di</strong>ffuso in Italia e Germania, affermatosi <strong>nel</strong>l’architettura religiosa dopo il<br />
XIII secolo. Esso era sistemato al fi anco dell’altare in cornu Evangelii, o <strong>nel</strong> coro. In un armariolum (armarium,<br />
fi nestra, sacrarium) chiuso con la chiavetta veniva conservata la pisside contenente l’Eucaristia.<br />
21 Erano modalità utilizzate prettamente <strong>nel</strong>l’Europa settentrionale (Germania, Paesi Bassi, nord della<br />
Francia). Le e<strong>di</strong>cole erano delle costruzioni monumentali, a forma <strong>di</strong> torre, erette vicino all’altare, in cui,<br />
appunto, si custo<strong>di</strong>vano le ostie consacrate.<br />
22 BRAUN, Der Christliche Altar, II, p. 633.<br />
23 J.P. VAN DIJK, The myth of the Aumbry, London 1957, p. 50.<br />
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<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
man mano che si andava sempre più <strong>di</strong>ffondendo ed affermando il culto eucaristico<br />
in Occidente.<br />
L’arte gotica e rinascimentale pensò presto <strong>di</strong> decorare la parete che<br />
circondava il tabernacolo <strong>di</strong> pietra.<br />
Molte opere d’arte, <strong>di</strong> questo genere, si espansero, in modo speciale, <strong>nel</strong> ‘400.<br />
Possiamo notare, infatti, molte decorazioni; si vedono angeli in adorazione, il Cristo<br />
che esce dalla tomba, per esprime che <strong>nel</strong>l’Eucaristia c’è la realtà del Cristo glorioso;<br />
oppure il Cristo denudato, dalle cui piaghe esce del sangue che fi nisce in un calice, ad<br />
in<strong>di</strong>care che il mistero eucaristico è un prolungamento della <strong>di</strong>vina incarnazione.<br />
Solo dal XVII secolo questi cibori hanno mutato la loro originaria funzione:<br />
da tabernacoli passarono a svolgere un ruolo <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a per gli Olii santi. Lo stesso<br />
è stato per il nostro Ciborio. Infatti, sulla porticina dell’antico tabernacolo sono<br />
state incise le lettere O e S, che stavano ad in<strong>di</strong>care gli Olii Santi.<br />
<strong>La</strong> <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Lucera-Troia conserva tesori <strong>di</strong> grande valore artistico, che,<br />
grazie all’opera <strong>di</strong> sensibilizzazione messa in atto dall’Uffi cio dei Beni Culturali<br />
della stessa Diocesi, <strong>di</strong>retto da mons. Luigi Tommasone, e con l’accompagnamento<br />
<strong>di</strong> una ampia e preziosa produzione scientifi ca 24 , si stanno riscoprendo e<br />
valorizzando.<br />
I Cibori <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Lucera-Troia sono molto pochi. Oltre a quello<br />
conservato <strong>nel</strong>la Basilica Cattedrale <strong>di</strong> Lucera, <strong>di</strong> cui stiamo trattando, vi è uno<br />
<strong>nel</strong>la chiesa parrocchiale <strong>di</strong> san Giovanni Battista <strong>di</strong> Lucera 25 e un altro <strong>nel</strong>la chiesa<br />
matrice <strong>di</strong> Castelnuovo della Daunia (1532) 26 .<br />
Vari autori locali accennano alla bellezza del Ciborio <strong>di</strong> Lucera. ‘Fiorito<br />
sacrario rinascimentale <strong>di</strong> deliziosa eleganza decorativa, specialmente <strong>nel</strong>le fi gure<br />
degli angeli spiranti gentilezza e candore’ 27 ; ‘la scultura più bella e più rilevante<br />
della nostra Cattedrale rifulge <strong>nel</strong> Ciborio’ 28 ; ‘un ciborio rinascimentale che per<br />
armonia e grazia ricorda l’arte dei migliori artisti fi orentini’ 29 .<br />
24 Si vedano le interessanti pubblicazioni G. BORRACCESI, Gli argenti della Cattedrale e del Museo Diocesano<br />
<strong>di</strong> Lucera, <strong>Foggia</strong> 2003; G. BORACCESI-M.P. PETTINAU VESCINA, Il Tesoro della Cattedrale <strong>di</strong> Volturara e<br />
della sua ‘Chiesa Ba<strong>di</strong>ale’ <strong>di</strong> S. Bartolomeo in Galdo, <strong>Foggia</strong> 2002; G. BORACCESI, Il Sole Eucaristico. Ostensori<br />
d’argento <strong>nel</strong>la <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Lucera-Troia, <strong>Foggia</strong> 2004; D. D’AMICO (a cura <strong>di</strong>), Dal torchio alla rinascenza.<br />
Il patrimonio cinquecentino della <strong>Biblioteca</strong> del Seminario vescovile <strong>di</strong> Lucera, <strong>Foggia</strong> 2007.<br />
25 Si tratta sicuramente <strong>di</strong> un’opera rinascimentale, <strong>di</strong> fattura molto più grezza <strong>di</strong> quella utilizzata per la<br />
realizzazione del ciborio conservato <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera. Si può anche leggere la seguente iscrizione: «LE-<br />
ONARDO DEL VECCHIO INSTAURAVIT». Pare che agli inizi dell’800 la suddetta opera fu a<strong>di</strong>bita a<br />
custo<strong>di</strong>a per gli olii santi (V. DI SABATO, Storia e arte <strong>nel</strong>le chiese e conventi <strong>di</strong> Lucera, <strong>Foggia</strong> 1971, p. 400).<br />
26 Il Ciborio della matrice <strong>di</strong> Castelnuovo riporta anche delle iscrizioni su alcune parti dello stesso ciborio:<br />
«ECCE CORPUS DOMINI», ai pie<strong>di</strong> della porticina «ADORATE EUM», «ARCHIPRESBITER ET<br />
CAROLUS FACTORES ECCLIE FIERI A.D. 1532» (cf. M. ARNESE, Arte, fede e storia <strong>nel</strong>le chiese <strong>di</strong><br />
Castelnuovo della Daunia, <strong>Foggia</strong> 1999, pp. 43-44).<br />
27 G. GIFUNI, Lucera, Urbino 1937, p. 22.<br />
28 DI SABATO, Storia..., p. 154.<br />
29 G. TRINCUCCI, Lucera. Storia e volti <strong>nel</strong> tempo, Lucera 1981, p. 90.<br />
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Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
Le fonti storiche concernenti il Ciborio del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera sono alquanto<br />
scarse e lacunose.<br />
Il canonico della nostra cattedrale, Matteo Perrucci afferma che, entrando<br />
<strong>nel</strong>la chiesa cattedrale, accanto al Battistero, ‘vedesi il Sacrario, la cui faccia <strong>di</strong><br />
tiburtino è <strong>di</strong> fi nissimi e svariati lavori fregiata’ 30 . Le notizie riportate dal Perrucci,<br />
chiaramente non sod<strong>di</strong>sfano la nostra curiosità, né dal punto <strong>di</strong> vista storico, né<br />
tanto meno dal punto <strong>di</strong> vista artistico.<br />
<strong>La</strong> fonte più illuminante che tratta delle vicende storiche del nostro Ciborio<br />
è l’avvocato Emmanuele Cavalli. Questi scrive: «Dei suddetti cappelloni, quello a<br />
destra del maggiore Altare era destinato pel Sacro Ciborio, con ingresso <strong>nel</strong> Coro,<br />
ed eravi un Altarino formato <strong>di</strong> una piccola mensa <strong>di</strong> marmo, sorretta da due mezze<br />
colonnine, anche <strong>di</strong> marmo bianco, ben lavorate con fregi e sculture: al <strong>di</strong>sopra<br />
della mensa poi si ergeva una tavola <strong>di</strong> marmo bianco ancora ben alto che formava<br />
il frontespizio del Ciborio» 31 . In primo luogo, Cavalli afferma che il Ciborio un<br />
tempo era sistemato <strong>nel</strong>la Cappella gentilizia della famiglia Gagliar<strong>di</strong> e che quel<br />
luogo era destinato a contenerlo. In secondo luogo, ci fornisce la descrizione del<br />
Ciborio, come appariva in altri tempi.<br />
In base alla descrizione del Perrucci (1845), il Ciborio risultava essere stato<br />
spostato dalla Cappella Gagliar<strong>di</strong> e sistemato presso il Battistero. Infatti, egli<br />
pone al centro dell’abside della cappella Gagliar<strong>di</strong> la tela della Madonna della<br />
Seggiola 32 . Ciò è confermato dalle informazioni del Cavalli, il quale, pur scrivendo<br />
queste note storiche <strong>nel</strong> periodo in cui la nostra Basilica fu spogliata <strong>di</strong> tutti gli<br />
elementi artistici aggiunti lungo i secoli precedenti, offre delle notizie preziose che<br />
risalgono sicuramente a prima del 1845, anzi alla data imme<strong>di</strong>atamente precedente<br />
la traslazione del Ciborio.<br />
L’attuale sistemazione del Ciborio si deve probabilmente ai lavori <strong>di</strong> restauro<br />
e <strong>di</strong> abbellimento del duomo effettuati sotto il fi orente episcopato <strong>di</strong> Pietro de<br />
Petris (1553-1580), durante il quale multa peragit quae templo nunquam facta<br />
fuerunt 33 .<br />
Veniamo, ora, alla descrizione artistica del nostro monumento.<br />
Il Ciborio è alto 215 cm e largo 118 34 .<br />
30 M. PERRUCCI, Lucera (chiesa <strong>di</strong>), «Enciclope<strong>di</strong>a dell’Ecclesiastico», IV, a cura <strong>di</strong> RICHARD-GIRAUD, Napoli<br />
1845, p. 662.<br />
31 E. CAVALLI, Il Real <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera, e sue vicende, in Tre critiche <strong>di</strong>gressive per la storia della città <strong>di</strong><br />
Lucera, Lucera 1888, p. 26. Il Cavalli fa sicuramente riferimento al testo della Visita pastorale <strong>di</strong> mons. Marco<br />
Magnacervo del 1594. Una copia del manoscritto della suddetta visita è conservata <strong>nel</strong>la <strong>Biblioteca</strong> Comunale<br />
‘R. Bonghi’ <strong>di</strong> Lucera: Visita pastorale della Cattedrale del 1594 copiata dall’originale sistente <strong>nel</strong>l’Archivio<br />
Vescovile <strong>di</strong> Lucera lì 10 <strong>di</strong>cembre 1875.<br />
32<br />
PERRUCCI, Lucera, p. 663. Questa tela è un’opera <strong>di</strong> Girolamo Santacroce e risale al 1555, attualmente<br />
sistemata <strong>nel</strong>la navata del campanile.<br />
33 G. GIFUNI, Origini del ferragosto lucerino, Lucera 1933, p. 83n; cf. anche G. SCHIRALDI, Il <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong><br />
Lucera, Lucera 2005, p. 25.<br />
34 DI SABATO, Storia, p. 154.<br />
155
<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
Di stile rinascimentale, probabilmente <strong>di</strong> scuola toscana, non si conosce<br />
l’autore.<br />
Potremmo descrivere l’opera, <strong>di</strong>videndola in tre parti.<br />
Una prima parte, ossia quella superiore, cioè la lunetta, contiene la<br />
raffi gurazione dell’Eterno Padre, rappresentato con i classici elementi iconografi ci:<br />
barbuto, bene<strong>di</strong>cente e col globo <strong>nel</strong>la mano sinistra.<br />
<strong>La</strong> seconda parte presenta un’Imago pietatis 35 , ossia il Cristo glorioso, in<br />
pie<strong>di</strong>, che, cinto <strong>di</strong> perizoma, sorregge con la mano sinistra la croce, mentre dalla<br />
destra lascia cadere delle gocce <strong>di</strong> sangue <strong>nel</strong> calice, sormontato da un’ostia 36 .<br />
L’elemento raffi gurato rimanda il fedele al mistero del Corpus Christi, ossia al<br />
mistero del Cristo Eucaristico.<br />
Un particolare davvero eccezionale <strong>di</strong> questa raffi gurazione dell’Imago<br />
pietatis è che la fi gura <strong>di</strong> Cristo 37 , vivo con i segni della passione, non porta sulle<br />
spalle la croce, ma la regge con una mano. In questa immagine si condensano<br />
due formidabili luoghi teologici: la sofferenza e la gloria. L’immagine presenta al<br />
cristiano che si pone in contemplazione, la continuazione del sacrifi cio della Croce<br />
<strong>nel</strong> sacrifi cio Eucaristico della santa Messa, <strong>di</strong> cui Cristo è ancora ed eternamente<br />
autore. Il Cristo glorioso, mostrando le sue piaghe, evoca il suo sacrifi cio redentivo,<br />
compiuto una volta per tutte sul Calvario. ‘Egli, tuttavia, <strong>nel</strong>l’Eucaristia ha lasciato<br />
agli uomini la memoria sacramentale della redenzione e si è fatto cibo, donando il<br />
suo corpo e il suo sangue quale pegno per la vita eterna’ 38 .<br />
<strong>La</strong> terza parte dell’opera, quella più decorata e più fi ne, presenta la custo<strong>di</strong>a<br />
eucaristica, con portella in ottone e cerniera in cuoio. Il sacrarium è circondato da<br />
entrambe i lati da due angeli in atteggiamento <strong>di</strong> adorazione e preghiera.<br />
II.<br />
Il fonte battesimale del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
Allo splen<strong>di</strong>do ciborio della nostra cattedrale è affi ancato il Battistero.<br />
35 Su questo modello iconologico riguardante la passione <strong>di</strong> Cristo, riman<strong>di</strong>amo allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> H. BEL-<br />
TING, L’arte e il suo pubblico. Funzione e forme delle antiche immagini della passione, Bologna 1986; per un<br />
approfon<strong>di</strong>mento più generale sul tema cf. lo stu<strong>di</strong>o dello stesso autore Storia dell’icona dall’età imperiale al<br />
tardo Me<strong>di</strong>oevo, Roma 2001.<br />
36 Per questa tipologia iconografi ca cf. A. LEGNER, Christus, Christusbild, «Lexicon der Christlichen Ikonofraphie»,<br />
I, Rom-Freiburg-Basel-Wien 1968, coll. 414-435.<br />
37 «Il <strong>di</strong>pingere il Cristo in pietà, da sotto l’ombelico, è proprio degli occidentali e non dei Greci, come giustamente<br />
annota Durandus: “Graeci etiam utuntur imaginibus, pingentes illas, ut <strong>di</strong>citur, solum ab umbilico<br />
supra, et non inferius, ut omnis stultae cogitationis occasio tollatur” […] Da qui la necessità <strong>di</strong> un panno che<br />
copra le parti basse e delimiti la mezza fi gura» (M. SENSI, “Imago pietatis” in ambiente francescano, «Il beato<br />
Antonio da Stroncone, III. Atti delle giornate <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Stroncone, 4 maggio 1996 e 29 novembre 1997», a<br />
cura <strong>di</strong> IDEM, Assisi 1999, p. 262-263, nota 18).<br />
38 L.M. DE PALMA, Corpus Christi e Imago pietatis. Origini e sviluppi <strong>di</strong> un’iconografi a eucaristica, «Odegitria»,<br />
XI (2004), p. 247.<br />
156
Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
In non poche basiliche <strong>di</strong> una certa antichità si possono ammirare, tra i<br />
numerosi e vari monumenti, i Battisteri o Fonti Battesimali 39 .<br />
Nel periodo apostolico la sola presenza <strong>di</strong> acqua costituiva il riferimento locale<br />
per la celebrazione del Battesimo, così che qualsiasi luogo dove vi fosse dell’acqua<br />
poteva <strong>di</strong>ventare occasionalmente luogo del Battesimo 40 . Questo poteva avvenire<br />
presso il mare, presso un fi ume oppure nei ninfei, <strong>nel</strong>le terme o <strong>nel</strong>l’impluvium delle<br />
case private. Tali realtà evidentemente comuni e naturali erano utilizzate dai cristiani<br />
per lo svolgimento <strong>di</strong> queste azioni <strong>di</strong> carattere sacro 41 . Il loro segno, però, fuori<br />
dello specifi co contesto, non <strong>di</strong>ceva se non una funzione naturale.<br />
I luoghi particolarmente usati dagli stessi cristiani per questa azione sacra<br />
furono adottati in un certo senso <strong>nel</strong>le caratteristiche costruttive e funzionali degli<br />
e<strong>di</strong>fi ci cristiani. Pensiamo solo alle forme geometriche, quali il quadrato, l’ottagono,<br />
il cerchio, cui i cristiani attribuirono una chiave <strong>di</strong> lettura simbolica 42 .<br />
Col passare del tempo, però, lo spazio per il Battesimo fu molto limitato per<br />
questioni prettamente tecniche, per cui si cercò <strong>di</strong> pensare a dei luoghi piccoli in cui<br />
fosse possibile anche un certo riscaldamento, in quanto il sacramento era celebrato<br />
<strong>nel</strong>la notte pasquale, quin<strong>di</strong> in primavera, quando la temperatura era ancora<br />
fredda. Così, pure, la spoliazione completa del catecumeno rendeva inopportuna<br />
la presenza della comunità, che aspettava all’interno della cattedrale o del luogo in<br />
cui si era adunata, pronta ad accogliere il ritorno e l’ingresso solenne dei neofi ti e<br />
ad ascoltare con essi l’annuncio glorioso della Risurrezione.<br />
Nel IV secolo il battistero era annesso alla chiesa cattedrale, ossia alla<br />
chiesa del vescovo. Solo qui, dal vescovo o da un suo delegato, veniva celebrato il<br />
Battesimo.<br />
Con la <strong>di</strong>ffusione del fenomeno del cristianesimo anche gli abitanti delle<br />
campagne, i cosiddetti pagi, aderirono alla fede cristiana, e la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> questi<br />
dalle chiese cattedrali spinse i parroci a porre il Battistero accanto alla propria<br />
chiesa. Ora, anche le chiese parrocchiali rurali avevano il battistero che ricalcava le<br />
stesse caratteristiche <strong>di</strong> quello della cattedrale, ovviamente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte e<br />
privo del consignatorio, ossia il luogo in cui il vescovo amministrava il sacramento<br />
della Confermazione, in continuità con la liturgia del Battesimo.<br />
Alla vasca per il battesimo degli adulti si affi ancò una adatta per il battesimo<br />
dei bambini.<br />
39 Per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti sul Battistero cf. I. CORBLET, Histoire du sacrem. Du Baptême, I-II, Paris<br />
1882; H. LECLERCQ, Baptistère, «Dictionnaire de Archéologie Chretienne et de Liturgie», XII, a cura <strong>di</strong> F.<br />
CABROL, Paris 1910, pp. 382-469.<br />
40 At 8,30.<br />
41 P. LUNDBERG, <strong>La</strong> typologie baptismale dans l’ancienne Eglise, Uppsala 1942, pp. 64-72.<br />
42 Per ulteriori approfon<strong>di</strong>menti circa le forme geometriche dei Battisteri cf. V. GATTI, Liturgia e Arte.<br />
I luoghi della celebrazione. II. Il Battistero. Iconografi a e iconologia, «Arte Cristiana», LXXXV (1997), pp.<br />
449-460.<br />
157
<strong>Rinascimento</strong> <strong>nel</strong> <strong>Duomo</strong>: il Ciborio e il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
In seguito, quando il battesimo assunse l’aspetto <strong>di</strong> una certa or<strong>di</strong>narietà,<br />
poiché non si battezzava più solo <strong>nel</strong>la notte <strong>di</strong> Pasqua, ma ogni qualvolta ve ne<br />
fosse la necessità. Nel corso degli anni il battesimo per infusione ebbe più fortuna<br />
<strong>di</strong> quello celebrato per immersione.<br />
Dopo il Seicento non si attribuì più una fondamentale importanza solo al<br />
battistero, ma iniziò una rifl essione sull’effetto stesso del battesimo, tanto che il<br />
fonte perse la sua valenza, fi no al punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare oggetto secondario <strong>nel</strong>l’e<strong>di</strong>fi cio<br />
chiesa.<br />
Il Concilio Vaticano II ha conferito una grande importanza al sacramento<br />
del Battesimo in sé, ma altrettanta ne ha offerta al luogo in cui si nasce alla vita della<br />
Grazia, in seno alla comunità ecclesiale.<br />
Il Battistero del <strong>Duomo</strong> <strong>di</strong> Lucera<br />
<strong>La</strong> maggioranza degli storici locali ritengono che il battistero risalga al XV<br />
secolo 43 . Il fonte è costituito da pietra alluvionale e poggia su un bassorilievo <strong>di</strong><br />
ocra rossa.<br />
Il Perrucci circa il Battistero afferma: «Sul primo entrare della navata sinistra<br />
sotto una bella cupola <strong>di</strong> gesso sostenuta da quattro colonne, sorgere ve<strong>di</strong> la fonte<br />
battesimale assai ampia: essa è <strong>di</strong> pietre <strong>di</strong> alluvione in ocre <strong>di</strong> ferro ammassate» 44 .<br />
Il Cavalli, invece, ci offre, come sempre, informazioni precise. Egli così<br />
scrive: «Fu tolto il Battistero da mezzo la navata laterale, e venne addossato al<br />
muro destro <strong>di</strong> cinta, alla parte settentrionale, quasi tra due porte, cioè quella che<br />
dava sull’antico terrazzo o portico, e l’altra quella d’ingresso denominata Porta del<br />
Battistero, e sotto il primo grado esterno <strong>di</strong> detta porta si legge scolpito: MDCXVII<br />
Petrus de Petris Antistes» 45 .<br />
43 «L’e<strong>di</strong>cola del Battistero quattrocentesco […] graziosissimo tempietto, la cui ricca trabeazione è un<br />
fi ne ricamo, una meraviglia, <strong>di</strong> scultura ornamentale, e che custo<strong>di</strong>sce un’ampia vasca <strong>di</strong> pietra d’alluvione<br />
mista ad ocre rossa: il fonte battesimale» (GIFUNI, Lucera, p. 23); «Insigne opera del 1400, all’ingresso della<br />
navata sinistra, e formata da una cupola piramidale in pietra fi namente intarsiata, poggiante su quattro svelte<br />
colonne, pure in pietra sca<strong>nel</strong>lata, che contiene al centro la fonte battesimale, formata da una grande vasca <strong>di</strong><br />
pietra alluvionale» (G. CATAPANO, Lucera nei secoli, Lucera 1950, p. 17); «Rimonta al secolo XV» (DI SABA-<br />
TO, Storia..., p. 164); «Quattrocentesco battistero ricoperto da un’elegantissima cupola ottagonale poggiante<br />
su quattro agili colonnine. <strong>La</strong> pietra alluvionale opportunamente levigata che forma la fonte vera e propria<br />
poggia su un basamento <strong>di</strong> ocra rossa ingentilito da stemmi nobiliari» (TRINCUCCI, Lucera..., p. 91); cf. anche<br />
A. FUSCO, Per visitare il <strong>Duomo</strong> Angioino. Note storiche illustrative, Lucera 1997, pp. 49-50.<br />
44 PERRUCCI, Lucera (chiesa <strong>di</strong>), p. 662.<br />
45 E. CAVALLI, Il Real <strong>Duomo</strong>, p. 37. Il Cavalli anche a p. 28 afferma che il Battistero era situato <strong>nel</strong>la navata<br />
sinistra. Lo stesso asserisce GIFUNI, Lucera, p. 23: «In origine elevantesi <strong>nel</strong> mezzo della navata sinistra e poi<br />
(sec. XVI) addossata al muro maestro <strong>di</strong> cinta, in fondo». <strong>La</strong> porta in questione è anche detta “Porta delle<br />
Indulgenze”; era la porta attraverso cui si passava negli anni giubilari e <strong>nel</strong> giovedì santo, durante la “visita ai<br />
sepolcri”, per l’acquisto delle Indulgenze.<br />
158
Gaetano Schiral<strong>di</strong><br />
Il Cavalli 46 afferma che il Battistero fu tolto dalla navata sinistra <strong>nel</strong><br />
Cinquecento, come pure il Gifuni in Lucera. Lo Gifuni, invece, <strong>nel</strong> volume Origini<br />
del ferragosto lucerino riferisce che il Battistero fu posto <strong>nel</strong>l’attuale collocazione<br />
sotto l’episcopato <strong>di</strong> Pietro de Petris (1553-1580) 47 .<br />
Attualmente ignoriamo, per la mancanza <strong>di</strong> documentazione, le motivazioni<br />
per le quali il Battistero della cattedrale <strong>nel</strong> Cinquecento è stato spostato dalla navata<br />
sinistra al fondo della stessa, tra le due porte. È possibile, però, avanzare un’ipotesi<br />
che va tenuta in considerazione cum granu salis, ovvero che lo spostamento sarebbe<br />
avvenuto alla luce delle norme previste <strong>nel</strong> De Fabbrica <strong>di</strong> san Carlo Borromeo,<br />
un testo tenuto in somma considerazione, soprattutto dopo la celebrazione del<br />
Concilio <strong>di</strong> Trento, in cui era prevista la sistemazione del Battistero, «all’interno<br />
della porta maggiore e dalla parte dove si legge il Vangelo» 48 . L’idea <strong>di</strong> porre il<br />
Battistero alla porta della chiesa o nei pressi <strong>di</strong> essa scaturiva da una particolare<br />
visione del sacramento del battesimo: il battesimo, infatti, era inteso come janua<br />
sacramentorum, cioè la porta d’ingresso dei sacramenti, proprio per in<strong>di</strong>care come<br />
all’inizio della vita sacramentale vi è il battesimo. È una visione molto interessante,<br />
che, però, negli anni non ha avuto grande fortuna, poiché, avendo addossato il<br />
Battistero in fondo alla chiesa, è rimasto in una posizione <strong>di</strong> secondaria importanza,<br />
perdendo <strong>di</strong> fatto il suo pregnante e profondo signifi cato originario.<br />
46 CAVALLI, Il Real <strong>Duomo</strong>, p. 28.<br />
47 G. GIFUNI, Origini, p. 83n.<br />
48 C. BORROMEO, Instructionum fabricae et suppellectilis ecclesiasticae libri duo, trad. it. a cura <strong>di</strong> Z. GROS-<br />
SELLI, I-II, Milano 1983.<br />
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