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Scalab-2011-05.pdf - Congregazione Scalabriniana

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Bimestrale Anno XVIII N. 5<br />

Settembre - Ottobre <strong>2011</strong><br />

Radicati in Cristo:<br />

in cammino<br />

verso l’altro,<br />

testimoni<br />

di comunione<br />

tra i popoli<br />

(I giovani della Famiglia<br />

<strong>Scalab</strong>riniana al GMG)


Bimestrale della<br />

Associazione <strong>Scalab</strong>riniana<br />

ONLUS<br />

Anno XVIII - N. 5<br />

Settembre - Ottobre <strong>2011</strong><br />

Direzione, redazione<br />

Via Calandrelli 42 - 00153 Roma<br />

Tel. (06) 58.33.11.35 - Fax (06) 580.38.08<br />

website: www.scalabrini.org<br />

e-mail: lorenzobosa@gmail.com<br />

segreteriacs@gmail.com<br />

Direttore<br />

Lorenzo Bosa<br />

Direttore responsabile<br />

Gianromano Gnesotto<br />

Redazione<br />

Gaetano Parolin<br />

Elena Nazzaro (segretaria)<br />

Mariella Guidotti<br />

Hanno collaborato<br />

Nadia Antoniazzi - Carlo Galli - Pietro Gandolfi<br />

- Antonio Grasso - Mariella Guidotti - Bruno<br />

Mioli - Missionarie di San Carlo - Missionarie<br />

Secolari <strong>Scalab</strong>riniane - Flor Maria Rigoni -<br />

Giovanni Rapanà - Martina Sacchet - Giovanni<br />

Saraggi - Elisete T. Signor - Graziano Tassello -<br />

Mario Tessarotto - Walter Tonelotto - Marta Tosin<br />

- Renato Zilio -<br />

Fotografie<br />

Autori degli articoli - Archivio Fotografico di<br />

“<strong>Scalab</strong>riniani” - Segreteria Generale della<br />

<strong>Congregazione</strong> - Rui Pedro - Silvia Stieven -<br />

Adriano Pittarello - Comunità <strong>Scalab</strong>riniana<br />

delle Filippine - Leopoldo Larcher - Carlos Villar<br />

Tipografia: Città Nuova della PAMOM<br />

Settembre <strong>2011</strong><br />

Autorizzazione<br />

Tribunale di Roma, n. 18 del 20-1-1994<br />

03 Ridare speranza<br />

di Lorenzo Bosa<br />

04 Ci scrivono<br />

06 Italia - Migrazioni ed<br />

Eucaristia di Bruno Mioli<br />

08 Lo tsunami dei profughi<br />

a cura della Redazione<br />

10 Testimoni di fede<br />

di Antonio Grasso<br />

11 Mozambico - Vincere la denutrizione<br />

12 Bolivia - L’accoglienza del cuore<br />

e della mente di Marta Tosin<br />

14 Messico - Quel difficile equilibrio<br />

tra denuncia e profezia<br />

di Flor Maria Rigoni<br />

16 Canada - I 30 anni di Irene Giannetti<br />

di Giovanni Rapanà<br />

17 Italia - Gesti che superano barriere<br />

Messico - In cammino verso la pace<br />

18 Italia - Immigrati: grandi assenti<br />

a Lampedusa di Mariella Guidotti<br />

19 Cile - Una vicenda di 60 anni fa<br />

20 Sudafrica - Un povero diavolo scelto<br />

tra i bambini birbanti di Maerne<br />

di Mario Tessarotto<br />

22 Stati Uniti - Radio Maria in downtown<br />

New York di Walter Tonelotto<br />

23 La mia GMG di Martina Sacchet<br />

Abbonamento<br />

Sommario<br />

24 Marocco - Lezioni di vita<br />

di Renato Zilio<br />

26 Belgio - Drammi da non dimenticare<br />

a cura della Redazione<br />

27 Italia - Premiati P. Curotti e il dr.<br />

Ghilardelli di Graziano Tassello<br />

28 Filippine - Saluti e immagini<br />

La dignità dei marittimi<br />

29 Solidarietà Missionaria<br />

30 Stati Uniti - I migranti nel<br />

Massachusetts di Elisette T. Signor<br />

31 Messico - Eucaristia che trasforma<br />

di Nadia Antoniazzi<br />

32 Una centenaria avventura<br />

missionaria a cura di Lorenzo Bosa<br />

35 Esempi luminosi<br />

Ordinazioni Diaconali<br />

Nella Casa del Padre<br />

Italia Euro 16,00 (ordinario)<br />

26,00 (sostenitore)<br />

Estero Euro 28,00<br />

◆<br />

Le offerte vanno inviate indicando la causale a:<br />

“Associazione <strong>Scalab</strong>riniana Onlus”<br />

(Via Calandrelli 42 - 00153 Roma - IT)<br />

Con Assegno Bancario<br />

◆ Con Conto Corrente Postale n. 000036150001<br />

◆<br />

◆<br />

2<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

come inviare la tua offerta per la<br />

Solidarietà Missionaria<br />

Con Bonifico Bancario Poste Italiane<br />

IBAN: IT31 E076 0103 2000 0003 6150 001<br />

(Dall’estero) Con Bonifico Bancario Poste Italiane<br />

IBAN: IT31 E076 0103 2000 0003 6150 001<br />

BIC: BPPIITRRXXX<br />

I contributi e le offerte sono deducibili<br />

dalla dichiarazione dei redditi<br />

(Segnalare sempre la causale)<br />

Il Signore<br />

ricompensi<br />

largamente<br />

i benefattori<br />

e li faccia<br />

moltiplicare...<br />

(<strong>Scalab</strong>rini)<br />

Assista,<br />

difenda,<br />

protegga<br />

e faccia prosperare<br />

questa sua opera<br />

Il tuo<br />

5 X 1000<br />

per la<br />

Associazione<br />

<strong>Scalab</strong>riniana Onlus<br />

Codice Fiscale<br />

04624661007<br />

La destinazione del 5 x1000 per<br />

l’Associazione <strong>Scalab</strong>riniana Onlus<br />

è un gesto con cui tu e la tua famiglia<br />

potete partecipare alla<br />

Solidarietà Missionaria<br />

aiutando le opere socio-assistenziali<br />

che i Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

realizzano nel mondo a favore dei<br />

migranti, rifugiati e marittimi disagiati.


Lorenzo Bosa<br />

N<br />

Bambini somali in un<br />

campo profughi del Kenia<br />

Ridare-<br />

speranza<br />

on possono esserci sfuggite le immagini delle immani tragedie che tuttora flagellano varie parti di<br />

questo strano mondo. Ci riferiamo in particolare alla fuga delle popolazioni dei Paesi dell’Africa<br />

Orientale, del Corno d’Africa, specialmente della Somalia e alle centinaia di persone ingoiate dalle<br />

onde del Mediterraneo o decedute asfissiate nella stiva puzzolente di una vecchia carretta del mare. Oltre<br />

12 milioni di anime sono colpite dalla carestia, soprattutto in Somalia, Kenia, Etiopia, Eritrea, Gibuti.<br />

I media ne hanno dato ampie notizie e tuttora richiamano l’attenzione della società, della Chiesa e delle<br />

organizzazioni umanitarie su queste inaudite tragedie, provocate certo dalla carestia, dalla siccità ma<br />

anche dalla insicurezza politica, dalle lotte tribali, da dissensi e scontri interni dei e nei Paesi interessati.<br />

A tutto ciò, ancora più aberrante, si intreccia - storia che si ripeteva e veniva denunciata ancora ai<br />

tempi del Beato <strong>Scalab</strong>rini – l’assurda malignità dei “trafficanti di carne umana”, che, avidi di denaro, in<br />

diverse modalità, non esitano a provocare la morte di tanta gente, già provata nei Paesi di origine, ma che<br />

si consegna a caro prezzo nelle loro mani nella speranza di un futuro.<br />

Gli esempi sono tanti e ripetuti. Delle ultime tragedie facciamo cenno in questo numero del bimestrale.<br />

Non con spirito di cronaca, ma per interpellare le coscienze. Infatti, non siamo meramente chiamati ad<br />

essere semplici spettatori seduti comodamente davanti alla tivù. Tutti questi fatti devono riscuotere la<br />

nostra coscienza, la nostra umanità e la nostra doverosa solidarietà. Gli appelli delle organizzazioni<br />

umanitarie e, non ultimi, quelli del Papa non devono cadere come lettera morta.<br />

Agli appelli giunti da ogni parte, in occasione della tragedia della Somalia, come per gli tsunami del<br />

natale 2004 in Asia e dell’aprile di quest’anno in Giappone, per il terremoto ad Haiti dello scorso anno, non<br />

è rimasto insensibile il cuore di molti, credenti e non. Il Papa, in particolare, ha invitato l’umanità intera,<br />

specialmente gli uomini di buona volontà, alla solidarietà e a gesti concreti. Hanno fatto seguito le<br />

organizzazioni internazionali e nazionali, le Caritas, enti e organizzazioni ecclesiali e civili. La coscienza<br />

sembra essersi risvegliata, anche nel torpore delle vacanze estive.<br />

Date però le dimensioni di queste tragedie, che riscontrano pochi precedenti nella storia dell’umanità,<br />

gli ingenti aiuti non sono tuttavia sufficienti. La società quindi non può tacitare le coscienze, facendo leva<br />

sul già fatto, su interventi sempre momentanei e parziali, ma deve rivolgere lo sguardo e avviare<br />

urgentemente un’azione massiccia allo scopo di sradicarne le cause. Un’azione che parte dall’interno degli<br />

stessi Paesi ricchi che ancora spadroneggiano, acquistando per sé grandi appezzamenti di terreno e<br />

sfruttando le immense ricchezze del continente africano. Risuonano in merito le provocanti e forti parole<br />

del Papa che ripete spesso: “La povertà e la fame sono il risultato di atteggiamenti egoistici che partendo<br />

dal cuore dell’uomo si manifestano nel suo agire sociale”.<br />

Oggi i Paesi, così duramente provati, necessitano di una via di uscita a partire dall’interno della propria<br />

vita nazionale e, con l’aiuto internazionale, di misure atte a sradicare alla radice queste tragedie. Diventa<br />

urgente restituire la speranza e il coraggio di mettere mano all’aratro, facilitando, tra l’altro, una concreta<br />

e forte politica di investimento degli aiuti per lo sviluppo dell’agricoltura locale, per la costruzione della<br />

sicurezza nazionale con il superamento delle ostilità interne che durano da oltre vent’anni, per dare<br />

sicurezza e ampia copertura sanitaria, scolastica e alimentare alla popolazione. È la posta in gioco di un<br />

mondo globalizzato, di cui facciamo tutti parte e dai cui non possiamo esimerci; un mondo antico da<br />

ricostruire e mettere a nuovo, un mondo che invoca giustizia e le cui voci pesano sulle nostre coscienze,<br />

speriamo per poco tempo ancora. ▲<br />

3<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong>


Ci scrivono<br />

4<br />

Stati Uniti<br />

Vetera et nova<br />

Caro Padre,<br />

“<strong>Scalab</strong>riniani” mi arriva<br />

regolarmente e prontamente.<br />

Trovo grande diletto e profitto<br />

nel leggerlo dalla prima<br />

all’ultima pagina. Mi sembra<br />

che siate riusciti a trovare la<br />

giusta formula: una felice<br />

combinazione di “vetera et<br />

nova”. Alla mia età - ne conto<br />

già 84 - io mi sento più a casa<br />

con le memorie del passato. Mi<br />

Peter Tessaro (in alto)<br />

con parte della famiglia<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

piacciono tanto le geniali e<br />

interessanti interviste di P.<br />

Saraggi con gli anziani<br />

superstiti della <strong>Congregazione</strong>.<br />

Penso che se la <strong>Congregazione</strong><br />

vive e prospera è perché i<br />

giovani di oggi posano i piedi<br />

sulle spalle robuste dei vecchi<br />

padri di allora. Mi affretto a<br />

inviare il mio modesto<br />

contributo per “<strong>Scalab</strong>riniani”.<br />

e una foto di una parte della<br />

mia famiglia. Saluti e auguri<br />

anche ai collaboratori.<br />

Peter Tessaro - San Diego<br />

Ci scrivono<br />

Uruguay<br />

Italia<br />

Francia<br />

In cerca di un futuro<br />

Caro Padre,<br />

mi trovo in Italia in ferie, fino<br />

agli inizi di ottobre. Mi dispiace<br />

che non ho niente da offrire a<br />

“<strong>Scalab</strong>riniani” per ora. Avrei<br />

intenzione di scrivere con<br />

calma qualcosa suggeritami dal<br />

ritorno in patria, una Italia che<br />

ha riempito il mondo di italiani<br />

(e ne è fiera), ma che ora si<br />

trova a lottare contro il demone<br />

del razzismo e del rifiuto di<br />

emigrati, rifugiati e disperati in<br />

cerca di un futuro (cattolici e<br />

cristiani non esenti da questo<br />

cancro). Per ora grazie e un<br />

cordiale saluto.<br />

Luigi Sabbadin - Ramon di Loria<br />

Uomo di chiesa<br />

Caro Padre,<br />

sono a ringraziarti per aver<br />

ricordato in “<strong>Scalab</strong>riniani” il<br />

nostro carissimo P. Eliseo<br />

Marchiori. Il breve ritratto è<br />

veramente la sua immagine,<br />

quella che noi tutti conserviamo<br />

e ricordiamo con profonda<br />

gratitudine. È stato un vero<br />

missionario, un uomo di chiesa.<br />

A noi tocca seguire i suoi<br />

insegnamenti e il suo esempio.<br />

Antoniete Vanoli - Herserange<br />

Nozze Smeraldo<br />

Angela e Giovanni Costanzelli, da<br />

sempre vicini alla Misssione Cattolica<br />

Italiana di Montevideo, amici dei<br />

Missionari <strong>Scalab</strong>riniani e sempre<br />

presenti a tutte le attività della<br />

comunità italiana residente, hanno<br />

celebrato le Nozze Smeraldo. Ci<br />

hanno inviato una foto ricordo.<br />

Felicitazioni dagli amici di<br />

“<strong>Scalab</strong>riniani” e l’augurio di tanta<br />

gioia ancora per molti e molti anni.<br />

Australia<br />

Argentina<br />

Argentina<br />

Ci scr<br />

Saluti dall’Australia<br />

Caro Padre,<br />

ringrazio il Signore perché dopo<br />

il recovero all’ospedale ho<br />

ricuperato la buona salute. Qui<br />

nel North Queensland è in corso<br />

il taglio della canna da<br />

zucchero. Speriamo che il<br />

raccolto sia migliore che l’anno<br />

precedente. Sogno un viaggio a<br />

Roma, ma non so proprio<br />

quando. Dio benedica e<br />

protegga te, i collaboratori e i<br />

missionari tutti.<br />

Alfina Sciacca - Babinda<br />

Letture piacevoli<br />

Caro Padre,<br />

... leggo sempre volentieri con<br />

interesse “<strong>Scalab</strong>riniani”. Tutti<br />

gli articoli sono interessanti...<br />

alcuni sono anche piacevoli,<br />

come quelli di P. Saraggi, quello<br />

di P. Loreto De Paolis “Lontani<br />

ricordi”, Tassello sempre è<br />

maestro... Rossi spassoso, ecc.<br />

Mi propongo di inviarti anch’io<br />

un articolo e foto sull’attività<br />

missionaria che svolgo con<br />

immigrati boliviani, paraguaiani<br />

e italiani. Uniti sempre.<br />

P. Italo Serena - Rosario<br />

Credere nella vita<br />

Caro Padre<br />

grazie per la benedizione del<br />

Papa che hai mandato per<br />

l’anniversario di matrimonio di<br />

mia sorella. La lettura della<br />

benedizione è stato il momento<br />

più emozionante della<br />

celebrazione, che sapevamo era<br />

di “despedida”. Stava bene quel<br />

giorno, ringraziando tutto e tutti<br />

e continuando a ripetere che era<br />

contenta della sua vita e della<br />

sua famiglia. Era cosciente del<br />

suo stato di salute ed ha poi<br />

continuato a lottare ancora un<br />

mese e poi è tornata al Cielo.<br />

Come per credere nella vita e<br />

nella speranza di ritrovarci.<br />

Grazie.<br />

P. Costanzo Tessari - Buenos Aires


Ci scrivono<br />

ivono<br />

Brasile<br />

Tra i Libanesi<br />

Caro Padre,<br />

ti invio qualche foto, alcune scattate<br />

nel club siro libanese di San Paolo,<br />

dove almeno due volte l’anno<br />

celebro la Messa e mi incontro con<br />

un gruppo della numerosa colonia<br />

libanese. Sono molto fervorosi,<br />

accompagnati da un loro vescovo. Io<br />

sono spesso chiamato a prendere<br />

parte alle loro attività e vi partecipo<br />

con vero spirito scalabriniano. Una<br />

seconda foto ricorda la Prima<br />

Comunione degli alunni della<br />

Scuola Italiana Eugenio Montale di<br />

San Paolo. La celebrazione<br />

eucaristica è stata fatta nella chiesa<br />

della Madonna della Pace. Un<br />

abbraccio. P. Giorgio Cunial - San Paolo<br />

Viet Nam<br />

Ci scrivono<br />

Saluti dal Viet Nam<br />

Gli aspiranti scalabriniani<br />

A i<br />

Missionari<br />

e Laici<br />

volontari<br />

Rinnoviamo l’invito di<br />

inviarci notizie e<br />

quanto di bello e di<br />

buono avviene nelle<br />

missioni o realizzate<br />

nel vostro servizio<br />

missionario tra<br />

e per i migranti.<br />

La condivisione<br />

missionaria ci fa<br />

sentire e vivere con più<br />

passione il carisma<br />

ecclesiale sulla scia<br />

del Beato Fondatore.<br />

Vangelo dei migranti<br />

a casa vostra<br />

Vangelo dei migranti di padre Renato Zilio,<br />

con prefazione del cardinale R. Etchegaray<br />

In occasione dell’ottobre missionario regalate o<br />

regalatevi “Vangelo dei migranti”, ormai alla sua<br />

seconda edizione, che presenta la stimolante<br />

esperienza pastorale scalabriniana con gli italiani<br />

in terra inglese. Emerge la vita di tutti coloro che<br />

vivono in emigrazione: una danza e una lotta,<br />

qualcosa di bello e di duro da vivere. In “Vangelo<br />

dei migranti” i nostri italiani all’estero e tanti altri hanno scritto pagine<br />

vive di vangelo fatte di coraggio, di fiducia, di umiliazione, di resistenza<br />

e di fede.<br />

Prezzo speciale e ridotto per i lettori di “<strong>Scalab</strong>riniani” in Italia:<br />

solo 8 euro (compresa spesa di invio a casa).<br />

Basterà solo telefonare o trasmettere il vostro indirizzo<br />

a “<strong>Scalab</strong>riniani” e pagare al ricevimento come indicato a pag. 2<br />

e-mail: segreteriacs@gmail.com - lorenzobosa@gmail.com<br />

5<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


25°<br />

Congresso<br />

Eucaristico Nazionale<br />

Ancona - Osimo<br />

3 - 11 settembre <strong>2011</strong><br />

Migrazioni<br />

ed<br />

Eucaristia<br />

Per il Beato <strong>Scalab</strong>rini<br />

l’Eucaristia è “l’albero di vita<br />

piantato nel mezzo<br />

della Chiesa le cui fronde<br />

danno refrigerio alle genti”.<br />

Ce l’hanno ricordato<br />

nel giugno scorso da<br />

Solothurn le Direzioni<br />

Generali della Famiglia<br />

<strong>Scalab</strong>riniana<br />

nel presentare<br />

“l’attualità della visione<br />

profetica del Beato<br />

Fondatore radicata<br />

nella centralità<br />

dell’Eucaristia”.<br />

6<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

“Panis<br />

viatorum”<br />

Bruno Mioli<br />

“<strong>Scalab</strong>riniani”<br />

ha un respiro e una<br />

destinazione che varca<br />

i confini dell’Italia, ma<br />

non le sono estranei<br />

eventi della Chiesa<br />

Italiana di rilevante<br />

importanza come il<br />

Congresso Eucaristico<br />

Nazionale celebrato dal<br />

3 all’11 settembre<br />

in diocesi<br />

di Ancona-Osimo,<br />

tanto più che Osimo,<br />

e la vicina Loreto, sono<br />

città che da oltre mezzo<br />

secolo dicono qualcosa<br />

agli <strong>Scalab</strong>riniani<br />

in Italia.<br />

A parte questo<br />

interesse, per così dire,<br />

storico ed affettivo,<br />

il Congresso ci ha<br />

richiamato lo stretto<br />

singolare rapporto fra<br />

mistero eucaristico<br />

e mobilità umana.<br />

Si legge nel programma<br />

che “immigrazione,<br />

accoglienza, cultura<br />

dell’integrazione”,<br />

il 9 settembre ha<br />

costituito il tema<br />

di una giornata di<br />

preghiera, riflessione<br />

e dibattito che ha avuto<br />

per epicentro<br />

proprio Osimo:<br />

vi si è parlato<br />

dell’Eucaristia come<br />

fonte per<br />

l’accoglienza.<br />

Si è però convinti che<br />

la sua forza vitale,<br />

prima ancora che<br />

sul piano morale e<br />

caritativo, si dispiega<br />

sul piano della vita<br />

personale del migrante<br />

e di chi, nelle forme più<br />

varie, si fa partecipe<br />

della sua vicenda<br />

peregrinante.<br />

Nel 2004, in occasione del<br />

Congresso Eucaristico di Palermo,<br />

mi è stato chiesto un intervento<br />

sul rapporto tra migrazioni<br />

ed eucaristia. Ho scelto per titolo<br />

il versetto del “Lauda Sion”:<br />

“Ecce panis… factus cibus viatorum”,<br />

“ecco il pane che si fa cibo<br />

dei viandanti”, di quel popolo di<br />

Dio che per definizione è popolo<br />

in cammino, è migrante.<br />

Vorrei qui ripresentare, senza<br />

forzature, questo rapporto speciale<br />

fra mistero eucaristico ed esperienza<br />

migratoria, rifacendomi<br />

alle classiche figure bibliche, due<br />

dell’Antica e due della Nuova Alleanza.<br />

La prima, Elia il profeta. Conosciamo<br />

bene quell’avventuroso<br />

tratto della sua vita: dopo la<br />

vittoriosa sfida sul Libano contro<br />

i sacerdoti di Baal, egli è fatto oggetto<br />

di una rabbiosa persecuzione<br />

e fugge pieno di paura, ma la<br />

strada è lunga. Si stanca, gli vengono<br />

meno anche le forze morali;<br />

solo e sfiduciato invoca la fine<br />

della sua vita: “Ora basta, Signore!<br />

Prendi la mia vita!”.<br />

Si corica, si addormenta sotto<br />

un ginepro e aspetta la morte. Ma<br />

la morte non viene, viene invece<br />

l’angelo che lo scuote più di una<br />

volta e lo sveglia: “Su, mangia perché<br />

troppo lungo è il cammino”.<br />

Elia mangia la focaccia di pane<br />

presentatagli dall’angelo e beve.<br />

Continua il racconto: “Con la<br />

forza datagli da quel cibo, camminò<br />

per quaranta giorni e quaranta<br />

notti fino al Monte di Dio,<br />

l’Oreb” (1 Re 19, 1-8).<br />

La tradizione cristiana ha<br />

sempre visto in questo episodio<br />

una figura dell’Eucaristia; Elia è<br />

simbolo, incoraggiamento per<br />

tutti, ma in modo assai particolare<br />

per i migranti che sono l’immagine<br />

plastica, storica, esistenziale<br />

della condizione del Popolo<br />

di Dio in cammino; essi hanno<br />

un titolo speciale per vedere nell’Eucaristia<br />

il “cibus viatorum”,<br />

capace di ricaricarli delle forze<br />

necessarie per proseguire il cammino,<br />

senza perdere di vista il<br />

vero monte di Dio.<br />

L’altra icona biblica dell’A.T. è


Una visione<br />

della città di<br />

Ancona e la<br />

Basilica<br />

di Loreto<br />

la manna nel deserto, per un<br />

cammino ben più lungo e non di<br />

un singolo viandante ma di un<br />

popolo intero: cammino per quarant’anni,<br />

non verso il monte di<br />

Dio ma la Terra promessa da Dio.<br />

Gesù stesso pone un rapporto<br />

tra manna e pane eucaristico: “Il<br />

Padre mio vi dà il pane dal cielo,<br />

quello vero… non come quello<br />

che mangiarono i vostri padri e<br />

sono morti. Chi mangia questo<br />

pane, vivrà in eterno” (Gv 6, 32.58).<br />

Gesù non squalifica il pane<br />

mangiato dagli antichi, dice solo<br />

che il suo valore sta nella prefigurazione<br />

del pane di vita eterna.<br />

Certamente tutti i credenti<br />

in Cristo devono sentirsi “stranieri<br />

e pellegrini in questa terra”<br />

(Eb 11, 13; cf 1 Pt 2, 11), bisognosi di<br />

un pane che li sostenga.<br />

Ma mettiamoci nei panni dei<br />

migranti, di questo “people on<br />

the move” che si trova, anche per<br />

condizione storica e sociale, nelle<br />

condizioni di precarietà e di<br />

incertezza, e proprio per questo<br />

bisognoso anche di un pane con<br />

cui riempire lo stomaco: come<br />

egli rileggerà la vicenda dell’Antico<br />

Popolo di Dio nel deserto,<br />

magari collegandola con la moltiplicazione<br />

dei pani che ha preceduto<br />

il discorso sul pane di vita<br />

eterna (cfr Gv c 6) e con l’insistente<br />

invito ad aver fiducia nel Padre<br />

Celeste che provvede così in abbondanza<br />

di cibo “gli uccelli del<br />

cielo” (Mt 6, 26)? Come gli diventerà<br />

più facile e spontaneo includere<br />

nel “dacci oggi il nostro pane<br />

quotidiano” il pane che garantisce<br />

la vita di oggi col pane che<br />

garantisce la vita eterna?<br />

Terza icona: i discepoli di Emmaus,<br />

e passiamo così alla Nuova<br />

Alleanza. Sono tristi e sfiduciati<br />

mentre sono per strada, come Elia<br />

nel deserto; pare dicano che non<br />

c’è più nulla da sperare. Viene a<br />

scuoterli non un angelo dal cielo,<br />

ma un uomo in carne e ossa.<br />

Sappiamo bene il seguito e il<br />

manifestarsi del Signore risorto<br />

nel gesto eminentemente eucaristico<br />

dello spezzare il pane con<br />

rendimento di grazie. Privilegio<br />

riservato da uno “sconosciuto” a<br />

questi due sconosciuti che sono<br />

in cammino, immagine dei tanti<br />

sconosciuti e anonimi dei nostri<br />

tempi anch’essi in cammino magari<br />

come clandestini ed extracomunitari<br />

che tanta nostra gente,<br />

gente cosiddetta perbene, non<br />

guarda in faccia o guarda solo incuriosita<br />

o indispettita.<br />

Ci sono altri invece, e sono<br />

tanti, che si fanno compagni di<br />

viaggio di questi proscritti dalla<br />

società e nello spezzare il pane<br />

della solidarietà giungono a<br />

creare un clima pasquale in cui il<br />

Cristo mostra il suo vero volto<br />

trasfigurato.<br />

E finalmente una quarta icona,<br />

quella dei primi cristiani di<br />

Gerusalemme, “assidui nell’ascoltare<br />

l’insegnamento degli<br />

apostoli, nell’unione fraterna e<br />

nella frazione del pane” (At 2, 42).<br />

È un flash scattato subito dopo<br />

la Pentecoste ed è riportato nel<br />

medesimo capitolo degli Atti.<br />

Non c’è dubbio che i cristiani<br />

di queste assemblee di Gerusalemme,<br />

che ponevano al centro<br />

l’Eucaristia fossero, almeno in<br />

gran parte, i medesimi che erano<br />

stati spettatori e beneficiari della<br />

Pentecoste, contraddistinti da un<br />

notevole pluralismo di provenienze<br />

e culture (ne vengono elencate<br />

quattordici!), tanto è vero che più<br />

avanti negli Atti (capitolo 6) si parla<br />

delle vedove degli ellenisti, gente<br />

di etnia e lingua diversa dall’ebrea.<br />

Eppure, attorno all’Eucaristia<br />

costituiscono “un cuor solo e<br />

un’anima sola” (At 4, 32).<br />

Altri interessanti spunti si<br />

potrebbero cogliere dalle Lettere<br />

degli Apostoli, ad esempio dalla<br />

Prima Lettera ai cristiani di Corinto,<br />

la città forse più cosmopolita<br />

dell’Oriente; e proprio a<br />

quella comunità etnicamente così<br />

variopinta Paolo dà i più begli<br />

insegnamenti sull’Eucaristia. Dicono<br />

ancora qualcosa questi insegnamenti<br />

per le nostre comunità<br />

cristiane? ▲<br />

7<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


a cura della Redazione<br />

L o t s u n a m i<br />

dei profughi<br />

S<br />

8<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

omalia è il Paese del Corno<br />

d'Africa dove le conseguenze<br />

della siccità in atto, una delle<br />

più gravi degli ultimi 60 anni e le<br />

devastazioni di una guerra civile<br />

che si protrae da un ventennio, e<br />

della quale non s’intravede ancora<br />

la fine, sono veramente devastanti.<br />

Qui si consuma il più grave<br />

disastro umanitario in atto<br />

nel mondo, un vero tsunami.<br />

Agli effetti della siccità e dei<br />

conflitti interni fanno seguito la<br />

persistente inflazione con la volatilità<br />

e il mancato sviluppo<br />

agricolo, che non permettono<br />

una via di uscita dalla grave crisi.<br />

A tutto ciò si aggiunge lo stato<br />

di permanente belligeranza<br />

proprio nelle zone più provate<br />

dalla carestia, dove il Governo<br />

somalo non esercita di fatto alcun<br />

controllo e dove operano le<br />

milizie radicali islamiche di al<br />

Shabaab, che guidano l’insurrezione<br />

contro il Governo stesso.<br />

Le stesse spesso si oppongono a<br />

dare libero accesso agli operatori<br />

umanitari non islamici, all’intervento<br />

delle agenzie e meno ancora<br />

agli aiuti occidentali.<br />

Tutte queste cause hanno<br />

provocato la catastrofe di cui i<br />

media hanno particolarmente<br />

parlato in questi ultimi mesi,<br />

che tuttavia persiste e su cui più<br />

volte sono intervenuti governi,<br />

organizzazioni e, non ultimo, il<br />

Papa, che ha invocato un urgente<br />

e robusto sostegno internazionale.<br />

Sono 12 milioni le persone<br />

bisognose di assistenza sanitaria<br />

urgente, mentre continua ad aumentare<br />

il numero di profughi<br />

che cercano riparo ed accoglienza<br />

nei campi situati nei rispettivi<br />

paesi confinanti.<br />

È il quadro drammatico che<br />

si estende, oltre che nella Somalia,<br />

anche in altri paesi della regione<br />

del Corno d’Africa, Kenia,<br />

Etiopia e Gibuti.<br />

L’onere dell’accoglienza dei<br />

rifugiati, soprattutto somali, è<br />

sempre più difficile per i paesi<br />

confinanti, primo fra tutti il Kenia,<br />

che ospita il più grande<br />

affollamento di Somali a Dadaab.<br />

Lo ha reso pubblico il responsabile<br />

dell’Alto Commissariato<br />

dell’Onu per i Rifugiati<br />

(Unhcr), Antonio Guterres.<br />

A Dadaab, infatti, in territorio<br />

kenyano, c’è il più grande<br />

complesso di campi profughi<br />

somali al mondo, che accoglie<br />

ormai oltre quattrocentomila<br />

persone, molte di più di quanto<br />

le strutture allestite possano<br />

ospitare e dove continuano ad<br />

arrivarne migliaia ogni giorno.<br />

Dal principio dell’anno sono<br />

giunti oltre ottanta mila somali<br />

richiedenti asilo, obbligando il<br />

governo keniota a consentire la<br />

costruzione di altri campi al fine<br />

di alleviare il sovraffollamento.<br />

Le condizioni di salute e lo stato<br />

di denutrizione aggravano maggiormente<br />

la situazione.<br />

I dati dell’Alto Commissariato<br />

dell’Onu per i Rifugiati hanno<br />

segnalato 1.700 arrivi giornalieri<br />

in fuga a causa della devastante<br />

siccità che ha colpito il<br />

Corno d’Africa e soprattutto la<br />

Somalia.<br />

I profughi arrivano in Kenya<br />

dopo settimane di cammino. Il<br />

viaggio è veramente disumano;<br />

chilometri di strada percorsi a<br />

piedi, senza risorse alimentari e<br />

acqua potabile. Molte sono quindi<br />

le peripezie che devono affrontare,<br />

sfidando in molti casi<br />

la morte passo dopo passo a causa<br />

degli animali, della fame e<br />

della sete. E come se non bastasse,<br />

le donne e le bambine rischiano<br />

di essere violentate.<br />

Il tasso di mortalità nei campi<br />

profughi è molto più alto che<br />

altrove a causa del cibo insufficiente.<br />

I tassi di denutrizione sono<br />

allarmanti specialmente tra<br />

gli ultimi arrivati e più ancora<br />

tra i bambini.<br />

A tutto ciò, come precedentemente<br />

segnalato, si aggiunge lo<br />

stato di permanente belligeranza<br />

proprio nelle zone più provate<br />

dalla carestia.<br />

Una simile situazione si registra<br />

anche tra i profughi somali<br />

che si dirigono in Etiopia, dove<br />

dall’inizio dell’anno ne sono arrivati<br />

circa 55.000 , per l’ottanta<br />

per cento donne e bambini. La<br />

metà di questi ultimi sono denutriti<br />

in modo grave.<br />

Tra i piccoli profughi, già indeboliti,<br />

l’incidenza delle malat-


Vita quotidiana nei campi<br />

profughi somali in Kenia<br />

tie e della mortalità è la più alta<br />

registrata oggi in tutto il mondo.<br />

Secondo le agenzie dell’Onu,<br />

oltre due milioni di bambini del<br />

Como d’Africa risultano denutriti<br />

e bisognosi di urgenti aiuti salvavita.<br />

Mezzo milione di questi si<br />

trova ad affrontare un imminente<br />

pericolo di vita, con conseguenze<br />

durature per lo sviluppo fisico e<br />

mentale, se hanno la sorte di sopravvivere.<br />

In questi ultimi mesi anche altri<br />

drammi, non meno tragici, si<br />

sono succeduti e altri sono tuttora<br />

in atto. Sono inaudite le loro<br />

storie drammatiche, che causano<br />

morti a motivo della cattiveria e<br />

della fame di guadagno, in molti<br />

casi da parte dei propri fratelli.<br />

Una notizia che si ripete è<br />

quella delle centinaia di annegati<br />

in mare. Una scia di morti che fa<br />

notizia solo per qualche giorno.<br />

Tra gli ultimi episodi: i 230 migranti,<br />

in gran parte eritrei e somali,<br />

ingoiati nel mese di aprile<br />

dalle acque, appena a 39 miglia<br />

dalle coste di Lampedusa; le decine<br />

di migranti deceduti i primi di<br />

agosto di fame e di stenti su un<br />

barcone in avaria a 90 miglia dalle<br />

coste di Lampedusa. Ancora<br />

più aberrante è la tragedia, avvenuta<br />

i primi giorni di agosto, dei<br />

25 morti di origine subsahariana,<br />

tutti uomini sotto i trent’anni,<br />

asfissiati dai gas nella stiva puzzolente<br />

di una carretta di mare,<br />

senza ossigeno e ributtati là sotto<br />

senza pietà quando imploravano<br />

un aiuto.<br />

È una fine tragica per tutte<br />

queste vittime che vivevano già<br />

un’esistenza drammatica e proprio<br />

quando sognavano l’Europa<br />

e una vita diversa e lontana dalla<br />

persecuzione e dai patimenti. Potremmo<br />

continuare a lungo segnalare<br />

altri drammi.<br />

Nelle catastrofi umanitarie<br />

che si stanno consumando nel<br />

mondo, come quelle a cui abbiamo<br />

accennato, c’è sempre chi<br />

riesce a trasformare la disperazione<br />

umana in business. Sono i<br />

“trafficanti di carne umana”, come<br />

denunciava il Beato <strong>Scalab</strong>rini<br />

oltre 100 anni fa parlando degli<br />

abusi inflitti ai migranti italiani<br />

che salpavano per le Americhe.<br />

Oggi sono le persone avide di<br />

denaro che effettuano il trasporto<br />

illegale di profughi oltre il confine<br />

keniota, trasformando spesso<br />

in merce i poveri malcapitati. Sono<br />

i “coyotes” che di fronte al pericolo<br />

abbandonano alla morte<br />

sicura i migranti in cammino<br />

verso l’Eldorado o li sfruttano come<br />

merce per il trasporto della<br />

droga e non esitano a sparare<br />

quando stanno per cadere nelle<br />

mani della polizia. Sono gli scafisti<br />

che accolgono nelle carrette<br />

migliaia di profughi in fuga e non<br />

esitano ad abbandonarli in balia<br />

delle acque o a rinchiuderli nel<br />

vano del motore per una morte<br />

certa.<br />

Abbiamo accennato brevemente<br />

a queste tragedie non con<br />

spirito di cronaca. Già i media<br />

sono a portata di tutti. Desideriamo<br />

invece unirci anche noi, pur<br />

nel nostro piccolo, ad assumerci<br />

quella responsabilità evangelica<br />

che il Papa continuamente ci richiama.<br />

Sconvolti nella coscienza,<br />

ma soprattutto interpellati<br />

in una sfida, che appare, è vero,<br />

ancora lunga e complicata, ma<br />

per la quale non può venire meno<br />

la doverosa solidarietà. ▲<br />

9<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Testimoni di fede<br />

D<br />

domenica 21 agosto alle 8 il sole<br />

era già scottante. Nei volti<br />

c’era la stanchezza di una notte<br />

troppo breve per recuperare le<br />

forze di una settimana intensa. Ai<br />

temporali della vigilia sono seguiti<br />

i canti e le preghiere, ma anche<br />

qualche ora di sonno, utile per poter<br />

affrontare l’ultima intensa<br />

giornata di questa XXVI Giornata<br />

Mondiale della Gioventù.<br />

Il Papa, come suo solito, ha<br />

parlato chiaramente e non ha fatto<br />

giri di parole. Un’omelia breve<br />

ma diretta al cuore: ha ricordato<br />

ai giovani che è tempo di scelte,<br />

di dare una risposta personale alla<br />

stessa domanda fatta da Gesù<br />

ai suoi discepoli: “Ma voi, chi dite<br />

che io sia?”. Non è facile rispondere.<br />

Occorre superare l’entusiasmo<br />

di una settimana di euforia<br />

spirituale, tra canti, cori, bandiere,<br />

e tanti “free hugs” scambiati<br />

per strada da 1 milione e 500 mila<br />

giovani.<br />

Eppure è questa la sfida con<br />

cui ogni giovane deve fare i conti<br />

al termine di questa intensa ed<br />

emozionante GMG.<br />

Anche la Famiglia <strong>Scalab</strong>riniana<br />

era presente a questo grande<br />

evento e ha cercato di dare il<br />

suo “tocco carismatico”. Abbiamo<br />

accompagnato vari gruppi<br />

provenienti dai paesi del mondo<br />

dove operiamo. Durante la settimana<br />

ci siamo cercati per salutarci<br />

e per vivere qualche evento<br />

insieme, ma il momento di massima<br />

comunione tra di noi è stato<br />

l’incontro di venerdì 19 agosto<br />

presso il Teatro Pablo VI. Stavamo<br />

preparando da un anno questo<br />

appuntamento con un’equipe<br />

di giovani provenienti da vari<br />

paesi d’Europa.<br />

Volevamo offrire una testimonianza<br />

a partire dalla grande eredità<br />

che abbiamo ricevuto dal<br />

Beato <strong>Scalab</strong>rini: credere nell’emigrazione<br />

come strumento di<br />

Dio per realizzare la comunione<br />

tra i popoli.<br />

Con la collaborazione del Segretariato<br />

delle Migrazioni della<br />

Conferenza Episcopale Spagnola,<br />

e il coordinamento artistico di<br />

Scalamusic, abbiamo potuto realizzare<br />

questo incontro, fatto di<br />

laboratori interculturali, di musica,<br />

di testimonianze, di preghiera<br />

e di tanta festa.<br />

I giovani sono stati come<br />

sempre i protagonisti: nonostante<br />

le difficoltà logistiche e tempistiche<br />

(mangiare al volo un panino<br />

pur di arrivare in tempo per<br />

l’incontro… e ripartire in fretta<br />

verso Plaza de Cibeles per assistere<br />

alla Via Crucis col Papa!!!),<br />

hanno vissuto con intensità l’appuntamento<br />

della Famiglia <strong>Scalab</strong>riniana.<br />

Nelle foto:<br />

Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

e giovani partecipanti alla GMG<br />

Antonio Grasso<br />

Con loro abbiamo riflettuto<br />

sul senso e sulle sfide della “radicalità<br />

in Cristo”, così come tutta<br />

la GMG ci ha offerto, ma poi ci<br />

siamo anche addentrati nelle tematiche<br />

scalabriniane: “In cammino<br />

verso l’altro, testimoni di<br />

comunione tra i popoli”.<br />

Le testimonianze di due giovani,<br />

un seminarista e una giovane<br />

migrante, ci hanno fatto riflettere<br />

sul senso dell’andare verso<br />

l’altro, del dedicare e consa-<br />

10<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong>


crare la propria vita al servizio<br />

del prossimo. E per finire le parole<br />

del Beato <strong>Scalab</strong>rini sulla comunione<br />

tra i popoli ci hanno<br />

confermato nella nostra identità<br />

e missione scalabriniana. I giovani<br />

sanno di appartenere ad una<br />

famiglia che, con le sue diversità<br />

storiche e culturali, ha un unico<br />

messaggio da annunciare.<br />

“Non conservate Cristo per<br />

voi”, ci ha detto il Papa, ma “comunicate<br />

agli altri la gioia della<br />

vostra fede”. Siamo ripartiti da<br />

Madrid con questo programma<br />

spirituale: giungere ad una relazione<br />

intima con Gesù e annunciarlo<br />

con gioia, così come <strong>Scalab</strong>rini<br />

ha fatto nella sua vita a servizio<br />

dei poveri, specialmente dei<br />

migranti. Io, personalmente, mi<br />

pongo alcune domande: chi e che<br />

tipo di comunità troveranno i<br />

giovani tornando a casa? Sapremo<br />

noi accompagnarli in questo<br />

cammino? Riusciremo già da<br />

quest’anno pastorale che stiamo<br />

iniziando ad offrire loro “cammini<br />

locali” per radicare la fede e la<br />

testimonianza gioiosa al servizio<br />

dei migranti? La GMG non provoca<br />

solo i giovani, ma tutta la<br />

“Famiglia <strong>Scalab</strong>riniana!”. ▲<br />

L<br />

a missione scalabriniana<br />

in Mozambico è responsabile<br />

della parrocchia<br />

San Francesco Saverio<br />

di Nampula ed è al<br />

servizio diocesano dei migranti<br />

e dei rifugiati, in particolare<br />

presso il Centro Rifugiati<br />

di Maratane. Sia nell’area<br />

parrocchiale come in<br />

quella diocesana il movimento<br />

migratorio è particolarmente<br />

presente e urgente<br />

da molti anni.<br />

I Missionari responsabili,<br />

i Padri Rodenei Sierpinski<br />

e Pierre Arlain e i laici<br />

collaboratori Matteo e Deborah,<br />

hanno avviato una<br />

serie di attività a fronte di<br />

tante realtà che particolarmente<br />

si intersecano e di<br />

cui abbiamo pubblicato in<br />

numeri precedenti del bimestrale.<br />

Ci riferiamo ora ad alcune<br />

quotazione sul programma<br />

di alimentazione che ci<br />

sono state inviate da P. Pierre,<br />

responsabile diocesano<br />

Migrantes e del Centro Rifugiati,<br />

al cui interno opera il<br />

Centro di Salute. Qui, con la collaborazione<br />

di un gruppo di mamme,<br />

di infermieri e la disponibilità di medici,<br />

vengono individuati settimanalmente<br />

da 4 a più casi di bambini<br />

denutriti. Sono attualmente 44 i<br />

bambini particolarmente bisognosi<br />

e abitualmente assistiti fino al momento<br />

nel quale viene superata la<br />

soglia del rischio di denutrizione.<br />

Sono mozambicani, congolesi,<br />

rwandesi e burundesi. L’opera non è<br />

facile e spesso incontra non poche<br />

difficoltà dovute soprattutto allo stato<br />

generale di povertà e di mezzi.<br />

Parallelamente a questo programma<br />

nell’ambito parrocchiale e<br />

del campo rifugiati è iniziata anche<br />

la fase di “prevenzione alla denutrizione”<br />

presso la scuola infantile.<br />

Quotidianamente 180 bambini<br />

hanno la possibilità di ricevere un<br />

pasto nutriente.<br />

Vincere<br />

la denutrizione<br />

Ma anche questa attività, avviata<br />

con tanta buona volontà e speranza,<br />

si scontra spesso con varie difficoltà<br />

per l’incostanza della collaborazione<br />

e responsabilità soprattutto<br />

della locale Acção Social nel<br />

trasporto del cibo al Centro.<br />

Il servizio nutrizione è stato<br />

pensato per incentivare l’affluenza<br />

dei bambini alla scuola ed aiutare a<br />

prolungare la durata dell’insegnamento<br />

e delle attività (come stabilito<br />

nel programma della scuola).<br />

Sono in corso le trattative con<br />

l’amministratore del Campo, la direttrice<br />

di Acção Social e il direttore<br />

della scuola per risolvere i problemi<br />

che spesso si sovrappongono.<br />

Per dare continuità al programma<br />

di “prevenzione alla denutrizione”<br />

sono stati avviati anche i lavori<br />

per la costruzione di una cucina e<br />

l’ampliamento dei servizi sanitari. ▲<br />

11<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Lassù, dove il sorriso riempie il cuore<br />

e il cielo azzurro gli occhi. Esperienza di una volontaria<br />

L’accoglienza<br />

del cuore e della mente<br />

Marta Tosin - Bolivia<br />

12<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

La Casa del Migrante<br />

“è come una ‘sopa’ alla boliviana,<br />

in cui c’è un po’ di tutto”<br />

Sono arrivata in Bolivia una<br />

notte di metà marzo 2010, scendendo<br />

dall’aeroporto di El Alto<br />

alla zona di Ciudadela Ferroviaria,<br />

zona nord della città di La<br />

Paz, in cui si trova la Parrocchia<br />

Señor de la Paz, gestita dai Missionari<br />

<strong>Scalab</strong>riniani.<br />

All’interno della struttura<br />

stessa della parrocchia si trova la<br />

Casa del Migrante, che accoglie<br />

migranti e rifugiati, ed è attivo il<br />

progetto Apthapi, un progetto<br />

educativo che coinvolge bambini<br />

e famiglie delle laderas; ed è in<br />

queste due realtà che sto svolgendo<br />

il mio servizio.<br />

La Casa del Migrante è anche<br />

la sede in cui vivo, condividendo<br />

le giornate con chi. per varie ragioni,<br />

si trova fuori dal proprio<br />

paese o proviene da altre zone<br />

della Bolivia.<br />

È il luogo in cui mi sveglio il<br />

mattino e comincio una nuova<br />

giornata, il luogo in cui torno la<br />

sera per ritrovarmi con una famiglia<br />

che cambia di giorno in<br />

giorno, a bere un caffè bollente e<br />

ascoltare i racconti di una giornata,<br />

o di una vita.<br />

Se penso alla casa, si disegnano<br />

nella mia mente immagini<br />

differenti... La casa è come una<br />

“sopa” alla boliviana, in cui c’è<br />

un po’ di tutto: può esserci un<br />

ingrediente meno gradevole,<br />

però nell’insieme sempre nutre e<br />

riscalda.<br />

La casa, nelle sue dinamiche<br />

interne, assomiglia alla lavorazione<br />

del pane, quello che si prepara<br />

ogni sabato assieme agli<br />

ospiti: ci vuole la fatica e l’energia<br />

per impastare ingredienti diversi<br />

in una massa unica, la pazienza<br />

perché la massa cresca un<br />

po’ da sola e poi il “calore” giusto<br />

per ottenere un risultato che sia<br />

almeno commestibile.<br />

La casa è una stazione, fatta<br />

di arrivi sempre carichi di timo-<br />

re, preoccupazione, di dubbi; e di<br />

partenze, alcune tanto rapide da<br />

essere indolori, altre sofferte,<br />

perché qui, nonostante le difficoltà<br />

della convivenza, si costruiscono<br />

dei legami, degli affetti<br />

che crescono silenziosi, nella<br />

quotidianità dello stare assieme<br />

semplicemente, senza fare grandi<br />

cose, solo condividendo il<br />

tempo, il cibo, il freddo, e sem-<br />

Collaboratori e volontari<br />

I bambini del progetto Apthapi


pre cercando di sostenersi l’un<br />

l’altro.<br />

La casa è una scuola dove si<br />

conoscono persone e culture differenti,<br />

dove si impara a guardare<br />

il mondo da nuove prospettive,<br />

dove si procede per tentativi e<br />

per errori, dove bisogna sempre<br />

mettersi in gioco.<br />

Non è sempre facile vivere<br />

qui, però le difficoltà che ci si<br />

trova ad affrontare costituiscono<br />

allo stesso tempo la ricchezza<br />

più grande della casa, perché la<br />

convivenza produce cambiamento<br />

e crescita.<br />

Solo bisogna disporsi all’accoglienza,<br />

con il cuore e con la<br />

mente: con le persone entra in<br />

casa anche un mondo, quello che<br />

ciascuno si porta con sé, e a volte<br />

è un mondo che sembra lontanissimo<br />

e incomprensibile.<br />

Spostarsi dal proprio punto di<br />

vista, da quello che riteniamo<br />

giusto o sbagliato, da ciò che<br />

classifichiamo come “normale”,<br />

è uno sforzo che richiede un po’<br />

di tempo e un po’ di umiltà, è un<br />

lavoro da fare su se stessi giorno<br />

dopo giorno. E che non finisce<br />

mai.<br />

Il progetto Apthapi<br />

“sorriso dei bambini, aperto sulle<br />

guance bruciacchiate dal sole”<br />

Vivere qui non è solo vivere<br />

con i migranti, è anche vivere<br />

dentro una parrocchia e dentro<br />

la comunità locale.<br />

Il Progetto Apthapi è nato<br />

con l’obiettivo di agire dentro la<br />

comunità, rispondendo ad alcuni<br />

bisogni che sono stati valutati<br />

come primari per le famiglie che<br />

qui vivono.<br />

Il progetto offre innanzitutto<br />

un appoggio di tipo educativo attraverso<br />

un doposcuola pomeridiano<br />

che coinvolge i bimbi di<br />

tre centri che fanno parte di questa<br />

parrocchia; e offre contemporaneamente<br />

un sostegno psicologico<br />

e legale alle famiglie, che si<br />

è ritenuto necessario viste le numerose<br />

situazioni di violenza domestica.<br />

In più da alcuni mesi a questa<br />

parte il progetto ha implementato<br />

alcuni corsi di formazione per<br />

adulti: corsi di computer, di panetteria<br />

e pasticceria e di telaio e<br />

cucito. La finalità è quella di formare<br />

adulti e in particolar modo<br />

donne, affinché possano avere<br />

degli strumenti per contribuire a<br />

migliorare il benessere economico<br />

della famiglia e allo stesso<br />

tempo rendersi un po’ più indipendenti.<br />

Si tratta di un progetto appena<br />

nato, che cresce di giorno in<br />

giorno e che vuole continuare a<br />

mettere insieme qualche tassello<br />

per migliorare le condizioni di<br />

vita delle persone che abitano la<br />

periferia di questa città.<br />

Anche svolgendo le più semplici<br />

attività con gli adulti e soprattutto<br />

con i bambini, ci si trova<br />

a entrare in un mondo privato<br />

fatto a volte di solitudini, di povertà<br />

materiale, e spesso anche<br />

culturale e affettiva, quindi bisogna<br />

sempre muoversi con molta<br />

delicatezza e molto rispetto.<br />

Questo, però, permette anche<br />

di entrare in più stretto contatto<br />

con la realtà locale, di avvicinarsi<br />

alle persone, di ottenere<br />

la loro fiducia e di integrarsi alla<br />

comunità, cosa non scontata per<br />

uno straniero.<br />

E dopo un po’ si comincia a<br />

sentire l’affetto di questa gente,<br />

specialmente quello dei più piccoli,<br />

che arriva inaspettato e<br />

spontaneo,<br />

impagabile, e<br />

che è sempre<br />

fonte di motivazione<br />

per<br />

continuare<br />

nel tentativo<br />

di creare opportunità,<br />

fornendo loro<br />

gli strumenti<br />

per costruire<br />

il proprio futuro<br />

e proteggere<br />

e alimentare<br />

il loro<br />

diritto a<br />

sognare,<br />

obiettivo che Apthapi attraverso<br />

l’entusiasmo e la dedizione dei<br />

ragazzi che vi lavorano, va costruendo<br />

passo dopo passo.<br />

A più di un anno dal mio arrivo,<br />

la mia cartolina mentale della<br />

Bolivia porta stampata l’immagine<br />

su fondo azzurro del sorriso<br />

di questi bambini, aperto sulle<br />

guance bruciacchiate dal sole dei<br />

4000 metri. Un sorriso che riempie<br />

il cuore, come il cielo dell’altipiano<br />

riempie gli occhi. ▲<br />

13<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Migrazioni in Messico:<br />

riflessioni di un missionario<br />

scalabriniano<br />

Quel difficile<br />

equilibrio<br />

tra denuncia<br />

e profezia<br />

D<br />

Figlio dell’uomo,<br />

io stesso ti chiederó<br />

conto della vita o della<br />

morte del malvagio,<br />

secondo che tu abbia<br />

parlato o no...<br />

(Ez.3,16ss).<br />

Queste parole di<br />

Ezechiele possono<br />

introdurre queste<br />

brevi riflessioni sopra<br />

il momento che<br />

viviamo in Messico.<br />

Flor Maria Rigoni<br />

a mesi questa nazione è sotto<br />

il fuoco incrociato di giornalisti,<br />

operatori televisivi e<br />

relatori delle Nazioni Unite per i<br />

diritti umani nel campo della<br />

migrazione. A questo si è venuto<br />

aggiungendo tutto un sottobosco<br />

di attivisti e gruppi in ordine<br />

sparso che reclamano sulla piazza,<br />

e nei fori di ogni tipo, il rispetto<br />

dei diritti del migrante.<br />

A prima vista si potrebbe applaudire<br />

questa voce che rompe<br />

l’indifferenza e vuole creare coscienza<br />

su una delle categorie<br />

bibliche protette da Dio, insieme<br />

con la vedova e l’orfano e che va<br />

contro corrente per esempio in<br />

un’Europa, che si trincera in un<br />

bunker antiimmigrazione sempre<br />

più ristretto e profondo.<br />

Eppure sento il dovere di al-


zare una barricata contro questa<br />

marea a volte assordante e denunciare<br />

alcuni falsi entusiasmi<br />

di rinnovata profezia.<br />

Il primo punto della mia critica<br />

è la tendenza a mettere a fuoco<br />

in forma unilaterale i rischi, le<br />

tragedie e le morti di cui sono vittima<br />

i migranti di passaggio per<br />

questo nostro territorio che dalla<br />

frontiera sud fino a Tijuana misura<br />

4.000 chilometri e nella parte<br />

più corta almeno 2.000.<br />

Il Messico oggi, con la guerra<br />

dichiarata dal Presidente Calderón<br />

al narcotraffico e alla criminalità<br />

organizzata, ha mietuto<br />

in quasi 5 anni più di 40.000 vittime,<br />

la maggior parte tra bande<br />

rivali, ma innumerevoli pure tra<br />

le forze dell’ordine e i civili.<br />

Tutti citano il massacro di<br />

San Fernando Tamaulipas, dove<br />

sono stati assassinati d’un<br />

solo colpo 72 migranti: la maggioranza<br />

di essi erano centroamericani.<br />

Il migrante, come il comune<br />

cittadino, è oggi bersaglio di una<br />

violenza generalizzata che investe<br />

quasi tutto il territorio messicano<br />

e dove il sequestro, l’estorsione<br />

e “el derecho de piso”<br />

(il pizzo di stampo mafioso) può<br />

colpire il benestante come la<br />

donna di servizio quando arriva<br />

il giorno di paga. Direi che il<br />

Messico si ritrova oggi in una<br />

guerra civile non dichiarata.<br />

In questo senso la solidarietà<br />

sociale si estende al messicano<br />

come al migrante straniero<br />

di passaggio. Estrapolare la<br />

categoria del migrante dal contesto<br />

generale è antistorico e<br />

tendenzioso.<br />

La morte, il sequestro, l’estorsione<br />

o gli assalti in questo<br />

scenario hanno segnato a lutto<br />

persone dell’alta società, della<br />

politica, della classe media, migranti<br />

messicani che in bus viaggiavano<br />

verso la frontiera con gli<br />

Stati Uniti e migranti latino<br />

americani.<br />

Il nucleo oggi crescente degli<br />

attivisti di ogni tendenza ha<br />

creato un fronte aggressivo di<br />

contrapposizione al governo e<br />

alla criminalità dimenticando<br />

un dettaglio: la società nel suo<br />

insieme, quasi che tutti i corrotti<br />

e i delinquenti appartengano<br />

alla struttura pubblica o al banditismo.<br />

Se un governo fallisce,<br />

fallisce la società.<br />

È un esame di coscienza che<br />

mi sto facendo da mesi e che può<br />

applicarsi alla stessa Italia ed Europa.<br />

Chi ci governa, così come i<br />

criminali, è passato, almeno in<br />

gran numero, per i banchi delle<br />

nostre chiese, è stato nelle nostre<br />

scuole, era nostro vicino di quartiere,<br />

ha visto i programmi televisivi<br />

che vediamo e paghiamo<br />

tutti i giorni.<br />

Il “political correct” sembra<br />

applicarsi tacitamente anche a<br />

questo settore della nostra vita<br />

quotidiana, dove la società non<br />

può essere processata, è intoccabile<br />

e si consacra così l’indifferenza<br />

generale di una cittadinanza<br />

esente dalla coscienza.<br />

Il linguaggio è divenuto aggressivo<br />

con toni da piazza e<br />

chiaro contenuto politico. È una<br />

opposizione di tipo latino - mediterraneo,<br />

dove non si riconosce<br />

nulla di positivo al governo,<br />

a persone di buona volontà o all’altra<br />

sponda.<br />

Anche in alcuni membri del<br />

clero la di protagonismo stanno<br />

sfocando la dignità e la solitudine<br />

della profezia. Mi viene spontaneo,<br />

forse calcando un po’ la<br />

mano, riallacciarmi ad una poesia<br />

che scrivevo vent’anni orsono<br />

durante la guerra civile nel Salvador,<br />

dove pure le chitarre delle<br />

assemblee liturgiche si erano<br />

trasformate in mitragliatrici.<br />

Se nella nostra missione di<br />

profeti perdiamo la caratteristica<br />

biblica di essere anche uomini di<br />

misericordia e di comunione,<br />

credo che anche la nostra diaconia<br />

della carità nei vari centri di<br />

accoglienza perda la sua credibilità<br />

e non costruiamo la pace:<br />

semplicemente aggiungiamo un<br />

altro anello allo scontro e alla divisione.<br />

Probabilmente queste mie<br />

osservazioni cadono in un terreno<br />

sassoso fra i nostri lettori.<br />

Chiedo scusa. Forse la mia è una<br />

sassata nel deserto, perché anche<br />

qui ho cominciato solo in questo<br />

andare controcorrente.<br />

Il pericolo di costruire il nostro<br />

monumento sopra la cenere<br />

dei nostri avversari (frase di Papa<br />

Giovanni XXIII), può estendersi<br />

anche a noi fino ad usare come<br />

bandiera i migranti dei quali mai<br />

vivremo pienamente la realtà di<br />

quanto sa di sale il pane altrui. ▲<br />

15<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


30<br />

anni alla direzione dell’Ospedale Santa Cabrini<br />

Irene Giannetti<br />

L<br />

16<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

a comunità italiana di Montréal<br />

ha salutato Irene Giannetti<br />

che ha lasciato la direzione<br />

dell’Ospedale Santa Cabrini<br />

dopo trent’anni di servizio come<br />

direttrice generale.<br />

Una meritata pensione!<br />

Trent’anni alla direzione dell’ospedale<br />

e dell’annesso Centro di<br />

accoglienza Dante vogliono dire<br />

anche trent’anni al servizio della<br />

comunità italiana, poiché l’Ospedale<br />

Santa Cabrini, che proprio<br />

quest’anno compie cinquant’anni,<br />

e il Centro Dante<br />

rappresentano i punti di riferimento<br />

per centinaia di migliaia<br />

di utenti dell’Est di Montréal,<br />

ma soprattutto il riferimento<br />

per gli italiani, che trovano in<br />

queste strutture non solo le cure<br />

appropriate, ma anche quel<br />

conforto culturale, di cui tanti<br />

nostri anziani hanno ancora bisogno,<br />

in particolare nei rapporti<br />

con i medici e gli infermieri,<br />

potendosi esprimere anche in<br />

italiano.<br />

È soprattutto grazie alla dinamica<br />

e attenta direttrice, Irene<br />

Giannetti, sostenuta da una attivissima<br />

Fondazione, se l’Ospedale<br />

Santa Cabrini è cresciuto negli<br />

ultimi anni fino a dotarsi delle<br />

più moderne tecnologie nel campo<br />

medico-sanitario, fino a divenire<br />

una struttura che non ha<br />

nulla da invidiare ad altri rinomati<br />

ospedali del Quebec. È l’unica<br />

struttura sanitaria pubblica<br />

in America del Nord dove la lingua<br />

italiana è stata mantenuta<br />

come lingua di lavoro e di comunicazione<br />

Ha dichiarato il dott. Michele<br />

Trozzo, che per dieci anni ha ricoperto<br />

il ruolo di presidente del<br />

Consiglio di Amministrazione<br />

dell’Ospedale: “Nel ruolo che ha<br />

assunto è stata una persona integra<br />

sia sotto il profilo morale<br />

che professionale. Non è mai accaduto,<br />

in dieci anni della mia<br />

presidenza, che Irene si sia presentata<br />

ad una riunione, sia del<br />

Consiglio di Amministrazione<br />

che del Comitato di Direzione,<br />

impreparata”.<br />

Persona di grande professionalità,<br />

prendeva a cuore tutti i<br />

da Insieme News<br />

Giovanni Rapanà - Canada<br />

dossier, che amava studiare fino<br />

a fondo. È stata molto vicina alla<br />

gente che ascoltava con attenzione<br />

e trattava con la dovuta distanza<br />

professionale che le permetteva<br />

poi di prendere le decisioni<br />

che le competevano con<br />

grande imparzialità.<br />

Si è totalmente dedicata anima<br />

e cuore per continuare con<br />

innata passione la missione che<br />

aveva ereditato dalle suore di<br />

Santa Cabrini, fondatrici dell’Ospedale.<br />

Ha dichiarato Giovanna Giordano,<br />

componente del Consiglio<br />

di Amministrazione: “... una persona<br />

di grande sensibilità, competente<br />

e determinata, che incarna<br />

il successo e la riuscita delle<br />

donne, e non solo della comunità<br />

italiana, ponendosi come riferimento<br />

ideale di tutte coloro il<br />

cui sogno è quello di potersi realizzare,<br />

coniugando perfettamente<br />

le sane ambizioni di carriera<br />

con il naturale spirito di<br />

servizio verso il prossimo”.<br />

È stata una persona straordinaria<br />

di elevatissima preparazio-


ne professionale, di grande generosità<br />

e responsabilità per il<br />

profondo impegno sociale e<br />

umano svolto a favore della comunità<br />

italiana, sempre in silenzio<br />

e con grande umiltà.<br />

Per trent’anni ha rappresentato<br />

l’orgoglio della comunità<br />

italiana. Irene Giannetti resterà<br />

nella memoria di diverse generazioni<br />

di pazienti ed impiegati: ‘La<br />

Direttrice Generale’. ▲<br />

In cammino<br />

“P<br />

aso a paso hacia la Paz” è lo<br />

slogan della carovana di oltre<br />

400 migranti che hanno<br />

marciato per oltre 48 ore dall’Istmo<br />

centroamericano fino ad entrare in<br />

territorio messicano alla ricerca di<br />

famigliari dispersi e per esigere dal<br />

Governo messicano urgenti misure<br />

contro i sequestri, le violazioni,<br />

e gli assassini dei migranti indocumentati.<br />

Aggrappati al treno, conosciuto<br />

come “la bestia” o sul tetto<br />

250 di loro hanno viaggiato verso<br />

Veracruz, principale centro di sequestri<br />

e di assassini<br />

dei migranti<br />

e punto<br />

di incontro delle<br />

madri e familiari<br />

dei “desaparecidos”.<br />

Altri<br />

hanno attraversato<br />

il ponte<br />

internazionale<br />

“Rodolfo Robles”.<br />

Hanno<br />

percorso le vie<br />

fino a raggiungere<br />

l’Istituto<br />

Nazionale per<br />

le Migrazioni, i<br />

Comitati dei<br />

“desapareci-<br />

I<br />

tre marittimi turchi, rimasti<br />

più a lungo sulla nave Berkan<br />

B, abbandonata a Ravenna<br />

dal proprio armatore alla fine di<br />

agosto 2010, chiamavano padre<br />

Pietro “baba”. E lui ci conferma:<br />

“Quando portiamo a bordo il pane<br />

e le scorte di cibo, loro mi abbracciano<br />

e mi rivolgono un sorriso<br />

grande, gesti propri di chi cerca di<br />

verso la pace<br />

Gesti che superano barriere<br />

Messico<br />

dos”, le organizzazioni internazionali,<br />

tra cui la Commissione dei<br />

Diritti Umani e i rappresentanti<br />

della chiesa cattolica, manifestando<br />

contro i continui sequestri e assassini<br />

di quanti intendono raggiungere<br />

gli Stati Uniti. Infine, la<br />

carovana ha raggiunto Ciudad Hidalgo<br />

per visitare i luoghi di incontro<br />

dei migranti specialmente le<br />

Case del Migrante “Hogar de la<br />

Misericordia” e “Belén” quest’ultima<br />

diretta dai Missionari <strong>Scalab</strong>riniani.<br />

▲<br />

Italia<br />

superare la barriera linguistica<br />

per manifestare la propria gratitudine<br />

per la solidarietà ricevuta. Mi<br />

chiamano “baba, papa, padre... e<br />

io mi commuovo, tutte le volte".<br />

Padre Pietro Gandolfi ha una<br />

lunga esperienza: in 12 anni di<br />

Stella Maris a Ravenna, ha seguito<br />

già 12 navi abbandonate dal loro<br />

armatore. E ogni caso è al contempo<br />

uguale e diverso. Uguali<br />

sono la mancanza di mezzi di<br />

sussistenza, cibo, acqua, gasolio,<br />

le attese dei marittimi, le continue<br />

disillusioni di chi spera ogni giorno<br />

l’arrivo di notizie positive; diverse<br />

sono le persone, le nazionalità,<br />

le fedi religiose, le storie di<br />

vita, tutte uniche.<br />

La Berkan B è giunta a Ravenna<br />

con a bordo 16 marinai turchi e<br />

3 georgiani, che già da diversi mesi<br />

non venivano<br />

retribuiti. La nave<br />

è stata sottoposta<br />

a fermo<br />

cautelare poiché<br />

una società<br />

aveva un credito<br />

di 190 mila euro<br />

per mancato pagamento<br />

di servizi<br />

vari. Durante<br />

la vertenza la P. Pietro Gandolfi<br />

nave era stata<br />

portata in rada, dove era rimasta<br />

circa un mese, rientrando in porto<br />

per la penuria di acqua e rifornimenti.<br />

Della Berkan B si sono da<br />

subito occupati la Stella Maris,<br />

guidata da P. Pietro, insieme all’ITF<br />

e al Comitato Territoriale per<br />

il Welfare della gente di mare.<br />

Sono state avviate le pratiche<br />

per il rimpatrio dell’equipaggio,<br />

anche grazie all’interessamento<br />

del Consolato Turco di Milano. Sono<br />

rimasti a lungo a bordo solo tre<br />

marittimi turchi, per garantire la<br />

sicurezza. Solo uno di loro parlava<br />

un po’ di inglese, quindi la comunicazione<br />

era prevalentemente<br />

affidata a sguardi e gesti, eppure<br />

il supporto morale e materiale da<br />

parte della Stella Maris non è mai<br />

venuto meno.<br />

Alla fine era rimasto un solo<br />

marittimo, quale custode della nave:<br />

si chiamava Nusret, aveva 47<br />

anni ed era di nazionalità turca. È<br />

stato ritrovato il 6 luglio deceduto<br />

nella sua cabina. Padre Pietro, dopo<br />

l’allarme, commentando l’accaduto,<br />

ebbe a dire che il “carico<br />

umano”, per indicare l’equipaggio,<br />

è meno tutelato e salvaguardato<br />

che il carico delle merci. ▲<br />

17<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


18<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

Dopo un viaggio<br />

sull’isola, brevi<br />

considerazioni<br />

e un appello<br />

N<br />

ell’immaginario comune,<br />

il nome di Lampedusa appare<br />

inscindibilmente associato<br />

alle immagini degli<br />

sbarchi: immigrati, rifugiati,<br />

profughi in fuga, viaggi in situazioni<br />

drammatiche, tragedie<br />

del mare… Immagini indubbiamente<br />

reali, ma che<br />

rappresentano soltanto un<br />

aspetto della vita dell’isola.<br />

In un viaggio di alcuni giorni<br />

a Lampedusa (28 giugno – 3<br />

luglio <strong>2011</strong>, in collaborazione<br />

con l’Ass. La Lucerna), intrapreso<br />

proprio per conoscere e<br />

renderci conto di persona della<br />

situazione, la nostra sorpresa è<br />

stata proprio questa: di immigrati<br />

neanche l’ombra!<br />

Non che non ci siano. Ci sono:<br />

nei due CIE (Centri di Identificazione<br />

ed Espulsione) rigorosamente<br />

chiusi e inavvicinabili.<br />

In paese, nelle strade, si vedono<br />

solo Lampedusani e turisti.<br />

Gli sbarchi continuano, ma<br />

la “macchina dell’accoglienza”<br />

– dopo la vergogna dell’emergenza<br />

a febbraio-marzo – è divenuta<br />

efficiente: per chi arriva<br />

è stato creato un corridoio preferenziale,<br />

una sorta di “buco<br />

nero” che sembra inghiottire e<br />

far scomparire nel nulla le persone<br />

con le loro storie, i loro<br />

drammi, la loro speranza.<br />

Mercoledì 29 giugno, mentre<br />

eravamo lì, ci sono stati<br />

cinque sbarchi, con l’arrivo di<br />

oltre mille profughi nella giornata.<br />

Eppure, pur trovandoci<br />

in paese, a poca distanza, non<br />

ci siamo accorti di nulla!<br />

Quando la<br />

capienza dei<br />

CIE raggiunge<br />

il limite,<br />

una<br />

nave da crociera,<br />

ancorata<br />

in una<br />

cala un po’<br />

nascosta,<br />

provvede ai<br />

trasferimenti: i richiedenti asilo<br />

politico e protezione umanitaria<br />

vengono portati in altri<br />

Immigrati:<br />

grandi assenti<br />

a Lampedusa<br />

Mariella Guidotti - Italia<br />

centri; i tunisini vengono rimpatriati.<br />

I Lampedusani scontano<br />

l’immagine della loro terra<br />

considerata come luogo di approdo<br />

degli Africani in fuga. La<br />

conseguenza è che l’economia<br />

dell’isola, che si regge quasi<br />

totalmente sul turismo estivo,<br />

ha subito un grave colpo. Si<br />

calcola che la contrazione delle<br />

presenze turistiche raggiunga<br />

il 70 %!<br />

Eppure, tra i numerosi isolani<br />

incontrati, sono pochi<br />

quelli che manifestano risentimento<br />

nei confronti degli immigrati:<br />

“Sono persone, hanno<br />

una dignità, meritano aiuto”,<br />

dicono.<br />

Le responsabilità vengono<br />

individuate altrove: nei responsabili<br />

della cosa pubblica,<br />

in primo luogo; e poi nei mezzi<br />

di comunicazione di massa,<br />

che diffondono immagini selettive,<br />

senza preoccuparsi delle<br />

conseguenze.<br />

Abbiamo trascorso le giornate<br />

a Lampedusa incontrando,<br />

dialogando, conoscendo i<br />

Lampedusani, la loro vita, i<br />

problemi del paese. È stata


Una vicenda<br />

di anni fa<br />

60<br />

Cile<br />

La Serena e il<br />

Cristo delle Ande<br />

un’esperienza stupenda, di quelle<br />

che ridanno speranza per la<br />

profonda umanità che abbiamo<br />

potuto constatare negli abitanti<br />

del paese. Accoglienza schietta e<br />

cordiale, fiducia, solidarietà, partecipazione<br />

sono stati il leit motiv<br />

di questi giorni. Siamo diventati<br />

amici e, pur nel breve tempo,<br />

abbiamo condiviso molto.<br />

Lampedusa non merita di essere<br />

penalizzata per la sua solidarietà.<br />

Si è trovata, suo malgrado,<br />

al centro di un movimento<br />

provocato da cambiamenti epocali<br />

(la cosiddetta “primavera<br />

araba) con ripercussioni non ancora<br />

prevedibili; al centro del<br />

Mediterraneo, dove la storia di<br />

due continenti, Africa ed Europa,<br />

si intreccia da sempre, con alterne<br />

vicende.<br />

Lampedusa merita di essere<br />

visitata, ma non da un anonimo<br />

turismo di massa. Merita un turismo<br />

intelligente, che sappia sì<br />

apprezzare le ineguagliabili bellezze<br />

naturali (mare trasparente,<br />

fondali da sogno, spiaggette meravigliose),<br />

ma che soprattutto<br />

abbia desiderio di partecipare,<br />

perché ai crocicchi della storia è<br />

interessante esserci. ▲<br />

Sono trascorsi 60 anni da<br />

quando, a ondate, alcuni gruppi<br />

di famiglie abruzzesi e trentine<br />

emigrarono tra il 1951 e il<br />

1953 in Cile, precisamente nelle<br />

località di San Manuel (presso<br />

la città di Parral) e San<br />

Ramón della città di La Serena,<br />

a 700 km. sud dalla capitale<br />

Santiago. Ma la vicenda di queste<br />

famiglie parla anche di fallimento<br />

e di avventura.<br />

La loro emigrazione è stata<br />

voluta dalla politica del dopoguerra<br />

come soluzione alla situazione<br />

di povertà in cui versavano<br />

allora tantissime famiglie<br />

italiane.<br />

La loro vicenda sa di fallimento<br />

perché al loro arrivo<br />

non sono state corrisposte le<br />

promesse allettanti di terre coltivabili,<br />

sufficienti per tutti, in<br />

modo da raggiungere un prospero<br />

avvenire.<br />

Le famiglie si trovarono a<br />

fare i conti con mille problemi:<br />

le case non erano ancora finite,<br />

i poderi troppo piccoli e sabbiosi<br />

o seminati di sassi, gli attrezzi<br />

agricoli inadatti, il sistema di<br />

irrigazione insufficiente, poca<br />

assistenza e incompetente.<br />

I rispettivi governi di fatto,<br />

dopo le promesse e il loro precario<br />

insediamento, non se ne<br />

occuparono oltre oppue lo facevano<br />

con tanta superficialità.<br />

Con il passar degli anni alcune<br />

famiglie trentine tornarono<br />

in Patria e altre cercarono<br />

luoghi diversi, soprattutto Santiago.<br />

Le poche<br />

rimaste,<br />

con tanti<br />

sacrifici<br />

e con<br />

grande<br />

forza di volontà in una situazione<br />

così avversa, hanno anche<br />

fatto fortuna.<br />

È questo un tratto di storia<br />

dell’emigrazione trentina e<br />

abruzzese in Cile, fatta di sofferenza,<br />

di povertà e di abbandono,<br />

ma nella quale traspariva<br />

sempre la speranza di un futuro<br />

migliore.<br />

I Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

sono stati vicino a queste famiglie<br />

fin dagli inizi di questa vicenda<br />

per difenderle, incoraggiarle,<br />

spesso anche sotto la<br />

minaccia della prigione.<br />

Sono tuttora ricordati, tra<br />

altri, i missionari P. Silvano<br />

Onor a San Manuel e alla colonia<br />

di La Serena P. Giuseppe<br />

Favarato, Fratel Alcide Marin e<br />

P. Giuseppe Guadagnini.<br />

Quest’ultimo doveva svolgere<br />

i ruoli di parroco, direttore<br />

delle piccole scuole e di postino,<br />

nonostante le strade spesso<br />

praticabili solo a cavallo o con<br />

il trattore.<br />

Tuttora i Missionari, residenti<br />

nella capitale Santiago,<br />

fanno frequenti visite alle poche<br />

famiglie rimaste, nonostante<br />

la battaglia di questa vicenda<br />

sia stata ormai vinta. ▲<br />

19<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


D<br />

20<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

L’opera per i rifugiati nella città più australe del mondo<br />

P. Mario<br />

Tessarotto,<br />

Missionario<br />

girovago<br />

da oltre<br />

48 anni.<br />

Dopo le prime<br />

peripezie<br />

missionarie,<br />

in Europa<br />

specialmente,<br />

nel 1996<br />

è stato<br />

catapultato<br />

a Città del Capo,<br />

la città<br />

più australe<br />

del mondo.<br />

Un povero diavolo<br />

scelto tra i bambini<br />

birbanti di Maerne<br />

al 1996, data di inizio della<br />

missione scalabriniana a Città<br />

del Capo, i Missionari hanno<br />

promosso e avviato varie attività,<br />

tra cui l’assunzione della parrocchia<br />

“Holy Cross Presbytery”, l’assistenza<br />

alle comunità italiana,<br />

francofona e portoghese, l’Apostolato<br />

del Mare e l’orfanotrofio<br />

“Lawrence House” e la casa di formazione<br />

per i candidati alla vita<br />

sacerdotale e religiosa.<br />

Non ultima è la specifica assistenza<br />

ai rifugiati particolarmente<br />

numerosi nella città e dintorni<br />

presso lo “<strong>Scalab</strong>rini Center”. In<br />

questi anni si sono succeduti tanti<br />

avvenimenti, spesso conflittivi,<br />

che hanno esigito da parte della<br />

chiesa e dei missionari interventi<br />

straordinari: storie dolorose e che<br />

perdurano tuttavia qua e là..<br />

Dal 2010 la missione scalabriniana<br />

ha assunto una nuova attività<br />

per i lavoratori rifugiati. L’occasione<br />

è stata offerta dalla <strong>Congregazione</strong><br />

dei Fratelli delle Scuole<br />

Cristiane che da molti anni<br />

operava in Città del Capo, ma che<br />

ultimamente, per la scarsità di<br />

personale, ha optato per affidare<br />

alla scuola cattolica “Saint Agnes”<br />

il Liceo e ai Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

l’albergo “Edmund House”<br />

(dal nome del loro Fondatore), dove<br />

veniva alloggiato un gruppo di<br />

giovani lavoratori rifugiati.<br />

Encomiabile è stata l’opera<br />

svolta dai Fratelli nella Edmund<br />

House fin dal 1990. Fu un luogo<br />

dove venivano accolti e riabilitati i<br />

giovani rifugiati in difficoltà, offrendo<br />

loro stima e dignità.<br />

È stata un rifugio per molti ragazzi<br />

e donne sbandate, vittime di<br />

abusi e violenze domestiche, per<br />

uomini fuggiti dalle guerre africane.<br />

Fratel Terry, l’ultimo dei Fratelli<br />

a gestire la casa, considerò<br />

“giusto” che fossero gli <strong>Scalab</strong>riniani,<br />

in considerazione alla finalità<br />

specifica, ad assumersi la responsabilità<br />

di continuare un’opera<br />

così attuale e impellente.<br />

Ora spetta agli <strong>Scalab</strong>riniani<br />

l’onere di continuarla e svilupparla.<br />

È necessario ridare vita e il minimo<br />

conforto, non solo sotto l’aspetto<br />

assistenziale e religioso, ma<br />

anche tenendo conto dello stato di<br />

abbandono dell’edificio a causa<br />

della bassa temperatura e dei venti<br />

gelidi provenienti dal vicino Capo<br />

di Buona Speranza che scendono<br />

sferzanti durante la notte.<br />

Siamo accompagnati da tante<br />

anime generose, tra cui i miei<br />

Mario Tessarotto - Sudafrica<br />

mai dimenticati “paesani” che fin<br />

dall’inizio hanno risposto al mio<br />

invito donando il necessario per il<br />

rifacimento delle finestre dei dormitori.<br />

Ma è un’opera che si è aggiunta<br />

ora, in particolare, come<br />

parte della mia avventura missionaria,<br />

arricchita soprattutto dalla<br />

presenza di 14 rifugiati e 5 giovani<br />

cresciuti nell’orfanotrofio<br />

“Lawrence House”. Sono tutti rifugiati<br />

provenienti da diversi<br />

paesi africani.<br />

La lista dei richiedenti asilo<br />

tuttavia è lunga. Sono semplici<br />

operai che chiedono aiuto e necessitano<br />

del nostro supporto in vista<br />

di ottenere un salario più confacente,<br />

migliorare la loro situazione<br />

e guardare con speranza il futuro<br />

anche per le loro famiglie.<br />

Una delle principali attività è<br />

quella di insegnare loro ad autogestirsi.<br />

Allo scopo, la piccola somma<br />

richiesta per l’alloggio serve<br />

per dare loro più dignità e sicurezza.<br />

Anche il denaro che viene loro<br />

dato in prestito deve essere nel<br />

tempo restituito, puntando soprattutto<br />

alla loro responsabilità e<br />

assicurando così l’aiuto ad altri rifugiati<br />

bisognosi.<br />

In Africa, come nel resto del<br />

mondo, il missionario non deve<br />

essere considerato come il ricco<br />

che fa l’elemosina al povero. La<br />

vera carità, quella evangelica, è il<br />

rispetto e la difesa della dignità di<br />

ogni persona anche se bisognosa<br />

dell’aiuto altrui, soprattutto se<br />

lungo la via, come il viandante<br />

del Vangelo, cade in mano dei briganti.


L’incontro serale<br />

dopo la fatica<br />

quotidiana<br />

P. Mario con alcuni<br />

rifugiati ospiti della<br />

“Edmund House”<br />

I rifugiati si<br />

autogesticono,<br />

anche tra i fornelli<br />

Molte storie di questi uomini e<br />

donne sono spesso drammatiche e<br />

si ripetono quotidianamente. Fra<br />

tante quella di un uomo, in possesso<br />

del diploma di tecnico superiore<br />

di meccanico d’auto, con 14<br />

anni di esperienza quale responsabile<br />

di una officina meccanica. Da<br />

mesi non si comunicava con la<br />

moglie e i due figli rimasti in Congo<br />

perché non gli veniva pagato il salario.<br />

Un giorno giunse al Centro <strong>Scalab</strong>rini<br />

malconcio e in stato pietoso. Era stato derubato<br />

e percosso da un gruppo di giovani<br />

mentre era intento alla sorveglianza della<br />

mercanzia stoccata nei containers. Portato<br />

al pronto soccorso, ebbe la forza di<br />

raccontare la sua storia, fatta di stenti e di<br />

soprusi da parte del padrone che non lo<br />

pagava da qualche tempo ed esigeva che<br />

Oltre l’attività che comporta la<br />

nuova opera, non è venuta meno<br />

la responsabilità della presenza<br />

scalabriniana nelle altre comunità<br />

di rifugiati di lingua francese e di<br />

cui ci occupiamo da molti anni.<br />

Sono oltre 30mila i rifugiati<br />

sparsi in un territorio più esteso<br />

della stessa provincia di Venezia da<br />

cui provengo. Ciò esige lunghe e<br />

sfacchinate scorribande, è vero,<br />

ma niente di straordinario. “Il Signore<br />

si serve di un povero diavolo<br />

che si è scelto fra i bambini birbanti<br />

di Maerne”, il paesotto a ridosso<br />

di Mestre e poco oltre Venezia,<br />

trapiantato nella punta estrema<br />

del continente africano.<br />

All’assistenza spirituale vanno<br />

aggiunte tante altre attività, quali<br />

l’insegnamento della lingua inglese<br />

e dell’uso del computer. Ciò facilita<br />

la loro assunzione in attività<br />

meglio rimunerate, il riconoscimento<br />

delle capacità e responsabilità<br />

lavorative, cosa particolarmente<br />

difficile in una società che<br />

conta il 30% di disoccupati.<br />

compisse la sorveglianza in una<br />

area insicura ed estesa, dove sarebbero<br />

stati necessari altri cinque<br />

sorveglianti.<br />

Storie drammatiche, è vero,<br />

ma anche di dignitosa eroicità,<br />

che infondono speranza non solo<br />

in chi le affronta con coraggio, ma<br />

anche in noi missionari, piccoli<br />

samaritani per le vie del mondo. ▲ 21<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


“Siate gli angeli dell’Annunciazione” ha detto il Cardinal Edward<br />

Egan, arcivescovo emerito di New York, ad una chiesa gremita<br />

di volontari di Radio Maria nella parrocchia di San Giuseppe di<br />

Chinatown (21 Oliver Street, N. Y.) in “lower east side” di<br />

Manhattan, New York, sabato 16 luglio, festa della Madonna del<br />

Carmine, in occasione della inaugurazione e benedizione dei<br />

nuovi studi di Radio Maria Italiana, Inglese e Spagnola.<br />

22<br />

D<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

P. Walter Tonelotto<br />

a circa 20 anni gli italiani di<br />

New York, che seguono fedelmente<br />

Radio Maria, pregavano<br />

perché anche i loro figli<br />

potessero avere la stessa opportunità<br />

di ascoltare la voce di Radio<br />

Maria nella loro lingua inglese.<br />

Tanti erano stati i tentativi, a<br />

costo anche di ingenti somme di<br />

denaro, ma niente sembrava poter<br />

inserirsi nella rete così fissa<br />

delle onde radio nella grande<br />

mela di New York.<br />

Improvvisamente, alla fine di<br />

aprile 2010, una stazione radio<br />

fondata dagli ebrei di lingua russa<br />

della città americana chiamò gli<br />

uffici di Radio Maria Italiana, proponendoci<br />

due ore libere da affittare:<br />

dalle 4 alle 6 del mattino.<br />

Non sapevamo se questa era<br />

una beffa o una sfida! Chi si sarebbe<br />

alzato a quell’ora? E poi,<br />

chi ci avrebbe ascoltato così presto<br />

di mattino? E come avremmo<br />

fatto a pagare? Noi la prendemmo<br />

come una prova dal cielo: se eravamo<br />

pronti al sacrificio, la Madonna<br />

ci avrebbe sostenuto. E infatti<br />

fu così.<br />

Sacerdoti e volontari si fecero<br />

subito avanti, sia per condurre i<br />

programmi dal vivo come per dare<br />

le conferenze. Arrivarono tutti<br />

con lo stesso entusiasmo per dare<br />

inizio all’unico programma<br />

cattolico nelle onde radio della<br />

più grande città dell’America.<br />

Il primo maggio 2010, alle 4,<br />

ufficialmente Radio Maria fece<br />

capolino di primo mattino tra le<br />

onde intricate di New York.<br />

Appena tre mesi dopo, la stazione<br />

russa ci offrì altre due ore;<br />

questa volta era di notte, dalle<br />

ore 22 fino mezzanotte. Era<br />

un’altra sfida, ma subito ci accorgemmo<br />

che potevamo dire il<br />

Santo Rosario sia all’inizio come<br />

alla fine di ogni giornata. Una<br />

cosa inaudita per una audience<br />

così protestante e diversa in<br />

quella metropoli globale.<br />

Appena un anno dopo ci vennero<br />

offerte altre 5 ore di sabato<br />

sera e 5 ore di domenica sera<br />

Walter Tonelotto - Stati Uniti<br />

(dalle 19 fino a mezzanotte). Non<br />

si poteva rifiutare! Di fatto era<br />

l’offerta migliore che avevamo<br />

ricevuto! Accettammo la sfida,<br />

anche se abbiamo dovuto fare un<br />

salto cieco nella divina provvidenza.<br />

Con l’interessamento della<br />

“Florinda”, quasi subito dopo arrivò<br />

l’offerta di una seconda stazione<br />

radio al nord della città, dove<br />

la prima stazione ancora non<br />

arrivava; con questa nuova opportunità<br />

Radio Maria avrebbe<br />

coperto tutta la città di New York;<br />

il manto di Maria ora copriva<br />

quasi 15 milioni di persone!<br />

Come ciliegia sulla torta, tutte<br />

e due le stazioni ci offrirono<br />

gratis di mandare in onda la S.<br />

Messa la domenica mattina. In<br />

pochi mesi la Madonna era riuscita<br />

a fare quello che noi avevamo<br />

tentato di fare senza successo<br />

per vent’anni. Radio Maria era<br />

presente nella grande metropoli<br />

americana.<br />

Ora toccava a noi portarla


Il Card. Edward Egan<br />

durante l’inaugurazione e<br />

benedizione dei nuovi studi<br />

di Radio Maria di New York<br />

avanti e integrarla assieme alla<br />

rete nazionale di Radio Maria, già<br />

presente in 10 stati dell’Unione.<br />

Ma chi avrebbe pensato a pagarla?<br />

Con l’aiuto della World<br />

Family of Radio Maria la Madonna<br />

ha pensato anche a questo!<br />

Il Cardinal Egan (nato a Chicago<br />

da mamma Italiana e padre<br />

Irlandese) aveva una grande stima<br />

di Radio Maria in Italia da<br />

quando aveva trascorso 13 anni<br />

alla Sacra Rota di Roma. Fu lui<br />

ad aprire le porte a Radio Maria<br />

da giovane vescovo ausiliare di<br />

New York 20 anni fa e sempre<br />

l’ha appoggiata e favorita.<br />

In occasione di una sua gradita<br />

visita e della Messa da lui stesso<br />

presieduta, Radio Maria ha<br />

raggiunto un nuovo importante<br />

traguardo, quello di di aprire<br />

nuovi studi, proprio nel downtown<br />

di New York, vicino al<br />

“ground zero” all’ombra del ponte<br />

di Brooklyn.<br />

Americani, spagnoli e italiani<br />

si sono trovati tutti uniti nella<br />

celebrazione della festa della Madonna<br />

del Carmine per ringraziare<br />

e invocare la protezione di Maria<br />

sulla nuova grande avventura<br />

della sua Radio: essere presente in<br />

una delle più importanti metropoli<br />

del mondo con il suo messaggio<br />

di pace, di amore e di fede.<br />

La Madonna è abituata ai primati:<br />

Radio Maria è la prima e<br />

unica stazione cattolica nel cielo<br />

di New York. A Lei, ai collaboratori<br />

e agli ascoltatori la nostra<br />

più profonda gratitudine. ▲<br />

Q<br />

La mia GMG<br />

Martina Sacchet<br />

uesta è stata la mia Prima GMG. Non nascondo<br />

che, dopo aver detto immediatamente di sì, a pochi<br />

giorni dalla partenza, ero pervasa da 1000 dubbi,<br />

forse perché non mi ritenevo all’altezza di un’esperienza<br />

del genere; le mie abitudini erano più da albergo che da<br />

‘campeggio’.<br />

Comunque, il 13 agosto mi trovai in aereoporto con i<br />

miei compagni di avventura (un gruppo già molto originale,<br />

di diverse nazionalità e diversi stili di vita). Vedendo<br />

gli sguardi dei miei nuovi amici, i dubbi e le ‘preoccupazioni’ si dileguarono.<br />

I giorni sono trascorsi all’insegna del divertimento, ma anche<br />

della spiritualità: a Bilbao e soprattutto a Madrid, fulcro di questa esperienza,<br />

aspetto che è stato molto presente ed immediatamente percepibile<br />

fin dai primi giorni, quando ancora eravamo semplici ‘turisti’... È stato<br />

bellissimo e mi ha suscitato un certo effetto vedere tantissimi giovani<br />

che si muovevano insieme, spinti non solo dalla voglia di divertirsi e di<br />

amalgamarsi con gli altri, ma anche da un qualcosa che ormai, molti di<br />

noi hanno perduto, o forse mai avuto: la fede.<br />

Trascorsi i primi giorni giunse per me (come per gli altri) la prova più<br />

impegnativa: la veglia all’aereodromo di Cuatro Vientos. La mattina in cui<br />

dovevamo muoverci, non facevo altro che ripetermi “se sopravvivo a questi<br />

giorni, potrò fare di tutto”... Nonostante il mio timore, posso dire che<br />

vedere tanti altri come me, in quelle condizioni (durante la serata ci siamo<br />

scontrati anche con 2 trombe d’aria), continuare a seguire la veglia<br />

con entusiasmo, alzando il tipico coro ‘questa è la gioventù del Papa’, mi<br />

ha dato una forza ad andare avanti che non pensavo proprio di avere.<br />

L’esperienza mi ha fatto scoprire tantissime cose di me che non conoscevo;<br />

ho rafforzato i rapporti con i miei compagni e, soprattutto, il mio<br />

rapporto con il Signore: mi ha confermato, per l’ennesima volta, che tutto<br />

quello che facciamo è una sfida a cui ci sottopone Dio e che, nel momento<br />

in cui sentiamo di cedere, Lui è al nostro fianco, a darci una spinta<br />

per andare avanti. Auguro a tutti di vivere un’esperienza così forte,<br />

perché permette di conoscere realtà diverse, ma anche di scavare dentro<br />

di noi. Una frase mi "ronza" in testa da qualche giorno e che mi pare<br />

calzi a pennello con la mia breve testimonianza: “Se batti il tuo nemico<br />

sei forte, ma se vinci te stesso, sei invincibile”. ▲<br />

23<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Approdare<br />

alle nostre<br />

coste europee,<br />

con ogni mezzo<br />

e costo,<br />

è il sogno di<br />

Lezioni di vita<br />

migliaia<br />

di migranti<br />

m a<br />

per tanti<br />

altri<br />

la rotta<br />

è inversa,<br />

per la vita<br />

del mondo<br />

“<br />

L<br />

a nostra evangelizzazione è<br />

senza parole, si fa con le opere!”<br />

esclama in francese suor<br />

Angeles con il suo bell’accento<br />

spagnolo. È la gente di qui, invece,<br />

che ne parla a volte: “Tu lo fai<br />

per Dio, lo so...” le soffia una<br />

donna musulmana la settimana<br />

scorsa, guardandola quasi per<br />

svelarle un segreto, che la suora<br />

tiene dentro.<br />

Mentre le altre donne vanno<br />

al dispensario - un aiuto gratuito,<br />

volenteroso, estremamente<br />

disponibile - dicendosi: “Le suore<br />

fanno miracoli!”.<br />

Per i tanti ustionati, per<br />

esempio, esse mettono insieme<br />

varie pomate, poi una bella dose<br />

di tenerezza e qualche raccomandazione<br />

come sempre: ed è<br />

fatto! “In fondo, mettiamo semplicemente<br />

in pratica Matteo<br />

25!”, mi fa la suora spagnola<br />

con grande semplicità,<br />

ricordandomi, così,<br />

il vangelo al capitolo dell’accoglienza<br />

del Cristo.<br />

E il giovane frate Pietro<br />

nel suo Centro, che è<br />

un porto di mare e ogni<br />

arrivo è sempre una sorpresa,<br />

ogni volta prima di<br />

aprire la porta si dice:<br />

“Sei tu, Signore!” Testimoni<br />

umili e preziosi<br />

questi di una Chiesa nella<br />

diterraneo. E le senti dire “se devo<br />

morire, muoio... sarà il mio<br />

destino!”.<br />

Ma la cosa più importante è<br />

passare dall’altra parte, con ogni<br />

mezzo. L’altro giorno perfino Salima<br />

ha voluto continuare l’avventura,<br />

mentre il fratello con il<br />

marito morto e il piccolo Sami<br />

ritornavano tristemente laggiù,<br />

al villaggio.<br />

Si industriano qui con piccoli<br />

commerci, vendendo al souk<br />

prodotti tipici della loro terra di<br />

origine, facendo ad altri le trecce<br />

in cui sono esperte o con altro...<br />

prostituendosi, se sono sole.<br />

“Ma noi non giudichiamo!” ti<br />

dicono subito le suore, con<br />

compassione.<br />

Vengono qui al Centro SAM<br />

cantando “Dammi un dirham,<br />

sorella!” e posando qui per qualterra<br />

d’Islam, la Chiesa dell’incontro<br />

con l’altro.<br />

Myriam, indiana e Elisabeth,<br />

congolese, due religiose<br />

francescane missionarie di Maria,<br />

si fanno in quattro per parlarmi<br />

della loro esperienza quotidiana<br />

con donne o bambini<br />

migranti subsahariani.<br />

Come in un duetto intrecciano<br />

con passione i passi del calvario<br />

quotidiano di queste donne:<br />

esse trovano in loro con chi parlare,<br />

confidarsi, aprirsi... dopo<br />

tante prove, traumi di ogni genere<br />

nella loro odissea.<br />

Sono venute dalla Nigeria,<br />

dal Burkina, dalla Costa d’Avorio...<br />

poi hanno passato l’Algeria,<br />

Oujda, ed eccole a Rabat o a Casablanca,<br />

in Marocco, quasi in<br />

una specie di paradiso per loro.<br />

Vogliono passare l’acqua del Me-<br />

Renato Zilio - Marocco<br />

24<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

Una tipica città<br />

imperiale del Marocco


Donne marocchine<br />

e una tipica<br />

costruzione<br />

nel deserto<br />

che istante la loro sofferenza di<br />

donne emigrate. “Quando arrrivo<br />

qui è la pace e mi sento me stessa!”<br />

senti esclamare qualcuna.<br />

“Mostrano un coraggio formidabile<br />

nell’affrontare la vita. Davanti<br />

alla loro sofferenza la nostra<br />

non è niente!” senti le due suore<br />

commentare a bassa voce. “Capisci?!<br />

Sono pronte a prendere<br />

ogni rischio per<br />

vivere meglio.<br />

E mi interrogo...<br />

ma so darmi<br />

anch’io, a fondo,<br />

come loro?!” aggiunge<br />

Myriam<br />

davanti a queste<br />

lezioni di vita,<br />

pensando alla senegalese,<br />

che l’altro<br />

giorno, ogni<br />

volta che cominciava<br />

a raccontarle<br />

la sua storia,<br />

sbottava in pianto; non riusciva<br />

proprio a parlare...<br />

“Nel cristianesimo andare<br />

verso l’altro non è una scelta, ma<br />

una vocazione particolare” senti<br />

poi spiegare padre Fadi, libanese.<br />

“È una dimensione essenziale<br />

della nostra fede”. Allora, suor<br />

Lavina, indiana, ti confessa: “Sono<br />

contenta di essere con i mi-<br />

granti, anch’io sono migrante!”.<br />

E dopo aver sistemato una ricetta<br />

di medicinali o un ticket di<br />

viaggio aggiunge loro: “Prego<br />

per voi!” come incoraggiamento.<br />

“Grazie!” le senti, allora, rispondere,<br />

andandosene “continua a<br />

pregare per noi”. Ciò le ricorda le<br />

parole di Gandhi: “Tu devi essere<br />

il cambiamento che vuoi vedere<br />

nel mondo!”. Sì, per questa indiana<br />

in terra musulmana, un<br />

tocco di umanità.<br />

Mi risuona, allora, la riflessione<br />

di un teologo qui a Rabat: “Il<br />

centro di gravità della Chiesa non<br />

sta in se stessa. Neppure nel suo<br />

rapporto con Dio. Ma sta nella relazione<br />

di Dio con il mondo, che<br />

ha tanto amato... (cfr. Gv 3,16) e in<br />

cui la Chiesa si fa serva e ministra”.<br />

Sì, si trova nella relazione<br />

di Dio con questo mondo musulmano,<br />

a cui le comunità cristiane<br />

si dedicano appassionatamente.<br />

In nome del loro Maestro.<br />

Un giorno questo essere umano<br />

e divino spezzando del pane<br />

volle rivelare che l’amore più<br />

grande è spezzarsi, perdersi e<br />

perdere tutto. E lasciò questo suo<br />

testamento, consegnato ai secoli,<br />

nella notte stessa del suo martirio.<br />

Per ogni discepolo, allora,<br />

amare sarà spezzare la propria vita<br />

come il pane per la vita degli<br />

altri. Per la vita del mondo, per la<br />

chiesa d’Africa, chiesa “dell’incontro<br />

e delle frontiere” ▲<br />

25<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Drammi da non<br />

dimenticare<br />

L’<br />

8 agosto è stato ricordato il<br />

55° anniversario della tragedia<br />

di Marcinelle, nella quale<br />

persero la vita 262 minatori, 139<br />

dei quali erano italiani. Erano<br />

tutti emigrati che, nonostante le<br />

condizioni di vita difficili, cercavano<br />

un futuro migliore per se<br />

stessi e per le loro famiglie, ma<br />

che hanno invece trovato la<br />

morte in miniera.<br />

Tra i primi soccorritori ricordiamo<br />

i Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

accorsi non solo per dare un aiuto,<br />

ma soprattutto per invocare la<br />

pace eterna ad ogni salma che veniva<br />

estratta dalle viscere della<br />

terra martoriata e offrire una parola<br />

di conforto e di speranze alle<br />

famiglie così duramente provate.<br />

L’8 agosto è una data scelta<br />

anche come la Giornata del Sacrificio<br />

del Lavoro Italiano nel<br />

Mondo. “Il tempo - ha affermato<br />

in questa circostanza il presidente<br />

della Repubblica Italiana,<br />

Giorgio Napolitano - non attenua<br />

il ricordo di una sciagura<br />

che è divenuta simbolo del sacrificio<br />

e della nobiltà del lavoro<br />

italiano in Europa e nel mondo”.<br />

Ma questa tragedia, come<br />

tante altre di cui si fa memoria<br />

lungo la storia, non solo dell’e-<br />

a cura della Redazione - Belgio<br />

migrazione italiana nel mondo<br />

(Monongah, Dawson, ecc.), ma<br />

dei milioni di uomini e donne<br />

che tuttora percorrono le vie del<br />

mondo alla ricerca di un futuro,<br />

deve mantenere alta la guardia<br />

sul tema della sicurezza del lavoro<br />

e sulla difesa dei diritti propri<br />

di ogni persona, la “cui attualità<br />

– ha continuato Napolitano -<br />

permane immutata nonostante<br />

gli indubbi progressi”.<br />

E tuttavia simili tragedie, aggravate<br />

oggi dalla cattiveria di<br />

uomini avidi di potere, si ripetono<br />

nel mondo intero, come in<br />

tanti Paesi dell’Africa, del conti-<br />

26<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

La miniera di Marcinelle<br />

immediatamente dopo la<br />

tragedia (in alto)<br />

I Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

P. Ugo Cavicchi (✝1984)<br />

al centro) pronto a scendere<br />

in miniera e P. Vittorio<br />

Michelato (✝1967) (a lato)<br />

Tra i minatori anche i<br />

bambini figli di emigrati<br />

(pag. seg.)


nente Americano e dell’Asia…<br />

L’abnegazione, i sacrifici e,<br />

spesso, i drammi di cui gli emigrati,<br />

nel passato e oggi, sono<br />

vittime nel tentativo di giungere<br />

fino a noi o oltrepassare le mura<br />

erette dai potenti in cerca dell’Eldorado,<br />

sono un chiaro esempio<br />

e stimolo per l’intera società.<br />

A Rovereto, i cento rintocchi<br />

della campana dedicata ai caduti<br />

della Grande Guerra “Maria Dolens”<br />

l’8 agosto hanno suonato<br />

in contemporanea ai rintocchi<br />

della campana del lavoro “Maria<br />

Mater Orphanorum” di Marcinelle,<br />

ma hanno anche oltrepassato<br />

gli oceani e scosso i cuori e<br />

le menti dei milioni di emigrati<br />

sparsi nel mondo intero.<br />

In quella geografia migratoria<br />

dove – ha detto Franco Narducci,<br />

Vice presidente della Commissione<br />

Esteri della Camera - incontriamo<br />

migliaia di storie, “tantissime<br />

dolorose, ma anche tantissime<br />

di riscatto da una pesante<br />

condizione di povertà e quelle dei<br />

connazionali che hanno raggiunto<br />

il successo lungo la strada irta<br />

di difficoltà e che si sono integrati<br />

nei Paesi di accoglimento diventandone<br />

anche protagonisti<br />

della vita civile e culturale”.<br />

In questa giornata è doveroso<br />

ricordare allora tutti gli emigrati<br />

che, nella loro diversità e varietà<br />

di partecipazione alla vita sociale<br />

del Paese dove hanno posto o intendono<br />

porre la tenda e creare il<br />

loro futuro, contribuiscono, con<br />

il loro sacrificio, cultura e ricchezza<br />

interiore, non escluso il<br />

sacrificio della vita per molti di<br />

loro, al benessere materiale e spirituale<br />

dell’intera società.<br />

Le storie del passato, in particolare,<br />

ci devono far guardare alle<br />

vicende odierne dell’emigrazione<br />

con consapevolezza, con solidarietà<br />

ed equità e soprattutto mediante<br />

una legislazione sociale<br />

che tuteli i lavoratori migranti e i<br />

rifugiati in modo da evitare per<br />

sempre queste tragedie e vicende<br />

che troppo spesso vediamo scorrere<br />

nei teleschermi.<br />

Ne sono un esempio in questi<br />

mesi le tragedie di vari Paesi<br />

martoriati dalla fame, dalle guerre,<br />

dalle lotte politiche e tribali: i<br />

Paesi del Corno d’Africa, Somalia,<br />

Libia, Siria, e altri per i quali<br />

il Papa implora “la solidarietà e<br />

il concreto sostegno di tutte le<br />

persone di buona volontà”. ▲<br />

Incontro provinciale con gli emigrati piacentini<br />

Premiati P. Curotti e il dr. Ghilardelli<br />

A<br />

Lugagnano, un comune di Piacenza in Val D’Arda, che gode del<br />

primato di avere il sindaco più giovane d’Italia, si è tenuto quest’anno<br />

il 17.mo incontro provinciale con gli emigrati di origine piacentina.<br />

Come è abitudine, sono<br />

state scelte due personalità<br />

di spicco di origine<br />

piacentina, P. Sandro<br />

Curotti, direttore della<br />

parrocchia San Pio X di<br />

Basilea, missionario di<br />

emigrazione dal 1964,<br />

nativo di Piacenza e Cesare<br />

Ghilardelli, nativo di<br />

Travo, direttore dell’Istituto<br />

Italiano di cultura di<br />

Stoccarda.<br />

Di fronte ad un partèrre<br />

di tutto rilievo – si contavano 10 sindaci in fascia tricolore, il parlamentare<br />

Tommaso Foti, il consigliere regionale Andrea Pollastri, il direttore<br />

del quotidiano “La Libertà” Gaetano Rizzuto, il premio ai “piacentini<br />

che hanno tenuto alto il nome della provincia all’estero” è stato presentato<br />

dal presidente dell’associazione “Piacentini nel mondo” Sandro Molinari<br />

e dal presidente della Provincia Massimo Trespidi.<br />

Il sindaco Jonathan Papamarenghi, emozionato, commenta: “La mia famiglia<br />

ha conosciuto da vicinissimo il fenomeno... appena arriva l’estate,<br />

le nostre colline si ripopolano di persone arrivate da lontano, che vogliono<br />

tornare alle proprie radici”.<br />

“Questo non è rituale – precisa il presidente Trespidi – ma un riconoscimento<br />

a chi ha portato i valori piacentini nel mondo, primo fra tutti<br />

quello della generosità e dell’accoglienza”.<br />

Anche Silvia Bertolini, presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli<br />

nel mondo, approfitta dell’occasione per commentare sull’amore<br />

verso la patria da parte degli emigrati. “Dimenticarli sarebbe davvero<br />

l’offesa peggiore”.<br />

P. Sandro Curotti, nel dedicare l’ambito premio, approfitta per rilanciare<br />

un messaggio tipicamente scalabriniano: “Leggo che nella provincia<br />

di Piacenza il 17% dei residenti è straniero; io chiedo che siano aperti<br />

cuori e casa ai nuovi migranti e dedico il premio a tutte le persone che<br />

ho incontrato nel mio cammino: è stato più quello che ho ricevuto che<br />

quello che ho dato o cercato di dare. Dedico il premio alle nuove realtà<br />

che, come noi anni fa, hanno ora bisogno: accogliamoli con umanità; l’umanità<br />

si presenta alle nostre porte con volti e storie diverse”. ▲<br />

(Graziano Tassello)<br />

27<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


La comunità religiosa<br />

Studenti di filosofia<br />

Saluti e immagini dalle Filippine<br />

La dignità<br />

dei marittimi<br />

Dal 16 al 18 agosto ha avuto luogo<br />

a Roma, presso la sede della<br />

Direzione generale della <strong>Congregazione</strong>,<br />

un incontro dei Missionari<br />

<strong>Scalab</strong>riniani impegnati<br />

nell’Apostolato del Mare in dieci<br />

porti del mondo (Ravenna, Rio<br />

De Janeiro, Santos-Guarajié,<br />

Rio Grande, Montevideo, Buenos<br />

Aires, Città del Capo, Sal-<br />

Giovani postulanti Giovani del propedeutico<br />

28<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

danha e Kaohshiung). Nel 2010<br />

hanno visitato 13.000 navi nei diversi<br />

porti. La visita alle navi in<br />

porto è un momento importante<br />

per incontrare i marinai e costituisce<br />

una forte testimonianza e<br />

spirito di collaborazione, anche<br />

con tutte le altre fedi religiose.<br />

Altrettanto importante è mostrare<br />

rispetto verso il marittimo come<br />

uomo e prestare attenzione<br />

ai suoi valori e alla sua diversità.<br />

Sono oltre un milione e cinquecento<br />

mila i marittimi nel mondo<br />

e 300mila i pescatori. L’incontro,<br />

in sintonia con la pastorale missionaria<br />

e lo spirito del Beato<br />

<strong>Scalab</strong>rini e gli orientamenti della<br />

Chiesa, ha affrontato anche<br />

alcune questioni giuridiche, sociali<br />

e lavorative dei marittimi e<br />

delle rispettive famiglie, avvalendosi<br />

in merito anche della collaborazione<br />

dei laici.<br />

I partecipanti, dopo l’incontro<br />

romano, hanno preso parte alla<br />

X Conferenza Mondiale dell’Associazione<br />

Internazionale Marittima<br />

Cristiana di carattere ecumenico,<br />

svoltasi ad Amburgo dal<br />

19 al 23 dello stesso mese. Alla<br />

stessa hanno preso parte 210<br />

rappresentanti, di cui 90 di organizzazioni<br />

cattoliche. La Conferenza<br />

ha esaminato in particolare<br />

la vita e le condizioni di lavoro<br />

dei marittimi. ▲


Adozioni<br />

bambini<br />

❈<br />

Formazione<br />

giovani<br />

candidati<br />

alla vita<br />

missionaria<br />

❈<br />

Assistenza<br />

ai migranti<br />

❈<br />

ai rifugiati<br />

❈<br />

ai marittimi<br />

❈<br />

Sante<br />

Messe per i<br />

Missionari<br />

❈<br />

Aiuto<br />

ai Sacerdoti<br />

anziani<br />

sottoscrivi e diffondi<br />

Bimestrale dei Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

Le migrazioni sono un fenomeno universale e inarrestabile,<br />

spesso un evento drammatico sotto molti aspetti, ma anche un’esperienza<br />

che arricchisce e affratella nell’unica e universale famiglia umana ed ecclesiale.<br />

29<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


Missionarie di San Carlo<br />

I migranti<br />

nel Massachusetts<br />

L’opera del Centro Comunitario <strong>Scalab</strong>rini di Boston<br />

S C A L A B<br />

Elisete T. Signor - USA<br />

L<br />

30<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

a situazione migratoria negli<br />

Stati Uniti, in modo speciale<br />

nello Stato di Massachusetts,<br />

continua complessa e provocatoria.<br />

Il governo Obama, che aveva<br />

promesso e sostenuto una riforma<br />

migratoria integrale, non ha<br />

potuto compierla, specie a causa<br />

della crisi economica che ha colpito<br />

il Paese dal 2008. Negli ultimi<br />

2 anni, inoltre, è aumentato il<br />

numero di detenzioni e deportazioni<br />

di immigrati in posizione irregolare:<br />

oltre 392.000 dall’ottobre<br />

2009 al settembre 2010, di cui<br />

195.000 con precedenti penali.<br />

Rimanere o ritornare?<br />

Nel Massachusetts, nei decenni<br />

scorsi, vi è stato un incremento<br />

di presenze di immigrati brasiliani,<br />

che attualmente hanno un<br />

serio dilemma: ritornare o aspettare<br />

per vedere cosa accadrà?<br />

Così, il flusso immigratorio<br />

considerevole degli anni<br />

precedenti oggi pare essersi<br />

invertito: un’Agenzia<br />

di Boston, la Mendes<br />

Travel, attraverso il suo<br />

agente di zona, Mauriceia<br />

da Luz, segnala di<br />

aver venduto, tra la fine<br />

del 2010 e l’inizio del<br />

<strong>2011</strong>, una quantità senza<br />

precedenti di biglietti di<br />

ritorno al Brasile.<br />

Gli immigrati, giunti<br />

negli anni 2000 - 2005,<br />

ritornano in patria soprattutto<br />

a causa della<br />

Il Centro Comunitario<br />

<strong>Scalab</strong>rini di Boston<br />

e un incontro formativo<br />

della comunità migrante<br />

crisi economica che continua a<br />

diffondersi, nonché della bassa<br />

quotazione del dollaro e della disoccupazione.<br />

La risposta delle comunità<br />

e la presenza scalabriniana<br />

I punti di riferimento per la<br />

comunità brasiliana sono particolarmente<br />

le Chiese e gli Enti assistenziali.<br />

Vi sono anche Istituzioni<br />

governative con progetti sociali<br />

per persone a basso reddito.<br />

La presenza scalabriniana<br />

nella regione è molto significativa.<br />

Operiamo in particolare nel<br />

Centro Comunitario <strong>Scalab</strong>rini<br />

di Everett, nella metropoli di Boston.<br />

Attualmente vi è un numero<br />

crescente di brasiliani disoccupati<br />

che cercano qualche aiuto,<br />

specie dall’inizio della crisi<br />

del 2008.<br />

Ma le attività più importanti<br />

riguardano l’assistenza sanitaria,<br />

cioè la produzione dei documenti<br />

che permettono all’emigrante di<br />

poter contare sulla partecipazione<br />

governativa ai costi della salute<br />

(in ospedale, o per le cure mediche,<br />

dentali, oculistiche).<br />

Altri servizi del Centro sono:<br />

registro delle nascite o doppia<br />

cittadinanza, orientamenti sull’immigrazione<br />

mediante l’assistenza<br />

di legali, sessioni (Zumba)<br />

di promozione della vita e della<br />

salute delle donne; avvio di cause<br />

di lavoro, ascolto, consiglio e interventi<br />

in casi di violenza domestica,<br />

o carcere o deportazione;<br />

formazione delle House Clenears<br />

(domestiche tuttofare), particolarmente<br />

soggette a rischi.<br />

Nel mese di marzo <strong>2011</strong> il<br />

Centro si è occupato di ben 1.335<br />

persone. Non possiamo offrire<br />

tutte le risposte ma ci occupiamo<br />

sopratutto delle conseguenze della<br />

migrazione, senza raggiungerne<br />

le cause. Ma, anche<br />

così, crediamo di offrire<br />

ai migranti un valido<br />

servizio perché possano<br />

affrontare i loro problemi<br />

e le loro difficoltà e,<br />

spesso, le umiliazioni a<br />

cui sono soggetti. Ci<br />

animano le parole di Gesù:<br />

“Ero forestiero e mi<br />

avete ospitato”.<br />

Oltre alla presenza nel<br />

Centro, svolgiamo pure<br />

attività pastorali nell’AB<br />

(Apostolato Brasiliano)<br />

dell’Archidiocesi di Boston,<br />

accompagnando il<br />

coordinamento generale<br />

della catechesi delle<br />

13 comunità e della<br />

Scuola di Teologia. ▲


R I N I A N E<br />

M i s s i o n a r i e S e c o l a r i<br />

Eucaristia<br />

che trasforma<br />

Nadia Antoniazzi<br />

Messico<br />

C<br />

ome ogni sabato, ci avviamo<br />

verso la Estación Migratoria<br />

per incontrare i migranti<br />

stranieri rinchiusi in attesa dell’espulsione<br />

o del riconoscimento<br />

come rifugiati. Oggi abbiamo<br />

appuntamento con alcuni seminaristi<br />

scalabriniani, accompagnati<br />

da P. Antonio Muraro, che<br />

celebrerà la Messa in questo luogo,<br />

vera via crucis umana.<br />

Dopo i controlli di routine<br />

entriamo nell’area degli uomini,<br />

quasi tutti giovani. Nel loro<br />

sguardo si legge una domanda<br />

costante: perché in prigione, se<br />

non sono un criminale? perché è<br />

un delitto cercare un futuro migliore?<br />

Il cortile è affollato: mancano<br />

i musulmani e gli indù, ospitati<br />

in un altro reparto, per evitare<br />

possibili conflitti religiosi.<br />

Un gruppo di migranti ci viene<br />

incontro con mille domande:<br />

“Quando ci lasceranno uscire di<br />

qui?” “Mi hanno detto di prepararmi<br />

a partire, ma sono passate<br />

altre due settimane”. “Avete un<br />

rosario per me?” “I’m catholic, I<br />

don’t have a bible ... I need it…”<br />

È un’impotenza che ci interroga,<br />

che desideriamo raccogliere<br />

e condividere per offrirla nella<br />

Messa, unendola al sacrificio di<br />

Gesù che conosce ogni traccia di<br />

dolore e angoscia del cuore di<br />

questi uomini, segnato da esodi e<br />

fughe, affetti lasciati, speranze<br />

deluse.<br />

I presenti alla Messa sono un<br />

centinaio: da Nicaragua, Guatemala,<br />

Nigeria, Colombia, Cuba,<br />

Nepal, Brasile… Uomini forti,<br />

con i piedi feriti, inginocchiati<br />

sul cemento, a mani giunte e capo<br />

chino, riuniti attorno al mistero<br />

della morte e resurrezione<br />

di Gesù, che si riattualizza come<br />

estrema condivisione di amore e<br />

speranza con la vita di ognuno.<br />

Seduto a terra, non molto<br />

lontano dal piccolo altare, un<br />

giovane guatemalteco piange. Un<br />

mese fa gli hanno amputato una<br />

gamba, ferita mentre cercava di<br />

salire su un treno in corsa.<br />

Al termine della Messa, mi<br />

chiede di aiutarlo ad alzarsi e,<br />

con la rapidità di chi ha qualcosa<br />

di importante da fare, afferra con<br />

forza il mio braccio: “Devo andare<br />

dal sacerdote”.<br />

Come arriva di fronte all’altare,<br />

con voce un po’ tremante dice:<br />

“Grazie Padre, perché oggi la<br />

pace è tornata in me. Nella Messa<br />

Gesù mi ha fatto capire che la<br />

mia vita è importante anche così.<br />

Confesso che non trovavo il<br />

coraggio di tornare a casa, di<br />

presentarmi senza una gamba.<br />

Però ho capito che la dignità dell’uomo<br />

non dipende dal suo essere<br />

sano o malato, forte o debole,<br />

e neppure da un documento<br />

di identità. Ora so che Dio mi<br />

ama come sono. Quando tornerò<br />

da mia moglie e dai miei due figli<br />

non mi vedranno solo con un<br />

progetto fallito ma con la mia<br />

voglia di vivere”.<br />

E abbassando<br />

lo sguardo<br />

consegna al<br />

missionario<br />

una moneta<br />

di un peso:<br />

“Non ho<br />

nient’altro<br />

che questo,<br />

però lo do<br />

con tutto il<br />

cuore”.<br />

Il miracolo<br />

della<br />

Messa si attualizza<br />

in<br />

questo istante. Nel dono totale<br />

del Figlio di Dio che si fa Eucaristia,<br />

e nell’accoglienza dell’uomo,<br />

che a sua volta si offre, pur<br />

nell’estrema indigenza, si realizza<br />

la trasformazione della morte<br />

in vita, dell’angoscia in speranza,<br />

della solitudine umana in vincolo<br />

di fraternità. ▲<br />

31<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


I<br />

M<br />

issionari<br />

s<br />

i<br />

c<br />

onfessano<br />

32<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

Padre<br />

Enrico<br />

Larcher<br />

A Ruffrè,<br />

nell’alta Val di Non,<br />

il 100° Genetliaco<br />

e il 75° Sacerdotale<br />

A 100 anni, varcati<br />

il 21 aprile scorso,<br />

P. Enrico Larcher,<br />

missionario scalabriniano,<br />

è tornato il 3<br />

luglio a rivedere la sua<br />

Ruffrè e il verde Maso<br />

Vallette dove è nato e<br />

dove ha vissuto fino<br />

all’età di 14 anni.<br />

Sì, solo per 14<br />

anni trascorsi<br />

lassù, lavorando,<br />

studiando e<br />

pregando, perché,<br />

ancora<br />

giovanetto,<br />

nonostante<br />

la reticenza<br />

del parroco<br />

e del papà,<br />

partì per<br />

l’Istituto<br />

Cristoforo<br />

Colombo<br />

di Piacenza,<br />

la Casa<br />

Madre dei<br />

Missionari <strong>Scalab</strong>riniani.<br />

Ma è tornato soprattutto<br />

ai suoi monti perché ha voluto<br />

celebrare lassù il suo 75° di Ordinazione<br />

Sacerdotale e onorare i<br />

suoi cari che riposano nel soleggiato<br />

camposanto, tra il verde dei<br />

boschi.<br />

Ruffrè è un’oasi di frescura e<br />

Una<br />

centenaria<br />

avventura<br />

missionaria<br />

a cura di Lorenzo Bosa<br />

di pace, situata nell'Alta Valle di<br />

Non della Provincia di Trento, a<br />

quota 1300 metri, in una amena<br />

valletta circondata da selve di larici<br />

e di abeti, profumati di ossigeno<br />

e resine alpestri, all'imboccatura<br />

del Passo della Mendola.<br />

Il Paese un tempo era abitato<br />

da pastori, carbonai, raccoglitori<br />

di resina, legnaioli, che portavano<br />

a seppellire i loro cari calandoli<br />

con le slitte.<br />

Il Paese è ancora oggi suddiviso<br />

in masi, terreni e qualche<br />

porzione di bosco in montagna<br />

di proprietà dei ruffredani. La<br />

sua storia ha avuto momenti di<br />

secolari controversie e dispute di<br />

appartenenza fino al 1952 quando,<br />

risolti molti contenziosi, alcuni<br />

dei quali ancora sussistono,<br />

ha riacquistato la propria sede<br />

municipale.<br />

Nel tempo sono sorti vari nuclei<br />

abitativi, soprattutto con<br />

prospettive turistiche, tra cui il<br />

Passo della Mendola, celebre<br />

centro turistico, nuclei alberghieri<br />

e villette immerse nel bosco.<br />

I suoi abitanti godono oggi<br />

di benessere, ma la loro cultura, i<br />

costumi, i nomi delle famiglie<br />

(Larcher, Seppi e altre) portano<br />

ancora evidenti elementi di chiara<br />

influenza tedesca.<br />

Lassù, al maso Vallette, ha<br />

vissuto la famiglia di P. Enrico, le<br />

“due mamme”, il papà, i sei fratelli<br />

e i numerosi parenti.<br />

Ma pure in questi pendii benedetti<br />

e incontaminati la chiamata<br />

del Signore è giunta a tanti<br />

altri giovanetti che hanno risposto<br />

e donato la loro vita ai fratelli<br />

migranti. Nelle terre trentine<br />

ben 52 giovani hanno sentito la<br />

chiamata del Signore e accolto il<br />

carisma del Padre dei Migranti.<br />

Molti di essi sono partiti per le<br />

vie del mondo, migranti con e<br />

per i migranti, ferventi missionari,<br />

alcuni dei quali sono ancora<br />

in prima linea nella geografia<br />

delle migrazioni.<br />

Tra questi, ben 9 Missionari<br />

<strong>Scalab</strong>riniani sono nati a Ruffrè,<br />

di cui 3 ancora tra noi (i Padri<br />

Enrico, Ernesto e Aldo Seppi).


Nel camposanto, a memoria e<br />

gratitudine perpetua, nelle bianche<br />

lapidi sono incisi i nomi degli<br />

altri (tra cui P. Raffaele Larcher,<br />

ex Superiore generale della<br />

<strong>Congregazione</strong>), tornati alla Casa<br />

del Padre nelle terre delle loro<br />

fatiche apostoliche, oggi venerati<br />

e ricordati.<br />

P. Enrico ha celebrato lassù,<br />

tra il verde e durante una giornata<br />

di splendido sole, il suo 75° Anniversario<br />

Sacerdotale. Sotto un<br />

capannone alpino gremito di di-<br />

P. Enrico con P. Ampelio Menelle,<br />

superiore della Casa Maria<br />

Assunta di Arco (TN),<br />

con P. Sergio Geremia,<br />

Superiore generale<br />

e con Don Ernesto,<br />

parroco di Ruffrè<br />

Ci sono stati<br />

momenti di grandissima<br />

emozione e<br />

qualche lacrima di<br />

profonda gratitudine<br />

e di gioia, soprattutto<br />

quando P. Enrico,<br />

dall’altare, con<br />

voce ancora giovanile,<br />

ha ringraziato<br />

il Signore, i parenti,<br />

i confratelli scalabriniani,<br />

i migranti,<br />

i suoi morti, non ulscendenti<br />

della famiglia Larcher,<br />

di amici e di fedeli, era attorniato<br />

dal parroco, Don Ernesto, dal Superiore<br />

generale, P. Sergio Geremia,<br />

da P. Ampelio Menelle, superiore<br />

della Casa Maria Assunta di<br />

Arco (TN) dove risiede P. Enrico,<br />

dai Missionari <strong>Scalab</strong>riniani Ernesto<br />

Seppi di Ruffrè, Ettore Zentile<br />

del vicino Romallo (TN), Alberto<br />

Cargnelli, Antonio Guidolin<br />

e Lorenzo Bosa.<br />

In prima fila, con l’occhio vigile<br />

di custode fedele il missionario<br />

fratel Giuseppe Dalla Zuanna,<br />

factotum della Casa Maria Assunta,<br />

i nipoti Luisa e Mario organizzatori<br />

dell’evento e il sindaco<br />

Fabrizio Bozzaga con tanto di<br />

fascia tricolore.<br />

timi i suoi ruffredani che lo ricordano<br />

con affetto e che in<br />

questa circostanza hanno dimostrato<br />

una particolare venerazione.<br />

P. Enrico ha ricordato soprattutto<br />

lo sbocciare della sua<br />

vocazione missionaria. Erano<br />

vive in lui le immagini delle<br />

“due mamme” (come le ha<br />

spesso richiamate alla memoria):<br />

mamma Teresa che gli<br />

diede i natali, ma tornata al<br />

cielo solo dopo un anno e<br />

mezzo e la mamma Carolina<br />

Tolovi che lo ha educato, gli ha<br />

insegnato a pregare, lo ha avviato<br />

al sacrificio ed è stata custode<br />

gelosa della sua vocazione<br />

sacerdotale e missionaria. 33<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


a mondiale e ha sacrificato gli<br />

anni più belli della sua gioventù<br />

sul fronte italiano appostato sulla<br />

riva sinistra del Piave. Quel<br />

papà, conosciuto solo all’età di<br />

sette anni, al ritorno dal fronte.<br />

Memorabile l’incontro con il<br />

papà soldato che faceva ritorno a<br />

casa indossando ancora la divisa<br />

austriaca. Fu la seconda mamma<br />

che, mentre lo sposo era ancora<br />

lungo la strada impervia che lo<br />

riportava al suo casolare, disse al<br />

figlioletto: “Vai Enrico incontro<br />

al papà”. Enrico scese per il pendio,<br />

titubante e incredulo e<br />

quando vide quel soldato così<br />

conciato, prima di abbracciarlo<br />

volle assicurarsi che fosse veramente<br />

suo padre e gli domandò:<br />

“Se voi me pare?” “El<br />

magòn”, ha ricordato P. Enrico,<br />

permise solo un forte e<br />

prolungato abbraccio.<br />

E fu il papà che, nel 1925,<br />

con la valigia ormai consunta<br />

dopo le peripezie di migrante e<br />

di soldato e un panino in tasca,<br />

ad accompagnare alla Casa<br />

Madre di Piacenza il figliolo<br />

Enrico ed altri cinque giovanetti<br />

del vicino Cloz.<br />

P. Enrico l’8 aprile 1934,<br />

Istantanee di P. Enrico con:<br />

P. Ernesto Seppi, suo compaesano,<br />

(in alto); alcuni scalabriniani e parenti,<br />

(sopra); i Padri Ampelio Menelle,<br />

Alberto Cargnelli, Sergio Geremia,<br />

Fr. Giuseppe Dalla Zuanna,<br />

Lorenzo Bosa (in piedi da sinistra)<br />

e Antonio Guidolin (in primo piano)<br />

34<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5- <strong>2011</strong><br />

Ambedue ricordate e viste in una<br />

visione paradisiaca tra gli applausi<br />

scroscianti dei presenti.<br />

Ha ricordato il papà Fiorenzo.<br />

Quel papà che negli anni<br />

1895 – 1905, come tanti altri<br />

giovani figli della miseria di allora,<br />

aveva percorso negli Stati<br />

Uniti d’America le vie dell’emigrazione,<br />

chissà un segno premonitore<br />

della vocazione missionaria<br />

del figliolo Enrico. Quel<br />

papà che più tardi fu chiamato<br />

alle armi durante la prima guer-<br />

con il ripristino dei voti nella<br />

<strong>Congregazione</strong> del Beato <strong>Scalab</strong>rini,<br />

giornata memorabile per<br />

la sua storia, si consacrò al Signore<br />

con i voti evangelici.<br />

Con P. Dante Orsi, zelante e<br />

instancabile missionario in Australia<br />

nonostante i suoi 95 anni,<br />

è tra i superstiti di quel drappello<br />

di 76 sacerdoti e studenti che<br />

pronunciarono il Sì al Signore<br />

nelle mani del Card. R. Rossi.<br />

P. Enrico offrì nei paesi francofoni,<br />

particolarmente conflittivi<br />

a causa anche della seconda<br />

guerra mondiale, la sua vita sacerdotale<br />

e missionaria al servizio<br />

dei migranti italiani.<br />

Lassù, nella sua Ruffrè, nel<br />

pendio del Maso Vallette, dall’altare,<br />

ha confessato con sentita<br />

nostalgia e soprattutto con infinita<br />

gratitudine la sua memoria<br />

missionaria. ▲


E s e m p i l u m i n o s i<br />

Privare se stesso<br />

Il Beato <strong>Scalab</strong>rini spesso ebbe a combattere con le difficoltà economiche.<br />

Lo testimoniano le grandiose opere realizzate. La sua fede,<br />

semplice e profonda, gli fece appianare le strade; l’abbandono<br />

fiducioso e l’inesauribile confidenza sono stati i segreti della sua<br />

azione e del modo con cui poneva mano all’aratro. Non permise<br />

mai che un’opera venisse abbandonata per il timore che gli venisse<br />

a mancare il denaro. Fu abile nel trovare i sussidi necessari. Il<br />

modo migliore era quello di privare se stesso. Avvenne così quando<br />

istituì l’Istituto delle Sordomute e dei Sordomuti, dei mondarisi,<br />

dei Congressi e dei Comitati cattolici e in particolare la fondazione<br />

dei suoi Missionari.<br />

Uomo di visione<br />

Massimo Rinaldi, missionario scalabriniano<br />

e vescovo di Rieti, fu un uomo<br />

di azione, aperto ai problemi<br />

sociali, civili e religiosi del popolo.<br />

Fu un luminoso esempio di apostolato,<br />

di guida, un padre e un<br />

instancabile difensore dei diritti<br />

ecclesiastici minacciati dalle<br />

prepotenze pubbliche e private.<br />

Senza risparmiare se stesso apportò<br />

profondi cambiamenti nelle<br />

chiese, nel seminario, nei monasteri<br />

e nelle case religiose; restaurò<br />

le cappelle della cattedrale,<br />

il palazzo papale restituendo<br />

all’arte un capolavoro che fa parte<br />

della ricchezza della città. Fece sorgere la<br />

Casa del Clero, fece erigere un monumento dedicato<br />

a S. Francesco e la colonia agricola S. Antonio<br />

per l’accoglienza delle ragazze abbandonate.<br />

I sogni di un giovane missionario<br />

Lo trattavano da sognatore, da esaltato, da venditore di belle parole.<br />

Ma i fatti che circondano Padre Giuseppe Marchetti dimostrano<br />

che era un santo che sognava sì ma anche realizzava i<br />

suoi sogni. Ricevuto in dono il terreno e i primi 5mila mattoni dal<br />

conte José Vicente de Azevedo per la costruzione dell’Orfanotrofio<br />

si mise subito all’opera per la sua realizzazione. Al Beato Fondatore<br />

scrive poco dopo: “Proprio come me lo ero sognato... È una<br />

delizia. Iddio voleva l’Orfanotrofio; lo vedo, lo sento... il denaro<br />

non mi manca. Io vado alle porte, chiedo, lavoro, predico, confesso,<br />

esorto... le mura crescono, in due mesi spero sarà compiuto il<br />

guscio...”.<br />

I compagni di viaggio<br />

La figura ascetica di P. Tarcisio Rubin è un’immagine che non si<br />

scorda facilmente: la lunga barba, la talare consunta, il poncho, i<br />

sandali, la Bibbia e il Rosario erano i suoi compagni di viaggio. Il<br />

bagaglio della sua cultura umanistica, teologica, linguistica e la<br />

sua esperienza ascetica causavano sempre un impatto sorprendente.<br />

E con spirito profetico e carismatico sapeva aprire per i<br />

grandi e i piccoli, i sapienti o meno, per i potenti in procinto di<br />

guerra il cammino dell’amore infinito e misericordioso. Con la<br />

sua personalità serena, gioiosa, sacrificata abbracciava l’umanità<br />

sofferente. Aveva la capacità immediata di penetrare nell’animo<br />

dell’interlocutore.<br />

Ordinazioni Diaconali<br />

Abraham López<br />

Orozco è stato ordinato<br />

l’11 giugno<br />

<strong>2011</strong> a Vicente de<br />

Carvalho (Guarujá,<br />

SP - Brasile) da<br />

Mons. Jacyr Braido.<br />

vescovo di Santos.<br />

Adriano Tezone è<br />

stato ordinato il 25<br />

agosto <strong>2011</strong> a<br />

Grajaú (SP - Brasile)<br />

da Mons.Tomé<br />

Ferreira da Silva,<br />

vescovo ausiliare<br />

di San Paolo.<br />

Nella Casa del Padre<br />

P. Ugo Bizzotto<br />

P. Ugo è deceduto il 7 luglio<br />

<strong>2011</strong>. Risiedeva da alcuni mesi<br />

nella Casa di riposo di Bodio<br />

Lomnaso (VA). Nato a Pergine<br />

(TN) il 27 gennaio 1927. Si preparò<br />

alla vita sacerdotale e missionaria<br />

negli istituti scalabriniani<br />

d’Italia. Fu assistente parrocchiale<br />

per 5 anni a Bahía Blanca<br />

e La Plata (Argentina), dal 1957<br />

al 1978 nella parrocchia SS. Redentore<br />

di Roma, San Carlo di<br />

Osimo, Porto Corsini (RA) e Cinisello<br />

Balsamo. Dal 1986, per<br />

20 anni, fu cappellano del Policlinico<br />

di Milano e quindi dell’ospedale<br />

di Saronno (VA). Ha<br />

servito con dedizione e spirito<br />

sacerdotale gli ammalati. In attesa<br />

della Resurrezione riposa nel<br />

cimitero di Castronno (VA).<br />

Suor Massimina Savio<br />

Missionaria <strong>Scalab</strong>riniana<br />

È tornata al Cielo il 1 agosto<br />

<strong>2011</strong>. Risiedeva a Casaleggio<br />

(PC). Riposa in attesa della Resurrezione<br />

nella tomba di famiglia<br />

a Crespano del Grappa.<br />

Suor Massimina era sorella di<br />

P. Luigi Savio (✝ 1997), missionario<br />

scalabriniano per tanti anni<br />

negli USA. Ha dedicato 34 dei<br />

suoi 69 anni di vita consacrata<br />

collaborando attivamente nelle<br />

comunità dei Missionari <strong>Scalab</strong>riniani<br />

a Bassano del Grappa e<br />

a Parigi.<br />

<br />

La Mamma di P. Ottone Tasca,<br />

di P. Jean-Robert Royal<br />

e di José Alirio Gutiérrez<br />

La sorella di P. Costanzo Tessari<br />

Il Fratello di P. Agostinho Dalpian,<br />

di P. Angelo Buffolo<br />

e di P. Alvírio Morés<br />

35<br />

<strong>Scalab</strong>riniani 5 - <strong>2011</strong>


A n c h e i l c u o r e<br />

d e i b a m b i n i<br />

m i g r a n t i<br />

è u n a p i a n t i c e l l a<br />

r i g o g l i o s a<br />

e d e s u b e r a n t e<br />

p e r l a c h i e s a<br />

e l a s o c i e t à<br />

Poste Italiane Spa Spediz. in Abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 - DRCB - Roma<br />

In caso di mancato recapito restituire a: Missionari <strong>Scalab</strong>riniani - via Calandrelli 42 - 00153 Roma - Italia

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