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SUONO n° 529

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N. XXX<br />

Aretha Franklin<br />

di Paolo Corciulo<br />

Addio regina<br />

del soul<br />

di Vittorio Pio<br />

Ha attraversato oltre cinque decenni di musica inanellando trionfi e riconoscimenti. Ha abbracciato<br />

le tante anime della black music dal Gospel al Jazz, dallo Spiritual al Rhythm & Blues, fino al pop più<br />

elegante in cui è stata prodotta anche dal nostro Corrado Rustici.<br />

Aretha Franklin sostanzialmente rimarrà nella storia come<br />

The Queen of Soul, regina e signora del soul, quell’identità<br />

che riusciva a mettere tutti d’accordo, attraversando da<br />

protagonista la storia della seconda metà del ‘900 in una carriera<br />

formidabile. Ha lottato fino all’ultimo contro un inesorabile tumore<br />

al pancreas che le era stato diagnosticato già otto anni fa, il 16 agosto<br />

scorso il doloroso epitaffio. Nata a Memphis nel marzo del 1942, ma<br />

cresciuta a Detroit, Aretha Louise era la figlia di Cecil, uno dei più<br />

famosi predicatori neri di quegli anni, mentre dalla madre Barbara<br />

ereditò la passione per il piano ed il canto. Fu proprio durante le<br />

celebrazioni officiate dal padre reverendo che la giovane cantante<br />

(dalla vita privata molto discussa in quell’America bigotta, e non<br />

solo per i due figli avuti quando non era ancora maggiorenne, a 15 e<br />

17 anni), stupisce tutti quelli che si trovano ad ascoltarla. Il gospel<br />

le scorre nelle vene, ma i suoi primi dischi ufficiali per la Columbia<br />

invece hanno un impronta più jazzistica, non portandole il successo<br />

che meriterebbe, fino a quando non incrocia a metà degli anni ’60<br />

Jerry Wexler, un brillantissimo ma non ancora leggendario produttore<br />

della Atlantic, una label già agguerrita per quello che aveva<br />

fatto vedere con Ray Charles e i Drifters, che la soffia alla Columbia<br />

per trasformarla appunto nella Queen of Soul, grazie a una serie di<br />

registrazioni nei mitici Muscle Shoals Studios in Alabama, realizzando<br />

alcuni tra i dischi più importanti e influenti di sempre: nel<br />

1967 arriva il singolo “(You Make Me Feel Like) a Natural Woman”,<br />

nello stesso anno “Respect”: solo due dei dieci singoli consecutivi<br />

che la issano al n.1 delle charts. Quello che Bessie Smith, Mahalia<br />

Jackson, Nina Simone avevano mostrato a livelli da olimpo, diventa<br />

prepotentemente un tutt’uno nella voce di Aretha, che proprio in<br />

mezzo alla rivoluzione socio-culturale del black power diventa un<br />

simbolo dalle varie sfaccettature: per le donne, perché rappresentò<br />

un’idea femminile libera e indipendente, per il suo popolo perché<br />

era in grado di rivendicarne la libertà in ogni nota che cantava, per<br />

gli artisti, perché ne divenne uno sprone, un esempio da seguire. Con<br />

qualche inevitabile passaggio a vuoto ed un grande spot nei Blues<br />

Brothers, il capolavoro diretto da John Landis nel 1980, dove in soli<br />

4 minuti incantò tutti con una versione magistrale di “Think”, Aretha<br />

ha poi messo in fila ben 23 Grammy con duetti e concerti leggendari,<br />

questo nonostante la sua atavica paura per gli aerei. Difatti in Italia<br />

ci arriva una volta sola, nel 1969 per un concerto alla Bussola di<br />

Viareggio del patron Bernardini e altri due passaggi previsti a seguito<br />

del Cantagiro: uno a Mentana, pochi chilometri dalla capitale, l’altro<br />

proprio a Roma, ma salta tutto all’improvviso. L’artista, dopo una lite<br />

con il secondo marito, il manager Ted White, decide di annullare tutto<br />

e rientrare di corsa in America. Quarant’anni dopo (2009) Aretha<br />

ha cantato in onore di Barack Obama alla Casa Bianca (rifiutandosi<br />

ovviamente quando è stata la volta dell’insediamento di Trump) e<br />

nel 2015 ha commosso sempre il presidente afroamericano con una<br />

strepitosa versione di “Natural Woman” durante la cerimonia per<br />

il conferimento dei Kennedy Center Honors a Carole King. E’ stata<br />

anche la prima donna introdotta nella prestigiosa Hall of Fame.<br />

Lascia 4 figli ma curiosamente non aveva ancora fatto testamento:<br />

si prevedono battaglie senza sosta per la divisione dell’ingente patrimonio<br />

di chi ha saputo interpretare come forse nessun altro<br />

la voce possente dell’anima.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 3


N.<br />

Editoriale<br />

XXX<br />

di Paolo Corciulo<br />

Parola di quattro lettere<br />

sinonimo di “anima”<br />

È proprio vero: non ti accorgi fino in fondo del valore delle persone e delle cose finché non ci sono più;<br />

è allora, nella irreversibile condizione di “assenza”, che cominciano a mancarti davvero...<br />

La morte di Aretha Franklin, giunta a risvegliare i torpori ferragostani,<br />

obbliga ancora una volta a fare i conti con il fine vita e con<br />

quella irrazionale convinzione per cui riesce difficili immaginare<br />

la fine dell’anima, qualsiasi cosa essa sia. Per contro il “soul” (anima in<br />

inglese ma, sempre in inglese, molto di più) non morirà mai, anche se<br />

la sua più significativa rappresentante in terra ci ha appena lasciato. E,<br />

ancora: l’anima (o il soul) testimonia di una irrazionale certezza che in<br />

Hi-Fi esista qualcosa di più di una semplice somma di addendi nel definire<br />

la somma. È proprio quel qualcosa, quel soul, il fil rouge, in parte<br />

imprevisto in parte cercato, di questo numero di <strong>SUONO</strong> che si dipana<br />

in un racconto di chi il soul l’ha sempre avuto e non l’ha mai perso, chi lo<br />

ha smarrito lungo la strada e chi, cercandolo, lo ha ritrovato perché è un<br />

valore aggiunto imprescindibile in Hi-Fi e chi non l’ha capito (purtroppo<br />

non esistono formule certe per reperirlo) ha sempre sbattuto il muso.<br />

Non trovo contraddittorio parlarne e tenerne conto, pur avendo più volte<br />

ammonito sui pericoli delle “magie”, vere o supposte (più le seconde che<br />

le prime), che hanno infestato il settore.<br />

Il tema mi appare coerente con l’argomento che avrebbe dovuto occupare<br />

questo spazio prima della notizia della morte di Aretha Franklin e<br />

il cui titolo sarebbe stato “L’(in)utile idiota”; testo che via via che veniva<br />

scritto cresceva comunque rigoglioso fino a consigliarne, a prescindere<br />

dal nefasto accadimento, di posporlo in forma di articolo più ampio non<br />

senza utilizzare parte di questo spazio per una sorta di prequel.<br />

Innanzitutto che cosa c’entra eventualmente l’anima con gli idioti, utili o<br />

meno che siano? C’entra nella misura in cui nella sua indeterminatezza<br />

questa bellissima astrazione lascia ampio spazio ad interpretazioni e<br />

induce a un buonismo e una tolleranza verso quello che la sua figura<br />

antagonista, la razionalità, boccerebbe inesorabilmente. Eppure sempre<br />

più di frequente quel che trovo scritto (sulla carta e nelle pagine web)<br />

è davvero accapponante e per quanto mi sforzi, fatico anche a vederne<br />

una concretezza, qualche indicazione, una morale (se il tempo è galantuomo<br />

come si dice, almeno le testimonianze su carta un giorno faranno<br />

giustizia di questa analfabetizzazione di ritorno) o un fine, se non (e qui<br />

vengo all’inutile idiota) quello che è inevitabilmente il risultato quasi<br />

matematico di una addizione che ha per addendi una serie di luoghi<br />

comuni, di pregiudizi e di gabbie mentali che sono il male del nostro<br />

settore venato, in sintesi, dall’ignoranza. Ignoranza crassa e ben panciuta<br />

che, e questa la novità, oggi è addirittura un segno distintivo di cui farsi<br />

merito: non so dunque esito. L’(in)utile idiota fa di più: si lascia blandire<br />

dalla pubblicistica aziendale.<br />

Ho la convinzione (condivisa da molti colleghi, questi che stimo) che se<br />

si vuole tenere nascosta una notizia si può “custodirla” a meno che i cani<br />

da guardia (watch dog) non siano particolarmente aggressivi e in grado<br />

di fare bene il loro lavoro. In altre parole nella maggior parte dei casi<br />

quello che viene comunicato è stato prima accuratamente filtrato da chi<br />

divulga la notizia. Se l’evento, la notizia, il prodotto, ha una magagna si<br />

fa anche di più: si lanciano falsi indizi, si indirizza l’attenzione su altro...<br />

Il passaggio indispensabile chi fa lo spin doctor è però quello di poter<br />

contare su una contiguità con chi fa informazione: sa che basta poco, a<br />

volte persino niente, per blandire l’utile e anche l’inutile idiota. Magari<br />

c’è la necessità di riempire comunque una pagina vuota a spingere per<br />

accettare sillogismi e tesi grottesche quando non perniciose (ancora mi<br />

viene da ridere, per la verità più da piangere, per i paralleli, molto in<br />

voga anni fa, tra diffusore e violino che ognuno dovrebbe saperlo, hanno<br />

compiti e caratteristiche assai differenti).<br />

Il meglio però Utile e Inutile, lo danno quando gli si offre lo zuccherino,<br />

impresa non difficile se si parte dal presupposto di avere di fronte un<br />

ignorante (nel senso etimologico del termine) sapendo che cosa si vuole<br />

ottenere. Mille sono le molle utilizzabili: la sensazione di essere stato<br />

“eletto” (“ah solo tu hai capito davvero il mio prodotto”), il viaggio<br />

premio come se fosse un in più riservato a un gotha e non la necessità<br />

di far sapere chi si è; la comparsata allo stand, nel negozio o a braccetto<br />

con il boss aziendale o, magari, anche qualche spiccio…<br />

Cosa che l’idiota non lo sa o non lo vuole sapere (coltivando una sorta<br />

di integrità assolutoria che è nella sua mente più che altro), è che tali<br />

comportamenti non sono legittimi; basterebbero ad aprire un provvedimento<br />

verso uno come me (se vi incorressi!), iscritto a un albo, per avere<br />

infranto uno dei doveri (dovere di verità, di autonomia e di credibilità)<br />

che fanno parte del codice di deontologia giornalista. Invece obnubilato<br />

dai cinque minuti di notorietà ipotizzati da Warhol, l’idiota dimentica la<br />

sua funzione verso chi ascolta le sue parole (magari non è un giornalista<br />

ma vorrebbe tanto esserlo…) è facile preda eterodiretta del puparo di<br />

turno in uno sguardo sul futuro dall’orizzonte corto.<br />

Se Utile e Inutile non si accorgono di nulla, il mondo che gli scorre attorno<br />

invece si e, per la legge del contrappasso, i dubbi e l’incredulità che un<br />

tempo avrebbero trattenuto chi li vive dal esprimersi sul loro atteggiamento,<br />

oggi nella condivisione di opinioni oggi possibile (in un mondo<br />

dove tutti sono più vicini che in passato) si fortificano con un giudizio di<br />

merito che purtroppo come deriva porta, per generalizzazione, a svilire<br />

l’impegno e il valore tutto di chi fa comunicazione. A questo non riesco<br />

ad adattarmi ma con rammarico e la pazienza che non ho, come il buon<br />

cinese aspetto seduto sulla riva del fiume…<br />

4 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


Sommario<br />

N. XXX<br />

ADDIO REGINA DEL SOUL ...............................................................3<br />

EDITORIALE ............................................................................4<br />

ANTENNA ...............................................................................8<br />

INSIDE DENTRO LA MUSICA<br />

CHET BAKER Un angelo con la tromba di Antonio Gaudino ............................................... 18<br />

N. <strong>529</strong><br />

SETTEMBRE 2018<br />

REPORTAGE In visita a Sonus Faber di Paolo Corciulo ....................................................22<br />

ELECTROCOMPANIET Alla ricerca della propria anima di Paolo Corciulo e Carlo D’Ottavi ..............26<br />

INTERVISTA Tony Verona di Francesco Bonerba ...............................................30<br />

JBL Chiedi e ti sarà detto! di Paolo Corciulo ......................................................34<br />

SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

DUE LIBRI SUL VINILE Da leggere invece che da ascoltare de Il Tremila .........................34<br />

SPECIALE KLIPSCH .......................................................................<br />

HERITAGE HP-3 E HEADPHONE AMP Quando le parole contano de Il Tremila ..............36<br />

CUFFIA Klipsch Digital HP-3 a cura della redazione ......................................40<br />

AMPLIFICATORE PER CUFFIE Klipsch Digital Headphone Amp a cura della redazione ......44<br />

ESPERIENZE SUL CAMPO PS Audio Direcstream Memory Player e DAC di Nico Candelli ..........48<br />

FONORIVELATORE Soundsmith Strain Gauge e SG 210 a cura della redazione ...................52<br />

STREAMING PLAYER Lindemann Audiotechnick Musicbook 25 DSD a cura della redazione .......56<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO Primare I35 Prisma a cura della redazione .....................62<br />

DIFFUSORI Elac Adante As-61 a cura della redazione .........................................66<br />

DIFFUSORI Indiana Line Tesi 561 a cura della redazione ......................................70<br />

I COLORI DEL <strong>SUONO</strong> ...................................................................75<br />

BELA BARTOK L’uomo dalle mille armonie di Carlo D’Ottavi ...............................76<br />

FRANK SINATRA Il ritorno di “The Voice” di Massimo Bargna .............................80<br />

GUIDO HARARI Intervista di Guido Bellachioma ..........................................82<br />

PAOLO MAIORINO L’uomo del vinile ha detto si di Guido Bellachioma .......................88<br />

RORY GALLAGHER Intervista dalla rivista Triad .........................................92


ANTENNA<br />

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La nuova via<br />

dello streaming<br />

Arcam presenta una nuova linea di prodotti,<br />

quella che strategicamente si colloca tra i pezzi<br />

importanti della FMJ e i piccoli della rSeries. In<br />

realtà la nuova HDA (acronimo per High Definition<br />

Audio) dei due ha saputo prendere qualcosa<br />

di ognuno, combinarli a dovere con altri elementi<br />

per ottenere tre prodotti (altri ne arriveranno)<br />

moderni nella struttura e nelle funzioni. Tre<br />

prodotti che vengono definiti come lettore CD e<br />

amplificatori integrati ma che in comune hanno la<br />

porta Ethernet, grazie alla quale possono gestire<br />

la rete locale e i servizi audio da internet. A questa<br />

l’HDA CDS50 aggiunge la meccanica compatibile con dischi CD e SACD, ingressi digitali in grado di gestire PCM fino a 24 bit / 192 kHz grazie alla<br />

sezione DAC con chip ESS9038. Nei due amplificatori integrati HDA SA10 e HDA SA20, agli ingressi digitali e alla porta Ethernet è stata aggiunta<br />

una sezione di potenza rispettivamente di 2x50 e 2x80 dove il secondo opera in Classe A per i primi 20 watt e in Classe G per potenze superiori.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Distributore: MPI ELECTRONIC - www.mpielectronic.com<br />

Streaming Player Arcam HDA CDS50<br />

Prezzo: € 1.390,00<br />

Dimensioni: 43,30 x 8,70 x 28,30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5,30 Kg<br />

Supporti compatibili: CD, SACD 2ch Formati<br />

audio compatibili: PCM, WAV, FLAC,<br />

WMA Lossless, MP3 cbr, AAC Tipo: stereo<br />

Tecnologia: a stato solido Uscite analogiche:<br />

1 RCA 1 XLR Ingressi digitali: Ottico (1),<br />

Coassiale (1), USB High resolution (1), Ethernet<br />

(1), WiFi (1) Uscite digitali: Ottica (1), Coassiale<br />

(1) Convertitore D/A: ESS9038 Sistema<br />

di conversione D/A: 32 bit - 192 kHz.<br />

Amplificatore integrato Arcam HDA SA10<br />

Prezzo: € 1.290,00<br />

Dimensioni: 43,30 x 8,70 x 31 cm (lxaxp)<br />

Peso: 8,40 Kg<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza:<br />

2 x 50 W su 8 Ohm (90 W su 4 Ohm)<br />

in classe AB Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000<br />

THD (%): 0,003 S/N (dB): 106 Phono:<br />

MM (5 mV/47 KOhm) Ingressi analogici:<br />

4 RCA Ingressi digitali: 4 totali - Ottico /<br />

RCA / Ethernet Uscite analogiche: 1 RCA<br />

Convertitore audio D/A: ESS9016K2M<br />

Sistema di conversione audio D/A: 24<br />

bit - 192 kHz.<br />

Amplificatore integrato Arcam HDA SA20<br />

Prezzo: € 1.750,00<br />

Dimensioni: 43,30 x 8,70 x 28,30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5,30 Kg<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza:<br />

2 x 90 W su 8 Ohm (180 W su 4 Ohm)<br />

in classe AB Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000<br />

THD (%): 0,002 S/N (dB): 106 Phono:<br />

MM (5 mV/47 KOhm) Ingressi analogici:<br />

4 RCA Ingressi digitali: 4 totali - Ottico /<br />

RCA / Ethernet Uscite analogiche: 1 RCA<br />

Convertitore audio D/A: ESS9038K2M<br />

Sistema di conversione audio D/A: 24<br />

bit - 192 kHz.<br />

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VIDEON HI-FI S.R.L.<br />

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8 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


ANTENNA<br />

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Coppia delle meraviglie<br />

Emm Labs presenta un nuovo pre e un finale mono che si collocano direttamente nella parte alta del listino: più precisamente il PRE diventa il nuovo<br />

riferimento della linea, superando per prezzo il PRE2, mentre il finale MTRX2 rimane appena sotto il top di gamma MTRX. Il nuovo finale riporta<br />

la tecnologia proprietaria di Meitner con una struttura completamente a discreti e bilanciata, con zero retroazione negativa: un mix che secondo<br />

Ed Meitner ha l’obiettivo di combinare bassa distorsione e banda audio molto elevata oltre a picchi di corrente importanti anche su carichi bassi (la<br />

scheda tecnica ufficiale parla di amplificatore stabile ad un solo ohm). In dotazione alla coppia di MTRX2 il cavo di alimentazione Kimber Kable da<br />

30 A custom e la doppia coppia di connettori per gli altoparlanti realizzati da Furutech. La sostanziale differenza tra il nuovo MTRX2 e l’MTRX top<br />

di gamma già in listino è la potenza relativamente più ridotta: 1000 watt per il primo, 1500 per il secondo. Con il PRE Meitner ha voluto realizzare<br />

una macchina ancora più raffinata ed estrema già da un punto di vista strutturale, con un telaio di spessore elevato e soprattutto la scheda madre<br />

principale realizzata con materiali di grado aerospaziali grazie ai quali si migliora la dissipazione della temperatura a tutto vantaggio della costanza<br />

delle prestazioni e della maggiore resistenza alle vibrazioni. Configurazione completamente bilanciata; controllo analogico del volume via software:<br />

questo elemento in particolare è quello che è stato maggiormente sviluppato e perfezionato rispetto al PRE2, per ottenere un controllo ancora più<br />

preciso e pulito. É possibile utilizzare le tre coppie di uscite (due XLR e una RCA) per realizzare direttamente un sistema bi o tri-amplificato. Ingressi,<br />

solo linea e solo in analogico, in formato sia XLR che RCA. Pora USB e RS232 per entrambi gli apparecchi per l’aggiornamento del software e il<br />

controllo remoto di funzioni e set-up da computer. Produzione rigorosamente Made in Canada.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Distributore: Audio Reference - www.audioreference.it<br />

Preamplificatore Emm Labs PRE<br />

Prezzo: € 33.695,00<br />

Dimensioni: 43,8 x 16,1 x 40 cm (lxaxp)<br />

Peso: 17,2 Kg<br />

Tecnologia: a stato solido Ingressi: 3x RCA, 3x XLR Uscite: 2x XLR,<br />

1x RCA Risp. in freq. (Hz): 0-200.000 THD (%): 0,004 Guadagno<br />

(dB): 74 Sens./imp. line (mV/kOhm): XLR 40 kohm - RCA 20<br />

kohm S/N (dB): 100 Livello uscita max (V): 4 Impedenza uscita<br />

(Ohm): XLR 150 - RCA 75 Note: Circuito a discreti completamente<br />

bilanciato, Classe A. Controllo del volume analogico. Ingresso USB per<br />

update del software. Porta RS232.<br />

Amplificatore finale Emm Labs MTRX2<br />

Prezzo: € 98.100,00<br />

Dimensioni: 54,4 x 29,7 x 58,4 cm (lxaxp)<br />

Peso: 82 Kg<br />

Tipo: mono Tecnologia: stato solido Classe AB Potenza (W): 1000/4<br />

Risp. in freq. (Hz): 0-500.000 Sens./imp. (V/kOhm): 100 S/N<br />

(dB): 120 THD (%): 0,005 Fattore di smorzamento: 1000 Slew<br />

Rate (V/µs): 100 Ingressi: XLR, RCA, RS232, USB software Note:<br />

Circuitazione proprietaria di Meitner con zero retroazione negativa,<br />

totalmente a discreti e bilanciato. Prezzo la coppia.<br />

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10 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


ANTENNA<br />

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La cura delle MC<br />

Rega realizza il top di gamma Aura MC, pre-phono dedicato al carico MC<br />

e in modo particolare alle proprie testine moving coil così da realizzare<br />

un’abbinata specializzata e focalizzata. Già il colpo d’occhio iniziale colloca<br />

il prodotto su un piano diverso rispetto ai prodotti già in listino: larghezza<br />

full-size per il nuovo arrivato a confronto con i compatti Fono e Aria. Anche il prezzo, che sarà grosso modo il triplo di Aria (4.000 sterline in UK),<br />

è un modo per collocare Aura MC in un’altra categoria: probabilmente si tratta del pre-phono che a lungo rappresenterà il migliore know-how di<br />

Rega. La caratteristica principale di Aura MC è la sua struttura a tre stadi: il primo è composto da un amplificatore a simmetria complementare<br />

con stadio di ingresso a FET paralleli e pilota la parte ad alta frequenza della RIAA; il secondo è un amplificatore differenziale simmetrico utilizzato<br />

anche come amplificatore attivo nella parte a bassa frequenza della RIAA; il terzo stadio realizza l’uscita bilanciata parallelamente all’uscita del<br />

secondo stadio. Ognuno di questi stadi ha la sua alimentazione dedicata, realizzata in configurazione simmetrica con diodi ad alta velocità e un<br />

sovradimensionamento nella tensione del 60% rispetto a un prodotto simile. Sul percorso audio sono presenti condensatori in polipropilene, nello<br />

stadio RIAA la loro tolleranza è dell’1%. I parametri di regolazione di Aura MC permettono di settare i valori di lavoro in maniera molto approfondita.<br />

Per la capacità di ingresso possiamo scegliere tra 1.000 (quella più vicina alle testina Rega), 2.000, 3.200, 4.300 e 5.700 pF; per il carico la<br />

selezione possibile è tra 50, 100 (quella più vicina alle testina Rega), 150, 300 e 400 Ohm. Tutti valori che possono essere facilmente selezionati con<br />

due manopole direttamente sul frontale dell’apparecchio. A queste si aggiunge il tasto del guadagno su due posizioni a 63,5 e 69,5 dB. Inoltre sono<br />

presenti il Mute e il Mono. Ingresso RCA, uscite RCA e XLR. Massimo livello di uscita di 14,5 V per l’RCA e 29 V per l’XLR.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

UN PICCOLO PHONO?<br />

Un pre-phono e di prezzo “ridotto” (mai come questa volta le virgolette sono d’obbligo) per Boulder: una<br />

combinazione di due elementi rari nell’offerta del produttore americano. Il piccolo 508 è il modello di<br />

debutto della serie 500, quella che si colloca alla base del listino e che apre la strada a prossime novità. Il<br />

pre-phono è una tipologia di prodotto che non abbonda di certo in Boulder: attualmente è disponibile<br />

solo il 1008 mentre il 2008 non è più in produzione. Il 508 e la futura serie 500 provano a comprimere<br />

i costi di produzione e da qui il prezzo di listino dei prodotti: il piccolo pre-phono sfiora i 6000 euro,<br />

anche se non è un cifra contenuta in senso assoluto lo è se la rapportiamo alle altre realizzazioni del<br />

marchio. Un primo passo per la riduzione dei costi è stata quella della….riduzione delle dimensioni:<br />

l’alluminio costa al chilo e costa la sua lavorazione per cui ogni centimetro in meno pesa sul conto finale; quello utilizzato per il 508 è di tipo 6061-T6 (una lega con<br />

magnesio e silicio) lavorato in CNC da un solo blocco. Verosimilmente questa riduzione delle dimensioni generali sarà la caratteristica anche degli altri prodotti<br />

che saranno presentati nella serie 500. La scheda madre è un esempio di buona lavorazione in MSD con misure estremamente compatte, dove la progettazione<br />

CAD permette di ottimizzare spazi e percorsi. Un altro elemento che ha permesso un risparmio dei costi (senza influire in maniera sensibile sulle prestazioni) è<br />

l’uso di elementi meccanici dello switch tra testine MM e MC, invece di circuiti elettronici. Un altro segno di essenzialità in funzione della riduzione del prezzo è<br />

la mancanza di possibilità di intervenire sui valori di interfacciamento con la testina: il progettista ha scelto 47k ohm per MM e 100 ohm per MC cosi da coprire<br />

una ampio range di possibilità; il guadagno è di 70 dB per MC 44 dB per MM. Stadio RIAA a due stadi; filtro passa-alto fisso a 10 Hz. Connessioni solo in formato<br />

XLR, sia in ingresso che in uscita, come è in bilanciato tutto il percorso audio. Stadio di alimentazione integrato nel telaio ma adeguatamente isolato dal circuito<br />

audio per evitare possibili inneschi di rumore.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Unità phono Boulder 508<br />

Prezzo: € 5.900,00<br />

Dimensioni: 29,2 x 5,8 x 24,1 cm (lxaxp)<br />

Peso: 5,2 Kg<br />

Tipo: MM/MC Tecnologia: stadio solido Risp. in<br />

freq. (Hz): 20-20.000 +/-0,5 dB Impedenza MM<br />

(kOhm): 1000 Impedenza MC (Ohm): 470k<br />

Distributore: Audio Graffiti<br />

www.audiograffiti.com<br />

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BUSCEMI HI-FI<br />

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DISTRIBUITO DA: PIXEL ENGINEERING SRL - VIA SAN FRANCESCO, 4 - 21013 - GALLARATE (VA) - TEL. + 39 0331 781872 - WWW.PIXELENGINEERING.IT<br />

12 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


ANTENNA<br />

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IL BUON <strong>SUONO</strong> SENZA CLAMORI<br />

A uno sguardo veloce è di fatto impossibile distinguere la nuova coppia<br />

5010 dalle serie attualmente in catalogo, anche se i nuovi arrivati<br />

diventano il top di gamma e vanno a colmare il divario di prezzo tra<br />

la serie 3010 e i fuoriserie MCX. Al momento la 5010 è composta dal<br />

PreAmplifier e la coppia di Mono Power Amplifier, con l’aggiunta<br />

delle due card opzionali per aggiungere al pre uno stadio phono MM/<br />

MC o un DAC PCM/DSD. Design assolutamente e tradizionalmente<br />

poco appariscente, perfetta interpretazione dell’understatement<br />

britannico: oltre all’accensione, solo una coppia di manopole per il<br />

pre, neanche queste per la coppia dei finali. Il pre dispone di uscite<br />

bilanciate, accoppiato in DC, e conta un solo condensatore sull’ingresso.<br />

Sezione di alimentazione con trasformatore da 200 watt e<br />

un banco con 24 condensatori con rettificatrice ad alta velocità. Sezione di alimentazione ovviamente più robusta per il finale mono: ognuno<br />

di essi conta un trasformatore da 800 watt, doppia linea rettificatrice, banco di condensatori doppio da 10.000 mF e otto transistor di potenza.<br />

Il tutto si traduce in 200 watt per canale su 8 ohm e 370 su 4. Circuiti cascode per l’ingresso e il secondo stadio di amplificazione; resistenze<br />

Welwyn RC55; condensatori in polipropilene e polistirene.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Distributore: Hi-Fi United - www.hifiunited.it<br />

Amplificatore finale Exposure 5010 Mono Power Amplifier<br />

Dimensioni: 44 x 11,5 x 30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 14 Kg<br />

Tipo: mono Tecnologia: stadio solido Potenza (W): 200/370 @ 8/4 Risp.<br />

in freq. (Hz): 0-52.000 Sens./imp. (V/kOhm): 75 S/N (dB): 120 THD (%):<br />

0,0015 Ingressi: RCA/XLR Note: Prezzo in UK la coppia: 4.550 sterline.<br />

Preamplificatore Exposure 5010 PreAmplifier<br />

Dimensioni: 44 x 9 x 30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 6 Kg<br />

Tecnologia: a stato solido Ingressi: 6 linea RCA Uscite: Tape, 2x RCA,<br />

1x XLR Risp. in freq. (Hz): -3 dB @ 1k e 57k THD (%): 0,005 Guadagno<br />

(dB): 9 sbilanciato - 15 bilanciato Sens./imp. line (mV/kOhm): 500 S/N<br />

(dB): 98 Livello uscita max (V): 9 Optional: modulo MM/MC o DAC<br />

Note: Prezzo in UK: 2.000 sterline. Prezzo modulo opzionale MM/MC<br />

265 sterline. Prezzo modulo opzionale DAC 370 sterline.<br />

Non solo bit<br />

Il listino di Lumin è composto sostanzialmente da una serie di network player, ognuno<br />

con caratteristiche e funzionalità specifiche per diversi usi. Poche altre le eccezioni, solo<br />

per un transport e un player con funzioni di amplificatore integrato. Proprio da questo<br />

in Lumin hanno preso lo spunto per realizzare l’Amp, quello che, come suggerisce la<br />

stringata sigla, è un finale di potenza. Da abbinare proprio a uno dei vari player con il<br />

supporto dell’app dedicata che permette di gestire la libreria audio su tablet in maniera<br />

semplice ed efficace. L’Amp conserva lo stile e i materiali dei player, quindi un monolite di<br />

alluminio ricavato dal pieno con uno spessore di 8 mm, con il frontale stondato a replicare quello degli<br />

altri prodotti. Stadio di potenza in Class AB a discreti e zero feedback totale; può essere configurato oltre che in<br />

stereofonia (2 x 160/320 watt @ 8/4 ohm) anche in dual mono o in bridge mono. A bordo dell’Amp un trasformatore toroidale custom da 650 VA;<br />

doppio ingresso RCA e XLR.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Distributore: Green Sounds - www.greensounds.it<br />

NUOVA SERIE<br />

www.pmc-speakers.com<br />

The definition of performance.<br />

vieni ad ascoltarle a Cassano d’Adda da:<br />

Visconti Alta Fedeltà<br />

Se amate la musica,<br />

noi, possiamo fare molto per Voi.<br />

Piazzale Gobetti 20062 Cassano d’Adda (MI)<br />

Tel: +39 0363 361120<br />

info@viscontialtafedelta.it<br />

14 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


ANTENNA<br />

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Pensiero diverso<br />

L’approccio “diverso” di Mauro Clementi lo ha portato, nel corso degli anni, a realizzare diffusori<br />

altrettanto fuori dall’ordinario. Lo stesso è successo anche per il nuovo M12a, sebbene questo presenti<br />

forme e costi ben meno estremi delle sue altre realizzazioni. Il principio di base che ha fatto scattare<br />

la molla per l’M12a è stato quello di utilizzare i due Fostex FE83 e FE103 in configurazione diversa<br />

da quella da full-range a cui siamo abituati. Clementi ha innanzitutto deciso di utilizzarli insieme,<br />

indirizzando ciascuno dei due verso la riproduzione di una più limitata e specifica banda audio: quella<br />

più alta per il piccolo 83 e quella media per il 103. Secondo l’idea di Mauro Clementi in questo modo i<br />

due altoparlanti tirano fuori le loro migliori prestazioni timbriche e dinamiche, senza l’assillo di dover<br />

coprire una parte della gamma audio di relativa pertinenza. Entrambi gli altoparlanti sono in versione<br />

“sol”, quella che Fostex ha realizzato come personale regalo per i 50 anni: una revisione alla bobina mobile è<br />

l’elemento tecnico più<br />

rilevante di questa release, oltre alla colorazione dorata della flangia. Per completare la gamma bassa Clementi ha progettato, e fatto realizzare, un<br />

woofer da 30 cm ottimizzato per la sospensione pneumatica. Mobile compatto, realizzato in listato di abete massello con finitura in impiallacciato<br />

di Tanganika naturale; crossover con elementi del calibro di Mundorf, ClarityCup e Jantzen. Partner naturale, e di fatto obbligatorio, è lo stand<br />

che ha il doppio compito di portare l’altezza del diffusore a quella ideale e allo stesso tempo di creare una massa importante per poter smorzare<br />

adeguatamente le prestazioni meccaniche della potente gamma bassa. Lo stand è realizzato interponendo dei supporti in metallo alle due piastre<br />

superiori e inferiori in acciaio da 10 mm di spessore: il peso totale dello stand sfiora i 35 kg contro i 25 del singolo diffusore. Da notare la griglia di<br />

protezione trasparente che lascia in bella vista gli altoparlanti utilizzati, anche questa una soluzione poco utilizzata.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Diffusori MacLementhorn M12a<br />

Prezzo: € 3.800,00<br />

Dimensioni: 40 x 57 x 37 cm (lxaxp)<br />

Peso: 25 Kg<br />

Distributore: Monrio di Gazzola G.- www.monrio.com<br />

Tipo: da supporto Caricamento: Sospensione pneumatica N. vie: 3<br />

Potenza (W): 125 Impedenza (Ohm): 8 Risp. in freq (Hz): 35 -<br />

20.000 Sensibilità (dB): 89 Altoparlanti: Tw Fostex FE83sol; Md<br />

Fostex FE103sol; Wf 30 cm custom Rifinitura: Impiallacciato Tanganika<br />

naturale Note: disponibile stand dedicato in metallo verniciato a polveri<br />

da 40 x 42 x 37 cm peso 34,5 kg cad.<br />

UN MILIONE PER SUONARE MEGLIO<br />

Il nuovo finale mono Evolution One di NuPrime parte da un dato, quello di 1 milione<br />

di ohm per lo stadio di ingresso: un valore che, secondo il progettista, semplifica l’abbinamento con il carico e allo stesso tempo riduce la distorsione armonica e<br />

le problematiche di fase con il resto del sistema. Un valore elevato abbastanza raro tra gli amplificatori in Classe D. In realtà oltre al valore da primato dello stadio di<br />

ingresso l’Evolution One presenta anche altre importanti caratteristiche, quelle che lo pongono in qualche modo come il modello alfa di una nuova generazione<br />

di prodotti NuPrime, una sorta di “nuova giovinezza” che arriva a fare da spartiacque ufficiale con la vecchia gestione e proprietà del marchio. L’altro elemento<br />

innovativo di questo apparecchio è l’inedito modulo di potenza in Classe D a 700 kHz (nella foto)al quale corrisponde una sezione di alimentazione adeguatamente<br />

rivista ed ottimizzata, per gestire maggiore potenza con rumore minore. In evidenza in questo senso la mancanza di cavi tra l’alimentatore e l’amplificatore,<br />

sostituiti da strisce di rame pieno.<br />

Vincenzo Maragoni<br />

Distributore: Audio Graffiti - www.audiograffiti.com<br />

Amplificatore finale NuPrime Evolution One<br />

Prezzo: € 7.990,00<br />

Dimensioni: 43 x 5,7 x 37,5 cm (lxaxp)<br />

Peso: 7 Kg<br />

Tipo: mono Tecnologia: Classe D Potenza (W): 240/330 @ 8/4 Risp. in<br />

freq. (Hz): 0-50.000 Sens./imp. (V/kOhm): 1,5/1000 S/N (dB): 91 THD<br />

(%): 0,01 Ingressi: RCA-XLR Note: Impedenza di ingresso 1 milione di<br />

ohm. Prezzo la coppia.<br />

VIENI A PROVARLO DA:<br />

TAXIVISION 1 S.R.L.<br />

VIA GIUSEPPE VERDI, 21, 10124 TORINO<br />

TEL. 011882185<br />

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16 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


INSIDE<br />

di Antonio Gaudino<br />

Un angelo<br />

con la tromba<br />

Era un angelo. Per essere più esatti aveva la faccia di un angelo. Uno sguardo magnetico, una presenza<br />

malinconica dagli occhi dolci e dal fare tenero. Un volto alla James Dean che innamorò i giovani dell’epoca<br />

e che le generazioni future, in seguito, renderanno “cult”.<br />

Chet Baker scomparve una notte di maggio del 1988, ad Amsterdam,<br />

volando giù dal secondo piano dalla finestra d’albergo<br />

dove risiedeva. La Polizia, al suo arrivo, trovò la porta<br />

chiusa da dentro e, entrando, vi trovò della droga (compagna maledetta<br />

e fedele di Chet). Qualcuno disse che si fu “suicidato”, un’ipotesi<br />

che azzardarono in molti ma che le indagini non dimostrarono mai.<br />

Negli anni ‘50, forse per cercare una via di fuga dal grande successo<br />

che aveva in America, cominciò a fare uso di eroina, un “vizio” che lo<br />

accompagnerà tutta la vita. Come Sinatra e Presley, diventò presto un<br />

mito, amato dalla generazione dell’epoca: oltre ad avere un talento<br />

unico, possedeva quel fascino che portava all’idolatria vera e propria<br />

da parte dei numerosi fan.<br />

Chesney Henry Baker nasce il 23 dicembre 1929, a Yale, nell’Oklahoma.<br />

All’età di 13 anni inizia a suonare, dopo aver ricevuto in regalo<br />

una tromba dal padre (chitarrista). Da subito comincia a prendere<br />

lezioni, poi a 16 anni lascia gli studi per entrare nell’esercito americano<br />

di stanza a Berlino. Lascerà l’esercito nel 1950: questa è la data<br />

esatta in cui inizia la sua carriera. Incontra e suona con i migliori<br />

jazzisti del tempo fra i quali Charlie Parker, Gerry Mulligan, Russ<br />

Freeman, Dexter Gordon e Paul Desmond. Aveva una scelta delle<br />

note rara, un equilibrio fragile fra il silenzio delicato e una nota appena<br />

scandita; conosceva il luogo esatto dove trovare le note dolci, un<br />

luogo dell’anima accessibile solo ai “grandi”. Anche oggi, ascoltando i<br />

suoi album, si ha la sensazione che ogni assolo sia un’intuizione, una<br />

possibile figura che apre scenari per altri sfondi: le note faticavano<br />

a staccarsi, implorando di rimanere qualche istante in più nell’aria<br />

soffiata da Chet. Ci sono Artisti che nascono per essere riconosciuti<br />

all’istante: può bastare un attimo, lo spazio di un secondo (mentre<br />

cerchi una radio che ti faccia compagnia nella notte) e capire che quel<br />

suono non può che essere il suo: “the young Chet”. Nel corso della sua<br />

carriera Chet Baker è stato uno dei “bianchi” più apprezzati nel jazz<br />

dalla comunità “nera”; d’altronde a quel tempo la discografia americana<br />

aveva l’esigenza di portare alla ribalta un “bianco” come risposta<br />

allo strapotere, inevitabile, dei jazzisti di colore che di quell’arte e<br />

genere musicale ne erano e ne sono i maestri. Chet Baker aveva un<br />

altro dono: il canto. Quando cantava avevi la sensazione che il suono<br />

della tromba si trasferisse sulle parole: oniriche e provenienti dal<br />

cuore come in Every Time We Say Goodbye, brano in cui la voce e<br />

la tromba di Chet si fondono alternandosi in un confine così sottile<br />

da non riconoscerne il passaggio fra i due “strumenti”. Memorabile il<br />

tono soffuso e notturno in Everything Happens To Me, “icona” della<br />

malinconica dolcezza (anche se forse quella malinconia non era altro<br />

che l’amore per la musica che lo incantò tutta la vita) con cui trattava<br />

le note con la tromba e le parole con la voce. Chi conobbe Chet Baker<br />

ha sempre avuto la sensazione che da un momento all’altro potesse<br />

andarsene, lasciare tutto e tutti portandosi dietro solo la sua tromba<br />

luccicante. Compagno di viaggio di alcune donne, ebbe due figli da<br />

due ragazze diverse, la bellissima Halima e Carol Baker, madre del<br />

secondo nato. Carol fu certamente la donna più importante, la complice<br />

più attenta e comprensiva, sapeva che sarebbe potuto partire in<br />

qualsiasi momento dopo aver pronunciato l’arcinota frase: “esco per<br />

prendere le sigarette”, o a bere una birra. Tornava Chet, Chet tornava<br />

sempre, ma tra la partenza e il ritorno non c’era un tempo esatto. Il<br />

1955 è l’anno che segna l’avventura in Europa, un tour che durerà<br />

cinque anni e tocca, nel 1959, l’Italia. Durante il periodo italiano Chet<br />

avrà gravi problemi con la droga che lo condurranno in prigione,<br />

nel carcere di Pisa. L’Italia fu anche “palcoscenico” di innumerevoli<br />

incontri con jazzisti nostrani come Piero Umiliani, Carlo Loffredo<br />

e Nicola Stilo (chitarrista, flautista e pianista) con cui, negli ultimi<br />

anni della sua vita, strinse una collaborazione musicale che diventò<br />

un’amicizia così importante che alla morte dell’amico scrisse una<br />

poesia per lui, Unforgettable Chet (rintracciabile nel bel libro curato<br />

18 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


CHET BAKER<br />

da Paola Boncompagni e Aldo Lastella, edito da Stampa Alternativa/<br />

Nuovi Equilibri, dal titolo Chet Baker in Italia. Racconti di vita e<br />

di musica: 1955-1988). Adorava le automobili, con l’automobile era<br />

capace di esibirsi a Parigi e la notte dopo raggiungere Berlino, un<br />

vero e proprio amore come viene ben sottolineato nel meraviglioso<br />

film-documentario (dove lui stesso è attore della sua vita) Let’s Get<br />

Lost di Bruce Weber, premiato a Venezia dalla critica nel 1988, film<br />

che Chet non fece in tempo a vedere: un viaggio che ripercorre, in<br />

bianco e nero, le tappe fondamentali della vita di questo immenso<br />

jazzista. Due ore da brividi costanti sulla pelle attraverso le testimonianze<br />

di chi lo ha conosciuto, di chi ha suonato con lui, di chi lo ha<br />

fotografato come William Claxton, che si accorse per primo della<br />

fotogenia di Chet quando, in camera oscura, stampando le foto delle<br />

session con Gerry Mulligan e il suo quartetto, si accorse presto che<br />

quel “giovane” trombettista, pur non essendo a “fuoco” o in primo piano,<br />

“bucava” l’obbiettivo come nessuno al mondo. Quell’intuizione,<br />

quella constatazione portò Claxton a immortalare Chet Baker fino a<br />

ricavarne dei “book” di foto memorabili che hanno fatto il giro del<br />

mondo. A distanza di 15 anni dalla sua morte, Chet è più vivo che<br />

mai nella memoria di chi lo ha amato e lo ama, i suoi dischi (ormai<br />

ristampati tutti in CD) mantengono intatta la magia, i colori e quelle<br />

note “blu” che lo contraddistinsero nella sua incredibile e maledetta<br />

carriera. Per alcuni Artisti l’immortalità esiste e resiste attraverso le<br />

loro opere. Provate ad ascoltare, nel film Round Midnight di Bertrand<br />

Tavernier, Fair Weather: una voce in sottofondo che si alterna ad<br />

assolo di tromba che accompagna alcune sequenze nel locale “Blue<br />

Note” della Parigi anni ’50 mentre il protagonista, Dale Turner (Dexter<br />

Gordon), smarrito, solo e succube dell’eroina, si perde nella notte;<br />

Chet, con tromba e voce, lo accompagna fino alla fine del viaggio:<br />

“stanco di tutto tranne che della musica.”<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 19


INSIDE<br />

Così secondo Bruce Weber<br />

I ricordi del regista e fotografo nei giorni dell’uscita del<br />

suo film Let’s Get Lost su Chet Baker.<br />

Ritornando dal festival del cinema di Cannes e passando per Marsiglia<br />

sullo skytrain, penso quanto piaceva Marsiglia a Chet Baker pur non<br />

avendoci mai suonato - stava soprattutto a Parigi al New Morning. Faceva<br />

sempre un rapido salto con la macchina di un amico in Germania per<br />

registrare un CD in un giorno per poi tornare a Parigi. Sono passati 21<br />

anni da quando ho girato parte di Let’s Get Lost a Cannes, oltre a proiettare<br />

il mio primo documentario, Broken Noses, al teatro Jean Cocteau e<br />

fotografare per Per Lui. Sì, c’era molta confusione, ma quello era il modo<br />

migliore per me di stare con Chet, perché se non si fosse presentato,<br />

avremmo sempre avuto qualcos’altro da fare. Ma indovina un po’? Eccolo<br />

lì, puntuale, capelli pettinati all’indietro, la custodia della tromba in una<br />

mano e la sua fidanzata nell’altra. Da come ero ossessionato da Chet e<br />

dal mio film, in quel periodo mi sembrava che tutti avessero iniziato a<br />

somigliargli in qualche modo. Sapevo che Andy Minsker, il pugile che ha<br />

recitato in Broken Noses gli somigliava ma anche le guardie del corpo, i<br />

camerieri, i bagnini e altri attori sembravano assomigliarli come fossero<br />

gemelli di Chet. Ora, naturalmente, nel mondo reale questo non era vero,<br />

ma ero perso in questo viaggio con Chet e avevo questa grande paura di<br />

perderlo nel mondo esterno. È quasi come quando un cane scappa da<br />

casa: cerchi di sostituirlo e chiamare il nuovo cane con lo stesso nome<br />

ma in qualche modo non è mai lo stesso.<br />

Quando ho finito di pubblicare Let’s Get Lost nel 1988 al Brill Building di<br />

New York, abbiamo ricevuto una telefonata da Cherry Vanilla, apparsa<br />

anche nel film. Ci disse tristemente che Chet era morto e che lo avevano<br />

trovato disteso in una strada fuori dal suo hotel ad Amsterdam. Anni<br />

dopo Johnny Depp è venuto a trovare me e Nan Bush, il produttore<br />

dei miei film, nel nostro loft di New York City. Johnny si rannicchiò sul<br />

divano e disse che voleva interpretare Chet in un lungometraggio. Ci ha<br />

chiesto se possedevamo i diritti della storia di Chet. Nan e io abbiamo<br />

riso e detto a Johnny che Chet aveva venduto la sua storia infinite volte<br />

ma nessuno aveva mai realmente posseduto la storia di Chet, voleva<br />

essere libero come un uccello. Ero triste perché nessuno sembrava più<br />

assomigliare Chet - e Johnny sicuramente no, ma è qualcuno che mi<br />

è sempre piaciuto e ho fotografato dall’inizio della sua carriera. Così<br />

gli dissi: “Ad ogni modo, assomigli più ad Art Pepper e c’è un grande<br />

libro sulla sua vita scritto dalla sua ragazza che si intitola The Straight<br />

Life.” Un giorno nella vita di Art è stato come un anno nella vita di molte<br />

persone. Non penso che Johnny abbia mai letto quel libro e non ha mai<br />

fatto quel film. Mentre portavo Johnny nell’ascensore, mi disse: “Allora<br />

cosa ti succede in questi giorni?”. Gli dissi che Nan e io stavamo facendo<br />

un documentario su Robert Mitchum. Johnny mi ha rivolto un grande<br />

sorriso e ha detto: “È uno dei miei attori preferiti oltre a Brando, e mio<br />

padre gli assomiglia così tanto che quando esco a cena con lui la gente<br />

viene a chiedere il suo autografo.” Quando il montacarichi raggiunse<br />

il pianterreno ci abbracciammo e io dissi: “Forse potresti scrivere una<br />

presentazione per il nostro libro per accompagnare il film di Mitchum?”.<br />

“Conta su di me” disse Johnny mentre salutava. Oh bene, pensai, eccomi<br />

di nuovo qui: ora tutti assomigliano a Bob Mitchum! Ho realizzato quel<br />

film su Mitchum e non ho mai incontrato il papà di Johnny ma non<br />

ho visto nessuno che assomigliasse a Bob - forse perché avevo ancora<br />

immagini di Chet fluttuanti nel mio subconscio. Ho visto per la prima<br />

volta fotografie di Chet, scattate da William Claxton, circa 40 anni fa<br />

sulla copertina di un album chiamato Chet Baker Sings and Play. Collezionavo<br />

dischi jazz in quel periodo (lo faccio ancora ma la maggior<br />

parte dei piccoli negozi di dischi nell’East Village di New York, dove ero<br />

solito andare, stanno chiudendo). A quel tempo frequentavo la scuola di<br />

cinema della New York University. Ho incontrato Claxton e sua moglie<br />

Peggy Moffitt; è stata la prima modella a indossare il costume da bagno<br />

in topless di Rudi Gernreich.<br />

Bill mi ha fotografato e ha realizzato un cortometraggio con me e Peggy.<br />

Aveva tre grandi distrazioni nella sua vita: Peggy, Steve McQueen e Chet<br />

Baker. Non mi potevo paragonare a loro, essendo uno studente di cinema<br />

timido e goffo, ma Bill era un vero tesoro per chiunque si trovasse davanti<br />

alla sua macchina fotografica. Mi ha fatto sentire molto fiducioso, così ho<br />

potuto fantasticare di essere nella stessa banda di Steve e Chet. Ho imparato<br />

molto da Bill e ora quando fotografo così tanti ragazzi universitari<br />

per Abercrombie & Fitch penso a Bill e al suo rispetto per l’individuo e<br />

al modo in cui tutti erano belli finché non si scopriva che non avevano<br />

un’anima insieme a un bel corpo. Ho sempre pensato che Chet avesse<br />

quell’anima, indipendentemente dall’età che aveva, non importava se gli<br />

mancavano i denti o quante linee gli circondavano gli occhi. Le persone<br />

mi chiedono sempre: “Cos’è la bellezza?”. Rido sempre e dico: “Oggi è<br />

una cosa e un’altra domani”. Mentre viaggiavamo verso i festival cinematografici<br />

con Let’s Get Lost e gli altri miei documentari, continuavo<br />

a cercare un altro Chet Baker, qualcuno che ti facesse viaggiare in un<br />

lontano avamposto nella tua mente, senza preoccuparti del biglietto di<br />

ritorno. Peter Johnson, che ha recitato nel mio film successivo Chop<br />

Suey, assomigliava a Chet quando cresceva in Oklahoma. Ho persino<br />

fotografato il profilo di Peter con una tromba appoggiata dolcemente<br />

contro la sua guancia. Successivamente è arrivato A Letter to True, un<br />

documentario contro la guerra interpretato dal mio cane True e Dirk<br />

Bogarde e con le voci fuori campo di Julie Christie e Marianne Faithfull.<br />

A volte c’era un senso di nostalgia negli occhi di True, analogo a quello<br />

che vedevo negli occhi di Chet dopo aver finito una canzone e c’era il<br />

silenzio nello studio di registrazione.<br />

Recentemente ho pranzato seduto di fronte a Clint Eastwood. Abbiamo<br />

20 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


CHET BAKER<br />

parlato di Bird e Chet, della sua musica e del mio film, davanti a uno<br />

strano buffet per “due tipi da hamburger” con il cibo che i francesi a volte<br />

servono, che mi piace definire “cibo misterioso”. Ho riso, ricordando<br />

quando ero ragazzo a Greensburgh, in Pennsylvania - non si sentiva un<br />

suono nella casa dei miei genitori (tutta la musica jazz era spenta) così<br />

potevamo guardare religiosamente Clint nella sua serie TV Rawhide.<br />

Anche allora ho fotografato tutti quelli che assomigliavano a Clint: cheerleader,<br />

mia mamma e papà e il capitano della nostra squadra locale di<br />

calcio. Beh, non l’ho detto a Clint, perché gli stavo facendo un ritratto di<br />

famiglia con la moglie e il figlio, e loro avrebbero pensato che fossi un<br />

tipo stravagante. Forse lo sono ma va bene perché sto ancora cercando un<br />

altro Chet Baker nella mia vita - perché Chet mi ha rovinato. Ho iniziato<br />

a rendermi conto che non esiste nemmeno un solo altro Chet Baker. Non<br />

posso fare a meno di continuare a cercare un nuovo Chet, così potrò fare<br />

un altro film, così potrò scattare fotografie per un altro libro, e così ancora<br />

una volta potrò avere, “solo per un brivido”, la possibilità di conoscere<br />

qualcuno magico che non si può mai più dimenticare.<br />

La fotografia è il jazz degli occhi<br />

Chet Baker nel ricordo del fotografo William Claxton<br />

Ci sono tre persone che ho fotografato che si distinguono per avere una<br />

vera presenza e magnetismo di fronte alla macchina fotografica: Steve<br />

McQueen, mia moglie Peggy Moffitt, che è una modella, e Chet Baker.<br />

Sembrano sapere istintivamente cosa fare, come muoversi, da che parte<br />

girarsi per catturare la luce migliore - senza mai essere consapevoli di<br />

queste azioni. Si sono divertiti ad essere fotografati, e apparivano rilassati<br />

e spontanei. Solo quando ho iniziato a fotografare Chet Baker nel 1952<br />

ho capito ciò che il termine “fotogenico” vuol dire davvero. Aveva solo<br />

22 anni, da non molto tempo fuori dall’esercito, e suonava la tromba con<br />

il più grande musicista jazz del tempo, Charlie Parker. Io ero un po’ più<br />

giovane, studiavo psicologia presso la UCLA, e facevo riprese e foto per<br />

pagarmi l’università. Ho pensato che suonava splendidamente, e che<br />

sembrava un po’ un duro, ma la sua faccia al contrario era carina, un<br />

po’ troppo americana, e non ho davvero pensato molto di più. È stato<br />

solo dopo che ho iniziato a sviluppare la pellicola nella mia stanza buia<br />

dopo i concerti che ho capito che solo una faccia continuava ad emergere<br />

in maniera incredibilmente forte - il volto di Chet Baker. È stato come<br />

una magia; l’intero quadro appena illuminato. L’adesione al quartetto<br />

groung-breaking di Gerry Mulligan un anno dopo fece brillare davvero<br />

il talento musicale di Chet, e cominciò a ricevere molta più attenzione.<br />

Ho iniziato a scattare foto di lui per la Pacific Jazz Records, di cui ero<br />

diventato partner, e in poco tempo aveva suo gruppo: Was winning polls!<br />

(stava vincendo i sondaggi) e i suoi dischi stavano salendo vertiginosamente<br />

nelle vendite, e gli venivano offerte parti in film.<br />

Era un musicista formidabile. Non leggeva molto bene la musica, e la<br />

sua tecnica era modesta rispetto a certi virtuosi come Dizzy Gillespie,<br />

ma era naturale, e il suo fraseggio rilassato era unico, il suo grado di<br />

musicalità era alto. La sua musica era il riflesso della sua personalità:<br />

aveva i suoi momenti mediocri e gli piaceva cercare la sua strada ma<br />

era sensibile - soprattutto quando si trattava della sua arte. Ha amato<br />

moltissimo i versi dei brani: recitava le parole di canzoni popolari come<br />

poesia, e il suo canto era come il suo modo di suonare: onesto, spesso<br />

sottovalutato. Charlie Parker una volta mi ha detto: “puro e semplice,<br />

Chet”. Chet aveva anche una sorta di grazia, ed era molto sano – ha<br />

sempre fatto surf, sciato e nuotato. Era solito indossare solo una t-shirt,<br />

Levi’s e sandali, e la sua eleganza casual è diventata l’epitome della scena<br />

Cool Jazz della West Coast. È stato anche soprannominato il James<br />

Dean del jazz. Di certo attirava le donne. Anche se mascalzone e con un<br />

dente anteriore mancante (che ho nascosto molto bene nelle foto), era<br />

bello, apparentemente innocente, infantile e sexy. Conosceva un sacco<br />

di donne intimamente. Infatti, egli ebbe più ragazze di quante se ne<br />

potrebbero eventualmente contare, in ogni città, club e ad ogni data di<br />

registrazione. Era noto per essere sempre in qualche guaio, per uscire<br />

dalla finestra sul retro per evitare una ragazza. Ma le donne in realtà si<br />

gettavano su di lui: ecco era questo mascalzone perso, con la faccia da<br />

bambino che sembrava aver bisogno di una madre, e spesso ha attirato<br />

donne molto forti che volevano prendersi cura di lui. Sorrideva facilmente,<br />

incantando quasi tutti, e con Chet ci vedevamo spesso - anche<br />

se non eravamo grandi amici, suppongo gli ero abbastanza vicino. Oltre<br />

al nostro amore per la musica abbiamo condiviso la passione per le auto<br />

veloci. Io preferivo le auto sportive mentre Chet le grandi vetture come<br />

Cadillac e Lincoln. Per lui erano simboli di successo e le ha guidate in giro<br />

per California, raramente a meno di 80 miglia all’ora, giocando spesso<br />

con la sua fortuna. Le foto che ho scattato sono molto vicine a come mi<br />

piacerebbe ricordarlo. È stato il periodo migliore della sua musica, della<br />

sua arte, e il migliore dei suoi look, delle sue qualità fotogeniche. Questi<br />

sono i suoi giorni luminosi e formativi prima di cominciare a fare uso di<br />

eroina, prima che cominciasse a mostrare segni di dipendenza, prima<br />

che andasse in Europa nel 1958 e non tornasse, prima che trascorresse<br />

il tempo dentro e fuori dai guai e in carcere, prima che io perdessi le sue<br />

tracce, e così prima che cadesse morendo da una camera al secondo piano<br />

di un albergo di Amsterdam nel 1988, all’età di 59 anni.<br />

La fotografia, ho sempre pensato, è un jazz per l’occhio. Proprio come<br />

il jazz è la musica dell’arte del momento - è spontanea e avviene istantaneamente<br />

- così è la fotografia. Come il jazz registrato, la fotografia è<br />

un processo tecnico che cerca di catturare e riprodurre la sensazione di<br />

un’esperienza che può essere straordinaria e formativa al contempo. I<br />

miei scatti a Chet sono stati momenti, intuizioni nel momento in cui<br />

stava succedendo, il giorno esatto a volte. Posso praticamente ancora<br />

sentire la musica di Chet, rivedendoli.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 21


INSIDE<br />

di Francesco Bonerba<br />

Lo spirito<br />

ritrovato<br />

La storia di Sonus faber, che ha virato la boa delle 35<br />

primavere, è caratterizzata dai suoi leader e dalle loro<br />

idee. Personaggi carismatici come lo è stato Franco<br />

Serblin che l’ha creata e con le sue intuizioni l’ha portata<br />

alla ribalta, o Cesare Bevilacqua, che con la sua visione<br />

aziendale ha determinato la crescita del marchio e<br />

la sua diffusione sui mercati. In tempi più recenti<br />

indubbiamente leader (e personaggio carismatico)<br />

è stato Mauro Grange che ha tracciato una rotta,<br />

sulla base della sua “visione”, che nessuno poteva<br />

nemmeno immaginare, portando alla costruzione,<br />

attorno all’azienda vicentina, di un importante polo<br />

mondiale dell’Hi-end... Oggi nessuno dei tre è più in<br />

azienda: Sonus faber è dunque orfana di un leader,<br />

oppure no?<br />

diatriba tra una dimensione artigianale e<br />

una industriale, l’equilibrio raggiunto tra le due (non<br />

L’apparente<br />

sempre nelle medesime proporzioni) è stato alla base<br />

della particolarità di Sonus faber, particolarità che ha inciso<br />

fortemente sul suo successo tanto nel bene (con la creazione<br />

di un effetto iconico che non ha eguali a livello italiano e pochi<br />

emuli da questo punto di vista anche a livello mondiale) che nel<br />

male, quando gli elementi che hanno contribuito a quest’effetto<br />

iconico sono stati travisati o travalicati. Elementi emotivi ma<br />

anche di natura pratica (come portare parte della produzione in<br />

Oriente), all’interno di un percorso di crescita dove non si può<br />

comunque eludere, fotografando lo stato di fatto dell’azienda, il<br />

dato inequivocabilmente più rivoluzionario che ne ha caratterizzato<br />

gli ultimi anni: una marcata internazionalizzazione non<br />

solo negli obiettivi ma nello staff e nell’approccio di mercato.<br />

Eppure la presentazione della più recente delle linee, nelle parole<br />

e nei fatti, ha fatto nascere curiosità in chi vi scrive, sensibile a<br />

tutti i messaggi, tanto più quelli meno evidenti, che si nascondono<br />

nelle pieghe della comunicazione associata al lancio della<br />

gamma Sonetto. Nel comunicato ufficiale ci sono riferimenti,<br />

alcuni evidenti (“La nuova collezione nasce proprio dal profondo<br />

senso di consapevolezza, di quello che eravamo, di quello che<br />

siamo e di quello che vogliamo essere in futuro” - Livio Cucuzza,<br />

Sonus faber, chief design officer), altri meno, al desiderio di<br />

rimarcare le proprie radici, la propria italianità: non a caso per<br />

l’assemblaggio della linea Sonetto è stata approntata una nuova<br />

doppia linea di produzione interna all’azienda. Come se, dopo<br />

22 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


IN VISITA A SONUS FABER<br />

gli scintillanti palcoscenici internazionali e la consapevolezza di<br />

aver conquistato una poltrona al tavolo di quelli che contano, in<br />

Sonus faber si sentisse la necessità di ribadire chi si è, la propria<br />

storia (argomento caro a questo giornale che, lo ribadisco,<br />

ha annotato con preoccupazione proprio la tendenza di molte<br />

aziende di eludere la propria storia...). Il tutto tanto più in un<br />

momento in cui la figura del grande timoniere è stata in parte<br />

elusa dalle recenti scelte del McIntosh Group di cui Sonus faber<br />

fa parte insieme a McIntosh, Audio Research, Sumiko e Wadia e<br />

che hanno portato alla definizione dell’attuale ponte di comando<br />

costituito da Charlie Randall (Presidente & CEO) e dalla new<br />

entry Jeff Poggi (co-Chief Executive Officer and Board member),<br />

dunque a forte trazione americana, lì dove in precedenza, vuoi<br />

per le recenti vicende finanziarie (prima di questa gestione Sonus<br />

faber era proprietà di un equity found italiano), vuoi per il<br />

ruolo di traghettatore svolto da Mauro Grange, il manangment<br />

italiano sembrava svolgere un ruolo importante se non decisivo<br />

nel processo decisionale.<br />

Sia come sia la presentazione di una linea che “...si ispira a modelli<br />

di gamma più alta; tale ispirazione si esplicita chiaramente<br />

nella presenza di molti elementi iconici...” e, ancor di più, “presenta<br />

quello che noi definiamo la “Voce di Sonus faber”, merita un<br />

immediato approfondimento di indagine e così in una caldissima<br />

giornata di mezza estate, proprio alla vigilia della commercializzazione<br />

de prodotti della linea Sonetto, mi sono ritrovato nel<br />

distretto industriale di Vicenza con l’obiettivo di raggiungere l’edificio<br />

a forma di violino creato dallo Studio Albanese che ospita<br />

dal 2003 La Sonus faber, alla ricerca delle possibili domande in<br />

grado di generare le auspicabili risposte; ecco quello che sono<br />

riuscito a capire...<br />

Innanzitutto la figura di Jeff Poggi, che si muove nelle retrovie<br />

più che nelle prime file del palcoscenico aziendale, si è rivelata<br />

fondamentale. Poggi è un manager ma è stato anche un ingegnere:<br />

è partito dall’ingegnerizzare prodotti, passando poi alle<br />

vendite, al marketing per approdare alle businesss unit aziendali<br />

di Bose e Harman Kardon acquisendo una visione a 360° della<br />

riproduzione musicale. Sebbene la sua specificità sia rivolta al<br />

car stereo è un manager che, a confronto con i tecnici, “capisce<br />

di cosa si stia parlando”, cosa non del tutto scontata. All’inizio<br />

della sua avventura nel McIntosh Group si è dedicato principalmente<br />

al marchio Audio Research dove ha rivoluzionato il<br />

managment e il modo di lavorare: il marchio americano sta ora<br />

cambiando sede (verrà inaugurata entro la fine di settembre) e<br />

valorizzerà la storia e i suoi cimeli; l’archivio storico dei prodotti<br />

è diventato un valore da mostrare e di cui essere fieri. Poggi ha<br />

anche vissuto lunghi periodi a Vicenza (opera nel gruppo ormai<br />

da un anno) proponendo i medesimi concetti (il recupero della<br />

propria storia, del DNA aziendale) in Sonus dove è impossibile<br />

camminare all’interno dell’azienda senza emozionarsi: “se si vuole<br />

sapere dove andare bisogna conoscere da dove si viene!”. Un<br />

DNA che l’accelerazione impressa precedentemente da Grange<br />

e dai grandi progetti calati nel mondo dell’extra lusso aveva se<br />

non dimenticato, messo un po’ in disparte promuovendo principalmente<br />

l’idea di gruppo. Le idee di Poggi sembrano andare<br />

SPAZIO A SONETTO<br />

Un intero piano dell’edificio Sonus faber è stato attrezzato per il montaggio e la<br />

finitura dei Sonetto. Due linee di produzione sono state attrezzate con le culle<br />

storicamente utilizzate nelle produzioni più pregiate. E ora scorrono sui rulli delle<br />

due linee di produzione, una per i bookshelf e una per le torri, ognuna attrezzata<br />

con una camera di test alla fine per la misurazione. Possono essere ultimate fino<br />

a trenta coppie al giorno dei primi e quindici dei secondi.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 23


INSIDE<br />

Spazio alla creatività. Un nuovo capannone è stato adibito a centro ricerche e ospita il reparto design e sviluppo che, oltre che per Sonus, lavora per McIntosh e Audio<br />

Research. Sul modello di altre strutture del genere piacere e dovere si mischiano in quest’area polifunzionale.<br />

in un’altra direzione: “Più che sottolineare l’appartenenza al<br />

gruppo, che è un valore metabolizzato da tutti noi, oggi si punta<br />

moltissimo sull’identità di ogni singola azienda: una sorta di<br />

meta cognizione rispetto all’orgoglio che si ha di appartenenza.<br />

Ognuno è orgoglioso del marchio a cui si appartiene ma tutti<br />

abbiamo fatto un’esperienza di orgoglio...”. Un orgoglio che è<br />

anche specificità: l’idea del lusso italiano è qualcosa di differente<br />

QUELLO CHE SIAMO<br />

Uno dei primi contributi della gestione Poggi è stato quello di stabilire un processo<br />

ideativo partecipativo nello sviluppo dei progetti e, prima ancora nella definizione<br />

di un manifesto di intenti che definisce sinteticamente (e non è mai facile) radici<br />

e capisaldi aziendali, elementi a cui Poggi tiene particolarmente (vedi testo). In<br />

questo manifesto ogni progetto viene “specchiato” per verificare in che misura<br />

è davvero frutto dell’humus aziendale. Ecco i quattro punti che ne fanno parte...<br />

Vertice diffuso? Jeff Poggi, un passato di 20 anni in Bose e Harman nel settore<br />

car-stereo, originariamente è stato un ingegnere meccanico. Con il ruolo di co-<br />

Chief Executive Officer e Board member di McIntosh Group si occupa direttamente<br />

delle vicende Sonus faber.<br />

• Creiamo oggetti per la musica, fatti a mano artigianalmente secondo il<br />

saper fare italiano.<br />

• Gli doniamo una voce inconfondibile che fa immergere l’ascoltatore in<br />

un’esperienza musicale e sensoriale.<br />

• Siamo tecnici e creativi, inventori di nuove soluzioni progettuali.<br />

• Mettiamo cura e passione in ogni dettaglio e, con attenzione e dedizione,<br />

rendiamo i nostri prodotti delle creazioni d’arte senza tempo.<br />

24 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


IN VISITA A SONUS FABER<br />

Il suono che verrà. Ascolto in anteprima assoluto dei nuovi Sonetto I. Un suono che ricorda il meglio delle varie anime che si sono avvicendate nel tempo; una vera<br />

sorpresa da confermare in condizioni controllate. Presto infatti i Sonetto in prova su <strong>SUONO</strong>!<br />

e, non a caso, il criterio e la definizione di lusso è quello su cui in<br />

Sonus si sono arrovellati di più: è potersi concedere il bello e il<br />

buono senza remore, sapendolo apprezzare o, come mi dicono,<br />

“Il lusso è permettersi un reparto di rivestimento a mano in<br />

pelle su un diffusore acustico....”. In fondo, poi, si tratta dell’elemento<br />

fondante su cui è nata Sonus faber; per certi versi non<br />

catalogabile ma al tempo stesso dannatamente tangibile e, non a<br />

caso, il comunicato di presentazione dei Sonetto si apre proprio<br />

con il primo riferimento esplicito a Franco Serblin nell’era post-<br />

Serblin: “Sonus faber è nata dall’idea di un uomo che amava la<br />

musica, la sua corretta riproduzione e che aveva una sensibilità<br />

speciale verso l’artigianato, i metodi di lavorazione del legno e<br />

il culto per il bello. Sonus faber non è solo un brand di diffusori<br />

acustici, è prima di tutto un modo esclusivo di approcciare alla<br />

progettazione degli oggetti da musica”. Ancora una volta l’idea di<br />

artigianato e le rassicuranti performance del prodotto industriale<br />

provano a trovare una quadra che fornisca quel valore in più che<br />

rappresenta il “lusso” nella sua migliore accezione e che Sonetto<br />

vuole declinare nella sua accezione più vicina al grande pubblico.<br />

La linea Venere, la gamma entry level dell’azienda, non era<br />

riuscita in questo intento e la decisione di portare l’assemblaggio<br />

in Italia, una nuova definizione dei margini di ottimizzazione del<br />

prodotto, la nobilitazione dello stesso grazie alla pelletteria sono<br />

gli elementi che contribuiscono al cambio di passo: “Sonetto è<br />

figlia del manifesto su cosa è e cosa deve essere Sonus faber.<br />

La direzione intrapresa con Sonetto è più in linea con quello<br />

che siamo anche se non è cambiato tanto dove stiamo andando<br />

ma il come, proprio in virtù di alcuni pilastri come la storia e<br />

l’italianità”. E Sonetto non è l’unica novità prevista per l’autunno:<br />

mi è stata fatta vedere (ma non fotografare) una reinterpretazione<br />

degli Electa Amator. Si chiameranno Electa Amator 3,<br />

una limited edition che è a tutti gli effetti una nuova versione<br />

del fortunato diffusore con riferimenti all’originale: gli Electa<br />

Amator del tempo avevano il piedistallo con base in marmo, ora<br />

è la base stessa del diffusore a essere in marmo! E se questo è uno<br />

dei progetti in fase di finalizzazione, ce ne sono molti altri che<br />

“bollono in pentola” in un reparto ricerca e sviluppo come non<br />

ce n’è in Italia e che lavora anche per gli altri marchi del gruppo:<br />

me ne vengono fatti vedere 5/6 rigorosamente top secret e che<br />

spaziano tra le categorie tradizionali e meno tradizionali dell’Hi-<br />

Fi... Tanta carne sul fuoco per le 43 persone che continuano a<br />

lavorare (oggi magari maggiormente all’unisono) ad Arcugnano<br />

e un’unica stanza vuota, quella “presidenziale”, dove nel tempo e<br />

nella gestione verticistica ho visto passare almeno tre generazioni<br />

di esperienze. Dopo tanto rumore oggi vi regna il silenzio; chissà<br />

che cosa ne faranno...<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 25


INSIDE<br />

di Paolo Corciulo e Carlo D’Ottavi<br />

Alla ricerca della propria<br />

anima<br />

Nella homepage del sito aziendale e sulla corrispondente pagina Facebook, campeggia la scritta bene augurante<br />

“Preparing for the phase”, una nuova fase, perlomeno la terza, per Elettrocompaniet (marchio fondamentale<br />

ma sempre a un passo, incompiuto, dal diventare storico) che in questo burrascoso periodo per l’Hi-Fi vede<br />

profilarsi l’ennesima sfida, forse quella decisiva...<br />

Un calo significativo del fatturato, passato in un anno da 3,2 milioni<br />

di euro a 2,4 (nel 2016) e un bilancio in perdita dal 2013<br />

hanno costretto la norvegese Electrocompaniet a presentare<br />

istanza di avvio per la procedura di insolvenza da parte del proprietario<br />

del marchio West Control che già nel 2004 aveva rilevato l’azienda<br />

dalla bancarotta. Fino ad allora, a partire dal 1973, era esistita la prima<br />

“vera” Electrocompaniet, quella che ambiva (e avrebbe potuto) entrare<br />

nell’Olimpo dell’Hi-Fi e che vi fu a un passo, come vi racconteremo.<br />

Per farlo occorre tornare proprio all’ano della fondazione quando a Per<br />

Abrahamsen e Svein Erik Børja venne offerta una opportunità praticamente<br />

unica allora: poter realizzare un amplificatore a transistor che non<br />

suonasse così male come facevano gli equivalenti del tempo!<br />

Per capire la portata dell’evento occorre contestualizzarlo: la riproduzione<br />

sonora era ancora monopolizzata dagli amplificatori a valvole (vedi gli<br />

articoli apparsi nello scorso numero, <strong>SUONO</strong> 528, dedicato interamente<br />

ai tubi termoionici) e all’inizio degli anni ’70 cominciarono solo timidamente<br />

ad apparire progetti di circuiti migliori per amplificatori audio<br />

di altissima qualità basati su nuovi transistor di prestazioni migliori di<br />

quelli inizialmente utilizzati e che avevano sancito la momentanea ma<br />

assoluta superiorità delle valvole. A quel tempo Jan Lohstroh, fresco di<br />

università, era un giovane ricercatore nel reparto di ricerca sulle memorie<br />

digitale presso il centro ricerca Philips di Eindhove (poi comunemente<br />

definito Nat Lab) dove, nel 1972, si presenta il professore finlandese<br />

Matti Otala, intenzionato a spendere un anno sabbatico presso i mitici<br />

laboratori dove l’azienda olandese svolgeva ricerca pura (molte delle<br />

scoperte nate in questi laboratori, quando non di valenza tipicamente<br />

consumer, saranno poi applicate da partner commerciali interessati a<br />

mercati più specialistici). Otala entra a far parte di un gruppo di lavoro<br />

sui sistemi di memoria a bolle magnetiche mentre Lohstroh fa parte<br />

Il primo progetto Eletrocompaniet.<br />

dello staff di chi si occupa di un sistema di memoria olografico ottico.<br />

Inevitabile che vengano a contatto. Ecco come lo racconta Lohstroh:<br />

“Una volta, all’ora di pranzo, ho detto a Matti Otala che avevo intenzione<br />

di progettare e costruire un amplificatore audio a stato solido per<br />

me, perché a mia moglie non piacevano più l’ingombro e le forme del<br />

dell’amplificatore a valvole che avevo progettato e costruito da studente<br />

cinque anni prima...”.<br />

Otala era fresco da alcune ricerche in campo audio che lo avevano portato<br />

a sviluppare la sua teoria sulla TIM; la distorsione generata all’uscita<br />

di un amplificatore in classe AB con contro-reazione globale proprio<br />

dall’oscillazione del ciclo di contro-reazione era allora poco conosciuta<br />

così come il fatto che questo tipo di distorsione sia più udibile a bassa<br />

potenza, dove l’ampiezza dell’oscillazione può a volte superare quella<br />

del segnale audio. “Otala mi raccomandò di costruire qualcosa con<br />

un basso guadagno in anello aperto, un’alta larghezza di banda in<br />

anello aperto, con un basso feedback e un alto tasso di fluttuazione”,<br />

continua Lohstroh, “Doveva preferibilmente essere in classe AB con<br />

un punto d’intervento in classe B solo per passaggi e picchi elevati. Mi<br />

26 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


Lo schema a blocchi e i circuiti stampati dell’amplificatore ipotizzato da Lohstroh<br />

e Otala.<br />

raccomandò anche di non preoccuparmi della distorsione armonica<br />

totale perché questo parametro, senza maggiori dettagli su come il<br />

segnale raggiunge il valore zero in modo pulito, non sarebbe stato<br />

davvero determinante per la qualità del suono, a patto comunque che<br />

quel valore non fosse troppo alto”. Lohstroh, a sua volta, era convinto<br />

che un progetto pulito e ben suonante dovesse essere il più possibile<br />

simmetrico, con un doppio alimentatore, evitando condensatori e con<br />

uno stadio d’uscita completamente simmetrico usando transistor NPN<br />

e PNP. I due cominciano a confrontarsi e nasce l’esigenza di verificare i<br />

risultati al banco di misura del loro progetto e non essendo dotati di un<br />

Per “Abe” Abrahmsen e Herbie Hancock.<br />

laboratorio personale chiedono a Philips di poter dedicare due settimane<br />

allo sviluppo di un progetto audio, in modo da poter utilizzare gli strumenti<br />

de laboratorio. “Abbiamo selezionato i migliori transistor con le<br />

Ft più alte che erano disponibili al momento nel catalogo di Philips Semiconductors<br />

e abbiamo realizzato il circuito come amplificatore mono,<br />

utilizzando due alimentatori da laboratorio e un grande dissipatore di<br />

calore per i transistor di uscita. Dovemmo solo modificare alcuni valori<br />

delle resistenze per far funzionare bene il circuito e i risultati di misura<br />

sono stati immediatamente impressionanti. Abbiamo fatto qualche test<br />

di ascolto con un altoparlante Philips di alta qualità nella sala anecoica<br />

del gruppo audio utilizzando un giradischi anch’esso di valore con<br />

alcuni dischi mono di alta qualità. Siamo rimasti impressionati dalla<br />

chiarezza del suono, dall’alta gamma dinamica e dal fatto che l’ascolto è<br />

rimasto molto piacevole anche dopo aver ascoltato la musica per più di<br />

un’ora. Non abbiamo effettuammo alcun test TIM specifico, perché non<br />

disponevamo di un sistema di misura e il tempo concesso per lavorare<br />

sul progetto era quasi terminato. Tuttavia, dalla nostra esperienza di<br />

ascolto, eravamo sicuri che se ci fosse stata qualche distorsione TIM<br />

sarebbe stata molto bassa in questo amplificatore...”.<br />

Il progetto venne presentato al gruppo di sviluppo del settore business<br />

audio di Philips Consumer Electronics i cui responsabili, pur impressionati,<br />

non erano interessati a prenderlo in considerazione perché Philips a<br />

quel tempo era interessata solo al mercato low end (Marantz non faceva<br />

ancora parte di Philips e si sarebbe aggiunta solo molti anni dopo). Non<br />

avendo l’interesse di Philips né la possibilità di richiedere un brevetto per<br />

questo circuito, Otala e Lohstroh colgono l’occasione di una convenzione<br />

AES (Rotterdam, febbraio 1973) che accetta il documento realizzato dai<br />

due. Il white paper intitolato “An Audio Amplifier For Ultimate Quality<br />

Requirements”. Tra gli ascoltatori della relazione di Otala (“Poiché Matti<br />

parlava inglese meglio di me in quel momento, abbiamo concordato<br />

che avrebbe presentato il documento, anche perché le domande su TIM<br />

potevano essere meglio risolte da lui. In seguito abbiamo presentato il<br />

documento al giornale IEEE dove è stato accettato”) c’è Erik Borja, che<br />

ne rimane affascinato, pensando in un primo tempo di realizzare sulla<br />

base di quello schema un amplificatore per uso personale. Ma Borja è<br />

un produttore televisivo e musicale e tra le sue tante esperienze professionali<br />

aveva prodotto proprio i dischi dei Mojo Blues, un gruppo del<br />

tutto dimenticabile (probabilmente non ricorderanno niente a nessuno<br />

visto che il gruppo norvegese ebbe solo un modesto successo nelle chart<br />

locali del 1996 con un singolo che era la cover di Lady Jane degli Stones)<br />

se non per il fatto che il frontman era un certo Per “Abe” Abrahmsen<br />

che qualche anno più tardi (1972) avrebbe dato vita ad una società che<br />

distribuiva prodotti Hi-Fi poco costosi (dei diffusori bulgari) e costruiva<br />

alcune amplificazioni per la pubblica amministrazione. Così Borja, dopo<br />

aver inizialmente sviluppato il circuito stampato in Norvegia con l’aiuto<br />

di Nils Jorgen Kjaernet (della Nera, una società coinvolta nell’audio e<br />

nelle telecomunicazioni), si unisce a Per “Abe” Abrahmsen sviluppando<br />

(1975) i primi due esemplari del rivoluzionario amplificatore basato<br />

Matti Otala (1939-2015) è stato<br />

il più famoso progettista audio<br />

finlandese. Dopo aver lavorato<br />

come professore di elettronica<br />

e ingegnere presso Harman<br />

Kardon ha scritto su riviste e<br />

sviluppato progetti audio con<br />

decine di brevetti.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 27


INSIDE<br />

Mikal Dregggevik.<br />

La copertina del White Paper presentato all’AES nel 1973.<br />

sul documento di Otala e Lohstroh, implementando le soluzioni raccomandate<br />

all’epoca (circuiti simmetrici, possibile controreazione locale,<br />

polarizzazione in classe A o AB ad alta corrente di riposo, collegamento<br />

diretto senza condensatore tra stadi, etc.). L’apparecchio viene commercializzato<br />

l’anno seguente da Electrocompaniet (1976), inizialmente<br />

chiamato “OTALA-LOHSTROH amplifier”.<br />

Lohstroh, che dopo quella esperienza si dedicherà a tutt’altro, racconta<br />

di aver chiesto alla Electrocompaniet, che non ne era stata autorizzata,<br />

di cambiarne il nome e di non aver più sentito, se non saltuariamente,<br />

Otala, che nel frattempo aveva invece cominciato a godere di una certa<br />

fama in campo audio tanto che arriverà a firmare diverse decine di progetti<br />

di amplificazioni audio. Il primo amplificatore di Electrocompaniet<br />

passerà così alla storia come “The 2 Channel Audio Power Amplifier” o<br />

“The Otala amplifier” (vedi foto di apertura) essendo la prima elettronica<br />

al mondo ad applicare le teorie sulla intermodulazione transitoria.<br />

Stando al racconto di Lohstroh in parte quella di Otala fu fama usurpata;<br />

va detto, però, che Matti Otala, riconosciuto come guru Hi-Fi ante litteram,<br />

nell’ultimo periodo della sua vita (è deceduto nel 2015) ha sofferto<br />

di una malattia cerebrale; costretto su una sedia a rotelle difficilmente<br />

era in grado di parlare o scrivere e tanto meno di ribattere, se lo avesse<br />

ritenuto opportuno, alla versione raccontata in tarda età, quando aveva<br />

oltre 60 anni, da Lohstroh, sulla nascita e la storia di una pietra miliare<br />

nell’amplificazione a transistor.<br />

Alla storia di Electrocompaniet, al suo inizio, manca però ancora un pezzo<br />

costituito dall’arrivo di Terje Sandstrom (1979), allora giovane studente<br />

diciottenne ma con alle spalle una considerevole esperienza nella realizzazione<br />

di amplificazioni a valvole. Sulla base di un suo progetto e del<br />

confronto con gli altri membri di quella che allora era una piccolissima<br />

società (“Avevamo la sede in un appartamento sopra un’officina di automobili”,<br />

racconta Sandstrom, “e più che un’azienda, era come un club:<br />

la gente ci veniva a trovare, portava i suoi dischi, parlava e discuteva<br />

con noi”) viene realizzato il tassello mancante, il preamplificatore che<br />

completa il progetto che nel frattempo decolla anche per aver riscosso i<br />

La sede Electrocompaniet a Tau.<br />

favori del mercato americano. Qualche anno più tardi l’amplificazione<br />

Electrocompaniet riscuoterà i favori anche dell’industria professionale<br />

dove viene utilizzata per la masterizzazione di due dischi di Michael<br />

Jackson, History e Invincible...<br />

In pratica Electrocompaniet si ritrova con un patrimonio dall’enorme<br />

valore evocativo tra le mani, tale da far identificare per lungo tempo<br />

l’amplificazione, perlomeno quella a transistor, con i suoi prodotti! Un<br />

“portato” evidentemente non sufficiente a superare le mutate condizioni<br />

del mercato Hi-Fi, dove negli anni successivi prende grande slancio tutto<br />

ciò che ruota attorno al digitale. Così nel 2004 arriva la bancarotta e a<br />

salvare il marchio ci pensa il proprietario di un gigantesco gruppo che<br />

si occupa della produzione automatizzata di circuiti elettronici, la West<br />

Control. Il CEO, Mikal Dregggevik, è il classico manager che si è fatto da<br />

solo e ha bene interpretato il passaggio del millennio: la West Control<br />

nasce nel 1994 con l’obiettivo di fornire sistemi elettronici di controllo<br />

L’Eletrocompaniet ECG-1, primo giradischi del marchio.<br />

e gestione progettati appositamente per macchine agricole e soluzioni<br />

industriali. Poi si estende anche ad altri settori come i sistemi per lo<br />

sviluppo e la produzione di soluzioni elettroniche per diversi settori<br />

industriali.<br />

Dregggevik sposta la produzione a Tau presso una delle sedi di West<br />

Control e comincia un ambizioso percorso di rinnovamento del catalogo<br />

Electrocompaniet con l’introduzione di molti apparecchi con a bordo<br />

sezioni digitali (recentemente ben sei streaming player per tre linee di<br />

prodotto) e, qualche anno fa, anche un giradischi ma, questa almeno la<br />

critica che <strong>SUONO</strong> gli muove, probabilmente proprio nell’abbondanza<br />

e nella mancanza di un po’ di anima di questi prodotti, vengono persi<br />

quei riferimenti storici e di sostanza che hanno caratterizzato nell’immaginario<br />

audiofilo il marchio. Ora, almeno da quanto si evince dal<br />

comunicato aziendale, il controllo dell’operato delle operazioni ricadrà<br />

ancora su Mikal Dregggevik (il che autorizza a pensare a un’operazione<br />

di fallimento concordato) che potrebbe trarre ispirazione dagli errori<br />

commessi (o più propriamente dalle difficili caratteristiche del mercato<br />

Hi-Fi) oppure no. Perché un’anima (e i prodotti di successo hanno un’anima)<br />

non si trova necessariamente per la strada....<br />

28 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


INSIDE<br />

di Francesco Bonerba<br />

Tra<br />

cultura e mercato<br />

Guida da oltre trent’anni Ala Bianca, etichetta discografica indipendente che da tempo recupera e valorizza<br />

la musica popolare italiana e vanta nel suo catalogo nomi illustri come Dario Fo, Enzo Jannacci, Alan Sorrenti,<br />

Francesco Guccini, Marlene Kuntz, Roberto Benigni, Zucchero e Roberto Vecchioni. Abbiamo incontrato<br />

Toni Verona per parlare di passato, presente e futuro della musica Tricolore.<br />

Lo spunto per questa intervista è stato offerto dalla ripubblicazione,<br />

il 30 marzo scorso, di 12 album rappresentativi della collana<br />

di musica popolare “I dischi del sole”, etichetta nata a Milano<br />

negli anni Sessanta che propone un vastissimo repertorio di musica popolare,<br />

ampliatosi a partire dagli anni Novanta, quando la Ala Bianca di<br />

Toni Verona si è impegnata per il suo recupero grazie alla collaborazione<br />

con l’Istituto Ernesto De Martino, istituzione che ha proseguito il lavoro<br />

di raccolta sul campo e archiviazione di testimonianze orali del celebre<br />

antropologo italiano. Un patrimonio che a partire da gennaio Ala Bianca<br />

ha coraggiosamente deciso di digitalizzare interamente, mettendolo a<br />

disposizione su tutte le piattaforme streaming.<br />

Cosa ti ha spinto, quarant’anni fa, a imbarcarti in quest’impresa,<br />

affatto semplice né da tutti? Un misto di passione e<br />

incoscienza?<br />

Praticamente si! Quando alcuni amici mi hanno chiesto di creare una<br />

30 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


INTERVISTA TONY VERONA<br />

società di produzione nel settore della musica mi sono detto: perché<br />

no? Ho aderito alla creazione della società e dopo una decina di anni<br />

in cui ho continuato a fare il mio precedente mestiere, l’insegnante,<br />

ho cominciato a lavorarci attivamente. Erano gli anni in cui il Made<br />

in Italy esplodeva nel mondo e in particolar modo in Asia attraverso<br />

la musica da discoteca, la dance, realizzata da produttori nostrani che<br />

neanche capivano il significato delle parole che loro stesso coniavano!<br />

L’importante è che fossero parole “sonore”. Ci siamo inseriti dentro<br />

i canali della produzione, addirittura il nostro primo prodotto è stata<br />

una hit mondiale. Siamo partiti in questo modo.<br />

Dagli anni Novanta Ala Bianca si è occupata di salvaguardare<br />

la canzone popolare italiana pubblicando le canzoni raccolte<br />

dall’Istituto Ernesto De Martino. Raccontaci quest’avventura<br />

che prosegue tutt’oggi.<br />

Mi sono accostato a questo catalogo enorme, “I<br />

dischi del sole”, su segnalazione di Paolo Pietrangeli,<br />

scoprendo con grande sorpresa un patrimonio<br />

di cultura popolare che mi affascinò<br />

sin da subito, proprio perché molto lontano da<br />

quello che avevamo prodotto qualche anno prima.<br />

L’Istituto di etno-musicologica Ernesto De<br />

Martino aveva messo insieme qualcosa come<br />

10.000 nastri di materiale raccolto sul campo:<br />

i ricercatori avevano registrato le voci e i canti<br />

dei contadini, degli emigrati, delle persone<br />

raccolte nelle carceri e nelle osterie, e così via.<br />

A questi si univano le canzoni di artisti contemporanei<br />

che si esprimevano sul sociale, mi<br />

riferisco ad artisti ancora viventi come Giovanna<br />

Marini, Ivan Della Mea, scomparso qualche<br />

anno fa, e lo stesso Paolo Pietrangeli, l’autore<br />

del canto più importante della rivolta del ’68,<br />

Contessa, ancora oggi utilizzato in documentari<br />

di tutti i tipi. Insomma: un enorme catalogo (il<br />

più grande d’Europa), con circa 200 anni di<br />

storia d’Italia raccontati attraverso la canzone<br />

popolare che giacevano in un archivio a Milano,<br />

in via Melzo, inutilizzati. Quando proposi di<br />

acquistare e recuperare il catalogo l’operazione<br />

fu subito accolta dall’Istituto con sensibilità e<br />

benevolenza.<br />

Si rivelò sin da subito un’impresa quasi titanica<br />

perché attingevamo da vecchi nastri analogici.<br />

Abbandonati dalle Istituzioni che nulla hanno<br />

fatto per salvare questo patrimonio, ci siamo<br />

messi di buona leva, investendo denari nostri,<br />

e abbiamo digitalizzato qualcosa come 70/80<br />

album, nastro per nastro. Alcune registrazioni<br />

erano così mal messe da richiedere, per poter<br />

essere recuperate, procedimenti particolari<br />

come la cottura del nastro. L’investimento è<br />

stato notevole per una piccola realtà come la<br />

nostra. Avevamo dalla nostra una multinazionale<br />

che distribuiva, la EMI, ma il resto era sulle nostre spalle. Alla fine<br />

l’abbiamo spuntata noi, siamo usciti suscitando un interesse mediatico<br />

e di pubblico notevole.<br />

Nel tempo abbiamo raggiunto un’ottima presenza nei punti vendita,<br />

culminato nella proposta di Hobby & Work di fare una pubblicazione<br />

tematica nelle edicole. La collana, ben curata, si chiamava “Avanti<br />

Popolo” ed era composta da dodici uscite tematiche. La raccolta fu<br />

percepita come un’iniziativa culturale e storica e vendemmo un milione<br />

di copie.<br />

Osservando il vostro catalogo si percepisce una particolare<br />

attenzione verso il contenuto e il suo valore culturale. Come<br />

si coniuga una linea editoriale del genere con le moderne<br />

modalità di fruizione musicale, spesso importante alla superficialità<br />

dell’ascolto?<br />

Stiamo proseguendo nel cammino della riproposta<br />

di questi materiali perché da gennaio di<br />

quest’anno abbiamo diffuso in rete l’intero<br />

catalogo, mettendolo a disposizione di tutti.<br />

Potevamo benissimo uscire alla chetichella,<br />

contattando chi già ci conosce. Abbiamo preferito<br />

allargare ampiamente la comunicazione.<br />

Stessa cosa relativamente alla distribuzione.<br />

Differentemente dal passato, quando bisognava<br />

recarsi in un negozio per comprare un disco,<br />

oggi esiste internet, e saremmo miopi se non<br />

ne facessimo uso. È vero, per certi aspetti può<br />

essere un mezzo deleterio, penso alle playlist<br />

di Spotify e ai ragazzi, specialmente quelli<br />

nativi digitali, che non conoscono niente al<br />

di là di quello che gli offre lo smartphone; il<br />

tipo di catalogo che noi proponiamo, però, è<br />

talmente per tutti, di cultura popolare, che la<br />

mia speranza è che siano i genitori o gli stessi<br />

ragazzi da grandi ad avere una sensibilità tale<br />

da andare a cercare contenuti che vadano oltre<br />

le hit del momento. Allora ben vengano tutti<br />

gli store online, perché contribuiscono alla diffusione<br />

e alla distribuzione non solo dei brani<br />

di “fast food music” ma anche di materiale che<br />

ha contenuti.<br />

Per poter sensibilizzare il pubblico – e questo<br />

è l’argomento fondamentale, credo – bisogna<br />

essere presenti ovunque; non basta più il solo<br />

punto di distribuzione fisico, negozi o catene,<br />

che hanno poco assortimento e molto spesso<br />

distribuiscono solo i prodotti più venduti del<br />

momento. I nostri album, per la loro specificità,<br />

fanno fatica ad entrare anche dove vengono<br />

accolti con un certo interesse, per cui l’unico<br />

modo per essere a disposizione di chiunque<br />

è proprio il digitale, gli store online, Spotify,<br />

Amazon, etc. Fare gli aristocratici nel settore<br />

del mercato non funziona.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 31


INSIDE<br />

è entrata in questo settore; siamo stati però fortunati e probabilmente<br />

bravi a indovinare alcuni film, affidandoci molto al<br />

nostro fiuto e ai gusti personali. Possiamo definirci borderline tra<br />

cultura e mercato. Siamo orientati a fare le cose che ci piacciono<br />

e ci piacciono le cose che hanno contenuto.<br />

Ciononostante non avete rinunciato a valorizzare il prodotto<br />

fisico.<br />

Un materiale come il nostro resta, è una cosa che se compri ti<br />

rimane per tutta la vita. Non lo scarti dopo un po’ perché è passato<br />

di moda, è come un buon libro o un buon film. Lo tieni lì anche se<br />

lo ascolti una volta ogni tre anni. Sono inoltre dischi ricchi anche<br />

dal punto di vista dei libretti, con notizie molto approfondite su<br />

quando è stato registrato l’album, dove, da chi, etc.<br />

Nel tempo avete riservato spazio anche alle colonne sonore<br />

– ad esempio quella di Cesare deve morire dei fratelli<br />

Taviani o di Fuocoammare di Gianfranco Rosi – e a<br />

produzioni particolari, come i Deproducers.<br />

I Deproducers sono un progetto insolito per il mercato europeo,<br />

non solo italiano. Stiamo lavorando sul terzo progetto; il primo<br />

è stato Planetario, il secondo Botanica, il terzo sarà dedicato<br />

Alcuni progetti passati di cui vai molto fiero...<br />

In occasione dell’8 marzo abbiamo portato avanti un’iniziativa<br />

che chiamata “Ama chi ti ama – i tempi della vita cantati dalle<br />

donne”, un doppio album dedicato alle donne con i nomi delle<br />

artiste che negli anni hanno cantato la canzone popolare. L’abbiamo<br />

fatto attraverso un concorso in rete aperto ai giovani dai<br />

18 ai 35 anni dove si suggeriva loro di disegnare una canzone. La<br />

giuria, presieduta da Lorenza Canottieri, ha selezionato 43 tavole,<br />

le più significative, collegate ad altrettante canzoni, poi inserite<br />

nel libretto della pubblicazione. Queste tavole sono diventate<br />

una mostra itinerante di dimensioni 33 x 33 in esposizione alle<br />

librerie Feltrinelli di Firenze, Verona, Genova e Roma (galleria<br />

Alberto Sordi). Abbiamo fatto la stessa cosa tre anni fa in occasione<br />

del 70° anniversario della Liberazione; allora la commissione<br />

era presieduta da Sergio Staino. I ragazzi sembrano disattenti<br />

e superficiali ma in realtà è encomiabile la pazienza che hanno<br />

avuto nell’accostarsi a musiche con temi lontani dal loro vissuto,<br />

immaginando, disegnando.<br />

all’infinitamente piccolo, il DNA. Anche questa volta ci sarà uno<br />

scienziato incaricato di esporre in modo semplice gli argomenti<br />

trattati, in modo analogo a quanto avvenuto con Stefano Mancuso<br />

e l’astrofisico Fabio Peri. In merito invece alle colonne sonore<br />

cinematografiche e documentarie sono pochi anni che Ala Bianca<br />

…e quelli che invece vedremo nel prossimo futuro.<br />

A settembre/ottobre pubblicheremo per la prima volta, attingendo<br />

direttamente dai nastri originali, materiale risalente agli<br />

anni ’50 / ’60 mai stato pubblicato prima; abbiamo un progetto<br />

molto ampio sulle colonne sonore; stiamo lavorando sulla discografia<br />

di tipo tradizionale (in uscita tre/quattro prodotti di artisti<br />

come James Senese, A Toys Orchestra, Silvia Nair); abbiamo un<br />

compositore/pianista che lanceremo a settembre, Luca Morelli.<br />

Cerchiamo, insomma, di avere una visione diversa da quella<br />

degli altri, di rapportarci al mercato in un modo insolito. Non<br />

abbiamo mai cercato la hit, e quando è arrivata ci ha fatto solo<br />

che piacere. Ci piace lavorare sui contenuti, che a lunga distanza<br />

ti ripagano sempre.<br />

32 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


Sta di fatto che tanto Manuale<br />

del Vinile che A Vibration Measuring<br />

Machine scelgono una<br />

veste lussuosa per presentarsi<br />

ai possibili lettori: copertina<br />

rigida cartonata, belle immagini,<br />

un congruo numero di<br />

pagine in carta patinata…<br />

Ammirevole, per il primo, l’opera<br />

della casa editrice Lswr<br />

che ha provveduto alla traduzione<br />

e ristampa del bestseller<br />

di Matt Anniss e Patrick Fuller,<br />

opera che svaria su molteplici<br />

argomenti pur non raggiungendo,<br />

a dispetto del nome, la<br />

profondità del manuale tecni-<br />

SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

de Il tremila<br />

Da leggere invece<br />

che da ascoltare<br />

Può la riproduzione musicale raccontata essere<br />

eccitante come quella ascoltata? Può, se<br />

contenuti e modo di presentarli sono adeguati…<br />

Sicuramente parte del<br />

rinnovato interesse attorno<br />

alla riproduzione<br />

musicale di qualità è dovuto<br />

alla seconda giovinezza del vinile<br />

e, anche per questo, non<br />

stupisce che le più recenti pubblicazioni<br />

in merito partano<br />

propri da qui per illustrare e<br />

attrarre (almeno questo è ciò<br />

che speriamo) nuovi adepti.<br />

Per farlo si sceglie oltre che<br />

il contenuto anche una forma<br />

editoriale acconcia sebbene la<br />

forma non sia mai stato l’argomento<br />

all’ordine del giorno degli<br />

appassionati di lunga data.<br />

Matt Anniss e Patrick Fuller<br />

MANUALE DEL VINILE<br />

(COME OTTENERE IL MASSIMO DAI<br />

TUOI DISCHI E DAL TUO IMPIANTO)<br />

Edizioni Lswr<br />

192 pagine, cartonato, colori,<br />

formato 21x27 cm<br />

Prezzo: 24,90 euro<br />

Piano dell’opera:<br />

¤ La riproduzione<br />

¤ Il funzionamento del vinile<br />

¤ Il collezionismo<br />

¤ Le storie di noti appassionati<br />

¤ Le tecniche e le apparecchiature dei DJ;<br />

¤ La raccolta dei singoli, degli EP e degli<br />

album in vinile più venduti al mondo.<br />

34 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


DUE LIBRI SUL VINILE<br />

Bill Philpot, Paul Messenger, Roy Gandy<br />

A VIBRATION MEASURING MACHINE<br />

Rega Book<br />

312 pagine<br />

Prezzo: 46,00 euro<br />

Piano dell’opera:<br />

The Company: la storia approfondita dell'azienda, dalla<br />

nascita del suo fondatore Roy Gandy fino ai giorni nostri,<br />

descrivendo in dettaglio gli eventi chiave e la creazione di<br />

nuovi prodotti lungo il percorso.<br />

The Engineering: consiste nella tesi dettagliata di Roy<br />

Gandy sull'ingegneria dei giradischi<br />

The People: si concentra sulle figure centrali che<br />

descrivono i loro racconti personali e il loro impegno nei<br />

confronti degli ideali della Rega.<br />

co. Più un’infarinatura per accendere<br />

la passione del vinile<br />

che una guida pratica. Non per<br />

questo meno piacevole anche<br />

in virtù delle piacevoli storie<br />

narrate da famosi personaggi<br />

appassionati del mondo del<br />

vinile, come Steve Davis, il DJ<br />

Jazzy Jeff e Gilles Peterson<br />

(della BBC) che ha acquistato<br />

una casa per conservare i suoi<br />

70.000 dischi.<br />

Più specifico (vita e miracoli di<br />

Rega) e soprattutto in inglese,<br />

dunque non ad appannaggio<br />

di tutti, il secondo, che si apre<br />

con la storia approfondita<br />

dell’azienda, dalla nascita del<br />

suo fondatore Roy Gandy fino<br />

ai giorni nostri, a cura dell’amico<br />

Bill Philpot che descrive<br />

in dettaglio gli eventi chiave e<br />

la creazione di nuovi prodotti<br />

lungo il percorso della casa. La<br />

seconda parte consiste nella<br />

tesi dettagliata di Roy Gandy<br />

sull’ingegneria dei giradischi<br />

mentre la terza si concentra<br />

sulle figure centrali che descrivono<br />

con i loro racconti personali,<br />

il loro impegno nei confronti<br />

degli ideali della Rega.<br />

Quality Audio<br />

I cavi bidirezionali sono una realtà made in Italy!<br />

Lo schema brevettato dei cavi Quality Audio<br />

elimina ogni dubbio sulla direzionalità dei conduttori.<br />

Ne consegue un suono estremamente naturale ed<br />

emozionante, nel rispetto delle dimensioni reali della<br />

scena acustica in termini di ampiezza e profondità.<br />

Un'esperienza straordinaria già al primo ascolto.<br />

Realizzati artigianalmente presso il nostro laboratorio di<br />

Vercelli, i cavi Quality Audio possono essere provati<br />

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<strong>SUONO</strong> settembre 2018 35


SELECTOR TUTTO IL MEGLIO IN ARRIVO SUL MERCATO<br />

di Il Tremila<br />

Quando<br />

le parole contano<br />

Patrimonio, eredità, retaggio: il termine inglese<br />

heritage si può tradurre in ognuno di questi modi<br />

e tutti mettono in luce un aspetto differente del<br />

termine che, a questo punto, comprendendoli<br />

in certa misura tutti diventa un appellativo<br />

impegnativo e dalle molte attese.<br />

Ci avranno pensato in<br />

Klipsch quando utilizzato<br />

un termine consueto<br />

e opportuno per alcuni<br />

prodotti, quelli decisamente<br />

parte del dna dell’azienda<br />

americana, lo hanno applicato<br />

al settore delle cuffie? Perché,<br />

ulteriore elemento, attribuire<br />

uno spessore e una storicità ad<br />

un settore per certi versi neonato<br />

(ovvio, le cuffie esistono<br />

da quel di ma è l’avvento della<br />

musica liquida ad averne rimesso<br />

in moto le dinamiche!)<br />

è un atto importante, che addirittura<br />

può diventare arrogante,<br />

persino se effettuato<br />

dall’azienda creata da quello<br />

che a tutti gli effetti risulta non<br />

solo uno dei padri fondatori<br />

del settore ma se esistesse la<br />

dimensione dello spirito corrispondente,<br />

uno dei padri...<br />

dei padri! Poiché si può dire<br />

quel che si vuole delle attuali<br />

direzioni intraprese da questo<br />

glorioso marchio ma non che<br />

sia diretto da stupidi, comunque<br />

l’atto di per se nobilita il<br />

settore, gli certifica uno spessore<br />

che solo alcuni scettici<br />

(in particolari molti annidati<br />

nel nostro paese) sembrano<br />

rifulgere.<br />

In altre parole e al netto di<br />

tutto, la definizione heritage<br />

applicata ad uno o più prodotti<br />

certifica come il settore<br />

dell’ascolto in cuffia abbia raggiunto<br />

una sua maturità, uno<br />

spessore e una concretezza<br />

invidiabili e, più in generale,<br />

un approccio che tiene conto<br />

di questi elementi sottolinea<br />

ulteriormente la dicotomia tra<br />

quelle aziende che vogliono (o<br />

debbono?) ricorrere alla loro<br />

storicità considerandola come<br />

un argomento forte e quelle<br />

che pensano il contrario. Chi<br />

ci segue sa che l’argomento è<br />

uno di quelli caldi sulle pagine<br />

di <strong>SUONO</strong> e, in fin dei conti,<br />

anche il tema centrale di questo<br />

numero della rivista, soprattutto<br />

se il background, la<br />

storia che si ha dietro le spalle<br />

e lo spessore che ne compete,<br />

sono in grado di generare le<br />

emozioni dell’oggi e, forse, del<br />

domani... Non è così un caso,<br />

una volta puntato su questo<br />

tipo di strategia, che si lasci<br />

trapelare oggi come una delle<br />

prime sperimentazioni di Paul<br />

W. Klipsch (1919) sarebbe stata<br />

proprio con le cuffie! Notizia<br />

vera o favoletta che sia, la<br />

propria storia (e poter annoverare<br />

in essa un personaggio carismatico<br />

come Paul Klipsch)<br />

in questo caso è un “valore”.<br />

Un valore universalmente dispensabile<br />

sui prodotti che<br />

portano questo marchio o no?<br />

36 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


SPECIALE KLIPSCH<br />

Vlad Grodzinskiy è il responsabile del progetto Heritage per l’ascolto in cuffia<br />

Sembrerebbe più la seconda,<br />

a cominciare dal fatto che lo<br />

stesso ampissimo catalogo di<br />

diffusori della casa distingue<br />

tra gli Heritage (quelli cioè<br />

che hanno una storia consolidata)<br />

e quelli che non lo sono.<br />

Si aggiunga poi che, alla luce<br />

della produzione nel tempo di<br />

Klipsch nel settore dell’ascolto<br />

in cuffia, poter definire questo<br />

o quel progetto heritage risulta<br />

un po velleitario. Si aggiunga<br />

ancora che quasi mai, questo<br />

racconta la storia di settore,<br />

chi costruisce diffusori è anche<br />

un buon costruttore di cuffie,<br />

anche se tutti gli elementi<br />

concorrerebbero a far pensare<br />

che sia logico. Per cui un po<br />

di scetticismo è lecito se non<br />

giustificato (l’approccio giornalistico<br />

però non dovrebbe<br />

tenere conto di questi preconcetti<br />

se non in minima parte)<br />

e, soprattutto, probabilmente<br />

condiviso dagli appassionati<br />

audiofili che decidano di<br />

orientarsi verso i prodotti della<br />

casa americana per completare<br />

o realizzare il loro sistema per<br />

l’ascolto in cuffia.<br />

In una scala di valori realistica<br />

quando dovrebbero contare<br />

tali elementi? Sono semplicemente<br />

degli “all’erta” o il segno<br />

che un’equazione, al di la degli<br />

elementi che la compongono<br />

vale in funzione della maggiore<br />

o minore fondatezza di tali elementi?<br />

Prima di avventurarci<br />

in terreni scivolosi e dove l’opinione<br />

soggettiva vale la sua<br />

parte, esaminiamo altri ulteriori<br />

indizi in merito . La linea<br />

headphone heritage è l’ultimo<br />

passo della casa americana la<br />

cui presenza nel settore è segnata<br />

da alcuni capisaldi come<br />

la prima in ear (S4 - 2007) e<br />

la prima on ear (Image One<br />

2010). A poca distanza dai<br />

festeggiamenti per il 70mo<br />

anniversario del marchio, ora<br />

Klipsch ha sviluppato una semi<br />

aperta top di gamma (Heritage<br />

HP-3), abbinata ad un ampli<br />

cuffie con DAC a bordo e possibilità<br />

di operare come pre<br />

(Hertiage Headphone Amplifier).<br />

Per farlo ha mobilitato<br />

uno staff di livello composto<br />

da Vlad Grodzinskiy (il Senior<br />

Manager of Product Development<br />

per le cuffie) Andrew<br />

Doerr (ingegnere acustico) e<br />

Tony Martin, il designer del<br />

gruppo. Uno staff dalla composizione<br />

equivalente ha operato<br />

dal Giappone dove è stato<br />

reperito (presso la Foster Electric)<br />

il trasduttore utilizzato;<br />

un modello con la membrana<br />

realizzata in fibre inorganiche<br />

e bio-cellulosa e, soprattutto,<br />

di grandi dimensioni, con un<br />

aspetto molto simile a quello<br />

utilizzato da Audioquest per<br />

la sua NightHawk. La scelta,<br />

condivisa dalle due aziende,<br />

è quella di puntare su un trasduttore<br />

che somiglia agli altoparlanti<br />

tradizionali (dunque<br />

realizzati con una membrana<br />

riigida e una sospensione) elementi<br />

che consentono maggiori<br />

escursioni della membrana<br />

con un comportamento che si<br />

contrappone a quello dei driver<br />

più frequentemente utilizzati<br />

nelle cuffie dove è l’intera<br />

membrana a flettere vista<br />

l’assenza di una sospensione<br />

(o più propriamente parleremmo<br />

di integrazione) all’interno<br />

dell’equipaggiamento mobile.<br />

Naturalmente in questo mod<br />

se si bypassano i problemi generati<br />

da una membrana che<br />

si “torce”, se ne introducono<br />

quelli tipici degli altoparlanti.<br />

Ma l’elemento fondamentale,<br />

almeno nel caso di Klipsch, è<br />

rappresentato dalle dimensioni<br />

di questa membrana, decisamente<br />

maggiori di quelli delle<br />

cuffie tradizionali. D’altronde<br />

il credo della casa americana e<br />

del suo fondatore è facilmente<br />

riassumibile: ampia gamma<br />

dinamica, bassa distorsione,<br />

alta efficienza, risposta in<br />

frequenza piatta e direttività<br />

controllata..! In questo certamente<br />

l’heritage Klipsch (inteso<br />

tanto come patrimonio che<br />

retaggio) è più che giustificato<br />

sia nella cuffia, come abbiamo<br />

visto, che nell’amplificatore<br />

dedicato, come vedremo nelle<br />

pagine che seguono....<br />

In generale la convinzione di<br />

Grodzinskiy è che un sistema<br />

per l’ascolto in cuffia deve poter<br />

suonare ogni genere di musica<br />

in maniera ottima, inclusa<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 37


SELECTOR<br />

Ebis arum intiber umenem rem lis<br />

moditaspero idi vitataq uaspelit lacea<br />

nonectem experup taturest, isciatintq<br />

uaspelit lacea nonectem experup taturest,<br />

isciatint<br />

la condizione, un po destabilizzare<br />

per “il club degli audiofili”,<br />

in portatilità e attraverso<br />

uno smartphone. In questo<br />

senso il fruitore ipotizzato per<br />

la linea heritage e bifronte: da<br />

un lato il giovane abituato ad<br />

un uso non rituale della musica<br />

ma che ha più cuffie e amplificatori<br />

ed è bene in grado di<br />

valutarne il valore intrinseco;<br />

dall’altro un consumatore di<br />

alto livello abituato al lusso<br />

e sensibile anche agli aspetti<br />

esteriori (si preoccupa molto<br />

dei dettagli, del design, della<br />

bellezza) di un prodotto. Una<br />

tenaglia insomma che sembra<br />

voler bypassare la figura tradizionale<br />

dell’audiofilo attraverso<br />

l’appartenenza ad una delicata<br />

terra di mezzo dove tutto<br />

può essere compromesso alto o<br />

insoddisfazione selettiva.<br />

Solo il tempo ci dirà se le scelte<br />

e le performance dei Klipsch<br />

Heritage sono in grado di superare<br />

le umerose idiosincrasie<br />

che caratterizzano il segmento<br />

più elevato del mercato.<br />

E sarebbe un bene…<br />

I mobili Boltz, in acciaio di alta qualità<br />

e lavorati nella massa, sono fabbricati<br />

per accogliere l’insieme della vostra<br />

musica su CD, DVD, Bluray o Vinile,<br />

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elegante, design, e perfettamente<br />

evolutivo nel tempo. Ogni mobile<br />

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Per maggiori informazioni:<br />

ELITE DIFFUSION<br />

boltz@elitediffusion.com<br />

www.boltz-furniture.eu<br />

Made in the USA!<br />

38 <strong>SUONO</strong> marzo 2017


SELECTOR SPECIALE KLIPSCH<br />

a cura della redazione<br />

CUFFIA<br />

Klipsch Digital HP-3<br />

Sconvolgere il segmento<br />

top di gamma, partendo<br />

quasi da zero non avendolo<br />

frequentato, almeno per il<br />

segmento delle cuffie. Ecco<br />

il regalo pensato al tempo<br />

del suo 70° anniversario<br />

che Klipsch si è concessa:<br />

ha messo su uno staff, ha<br />

ricercato i componenti a<br />

suo dire idonei e ha “sforntato”<br />

una cuffia originale<br />

sia nelle scelte tecniche che<br />

nell’estetica sonora. Si fregia<br />

del termine “Heritage”<br />

attingendo all’iconografia<br />

aziendale ma al di là delle<br />

furbizie del marketing un<br />

po’ delle radici dell’idea<br />

sonora del colonnello sono<br />

qui ravvisabili!<br />

In un catalogo di oltre 10<br />

modelli di cuffie, la HP-3<br />

tanto nel nome che nella<br />

sua essenza fa storia a se e non<br />

solo per il fatto di appartenere a<br />

una neonata serie heritage che,<br />

in certa misura, festeggia i 70<br />

anni di vita dell’azienda ed è il<br />

frutto di una lunga gestazione<br />

(l’idea nasce nel 2015). Solo con<br />

il modello Reference, peraltro<br />

una cuffia chiusa, Klipsch aveva<br />

affrontato il segmento che si<br />

suppone sia dedicato a chi ricerca<br />

un ascolto in cuffia di qualità<br />

più che in movimento (anche se,<br />

vedremo, l’argomento non<br />

è ininfluente nemmeno<br />

nel nuovo prodotto),<br />

sebbene con un<br />

modello entry<br />

level.<br />

La HP-3 è un<br />

salto verso<br />

l’alto, verso l’Olimpo delle<br />

cuffie dove, sebbene la maggior<br />

parte di queste ultime costi decisamente<br />

di più, la casa americana<br />

intende operare con questo<br />

modello e non di più, ritenendo<br />

già raggiunto il costo e le qualità<br />

top di questo segmento, anche<br />

perché il punto di partenza è<br />

perlomeno ardito: “Ci dicevano<br />

che 1.200 euro non era un<br />

prezzo sufficiente a garantire<br />

un’attenzione da parte di quel<br />

segmento definito delle cuffie<br />

audiofile ma noi non crediamo<br />

nella determinazione dei<br />

prezzi dei prodotti a priori per<br />

strappare i clienti. Abbiamo un<br />

modello standard, prendiamo il<br />

costo del prodotto, aggiungiamo<br />

un margine di profitto per<br />

pagare le persone che lavorano<br />

su di esso, e lo vendiamo ai<br />

clienti per il prezzo più basso<br />

che possiamo!”. Parola del responsabile<br />

del progetto Vlad<br />

Grodzinskiy che, proseguendo,<br />

diventa ancora più tranchant:<br />

“Nel segmento sopra i 1.000<br />

euro buona parte dei prodotti<br />

sono costruiti in modo peggiore<br />

di quelli che costano la metà.<br />

Ma come, spendo 1.000 euro e<br />

quello che ho in cambio è una<br />

cuffia di plastica che una volta<br />

collegata al computer<br />

probabilmente non<br />

sarà in grado<br />

di garantire<br />

un<br />

40 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

CUFFIA KLIPSCH DIGITAL HP-3<br />

PREZZO: € 1.499,00<br />

Peso: 440 g<br />

Distributore: Exhibo S.p.A.<br />

Via Leonardo da Vinci, 6 - 20854 Vedano al Lambro ()<br />

Tel.039 4984.1<br />

www.exhibo.it<br />

Tipo: aperta Trasduttori: dinamici Impedenza (Ohm): 25 Sensibilità<br />

(dB): 98 Potenza (mW): 1800 Cavo: staccbile con doppio attacco da<br />

3,5 mm Auricolari: full range KG-520 da 52 mm di diametro Note: Nella<br />

confezione cavo da 1.37m e 2.5m, adattatore 1/4” e stad per cuffia<br />

Sono disponibili due<br />

set di cavi di diversa<br />

lunghezza pensati<br />

uno per un<br />

ascolto in<br />

movimento e<br />

l’altro per uso<br />

domestico, Oltre alla<br />

lunghezza del segmento<br />

generale, varia anche quella dei due<br />

collegamenti diretti ai padiglioni con il giunto<br />

in alluminio del collegamento a Y che si trova<br />

molto vicino al collo in un caso e quasi sul petto<br />

nell’altro.<br />

giusto livello di emissione per<br />

un ascolto piacevole?”.<br />

Così il primo dato da verificare<br />

riguarda proprio la costruzione<br />

della HP-3 dove viene utilizzato<br />

acciaio pressofuso, padiglioni<br />

in legno massiccio (nelle versioni<br />

in ebano, noce, o quercia)<br />

e pelle vera per la copertura<br />

dell’archetto e per i cuscinetti<br />

ma anche per la confezione,<br />

lussuosamente “impacchettata”<br />

in forma di scatola di legno<br />

e plexiglass che contiene la cuffia<br />

con un suo sostegno e due tipi<br />

di cavo (staccabili), uno dei due<br />

più lungo ma entrambi con jack<br />

da 3,5 mm più un adattatore.<br />

Il jack mono, uno per ogni padiglione, si innesta nella presa solidale all’archetto in modo<br />

da non sollecitare il padiglione e trasmettere rumori del cavo. È necessario pertanto<br />

portare i cavi dal connettore all’interno del padiglione attraverso il giunto forato ad<br />

hoc, ma le implicazioni costruttive di tale scelta hanno un impatto sulla usabilità e<br />

comodità del prodotto.<br />

Il tutto risulta molto robusto,<br />

con meccanismi precisi e che<br />

sembrano poter durare a lungo<br />

Questa scelta ricalca l’identificazione<br />

fatta dall’azienda dell’ipotetico<br />

fruitore, un consumatore<br />

comunque di qualità. Piuttosto<br />

colpisce che in termini di collegamento<br />

si sia preferito l’uso in<br />

mobilità a quello in bilanciato,<br />

pur nelle possibilità tanto della<br />

cuffia che dell’amplificatore a<br />

essa abbinata nella medesima<br />

serie. Un’interpretazione un po’<br />

al limite ma che indica le scelte<br />

seguite dalla casa...<br />

Assolutamente nel solco della<br />

tradizione Klipsch (e qui il<br />

termine Heritage è del tutto<br />

meritato) il sound della HP-3<br />

che va annoverata tra le cuffie a<br />

maggiore efficienza presenti sul<br />

mercato e garantisce innanzi<br />

tutto (è l’aspetto più appariscente<br />

all’ascolto) un punch e una<br />

velocità notevoli che rendono<br />

realistica ogni tipo di incisione.<br />

Il tutto senza rinunciare a una<br />

apprezzabile correttezza timbrica,<br />

sebbene la rappresentazione<br />

sonora sia leggermente<br />

enfatizzata agli estremi gamma<br />

(ma questa caratteristica viene<br />

ben bilanciata nell’utilizzo abbinato<br />

all’amplificatore della<br />

stessa serie). Va detto che questa<br />

lettura rock del contenuto<br />

musicale è estremamente attraente<br />

e veritiera (e si accetta<br />

il fatto che sia, minimamente,<br />

“sporca”): una volta provata la<br />

HP-3 tutte le altre cuffie, anche<br />

le più altolocate, sembrano damerini<br />

azzimati, educati ma con<br />

poca anima (e in fondo il soul è<br />

l’argomento centrale di questo<br />

numero di <strong>SUONO</strong>, no?)!<br />

Semmai le eventuali critiche possono<br />

essere concentrate sull’ergonomia<br />

(più che sul comfort)<br />

della cuffia che tende a “cappottare”<br />

mentre dal punto di vista<br />

dell’isolamento da e verso la cuffia<br />

la soluzione semi aperta scelta<br />

e il modo in cui è stata perseguita<br />

risultano ottimali. E così, senza<br />

impedimenti (da e verso l’esterno)<br />

si può pompare quanto si<br />

crede ed è un bell’andare!<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 41


SELECTOR SPECIALE KLIPSCH<br />

Il trasduttore da 52<br />

mm ha la membrana<br />

in biocellulosa con<br />

la sospensione<br />

molto cedevole<br />

e ricorda molto<br />

da vicino quella<br />

di un altoparlante<br />

tradizionale a lunga<br />

escursione.<br />

Le lamine sono fissate ai due<br />

archetti di sostegno dei padiglioni<br />

piroettanti che consentono la<br />

rotazione di oltre 90° per riporre<br />

la cuffia con i padiglioni poggiati<br />

sullo stesso piano.<br />

La regolazione dell’altezza<br />

avviene attraverso le due<br />

lamine metalliche che<br />

scorrono nell’archetto,<br />

abbastanza sottili ma<br />

robuste ed elastiche che<br />

contribuiscono alla tenuta<br />

in posizione della cuffia.<br />

I pad sono in pelle liscia che non aderisce<br />

alla testa e tende a far scivolare la cuffia<br />

anche in seguito a una distribuzione<br />

delle masse posta verso l’alto in seguito<br />

all’archetto, anch’esso massiccio e con un<br />

cuscinetto di appoggio in pelle liscia.<br />

SCELTE DI LUSSO<br />

La HP-3 utilizza un driver Foster da 50<br />

mm con la membrana in bio cellulosa<br />

impiegato in sistemi prevalentemente<br />

chiusi. Una configurazione che invece<br />

ricorda più da vicino è quella scelta da<br />

Audioquest per la Nighthawk in cui<br />

l’emissione posteriore dell’altoparlante<br />

è lasciata abbastanza libera da<br />

ostruzioni e compressioni. Il guscio è<br />

realizzato con un elemento unico in legno<br />

tornito dal pieno su cui sono state<br />

ricavate le sedi di ancoraggio delle viti<br />

e la grande apertura posteriore di decompressione.<br />

L’apertura è comunque<br />

leggermente occlusa da setti porosi<br />

tenuti in posizione da una crociera<br />

in legno e dalla doppia rete esterna<br />

a maglia larga e a maglia più stretta<br />

realizzata con fili in PVC. L’altoparlante<br />

è inserito in un supporto elastico in cui<br />

sono praticati fori di comunicazione fra<br />

la camera interna e quella antistante<br />

all’orecchio, anch’essi parzialmente<br />

ostruiti con parti di tessuto microporoso.<br />

Il padiglione è sorretto da un<br />

archetto in alluminio pieno incernierato<br />

sul supporto plastico in cui da un<br />

lato scorrono i cavi di collegamento in<br />

quanto il jack si innesta sull’archetto<br />

senza gravare sul padiglione e senza<br />

trasmettere attraverso il cavo rumori<br />

di alcun genere. Nonostante un’impostazione<br />

semiaperta, infatti, la cuffia<br />

risulta abbastanza isolata e insensibile<br />

a rumori indotti dall’esterno.<br />

42 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


SELECTOR SPECIALE KLIPSCH<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE PER CUFFIE<br />

Klipsch Digital Headphone amp<br />

L’Headphone Amp fa<br />

parte del “pacchetto” Heritage,<br />

studiato da Klipsch<br />

per nobilitare, ricercando<br />

un effetto iconico trainato<br />

dalla storia aziendale, i<br />

prodotti di massimo pregio<br />

dedicati all’ascolto in<br />

cuffia della casa americana.<br />

Operazione complicata<br />

perché al netto di quella<br />

“magia” che contraddistingue<br />

i prodotti simbolo, non<br />

è facile traslare la fama<br />

conquistata in un settore<br />

(i diffusori) in un altro che<br />

ne è, anche se ciò appare<br />

strano, soltanto lontano<br />

parente. Ci è riuscita la<br />

casa del Colonnello?<br />

Definirlo “amplificatore dedicato”<br />

proprio no, basterebbe<br />

la presenza del selettore<br />

che stabilisce il livello dell’impedenza<br />

(nella posizione Hi si<br />

ottiene un guadagno di 10 db<br />

del tutto inutile con una cuffia<br />

come la HP-3 dalle caratteristiche<br />

elettriche estremamente<br />

marcate). “Pensato per” o, meglio,<br />

“pensato con” sarebbe più<br />

giusto perché è indubbio che<br />

nel momento in cui si è deciso<br />

di affrontare il segmento alto<br />

della riproduzione in cuffia<br />

(2015) i due prodotti, ampli e<br />

cuffia, sono risultati perlomeno<br />

sinergici. Ovviamente, quindi,<br />

l’Headphone amp è in grado di<br />

interfacciarsi con la maggior<br />

parte delle cuffie in commercio<br />

e il trait d’union o addirittura<br />

l’elemento più caratterizzante<br />

della serie Heritage. Il vero<br />

rappresentante di questa sorta<br />

di modernariato in realtà è proprio<br />

lui: design, impiallacciatura<br />

in noce per il top e la base, tutti<br />

gli interruttori, le manopole e i<br />

comandi in alluminio<br />

pesante e anodizzato...<br />

Tutto per un effetto nostalgia<br />

che però inevitabilmente cozza<br />

con gli effetti della modernità.<br />

Così la macchina (che è un<br />

ampli cuffia, un DAC e può funzionare<br />

da pre Hi-Fi) annovera<br />

sul frontale la presenza di una<br />

serie di led che segnalano la<br />

frequenza di campionamento<br />

e tramite differenti colori, se si<br />

sta riproducendo un file PCM (in<br />

bianco) o DSD (in blu). Generalmente<br />

si sa quasi sempre quale<br />

file si vuole riprodurre e quasi<br />

mai cosa effettivamente accade<br />

nei vari passaggi ed eventuali<br />

ricampionamenti digitali! due<br />

i possibili collegamenti per la<br />

cuffia: un 4-pin XLR bilanciato<br />

e un tradizionale jack da 6.3<br />

mm Single Ended. Un selettore<br />

infine seleziona l’ingresso “Line”<br />

mentre l’amplificatore silenzia<br />

l’uscita cuffie e abilita l’uscita linea<br />

sul retro dell’amplificatore.<br />

Scorrendo inoltre l’interruttore<br />

sul retro dell’unità (da “Fixed” a<br />

“Va-<br />

riable”) si<br />

ottiene<br />

il controllo del guadagno<br />

attraverso la manopola del volume<br />

sulla parte anteriore.<br />

Alcune di queste soluzioni che<br />

tentano di evocare approcci full<br />

analog ottengono l’effetto di<br />

abbassare di fatto il valore percepito<br />

più del valore reale. È il<br />

caso dello chassis in alluminio<br />

spazzolato che ha un aspetto<br />

molto cheap, mal lavorato e con<br />

una superficie molto riflettente<br />

ma con segni importanti della<br />

spazzolatura: costoso e al tempo<br />

stesso di poco impatto estetico.<br />

Le levette di selezione, troppo<br />

lunghe e con troppa corsa quando<br />

poi la commutazione avviene<br />

tramite relè azionati da una unità<br />

logica, attivata dalle levette<br />

stesse. Solo la regolazione del<br />

livello del volume avviene in<br />

modo analogico tramite un potenziometro<br />

del volume azionato<br />

“a mano”: la sensazione della<br />

regolazione del livello è molto<br />

piacevole e restituisce quel rassicurante<br />

movimento preciso<br />

e leggermente frizionato di un<br />

tempo. Per tutte le altre regolazioni<br />

e commutazioni, è avvertibile<br />

in modo<br />

evidente una<br />

certa latenza fra<br />

l’azionamento e<br />

l’attivazione, sia<br />

per la scelta degli<br />

ingressi che<br />

per la scelta<br />

dell’uscita linea<br />

44 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


AMPLIFICATORE PER CUFFIE<br />

KLIPSCH DIGITAL HEADPHONE AMP<br />

PREZZO: € 590,00<br />

Dimensioni: 20 x 5,8 x 14,5 cm (lxaxp)<br />

Peso: 0,77 Kg<br />

Distributore: Exhibo S.p.A.<br />

Via Leonardo da Vinci, 6 - 20854 Vedano al Lambro ()<br />

Tel.039 4984.1<br />

www.exhibo.it<br />

Tipo: classe AB Potenza (W/Ohm): 0,5 su 16 Risp. in freq. (Hz): 20<br />

- 40.000, +0 / -0.1 dB THD (%): < 0.009 Ingressi: USB Type B, ottica, coassiale,<br />

RCA analogico Uscite: bilaciata e sbilanciata Impedenza cuffie:<br />

16, 32, 150, 300, 600; S/N (dB): 118 Note: convertitore D/A a bordo fino a<br />

192/24 e DSD 11,2M. Alimentatore separato.<br />

o per l’interfacciamento con<br />

l’impedenza alta o bassa della<br />

cuffia. In pratica, spostata la<br />

levetta, la commutazione avviene<br />

dopo un tempo lungo e con<br />

il click del relè. L’apparecchio<br />

non è dotato di telecomando o<br />

di altro sistema di controllo remoto<br />

anche se, ad eccezione del<br />

controllo del volume che non<br />

è di tipo motorizzato, tutte le<br />

funzioni di selezione sarebbero<br />

potute essere “telecomandabili”.<br />

Persino i due pannellini di chiusura<br />

in questo senso mostrano<br />

una filosofia “curiosa” in quanto<br />

si tratta di lastre in MDF molto<br />

sottili con tutte le superfici impiallacciate<br />

in legno: soluzione<br />

costosa, delicata e soggetta a<br />

mutazioni nel tempo, magari<br />

più stabile di un “massello” ma<br />

meno “concreta”.<br />

Per quanto riguarda invece le<br />

scelte nell’architettura circuitale<br />

colpisce il fatto che l’alimentazione<br />

esterna sia a 5VoltDC anche<br />

se all’interno troviamo un<br />

circuito DC-DC converter che<br />

dovrebbe innalzare la tensione<br />

a +/-15V. I risultati sono molto<br />

validi sia in termini di pulizia<br />

che di livello di uscita anche se le<br />

complicazioni conseguenti a tale<br />

scelta e anche un certo innalzamento<br />

dei costi fanno pensare<br />

che i requisiti di progetto fossero<br />

“altri” oppure che i progettisti<br />

siano partiti da un abbozzo sul<br />

quale hanno poi implementato<br />

quel che man mano veniva richiesto.<br />

Il livello di uscita molto<br />

alto consente comunque abbinamenti<br />

anche con cuffie poco sensibili<br />

e ad alta impedenza. Con il<br />

selettore posto nella posizione<br />

a basso guadagno comunque il<br />

livello di uscita rimane alto ma<br />

i risultati migliori si ottengono<br />

con la posizione ad alta uscita<br />

che restituisce un suono con<br />

più piglio e ritmo anche se in<br />

certi casi e certi abbinamenti la<br />

gamma media è più fluida nella<br />

soluzione a bassa uscita a condizione<br />

che la regolazione del<br />

volume non sia in prossimità<br />

del massimo. Gli abbinamenti,<br />

anche con cuffie molto differenti<br />

fra loro, hanno evidenziato una<br />

gran flessibilità dell’apparecchio<br />

che non mostra idiosincrasie e<br />

criticità, anzi: ad eccezione della<br />

lieve variazione timbrica in funzione<br />

della scelta del guadagno,<br />

non sembra risentire di variazioni<br />

importanti dell’impedenza<br />

di carico. L’abbinamento con la<br />

HP-3 mostra addirittura una sovrabbondanza<br />

di energia.<br />

Dal punto di vista sonoro va segnalata<br />

la particolare fisionomia<br />

dell’apparecchio che sembra enfatizzare,<br />

con tinte calde, la porzione<br />

centrale delle frequenze<br />

pur mantenendo la porzione più<br />

alta a fuoco e corposa ma non in<br />

primissimo piano mentre verso<br />

il basso si mantiene un’ottima<br />

articolazione ma non ci si spinge<br />

fino all’estremo gamma. In<br />

questo senso l’impronta sonora<br />

è speculare a quella della cuffia<br />

HP-3 saldandone l’abbinamento<br />

da un punto di vista elettivo. Le<br />

prestazioni del DAC sono adeguate<br />

alle scelte circuitali intraprese<br />

e forse anche qualcosa di<br />

più: utilizzando l’apparecchio<br />

in questo senso siete sicuri di<br />

TEST<br />

portare a casa una performance<br />

particolarmente soddisfacente.<br />

Buone anche le prestazioni<br />

dell’apparecchio utilizzato come<br />

pre: l’opzione dell’uscita preamplificata<br />

lascerebbe presupporre<br />

un eccellente abbinamento con<br />

diffusori amplificati che, però,<br />

con l’assenza di un telecomando<br />

potrebbero risentire in termini<br />

di usabilità.<br />

Nel complesso la valutazione<br />

dell’apparecchio deve tenere<br />

conto di due elementi decisivi. Il<br />

primo è l’eventuale abbinamento<br />

con la cuffia della stessa linea che<br />

crea un sistema particolarmente<br />

performante in relazione al costo<br />

complessivo dove le eventuali remore<br />

nell’abbinare una cuffia “di<br />

una classe in più” sono completamente<br />

annullate dalla prova dei<br />

fatti. L’altro è l’esame della classe<br />

di prezzo di appartenenza dove ci<br />

sono prodotti che probabilmente<br />

svolgono singolarmente ciascuna<br />

delle funzioni dell’Headphone<br />

amp in modo migliore ma se si<br />

esclude questo approccio selettivo<br />

e se parte o tutte le funzioni<br />

offerte (ampli cuffie, DAC, pre)<br />

sono utili e prevedibilmente utilizzabili,<br />

l’apparecchio si pone<br />

come una delle migliori scelte in<br />

merito, sia per le evidenze al banco<br />

di misura (ottimo il rapporto<br />

segnale rumore) che in termini<br />

di versatilità e qualità sonore...<br />

I connettori di ingresso<br />

digitali sono saldati sul<br />

circuito e posti nelle aperture<br />

sul pannello posteriore<br />

mentre i connettori RCA per<br />

l’ingresso linea e l’uscita pre<br />

sono fissati direttamente sul<br />

pannello con i cavi di segnale<br />

saldati al PCB. L’uscita è<br />

selezionabile fra fissa e<br />

variabile. L’alimentazione è<br />

a 5VDC da 4A.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 45


SELECTOR SPECIALE KLIPSCH<br />

Il DAC è un ESS SABRE<br />

ES9018K2M appartenente<br />

alla classe Reference<br />

pensato per applicazioni<br />

di livello auiophile in<br />

dispositivi portatili e a<br />

basso consumo. Supporta<br />

formati PCM a 384kHz a<br />

32 bit e DSD a 11,2 MHz.<br />

La sezione di alimentazione<br />

adotta sistemi di<br />

stabilizzazione e di<br />

separazione dalla rete<br />

tramite circuiti integrati<br />

di conversione DC-DC<br />

con benefici sia sulla<br />

riduzione del rumore<br />

indotto dall’esterno<br />

che sulla stabilità della<br />

tensione a prescindere da<br />

quella in ingresso da 12VDC.<br />

I due amplificatori integrati Texas<br />

TPA6120A2, indipendenti per<br />

l’uscita SE e quella bilanciata, sono<br />

implementati su un PCB indipendente con<br />

una piazzola maggiorata per lo smaltimento<br />

del calore e sono alimentati a tensione duale per<br />

consentire l’uscita a 6Vrms anche su carichi bassi.<br />

CUORE MODERNO<br />

Le dimensioni piuttosto contenute<br />

dell’apparecchio hanno reso necessaria<br />

un compattazione molto spinta<br />

dei circuiti e dello chassis. Tuttavia, il<br />

corpo portante è costituito da un profilo<br />

estruso in allumino a sezione rettangolare<br />

con i supporti integrati sul quale<br />

sono state realizzate le aperture delle<br />

connessioni sul retro e dei comandi sul<br />

frontale. I PCB interno sono fissati ai<br />

supporti laterali e in un certo sospesi<br />

e collegati a loro volta ai connettori da<br />

pannello o ai connettori da stampato<br />

collegati a loro volta su piccoli PCB di<br />

scambio. La parte superiore e quella<br />

inferiore sono chiuse da due pannelli<br />

in MDF molto sottile impiallacciato in<br />

legno su tutte le facce.<br />

Sul PCB principale è presente la sezione<br />

più delicata del sistema, quella di<br />

alimentazione, cui fa capo un convertitore<br />

DC-DC TPS6 5131 della Texas che<br />

fornisce una tensione di uscita duale<br />

regolabile fino a +/-15VDC a partire<br />

da una tensione singola che parte da<br />

un minimo di 2.7 VDC a 5.5 VDC. In<br />

questo modo è stato possibile usare<br />

un alimentatore standard a +5VDC e<br />

isolare completamente il sistema dalla<br />

rete con un convertitore DC-DC e una<br />

batteria di condensatori in una sorta di<br />

pila virtuale a monte dell’apparecchio.<br />

Il ricevitore degli ingressi digitali è un<br />

PCM9211 con il DAC ESS ES9018K2M<br />

mentre l’USB è affidata ad un Xmos.<br />

46 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


SELECTOR<br />

di Nico Candelli<br />

L’accoppiata totale<br />

Ci sono amori a prima vista e passioni che maturano più lentamente (e spesso sono le più durature)<br />

ma comunque in Hi-Fi solo con l’uso si apprezzano le straordinarie capacità delle fuoriserie che a<br />

volte ci capitano tra le mani.<br />

Distributore: MPI ELECTRONIC SRLVia De Amicis, 10/12 - 20010 Cornaredo (MI) - Tel. 02 9361101 - Fax 02 93562<br />

Negli anni Ottanta la<br />

Celestion presentò un<br />

diffusore mid size dalle<br />

indubbie qualità: si trattava<br />

del modello SL 6 (quello con il<br />

tweeter in rame); successivamente<br />

si aggiunse il più performante<br />

Celestion 600 del quale,<br />

nella ultima versione “Si”, posseggo<br />

ancora una coppia, usata<br />

di rado ma ancora in grado di<br />

darmi molte soddisfazioni, soprattutto<br />

nella zona media, con<br />

sonorità vicine a un pannello<br />

elettrostatico. Eppure all’epoca,<br />

nei negozi in cui questi<br />

diffusori erano disponibili, in<br />

virtù di una bassa efficienza,<br />

un suono tendente leggermente<br />

allo scuro, in commutazione<br />

con altri diffusori anche<br />

di qualità più modesta ma<br />

dal suono più brillante dove<br />

la scena sonora era proiettata<br />

più in avanti, quei diffusori<br />

venivano snobbati dai molti<br />

ascoltatori presenti. Una volta<br />

a casa, però, i diffusori si prendevano<br />

la loro rivincita: dopo<br />

aver assimilato le loro doti<br />

di grande musicalità, messi<br />

a confronto con diffusori dal<br />

costo simile e anche superiore<br />

vincevano su tutto, in pulizia,<br />

in micro e macro contrasto e<br />

soprattutto in magia di ascolto!<br />

Quell’esperienza mi ha fatto<br />

venire in mente il DirectStream<br />

DAC, il convertitore della<br />

PS Audio che, con modalità<br />

diverse, in negozio si comporta<br />

quasi allo stesso modo dei<br />

Celestion. Un livello di uscita<br />

basso (6 db meno della media)<br />

e un suono straordinariamente<br />

naturale, privo di fuochi di<br />

artificio, in un confronto poco<br />

attento e veloce possono segnare<br />

il passo rispetto ad altri<br />

ottimi convertitori ma dal suono,<br />

diciamo, più “ digitale “.<br />

Una volta a casa, però, dopo<br />

un breve periodo di rodaggio<br />

si crea un feeling particolare<br />

con l’ascoltatore e man mano<br />

che si va avanti negli ascolti<br />

si scoprono sonorità di una<br />

tessitura straordinaria, una<br />

grande ricchezza di informazioni,<br />

una precisione timbrica<br />

sicuramente ai livelli massimi,<br />

soprattutto con l’apparecchio<br />

dotato dell’ultimo firmware<br />

disponibile “Red Cloud” (per<br />

questo un grazie a Ted Smith<br />

che a ogni aggiornamento regala<br />

apprezzabili miglioramenti...).<br />

Normalmente utilizzo il DirectStream<br />

DAC sia con un<br />

lettore Teac VRDS che con un<br />

Marantz 94 mk2 (di cui ovviamente<br />

utilizzo solo la meccanica)<br />

oltre che con un computer<br />

ASUS con Jriver 24 per l’ascolto<br />

della musica liquida. Con<br />

questa “formazione” il suono<br />

prende nuova vita. Perfetta la<br />

collocazione degli strumenti<br />

posizionati in un palcoscenico<br />

virtuale ampio e ben delineato,<br />

la parte bassa riproposta<br />

in modo superbo, intellegibile<br />

con una grande capacità di<br />

dare colore, presenza, precisione<br />

e soprattutto grande pulizia<br />

per tutti quegli strumenti che<br />

orbitano in quell’area portando<br />

il suono a livelli decisamente al<br />

top. Le voci, poi, sia maschili<br />

che femminili, sono eccellenti,<br />

mai una brillantezza di troppo,<br />

48 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


ESPERIENZE SUL CAMPO: PS AUDIO DIRECSTREAM MEMORY PLAYER E DAC<br />

Meccanica PS Audio DirectStream Memory Player<br />

Prezzo: € 9.000,00<br />

Dimensioni: 43,1 x 9,5 x 35,5 cm (lxaxp)<br />

Peso: 12 Kg<br />

www.mpielectronic.com<br />

Tipo: doppio laser per lettura CD, DVD e SACD con supporto a: AVCHD,<br />

HRx, SACD, CD, CD-R/RW, DVD±R/RW, DVD±R DL Caricamento: frontale<br />

con vassoio Uscite: AES/EBU, 3 x coax, 3 x IIS Note:supporto a formati<br />

FLAC, APE, WMA, MP3, M4A, AAC, DTS, AC3, WAV, DSF, MKA, PCM, OGG<br />

contenuti nel disco ottico o nella memoria di massa collegabile alla presa<br />

USB frontale.<br />

(Provato su <strong>SUONO</strong>: N.519 del 09/2017)<br />

il tutto virato verso un timbro<br />

molto naturale con una grande<br />

ricostruzione olografica. Tutti<br />

gli strumenti, poi, godono<br />

di un buio da primato, segno<br />

che il rumore digitale è stato<br />

portato a livelli molto bassi.<br />

Questo fa si che, se durante<br />

l’esecuzione c’è una breve<br />

pausa tra una nota e l’altra, si<br />

ha la sensazione che manchi<br />

il collegamento tra diffusori e<br />

amplificatore. Ma il bello viene<br />

durante i pianissimi, dove<br />

tante piccole informazioni di<br />

ambienza vengono fuori e vanno<br />

a ricollocarsi nel posto giusto<br />

del palcoscenico virtuale,<br />

donando un effetto presenza,<br />

ampiezza, profondità e collocazione<br />

degli strumenti da primato.<br />

Con il CD Fonè Icon Of<br />

Music, ad esempio, tra il primo<br />

e il secondo brano c’è una<br />

pausa di 5 o 6 secondi dove i<br />

musicisti riposizionano i loro<br />

strumenti creando inevitabili<br />

rumori. Un convertitore tradizionale<br />

questi passaggi li fa<br />

comunque sentire e, anzi, direi<br />

che li evidenzia in maniera<br />

marcata; il DirectStream DAC,<br />

invece, grazie alle sue notevoli<br />

doti di estrarre tante micro<br />

informazioni e riverberi, fa<br />

si che questi “rumori” siano<br />

perfettamente ricollocati nel<br />

palcoscenico in modo da sembrare<br />

più reali, più palpabili e<br />

soprattutto più convincenti.<br />

Molti affermano che questo<br />

convertitore si discosta dal<br />

suono digitale, risultando più<br />

simile al suono analogico. Di<br />

certo la sua natura è più vicina<br />

al suono analogico ma direi che<br />

ha una forte personalità fatta<br />

di grande sonorità e una naturalezza<br />

al top.<br />

Sempre alla ricerca di miglioramenti<br />

sono riuscito a mettere<br />

le mani sull’ultimo lettore<br />

Ps Audio, il Memory Player,<br />

sebbene i risultati raggiunti<br />

dal DirectStream DAC in accoppiata<br />

con le mie fonti di<br />

lettura erano tali e tanti (e il<br />

suono mi appagava a pieno)<br />

che il mio interesse verso questo<br />

lettore era più una curiosità<br />

che un’esigenza. Questo,<br />

almeno, quanto la logica lasciava<br />

supporre ma, come si<br />

sa, in Hi-Fi mai dare qualcosa<br />

per scontato! Non appena<br />

collocato il Memory Player nel<br />

mio sistema e ascoltato il primo<br />

CD che mi è capitato tra le<br />

mani, ecco una doccia fredda<br />

per me e il mio set-up e la nascita<br />

dei tipici dubbi: forse il<br />

nuovo collegamento più performante<br />

“I2S” mette in vantaggio<br />

il Memory rispetto al<br />

collegamento SPDF utilizzato<br />

per i miei apparecchi? Per correttezza<br />

di confronto ricollego<br />

l’apparecchio via “SPDF” e<br />

riprovo. Nulla da fare: le mie<br />

fonti sono sottotono, il confronto<br />

non regge. Non mi pare<br />

possibile invece un confronto<br />

diretto con il suono del computer<br />

perché lo stesso è collegato<br />

al DAC attraverso la presa USB.<br />

Nel computer però ho diversi<br />

file FLAC ad alta risoluzione e,<br />

per farne un confronto, potrei<br />

Il collegamento elettivo I2S si è dimostrato estremamente performante sia nel test (<strong>SUONO</strong> 519 - settembre 2017) che nell prova sul campo...<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 49


SELECTOR<br />

Su <strong>SUONO</strong> n.519 (settembre 2017) il confronto tra DirectStream e DirectStream Junior, una soluzione quest’ultima che preserva gran parte della “magia” del sistema<br />

farne una copia su un CD in<br />

modo da far leggere gli stessi<br />

dati anche dal Memory (legge<br />

anche i dati!) sebbene, a causa<br />

della bassa capienza del supporto,<br />

sarei probabilmente costretto<br />

a comprimerli…<br />

Convertitore PS Audio DirectStream<br />

Prezzo: € 8.500,00<br />

Dimensioni: 43 x 10 x 36 cm (lxaxp)<br />

Peso: 13,5 Kg<br />

Provo allora a trasferirli, in relazione<br />

alla grandezza del file,<br />

su un DVD o su un Blu-Ray e<br />

vediamo cosa ne viene fuori.<br />

Il Memory Player accetta tutti<br />

questi supporti e, soprattutto,<br />

in un confronto alla pari<br />

Sistema di conversione: DSD Sovracampionamento: 10xDSD -<br />

20xDSD (new firmware) Risp. in freq. (Hz): 20 - 20.000 +/- 0.25dB THD<br />

(%): 0.03 Ingressi digitali: XLR, RCA, TosLink, USB asincrono 24/192 e DSD<br />

DoP, due I2S Uscite analogiche: 2 RCA (low 1.41V/100 Ohm e high 2.81/100<br />

Ohm) 2 XLR (low 3.15V/200 Ohm e high 5.3V/200 Ohm) Note: Display touch<br />

screen. Telecomando. Modulo di rete Bridge II opzionale 1.500 euro installabile<br />

nello slot.<br />

(Provato su <strong>SUONO</strong>: N.519 del 09/2017)<br />

tra i dati trasmessi al convertitore<br />

dal computer e gli stessi<br />

trasmessi dal Memory Player<br />

via DVD, Blu-Ray o anche CD<br />

stessi ( se la capienza lo permette<br />

) non c’è storia: il lettore<br />

suona di tutto e di più a livello<br />

fantastico! E ho l’impressione<br />

che una perfetta sinergia con il<br />

DirectStream DAC porti le due<br />

macchine davvero ai massimi<br />

livelli oggi disponibili. Così,<br />

come sempre accade quando<br />

la qualità di riproduzione è superlativa,<br />

continuo la mia carrellata<br />

di ascolti inserendo nel<br />

Memory alcuni Blu-Ray audio<br />

della L2 e NAXOS. Risultato<br />

eccezionale. Ho inserito anche<br />

alcuni Blu-Ray video e il<br />

risultato sonoro è altrettanto<br />

magnifico.<br />

E i SACD? Manco a parlarne.<br />

E per concludere riproduce<br />

perfettamente anche file<br />

compressi e non, inseriti in<br />

una pen-drive. Ma quello che<br />

più mi colpisce è la riproduzione<br />

dei CD: il livello qualitativo<br />

con cui vengono riprodotti<br />

è tale che stento a distinguerli<br />

da quelli ad alta risoluzione<br />

e questa è una cosa fantastica,<br />

anche perché se la lettura<br />

dei supporti ad alta risoluzione<br />

è un importante a tout, è il CD<br />

che fa la parte del leone perché<br />

nel panorama digitale è<br />

questo il supporto preponderante,<br />

con una disponibilità di<br />

musica praticamente illimitata.<br />

È quindi bello sapere che<br />

il Memory riesca a ottenere il<br />

massimo dai CD garantendo<br />

un livello qualitativo confrontabile<br />

direttamente con i più<br />

performanti Hi-Res, assolutamente<br />

limitati nella scelta.<br />

Riscoprire nuove frontiere di<br />

ascolto di tutta la discografia<br />

CD, SACD, Blu-Ray e Hi-Res<br />

in mio possesso è stata davvero<br />

una meravigliosa esperienza.<br />

Certo il prezzo dell’accoppiata<br />

meccanica + DAC della<br />

casa americana non è proprio<br />

economico ma queste macchine<br />

rivaleggiano con i migliori<br />

due telai presenti sul mercato,<br />

anche con quelli molto più<br />

costosi, con il plus impagabile<br />

del costante aggiornamento<br />

“gratuito” delle due macchine<br />

e, non ultima, la possibilità di<br />

riprodurre praticamente tutti i<br />

supporti oggi disponibili.<br />

Se poi la spesa è davvero troppo<br />

onerosa, è possibile e interessante<br />

risparmiare sensibilmente<br />

un po’ di denaro acquistando<br />

il DirectStream Junior,<br />

che utilizza la stessa tecnologia<br />

e gli stessi aggiornamenti<br />

di firmware ed è in parte sovrapponibile<br />

dal punto di vista<br />

sonico al fratello maggiore.<br />

50 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


SELECTOR<br />

di Carlo D’Ottavi<br />

FONORILEVATORE<br />

Soundsmith Strain Gauge e SG 210<br />

Un artigiano, un artigiano<br />

“puro” come pochi<br />

ne sono rimasti ma anche<br />

qualcuno con una “meravigliosa<br />

idea per la testa”.<br />

Così Peter Ledermann dal<br />

suo piccolo è riuscito a offrire<br />

un punto di vista inedito<br />

nella lettura analogica,<br />

settore che si presta alle<br />

performance anche delle<br />

piccole realtà, se passione,<br />

genialità e un pizzico<br />

di follia le pervade. Non<br />

per tutti, anzi per pochi<br />

ma ecco il primo prodotto<br />

che ha fatto strike assoluto<br />

sulle pagine di <strong>SUONO</strong>!<br />

Uno dei due costruttori di<br />

fonorivelatori americani,<br />

curiosamente Soundsmith<br />

ha sede a New York come<br />

il suo omologo (Grado) e la medesima<br />

dimensione di carattere<br />

artigianale, legata all’estro del<br />

suo creatore Peter Ledermann.<br />

Inizialmente, alla fine degli anni<br />

Sessanta, si tratta di un’officina<br />

audio che progetta e sviluppa<br />

dispositivi elettronici conto terzi;<br />

la decennale collaborazione<br />

con IBM porta Ledermann ad<br />

acquisire specifiche conoscenze<br />

nel campo dei semiconduttori.<br />

Poi, a partire dal 1991, Ledermann<br />

si dedica totalmente<br />

alla Soundsmith, producendo<br />

soprattutto fonorilevatori, un<br />

campo nel quale si dimostra particolarmente<br />

abile e originale per<br />

le scelte tecnologiche intraprese.<br />

Il grosso della sua produzione<br />

si basa su modelli ferro mobili<br />

i quali, avendo sia le<br />

bobine elettriche che i<br />

magneti<br />

fissi, sfrutta il movimento del<br />

cantilever metallico all’interno<br />

del campo elettromagnetico per<br />

modulare l’intensità della tensione<br />

elettrica. Uno dei vantaggi<br />

di questa soluzione è proprio<br />

l’equipaggio mobile, costituito<br />

solo da stilo e cantilever e quindi<br />

molto leggero, che favorisce una<br />

elevata tracciabilità, prontezza<br />

di risposta e smorzamento. Dal<br />

2000, inoltre, Ledermann ha cominciato<br />

a sviluppare un nuovo<br />

sistema di lettura analogica basata<br />

sulla tecnologia degli estensimetri<br />

chiamati Strain Gauge.<br />

Un fonorivelatore di questo<br />

tipo non genera corrente ma è<br />

un resistore variabile. Meccanicamente<br />

lo stilo è collegato a<br />

due cristalli in silicio; a causa del<br />

movimento dello stilo nel solco<br />

del disco uno dei due elementi è<br />

compresso e l’altro subisce un’estensione.<br />

Di fatto il sistema si<br />

comporta come una resistenza<br />

elettrica variabile a seconda di<br />

quanto si allungano e si accorciano<br />

i due elementi in silicio.<br />

Se facciamo attraversare questa<br />

resistenza da una determinata<br />

corrente, fornita da uno specifico<br />

pre-phono, questa verrà<br />

modulata in funzione delle sollecitazioni<br />

meccaniche, dovute al<br />

movimento dello stilo, alle quali<br />

è sottoposto l’estensimetro. Di<br />

fatto il sistema SG è sensibile<br />

all’ampiezza del segnale registrato<br />

e non alla velocità con<br />

cui il segnale viene inciso. Così<br />

se i tradizionali sistemi di lettura,<br />

siano MM, MC o FM, sono<br />

sensibili alla velocità e quindi<br />

necessitano di un pre-phono<br />

che comprenda una curva RIAA<br />

inversa che compensi quella seguita<br />

per incidere il disco, il prephono<br />

Soundsmith abbinabile a<br />

questo tipo di fonorilevatore non<br />

ha bisogno di questo circuito!<br />

Nella realtà la curva RIAA prevede<br />

per le frequen- z e<br />

medie, dai 500<br />

a i<br />

Prezzo: € 11.995,00<br />

Distributore: Audio Reference S.r.l.<br />

Via Giuseppe Abamonti, 4 - 20129 Milano (MI)<br />

Tel.02.29.404.989 - Fax 02.29.404.311<br />

www.audioreference.it<br />

FONORILEVATORE SOUNDSMITH STRAIN GAUGE E SG 210<br />

Tensione di uscita (mV): fissa 0,775, variabile fino a 3,6 Forza di<br />

appoggio (g): 2,3 Stilo: Conical Elliptical Shibata Contact Line O.C. /<br />

cantilever in rubino Impedenza di carico (Ohm): 600 Note: sistema<br />

costituito da fonorilevatore Strain Gauge e pre-phono SG-210 con<br />

uscite linea fissa e variabile. Stilo sostituibile anche con altri modelli<br />

52 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

2100 Hz, e per quelle inferiori<br />

ai 50 Hz, una zona ad ampiezza<br />

costante. I primi tentativi fatti<br />

da Soundsmith per superare<br />

questo problema richiedevano<br />

complessi circuiti di compensazione<br />

ma l’aggiunta di<br />

circuiti al percorso del segnale<br />

non è l’ideale. Per Soundsmith<br />

l’udito umano è molto più tollerante<br />

verso gli errori di lettura<br />

in ampiezza rispetto agli errori<br />

temporali, quindi l’intervento<br />

di correzione delle imprecisioni<br />

sopra accennate è stato minimizzato<br />

senza alcun circuito<br />

aggiuntivo lungo il percorso del<br />

segnale (anche se il costruttore<br />

non ci dice come...). In sostanza<br />

un sistema di lettura analogica<br />

Strain Gauge prevede un fonorilevatore<br />

con equipaggio mobile<br />

di minime dimensioni e massa,<br />

dunque con gli stessi vantaggi<br />

dei modelli ferro mobile, abbinato<br />

a un circuito di preamplificazione<br />

phono della massima<br />

semplicità comprendente due<br />

generatori di tensione separati<br />

per fornire il segnale necessario<br />

all’estensimetro e un circuito<br />

di rilevamento e correzione del<br />

segnale. Il segnale in uscita può<br />

essere collegato a un ingresso<br />

linea di un amplificatore. Se si<br />

usa un pre phono SG 210, come<br />

nel nostro caso, si può scegliere<br />

tra l’uscita fissa e quella variabile<br />

utile nel caso di collegamento<br />

diretto a un amplificatore di potenza.<br />

Da segnalare che Strain<br />

Gauge è realizzato in modo tale<br />

da rendere sostituibile lo stilo.<br />

Sono disponibili ben cinque sistemi<br />

stilo/cantilever diversi che<br />

si possono montare sullo stesso<br />

fonorilevatore. Quello montato<br />

di serie è del tipo Nude Contact<br />

Line montato su cantilever in rubino;<br />

il più costoso SGS-6 ha un<br />

profilo diverso chiamato Nude<br />

Optimized Contour Contact Line<br />

e ci sono anche quelli per i 78<br />

giri e a profilo conico per registrazioni<br />

monofoniche vintage.<br />

Il montaggio e il set-up del fonorilevatore<br />

nello shell è del<br />

tutto simile ma presenta alcune<br />

difficoltà. L’attenzione deve<br />

essere massima considerato<br />

il fatto che non viene fornito<br />

nessun elemento di protezione<br />

dello stilo. Lo stilo può essere<br />

preventivamente smontato dal<br />

corpo del fonorilevatore tramite<br />

una micro vite posta tra i puntali<br />

di collegamento del segnale. Nei<br />

primi modelli il supporto dello<br />

stilo era tenuto solidale magneticamente<br />

al corpo, in seguito si<br />

è aggiunta una vite per meglio<br />

tenere assieme le due parti stilocorpo.<br />

Lo stilo, molto piccolo e<br />

sottile, è piazzato in posizione<br />

molto arretrata rispetto al corpo<br />

del fonorilevatore. Questo<br />

comporta una sua scarsa visibilità<br />

e notevoli difficoltà ad<br />

allinearlo nella griglia di una<br />

dima. La forma squadrata dell’SG<br />

in compenso aiuta a trovare<br />

il suo giusto allineamento. Due<br />

micro file verticali di led, poste<br />

sul frontale del corpo metallico<br />

della SG, aiutano a controllare<br />

la perfetta verticalità del sistema<br />

montato, angolo di azimuth<br />

a 90°. Una volta effettuate tutte<br />

le connessioni, per ultima quella<br />

dei due trasformatori alla presa<br />

di rete a muro, si accenderanno<br />

i due led, uno verde e uno rosso,<br />

che segnalano il corretto funzionamento<br />

dell’SG-210. Alzata la<br />

levetta di sinistra si accendono i<br />

led blu del fonorilevatore e quello<br />

arancio asservito al mute. La<br />

funzione di silenziamento Mute<br />

può essere abilitata o meno tramite<br />

lo switch posto a destra del<br />

controllo di volume. In posizione<br />

On funziona automaticamente<br />

e solamente quando si pone lo<br />

stilo sul disco si disattiva dopo<br />

mezzo secondo e il led passa da<br />

arancio a blu per attivarsi nuovamente<br />

quando si alza lo stilo.<br />

Switchando il selettore di muting<br />

su Off rimane in funzione un<br />

altro tipo di mute che potremmo<br />

definire di sicurezza; entra<br />

in funzione quando il segnale<br />

viene a mancare per qualche<br />

problema, tipo falsi contatti tra<br />

fonorilevatore e/o cavo phono,<br />

per esempio.<br />

Come detto l’SG-210 ha due<br />

uscite RCA: una fissa e l’altra<br />

variabile. All’ascolto si nota<br />

come quella fissa, bypassando<br />

il controllo di volume, fornisca<br />

un suono più trasparente, con<br />

un’immagine meglio definita e<br />

dovizia di particolari ancora più<br />

accentuata. Nel caso “peggiore”,<br />

cioè utilizzando il volume dell’SG-210,<br />

si registra un leggero<br />

appannamento, ma le differenze<br />

sono davvero minime perché la<br />

qualità della riproduzione è davvero<br />

altissima. Piuttosto l’utilizzo<br />

dell’uscita variabile può essere<br />

utile con quei pre che hanno<br />

una bassa sensibilità<br />

d’ingresso e che possono gradire<br />

un segnale più elevato dal<br />

pre-phono. Insomma ci si può<br />

divertire con tutte le variabili<br />

d’uso di questo sistema!<br />

Una delle prime cose che colpisce<br />

del sistema è la sua silenziosità:<br />

senz’altro l’SG di Soundsmith è<br />

uno dei sistemi più silenziosi che<br />

ci sia mai capitato di ascoltare.<br />

Nessun ronzio, nessun rumore<br />

di circuito, e il sistema di muting<br />

che taglia completamente il<br />

segnale quando la cartuccia non<br />

sta suonando funziona perfettamente.<br />

Ovvio che questo non<br />

significa che questa silenziosità<br />

elimini gli scricchioli e i rumori<br />

dovuti a graffi o sporcizia nei<br />

solchi ma il livello così basso<br />

ottenibile in assenza di segnale<br />

non fa che aumentare la sensazione<br />

di dinamica e nettezza dei<br />

suoni registrati. In altre parole,<br />

trasparenza, immagine tridimensionale,<br />

risoluzione sono<br />

rese tutte al meglio. Non è caldo<br />

e non “romanticizza” nessuna<br />

parte degli alti o dei medio alti.<br />

Tutte le informazioni musicali<br />

dal disco fluiscono senza produrre<br />

enfatizzazioni nelle ottave<br />

superiori tipiche di molte bobine<br />

mobili che cercano di essere<br />

ultra estese.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 53


SELECTOR<br />

Il corpo della testina è ricavato da un blocco<br />

unico di alluminio fresato e lavorato in cui<br />

sono state ricavate le sedi dei componenti e<br />

gli innesti per la sostituzione dello stilo. I led<br />

indicano la presenza dell’alimentazione. La<br />

massa complessiva oltrepassa di poco i 10g.<br />

Gli Strain Gauge, alla base del<br />

funzionamento del trasduttore,<br />

sono installati su due supporti<br />

immediatamente sopra il cantilever e<br />

coperti con un coperchio in alluminio<br />

molto spesso.<br />

FUORI DAL CORO<br />

Fonorilevatori e amplificatori<br />

fono in genere vengono pensati<br />

e progettati quasi mai uno in funzione<br />

dell’altro, anzi! In passato<br />

son stati definiti dei parametri<br />

standard di riferimento per l’interfacciamento<br />

elettrico degli<br />

apparecchi e poi, i prodotti si costruivano<br />

cercando di rispettare<br />

tali standard.<br />

Invece, è evidente che tali standard<br />

non sono sufficienti ed è<br />

per questo, che “empiricamente”<br />

si testano sul campo gli interfacciamenti<br />

migliori. Eppure, un<br />

sistema “all in one viene” sempre<br />

visto con diffidenza. In questo<br />

caso, si tratta di un sistema che<br />

non si basa su alcuno standard<br />

se non quello del livello di uscita<br />

che, stranamente è stato fissato<br />

dal costruttore a 0,775 Volt, effettivamente<br />

un po’ basso rispetto<br />

alla norma. Il cuore del sistema<br />

quindi non è tanto la testina<br />

quanto l’apparato elettronico<br />

che invia e preleva la tensione<br />

di riferimento.<br />

La realizzazione appare estremamente<br />

artigianale con componenti<br />

che sembrano far parte<br />

di altre apparecchiature e utilizzati<br />

come infrastruttura. Alcune<br />

sezioni del circuito sono molto<br />

curate con componenti scelti e<br />

isolamenti in mumetal ma altre,<br />

come ad esempio la sezione di<br />

preampllificazione variabile, appaiono<br />

estremamente minimali<br />

e posticce.<br />

Inoltre l’aria, la vita e l’eccitazione<br />

musicale sono davvero eccezionali<br />

in tutta la gamma media e<br />

alta. Se nella riproduzione sonora<br />

hai sempre desiderato le ottave<br />

superiori lisce e la vita e l’energia<br />

dinamica, il sistema Soundsmith<br />

rappresenta davvero un punto di<br />

arrivo. Ottimo con qualsiasi genere<br />

musicale, l’impressione è<br />

che dia il meglio nel riprodurre<br />

strumenti acustici naturali come<br />

i legni, gli archi, gli ottoni e le voci<br />

femminile e maschile arrivano<br />

con un realismo eccezionale.<br />

Questo fa anche la differenza con<br />

gli strumenti “difficili”. Lo stesso<br />

clavicembalo, che spesso tende a<br />

indurirsi nei sistemi più radiografanti,<br />

in questo caso risulta<br />

molto musicale. Davvero eccitante<br />

è l’ascolto della grande orchestra<br />

sinfonica dove Soundsmith<br />

produce uno dei più dettagliati<br />

e tridimensionali palcoscenici<br />

sonori che rivela tutti i dettagli<br />

dei soliti sforzi in studio. Ottimo<br />

il lavoro di rivelazione del palcoscenico<br />

sui vecchi dischi RCA,<br />

Everest e altri dischi classici che<br />

utilizzavano tecniche di mixaggio<br />

più semplici. Il fonoriveltore non<br />

aggiunge ciò che non c’è e molti<br />

dischi analogici sono solo bidimensionali.<br />

Con buoni LP tuttavia la combinazione<br />

di dettagli, dinamica di<br />

basso livello, gamma dinamica<br />

complessiva e timbro naturale,<br />

può essere straordinariamente<br />

rivelatrice. Il Soundsmith mostra<br />

che un LP correttamente masterizzato<br />

e una registrazione digitale<br />

ottenuta dagli stessi nastri master<br />

originali possono essere notevolmente<br />

simili. Con i migliori<br />

LP, Soundsmith mantiene le cose<br />

competitive con le migliori ver-<br />

54 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST SOUNDSMITH STRAIN GAUGE E SG 210<br />

Il segnale per la sezione<br />

variabile viene prelevato<br />

all’uscita fissa con due cavi<br />

coassiali collegati a loro<br />

volta ad un potenziometro<br />

ALPS e con un ulteriore<br />

buffer di uscita realizzato<br />

con un OPA2227.<br />

<strong>SUONO</strong>GRAMMA<br />

1 CAPACITÀ DI ANALISI DEL DETTAGLIO.................... 3<br />

2 MESSA A FUOCO E CORPOSITÀ................................ 3<br />

3 RICOSTRUZIONE SCENICA ALTEZZA......................... 3<br />

4 RICOSTRUZIONE SCENICA LARGHEZZA................... 3<br />

5 RICOSTRUZIONE SCENICA PROFONDITÀ.................. 3<br />

6 ESCURSIONI MICRO-DINAMICHE............................ 3<br />

7 ESCURSIONI MACRO-DINAMICHE........................... 3<br />

8 RISPOSTA AI TRANSIENTI........................................ 3<br />

9 VELOCITÀ................................................................ 3<br />

10 FREQUENZE MEDIE E VOCI...................................... 3<br />

11 FREQUENZE ALTE.................................................... 3<br />

12 FREQUENZE MEDIO-BASSE..................................... 3<br />

13 FREQUENZE BASSE.................................................. 3<br />

14 TIMBRICA................................................................ 3<br />

15 COERENZA............................................................... 3<br />

16 CONTENUTO DI ARMONICHE................................... 3<br />

Il contenitore è di tipo standard<br />

con due gusci in alluminio che<br />

si innestano a scorrimento l’uno<br />

nell’altro. Il contenitore è inserito<br />

in un involucro in MDF impiallacciato.<br />

Il giudizio viene espresso su una scala di 6 valori da<br />

-3 a +3. La linea tratteggiata corrisponde allo zero ed<br />

esprime la congruità della prestazione con prodotti<br />

analoghi appartenenti alla stessa fascia di prezzo.<br />

IL VOTO DELLA REDAZIONE<br />

COSTRUZIONE ■ ■ ■ ■ ■ | ■<br />

Unico, ardito e al limite del talento che però<br />

deve fari i conti con una realizzazione al limite<br />

del prototipo di “fortuna”. Al limite dell’inaccettabile<br />

per un prodotto “ufficiale” a prescindere<br />

dalla classe di prezzo.<br />

L’apparecchio viene alimentato con<br />

due unità “vintage” Andrew AD-<br />

2430B da 24VDC ciascuna con presa<br />

a muro per ottenere una tensione<br />

duale in tutto l’apparecchio..<br />

VERSATILITÀ ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Una marcia in più in termini di abbinamento<br />

con bracci e giradischi ma ancor di più con i<br />

vari“generi musicali”. Il pre merita di meno...<br />

ASCOLTO<br />

■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Il prodotto risponde magnificamente a molti<br />

bisogni del “vinilista” che tanti altri costruttori<br />

nemmeno intuiscono.<br />

sioni in digitali, in qualunque<br />

formato siano prodotte. L’estensimetro<br />

Soundsmith funziona<br />

molto bene anche dalla gamma<br />

media fino ai bassi più profondi.<br />

Non ha problemi a riprodurre,<br />

senza distorsioni, la dinamica e i<br />

bassi più profondi. Ascoltate l’entrata,<br />

prima in sottofondo e poi<br />

più imperiosa, dell’organo nella<br />

Sinfonia n.3 di Saint Saens, che<br />

si diffonde per tutto lo spazio a<br />

disposizione, oppure il Respighi<br />

nei suoi Pini o Belkis la Regina di<br />

Saba (RR magistrali). Si tratta di<br />

uno dei pochi sistemi analogici<br />

che valga la pena di ascoltare a<br />

lungo e con attenzione, non solo<br />

per la sua qualità assoluta ma<br />

per il modo con cui la traduce in<br />

sonorità veramente spettacolari<br />

quanto originali. Rapporto qualità<br />

prezzo?<br />

Possiamo cavarcela vigliaccamente<br />

con la frase che stiamo<br />

parlando di oggetti per i quali il<br />

costo non è il primo obiettivo. È<br />

chiaro che si tratta di una dream<br />

car o di un orologio di lusso ma,<br />

almeno in questo caso, possiamo<br />

parlare di un sistema davvero<br />

originale, risultato di una ricerca<br />

tecnologica unica che affonda le<br />

sue radici nella vasta esperienza<br />

lavorativa del suo creatore. Tanta<br />

l’invidia per chi potrà goderselo.<br />

FATT. CONCRETEZZA<br />

n.c.<br />

Ci si consenta di sospendere il giudizio, stretti<br />

tra la traballante messa in pratica di criteri fuori<br />

dalle righe e la constatazione che funzionano<br />

persino al di là del ragionevole....<br />

QUALITÀ/PREZZO ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■<br />

Un outsider da ogni punto di vista, ma certi<br />

aspetti non possono essere ingorati quando si<br />

va oltre l’eccellenza! Clamoroso nell’interpretazione<br />

sonora, discutibile nella realizzazione e<br />

“deludente” per l’uscita variabile!.<br />

I voti sono espressi in relazione alla classe di appartenenza<br />

dell’apparecchio. Il fattore di concretezza<br />

rappresenta il valore nel tempo e l’affidabilità del<br />

prodotto, del marchio e del distributore.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 55


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

STREAMING PLAYER<br />

Lindemann Audiotechnick<br />

Musicbook 25 DSD<br />

Il matrimonio tra elettronica<br />

e informatica ha<br />

generato nuove categorie<br />

di prodotto tra cui alcune<br />

commistioni che ibridizzano<br />

i prodotti (è più questo<br />

o è più quello?) ma non ci<br />

era mai capitato un modello<br />

che fosse cinque/sei<br />

apparecchi in uno. Siamo<br />

di fronte al concetto moderno<br />

di (quasi) tutto-inuno<br />

di qualità?<br />

C’era un ragazzo che come<br />

me amava i Beatles e i<br />

Rolling Stones...<br />

Onestamente non sappiamo se<br />

Norbert Lindemann amasse da<br />

giovane i due super gruppi degli<br />

anni ’60 ma per certo suonava<br />

il basso in una band e la realizzazione<br />

dei primi amplificatori<br />

per strumenti musicali<br />

può essere ascritta<br />

come l’inizio della<br />

sua carriera di produttore<br />

seppur in<br />

nuce. Bisognerà infatti<br />

aspettare il 1980<br />

perché Lindemann si appassioni<br />

anche all’audio puro e un altro<br />

decennio e oltre prima che vedano<br />

luce i primi prodotti marchiati<br />

Lindemann: Amp 1 e Box 1 che,<br />

con una certa mancanza di immaginazione<br />

sono, indovinate un po’,<br />

un amplificatore integrato e un<br />

diffusore. Da lì in poi la crescita<br />

è rapida: il primo amplificatore<br />

con feedback in corrente nel 1993,<br />

il primo lettore CD nel 1999, il<br />

primo lettore SACD in Germania<br />

nel 2001... Tutte soluzioni dove<br />

più che creare ex novo soluzioni<br />

se ne scelgono le più adeguate e<br />

le si adatta alla bisogna. Sta qui<br />

l’intelligenza di Lindemann così<br />

come nel fatto di non cedere alla<br />

necessità di trovare definizioni<br />

(stravaganti nella sostanza, pedissequamente<br />

nell’applicazione)<br />

per quel che si fa cercando, semplicemente,<br />

di farlo bene.<br />

Manifestazione del lindemann<br />

pensiero la serie Musicbook lanciata<br />

in occasione del ventennale<br />

dell’azienda (2013) e oggi giunta<br />

a piena maturità e assoluta sintesi<br />

(sei prodotti in tutto, quattro<br />

fonti e due finali di potenza) sia<br />

per griglia di prodotto che per<br />

dimensioni, essendo piena convinzione<br />

di Norbert Lindemann<br />

che l’Hi-Fi di larghe dimensioni<br />

sia superato, finito, kaput! Scelte<br />

maturate anche in funzione<br />

di ragionevoli opportunità: chi<br />

sono io per fare di tutto (ipotesi<br />

di ragionamento teutonico,<br />

equivalente al milanese “Ogni<br />

ofelè al fa el so mestè“)? Meglio<br />

dedicarsi a quel che si sa<br />

fare o a quel che serve fare<br />

e così via i DAC, almeno<br />

come apparecchi separati<br />

e, soprattutto, via gli ampli<br />

integrati, i diffusori, i cavi...<br />

Scelte radicali che si riflettono<br />

su prodotti dalla<br />

forte personalità tanto per<br />

Prezzo: € 4.980,00<br />

Dimensioni: 28 x 6,50 x 22 cm (lxaxp)<br />

Peso: 3,50 Kg<br />

Distributore: Audioplus S.r.l.<br />

via F.Crispi 77 - 63074 San Benedetto del Tronto (AP)<br />

Tel.0735-593969 - Fax<br />

www.audioplushiend.it<br />

STREAMING PLAYER LINDEMANN AUDIOTECHNICK MUSICBOOK 25 DSD<br />

Supporti compatibili: CD, CD Text Formati audio compatibili:<br />

PCM, AIFF, WAV, MP3 cbr, Web Radio Display: OLED Tipo: stereo<br />

Tecnologia: a stato solido Risp. in freq. (Hz): 0 - 200.000 -3 dB THD<br />

(%): < 0,001 Ingressi analogici: 2 RCA Uscite analogiche: 2 RCA 2<br />

XLR Ingressi digitali: Ottico (2), Coassiale (2), USB High resolution<br />

(1), Ethernet (1), WiFi (1) Convertitore D/A: 2 x AKM AK4490E Sistema<br />

di conversione D/A: 32 bit - 384 kHz Accessori: Telecomando,<br />

Ingr. cuffia Note: lettore CD, compatibile DLNA, Bluetooth aptX,<br />

radio digitali. USB fino a 24/384 e DSD 256, volume analogico.<br />

56 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

Nonostante l’esiguo spazio utile a<br />

disposizione (di soli 26 x 5,5 cm), trovano<br />

posto due ingressi analogici, due uscite<br />

analogiche una RCA e l’altra XLR, quattro<br />

spdif, di cui due coassiali e due ottiche, una<br />

USB e la RJ-45 ethernet e le due antenne<br />

una per il Wi-Fi e l’altra per il Bluetooth.<br />

Da un lato la vaschetta IEC con tasto di<br />

accensione. Sul pannello frontale invece<br />

la presa USB per collegare una memoria<br />

con archivio musicale.<br />

estetica, algida ma la tempo stesso<br />

piacevole (anche nelle scarpe<br />

le taglie piccole sono più belle!),<br />

che nel posizionamento. Che cosa<br />

è, infatti, il Musicbook? Un melange<br />

tra un preamplificatore, un<br />

DAC, un ampli cuffia, un lettore<br />

CD, uno streamer di rete, un media<br />

player e un modulo di comunicazione<br />

wireless Bluetooth. La<br />

presenza di questo o di quello tra<br />

gli elementi determina uno dei<br />

quattro modelli di fonte offerta<br />

mentre il Musicbook 25 DSD li<br />

comprende tutti.<br />

L’apparecchio è dotato di due ingressi<br />

analogici, quattro digitali<br />

spdif uno USB e connessione verso<br />

l’esterno in Wi-Fi, Bluetooth e<br />

residente con USB. La modalità<br />

pre la si apprezza grazie all’alto<br />

valore di accettazione del segnale<br />

analogico in ingresso e un altrettanto<br />

valore massimo in uscita sia<br />

per la modalità single ended che<br />

per quella bilanciata. Le scelte per<br />

l’amplificazione sono raffinate e<br />

pensate per essere Hi-Fi ma al<br />

contempo rigorose e rispettose<br />

delle prestazioni al banco di misura<br />

almeno per quel che riguarda<br />

rumore e filtri di rete. Anche la<br />

sezione DAC presenta soluzioni<br />

specifiche con una filosofia ben<br />

precisa e delineata. Per questo<br />

motivo, se non si intende usare<br />

l’apparecchio come pre, si sceglie<br />

l’uscita fissa e si usa l’apparecchio<br />

come DAC, con l’opzione<br />

eventualmente di poter commutare<br />

oltre ai segnali digitale anche<br />

due analogici che si aggiungono<br />

al sistema posto a valle! La scelta<br />

di upslamping in DSD, fruibile<br />

da tutte le sorgenti, rappresenta<br />

un’ottima opportunità e ancor di<br />

più lo è quella di supportare file<br />

nativi ad alta risoluzione sia PCM<br />

che DSD; solo attraverso la rete o<br />

il collegamento USB però...<br />

Va messo in evidenza (girovagando<br />

in rete abbiamo visto che<br />

nessuno lo fa) che l’apparecchio<br />

è anche un ottimo ampli cuffia:<br />

la sezione di amplificazione è realizzata<br />

a componenti discreti e<br />

alimentata stabilmente a una tensione<br />

alta con un alimentatore dedicato.<br />

Opzione quasi solitaria nel<br />

panorama Hi-Fi quella di sommare<br />

alla commistione liquida anche<br />

lo strumento di lettura più tradizionale,<br />

perlomeno nell’ambito<br />

della lettura dei segnali digitali,<br />

il CD: il lettore a bordo dell’apparecchio<br />

è sistema tradizionale di<br />

lettura CD, anche se di tipo slot in,<br />

ottimizzato e che beneficia anche<br />

delle potenzialità di connessione<br />

alla rete per la visualizzazione dei<br />

metadati. Al contempo l’apparecchio<br />

offre le funzioni di streamer<br />

con notevole versatilità: gapless,<br />

DLNA e UpNP. Si interfaccia<br />

bene con i server multimediale<br />

anche se non è la parte migliore<br />

in merito a gestione e visualizzazione<br />

dei contenuti. La sezione<br />

più complessa resta quella che<br />

consente all’apparecchio di comportarsi<br />

come un media player:<br />

innanzitutto è quella che mostra<br />

il fianco a un’eventuale rapida obsolescenza,<br />

visto che si tratta di<br />

un settore in rapido sviluppo. In<br />

questo ambito i fornitori esterni<br />

di servizi e contenuti stanno evolvendo<br />

a velocità impressionante<br />

lasciando i piccoli costruttori<br />

indietro anni luce per quel che<br />

riguarda UX e metodi di classificazione<br />

e suggerimento. La app è<br />

minimale sia per grafica che per<br />

funzioni e al momento sembra disponibile<br />

solo il supporto a Tidal<br />

e Quobux, mentre Spotify e Roon<br />

no. Ovviamente non è escluso che<br />

un aggiornamento futuro possa<br />

risolvere il limite. Al momento<br />

questa soluzione non regge il paragone<br />

con oggetti esterni, come<br />

ad esempio un media renderer<br />

con connessione USB al DAC<br />

interno al lindemann (leggi raspberry<br />

con Volumio o altri Vs.<br />

connessione interna di rete). Il<br />

Bluetooth, infine, è una “comodity”<br />

e nulla più, come d’altronde<br />

è il collegamento BT: non è Hi-Fi,<br />

non è user friendly (squilla in telefono<br />

e succede di tutto…), non è<br />

energy saving, in quanto succhia<br />

la batteria dello smartphone ma<br />

è comoda e immediata per ascoltare<br />

qualcosa al volo o per condividere<br />

musica con ospiti in casa.<br />

A partire dalla versione presentata<br />

nel 2016 l’apparecchio è stato<br />

quasi stravolto a livello hardware<br />

e supporta il DSD. La parte gestionale<br />

dei contenuti sembra però<br />

ancora poco sviluppata e da qui<br />

si apre la diatriba se uno streamer<br />

deve essere anche un gestore di<br />

contenuti o deve fare solo lo streamer<br />

e demandare ad altri questa<br />

complessa funzione. Tuttavia, è<br />

anche poco d’aiuto pensare una<br />

macchina come uno streamer<br />

passivo che ha non solo velleità<br />

di essere “l’Hub” ma in gran parte<br />

lo è veramente. In altri termini<br />

un apparecchio che oggi vorrebbe<br />

essere il collettore e convogliatore<br />

di contenuti deve anche occuparsi<br />

della raggiungibilità e gestione<br />

degli stessi. L’argomento è piuttosto<br />

delicato ma Lindemann ha<br />

affrontato la problematica in un<br />

modo che non sembra precludere<br />

nessuna via, né interna all’azienda<br />

né, soprattutto, alternativa, in<br />

modo da poter coniugare i vari<br />

universi che vanno dall’analogico<br />

al digitale e dal fisico al liquido! Ci<br />

riferiamo, ad esempio, a un aspetto<br />

che spesso viene sottovalutato<br />

come la riproduzione del CD fisico,<br />

che da un lato oggi sembra<br />

far parte di un modo lontano ma<br />

fa parte attivamente della riproduzione<br />

sonora nelle collezioni<br />

degli appassionati. L’atto in un<br />

certo senso di coraggio a nostro<br />

avviso è quello che la riproduzione<br />

avvenga tramite lettore CD e<br />

che non siano state pensate e implementate<br />

modalità di ripping<br />

e di salvataggio dei contenuti.<br />

Questo aspetto ha sollevato ampi<br />

dibattiti interni alla redazione fra<br />

sostenitori, detrattori e scettici sugli<br />

effettivi benefici di un ripping<br />

“assistito” senza approdare a nessuna<br />

conclusione ma definendo<br />

i punti critici di tale operazione:<br />

per rippare non basta trasferire i<br />

dati del CD in un hard disk - questo,<br />

a differenza di quanto si possa<br />

pensare, è il passo più semplice e<br />

privo di “errori” - ma bisogna organizzare<br />

i contenuti in modo “razionale”<br />

ed è questo qui il punto<br />

più critico dell’operazione su cui<br />

grandi aziende stanno investendo<br />

risorse non alla portata dei piccoli<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 57


SELECTOR<br />

Lo schema di amplificazione utilizza prevalentemente<br />

componenti discreti di tipo SMD con amplificatore in classe<br />

A. Fra i circuiti integrati utilizzati in ambito analogico c’è<br />

il regolatore di volume Muses 72320 e gli amplificatori<br />

operazionali Analog Device con ingresso jfet.<br />

La rete di alimentazione<br />

è differenziata per i vari<br />

stadi partendo da una linea<br />

comune a 12VDC. le tensioni<br />

trasformate sono adattate in<br />

funzione della parte funzionale<br />

del circuiti e dell’energia<br />

richiesta. L’ON NCP3170 è in<br />

grao di fornite tensioni da 4,5<br />

a 18V a 3A partendo anche da<br />

tensioni molto basse.<br />

Il modulo di comunicazione di rete utilizza un Network Meida Processor Microchip<br />

DM860A che supporta il collegamento di rete fisico e si appoggia a moduli esterni<br />

per la connessione Wi-Fi presenti sullo stesso PCB e collegati all’antenna RF esterna.<br />

Anche il modulo BLuetooth, un BC127-EXT è indipendente e collegato all’antenna<br />

esterna tramite connettore coassiale schermato e ultraminiaturizzato.<br />

HI-TECH GLOBALE<br />

Lo chassis impiega vari elementi<br />

in alluminio fresato e lavorato dal<br />

pieno assemblati fra loro tramite<br />

elementi di raccordo in acciaio avvitati<br />

alle parti. Eccellente la finitura<br />

e la precisione delle lavorazioni.<br />

L’interno appare estremamente<br />

curato con lo spazio utilizzato in<br />

modo razionale considerate le dimensioni.<br />

L’alimentazione principale<br />

è affidata a un convertitore<br />

AC-DC Meanwell IRM-30-12 con<br />

un’uscita a 12VDC e una serie di<br />

ulteriori stabilizzatori e convertitori<br />

DC-DC che hanno funzione<br />

di isolamento innalzamento delle<br />

tensioni per le sezioni in cui è necessaria<br />

anche un’alimentazione<br />

duale. La sezione analogica di ingresso<br />

e quella di uscita utilizzano<br />

circuiti a componenti discreti e un<br />

regolatore del volume di tipo ladder<br />

controllato elettronicamente<br />

della JRC MUSES 72320. La sezione<br />

digitale impiega un transceiver<br />

AKM AK4118AEQ per l’ingresso dei<br />

segnali PCM, un SRC AKM AK4137E<br />

con il supporto alla conversione<br />

PCM/DSD e due DAC sempre AKM<br />

AK4490E configurati in dual mono<br />

con uscita differenziale. La sezione<br />

di comunicazione di rete è implementata<br />

in parte su un PCB<br />

indipendente collegato con un<br />

connettore a pettine sullo stam-<br />

58 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST LINDEMANN AUDIOTECHNICK MUSICBOOK 25 DSD<br />

La sezione di controllo dell’unita<br />

di comunicazione di rete e<br />

di gestione dei contenuti<br />

multimediale è in parte gestita<br />

da un microcntrollore Atmel<br />

32UC3A0512 con la RAm<br />

dedicata saldato direttamente<br />

sul PCB principale. I modelli che<br />

non supportano la modalità<br />

di comunicazione di rete, non<br />

dispone della scheda aggiuntiva<br />

e i chip non sono saldati sull<br />

stampato.<br />

L’Analog Devices ADP5071 è in<br />

grado di fornire alimentazioni<br />

duali o indipendenti con tensioni<br />

positive e negative anche<br />

a tensioni molto alte e alta<br />

corrente. L’implementazione<br />

segue le indicazione del fornitore<br />

e utilizza componentistica di<br />

elevata qualità con ottimi risultati<br />

su contenimento di rumore e di<br />

disturbi RF.<br />

pato in cui è presente anche il<br />

modulo di trasmissione Wi-Fi e<br />

il microprocessore principale,<br />

un Atmel 32UC3A0512, installato<br />

sul PCB principale. Anche<br />

il modulo Bluetooth e quello<br />

USB con XMOS sono removibili<br />

e facilmente sostituibili.<br />

corruttori!<br />

Ciò premesso e anche per valorizzare<br />

il nome impegnativo dato<br />

all’apparecchio, Musicbook, il sistema<br />

di gestione e di controllo è<br />

abbastanza evoluto e versatile anche<br />

se non si occupa “direttamente”<br />

della gestione dei contenuti se<br />

non in seguito alla necessità di organizzare<br />

quelli presenti in una<br />

memoria di massa collegata in<br />

USB e quelli presenti sul CD fisico.<br />

Infatti, per quanto riguarda la<br />

musica in rete, l’apparecchio è totalmente<br />

conforme agli standard<br />

UpNP e DLNA con l’opzione della<br />

riproduzione gapless, ancora non<br />

ampiamente supportata anche da<br />

grandi aziende, ma demanda al<br />

server DLNA l’organizzazione e<br />

la manutenzione dei contenuti.<br />

In altre parole, la app di gestione<br />

dell’apparecchio è molto utile<br />

per l’accesso alle funzioni della<br />

macchina e per la scelta degli ingressi<br />

ma il raggiungimento dei<br />

contenuti è demandato ad altri!<br />

Da notare, però, che sono supportate<br />

alcune funzioni collegate alla<br />

gestione dei metadati collegati ai<br />

CD e per i titoli “ufficiali” sono visualizzati<br />

sulla app la copertina<br />

e i titoli dei brani, una funzione<br />

più evoluta della CD-Text ma<br />

pur sempre discussa in redazione<br />

sulla reale utilità o piacevolezza<br />

quando si riproduce un CD. È innegabile<br />

che è piacevole ma, tutto<br />

sommato, una volta inserito il disco<br />

e premuto il tasto play, è più<br />

gratificante ascoltare il disco che<br />

contemplare<br />

una copertina. Semmai è utile<br />

nella fase che prelude la scelta<br />

del disco…<br />

Dal punto di vista hardware, invece,<br />

si apprezzano molti cambiamenti,<br />

uno fra tutti la scelta<br />

di un front end tutto AKM per la<br />

conversione di formati effettuata<br />

con un processore esterno ai DAC<br />

e una coppia di DAC in grado di<br />

supportare flussi nativi PCM ma<br />

soprattutto DSD in quanto per<br />

Lindemann la soluzione di trasformare<br />

ogni flusso in DSD256 è<br />

la più musicale. Comunque, questa<br />

soluzione consente anche di<br />

aggirare il re-sampling e andare<br />

direttamente nei DAC effettuando<br />

all’esterno ricampionamenti o<br />

conversioni di formato (soluzione<br />

comunque più performante): una<br />

marcia in più da non sottovalutare<br />

in quanto sono pochi gli apparecchi<br />

che oggi consentono questa<br />

possibilità e sta aumentando la<br />

facilità di effettuare upsampling<br />

anche al volo durante lo streaming.<br />

I cambiamenti hardware<br />

coinvolgono anche la sezione di<br />

alimentazione e quella di amplificazione<br />

con un design in linea<br />

di principio molto simile al precedente<br />

ma con una implementazione<br />

molto più curata anche<br />

nella scelta dei componenti.<br />

Usare l’apparecchio è un piacere!<br />

Piccolo, compatto ma senza parti<br />

“fuori posto”. Il display, quando<br />

si usa per la configurazione<br />

dell’apparecchio è poco leggibile<br />

mentre nell’uso comune i<br />

La ruota multifunzione di<br />

selezione collocata sul<br />

pannello superiore: si può<br />

ruotare con il pollice e<br />

pigiare per funzioni<br />

aggiuntive alla rotazioni<br />

o indipendenti. Un solo<br />

tocco e si attiva il mute,<br />

la semplice rotazione<br />

controlla il volume<br />

ma per accedere ad<br />

altre funzioni bisogna<br />

ruotare la ruota tenendola premuta e<br />

leggere le istruzioni sul display.<br />

dati sul brano in riproduzione e<br />

le informazioni sullo stato della<br />

macchina sono chiare e sufficienti.<br />

Molto comoda anche la grande<br />

ghiera di selezione posta sul<br />

pannello superiore e azionabile<br />

con il pollice della mano destra<br />

per la regolazione del volume e<br />

l’attivazione del mute con un solo<br />

tocco della ghiera. Molto meno<br />

comoda, invece, è la selezione<br />

degli ingressi in cui bisogna tenere<br />

premuta la ghiera e al contempo<br />

ruotarla in senso orario o<br />

antiorario. D’altronde, volume e<br />

mute si possono anche attivare<br />

rapidamente agendo sull’apparecchio,<br />

mentre tutte le altre<br />

funzioni si possono raggiungere<br />

in modo più comodo dalla app o<br />

dal telecomando.<br />

In termini sonori l’apparecchio<br />

predilige le atmosfere soffici<br />

esaltate nel caso di un programma<br />

musicale dedicato alla<br />

classica mentre con generi più<br />

dinamici, pur rimanendo all’interno<br />

di una correttezza formale,<br />

si avverte il desiderio di una dinamica<br />

maggiore in più, sensazione<br />

che sembra rappresentare<br />

la cifra stilistica dell’apparecchio<br />

visto che si riscontra generalmente<br />

nelle varie condizioni di<br />

utilizzo sebbene un attento interfacciamento<br />

con un finale di<br />

potenza (nessuna remora o idiosincrasia)<br />

possa risolvere il tutto<br />

mantenendo il tocco morbido,<br />

accenni di ruvidezza lì dove<br />

serve e usando come additivo<br />

qualche muscolo in<br />

più. Ottimi i risultati<br />

con il re-sampling,<br />

specialmente di<br />

contenuti musicali a<br />

44/16 con un suono<br />

liquido, mai appuntito.<br />

Con la conversione<br />

esterna in DSD e<br />

l’invio dei file nativi<br />

al DAC si possono<br />

ottenere prestazioni<br />

più definite ma con<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 59


SELECTOR<br />

al banco di misura<br />

<strong>SUONO</strong>GRAMMA<br />

La risposta in frequenza della sezione analogica di uscita<br />

risulta estremamente ampia e lineare senza variazioni né<br />

in funzione del carico né in funzione della regolazione del<br />

livello di uscita, molto elevato, e con un tappeto di rumore<br />

molto contenuto anche ad alti livelli di amplificazione.<br />

La distorsione si attesta entro valori non significativi e<br />

non sono presenti componenti spurie in banda e fuori<br />

banda. Nel dominio digitale la risposta, a seconda dei<br />

filtri utilizzati, mostra un’attenuazione comune con i 50<br />

kHz a 3dB mentre con i file nativi DSD e convertiti con il<br />

DSP a bordo si verifica un’attenuazione che inizia il suo<br />

effetto già a 10 kHz. La sezione di uscita cuffia mantiene<br />

gran parte delle eccellenti caratteristiche di rumore<br />

e insensibilità al carico della parte linea ma si notano<br />

alcune spurie di entità molto bassa ma che affiorano in<br />

seguito ad un rumore complessivo dell’apparecchio più<br />

contenuto della norma dovute probabilmente alle lievi<br />

emissioni degli stabilizzatori e dei convertitori DC-DC.<br />

1 Capacità di analisi del dettaglio....................2<br />

2 Messa a fuoco e corposità.............................2<br />

3 Ricostruzione scenica altezza........................1<br />

4 Ricostruzione scenica larghezza....................1<br />

5 Ricostruzione scenica profondità..................1<br />

6 Escursioni micro-dinamiche.........................1<br />

7 Escursioni macro-dinamiche........................1<br />

8 Risposta ai transienti....................................1<br />

9 Velocità........................................................1<br />

10 Frequenze medie e voci................................2<br />

11 Frequenze alte..............................................2<br />

12 Frequenze medio-basse...............................1<br />

13 Frequenze basse...........................................1<br />

14 Timbrica.......................................................2<br />

15 Coerenza......................................................2<br />

16 Contenuto di armoniche...............................2<br />

Il giudizio viene espresso su una scala di 6 valori da<br />

-3 a +3. La linea tratteggiata corrisponde allo zero ed<br />

esprime la congruità della prestazione con prodotti<br />

analoghi appartenenti alla stessa fascia di prezzo.<br />

IL VOTO DELLA REDAZIONE<br />

COSTRUZIONE ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Eccellente esempio di scelta dei componenti e<br />

materiali in funzione del risultato con effetto<br />

che oltrepassa ampiamente i requisiti previsti.<br />

BANCO DI MISURA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Notevole il dimensionamento delle filtrature e<br />

delle alimentazioni. Assenti anche distorsione e<br />

intermodulazione. Parametri elettrici nel dominio<br />

analogico da primo della classe.<br />

VERSATILITÀ ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Al vertice assoluto e fuori scala per quanto riguarda<br />

la sezione pre e quella digitale.<br />

ASCOLTO<br />

■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

L’apparecchio mostra un carattere molto ben<br />

definito e comune in tutte le modalità di ascolto.<br />

FATT. CONCRETEZZA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

25 anni di onorata carriera e una filosofia decisa<br />

e inflessibile sono garanzie e valore nel tempo.<br />

lo stessa impostazione leggermente<br />

smussata.<br />

Nel complesso sicuramente il<br />

miglior (quasi) tutto-in-uno<br />

sul mercato: certamente per<br />

versatilità, probabilmente per<br />

prestazioni sonore ottenibili a<br />

ben altri costi con apparecchi<br />

separati. Da apprezzare infine<br />

il concetto di modularità di offerta<br />

più che di prodotto (visto<br />

che i modelli base non sono<br />

upgradabili pur assolutamente<br />

sovrapponibili con quelli top<br />

per le performance presenti)<br />

declinato sorprendente con un<br />

modestissimo gap di costo tra<br />

un apparecchio dall’altro, che<br />

fa pensare a una destinazione<br />

d’uso precisamente ipotizzata<br />

dal costruttore.<br />

QUALITÀ/PREZZO ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Per certi versi un apparecchio senza concorrenti<br />

anche se manca quacosa per renderlo “incondizionato”.<br />

Se si considera quello che occorrerebbe<br />

per svolgere le stesse funzioni, però...<br />

I voti sono espressi in relazione alla classe di appartenenza<br />

dell’apparecchio. Il fattore di concretezza<br />

rappresenta il valore nel tempo e l’affidabilità del<br />

prodotto, del marchio e del distributore.<br />

60 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO<br />

Primare I35 Prisma<br />

Una “P” o una “M”?<br />

Scandagliare l’alfabeto<br />

è una questione di lana<br />

caprina o fondante, visto<br />

che in Primare la definizione<br />

Prisma per la nuova<br />

serie di prodotti deriva<br />

dalla stessa immagine<br />

che abbiamo di un prisma<br />

(celebre l’immagine della<br />

copertina di The Dark Side<br />

of the Moon), ovvero con<br />

il raggio di luce che entra<br />

e viene scomposto nello<br />

spettro completo dei colori;<br />

allo stesso modo i prodotti<br />

Prisma hanno l’obiettivo<br />

di diventare l’hub tra<br />

il segnale digitale da una<br />

parte e le sue diverse applicazioni<br />

e uso dall’altra. E,<br />

soprattutto, la emme che<br />

c’entra?<br />

Al momento la linea Prisma<br />

è costituita dai tre<br />

amplificatori I15, I25 e<br />

I35, il pre SC 15 (che non è altro<br />

che l’integrato I15 senza la sezione<br />

di potenza) e il lettore CD35. Per<br />

definire Prisma i prodotti Prisma,<br />

l’elemento saliente è un modulo<br />

opzionale che ospita la piattaforma,<br />

controllabile da smartphone,<br />

di accesso ai contenuti liquidi. La<br />

modularità, d’altronde, è anch’essa<br />

un elemento fondate nella filosofia<br />

della casa svedese che a<br />

partire dagli anni ’80, quando l’eclettico<br />

Bo Christensen dette vita<br />

ad uno staff di progettisti, è sempre<br />

stata un punto nodale dei prodotti.<br />

Il credo aziendale è condensato<br />

in un detto svedese, Lagom<br />

är bäst (non troppo, non troppo<br />

poco, il giusto), un concetto, un invito<br />

alla sobrietà, dove si apprezza<br />

la giusta misura e si rifugge ogni<br />

eccesso. L’insieme (l’algido design<br />

svedese e il Lagom) in terra di eccessi<br />

come è l’agone Hi-Fi ha forse<br />

fatto apprezzare meno di quello<br />

che meritano i prodotti Primare,<br />

il cui catalogo è abbastanza definito<br />

(solo elettroniche e nemmeno<br />

ogni tipologia) e di modeste dimensioni<br />

(dieci prodotti in tutto).<br />

La piattaforma network utilizzata<br />

è la stessa per i vari modelli<br />

compatibili: è stata sviluppata da<br />

Libre Wireless Technologies, una<br />

delle società del terzo millennio<br />

capitanata da uno dei pochi guru<br />

indiani conosciuti (Hari Bojan ingegnere<br />

con esperienze in Microchip/<br />

SMSC, BridgeCo, Kyocera<br />

Wireless, Symbian e Roamware)<br />

e in stretto rapporto con lo staff di<br />

Audio Design Expert, la struttura<br />

messa in piedi da Thomas Rikki<br />

Farr, a sua volta guru emergente<br />

di Riva Au- dio.<br />

Cambiano nelle tre amplificazioni<br />

integrate la sezione di potenza, affidata<br />

al modulo di amplificazione<br />

Hypex nell’entry lever Prisma<br />

I15 mentre I25 e I35 utilizzano la<br />

seconda versione, UFPD 2, di un<br />

modulo sempre in classe D ma<br />

sviluppato internamente (UFPD:<br />

Ultra Fast Power Device). Interessante<br />

notare due particolarità<br />

relative a questo segmento delle<br />

elettroniche. Innanzitutto, come<br />

accennato, l’I15 dà vita all’SC15,<br />

la versione pre del tutto simile<br />

all’integrato se non per la mancanza<br />

del modulo di potenza e<br />

per ciò stesso offerto a un prezzo<br />

minore. Coerente direte, ma del<br />

tutto inusuale nelle logiche audiofile<br />

dove un pre, noblesse oblige,<br />

“deve” costare di più! In secondo<br />

luogo notiamo una netta sovrapposizione<br />

tra l’I25 e l’I35 dove in<br />

termini di dati di targa la potenza<br />

differente è più indotta che effettiva<br />

e i due apparecchi differiscono<br />

concretamente per l’assenza<br />

dei due ingressi XLR in<br />

luogo di due RCA. In<br />

sostanza il numero<br />

di ingressi analogici<br />

rimane pressoché invariato,<br />

solo che invece<br />

di cinque RCA nel<br />

modello “maggiore”<br />

ci sono 3 RCA e due<br />

XLR a fronte di una<br />

Prezzo: € 4.500,00<br />

Dimensioni: 43 x 10,60 x 42 cm (lxaxp)<br />

Peso: 11 Kg<br />

Distributore: Audiogamma S.p.A.<br />

Via Pietro Calvi, 16 - 20129 Milano (MI)<br />

Tel.02.55.181.610 - Fax 02.55.181.961<br />

www.audiogamma.it<br />

AMPLIFICATORE INTEGRATO PRIMARE I35 PRISMA<br />

Tipo: stereo Tecnologia: a stato solido Potenza: 2 x 150 W su 8 Ohm<br />

(300 W su 4 Ohm) in classe D UFPD Accessori e funzionalità aggiuntive:<br />

Telecomando Risp. in freq. (Hz): 20-20.000 -0,2 dB THD (%): 0,01<br />

S/N (dB): 100 Ingressi analogici: 3 RCA 2 XLR Uscite analogiche: 2<br />

RCA Convertitore audio D/A: AKM AK4497 Sistema di conversione<br />

audio D/A: 24 bit - 348 kHz Note: Modulo Prisma integrato con DAC e<br />

connessioni digitali (input 4x ottico, 2x coassiale; output coassiale; USB<br />

A e B; 2xLAN; RS232); connessioni wireless di tipo WLAN, AirPlay, Bluetooth,<br />

Chromecast. Compatibilià con PCM fino a 384kHz e DSD256<br />

62 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

differenza di costo di 900 euro<br />

che suggerisce quanto importante<br />

sia considerata da Primare la<br />

differente destinazione d’uso e<br />

quanto, altrettanto, il problema<br />

debba porselo l’utente finale che,<br />

in soldoni (ma anche in... solido!)<br />

se non ha certe esigenze può risparmiare<br />

una discreta sommetta<br />

mantenendo un livello qualitativo<br />

che, in entrambi i casi è davvero<br />

elevato! L’aspetto un po’ austero<br />

e minimale dell’apparecchio, infatti,<br />

non tragga in errore, visto<br />

che si contrappone a una consapevolezza<br />

delle funzioni “utili” da<br />

valorizzare che solo pochi costruttori<br />

sono riusciti a implementare<br />

negli apparecchi a cavallo fra il<br />

tradizionale e l’innovativo. L’I35<br />

è completamente servoassistito e<br />

se ciò non costituisce una garanzia<br />

di massima usabilità (come abbiamo<br />

spesso notato, non sempre i<br />

costruttori usano in modo efficace<br />

questa grande opportunità), sul<br />

telecomando è presente una funziona<br />

veramente rara, anzi, a memoria<br />

della redazione, quasi unica<br />

nel suo genere: la selezione degli<br />

ingressi sia analogici che digitali<br />

avviene in modo sequenziale da<br />

due pulsanti, ma anche attraverso<br />

i tasti numerici posti in alto al telecomando<br />

che in genere servono<br />

per la selezione delle tracce in un<br />

lettore CD! Sembra un dettaglio<br />

marginale ma con a disposizione<br />

più di dieci ingressi fra analogici,<br />

digitali e di altra natura, può essere<br />

una gran scocciatura selezionarli<br />

in modo sequenziale e non<br />

in modo diretto, considerando<br />

che i tasti sul telecomando certo<br />

non scarseggiano. Una scelta così<br />

efficace, versatile ed elegante non<br />

l’avevamo mai incontrata... Tramite<br />

i comandi posti sul pannello<br />

anteriore, è possibile accedere a<br />

tutte le funzione dell’apparecchio<br />

anche se con le limitazioni inerenti<br />

alla riduzione al minimo dei stati<br />

multifunzione. L’utilizzabilità<br />

della macchina viene massimizzata<br />

dalla presenza della app di<br />

gestione (Android e iOS) in cui<br />

l’apparecchio viene completamente<br />

gestito in remoto attraverso un<br />

buona interpretazione estetica dei<br />

comandi e una buona organizzazione<br />

degli spazi sul tablet. Nella<br />

app è anche presente la sezione<br />

dedicata al controller DLNA con<br />

cui è possibile navigare all’interno<br />

dei contenuti dei server DLNA<br />

e inviarli all’amplificatore che in<br />

questo caso si comporterà come<br />

un renderer puro anche se i dati<br />

relativi ai brani in riproduzione<br />

vengono visualizzati sia sul display<br />

dell’apparecchio che sull’applicazione.<br />

Il sistema appare molto valido<br />

anche considerando che è a<br />

disposizione da pochissimo tempo<br />

e si trova ancora nella fase dei “rilasci<br />

iniziali” e quindi in una fase<br />

potenzialmente migliorabile. Le<br />

cose sono comunque migliorate<br />

sensibilmente rispetto al passato,<br />

in parte grazie al contributo del<br />

nuovo fornitore della infrastruttura<br />

di gestione ma anche in merito<br />

alla realizzazione della app di<br />

gestione della quale si è occupata<br />

Primare con un salto epocale rispetto<br />

ai prodotti precedenti.<br />

La scheda di interfacciamento<br />

con la rete e la trasmissione dei<br />

contenuti wireless offre anche altre<br />

opportunità non trascurabili<br />

visto che è prodotta da un fornitore<br />

specializzato proprio nell’ambito<br />

della connettività e della fruizione<br />

dei contenuti, aspetti non<br />

alla portata di una piccola o media<br />

impressa ma appannaggio solo di<br />

grandi aziende che sono anche in<br />

grado di interfacciarsi con colossi<br />

come Goolge o Amazon. Il sistema<br />

di comunicazione, infatti, supporta<br />

Chormecast built in e Alexa e,<br />

per questo, Primare dovrà solo<br />

occuparsi della distribuzione<br />

degli aggiornamenti necessari<br />

per adeguare l’apparecchio alle<br />

nuove opportunità e ottimizzazioni<br />

implementate dal fornitore.<br />

Tutto questo, unito al fatto che la<br />

scheda di comunicazione e quella<br />

digitale sono estraibili dall’esterno,<br />

aumentano la vita del sistema<br />

che potenzialmente non soffrirà<br />

più di ineluttabile obsolescenza<br />

endemica: almeno sulla carta, il<br />

tutto sembra più alla portata e<br />

meno a rischi che in precedenza,<br />

calcolando inoltre che l’architettura<br />

dell’apparecchio mostra<br />

una versatilità fuori dal comune.<br />

Tant’è che il sistema, anche a poca<br />

distanza dal lancio, supporta lo<br />

streaming di file sia PCM che DSD<br />

1x e 2x dalla rete e risulta essere<br />

compatibile con Roon, anche se<br />

attraverso la modalità Chromcast<br />

che invece supporta file nativi<br />

PCM fino a 96 kHz e tutti gli altri<br />

vengono ricampionati da Roon<br />

per consentire la riproduzione. A<br />

prescindere dalla usabilità della<br />

app fornita da Primare, l’apparecchio<br />

risulta ben interfacciato<br />

nonostante ancora oggi non sia<br />

supportata la riproduzione Gapless,<br />

peraltro una funzionalità in<br />

programma con i prossimi rilasci<br />

degli aggiornamenti. L’app sembra<br />

abbastanza stabile e fornisce<br />

molte informazioni sul brano in<br />

riproduzione inerenti ai metadati<br />

ma anche relativi al tempo trascorso<br />

e rimanente. È possibile<br />

collegare sul modulo Prisma anche<br />

una memoria di massa USB<br />

con archivio musicale che verrà<br />

indicizzato dal sistema e visualizzato<br />

sulla app. Tuttavia, nonostante<br />

il sistema supporti i metadati<br />

contenuti nei brani, il sistema di<br />

gestione sembra ancora in una<br />

fase di sviluppo in quanto i contenuti<br />

non vengono classificati e<br />

la funziona di ricerca scandaglia<br />

solo i nomi dei file e non i metadati.<br />

Al momento si può usare solo<br />

per ascoltare “rapidamente” pochi<br />

brani archiviati su una chiavetta<br />

USB! Un vero peccato in quanto il<br />

sistema comunque supporta i file<br />

a piena risoluzione anche DSD e<br />

la possibilità di ascoltare “al volo”<br />

un file è un’opzione sottovalutata.<br />

La resa all’ascolto dell’apparecchio<br />

è notevole (scordate ogni preconcetto<br />

rispetto ai Classe D!), con<br />

una capacità dell’amplificatore di<br />

assicurare un ritmo alla riproposizione<br />

sonora davvero elevato,<br />

il linea e anche oltre la classe di<br />

appartenenza. Su una ipotetica<br />

tavolozza sonora l’apparecchio<br />

preferisce le tinte fredde, soprattutto<br />

nella porzione alta delle<br />

frequenze, mentre al contrario in<br />

basso l’articolazione è notevole e<br />

il corpo degli strumenti elevato;<br />

Due ingressi linea bilanciati, tre single<br />

ended una uscita linea e una pre sono le<br />

dotazioni nel dominio analogico; ancor<br />

più folte quelle digitale con addirittura<br />

quattro ottici spdif a pieno formato, due<br />

coassiali e uno USB. La connettività si<br />

amplia con l modulo Prisma dotato di<br />

doppia connessione di rete passante,<br />

collegamento Wi-Fi, Bluetooth e USB per<br />

collegare un archivio musicale residente.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 63


SELECTOR<br />

Sulla scheda digitale sono implementati tutti<br />

i sistemi di ricezione del segnale digitale<br />

proveniente dalle varie sorgenti, quattro uscite<br />

ottiche e due coassiali, una USB con XMOS, il DAC,<br />

un AKM 4497EQ e il buffer di uscita analogico.<br />

Curiosamente sono impiegati due transceiver Cirrus<br />

Logic CS8416 e un trasmitter CS8406 per il dig out<br />

spdif a 192 kHz. Le connessioni digitali elettriche<br />

sono isolate galvanicamente con trasformatori<br />

Pulse PE-65612NL.<br />

La regolazione del livello è<br />

implementata con due JRC NJW1195,<br />

uno per ogni canale, in modalità<br />

differenziale. La regolazione avviene<br />

in modo analogico ma controllata<br />

del processore con cui si possono<br />

personalizzare i guadagni degli<br />

ingressi e altre funzioni.<br />

Il modulo Prisma si basa su un modulo LS9AD-AC11DBT prodotto dalla Libre<br />

Wireless in cui sono implementati i sistemi di connessione alla rete, quelli di<br />

comunicazione wi-fi e Bluetooth. Il modulo integra il supporto a Chromecast e<br />

altri aggiornamenti futuri. Sono presenti due antenne indipendenti a 2.4GHz<br />

una per il Wi Fi e l’altra per il Bluetooth. La connessione di rete cablata dispone<br />

di due RJ-45 per poter usare in cascata altri apparecchi con lo stesso cavo.<br />

L’AMPLI MODERNO<br />

Lo chassis è realizzato con una lamiera<br />

ferrosa ripiegata su cui sono<br />

installati i PCB e il supporto modulare<br />

per l’inserimento dei moduli aggiunti<br />

dall’esterno attraverso un sistema<br />

a slitta e una coppia di connettori<br />

rapidi proprietari. All’interno del supporto<br />

modulare, che ha anche una<br />

ulteriore funzione di schermatura<br />

elettromagnetica oltre alla lamiera<br />

esterna dello chassis, sono collocati<br />

i PCB che ospitano la sezione analogica<br />

di ricezione del segnale e di<br />

regolazione del livello nel dominio<br />

analogico affidata a circuiti integrati<br />

JRC NJW1195 e di preamplificazione<br />

e gran parte dei sistemi di controllo,<br />

gestione dall’apparecchio e aggiornamento<br />

tramite una porta RS-232<br />

ormai passata alla “storia”. Al centro<br />

è posizionato il modulo di amplificazione<br />

in classe D con la sezione<br />

di alimentazione Active PFC e quelle<br />

lineari per le sezioni di preamplificazione<br />

analogica e quella digitale. A<br />

ridosso dei connettori di potenza è<br />

collocato il PCB con il filtro in uscita e<br />

il punto di prelevamento del segnale<br />

di controreazione, di 26 dB dichiarati,<br />

per la correzione delle variazioni di<br />

risposta in funzione del carico e per<br />

la correzione della risonanza del filtro<br />

di uscita in alta frequenza che dai test<br />

di laboratorio risulta estremamente<br />

linearizzato e compensato.<br />

64 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST PRIMARE I35 PRISMA<br />

al banco di misura<br />

<strong>SUONO</strong>GRAMMA<br />

1 Capacità di analisi del dettaglio....................2<br />

2 Messa a fuoco e corposità.............................2<br />

3 Ricostruzione scenica altezza........................1<br />

4 Ricostruzione scenica larghezza....................1<br />

5 Ricostruzione scenica profondità..................1<br />

6 Escursioni micro-dinamiche.........................2<br />

7 Escursioni macro-dinamiche........................2<br />

8 Risposta ai transienti....................................2<br />

9 Velocità........................................................3<br />

10 Frequenze medie e voci................................2<br />

11 Frequenze alte..............................................2<br />

12 Frequenze medio-basse...............................3<br />

13 Frequenze basse...........................................1<br />

14 Timbrica.......................................................1<br />

15 Coerenza......................................................1<br />

16 Contenuto di armoniche...............................1<br />

Il giudizio viene espresso su una scala di 6 valori da<br />

-3 a +3. La linea tratteggiata corrisponde allo zero ed<br />

esprime la congruità della prestazione con prodotti<br />

analoghi appartenenti alla stessa fascia di prezzo.<br />

IL VOTO DELLA REDAZIONE<br />

COSTRUZIONE ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

L’hardware di ottimo livello costruttivo anche<br />

se emergono alcune sovrapposizioni (come ad<br />

esempio gli ingressi bilanciati e lo sdoppiamento<br />

della sezione preamplificatrice).<br />

BANCO DI MISURA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

Ottima insensibilità al carico e parametri elettrici<br />

di alto livello sia in a analogico che in digitale.<br />

La risposta in frequenza, anche in accordo con quanto<br />

dichiarato dall’azienda circa l’evoluzione del modulo di<br />

amplificazione UFPD, appare molto lineare ed estesa con<br />

un andamento rettilineo fino a 40 kHz in cui si presenta<br />

un’attenuazione importante con una leggera sovra oscillazione<br />

in prossimità dell’inizio della discesa. Le curve di<br />

risposte sono pressoché sovrapponibili a prescindere dal<br />

carico o dal livello di attenuazione del segnale. La distorsione<br />

è estremamente contenuta in tutto il range utile con un<br />

innalzamento abbastanza repentino in prossimità del livello<br />

di uscita massimo che oltrepassa abbondantemente il dato<br />

appena limitata l’estensione verso<br />

il basso. L’abbinamento non presenta<br />

particolari problemi e, nel<br />

caso di interfaccia con diffusori<br />

tendenti a colorare o arricchire<br />

il suono, l’equilibrio che ne<br />

consegue può essere di estrema<br />

qualità. Notevoli dal punto<br />

di vista sonoro le prestazioni<br />

come streamer, tangibilmente<br />

migliori di quelle tramite USB.<br />

Se il rigore di approccio e negli<br />

dichiarato con circa 195 Wrms su 8 Ohm per una THD+N<br />

dell’1%. La distorsione armonica e da intermodulazione si<br />

attestano su valore bassissimi in gran parte del range utile<br />

e si nota anche un tappeto di rumore altrettanto contenuto<br />

con la presenza però di alcune frequenza spurie fuori<br />

banda e fenomeni di battimento in presenza di segnali di<br />

alto livello. A seconda del formato in riproduzione, della<br />

frequenza di campionamento ma anche in relazione al<br />

segnale analogico tramite l’ingresso linea, le curve di risposta<br />

presentano delle leggere differenze in prossimità<br />

del limite superiore. Le componenti fuori banda vengono<br />

obiettivi svedese ammettesse<br />

qualche deroga (quel che la mala<br />

information definisce “magia”),<br />

un prodotto che per piacevolezza<br />

e godibilità potrebbe ambire<br />

al top assoluto.<br />

VERSATILITÀ ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Una delle macchine più versatili del momento<br />

anche se, con l’architettura a bordo, oggi quello<br />

che si potrebbe considerare il punto di arrivo<br />

altro non è che un ottimo punto di partenza.<br />

ASCOLTO<br />

■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

Eccellente l’incedere. il ritmo e il timing, ancora<br />

poco coinvolgente il timbro e il calore.<br />

FATT. CONCRETEZZA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Un apparecchio virtualmente “eterno” per struttura<br />

modulare e in quanto ad aggiornabilità,<br />

per altri versi a rischio di obsolescenza.<br />

QUALITÀ/PREZZO ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Manca solo un pizzico per stupire il mondo;<br />

almeno adeguato alla classe di appartenenza..<br />

I voti sono espressi in relazione alla classe di appartenenza<br />

dell’apparecchio. Il fattore di concretezza<br />

rappresenta il valore nel tempo e l’affidabilità del<br />

prodotto, del marchio e del distributore.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 65


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

DIFFUSORI<br />

Elac Adante AS-61<br />

L’origine del sistema<br />

Adante è difficile da collocare<br />

e da inquadrare,<br />

soprattutto se si pensa<br />

alle pietre miliari nella<br />

carriera di Andrew Jones<br />

all’esterno ma anche all’interno<br />

di ELAC. Il suo punto<br />

di approccio fù costituito<br />

da un diffusore di bassissima<br />

fascia, ben al di sotto<br />

dell’entry level tipico per la<br />

casa tedesca.<br />

IDebut, anche se abbastanza<br />

caratterizzati e con qualche<br />

limite, hanno con forza<br />

irrotto nella classica categoria<br />

“ben al di sopra della fascia di<br />

appartenenza” e lo hanno fatto<br />

con un differente metodo di<br />

rappresentare il campo sonoro,<br />

magari poco luminoso ma per<br />

nulla affaticante e soprattutto<br />

coinvolgente. Poco dopo abbiamo<br />

apprezzato il piccolo salto,<br />

ancora sconvolgente per certi<br />

aspetti, spiccato con gli Uni-Fi,<br />

in cui compare il primo altoparlante<br />

coassiale che, forzatamente<br />

o no, evoca il passato di Jones in<br />

TAD. Ancora una volta, il sistema<br />

si distingue per un suono molto<br />

compassato, senza eccessi, e anche<br />

per una finitura estetica non<br />

appariscente ma di lusso e una<br />

serie di dettagli sobri ma anche<br />

d’impatto. Di nuovo, una proposta<br />

che ha veramente poco di sensazionale<br />

se non la realizzazione<br />

di un progetto di pregio offerto a<br />

un prezzo veramente aggressivo,<br />

con un atteggiamento frutto di<br />

scelte costruttive ottimizzate.<br />

Gli Adante mostrano invece una<br />

variazione molto interessante di<br />

quanto proposto finora, con l’elemento<br />

comune alla precedenti<br />

serie di appartenere a un segmento<br />

di prezzo ancora terrestre e di<br />

averlo interpretato nel modo più<br />

ricco possibile: siamo di fronte<br />

a un sistema molto complesso,<br />

laccato con finitura brillante ad<br />

alto spessore, tra l’altro molto<br />

ben rifinita (bianca lucida, epossidica<br />

nero brillante oppure con<br />

essenze in legno) e un progetto<br />

non banale realizzato anche con<br />

trasduttori ad hoc!<br />

La serie è al momento costituita<br />

da soli tre elementi: un modello<br />

a torre, un bookshelf e un centrale,<br />

questi due ultimi corredati<br />

da piedistalli specifici.Utilizza il<br />

sistema tweeter / midrange coassiale<br />

sviluppato da Jones ma si<br />

avvale anche di un nuovo sistema<br />

di carico denominato Interport<br />

che consiste di una cavità accoppiata<br />

internamente sulla quale<br />

vengono applicati i woofer utilizzati<br />

(uno nella versione da scaffale,<br />

tre nella torre) che emettono in<br />

una camera “interna” sulla quale<br />

sono applicati altrettanti passivi<br />

che, a loro volta, emettono verso<br />

l’esterno.<br />

Il bookshelf Adante AS-61 (difficile<br />

trovare un nome più brutto!)<br />

è un due vie e mezzo; per<br />

utilizzare il woofer nella configurazione<br />

Interport si è dovuto<br />

realizzare un cabinet con pannelli<br />

interni di rinforzo che rendono la<br />

struttura estremamente rigida e<br />

sorda, soluzione necessaria per<br />

Prezzo: € 3.125,00<br />

Dimensioni: 24,37 x 48,4 x 40,17 cm (lxaxp)<br />

Peso: 16 Kg<br />

Distributore: LP Audio di Luca Parlato<br />

Via della Tesa, 20 - 34138 Trieste (TS)<br />

Tel.040.56.98.24 - Fax<br />

www.lpaudio.it<br />

DIFFUSORI ELAC ADANTE AS-61<br />

Tipo: da supporto Caricamento: bass reflex N. vie: 3 Potenza (W): 50<br />

- 160 Impedenza (Ohm): 4 Risp. in freq (Hz): 41 - 35.000 Sensibilità<br />

(dB): 85 Altoparlanti: 1 tw da 1’’ cupola morbida concentrico con 1<br />

mid da 5,25’’ con cono in alluminio, 1 Wf da 6,5’’ con cono in alluminio,<br />

1 passivo da 8’’<br />

66 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

utilizzare questo tipo di caricamento.<br />

Ne risulta un mobile di<br />

abbondanti dimensioni per un<br />

diffusore classificato “da scaffale”<br />

ma di dimensioni e peso molto<br />

significativi.<br />

Vien da sé che questa nuova impresa<br />

sia piena di aspettative e<br />

le ipotesi sulla nuova serie coinvolgono<br />

non tanto le “presunte”<br />

prestazioni strumentali o di altra<br />

natura ma, più arditamente, l’idea<br />

di Jones e del suo staff e di<br />

come dovrebbe evolvere il campo<br />

sonoro in un ambiente domestico,<br />

anche in funzione delle<br />

risorse messe in campo. In questi<br />

termini, la prima risposta ovvia è<br />

quella in cui il limite a cui tende il<br />

modello di riproduzione proposto<br />

da questo staff “delle meraviglie”<br />

sia quello dei TAD, di ognuno di<br />

essi, in quanto, in via del tutto generale,<br />

potremmo ipotizzare che<br />

esiste un suono TAD ma, al contempo,<br />

ogni sistema ha un suo<br />

carattere! La curiosità di quali<br />

caratteristiche siano mantenute,<br />

quali esaltate e invece quali altre<br />

attenuate, prevarica abbastanza<br />

tutti gli altri aspetti inerenti vita,<br />

morte e miracoli di Adante: sia<br />

negli ascolti effettuati nelle fiere<br />

di settore che in ambienti controllati,<br />

abbiamo potuto identificare<br />

che un sorta di matrice<br />

comune esiste davvero, quella<br />

che dà forma a un campo sonoro<br />

controllato,<br />

definito,<br />

coinvolgente<br />

ma mai<br />

prevaricante<br />

e con la<br />

ricerca di<br />

un’interazione minima con l’ambiente,<br />

in particolar modo per<br />

l’emissione della gamma bassa<br />

e per l’influenza delle riflessioni<br />

sulla ricostruzione della scena<br />

sonora...<br />

Per una valutazione complessiva<br />

delle caratteristiche sonore del<br />

diffusore, occorre però mettere<br />

nelle migliori condizioni l’intera<br />

catena di riproduzione, tenendo<br />

conto del fatto che il tipo di carico<br />

e le conseguenti dimensioni hanno<br />

portato il sistema molto lontano<br />

da una facile collocabilità in<br />

ambiente. Tutto ciò nonostante<br />

siano state mese in campo risorse<br />

e materiali molto al di sopra<br />

della fascia di prezzo. Il modulo<br />

dell’impedenza e soprattutto la<br />

sensibilità molto bassa suggeriscono<br />

una scelta attenta dell’amplificazione.<br />

Il biamping potrebbe<br />

essere la soluzione più semplice e<br />

“giusta”, non tanto per i benefici<br />

del doppio cavo di collegamento,<br />

quanto per la bassa sensibilità del<br />

diffusore. In casi come questo, la<br />

biamplificazione passiva risolve<br />

in modo evidente le caratterizzazione<br />

del funzionamento al<br />

limite dell’amplificazione, soprattutto<br />

in gamma bassa in cui<br />

l’impedenza degli AS-61 rivela<br />

la sua criticità. Ne consegue una<br />

trasparenza più marcata della<br />

gamma medio-alta e una pulizia<br />

che però tendono a far alzare<br />

ancora il volume, rischiando di<br />

avvicinarsi al limite fisico del diffusore<br />

senza percepire per tempo<br />

i segnali premonitori, anche<br />

perché una delle caratteristiche<br />

più marcate (oltre la necessità<br />

di muscoli grossi e potenti) è<br />

quella di un’estensione in basso<br />

in una certa misura penalizzata,<br />

probabilmente dal sistema di<br />

caricamento scelto. Il problema<br />

è ipotizzabile anche in funzione<br />

della potenza dell’amplificatore<br />

che, per ottenere pressioni adeguate,<br />

si troverà in un punto di<br />

lavoro spostato in alto, nella maggior<br />

parte dei casi al limite. In fin<br />

dei conti abbiamo un sistema<br />

che per esprimersi come si deve<br />

“vive al limite, suo e di chi gli sta<br />

intorno”! Risultati soddisfacenti<br />

si ottengono con amplificatori di<br />

pari potenza in configurazione<br />

passiva, considerando che l’incrocio<br />

fra il woofer e il gruppo<br />

I morsetti sono installati su un pannello in<br />

allumino fissato al mobile. La meccanica,<br />

oltre ad essere di impatto sotto il profilo<br />

estetico, risulta molto efficace con una<br />

presa salda che consente un serraggio<br />

molto tenace con sforzo minimo. La<br />

posizione a filo del pannello con i morsetti<br />

che sporgono, nel caso di terminazioni a<br />

forcella o a banana, tendono occupare<br />

molto spazio fra diffusore e parete.<br />

medio-alti è collocato molto in<br />

basso, circa a 200 Hz, con una<br />

pendenza molto accentuata.<br />

Per fortuna, nonostante le dimensioni<br />

in ambiente, l’emissione<br />

sembra non essere influenzata<br />

dalla vicinanza della parete posteriore,<br />

con un’immagine complessivamente<br />

inalterata e un lieve<br />

incremento della parte bassa<br />

che non guasta assolutamente,<br />

anzi, a fronte di nessuna perdita<br />

apparente in articolazione e<br />

velocità della parte bassa dello<br />

spettro, l’incremento di emissione<br />

all’estremo inferiore da corpo<br />

al campo sonoro.<br />

Alla luce di questi elementi (e<br />

delle migliori condizioni possibili<br />

in cui far operare l’apparecchio)<br />

si ottiene un’impronta<br />

sonora certamente particolare<br />

e che, in certa misura, ricorda<br />

i sistemi a caricamento pneumatico<br />

di molto tempo fa, ca-<br />

L’unità è composta da due altoparlanti indipendenti: un il tweeter con cupola in seta<br />

trattata e magnete in neodimio incastonato all’interno della bobina da cinquantadue<br />

millimetri del medio. La curiosa struttura a maglia larga di fronte al tweeter ha la funzione<br />

di protezione della cupola del tweeter. La membrana del medio è in alluminio e la<br />

sospensione in gomma rovesciata a bassa escursione.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 67


SELECTOR<br />

Per il passivo<br />

è stato utilizzato<br />

un woofer senza<br />

magnete e senza<br />

bobina mobile; per<br />

il resto gli elementi<br />

sono tutti quelli<br />

dell’equivalente<br />

attivo, ma con<br />

la massa mobile<br />

“accordata” con il<br />

resto del sistema di<br />

carico.<br />

I due condotti reflex<br />

presentano ampie<br />

svasature ai bordi,<br />

tuttavia rumori e<br />

turbolenze presenti<br />

all’interno delle due<br />

camere vengono<br />

molto attenuate<br />

grazie alla presenza<br />

di un woofer passivo<br />

che fa da filtro<br />

meccanico.<br />

Il gruppo coassiale mostra<br />

una realizzazione ad hoc<br />

dei cestelli e dei magneti<br />

in modo che il tweeter si<br />

incastri al centro del medio<br />

e a filo della bobina mobile<br />

che risulta molto ampia. Il<br />

design, rispetto agli altri<br />

altoparlanti più “comuni”<br />

rispecchia una competenza<br />

rara nel campo specifico.<br />

Il cestello è in alluminio<br />

pressofuso aerodinamico<br />

e con equipaggio mobile<br />

a vista, membrana in<br />

alluminio e sospensione<br />

in gomma.<br />

CHIAMALO INTERPORT<br />

Il progetto abbastanza articolato di<br />

carico del woofer e di collocazione<br />

del coassiale rende necessaria la<br />

scelta di ricavare delle pannellature<br />

interne per la separazione dei volumi<br />

ma anche per il sostengo degli elementi<br />

all’interno, come ad esempio<br />

il woofer e il filtro crossover. Il woofer<br />

attivo collocato all’interno ha il<br />

diametro inferiore rispetto quello<br />

passivo collocato all’esterno, “a vista”,<br />

favorendo l’installazione, mentre il<br />

pannello con il filtro crossover, di<br />

grandi dimensioni e con uno schema<br />

anch’esso complesso e articolato,<br />

ha evidenziato tutte le difficoltà<br />

di passaggio e di movimentazione<br />

all’interno, in quanto fissato dietro<br />

alla camera del mid coassiale.<br />

Sullo stesso pannello interno in cui<br />

è fissato il woofer sono posti i due<br />

condotti di accordo che mettono in<br />

comunicazione le due camere, quella<br />

posteriore al woofer e quella anteriore<br />

in cui è posto il woofer passivo. Ne<br />

deriva una struttura molto complessa,<br />

con un volume complessivo che<br />

vede tener conto anche delle esigenze<br />

costruttive: la parte posteriore è<br />

leggermente trapezoidale anche se<br />

per motivi probabilmente estetici<br />

che funzionali, con una robustezza<br />

e solidità superiore alla norma in seguito<br />

al rinforzo strutturale dei setti<br />

di separazione.<br />

68 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST ELAC ADANTE AS-61<br />

al banco di misura<br />

<strong>SUONO</strong>GRAMMA<br />

1 Capacità di analisi del dettaglio....................2<br />

2 Messa a fuoco e corposità.............................2<br />

3 Ricostruzione scenica altezza........................1<br />

4 Ricostruzione scenica larghezza....................1<br />

5 Ricostruzione scenica profondità..................1<br />

6 Escursioni micro-dinamiche.........................1<br />

7 Escursioni macro-dinamiche........................0<br />

8 Risposta ai transienti....................................0<br />

9 Velocità........................................................1<br />

10 Frequenze medie e voci................................1<br />

11 Frequenze alte..............................................1<br />

12 Frequenze medio-basse...............................1<br />

13 Frequenze basse...........................................0<br />

14 Timbrica.......................................................1<br />

15 Coerenza......................................................2<br />

16 Contenuto di armoniche...............................1<br />

Il filtro impiega<br />

componenti di qualità molto<br />

superiore alla classe di appartenenza,<br />

con gli<br />

induttori avvolti in aria libera e i condensatori<br />

in poliestere metallizzato anche di elevato valore, ad eccezione di uno di tipo<br />

bipolare da 70uF. L’induttore in serie al woofer ha una elevata resistenza interna<br />

che favorisce l’allineamento con la risposta del gruppo coassiale.<br />

Il sistema è un tre vie con uno schema di filtro ad alta<br />

pendenza per le vie superiore e uno molto blando per<br />

woofer interno in cui gran parte della filtratura viene<br />

effettuata in modo meccanico dall’altoparlante passivo<br />

anteriore. La risposta è molto lineare anche se si notano<br />

i punti di incrocio dei tre altoparlanti sia in asse che fuori<br />

asse. È presente anche una attenuazione importante dei<br />

tre altoparlanti che riducono la sensibilità del sistema,<br />

già non particolarmente alta. L’impedenza non scende<br />

mai al di sotto dei 4 Ohm ma presenta rotazioni di fase<br />

e componenti reattive di un certo rilevo anche in prossimità<br />

della risonanza del mid, caricato in camera chiusa.<br />

ratterizzati da alcuni parametri<br />

formalmente corretti ma un costante<br />

desiderio di una dose di<br />

vitalità in più. Quella stessa sensazione<br />

che porta, magari scordando<br />

alcuni aspetti positivi , della<br />

riproposizione sonora (vedi il<br />

suonogramma), a “pompare” sul<br />

volume! In sintesi una costruzione<br />

(materiali e finitura estetica)<br />

di altissimo livello, al servizio di<br />

un progetto tecnico meno definito<br />

(come la destinazione d’uso) e<br />

condizionato sensibilmente dalla<br />

scelta dei partner da utilizzare.<br />

Il giudizio viene espresso su una scala di 6 valori da<br />

-3 a +3. La linea tratteggiata corrisponde allo zero ed<br />

esprime la congruità della prestazione con prodotti<br />

analoghi appartenenti alla stessa fascia di prezzo.<br />

IL VOTO DELLA REDAZIONE<br />

COSTRUZIONE ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Materiali eccellenti e soluzioni molto complesse<br />

si contrappongono a risultati che per certi versi<br />

non soddisfano le aspettative.<br />

BANCO DI MISURA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Risposta molto lineare con una buona dispersione<br />

angolare e una altrettanto interessante<br />

estensione in basso senza particolari enfasi.<br />

VERSATILITÀ ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■<br />

Aspetti contrastanti fra abbinamento con ampli<br />

e posizionamento in ambiente richiedono abbinamenti<br />

oculati.<br />

ASCOLTO<br />

■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Anche nelle migliori condizioni riscontrate la<br />

riproposizione sonora appare non esprimersi<br />

completamente.<br />

FATT. CONCRETEZZA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■<br />

Un mezzo passo falso (il form factor del modello<br />

da stand è “incomprensibile”) all’interno di una<br />

realtà in estremo movimento.<br />

QUALITÀ/PREZZO ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■<br />

Nonostante alcuni aspetti unici, rende al massimo<br />

solo con partner potenti e costosi che rendono<br />

meno concorrenziale l’abbinata.<br />

I voti sono espressi in relazione alla classe di appartenenza<br />

dell’apparecchio. Il fattore di concretezza<br />

rappresenta il valore nel tempo e l’affidabilità del<br />

prodotto, del marchio e del distributore.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 69


SELECTOR<br />

a cura della redazione<br />

DIFFUSORI<br />

Indiana Line Tesi 561<br />

Campione nel rapporto<br />

qualità/prezzo, il costruttore<br />

italiano per ciò stesso<br />

non si distacca abitualmente<br />

troppo dal solco<br />

medio espressione del mercato.<br />

Ma ogni regola ha la<br />

sua eccezione e con i Tesi<br />

561 arriva qualche cosa “al<br />

di fuori della norma”, perlomeno<br />

per caratteristiche:<br />

costa meno e offre di più.<br />

Abbastanza raro in questo<br />

settore....<br />

La serie Tesi è quella<br />

più vicina alle tradizionali<br />

esigenze<br />

dell’appassionato audio offerta<br />

dal costruttore italiano<br />

ed è costituita da un catalogo<br />

assai intricato e, a tratti,<br />

poco comprensibile che si<br />

basa fondamentalmente su<br />

due macro-categorie, Vinyl<br />

e Hi-gloss che caratterizzano<br />

prodotti non solo meramente<br />

differenti per finitura<br />

ma anche per configurazione<br />

e costruzione (ad esempio<br />

i prodotti Vinyl hanno<br />

gli angoli stondati mentre<br />

in quelli Hi-gloss il mobile è<br />

più massiccio anche se offerti<br />

ad un prezzo leggermente<br />

superiore).<br />

Ognuna delle due serie è<br />

composta da 4 prodotti: un<br />

centrale, due bookshelf e una<br />

torre che, come detto non<br />

sono sovrapponibili ai corrispettivi<br />

della serie “quasicomplementare”,<br />

offrendo<br />

così una griglia di prodotto<br />

molto ampia anche se in<br />

grado di generare qualche<br />

confusione.<br />

Appurato ad esempio che<br />

la serie Vinyl è quella più<br />

economia tra le due, in essa<br />

trova posto il modello qui in<br />

prova che però in qualche<br />

modo dirazza da una progressione<br />

logica in termini<br />

di performance (almeno sulla<br />

carta) in seguito all’utilizzo,<br />

per la prima volta in casa<br />

Indiana Line di una coppia<br />

di mid woofer da 16 cm con<br />

membrane differenti fra loro<br />

(un dettaglio che, pure, nella<br />

serie Diva era stato già introdotto<br />

da tempo).<br />

L’approccio ricorda quello<br />

utilizzato per i ProAc DT8<br />

in cui i due midwoofer sono<br />

molto differenti fra loro, declinato<br />

qui in un segmento di<br />

mercato molto più consumer.<br />

Questa caratteristica, unità<br />

al segmento merceologico<br />

di appartenenza, merita una<br />

minima riflessione...<br />

Partiamo dal prezzo che,<br />

associato alla tipologia (diffusore<br />

a torre), rende il prodotto<br />

abbastanza unico (poco<br />

più di una ventina di modelli<br />

sul mercato) oggi più che in<br />

passato dove ne veniva annoverato<br />

un maggior numero.<br />

Meno della metà adotta woofer<br />

da 16 cm o maggiori (un<br />

paio...) e una parte significativa<br />

di questo sparuto gruppo<br />

può essere annoverato<br />

nei boom boom box, ovvero<br />

in quei diffusori dichiaratamente<br />

destinati ad una fascia<br />

di pubblico giovanile, interessata<br />

principalmente alla<br />

dinamica e a generi musicali<br />

poco raffinati.<br />

Dunque pochissimi possono<br />

essere considerati effettivamente<br />

dei concorrenti dei<br />

Tesi 561! Fatto che rimarca<br />

Prezzo: € 585,00<br />

Dimensioni: 18 x 89 x 30 cm (lxaxp)<br />

Peso: 13,7 Kg<br />

Distributore: Coral Electronic Srl<br />

Corso Allamano, 74 - 10098 Rivoli (TO)<br />

Tel.011.959.44.55 - Fax 011.957.23.55<br />

www.coral-indianaline.com<br />

DIFFUSORI INDIANA LINE TESI 561<br />

Tipo: da pavimento Caricamento: reflex N. vie: 3 Potenza<br />

(W): 30 - 150 Impedenza (Ohm): 4 - 8 Frequenze di crossover<br />

(Hz): 180 / 2800 Risp. in freq (Hz): 35 - 22000 Sensibilità<br />

(dB): 92 Altoparlanti: 160 mm woofer, 160 mm mid-woofer,<br />

26 mm dome-tweeter Rifinitura: vinile rovere nero / vinile<br />

noce Griglia: si<br />

70 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST<br />

I morsetti accettano qualunque tipo di connessione e sono disposti in modo facilmente<br />

accessibile anche grazie alla posizione inclinata. Il corpo in plastica consente un buon<br />

serraggio del cavo o della forcella anche in merito ad una ghiera antifrizione.<br />

almeno due aspetti: il primo<br />

è che è difficile “stare nei costi”<br />

con un prodotto simile<br />

(ma qui, lo abbiamo detto,<br />

la casa italiana è maestra);<br />

il secondo, in parte conseguenza<br />

del primo è che è ancora<br />

più difficile realizzare in<br />

queste condizioni un diffusore<br />

audiophile, cosa che è<br />

invece nel DNA aziendale di<br />

Indiana Line.<br />

Una sfida? Una opportunità?<br />

Un azzardo? Di certo vi<br />

è il fatto che per realizzare<br />

un diffusore che adotta un<br />

woofer di queste dimensioni,<br />

Indiana Line ha dovuto<br />

rinunciare a quella particolare<br />

caratteristica “filante”<br />

dei suoi prodotti (anche<br />

perché ridotti di dimensioni)<br />

che è quasi una caratteristica<br />

fondante e attesa nel<br />

prodotto Indiana Line. Va<br />

detto però che i bordi arrotondati,<br />

la scelta del rapporto<br />

dimensionale del prodotto<br />

un “abbellimento” (l’effetto<br />

monoblocco è mitigato dalla<br />

conformazione del plinto integrato<br />

nel mobile, separato<br />

da resto da una sottile scanalatura<br />

alta 5 mm lungo tutto<br />

il perimetro) lo rendono comunque<br />

gradevole: certo più<br />

ingombrante da quanto ci si<br />

aspetta da una Indiana Line<br />

ma ancora ampiamente nel<br />

campo del “gradevole”...<br />

Nel solco della tradizione<br />

invece la qualità di costruzione,<br />

sempre molto elevata<br />

in relazione al prezzo del<br />

prodotto che mai come questa<br />

volta si presenta “tosto”<br />

e raffinato al tempo stesso,<br />

tanto che occorre pizzicarsi<br />

(si, sono sveglio!) per ricordare<br />

quale sia il prezzo di<br />

listino assegnato.<br />

D’altronde una attenzione<br />

molto intensa all’incidenza<br />

dei costi di produzione sembra<br />

essere sempre tenuta<br />

da conto da Indiana Line. I<br />

prodotti, si sa, vengono pensati<br />

in occidente e realizzati<br />

in oriente ma con fatti tangibili,<br />

sembra che questo<br />

si riversi in larga misura<br />

nell’interesse del cliente grazie<br />

anche ad una politica che<br />

rifugge “prezzature” di fantasia<br />

o correttivi di marketing.<br />

Approcciare i Tesi 561 insomma<br />

genera una bella sensazione,<br />

per paradosso persino<br />

migliore (ricordano in parte<br />

certi iconici prodotti della<br />

scuola “value for money”<br />

inglese).<br />

De gustibus magari ma l’ascolto<br />

è ancora meglio, una<br />

conferma di trovarsi di fronte<br />

ad un prodotto fuori dalla<br />

norma: sorprendente fin dalle<br />

prime battute, in particolare<br />

per le performance in gamma<br />

bassa, ben presente, estesa<br />

e articolata, abbastanza<br />

corretta anche in termini di<br />

timbrica. Il messaggio sonoro<br />

viene riproposto con rapidità<br />

e precisione negli attacchi<br />

e nei rilasci, generando una<br />

pressione sonora sull’ascoltatore<br />

apprezzata con i generi<br />

musicali più movimentati.<br />

All’altro estremo della banda<br />

la voce è forse un po’ grossa<br />

(più tonda che grossa) ma al<br />

limite della banda il bilanciamento<br />

tra una corretta messa<br />

a fuoco e un possibile eccesso<br />

di dettaglio è ben bilanciato.<br />

Non è facile definite il diffusore,<br />

per certi versi molto<br />

rock ma con una marcata<br />

propensione ad una raffinatezza<br />

non comune in questa<br />

fascia di prezzo, abbastanza<br />

“lento”, attingendo alle categorie<br />

inaugurate da Adriano<br />

Celentano, da farsi apprezzare<br />

con generi come la classica<br />

in generale e la musica da camera<br />

nello specifico, comunque<br />

dove la rappresentazione<br />

sonora scorre tranquilla...<br />

In termini di interfacciabilità<br />

tradizionalmente i prodotti<br />

della casa italiana sono sempre<br />

ad ampio spettro ma ci ha<br />

comunque stupito il risultato<br />

ottenibile con un Classe D se<br />

pur di classe come il Primare<br />

oggetto di un test in questo<br />

stesso numero di <strong>SUONO</strong>.<br />

Si tratta di un abbinamento<br />

elettivo, forse ridondante<br />

in una ottica puramente<br />

Forma molto compatta con magnete in neodimio, cupola in seta trattata e camera<br />

di decompressione posteriore con sistema di dissipazione messo a punto da Indiana<br />

Line per abbassare la frequenza di risonanza e assorbire le riflessioni sulla membrana.<br />

L’altoparlante è fissato su una flangia molto ampia di raccordo fra pannello e woofer<br />

con i centri di emissione ravvicinati.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 71


SELECTOR<br />

il filtro crossover applica attenuazioni a 12dB/oct su tutti<br />

gli altoparlanti con una cella di compensazione in serie al<br />

mid woofer. I due woofer hanno lo stesso tipo di taglio ma a<br />

frequenza molto differenti risultando in parallelo fino a circa<br />

200 Hz. I componenti sono saldati e incollati al PCB fissato a<br />

ridosso della vaschetta dei contatti. Il condensatore in serie al<br />

tweeter è in poliestere metallizzato, gli altri di tipo elettrolitico<br />

e gli induttori a bassa Re sono avvolti su lamierini.<br />

il cestello dei due woofer<br />

è in lamiera stampata, la<br />

sospensione in gomma<br />

include anche la ghiera di finitura,<br />

sempre in gomma, fissata al cestello<br />

con un funzione estetica di raccordo<br />

con il pannello. Il woofer installato in alto<br />

a differenza di quello in basso ha il gruppo<br />

magnetico schermato. La frequenza di<br />

risonanza dei due altoparlanti è molto<br />

simile anche se le membrane sono molto<br />

differenti per forma e materiali utilizzati: in<br />

polpa di cellulosa quella dl woofer basso con<br />

parapolvere rovesciato e polipropilene e mica per l’altro dotato<br />

anche di ogiva fissa al magnete.<br />

OTTIMIZZAZIONE AL TOP<br />

Il mobile è realizzato con una struttura<br />

in pannelli di MDF ad alto spessore<br />

ma con una massa non eccessivamente<br />

alta e la contempo incollaggi<br />

strutturali eseguiti a regola d’arte<br />

fra i pannelli e i setti di rinforzo interni.<br />

Ne deriva una struttura non<br />

eccessivamente pesante ma molto<br />

solida e abbastanza smorzata nel<br />

trasferimento delle vibrazioni. I setti<br />

di rinforzo, per irrobustire il pannello<br />

anteriore, sono collocati in prossimità<br />

degli ampi fori dei due woofer. I<br />

due woofer, molto differenti fra loro<br />

in merito alla composizione della<br />

membrana e alla struttura del magnete,<br />

esibiscono tuttavia parametri<br />

elettrici paragonabili e condividono<br />

lo stesso olume di carico risultando<br />

in parallelo per una ampia gamma<br />

di frequenza.<br />

Tuttavia, il filtro crossover è indipendente<br />

per i due woofer e sopratutto<br />

le due connessioni sperano il woofer<br />

inferiore da quello superiore che<br />

invece rimane abbinato al tweeter.<br />

In caso di collegamenti bi-wiring o<br />

bi-amplificazione passiva bisogna<br />

fare attenzione al fatto che i segnali<br />

applicati siano elettricamente identici<br />

per non innescare delle variazioni<br />

sul carico acustico de due altoparlanti<br />

pensati per lavorare in parallelo.<br />

72 <strong>SUONO</strong> settembre 2018


TEST INDIANA LINE TESI 561<br />

al banco di misura<br />

<strong>SUONO</strong>GRAMMA<br />

economica ma che non fa<br />

ripiangere all’eventuale proprietario<br />

di un amplificatore<br />

così di averlo abbinato ai Tesi<br />

561 e non a un diffusore di<br />

maggior lignaggio.<br />

Anche il posizionamento<br />

sembra molto user frendly<br />

soprattutto a ridosso della<br />

parete posteriore, con un incremento<br />

della emissione in<br />

gamma bassa e ancora una<br />

ottima ricostruzione della<br />

scena anche con i diffusori<br />

paralleli alla parete e non<br />

inclinati verso l’ascoltatore.<br />

Si tratta di condizioni da non<br />

sottovalutare soprattutto per<br />

quelle installazioni non “elettive”<br />

in cui devono convivere<br />

più realtà all’interno del locale.<br />

Invece, si sono ottenuti<br />

risultati molto validi con la<br />

configurazione in biamplificazione<br />

passiva in quanto<br />

l’impedenza balza da quattro<br />

Ohm a oltre otto, con un fattore<br />

di stress molto meno importante<br />

anche per amplificazioni<br />

poco robuste. Quindi,<br />

La risposta in frequenza appare molto lineare in asse, mentre<br />

la dispersione angolare evidenzia una lieve attenuazione angolare<br />

all’estremo superiore tuttavia molto contenuta e con<br />

una andamento graduale. I punti di lavoro e di filtratura sono<br />

efficaci e ottenuti con il minimo dei componenti a riprova<br />

del lavoro effettuato sugli altoparlanti sia dal punto di vista<br />

elettrico che della modellazione della risposta. È presente<br />

solo una linea di compensazione sul midwoofer per ottimizzare<br />

l’incrocio, collocato abbastanza in alto con il tweeter. Il<br />

modulo dell’impedenza in basso scende sotto i 4 Ohm ma<br />

con la separazione del bi wiring le due sezioni si collocano<br />

oltre gli 8 nominali.<br />

a patto di utilizzare due amplificatori<br />

di potenza identici<br />

fra loro anche in funzione<br />

della configurazione dei woofer,<br />

con i Tesi 561 la formula<br />

“due ampli medi al posto di<br />

uno robusto” vale moltissimo<br />

e continua a dare emozioni di<br />

rara portata. Oggi è ancor più<br />

semplice allestire dei piccoli<br />

sistemi con DAC dotati anche<br />

di ingresso linea e uscite pre<br />

al quale collegare non uno<br />

ma due piccoli finali con una<br />

resa “inimmaginabile”!<br />

1 Capacità di analisi del dettaglio....................1<br />

2 Messa a fuoco e corposità.............................2<br />

3 Ricostruzione scenica altezza........................1<br />

4 Ricostruzione scenica larghezza....................1<br />

5 Ricostruzione scenica profondità..................1<br />

6 Escursioni micro-dinamiche.........................1<br />

7 Escursioni macro-dinamiche........................2<br />

8 Risposta ai transienti....................................1<br />

9 Velocità........................................................2<br />

10 Frequenze medie e voci................................1<br />

11 Frequenze alte..............................................2<br />

12 Frequenze medio-basse...............................2<br />

13 Frequenze basse...........................................2<br />

14 Timbrica.......................................................1<br />

15 Coerenza......................................................2<br />

16 Contenuto di armoniche...............................2<br />

Il giudizio viene espresso su una scala di 6 valori da<br />

-3 a +3. La linea tratteggiata corrisponde allo zero ed<br />

esprime la congruità della prestazione con prodotti<br />

analoghi appartenenti alla stessa fascia di prezzo.<br />

IL VOTO DELLA REDAZIONE<br />

COSTRUZIONE ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxxx<br />

BANCO DI MISURA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxxx<br />

VERSATILITÀ ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxxx<br />

ASCOLTO<br />

■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxxx<br />

FATT. CONCRETEZZA ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxxx<br />

QUALITÀ/PREZZO ■ ■ ■ ■ ■ | ■ ■ ■ ■ ■<br />

Xxxxxxx xxxxx xxxxx xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx<br />

xxxxxxx xxxx xx xxxxxx xxx xxxx xxxx xxxxx xxxx<br />

xxxxx xxxx xxxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx x.<br />

I voti sono espressi in relazione alla classe di appartenenza<br />

dell’apparecchio. Il fattore di concretezza<br />

rappresenta il valore nel tempo e l’affidabilità del<br />

prodotto, del marchio e del distributore.<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2018 73


COOP.GIORNALISTICA MONDO NUOVO<br />

Sede in: VIALE BRUNO BUOZZI, 72 - 00197 - ROMA (RM)<br />

Codice fiscale: 04028131003 Partita IVA: 04028131003<br />

Capitale sociale: Euro 1.500,00 Capitale versato: Euro 1.500,00<br />

Registro imprese di: Roma N. iscrizione reg. imprese: 04028131003<br />

N.Iscrizione R.E.A.: 727347<br />

Bilancio al 31/12/2017<br />

STATO PATRIMONIALE ATTIVO<br />

al 31/12/2017 al 31/12/2016<br />

B ) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle<br />

concesse in locazione finanziaria:<br />

I ) Immobilizzazioni immateriali: 4.601 4.917<br />

II ) Immobilizzazioni materiali: 9.768 14.679<br />

TOTALE Immobilizzazioni, con separata indicazione<br />

di quelle concesse in locazione finanziaria:<br />

14.369 19.596<br />

C ) Attivo circolante:<br />

I ) Rimanenze: 983 1.125<br />

II ) Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />

degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />

Entro l’esercizio 470.807 514.871<br />

Oltre l’esercizio (3.000) (3.000)<br />

TOTALE Crediti, con separata indicazione, per<br />

467.807 511.871<br />

ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />

successivo:<br />

III ) Attivita’ finanziarie che non costituiscono<br />

20.000 20.000<br />

immobilizzazioni:<br />

IV ) Disponibilita’ liquide: 60.964 64.048<br />

TOTALE Attivo circolante: 549.754 597.044<br />

D ) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio<br />

177 189<br />

su prestiti:<br />

TOTALE ATTIVO 564.300 616.829<br />

STATO PATRIMONIALE PASSIVO<br />

A ) Patrimonio netto:<br />

I ) Capitale 1.500 1.500<br />

IV ) Riserva legale 604 604<br />

VII ) Altre riserve, distintamente indicate: 77.904 79.732<br />

IX ) Utile (perdita) dell’esercizio (1.870) (1.829)<br />

TOTALE Patrimonio netto: 78.138 80.007<br />

B ) Fondi per rischi ed oneri: 320 320<br />

C ) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato - 48.863<br />

D ) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce,<br />

degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:<br />

Entro l’esercizio 465.326 443.431<br />

Oltre l’esercizio 20.516 44.208<br />

TOTALE Debiti, con separata indicazione, per<br />

485.842 487.639<br />

ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio<br />

successivo:<br />

TOTALE PASSIVO 564.300 616.829<br />

CONTO ECONOMICO<br />

A ) Valore della produzione:<br />

1 ) Ricavi delle vendite e delle prestazioni 212.981 212.981<br />

2), 3) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />

(142) (129)<br />

lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su<br />

ordinazione<br />

2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di<br />

(142) (129)<br />

lavorazione, semilavorati e finiti<br />

5 ) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei<br />

contributi in conto esercizio:<br />

contributi in conto esercizio 166.826 99.361<br />

altri 6.422 102.688<br />

Totale altri ricavi e proventi 173.248 202.049<br />

TOTALE Valore della produzione: 329.628 414.901<br />

B ) Costi della produzione:<br />

6 ) Costi materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci 30.939 28.827<br />

7 ) Costi per servizi 220.485 189.567<br />

8 ) per godimento di beni di terzi: 1.897 3.030<br />

9 ) per il personale:<br />

a ) Salari e stipendi 5.594 113.509<br />

b ) Oneri sociali 1.708 34.383<br />

c), d), e) trattamento di fine rapporto, trattamento di<br />

1.176 8.613<br />

quiescenza, altri costi del personale<br />

c ) Trattamento di fine rapporto 1.176 8.613<br />

TOTALE per il personale: 8.478 156.505<br />

10 ) Ammortamento e svalutazioni:<br />

a), b), c) ammortamento delle immobilizzazioni<br />

10.241 9.517<br />

immateriali e materiali, altre svalutazioni<br />

delle immobilizzazioni<br />

a ) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali: 4.711 6.564<br />

b ) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali: 5.530 2.953<br />

TOTALE Ammortamento e svalutazioni: 10.241 9.517<br />

14 ) Oneri diversi di gestione 46.979 20.853<br />

TOTALE Costi della produzione: 319.019 408.299<br />

Differenza tra Valore e Costi della produzione 10.609 6.602<br />

C ) Proventi e oneri finanziari:<br />

16 ) Altri proventi finanziari:<br />

d ) proventi diversi dai precedenti<br />

altri - 16<br />

Totale proventi diversi dai precedenti - 16<br />

TOTALE Altri proventi finanziari: - 16<br />

17 ) interessi e altri oneri finanziari<br />

altri 7.797 5.540<br />

Totale interessi e altri oneri finanziari 7.797 5.540<br />

TOTALE Proventi e oneri finanziari: (7.797) (5.524)<br />

Risultato prima delle imposte (A - B + - C + - D) 2.812 1.078<br />

22 ) Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite<br />

e anticipate<br />

imposte correnti 4.682 2.907<br />

Totale delle imposte sul reddito dell’esercizio,<br />

4.682 2.907<br />

correnti, differite e anticipate<br />

23) Utile (perdite) dell’esercizio (1.870) (1.829)<br />

Anno: 2017 DETTAGLIO RICAVI<br />

1 Vendita di copie: € 90.877,07<br />

2 Pubblicità: € 62.282,00<br />

- Diretta: € 62.282,00<br />

- Tramite concessionaria: €<br />

3 Ricavi da editoria on line: € 2.121,98<br />

4 Abbonamenti € 2.121,98<br />

5 Pubblicità €<br />

6 Ricavi da vendita informazioni e servizi : € 1.241,10 (1)<br />

7 Ricavi da altra attività editoriale: €<br />

8 Totale voci 01 + 02 + 05 + 06 + 07: € 156.522,16<br />

(1) Proventi per royalties, brevetti, marchi<br />

Il presente bilancio corrisponde al vero.<br />

Il Legale Rappresentante<br />

Marta Nicoletti


BELA<br />

BARTÓK<br />

L’UOMO DALLE<br />

MILLE ARMONIE<br />

FRANK<br />

SINATRA<br />

IL RITORNO<br />

DI “THE VOICE”<br />

LA NUOVA<br />

VITA DEL<br />

VINILE?<br />

INTERVISTA A<br />

PAOLO MAIORINO<br />

DELLA SONY<br />

STORIE<br />

ROCK’N’<br />

BLUES<br />

RORY GALLAGHER<br />

QUANDO LE VISIONI SPOSANO I SUONI


76 I COLORI DEL<br />

«BARTÓK INIZIO<br />

COL ROMANTICISMO,<br />

SCRISSE IN MODO<br />

NEOCLASSICO,<br />

ADOTTÒ UNA SCALA<br />

DI DODICI TONI, NON<br />

ADERÌ MAI ALLA<br />

DODECAFONIA»


Bela Bartók<br />

L’uomo dalle mille armonie<br />

BELA BARTÓK È UNO DEI PIÙ IMPORTANTI COMPOSITORI<br />

DI MUSICA DEL ’900, OLTRE CHE STRAORDINARIO<br />

RICERCATORE, DEDICATOSI ALLA MUSICA POPOLARE<br />

BALCANICA, E UN INSEGNANTE DI GRANDE FAMA. SPIRITO<br />

GUIDA DELLA GENERAZIONE RIVOLUZIONARIA DEI<br />

MUSICISTI NATI NEI PRIMI ANNI 80 DEL XIX SECOLO È<br />

CONSIDERATO IL MAGGIORE COMPOSITORE UNGHERESE.<br />

testo: Carlo D’Ottavi<br />

Bartók nacque il 25 marzo 1881<br />

a Nagyszentmiklos, ora in<br />

Romania. Fu un talento precocissimo,<br />

tanto che a dieci<br />

anni fece la sua prima apparizione come<br />

compositore e pianista. Gli studi lo portarono<br />

a conoscere in particolare Johannes<br />

Brahms e, quando entrò nella Accademia<br />

Musicale Reale di Budapest (1899/1903)<br />

subì il fascino di Franz Liszt, Richard<br />

Wagner e Richard Strauss. Uscito dalla<br />

accademia compose la sinfonia Kossuth,<br />

essenzialmente su temi ungheresi. In collaborazione<br />

con Zoltan Kodaly, iniziò una<br />

ricerca sistematica sulla musica popolare<br />

ungherese che fu pubblicata congiuntamente<br />

nel 1906 con il titolo di Canzoni<br />

popolari ungheresi per voce e piano.<br />

Seguirono altre due sue raccolte, a suo<br />

nome, che ne evidenziarono l’approccio<br />

metodico e scientifico, ampliandone l’interesse<br />

alla cultura dei gruppi linguistici<br />

limitrofi. In tutto raccolse oltre 6.000<br />

canzoni di origine magiara, slovacca, rumena,<br />

transilvana e nel 1913 riportò 200<br />

melodie arabe da una visita a Biskra, in<br />

Algeria. Tutto questo lavoro, testimonianza<br />

di fervore e passione patriottica, sfociò<br />

nel volume Musica popolare ungherese,<br />

che influenzò in modo decisivo la sua creatività<br />

nella composizione musicale.<br />

Nel 1907 fu nominato professore di pianoforte<br />

all’Accademia di Budapest. Nel<br />

1911 fondò con Kodaly la Nuova Società<br />

Musicale Ungherese, che si proponeva di<br />

presentare le nuove proposte sonore nazionali.<br />

L’accoglienza del pubblico rimase<br />

piuttosto fredda fino al 1917, quando arrivò<br />

il successo con il balletto Il principe<br />

di legno e l’opera Il castello del principe<br />

Barbablù. In questi lavori l’influenza di<br />

Claude Debussy è evidente. L’incontro<br />

con il compositore francese si tradusse in<br />

una visione più innovativa e radicale delle<br />

opere di Bartók. Abbandonato il roman-<br />

Erik Chisholm, direttore d’orchestra e compositore scozzese,<br />

accoglie Bartok alla Queen Street Station di Glasgow.<br />

Chisholm aveva molto in comune con il compositore<br />

ungherese, tanto da essere soprannomimato MacBartók.<br />

ticismo iniziale divenne uno dei primi a<br />

scrivere in modo neoclassico. Contemporaneamente,<br />

iniziò a usare le antiche<br />

scale che aveva scoperto, così facendo si<br />

trovò a introdurre altre armonie che portarono<br />

all’adozione di una scala di dodici<br />

toni, capace di ogni sorta di combinazioni<br />

armoniche… ma non aderì mai all’atonalità<br />

e alla dodecafonia.<br />

Bartók arrivò negli Stati Uniti per la<br />

prima volta nel 1927. Il 22 dicembre.<br />

Alla Carnegie Hall, con la Philharmonic<br />

Orchestra diretta da Willem Mengelberg,<br />

suonò come solista la sua Rhapsodie, Op.<br />

1. Il Concerto per pianoforte e orchestra fu<br />

invece eseguito l’anno dopo dalla Cincinnati<br />

Orchestra, sotto la direzione di Fritz<br />

Reiner e con Bartók ancora al piano. Nel<br />

1928 suonò altre sue composizioni presso<br />

la Pro-Musica Society al Gallo Theatre,<br />

assieme al violinista e connazionale Jose-<br />

I COLORI DEL 77


BELA BARTÓK<br />

ph Szigeti. Poco dopo tornò in Ungheria.<br />

La nazione stava precipitando verso una<br />

deriva di stampo nazista. Le opere di Bartók,<br />

tra le quali lo “scandaloso” Il Mandarino<br />

Meraviglioso, di stile espressionista,<br />

vennero osteggiate dal nuovo regime: per<br />

lui il clima non era più favorevole.<br />

Il Concerto per Violino e Clarinetto, scritto<br />

in Ungheria da Bartók per Joseph Szigeti<br />

e Benny Goodman, fu l’occasione per<br />

il suo ritorno a New York. L’esecuzione<br />

avvenne con i due solisti alla Carnegie<br />

Hall. Le occasioni di promuovere la sua<br />

musica negli USA divennero sempre più<br />

numerose e nel 1940 si esibì assieme alla<br />

moglie, Ditta Pasztory, nella prima mondiale<br />

della Musica per due pianoforti e<br />

percussioni, forse uno dei suoi lavori più<br />

sorprendenti e di rottura.<br />

Nel 1940, quando la Seconda Guerra<br />

Mondiale sconvolse l’Europa, scelse la via<br />

dell’esilio, trasferendosi definitivamente<br />

negli Stati Uniti a New York. A 59 anni la<br />

vita di New York gli sembrò troppo frenetica<br />

e le distanze per dare concerti esageratamente<br />

grandi. La sua musica aveva<br />

un successo limitato, neppure la laurea<br />

honoris causa della Columbia University<br />

lenì il suo stato di profonda malinconia.<br />

Gli era riconosciuto il grande talento di<br />

compositore e pianista, accettò di dare<br />

lezioni private. Per incoraggiare l’anziano<br />

e reticente musicista l’Associazione del<br />

Compositori Americani gli offrì una residenza<br />

sul lago Saranac. Il direttore d’orchestra<br />

Serge Koussevistsky, ungherese<br />

ed esule anche lui, gli commissionò un<br />

lavoro sinfonico. Proprio a Saranac compose<br />

il lavoro orchestrale più importante:<br />

Il Concerto per Orchestra. Il direttore con<br />

la sua orchestra, la Boston Symphony<br />

Orchestra, il primo dicembre 1944 lo eseguirono<br />

per la prima volta. In questa composizione<br />

ogni gruppo strumentale trova<br />

un momento di effettivo protagonismo:<br />

la scrittura altamente virtuosistica viene<br />

riservata ora agli archi, ora ai legni, ora<br />

agli ottoni. Nel secondo movimento, Gioco<br />

delle coppie, Bartók moltiplica i piani<br />

strumentali e contrappone, dividendoli,<br />

fagotti, oboi, clarinetti e trombe.<br />

Nel contempo Il Concerto presenta,<br />

in modo totalmente disinvolto<br />

e assertivo, citazioni da quello che era<br />

stato il substrato più profondo dello stile<br />

di Bartók: ritmi e figure proprie della<br />

tradizione popolare, spunti descrittivi e<br />

umoristici, che denotano l’influsso russo,<br />

ma anche formule e cadenze più<br />

moderne, aperte ai suggerimenti della<br />

musica non colta di stampo americano.<br />

Tutti questi stimoli sono elaborati con la<br />

Concerto per Orchestra & Concerto<br />

per pianoforte e Orchestra N. 3<br />

Javier Perianes (piano),<br />

Münchner Philarmoniker,<br />

Pablo Heras-Casado (direttore)<br />

Harmonia Mundi HMM902262<br />

In download 96 kHz/24 bit<br />

www.prestoclassical.co.uk/<br />

classical/formats/hi-res<br />

a disillusione per l’esilio negli Stati Uniti e la<br />

Lsalute in declino non impedirono a Bartók di<br />

adempiere alla commissione per il Concerto per<br />

orchestra, oltre a scrivere il Terzo concerto per pianoforte,<br />

il suo ultimo lavoro, destinato a garantire<br />

il futuro di sua moglie. Da qui le cupe circostanze<br />

portarono a due capolavori che gli guadagnarono<br />

finalmente il tanto atteso successo americano.<br />

Sono magnificamente eseguiti qui da Javier Perianes<br />

e dai musicisti del Münchner Philharmoniker<br />

con la direzione di Pablo Heras-Casado.<br />

Il Concerto per orchestra di Bartók non è solo<br />

un entusiasmante tour de force orchestrale; è<br />

anche un lavoro sorprendente e profondamente<br />

espressivo, che assimila senza sforzo le melodie<br />

e i ritmi popolari ungheresi come un imprinting<br />

personalissimo nella sua colonna sonora accattivante<br />

e raffinata. A volte cupo e misterioso è il<br />

lavoro più popolare ed edificante di Bartók, che<br />

finisce in un turbinio di allegria. L’interpretazione<br />

di Heras-Casado è ricca di vitalità in questo nuovo<br />

incontro. Diventa vivace specie nei momenti in cui<br />

è protagonista la sezione fiati dell’orchestra monacense<br />

nel movimento Il Gioco delle Coppie, a<br />

cui risponde il suono intenso e saturo degli archi<br />

nell’Elegia.<br />

Perianes suona il pianoforte nel Concerto per pianoforte<br />

N.3 con grazia quasi mozartiana eppure,<br />

come lui stesso chiarisce nelle note di copertina,<br />

in questa magnifica interpretazione non si può<br />

eludere la tipica scrittura pianistica di Bartók,<br />

tanto singolare e originale, frutto maturo della<br />

sua frequentazione con le radici balcaniche.<br />

C’è una magia sommessa, una specie di voluto<br />

contenimento che, paradossalmente, provoca<br />

un senso di eccitazione. Quella stessa intensità<br />

cristallina che troviamo nella lettura finemente<br />

risolta di Heras-Casedo del Concerto per orchestra.<br />

Bartók, contemplando da lontano la sua terra<br />

natia, immette le melodie ricordate in un canto<br />

espressivo alle quali Javier Perianes porta un<br />

grande calore. I due spagnoli diffondono la brama<br />

di vita del finale con il necessario brio.<br />

78 I COLORI DEL


BELA BARTÓK<br />

Targa sulla statua<br />

di Bartok a Londra.<br />

sensibilità rigidamente austera che gli era<br />

propria, con un senso altissimo della moralità<br />

che la musica deve sempre avere in<br />

sé; l’autore segue in questo caso un percorso<br />

ad arco che parte da atmosfere rigide e<br />

notturne, pervenendo alla fine del lavoro ad<br />

una sostanziale e serena oggettività.<br />

Lo spirito vitale di questa composizione<br />

non lascia intuire i tormenti personali che<br />

l’autore incontrava in quel momento. La<br />

guerra, la malattia e la povertà sono tralasciati<br />

in favore della ricerca verso l’eternità<br />

della vita. Ascoltando questa monumentale<br />

opera, costituita da cinque movimenti,<br />

è facile intuire che una forza potente,<br />

cruda, creativa è stata scatenata. Il titolo,<br />

apparentemente contraddittorio, descrive<br />

il modo in cui gruppi di strumenti in tutta<br />

l’orchestra prendono vita in modi audaci e<br />

virtuosistici. I suoni, sorprendenti e disparati,<br />

emergono in questo “ultimo concerto”<br />

– tutto pervaso dai ritmi popolari ungheresi,<br />

dai colori impressionisti e dai modi<br />

antichi, fughe e a corali di Bach.<br />

Il Concerto for Orchestra contiene anche<br />

alcune delle musiche più inquietanti che<br />

si siano mai immaginate. Questi passaggi<br />

silenziosi, noti come musica notturna, appaiono<br />

in numerose opere di Bartók: evocano<br />

il mormorio inquietante e notturno<br />

della natura. Questi sono i suoni spettrali<br />

che sentiamo nell’apertura del primo movimento:<br />

colori e armonie oscure e velate<br />

che hanno indubbiamente influenzato<br />

numerose colonne sonore del cinema di<br />

Hollywood. Verso la fine del primo movimento<br />

le corde simulano atmosfere<br />

ascoltate da gruppi di zingari rumeni.<br />

Il secondo movimento Allegro scherzando<br />

è intitolato Gioco di coppie. In ciascuna<br />

delle cinque sezioni è presente un diverso<br />

paio di strumenti. Ogni coppia è separata<br />

da un intervallo distinto. Si ascoltano in<br />

successione coppie di fagotti, di oboi, clarinetti,<br />

flauti e trombe.<br />

Il terzo movimento, Elegia, Andante non<br />

troppo ritorna l’inquietante musica notturna<br />

mentre riemergono temi angosciosi<br />

del primo movimento. Segue un breve<br />

quarto movimento, Intermezzo interrotto,<br />

Allegretto. L’interruzione è uno sberleffo<br />

del pacifista Bartók alla Sinfonia di Leningrado<br />

di Shostakovich, grande successo<br />

radiofonico negli USA, diretto da Toscanini<br />

nel 1942 con la NBC Symphony Orchestra.<br />

Il tema dell’invasione, pomposo e drammatico,<br />

nella sinfonia viene richiamato da<br />

un clarinetto e un trombone tra trilli e glissando.<br />

Nella realtà Bartók non conosceva,<br />

o forse non comprendeva, la diversa scelta<br />

di vita di Shostakovich, quella di rimanere<br />

sotto il regime di Stalin in Unione Sovietica,<br />

che gli imponeva ferree restrizioni nella<br />

composizione, costringendolo a ricorre<br />

all’ironia, pur di criticare la tirannia.<br />

Il movimento finale esplode con vorticose<br />

danze popolari e fughe celebrative.<br />

È una corsa, selvaggia ed euforica, che<br />

spinge il Concerto per Orchestra nella<br />

sua eccitante trascendenza finale. Negli<br />

ultimi istanti torniamo nella nebbia<br />

della musica notturna prima di tornare<br />

alla luce. Bartók ha scritto queste ultime<br />

battute come parte di una revisione<br />

poco prima della sua morte. Le note finali,<br />

giubilanti, salgono nella stratosfera,<br />

salutandoci con un sonoro, affermativo,<br />

“Si!”. Bartók morirà di leucemia a New<br />

York il 26 settembre 1945.<br />

I COLORI DEL 79


Frank Sinatra<br />

Il ritorno di “The Voice”<br />

UN NUOVO CD “EVENTO”<br />

DELLA UNIVERSAL<br />

DOCUMENTA TRE<br />

CONCERTI, TOTALMENTE O<br />

PARZIALMENTE INEDITI, DI<br />

FRANK SINATRA, TENUTI FRA<br />

GLI ANNI 60 E 80. ED È COME<br />

SE IL RE DI LAS VEGAS FOSSE<br />

ANCORA FRA NOI.<br />

testo: Massimo Bargna<br />

80 I COLORI DEL<br />

Ol’ blue eyes è tornato. O per<br />

meglio dire non se n’è mai andato.<br />

Sì, perché il mito di Frank<br />

Sinatra, il più grande cantante<br />

pop e intrattenitore del XX secolo, ha avuto<br />

dei periodi di appannamento in vita ma<br />

non dopo la morte. Per celebrarne la grandezza<br />

gli eredi del suo lascito artistico, le<br />

figlie Nancy e Tina, hanno pubblicato il<br />

nuovo Cd triplo STANDING ROOM ONLY,<br />

testimonianze live di tre importanti della<br />

sua straordinaria carriera. Il titolo del cofanetto<br />

(corredato da un libretto fotografico)<br />

fa riferimento al “tutto esaurito” che<br />

caratterizzava molte delle esibizioni dal<br />

vivo di “The Voice”, tanto da costringere<br />

gli ammiratori ad accontentarsi dei posti<br />

in piedi, pur di non perdersi lo spettacolo.<br />

Il Sinatra che incontriamo qui non è l’idolo<br />

delle ragazzine degli esordi, fenomeno che<br />

generò una profonda isteria di massa, paragonabile<br />

alla beatlesmania. Non è nemmeno<br />

il Sinatra del rilancio che, negli anni<br />

50, inanellò per la Capitol una lunga serie<br />

di album indimenticabili, che hanno fatto<br />

la storia della musica americana. Questo<br />

lavoro si concentra sulla seconda metà<br />

della sua vicenda artistica, che cominciò<br />

all’inizio degli anni 60, quando abbandonò<br />

la Capitol per fondare la propria casa discografica,<br />

la Reprise Records: coraggiosa<br />

dichiarazione d’indipendenza che permise<br />

al cantante italo americano di ottenere<br />

il pieno controllo dei propri progetti artistici,<br />

sebbene ciò non coincise sempre con<br />

risultati qualitativi di alto livello. All’epoca<br />

Sinatra era anche il re di Las Vegas, l’uomo<br />

che insieme agli altri componenti del “Rat<br />

Pack” (soprattutto Dean Martin e Sammy<br />

Davis Jr.), faceva sì che schiere di ammiratori<br />

accorressero nella città del vizio per<br />

assistere ai suoi show o semplicemente<br />

per incontrarlo al tavolo da gioco.<br />

In quell’atmosfera unica, con bulli, pupe e<br />

gioco d’azzardo, si cala il live del primo Cd,<br />

registrato al Sands, il casinò di Las Vegas<br />

di cui Sinatra deteneva il 9% delle quote<br />

di proprietà. Si tratta di uno dei concerti<br />

nella leggendaria Copa Room, mentre<br />

l’orchestra di Count Basie alle sue spalle<br />

manda fuoco e fiamme con gli stupendi<br />

arrangiamenti di Quincy Jones. Una registrazione<br />

di questi spettacoli era stata già<br />

assemblata nel 1966 in SINATRA AT THE<br />

SANDS, l’unico suo live ufficiale pubblicato<br />

in vita, diventato un classico (i sinatrofili<br />

lo considerano il suo miglior live, insieme<br />

a LIVE IN AUSTRALIA del ’59 e LIVE IN<br />

PARIS del ’62). Qui ritroviamo, con una<br />

scaletta di canzoni simile ma più breve, la<br />

seconda esibizione del 28 gennaio 1996,<br />

per la prima volta nella propria interezza.<br />

Non mancano cavalli di battaglia come<br />

I’ve Got You Under My Skin, Fly Me To<br />

The Moon, Luck Be A Lady e You Make<br />

Me Feel So Young, oltre i brillanti monologhi<br />

a cui aveva abituato il pubblico. La<br />

performance è eccellente, dato che Frank<br />

è al meglio dal punto di vista canoro (nonostante<br />

un po’ di raucedine che però ben<br />

si addice all’atmosfera fumosa del locale).<br />

È evidente che Frank si trova nel suo ambiente<br />

ideale. A renderlo ancora più sicuro<br />

e disinvolto è la consapevolezza di poter<br />

contare su un’orchestra jazz che “spinge”<br />

a più non posso sui brani ritmici, più un<br />

pianista, Bill Miller, che nelle ballate contribuisce<br />

a stabilire la giusta atmosfera<br />

d’intimità con gli spettatori seduti ai tavoli.<br />

Anche la qualità della registrazione è superlativa,<br />

come lo era nel vinile del 1966.<br />

Count Basie riguardo al collega cantante,<br />

con cui registrò due dischi in studio, disse:<br />

“Sinatra è fantastico, una forza continua.<br />

Non c’è mai stato un solo momento<br />

di disaccordo. Alle prove sa esattamente<br />

cosa vuole e mi ha costretto veramente a<br />

lavorare, facendomi leggere più musica<br />

di quanto ne abbia letto negli ultimi anni.<br />

Mi godo ogni minuto di ogni show. Come


potrei perdere interesse, visto che mi sento<br />

come se dovessi pagare il coperto ogni<br />

sera?”. Complimento ricambiato da Sinatra<br />

che disse: “Lavorare con Basie e Quincy<br />

è stato probabilmente il più eccitante<br />

ingaggio della mia vita”.<br />

Il giudizio sugli altri due concerti del cofanetto<br />

è più sfumato, come lo è il giudizio<br />

sull’ultima parte della carriera di Sinatra.<br />

Nel 1971, dopo il fiasco dell’album WA-<br />

TERTOWN, Frank aveva deciso di ritirarsi.<br />

Lo aveva fatto con una teatrale uscita di<br />

scena nel Retirement Concert tenuto il 13<br />

giugno all’Ahmanson Theater di Los Angeles.<br />

Prima di volgere le spalle al pubblico<br />

e sparire dietro le quinte, aveva sussurrato<br />

l’ultimo verso di Angel Eyes: “Excuse me<br />

while I disappear...”. Difficile dire se si trattasse<br />

di un ritiro strategico, una mera operazione<br />

di marketing o se Sinatra avesse<br />

realmente capito che dopo più di trent’anni<br />

sulla cresta dell’onda era giunto il momento<br />

di mollare. Sta di fatto che a partire<br />

dal 1973 tornò ad esibirsi. Questa fase è<br />

documentata dal secondo Cd, il concerto<br />

allo Spectrum di Philadelphia del 7 ottobre<br />

1974. Frank non riusciva a stare lontano<br />

dal palco, questo è certo. Purtroppo i due<br />

anni di inattività (passati a fumare e a bere,<br />

oltre che a giocare a golf) non avevano<br />

giovato alla sua voce, diventata più scura<br />

e roca. Anche il controllo vocale non era<br />

più lo stesso ma a ciò sopperiva la consueta<br />

presenza scenica, unita a una maggiore<br />

espressività, frutto dell’età e dell’esperienza.<br />

All’epoca del rientro si era ormai lasciato<br />

alle spalle il periodo più turbolento della<br />

sua vita, i primi anni 50. In quel periodo la<br />

sua celebrità era colata a picco, si era imbarcato<br />

in una relazione, tanto passionale<br />

quanto distruttiva, con Ava Gardner. Aveva<br />

superato anche gli eccessi degli anni<br />

successivi, quando era tornato ad essere<br />

una star internazionale. E tuttavia l’allora<br />

sessantenne Sinatra, nonostante il decadimento<br />

fisico e la collezione di parrucchini<br />

che si portava sempre dietro, continuava a<br />

essere quello di una volta: perennemente<br />

inquieto e grande animale da palcoscenico.<br />

Allo Spectrum reinterpreta con vigore i<br />

vecchi successi (The Lady Is A Tramp, Ol’<br />

Man River, I Get A Kick Out Of You) con<br />

nuovi arrangiamenti e aggiunge qualche<br />

nuova chicca, come la malinconica Send<br />

In The Clowns. La grande hit My Way, che<br />

Sinatra non amava molto, era nel frattempo<br />

diventata l’acclamato pezzo di chiusura<br />

degli spettacoli.<br />

A completare il cofanetto è il concerto alla<br />

Reunion Arena di Dallas, Texas, del 24 ottobre<br />

1987. L’implacabile trascorrere del<br />

tempo si fa sentire eccome: non potrebbe<br />

essere altrimenti. Per i fan del Sinatra<br />

dei tempi d’oro, quello dalla voce flessibile<br />

e intonata, dal fraseggio ammaliante<br />

e dal caratteristico “legato” che conferiva<br />

un’impronta unica alle sue interpretazioni,<br />

sarà doloroso prendere atto di come<br />

la magia fosse scomparsa. Le corde vocali<br />

ormai non reggevano più. La voce<br />

era debole e incrinata, non solo nel canto<br />

ma anche nel parlato. Eppure, l’uomo in<br />

smoking che si aggirava col microfono<br />

sul palco, manipolando a suo piacimento<br />

gli umori del pubblico, di cui ha sempre<br />

avuto grande rispetto, è ancora lui, lo<br />

stesso di sempre, con la sua inesauribile<br />

energia e il suo enorme talento artistico.<br />

Per i più era ormai una specie di monumento<br />

nazionale ma, a ben guardare, nel<br />

candore del suo sorriso, si scorgeva ancora<br />

il ragazzo italo-americano che, a metà<br />

degli anni 30, si esibiva nei locali di Hoboken,<br />

la sua città natale nel New Jersey,<br />

sognando la gloria e il successo.<br />

I COLORI DEL 81


Kate Bush,<br />

Londra 1989.<br />

82 I COLORI DEL


Wall of Sound<br />

GUIDO HARARI È UNO POCHI FOTOGRAFI CHE È RIUSCITO<br />

A VIVERE NELLA MUSICA, ESPRIMENDONE LE EMOZIONI<br />

PIÙ INTENSE, SENZA FARSI STRANGOLARE DA QUEL<br />

MONDO. NON A CASO HA SAPUTO ALLARGARE I PROPRI<br />

ORIZZONTI FOTOGRAFICI OLTRE LA MUSICA, ANCHE SE NE<br />

RIMANE, INEVITABILMENTE, UN AMANTE APPASSIONATO…<br />

testo: Guido Bellachioma foto: Guido Harari<br />

info: www.wallofsoundgallery.com<br />

Nato il 28 dicembre 1952 in<br />

Egitto (Il Cairo), nei primi<br />

anni 70 comincia l’attività<br />

di giornalista e fotografo, e<br />

in poco tempo si fa apprezzare per la sua<br />

capacità di lettura della musica abbinata<br />

all’immagine. Le sue visioni hanno<br />

impreziosito le pagine di «Ciao 2001»,<br />

«Giovani», «Gong», «Rockstar», «Rock<br />

& Folk», «Mojo», «Linea Uomo», «Sette»,<br />

«Max», «King», «SportWeek», «L’Uomo<br />

Vogue». Ovviamente lavora anche a molte<br />

copertine, come quelle, tanto per citarne<br />

qualcuna di Kate Bush, Acqua Fragile,<br />

Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele,<br />

Bob Dylan, B.B. King, Mia Martini, Paul<br />

McCartney, Osanna, Klaus Schulze, Stomu<br />

Yamash’ta, Mauro Pagani, Michael<br />

Nyman, PFM, Banco, Lou Reed, Simple<br />

Minds e Frank Zappa, Soft Machine,<br />

Santana, Mia Martini, Fabrizio De André.<br />

Guido Harari ha conosciuto e fotografato<br />

i più grandi miti della musica, anche<br />

molto diversi tra loro: Fabrizio De<br />

André a Bob Dylan, Bob Marley, Vasco<br />

Rossi e Frank Zappa. Lou Reed ha detto<br />

di lui: “Sono sempre felice di farmi fotografare<br />

da Guido. So che le sue saranno<br />

immagini musicali, piene di poesia e di<br />

sentimento. Le cose che Guido cattura<br />

nei suoi ritratti vengono generalmente<br />

ignorate dagli altri fotografi. E poi un<br />

certo genere di immagini è possibile<br />

solo con una persona amica, non con un<br />

estraneo. Io considero Guido un amico,<br />

non un fotografo, ed è per questo che riesce<br />

a cogliere immagini come le sue”.<br />

Nel 2011 Guido e Cristina Pelissero hanno<br />

inaugurato ad Alba (Cuneo) la Wall<br />

Of Sound Gallery, colmando una lacuna<br />

nell’ambito del collezionismo fotografico<br />

in Italia. Con l’obiettivo di creare una<br />

specialissima capsula del tempo dove<br />

l’immaginario collettivo può riconnettersi<br />

con l’emozione visuale della musica e<br />

Guido<br />

Harari<br />

insieme<br />

a Brian<br />

Eno.<br />

«SENZA<br />

L’IMMAGINE<br />

SAREBBE<br />

IMPENSABILE POTER<br />

CAPIRE A FONDO<br />

LA MUSICA»<br />

GUIDO HARARI<br />

della sua cultura, Guido e Cristina hanno<br />

dato vita ad un luogo ideale per gli appassionati<br />

di musica e di fotografia, per collezionisti<br />

abituali e anche per chi vorrebbe<br />

muovere i primi passi in questo ambito.<br />

Tra fotografie di gran qualità delle icone<br />

leggendarie della musica e anche immagini<br />

meno conosciute o finora non disponibili,<br />

preziosi volumi in edizione limitata<br />

e manifesti d’epoca, la galleria è in grado<br />

di soddisfare qualunque esigenza anche<br />

per chi è alla ricerca di un regalo speciale<br />

per sé o per altri. Forte di un’esperienza<br />

più che quarantennale come fotografo,<br />

autore di libri e curatore di mostre, Guido<br />

ha ampliato i propri orizzonti procedendo,<br />

insieme a Cristina e alla grafica Anna<br />

Fossato, al restauro di archivi dimenticati,<br />

contribuendo a riaccendere l’interesse<br />

di pubblico e media per fotografi storici,<br />

come ad esempio Art Kane e Joe Alper,<br />

rendendo le loro incredibili immagini<br />

di nuovo o per la prima volta disponibili<br />

sul mercato. Rappresentando un numero<br />

sempre crescente di fotografi internazionali<br />

di chiara fama e la crema degli autori<br />

italiani del genere, Wall Of Sound Gallery<br />

è divenuta rapidamente il punto di riferimento<br />

per qualunque acquirente di fotografie<br />

musicali fine art. La galleria pubblica<br />

inoltre i suoi libri/cataloghi e cura/<br />

produce mostre per musei.<br />

Dal 29 giugno al 26 agosto la Galleria<br />

Nazionale dell’Umbria di Perugia ha allestito<br />

la mostra Wall of Sound con oltre<br />

100 foto di Guido Harari: corposo viaggio<br />

in cui perdersi letteralmente dentro<br />

visioni irresistibili.<br />

I primi passi<br />

Sin da piccolo ho amato le immagini<br />

che mi affascinavano sulle copertine dei<br />

dischi, specialmente degli artisti che più<br />

amavo musicalmente. Probabilmente mi<br />

sono avvicinato alla fotografia per riuscire<br />

ad entrare in contatto con loro. Allora<br />

questo sembrava possibile, oggi, probabilmente,<br />

a nessuno verrebbe in mente,<br />

I COLORI DEL 83


GUIDO HARARI<br />

visto che gli artisti sono sempre più lontani<br />

dai propri fan. Proprio questa passione<br />

profonda per la musica mi ha portato ad<br />

essere identificato specializzato in quel<br />

settore. Nel corso degli anni 90 sono riuscito<br />

ad aprirmi ad altri settori, come il<br />

ritratto, la pubblicità, la moda, il reportage,<br />

anche se non ho mai abbandonato il<br />

primo amore.<br />

Esperienza negli anni 70…<br />

Ho cominciato nel 1971-72, proponendo<br />

interviste e fotografie a storiche testate<br />

musicali come «Giovani» e «Ciao 2001».<br />

I miei modelli di riferimento erano l’americano<br />

«Rolling Stone» per le interviste,<br />

lunghe ed esaurienti, e il francese<br />

«Rock & Folk», all’epoca l’unico mensile<br />

di musica patinato con foto a colori del<br />

grande Jean-Pierre Leloir. Era tutto più<br />

semplice. I discografici ti ricoprivano dei<br />

vinili più pazzeschi, da Tim Buckley a<br />

Frank Zappa, da Captain Beefheart a Ry<br />

Cooder: nessun giornalista mainstream<br />

avrebbe degnato quegli artisti di un minimo<br />

di attenzione. Fu la fortuna di giornalisti<br />

come Riccardo Bertoncelli, Enzo<br />

Gentile e fotografi come me e Armando<br />

Gallo, invitati in tutto il mondo per interviste,<br />

foto e concerti incredibili.<br />

Poi mi trasferii per un periodo a Londra,<br />

quando, a causa dell’eccessiva politicizzazione<br />

dei concerti, i grandi gruppi smisero<br />

di esibirsi in Italia per diversi anni.<br />

Conobbi così Bob Marley, i Clash, i Police<br />

e tanti altri. In quegli anni realizzai anche<br />

le mie prime copertine di dischi: in Italia<br />

i primi due dischi di Gianna Nannini e<br />

all’estero una serie di copertine di Klaus<br />

Schulze, da MOONDAWN a MIRAGE e<br />

BODY LOVE.<br />

Sei stato per molti anni vicino a Fabrizio<br />

De Andé…<br />

Sono entrato in contatto con Fabrizio grazie<br />

a Franz Di Cioccio della Premiata Forneria<br />

Marconi. Nel 1979 doveva partire il<br />

tour Fabrizio/PFM, che sarebbe diventato<br />

Peter Gabriel,<br />

Sanremo 1983.<br />

84 I COLORI DEL


GUIDO HARARI<br />

leggendario, e io ne sono stato il fotografo<br />

ufficiale. La nostra collaborazione ventennale<br />

venne interrotta solo dalla sua<br />

morte. Nel 2008 io e Franz abbiamo realizzato<br />

il libro Fabrizio De André & PFM.<br />

Evaporati in una nuvola rock, che raccontava<br />

l’esperienza proprio di quei concerti<br />

insieme. In realtà fu il primo tour di<br />

De André, almeno come s’intende una serie<br />

di concerti rock, programmati poi con<br />

un gruppo storico come la PFM. Ovvio<br />

che ci fosse una enorme attenzione, sia da<br />

parte dei media che del pubblico. Il risultato<br />

artistico fu notevole, più importante<br />

di quello commerciale. Oggi sarebbe tutto<br />

militarizzato come organizzazione, mentre<br />

allora la divisione tra artisti e il pubblico<br />

era praticamente nulla. Mancavano<br />

persino i pass di servizio: ognuno doveva<br />

riconoscere tutti, altrimenti ci si sarebbe<br />

dovuto affidare agli odori personali. Certo<br />

era anche il periodo delle forti contestazioni,<br />

per quello tanti artisti stranieri non<br />

venivano in Italia, pure a Fabrizio e alla<br />

PFM ne toccò qualcuna ma non avevano<br />

certo paura. Sul palco viaggiavano che<br />

era una meraviglia, la loro unione era ormai<br />

consolidata anche dai molti concerti<br />

di un tour lungo. Il concerto del tre gennaio<br />

a Genova fu interamente ripreso dall’emittente<br />

televisiva Tivuesse e trasmesso,<br />

ma purtroppo se ne sono perse le tracce.<br />

Non ci siamo visti quanto mi sarebbe piaciuto<br />

perché nei suoi confronti provavo<br />

sempre un po’ di timore, forse dovuto alla<br />

sua profonda cultura, però ero riuscito a<br />

rompere un po’ della sua diffidenza verso i<br />

fotografi, forse perché mi ponevo in modo<br />

autentico e lui, probabilmente, riconosceva<br />

questa sincerità nei miei scatti. Certo<br />

non è stato facile fotografare “oltre” il<br />

palcoscenico come avrei voluto. Fabrizio<br />

dormiva sempre fino a tardi, arrivava per<br />

le prove e dopo il concerto scappava via<br />

con l’autista.<br />

Francesco Di Giacomo /Marcello Todaro –<br />

Banco del Mutuo Soccorso, Genova 1973.<br />

«LA BELLEZZA DI<br />

POTER SCAMBIARE<br />

EMOZIONI AL<br />

DI FUORI DELLA<br />

FOTOGRAFIA DA<br />

REALIZZARE È<br />

STATO UN VERO E<br />

PROPRIO REGALO<br />

DELLA VITA»<br />

GUIDO HARARI<br />

Quale era la tua attrezzatura e cosa usi<br />

oggi, come si è trasformata la fotografia<br />

dalla pellicola al digitale?<br />

Lo sguardo, la capacità di leggere la realtà<br />

e “vedere” il prossimo, non è cambiato nel<br />

passaggio dall’analogico al digitale. Oggi<br />

però si scatta a costo zero, e questo purtroppo<br />

va a detrimento del pensiero che<br />

dovrebbe essere alla base di ogni immagine.<br />

Agli inizi ho usato delle Pentax ES,<br />

che avevo visto in mano ai Beatles, poi<br />

sono passato alle Nikon FE e FE2 per il<br />

formato 35 mm, soprattutto ai concerti. In<br />

studio usavo una Hasselblad per il medio<br />

formato e le copertine di dischi, sostituita<br />

in seguito da una Mamiya RZ6x7. Con<br />

l’avvento del digitale mi sono spostato su<br />

Canon EOS Mark II e, ultimamente, su<br />

Leica V-Lux.<br />

…gli artisti con cui sei più entrato in sintonia?<br />

In Italia con Mia Martini, PFM, Fabrizio<br />

De André, Pino Daniele, Branduardi, Finardi,<br />

Vinicio Capossela, Vasco Rossi.<br />

All’estero con Lou Reed, Laurie Anderson,<br />

Kate Bush, Peter Gabriel, Joni Mitchell,<br />

Frank Zappa, Simple Minds. Ho<br />

imparato ad apprezzare Joni Mitchell per<br />

la profondità dell’autoanalisi nei suoi testi,<br />

che abbina alla musica in modo sublime.<br />

Probabilmente la prima artista femminile<br />

a rendere così manifesto il proprio<br />

percorso di crescita attraverso le canzoni<br />

composte e incluse nei suoi album. Da<br />

BLUE a MINGUS il viaggio è notevole,<br />

ma ne potrei citare altri e il risultato non<br />

cambierebbe. La bellezza di poter scambiare<br />

emozioni al di fuori della fotografia<br />

da realizzare è stato un vero e proprio<br />

regalo della vita. Anche con Lou Reed, il<br />

cui percorso personale era decisamente<br />

più difficile e lo aveva reso più riservato,<br />

il rapporto è stato molto intenso. Abbia-<br />

I COLORI DEL 85


GUIDO HARARI<br />

mo condiviso la passione per la musica e<br />

per la vita, vivendo nel presente e non nel<br />

passato. Ogni artista ama catapultarsi in<br />

avanti, immaginare aperture nuove per la<br />

sua forma d’arte, e io ho scelto di non fare<br />

mai riferimento al loro glorioso passato.<br />

Questo, forse ancor più delle mie foto, ha<br />

creato una sintonia unica.<br />

Fotografare dal vivo e in studio…<br />

Il grande Art Kane, uno dei miei maestri,<br />

considerava la fotografia live una perdita<br />

di tempo. Per lui era cruciale “possedere”<br />

il soggetto delle sue foto, in maniera totale<br />

ed esclusiva. Per me il live è importantissimo<br />

perché ti permette di studiare<br />

a fondo la gestualità dell’artista e allenare<br />

il tuo sguardo a funzionare come una<br />

seconda natura. Il che ci porta al discorso<br />

del ritratto, a un’indagine intima dell’altro,<br />

sia esso musicista o altro. Per anni ho<br />

montato il mio studio portatile in alberghi,<br />

sale d’incisione, sottoscala, palasport, camerini<br />

e perfino parcheggi, pur di ritrarre<br />

i musicisti che amavo. L’ho fatto con gioia<br />

e costanza, anche solo per scattare in una<br />

manciata di secondi. Ne valeva la pena.<br />

Da tempo però preferisco rinunciare a<br />

occasioni così precarie, per concentrarmi<br />

sul soggetto con tutto il tempo possibile a<br />

disposizione.<br />

Il ruolo dell’immagine nella musica…<br />

Totale! Senza l’immagine sarebbe impensabile<br />

poter capire a fondo la musica,<br />

qualsiasi musica. È stato così inizialmente<br />

per il jazz: pensa alle fotografie di Gjon<br />

Mili, William Claxton, Herman Leonard,<br />

Jim Marshall. Ascoltavi Charlie Parker<br />

o Thelonious Monk, avendo negli occhi<br />

quei completi gessati fuori taglia, il fumo<br />

dei locali, il sudore, e la discriminazione<br />

razziale, ovviamente. E poi, nel rock,<br />

Hendrix e la chitarra incendiata a Monterey<br />

nel 1967, le chitarre spaccate dagli<br />

Who, il festival di Woodstock… e ancora<br />

il punk degli anni 70. Per non dire della<br />

grafica per copertine di dischi e manifesti,<br />

dalla psichedelia al progressive, da Rick<br />

Griffin a Roger Dean (Yes, Gentle Giant),<br />

Paul Whitehead (Genesis) e Hipgnosis<br />

(Pink Floyd, Peter Gabriel, Led Zeppelin).<br />

I tuoi gusti musicali negli anni 70 e<br />

oggi. Cosa ti rimane della musica di<br />

quel periodo?<br />

I miei gusti sono un caleidoscopio in<br />

costante evoluzione. Ho amato e amo<br />

tutt’ora Marvin Gaye e Peter Gabriel,<br />

Nina Simone e Cocteau Twins, Zappa e<br />

Nusrat Fateh Ali Khan, Leonard Cohen e<br />

Radiohead. Ma, come sosteneva Jaco Pastorius,<br />

la musica è arcobaleno puro, nessun<br />

confine. La musica è il massimo paradigma<br />

di inclusività (una volta si usava<br />

il termine “contaminazione”): una lezione<br />

civile, prim’ancora che artistica.<br />

Pink Floyd,<br />

Londra 1977.<br />

86 I COLORI DEL


GUIDO HARARI<br />

Patti Smith<br />

I COLORI DEL 87


L’uomo<br />

del vinile<br />

ha detto sì!<br />

LA SONY MUSIC ITALIA NEL CORSO DEGLI ULTIMI ANNI<br />

HA AVUTO GRANDE CURA DEL PROPRIO CATALOGO,<br />

CHE PUÒ CONTARE SU ETICHETTE CHE HANNO FATTO<br />

LA STORIA DELLA MUSICA, ITALIANA E INTERNAZIONALE.<br />

INTERVISTIAMO IL CURATORE PRINCIPALE DEL NUOVO<br />

CORSO DEL VINILE IN SONY, COMPRESA LA COLLANA,<br />

CHE A NOI INTERESSA PARTICOLARMENTE, A 24BIT/192<br />

KHZ: PAOLO MAIORINO<br />

testo: Guido Bellachioma<br />

Steve<br />

Hackett<br />

Come arrivi alla discografia e<br />

qual è il tuo ruolo oggi?<br />

Provengo dal giornalismo<br />

musicale e sono entrato in<br />

discografia nel 1992. Inizialmente ho lavorato<br />

in Emi, nel 1995 sono passato alla<br />

Columbia e nel 2000 alla Bmg-Ricordi.<br />

Sono andato sotto l’ombrello Sony intorno<br />

al 2004, quando ha inglobato la BMG.<br />

Nella mia carriera mi sono occupato di<br />

repertorio italiano ed internazionale, sia<br />

marketing che promozione; dal 2011<br />

sono a capo della divisione catalogica di<br />

Sony Music. Le mie aree di competenza<br />

sono estese all’immenso catalogo Sony,<br />

dato che ha una marea di etichette, tra<br />

cui mi piace ricordare Epic, Columbia,<br />

RCA, Ricordi, Cramps, Numero Uno.<br />

Quanto è importante la musica ancora<br />

oggi nella sua vita?<br />

La musica per me vale veramente tanto,<br />

tantissimo. È la mia passione prima di<br />

tutto, diventata lavoro e professione gra-<br />

Da sinistra: Nicola Di Già,<br />

Tony D’Alessio, Vittorio Nocenzi,<br />

Marco Capozi, Fabio Moresco,<br />

Filippo Marcheggiani.<br />

88 I COLORI DEL


zie anche agli studi effettuati negli Stati<br />

Uniti nella seconda metà degli anni 80.<br />

Sono entrato nel mondo della musica<br />

come appassionato consumatore in età<br />

giovanissima, visto che già a nove anni<br />

acquistavo i miei primi 45 giri; mentre<br />

lavorativamente ho iniziato a 20 anni.<br />

Motivo per cui mi sento di dire a pieno<br />

titolo: una vita per la musica.<br />

Ho avuto la fortuna di conoscere la musica<br />

attraverso i vinili prima e i Cd dopo,<br />

naturalmente ho seguito la parabola<br />

che la tecnologia ha comportato. Adesso<br />

con la riscoperta del supporto in vinile<br />

provo una sensazione di flashback,<br />

che ovviamente stimola in me la curiosità<br />

di riscoprire e far riscoprire tesori<br />

del passato.<br />

Quanto è significativo oggi il vinile nel<br />

mercato odierno, non solo a livello di<br />

numeri?<br />

Il mercato del vinile è in costante ascesa<br />

ed è oggi una splendida realtà. Costituisce<br />

il 20-25% del mercato fisico ed è un dato<br />

destinato a crescere, anche considerando<br />

il declino del supporto digitale. Nell’ottica<br />

generale delle quote di mercato il vinile<br />

ha preso idealmente il posto del downloading,<br />

che a sua volta è stato spazzato via<br />

dallo streaming. Poteva essere interpretato<br />

come un fenomeno passeggero e legato<br />

alla riscoperta del vintage, ma il tasso di<br />

crescita, verticale e costante, testimonia<br />

che in realtà è ben più un momento occasionale.<br />

In paesi come la Svezia, nazione<br />

madrina di Spotify, costituisce il 7% del<br />

mercato complessivo, quando il restante<br />

93% è rappresentato proprio dallo streaming.<br />

Sono dati importanti, che fanno<br />

riflettere. In Italia già da qualche tempo<br />

è stata istituita una classifica ufficiale dei<br />

vinili, composta di 20 posizioni. È un altro<br />

segnale di quanto e come il supporto vinile<br />

stia incidendo sul mercato discografico.<br />

Sul lato produttivo per noi è stato un cambiamento<br />

notevole, che ha comportato<br />

un riassetto totale della filiera di lavoro.<br />

Abbiamo stilato una tabella di marcia su<br />

base biennale, che prevede la ristampa di<br />

tutta una serie di titoli del repertorio italiano<br />

iconico degli anni 60, 70 ed 80, ma<br />

anche cose più recenti; senza considerare<br />

la mole di prodotto di artisti internazionali<br />

che ci arrivano dagli Stati Uniti e<br />

dall’Inghilterra, che si basano per la maggior<br />

parte su produzioni a 180 grammi e<br />

spesso in pasta colorata. Come business<br />

è indubbiamente un cambio significativo,<br />

che sta vivendo la nascita di nuove<br />

aziende e fabbriche in Italia ed in Europa,<br />

perché il fenomeno è ampiamente esteso<br />

a tutto il Vecchio Continente.<br />

Come nasce l’operazione vinile a 192<br />

kHz e come si è sviluppata? Quali sono<br />

gli artisti che in questo campo ti hanno<br />

dato più soddisfazioni? Nel senso che<br />

sono stati recepiti meglio dagli addetti ai<br />

lavori e dal pubblico?<br />

Nasce da una precisa esigenza di qualità.<br />

La rinascita del vinile inizialmente era<br />

Maiorino e<br />

De Gregori<br />

«LA RISCOPERTA DEL VINILE È LA MOLLA<br />

CHE GIUSTA PER RIPORTARE IN VITA<br />

CAPOLAVORI DEL PASSATO, OLTRE A<br />

SCOPRIRE MOLTE COSE DEL PRESENTE»<br />

legata alla riproduzione delle lacche, non<br />

utilizzavamo i master analogici originali,<br />

bensì le copie digitali, che nel frattempo<br />

venivano utilizzate per stampare i Cd.<br />

Dunque, almeno all’inizio, non c’era reale<br />

differenza di suono tra i due supporti. Ma<br />

il vinile doveva tornare a vivere nella sua<br />

dimensione originale. E per farlo doveva<br />

restituire agli appassionati quel calore<br />

che solo una riproduzione fedele, tratta<br />

dall’analogico, poteva dare. Da lì nasce l’idea<br />

di ulteriormente migliorare la qualità<br />

con il 24 bit/192 kHz, perché, di fronte al<br />

dilagare degli mp3 e della fruizione della<br />

musica spesso da mobile, abbiamo deciso<br />

al contrario di puntare su una qualità<br />

mai raggiunta prima. I media e il pub-<br />

I COLORI DEL 89


PAOLO MAIORINO<br />

Sons of<br />

apollo<br />

blico hanno dimostrato di apprezzare<br />

oltre ogni più rosea previsione questa<br />

iniziativa: una soddisfazione enorme,<br />

concepita e realizzata da appassionati<br />

per la fruizione di altri appassionati. La<br />

qualità sonora espressa da MASTERS di<br />

Lucio Battisti ha probabilmente espresso<br />

un nuovo parametro in Italia, regalandoci<br />

un Battisti nuovo, più caldo e profondo. E<br />

da lì siamo passati a TU CHE MI ASCOL-<br />

TI INSEGNAMI di Fabrizio De André e<br />

COME È PROFONDO IL MARE di Lucio<br />

Dalla. Tutti e tutto con la qualità, inconfondibile<br />

ed a questo punto irrinunciabile,<br />

del 24 bit/192 kHz. Un livello qualitativo<br />

a cui prima i media poi gli appassionati<br />

si sono velocemente abituati.<br />

Quali sono i progetti futuri in questo<br />

settore ?<br />

È logico che per proseguire su questa<br />

strada dobbiamo poter disporre dei master<br />

originali. Per questo motivo stiamo<br />

andando regolarmente in Germania, dove<br />

tutto l’immenso archivio di Sony Music è<br />

conservato. Nella maggior parte dei casi<br />

i master sono stati ritrovati e rigenerati;<br />

purtroppo in alcuni, per fortuna pochi<br />

casi sporadici, sono risultati smarriti o<br />

90 I COLORI DEL<br />

«UN ADEGUATO<br />

IMPIANTO HI FI<br />

PUÒ FAR RENDERE<br />

AL MEGLIO<br />

QUALSIASI<br />

VINILE»<br />

danneggiati. Stiamo procedendo per priorità,<br />

concentrando la nostra attenzione<br />

sui cataloghi di Lucio Battisti, Fabrizio De<br />

André, Rino Gaetano, Francesco De Gregori,<br />

Lucio Dalla. Ma è solo questione di<br />

tempo arrivare anche agli altri.<br />

C’è poi un capitolo a parte dedicato al<br />

prog italiano degli anni 70. Pfm, Banco,<br />

Trip, Rovescio della Medaglia, i classici<br />

della Cramps, dagli Aerea ad Arti & Mestieri,<br />

poi Demetrio Stratos e tanti altri…<br />

Quindi nel momento in cui la musica liquida<br />

e lo streaming sembrano ormai<br />

killer del Cd il vinile “rilancia”?<br />

Come detto prima il vinile si è ritagliato<br />

il suo spazio ed è ovviamente oggetto<br />

da collezione e di qualità. Però sarebbe<br />

errato pensare che sia un supporto<br />

destinato a fasce d’età alte. Le nuove<br />

generazioni stanno scoprendo per la<br />

prima volta questo fantastico supporto,<br />

dimostrando di apprezzarlo molto.<br />

E poi c’è da dire che c’è stato un decennio<br />

intero, a cavallo tra gli anni 90 ed i<br />

primi 2000, dove un numero consistente<br />

di titoli non furono mai realizzati in<br />

vinile. E naturalmente stiamo pensando<br />

anche a quelli. In assoluto non credo sia<br />

corretto demonizzare la musica liquida,<br />

sebbene io sia un accanito sostenitore<br />

del “fisico”. Cambiano le generazioni. La<br />

tecnologia inevitabilmente influenza la<br />

fruizione della musica, ma i due mondi<br />

possono tranquillamente coesistere.<br />

Il vinile sembra avere le carte in regola<br />

per continuare a crescere ed affermarsi<br />

sul mercato italiano cosi come in quello<br />

Europeo. I prossimi due anni saranno<br />

ovviamente di vitale importanza per legittimare<br />

queste aspirazioni.<br />

Ascolti musica a casa con un impianto<br />

hi fi?<br />

Assolutamente sì. Ascolto musica in<br />

prevalenza da supporto vinile. Il suo


PAOLO MAIORINO<br />

suono caldo si lascia sempre preferire.<br />

Detto questo non mi considero un talebano.<br />

A mio avviso lo streaming e la<br />

musica liquida in generale, che la tecnologia<br />

ci ha portato, sono solo un modo<br />

diverso di fruire quel fantastico tesoro<br />

che è la musica. Ed i due mondi possono<br />

tranquillamente andare avanti insieme.<br />

Nella discografia continuerò strenuamente<br />

ad impegnarmi nel lavoro di ricerca<br />

e riscoperta del nostro patrimonio,<br />

che mi piace pensare sia culturale prima<br />

ancora che artistico. Tra l’altro anche<br />

nelle autovetture prodotte negli ultimi<br />

due tre anni stanno sparendo i lettori<br />

Cd a vantaggio delle connessioni wi-fi e<br />

bluetooth. È solo uno specchio dei tempi<br />

che cambiano, ma è logico pensare che<br />

all’interno delle mura domestiche un<br />

buon impianto hi fi resti la fonte più autorevole<br />

per l’ascolto della musica.<br />

È logico che ci siano degli artisti che su<br />

vinile rendano più di altri. Mi viene in<br />

mente Rino Gaetano, i cui collezionisti<br />

si contendono ogni nuova release. Ma ci<br />

sono anche delle chicche, come i picture<br />

disc di Raffaella Carrà che esauriscono<br />

le nuove tirature in pochi giorni. Ci sono<br />

poi le nicchie di mercato, che in realtà<br />

hanno mantenuto sempre un flusso di<br />

vinile costante nel tempo. Parlo del jazz,<br />

dell’heavy metal, del blues e, appunto,<br />

del prog. Da un paio d’anni abbiamo<br />

comprato l’etichetta tedesca Century<br />

Media, che per ogni sua release, al ritmo<br />

di circa 6-7 titoli a settimana pubblica sia<br />

la versione Cd che vinile, spesso in edizioni<br />

particolarmente lussuose e costose.<br />

La Inside Out, label di prog moderno<br />

di Century Media ha pubblicato nel corso<br />

di questi anni gruppi fortunati come i<br />

Sons of Apollo di Mike Portnoy, i Kaipa,<br />

Spock’s Beard, Beardfish, Transatlantic,<br />

ma anche i dischi solisti di tre grandissimi<br />

chitarristi, tutti curiosamente di<br />

nome Steve: Hackett, ex Genesis, Howe,<br />

ex Yes, e Rothery, mente dei Marillion.<br />

Ecco tre perfetti esempi di successo di<br />

vendita in supporto vinile. Senza considerare<br />

che la Inside Out ha avuto il coraggio<br />

di volgere la propria attenzione<br />

ai grandi gruppi del passato, tuttora in<br />

attività, come gli americani Kansas o gli<br />

italiani PFM, tornati ad incidere un nuovo<br />

album di brani inediti, EMOTIONAL<br />

TATTOS, 11 anni dopo lo strumentale<br />

STATI D’IMMAGINAZIONE.<br />

E sono felice di poter anticipare il solido<br />

e concreto interesse della stessa etichetta<br />

anche per il potenziale nuovo album concept<br />

del Banco del Mutuo Soccorso. Potrebbe,<br />

ed è davvero d’obbligo utilizzare<br />

il condizionale, vedere la luce nel 2019.<br />

Il titolo è TRANSIBERIANA. Restando in<br />

Italia Lucio Battisti e Fabrizio De André<br />

la fanno da padroni, insieme a Rino Gaetano,<br />

ma anche Francesco De Gregori,<br />

Lucio Dalla e Ivano Fossati restano tra le<br />

discografie più apprezzate su vinile.<br />

Steve<br />

Rothery<br />

I COLORI DEL 91


Rory Gallagher:<br />

una storia Rock’n’Blues<br />

RICORDIAMO IL CHITARRISTA IRLANDESE NEL 40ENNALE<br />

DELL’ALBUM PHOTO-FINISH, UNO DEI SUOI MIGLIORI<br />

LAVORI. RILEGGIAMO INSIEME L’INTERVISTA CHE IL<br />

GIORNALISTA MARK STEVENS GLI FECE IL 1° DICEMBRE<br />

1978, PUBBLICATA NEL NUMERO DI FEBBRAIO 1979 DA<br />

TRIAD, RIVISTA DI LOS ANGELES.<br />

Rory Gallagher nasce a<br />

Ballyshannon (2 marzo<br />

1948), quasi sul confine<br />

tra la Repubblica d’Irlanda<br />

e il Nord Irlanda, più vicino<br />

a Belfast che a Dublino, anche se<br />

cresce a Cork. Muore a soli 47 anni<br />

al King College Hospital di Lon-<br />

dra (14 giugno 1995) in<br />

seguito alle complicazioni<br />

per il trapianto del fegato, dovuto ai<br />

problemi creati dall’alcolismo. Il chitarrista<br />

dallo strumento volutamente scrostato<br />

(Stratocaster Sunburst del 1961,<br />

numero di serie 64351, acquistata usata<br />

per 100 sterline al Crowley’s Music<br />

Center di Cork) ha avvicinato il rock al<br />

blues con purezza d’intenti, raramente<br />

riscontrabile in altri artisti, pure più<br />

celebrati, prima coi Taste (1966-1970)<br />

poi da solista. Aveva notevole tecnica,<br />

aggressiva e sofisticata, supportata da<br />

una voce sofferta e tagliente. Nel 1972<br />

la rivista Melody Maker lo incorona miglior<br />

chitarrista dell’anno, al secondo posto<br />

un certo Eric Clapton. Ancora oggi è<br />

considerato uno degli eroi più splendenti<br />

della sei corde, sia dal pubblico che dalla<br />

critica e dai colleghi. Joe Bonamassa,<br />

forse il chitarrista rock-blues più popolare<br />

al momento, non ha mai nascosto il<br />

profondo amore per lui; in concerto esegue<br />

a volte brani di Rory, tra cui Cradle<br />

Rock da TATTOO, potente rock blues,<br />

che evidenzia le radici di Bonamassa,<br />

molto vicine al blues revival europeo. Il<br />

21 ottobre 2011 Sandi Thom, cantante<br />

scozzese e ragazza di John, invita Donal<br />

e Dan Gallagher, rispettivamente fratello<br />

e figlio di Rory, al concerto di Bonamassa.<br />

Loro gli portano la leggendaria<br />

Stratocaster al London Hammersmith<br />

Apollo per suonare proprio Cradle Rock:<br />

ripeteranno il gesto il 30 marzo del 2013<br />

TOP ALBUM TASTE<br />

ON THE BOARDS (1970)<br />

TOP ALBUM GALLAGHER<br />

RORY GALLAGHER (1971),<br />

DEUCE (1971),<br />

BLUEPRINT (1972),<br />

TATTOO (1973),<br />

IRISH TOUR ‘74/LIVE (1974),<br />

CALLING CARD (1976),<br />

PHOTO-FINISH (1978),<br />

FRESH EVIDENCE (1990)<br />

In alto a sinistra Rory Gallagher a Manchester nel 1977.<br />

Sopra la copertina di PHOTO-FINISH.<br />

92 I COLORI DEL


Rory nel backstage<br />

all’Ulster Hall, Belfast,<br />

6 gennaio 1979.<br />

«ALCUNI<br />

MI VEDONO COME<br />

L’ULTIMO CROCIATO<br />

DEL BLUES PERCHÉ<br />

MI COMPORTO A MODO<br />

MIO, FREGANDOMENE<br />

DELLE REGOLE»<br />

RORY GALLAGHER<br />

alla Royal Albert Hall. Bonamassa ricorda<br />

quei momenti: “Amavo Rory. Da<br />

ragazzo rimasi impressionato da Cradle<br />

Rock. Pensai: Voglio essere così da<br />

grande. Guardavo le foto sui suoi album:<br />

sembrava uno dei ragazzi che lavorava<br />

nella fabbrica di mio padre. Aveva l’atteggiamento<br />

del working class hero. Un<br />

giorno Sandi, mi ha detto che mi avrebbe<br />

fatto il regalo di compleanno e di Natale<br />

insieme. Non avevo idea di cosa intendesse!<br />

Poi mi ha rivelato che Donal mi<br />

avrebbe portato la Stratocaster di Rory<br />

per suonarla. Ricordo di aver pensato: mi<br />

stai prendendo in giro? Invece era vero.<br />

Nel camerino ho trascorso un paio d’ore a<br />

guardarla: mi sembrava di stare insieme<br />

a Rory. Ho cambiato le corde, probabilmente<br />

era la seconda volta dalla sua morte.<br />

Poi l’ho collegata e iniziato a suonarla.<br />

Immediatamente ero in modalità Rory.<br />

Le armoniche, la sensazione di tenerla al<br />

collo. Era una grande chitarra, soprattutto<br />

era la SUA chitarra: prenderla in mano<br />

è stato il momento più bello che ho vissuto<br />

da fan. Lui ha suonato così tanto quello<br />

strumento che i contorni sono rovinati in<br />

molti punti. Potevo quasi percepire dove<br />

si erano posate le sue mani. È stato commovente.<br />

Avrei voluto suonarla tutta la<br />

notte, invece ho dovuto passare a una Les<br />

Paul per le mie altre canzoni”.<br />

Dal vivo Rory Gallagher era una potenza<br />

della natura e il pubblico ne era letteralmente<br />

affascinato, dall’inizio coi Taste<br />

(con cui suonò davanti a una folla oceanica<br />

all’edizione 1970 del festival dell’isola<br />

di Wight) alla fine nei club più piccoli.<br />

Eppure non era mai soddisfatto delle<br />

proprie performance, come testimoniato<br />

dal suo bassista Gerry McAvoy (poi nei<br />

Nine Below Zero): “Non discutevamo mai<br />

a proposito di quello che avremmo suonato.<br />

Rory semplicemente lanciava i brani<br />

senza avvertire: serviva l’aiuto di Dio<br />

se tu non eri pronto. Ogni performance<br />

era al massimo, proprio al limite, spesso<br />

ai confini del disastro. E noi alla fine lasciavamo<br />

il palco, dopo il terzo o il quarto<br />

bis, esausti e fradici di sudore, tra i rumorosi<br />

applausi dei fan, adoranti ed esausti<br />

anch’essi. Ma, qualsiasi fosse la reazione,<br />

era raro per lui essere veramente soddisfatto<br />

dell’esibizione”.<br />

Nel 2017 la Chinaski Edizioni ha pubblicato<br />

Il bluesman bianco con la camicia a<br />

quadri, primo libro italiano su Rory Gallagher,<br />

scritto da Fabio Rossi.<br />

I COLORI DEL 93


RORY GALLAGHER<br />

Locandina programmazione del Piper 2000 di Viareggio,<br />

estate 1972.<br />

The Venue,<br />

Londra, 1980.<br />

«CONOSCO TUTTI I TIPI DI BLUES... QUELLO<br />

DELLA CAROLINA, DI CHICAGO, DEL DELTA,<br />

IL RAGTIME BLUES, PERÒ AMO EDDIE<br />

COCHRAN, DJANGO REINHARDT O IL<br />

FLAMENCO. NON CREDO SIA SBAGLIATO»<br />

RORY GALLAGHER<br />

Come mai suoni allo Starwood Ballroom<br />

e non in una grande sala davanti ad un<br />

pubblico più vasto?<br />

Se avessi voluto avrei potuto suonare al<br />

Civic o allo Shrine. Questo tour è nato per<br />

i club, anche se qualcuno potrebbe pensare<br />

che sia dovuto a un calo di popolarità,<br />

ma non è così. Volevo solo andare nei<br />

club senza essere coinvolto in un grande<br />

guazzabuglio di concerti con Aerosmith<br />

e simili, cosa successa precedentemente.<br />

Volevo ritornare all’essenzialità della<br />

musica, vivere la mia musica nei piccoli<br />

posti per divertirmi. È una sensazione<br />

grandiosa, soprattutto ora con la nuova<br />

formazione. È dura suonare due volte a<br />

notte, perché non è per 45 minuti bensì<br />

per due o tre ore. È stato fantastico all’<br />

Elmer Campbell di Torontoe e al Bottom<br />

Line di New York per un paio di notti.<br />

Questo contatto diretto con la gente ti rimette<br />

coi piedi per terra. Ma la prossima<br />

il tour sarà più grande.<br />

Che cosa hai fatto negli ultimi due anni?<br />

Sei stato via per tanto tempo rispetto al<br />

tuo solito.<br />

Avevo pensato di pubblicare un album<br />

entro il primo gennaio 1978, infatti sono<br />

stato in studio l’anno scorso. Pensavo<br />

davvero che ci sarei riuscito, però mi<br />

sbagliavo. Ho lavorato duramente per<br />

riuscirci ma le cose si sono complicate<br />

in studio. Ho dovuto tornarci per un altro<br />

paio di settimane, in modo da incidere<br />

ancora. Non è servito a catturare la scintilla<br />

giusta: ho perso altri tre mesi in sala.<br />

Ad ogni modo ero stufo della situazione<br />

anche se quel lavoro mi costava una fortuna.<br />

Alla fine ho letteralmente rottamato<br />

l’album. Non avrei mai pensato che<br />

succedesse una cosa simile, c’era anche<br />

molta pressione per pubblicarlo ma non<br />

ero soddisfatto della qualità delle canzoni,<br />

anche se circa la metà sono finite<br />

nel nuovo. Proprio mentre il 33 giri stava<br />

per essere stampato ho preferito cancellare<br />

tutto. Intorno a febbraio mi sono<br />

rotto il pollice destro. Non riesco ancora<br />

a piegarlo completamente ma posso<br />

suonarci. Per sei settimane ho dovuto<br />

medicarmi e cancellare un tour tedesco.<br />

Ora il mio pollice è migliorato e mi ha<br />

permesso di effettuare un tour inglese.<br />

In estate, mentre mi stavo preparando a<br />

incidere nuovamente, ho deciso di cambiare<br />

la formazione della band dopo sei<br />

anni. Ho preso Ted McKenna alla batteria<br />

(The Sensational Alex Harvey Band,<br />

Greg Lake, Gary Moore, The Michael<br />

Schenker Group, Ian Gillan), eliminato le<br />

tastiere e sono andato in studio. Trovare<br />

un nuovo batterista è stato difficile. Non<br />

mancano i bravi musicisti a Londra ma<br />

molti non sentono il ritmo e il blues. Possono<br />

suonare indifferentemente come<br />

Billy Cobham o musica da discoteca.<br />

Sono stato fortunato nel trovarlo all’ultimo<br />

momento. Stavo effettuando audizioni<br />

ai batteristi quando l’ingegnere<br />

con cui lavoravo nello studio di Londra<br />

lo ha chiamato. Ci siamo subito presi. È<br />

venuto in tour e abbiamo inciso l’album<br />

in quattro settimane in Germania. Abbiamo<br />

lasciato lo studio di Londra perché<br />

non c’era l’atmosfera adatta. Londra<br />

è una grande città e, considerando tutti<br />

i casini che erano accaduti, avevo ca-<br />

94 I COLORI DEL


RORY GALLAGHER<br />

pito che mi sarebbe piaciuto lavorare ai<br />

Dierks Studios in Germania. Un piccolo<br />

villaggio, solo un hotel e due bar. Non<br />

dovevo guidare per andare in studio, dovevo<br />

solo alzarmi la mattina e camminare<br />

fino alla sala di registrazione.<br />

Lo studio è buono tecnicamente?<br />

Perfetto e ha 24 tracce, è situato a 13<br />

chilometri da Colonia. Abbiamo portato<br />

Alan O’Duffy, ingegnere irlandese che<br />

ha lavorato in Venus and Mars (Paul Mc-<br />

Cartney), Let it Bleed (Rolling Stones) e<br />

in molti lavori dei Kinks. Tutto eccezionale:<br />

posto e band. Abbiamo aggiunto<br />

alcune nuove canzoni e risistemato le<br />

altre. Tutto ha funzionato.<br />

Quali sono le nuove canzoni di PHO-<br />

TO-FINISH e cosa succederà a quelle che<br />

hai scartato?<br />

Mi piacciono ancora quelle, però mi<br />

sono reso conto che avevo scritto molto<br />

materiale dopo quelle sedute di registrazione,<br />

secondo me più in sintonia con<br />

alcune delle più vecchie. Le nuove canzoni<br />

sono così immediate: Shadow Play,<br />

Shin Kicker, The Last of the Independents<br />

e Cloak and Dagger. Le superstiti<br />

dal precedente sono Mississippi Sheiks,<br />

Brute Force And Ignorance, Fuel to the<br />

Fire e Cruise On Out. Ne sono rimaste<br />

fuori quattro. Quindi siamo tornati dal<br />

vivo: sei settimane in Europa, il miglior<br />

tour europeo in cui abbia mai lavorato. È<br />

stato molto divertente andare sul palco<br />

dopo i molti alti e bassi. Quando ti guardi<br />

indietro ti accorgi che del 1977 in fondo<br />

non erano proprio alti e bassi, ma a quel<br />

tempo lo sembravano davvero. Pensavo<br />

che la gente avrebbe detto: dove diavolo<br />

è l’album? Non sai più scrivere canzoni?<br />

Cosa c’è che non va in te? A volte vale la<br />

pena rifare qualcosa. Devi essere soddisfatto<br />

fino in fondo.<br />

Recentemente hai lavorato sulla tua voce<br />

con lezioni o altro?<br />

Per un periodo ho inciso troppi album e<br />

troppo velocemente. Questa volta ci ho<br />

messo due anni: un lavoro pesante, oltre<br />

a un sacco di concerti. Nel corso degli<br />

anni diventi più consapevole di cantare<br />

meglio. Stai semplicemente migliorando,<br />

diventi più forte. Non volevo troppe<br />

sovraincisioni vocali, preferivo fare tutto<br />

dal vivo. Mi sentivo terribilmente a disagio<br />

in studio mentre cantavo senza la<br />

chitarra tra le mani.<br />

The Last of the Independents sembra il<br />

seguito di In Your Town. In qualche modo<br />

parla di te?<br />

Alcune persone me l’hanno chiesto. Pensavano<br />

che fossi l’ultimo di un particolare<br />

gruppo di persone o qualcosa del genere.<br />

La canzone in realtà è nata dopo il titolo. A<br />

metà ho capito di essere stato influenzato<br />

da Chi ucciderà Charley Varrick?, film di<br />

Don Siegel del 1973 con Walter Matthau<br />

che rapina le piccole filiali bancarie dei<br />

paesi insieme alla moglie Nadine e ad un<br />

paio di complici. La storia è fondamentalmente<br />

questa. Il film di Charlie Varrick è<br />

stato sottotitolato The Last of the Independents.<br />

Ho amato la storia ma non ho<br />

mai visto il film, quindi posso solo cercare<br />

d’indovinare di cosa si trattasse. È una<br />

canzone che ha il buon suono di Bo Diddley.<br />

Ero consapevole del fatto che con<br />

quel titolo alcune persone mi avrebbero<br />

identificato come l’ultimo crociato del<br />

blues o l’indipendente duro e puro.<br />

Molte cose sono cambiate nel R’n’R negli<br />

ultimi due anni…<br />

Le cose sono diventate molto formali.<br />

C’è troppa musica da discoteca, molte<br />

band sono solo società di business nate<br />

a tavolino In Inghilterra si sentono così<br />

grandi che devono avere lo Shea Stadium<br />

oppure non suonano, oltre a 15 limousine<br />

e un palco stile Cecil B. DeMille.<br />

Ammiro la sobrietà che la new wave ha<br />

portato. Ma poi alcuni artisti della nuova<br />

ondata fingono di essere nati ieri, di non<br />

aver mai sentito parlare di Eddie Cochran<br />

o Muddy Waters. Questa cosa non<br />

è bella. Se guardo le classifiche ameri-<br />

Da sinistra Gerry McAvoy<br />

(basso), Rod de’Ath (batteria) e<br />

Rory Gallagher (chitarra). Marzo<br />

1973 , Musikhalle, Amburgo.<br />

Foto di Heinrich Klaffs.<br />

I COLORI DEL 95


RORY GALLAGHER<br />

«LA MIA AMBIZIONE<br />

FINALE, IL MIO<br />

PUNTO DI ARRIVO?<br />

SUONARE VERO»<br />

RORY GALLAGHER<br />

Quali canzoni del nuovo album ti piacciono<br />

di più. In che modo si integra con<br />

alcune produzioni del passato?<br />

Penso che sia diverso dal precedente<br />

CALLING CARD, che ancora mi piace.<br />

Ha buon suono e stimolante feecane<br />

gli unici dischi che mi piacciono<br />

sono quelli dei Rolling Stones e di Bruce<br />

Springsteen, mentre In Inghilterra le<br />

cose sono andate fuori dal seminato con<br />

new wave e punk. Infatti ci si trovano<br />

96 I COLORI DEL<br />

Rory a Milano a metà anni<br />

‘70. Foto di Renzo Chiesa.<br />

Hai citato i media. Molti musicisti rock<br />

creano un’immagine pubblica ben precisa<br />

ma tu non l’hai mai fatto. Anche<br />

Bruce Springsteen se ne frega.<br />

Springsteen e Bob Seeger. Il loro successo<br />

è incoraggiante, perché non ce l’hanno<br />

fatta con una canzone costruita a<br />

tavolino ma rimanendo se stessi. Credo<br />

che si possa riuscire ad avere successo<br />

senza tradire quello che sei. Che immagine<br />

ha Bob Seeger con i suoi lunghi<br />

capelli e barba? Sappiamo che ha una<br />

grande voce e una grande band. Non<br />

cerca di essere dieci persone diverse per<br />

piacere a tutti. Springsteen è un ragazzo<br />

che lavora sodo, però possiede un granpresenze<br />

meno istituzionali. Elvis Costello<br />

mi piace. Riesco a sentirci tanto<br />

del passato, ma lui non lo cita in modo<br />

un po’ furbesco, mentre Bruce Springsteen,<br />

che ammiro molto, è più onesto. È<br />

stato un fan del rock per anni, anche se<br />

ora propone le sue cose.<br />

ling generale; non ha, però, l’energia di<br />

PHOTO-FINISH, Penso che questo sia<br />

il miglior album che ho inciso. Le canzoni<br />

sono importanti e possiedono il<br />

ritmo giusto. C’è molta chitarra, ovvio,<br />

ma è funzionale al sound generale, non<br />

è il trip del mio ego; la cosa è più evidente<br />

perché ho eliminatole tastiere. Ho<br />

escluso le canzoni meno potenti perché<br />

volevo che fosse davvero una specie di<br />

calcio in faccia.<br />

Sai dove sei diretto?<br />

Questa volta ho avuto una bella visione<br />

prima di registrare: è diventata più chiara<br />

col passare del tempo. Adoro suonare<br />

la chitarra acustica, ma in questo momento<br />

è stata penalizzata dalla scelta<br />

di produrre un album ritmato e duro,<br />

non normale hard-rock & heavy-metal;<br />

come se la musica provenisse da un tirapugni.<br />

Alcuni critici dicono di me: suona<br />

un po’ di rock e blues, non sta cambiando,<br />

non sta progredendo. Le persone si<br />

aspettano che io cambi, ma sarebbe un<br />

falso cambiamento. Potrei incidere un<br />

disco fusion, potrebbe essere divertente,<br />

oppure reggae e indossare un cappello<br />

country & western. Così tutti direbbero:<br />

sta progredendo. In verità non sarebbe<br />

andare avanti ma solo giocare con<br />

i mass media. D’altra parte non voglio<br />

semplicemente ricreare la vecchia musica<br />

blues: voglio nuovi suoni. Ovviamente<br />

chiunque ascolti i miei album<br />

può capire che sono un fan del blues e<br />

del rock. Questa è la mia ambizione finale,<br />

il mio punto di arrivo: suonare vero.


RORY GALLAGHER<br />

de talento altrimenti il lavoro non basterebbe.<br />

Nel mio caso, ho avuto un certo<br />

grado di pubblicità in Europa, anche se<br />

mai grande come altri artisti. Sono stato<br />

abbastanza fortunato: ho avuto un seguito<br />

fantastico in Europa e in Giappone.<br />

Il tempo scorre molto velocemente, sai<br />

cosa intendo? Non penso alla fine della<br />

vita perché sono preoccupato per le cose<br />

più immediate, apparentemente piccole:<br />

concerto, sound check, viaggiare fino<br />

al prossimo locale. A lungo termine mi<br />

piacerebbe sicuramente essere popolare<br />

come Springsteen o Bob Seeger, anche<br />

se dubito che resisterei alla pressione<br />

nervosa che si creerebbe. In verità sono<br />

un musicista che vuole solo suonare<br />

quello che gli piace per un buon pubblico.<br />

Mi basta un ragionevole successo.<br />

Questo è il mio obiettivo principale, ma<br />

naturalmente sono un essere umano e<br />

ho un ego come tutti gli altri. Mi piace<br />

essere grande quanto penso di meritare.<br />

Bene, sono felice di quello che ho, non<br />

sono organizzato mentalmente per il<br />

successo come tanti altri artisti: questo<br />

infastidisce alcune persone che hanno a<br />

che fare con me.<br />

Cosa ti passa per la mente, ora e sul palco?<br />

Pensi alla musica, al blues o cosa?<br />

Non lo so. Anche quando salgo sul palco<br />

sono nervoso come agli esordi. Troppe<br />

cose a cui pensare: il suono della band,<br />

la gente, l’aspettativa che immagino, il<br />

piacere d’imbracciare la chitarra. Poi l’inizio<br />

del concerto spazza via tutto. Non<br />

riesco davvero a capire cosa sto pensando.<br />

Quando salgo sul palco, voglio dare<br />

divertimento e divertirmi a mia volta.<br />

Ovviamente se fossi spettatore sarei<br />

più rilassato, penso. Se hai il pubblico<br />

davanti devi colpirlo con le unghie per<br />

arrivare alla sua anima.<br />

Sei ottimista per il futuro del rock?<br />

Sono sempre ottimista riguardo alla<br />

musica in generale. Penso che finisca<br />

fuori strada di tanto in tanto. Mi preoccupa<br />

un po’ l’eccessivo controllo del<br />

business sulla musica, anche nelle radio.<br />

M’infastidisce il fatto che il sistema<br />

radio AM sia così rigido, che i DJ non<br />

siano autorizzati a riprodurre i dischi<br />

che amano per trasmettere ciò che la<br />

proprietà ordina. I controllori pensano<br />

di conoscere i gusti del pubblico, in realtà<br />

vogliono solo indirizzarli nella direzione<br />

più redditizia. Quindi trasmettono<br />

Grease e Disco Fever per 15 ore al<br />

giorno. Questo è troppo in stile Grande<br />

Fratello. Anche la radio FM è stata colpita<br />

da questo virus, secondo le richieste<br />

pubblicitarie. Non voglio tornare<br />

agli anni ‘60, che non erano neanche<br />

perfetti, però avevano la voglia di sperimentare.<br />

Le radio non suonavano solo i<br />

primi venti dischi della classifica.<br />

E in futuro cosa farai?<br />

Ho numerosi demo pronti che devono<br />

essere rimpolpati. Ho molte buone idee<br />

per le canzoni, alcune sono finite ma non<br />

sono ancora state provate. Dopo queste<br />

quattro settimane americane torneremo<br />

a suonare in Inghilterra, faremo anche<br />

qualche data irlandese per Natale. Quindi<br />

un piccolo tour spagnolo e portoghese.<br />

Per quanto riguarda il prossimo album,<br />

dipende dai risultati di PHOTO-FINISH.<br />

Potremmo registrare un altro 33 giri a<br />

gennaio/febbraio e pubblicarlo in estate<br />

o all’inizio dell’autunno (in effetti TOP<br />

PRIORITY uscirà a settembre 1979; ndr).<br />

Potremmo persino trasferirci qui, a New<br />

York o a Los Angeles. Altrimenti andrebbe<br />

in malora il duro lavoro che abbiamo<br />

svolto per farci conoscere in America.<br />

Mi piacerebbe essere conosciuto come<br />

Springsteen o Seeger, avere un album<br />

tra i primi dieci classifica: per ottenerlo<br />

devo essere ambizioso. Il pericolo è che<br />

se l’ambizione prevale sul divertimento<br />

sei nei guai. Alcune persone mi vedono<br />

come l’ultimo crociato del blues perché<br />

mi comporto a modo mio, fregandomene<br />

delle regole. Non m’importa essere un<br />

indipendente a tutti i costi, ma non voglio<br />

essere l’ultimo di niente.<br />

Cork, seconda città della Repubblica<br />

d’Irlanda come numero di abitanti,<br />

è situata alla foce del fiume Lee, che<br />

l’attraversa separandola in due.<br />

I COLORI DEL 97


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Il presente numero di <strong>SUONO</strong> è stato finito di stampare nel mese di settembre 2018.<br />

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Mpi Electronic - Monitor Audio 47<br />

Mpi Electronic - Sonus Faber<br />

IV Cop.<br />

Pixel Engineering - Bluesound 8, 12, 16<br />

Quality Audio 37<br />

Sony Music Entertainment Italy 53<br />

Yamaha Music Europe - Branch Italy 13<br />

98 <strong>SUONO</strong> luglio 2018

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