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Batsceba Hardy - The-Apartment

Maria manages her bar in Berlin. Here she meets Sebastian, a real estate agent, and Emma, a foreign girl who arrived in Berlin almost by chance. Maria firstly is a spectator, then advisor and finally a participant in their love encounters. An inebriating trip in the apartments of old Ost Berlin. Batsceba Hardy, in other words when the poetry of the ordinary becomes extraordinary. And it acquires a golden color, a pastel hue that accompanies us in this story. While the reader forgets about what is happening around him and finds himself as if by magic in the Berlin 'apartment' where this sensual story is set, supported by an intriguing plot

Maria manages her bar in Berlin. Here she meets Sebastian, a real estate agent, and Emma, a foreign girl who arrived in Berlin almost by chance. Maria firstly is a spectator, then advisor and finally a participant in their love encounters. An inebriating trip in the apartments of old Ost Berlin.

Batsceba Hardy, in other words when the poetry of the ordinary becomes extraordinary. And it acquires a golden color, a pastel hue that accompanies us in this story. While the reader forgets about what is happening around him and finds himself as if by magic in the Berlin 'apartment' where this sensual story is set, supported by an intriguing plot

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spazio, che avevo aiutato a ripulire, prima nella cucina con la credenza bianca,<br />

su cui spiccava una fila di vasetti di ceramica con i nomi scritti in gotico che<br />

avrebbero fatto gola a uno dei mille piccoli antiquari del quartiere. Poi nel<br />

bagno lungo e stretto e infine nella stanza con il materasso appoggiato alle assi<br />

sconnesse su cui dormivano abbracciati. Li spogliavo e giocavo con i loro corpi.<br />

Erano diventati la mia ossessione. Avevano sostituito occhi gialli nei miei<br />

pensieri. Avrei solo voluto essere lì su quel letto. Invisibile. Insegnare loro a<br />

togliersi la prima pelle. E far durare quell’amore per sempre.<br />

Temevo che potesse accadere loro qualcosa. Che venissero scoperti. Che me<br />

li portassero via. Non avrei sopportato di non vedermeli più davanti, di non respirare<br />

la loro aria. E così ho cominciato a pensare che l’unica soluzione fosse<br />

renderli davvero invisibili. O almeno renderli invisibili in quella casa. Rendere<br />

invisibile la casa.<br />

Ho cominciato a cercare in tutti i libri esoterici l’incantesimo dell’invisibilità.<br />

Ma nessuno ne parlava. Ho creduto che la leggenda dei Nibelunghi, con<br />

il Tarnkappe (mantello magico) del nano Alberico mi avesse confuso i ricordi.<br />

Era la storia preferita di mia madre, me la raccontava a puntate le sere in cui<br />

restava a casa con me. È stato ripensando alla mia infanzia che ho capito cosa<br />

stava dicendomi la memoria. Dovevo cercare fra racconti magici della nonna<br />

curandera, e nel piccolo baule da viaggio che mi aveva spedito prima di morire,<br />

con i due tamburi, i suoi appunti, qualche foglia secca e un biglietto scritto in<br />

shuar, l’antica lingua.<br />

Me l’aveva insegnata da piccola, durante le lunghe vacanze trascorse sola<br />

con lei a Guayaquil, mentre mia madre e mio padre giravano il mondo. Mi<br />

chiamava il suo piccolo jeecham, pipistrello. E non ho mai capito perché. Era<br />

stata portata via dal suo villaggio sulle montagne, dal nonno, un bellissimo<br />

musicista tedesco, proprio di Berlino lo avevo scordato, buffo, a cui probabilmente<br />

aveva fatto uno dei suoi incantesimi.<br />

Non rammentavo nemmeno più l’esistenza di quel biglietto:<br />

– Ricordati sempre che la porta per l’altra realtà è dentro ognuno di noi. E<br />

il luogo magico farà il resto – ho letto ad alta voce dopo aver recuperato il<br />

baule da sotto il letto.<br />

Non restava che fossero loro a oltrepassare quella porta, io potevo solo aiutarli<br />

a trovarla.<br />

L’appartamento / 1

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