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03 • 2007 - Missioni cattoliche di lingua italiana

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a cura <strong>di</strong> Lucio Carraro Corrispondenza dal Consultorio<br />

Familiare/ELBE<br />

LA NECESSITÀ DEL CAMBIAMENTO<br />

E’ persino banale sottolineare la necessità del<br />

cambiamento. Tutto cambia, tutto è in movimento.<br />

Ogni essere vivo cresce e <strong>di</strong>viene. Questa è la<br />

legge della vita. Ma allora perché spesso evitiamo<br />

coscientemente il cambiamento? Perché quando<br />

esso si fa necessario, dettato dalle cose, siamo<br />

restii ad esso? Oppure, perché quando avviene<br />

per forza <strong>di</strong> cause maggiori abbiamo la tendenza<br />

<strong>di</strong> perpetuare “il vecchio” restando aggrappati<br />

ai vecchi schemi, ai vecchi modelli e stili, alle<br />

vecchie strutture? Si <strong>di</strong>ce bene, quasi come una<br />

esorcizzazione che non tocchi a noi, che “nessuno<br />

(o nessuna cosa) è in<strong>di</strong>spensabile” a questa vita,<br />

ma non arriva mai il momento in cui si è <strong>di</strong>sposti<br />

con consapevolezza a fare un passo in<strong>di</strong>etro e<br />

lasciare lo spazio al nuovo. E’ un vero conflitto,<br />

non solo all’esterno, ma<br />

anche dentro <strong>di</strong> noi. Nascere<br />

significa entrare in un mondo<br />

precostituito e sconosciuto;<br />

averne bisogno come un alieno<br />

che si deve inserire in<br />

una situazione tutta nuova.<br />

Il suo bisogno è <strong>di</strong> creare o<br />

trovare il suo “posto” nella<br />

vita. E’ una continua lotta in<br />

quanto è compito della vita<br />

quello che ognuno trovi il suo<br />

“posto”, realizzi se stesso,<br />

si crei le proprie sicurezze.<br />

Quin<strong>di</strong>, in un certo luogo,<br />

con una certa professione e con la famiglia si<br />

arriva ad una certa realizzazione <strong>di</strong> sé, si sviluppa<br />

l’autostima, si è “qualcuno”. Che senso ha allora<br />

che la vita, con il suo fluire, venga a sconvolgere<br />

i piani, rompere le certezze, scombinare le carte?<br />

Molto spesso i cambiamenti imposti dalla vita li<br />

sopportiamo e li subiamo, aggrappati come siamo<br />

al passato e paurosi nel confronto del nuovo. E<br />

da qui nasco-no infiniti conflitti sia all’interno dei<br />

rapporti <strong>di</strong> famiglia, che nelle strutture sociali ma<br />

più ancora nel nostro mondo interiore. E’ infatti<br />

l’incapacità <strong>di</strong> vivere il senso interiore del cambiamento<br />

che ci porta a proiettare fuori il conflitto.<br />

Ripetiamo la domanda: che senso ha il cambiamento?<br />

Per primo occorre semplicemente accettare<br />

la provocazione della vita: ciò significa<br />

imparare a cogliere e valorizzare il fatto che ogni<br />

fase della vita, sia in<strong>di</strong>viduale che sociale, ha un<br />

senso-compito. C’è un tempo per ogni cosa!<br />

Significa imparare a vedere che la vita ha una tale<br />

quantità <strong>di</strong> sfaccettature che nessuno può pretendere<br />

<strong>di</strong> averle colte tutte e neppure le più importanti.<br />

La vita ci mette <strong>di</strong> fronte a nuove situazioni e<br />

a nuove possibilità che vivono nelle situazioni che<br />

prima non si potevano vedere. Il cambiamento<br />

mostra quin<strong>di</strong> la ricchezza <strong>di</strong> possibilità che porta<br />

in sé e <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> ricchezza per chi lo sa<br />

accettare: crea mobilità mentale, visioni creative,<br />

immaginazione. Cambiamento significa accettare<br />

il nuovo anche quando esso ci sembra peggiore<br />

del vecchio, anche quando il nuovo corre vie e stili<br />

<strong>di</strong>versi, che sembra svalorizzare i precedenti. Il<br />

nuovo si impone sempre, anche quando il nuovo<br />

non è sinonimo <strong>di</strong> migliore. Il<br />

cambiamento fa paura, perché<br />

il nuovo ci fa paura. Esso<br />

ci mette <strong>di</strong> fronte a lasciare<br />

ciò che per noi sembra il<br />

sicuro con l’incerto. Fa paura<br />

perché perdendo quello che<br />

è stato considerato il “proprio<br />

posto” si ha l’impressione <strong>di</strong><br />

non essere più quello che si<br />

era, l’impressione <strong>di</strong> perdere<br />

la stima, il ruolo che ci abbiamo<br />

costruito. Ma è paura <strong>di</strong><br />

cambiare, paura della vita.<br />

Per fortuna è la vita con le<br />

sue situazioni nuove che ci pone <strong>di</strong> fronte alla<br />

necessità del cambiamento. Di fronte a ciò che la<br />

vita ci propone non resta che essere aperti: allora<br />

possiamo cogliere da una parte la unilateralità del<br />

nostro “posto”, <strong>di</strong> ciò che abbiamo raggiunto, e<br />

dall’altra le possibilità nascoste nella nuova situazione.<br />

Ci obbliga a sviluppare l’ adattabilità, che<br />

non significa adeguarsi passivamente, ma cogliere<br />

le possibilità insite nella nuova situazione. E infine<br />

richiede flessibilità, che è la capacità <strong>di</strong> immaginarsi<br />

situazioni veramente nuove per confrontare<br />

le possibilità della situazione presente con quelle<br />

insite in situazioni <strong>di</strong>verse. In fondo tutto questo si<br />

riconduce ad una grande attitu<strong>di</strong>ne o virtù, che è<br />

quella <strong>di</strong> avere una profonda fiducia nella vita, per<br />

accettare il suo ritmo e non restare sclerotizzati<br />

nel nostro piccolo limitato ritmo.

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