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Libera - Associazione Generale Cooperative Italiane

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Novembre 2011<br />

2 Editoriale<br />

Uscire subito da ogni equivoco e far ripartire il Paese<br />

di Rosario Altieri<br />

Quando questo numero della nostra rivista raggiungerà<br />

i suoi destinatari, forse si saranno consumati gi ultimi<br />

atti di una rappresentazione alla quale non avremmo<br />

mai voluto assistere e spero che la conclusione di tutta<br />

la vicenda possa segnare un punto meno irriverente per<br />

le Istituzioni, ad ogni livello, oltre che di maggiore<br />

decenza per le forze politiche.<br />

Da troppo tempo e per troppo tempo si è combattuta<br />

una battaglia tra i diversi schieramenti, che ha avuto<br />

come unico obiettivo quello di posizionare ciascuna<br />

parte in una prospettiva di maggiore consenso nei confronti<br />

dei cittadini, a cui tutti si sono rivolti in quanto<br />

elettori e, perciò, con più attenzione a non disincentivare<br />

la loro predisposizione al voto che ad imporre misure<br />

impopolari le quali, viceversa, sarebbe stato necessario<br />

assumere.<br />

Abbiamo più volte detto, e crediamo ancora fortemente,<br />

che le cause della crisi che sta mettendo in discussione<br />

il futuro della nostra economia non siano da ricercare<br />

all’interno del nostro sistema.<br />

Altrettante volte, però, abbiamo affermato che alcuni<br />

fondamentali del sistema economico italiano presentavano<br />

punti di criticità che, se non fossero stati affrontati<br />

e rimossi, avrebbero costituito ostacoli difficilmente<br />

sormontabili per pervenire ad una sufficiente competitività:<br />

prima di tutto il debito pubblico, giunto ormai a<br />

livelli insostenibili (è, infatti, il terzo nel mondo); poi una<br />

scarsa consapevolezza, da parte delle Istituzioni e delle<br />

forze politiche, della gravità della situazione e della<br />

necessità che le misure correttive da mettere in campo<br />

coinvolgano tutti, ciascuno nella misura in cui è in<br />

grado di intervenire, senza pensare che le stesse riguardino<br />

sempre gli altri e non noi o quelli che noi rappresentiamo.<br />

Da ciò discendono una precarietà ed una fragilità<br />

dell’intero Sistema Paese, che alimentano mire speculative<br />

che aggrediscono il nostro debito e determinano<br />

<strong>Libera</strong><br />

una condizione di estrema debolezza per la nostra economia.<br />

Ed ancora, proseguendo nell’analisi, abbiamo più volte<br />

evidenziato una spesa pubblica che non accenna a diminuire<br />

e che, ad ogni intervento tendente a limitarne<br />

l’importo, riesce a produrre saldi sempre più onerosi per<br />

le casse pubbliche; infine, occorre sottolineare la mancanza<br />

di una efficace politica di sviluppo che parta dal<br />

contenimento, appunto, della spesa per liberare risorse<br />

indispensabili per la crescita.<br />

A tutte queste criticità occorre rispondere con immediatezza<br />

ed altrettanta efficacia. È necessario, anche questo<br />

lo abbiamo detto ripetutamente, che ciascuno si<br />

assuma le proprie responsabilità, che i politici dimostrino<br />

il necessario coraggio e definiscano misure, magari<br />

impopolari, ma capaci di invertire la rotta.<br />

C’è bisogno, insieme, di investire per produrre maggiore<br />

ricchezza e di distribuire, con maggiore equità di<br />

quanto fino ad ora fatto, la ricchezza prodotta. C’è<br />

bisogno che il Sistema Italia venga messo in condizione<br />

di competere di più e meglio sul mercato nazionale e su<br />

quello internazionale. C’è bisogno che la classe dirigente,<br />

tutta, ma, anche, ogni singolo cittadino avverta il<br />

dovere di partecipare, in ragione della propria capacità<br />

di produrre reddito, ai bisogni dello Stato perché, senza<br />

una coscienza civica diffusa, ogni azione, anche la più<br />

determinata, rischia di infrangersi sulle secche di una<br />

burocrazia inefficiente o su ostacoli insormontabili posti<br />

di proposito da settori parassitari della società.<br />

Si è perso molto tempo, troppo forse, sicuramente<br />

molto più di quanto la gravità della situazione consentiva<br />

ed ora si sta giocando una partita decisiva per il<br />

nostro Paese in un quadro politico che è esattamente<br />

l’opposto di quanto le esigenze richiederebbero.<br />

Anche in questi primi giorni dopo il conferimento dell’incarico<br />

al nuovo Presidente del Consiglio, non sembra<br />

cooperazione

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