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Libera - Associazione Generale Cooperative Italiane

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<strong>Libera</strong><br />

<strong>Libera</strong> Cooperazione Anno XIII<br />

N. 95 – Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Mensile di informazione<br />

dell’<strong>Associazione</strong> <strong>Generale</strong><br />

delle <strong>Cooperative</strong> <strong>Italiane</strong> AGCI<br />

Registrazione n. 227/1997 del 24.04.1997<br />

Pubblicazione mensile - Distribuzione gratuita -<br />

Poste <strong>Italiane</strong> SpA Spedizione in Abbonamento<br />

postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004<br />

n. 46) Art. 1 comma 1 DCB - ROMA<br />

“ESEMPLARE FUORI COMMERCIO PER IL DEPOSITO<br />

LEGALE AGLI EFFETTI DELLA LEGGE 15 APRILE 2004<br />

N° 106 (ART. 10 DEL DPR N.252)”<br />

Editore<br />

<strong>Associazione</strong> <strong>Generale</strong> delle <strong>Cooperative</strong> <strong>Italiane</strong><br />

via Angelo Bargoni 78 - 00153 Roma<br />

Direttore<br />

Rosario Altieri<br />

Direttore responsabile<br />

Raffaella De Rosa<br />

Collaboratori<br />

Raffaella De Rosa, Filippo Turi<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Brenno Begani, Aldo Carbone, Giovanni Conti jr.,<br />

Virna Conti, Giustino Di Cecco, Silvia Rimondi<br />

Segreteria di redazione<br />

Stefano Pasqualini tel. 06.58327214<br />

Stampa<br />

I.F. Chitarrini Sas - Centro Stampa - Roma<br />

Redazione e Amministrazione<br />

via Angelo Bargoni 78 - 00153 Roma<br />

tel. 06.58328342 - fax 06.58328350<br />

info@agci.it - www.agci.it<br />

Finito di stampare Novembre 2011<br />

Pubblicazione mensile - Distribuzione gratuita - Poste <strong>Italiane</strong> SpA -<br />

Spedizione in Abbonamento postale D.L. 353/2003<br />

(conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - ROMA<br />

Sommario<br />

Editoriale<br />

Uscire subito da ogni equivoco e far<br />

ripartire il Paese<br />

Attualità<br />

La nuova aliquota IVA ordinaria<br />

PEC: il 29 novembre la scadenza<br />

<strong>Associazione</strong><br />

Matching 2011<br />

Bitac 2011<br />

Mostra storica: 1848-1948 dal<br />

Risorgimento alla Repubblica, da<br />

Giuseppe Mazzini a Giovanni Conti<br />

Abitazione: “Destinare all’Edilizia Sociale<br />

una percentuale della dismissione delle<br />

caserme”<br />

Archivio storico-culturale<br />

Gli anni '40 del 1800: Progresso,<br />

speranze e nuovi corsi politici (parte 1^)<br />

Luigi Mussini<br />

Inchiesta<br />

Italicus, la strage dimenticata<br />

Novembre 2011<br />

Cooperazione<br />

Il capitale di rischio nelle società<br />

cooperative (prima parte)<br />

Dalle Regioni<br />

AGCI Piemonte: Bluedit una vittoria<br />

al femminile<br />

AGCI Parma: 30 anni di Multiservice<br />

Libri<br />

Isicoop: nuove pubblicazioni per<br />

comprendere l'impresa cooperativa<br />

Formazione<br />

Pubblicati due nuovi avvisi Foon.Coop<br />

per oltre 9,5 milioni di euro<br />

AGCI


Novembre 2011<br />

2 Editoriale<br />

Uscire subito da ogni equivoco e far ripartire il Paese<br />

di Rosario Altieri<br />

Quando questo numero della nostra rivista raggiungerà<br />

i suoi destinatari, forse si saranno consumati gi ultimi<br />

atti di una rappresentazione alla quale non avremmo<br />

mai voluto assistere e spero che la conclusione di tutta<br />

la vicenda possa segnare un punto meno irriverente per<br />

le Istituzioni, ad ogni livello, oltre che di maggiore<br />

decenza per le forze politiche.<br />

Da troppo tempo e per troppo tempo si è combattuta<br />

una battaglia tra i diversi schieramenti, che ha avuto<br />

come unico obiettivo quello di posizionare ciascuna<br />

parte in una prospettiva di maggiore consenso nei confronti<br />

dei cittadini, a cui tutti si sono rivolti in quanto<br />

elettori e, perciò, con più attenzione a non disincentivare<br />

la loro predisposizione al voto che ad imporre misure<br />

impopolari le quali, viceversa, sarebbe stato necessario<br />

assumere.<br />

Abbiamo più volte detto, e crediamo ancora fortemente,<br />

che le cause della crisi che sta mettendo in discussione<br />

il futuro della nostra economia non siano da ricercare<br />

all’interno del nostro sistema.<br />

Altrettante volte, però, abbiamo affermato che alcuni<br />

fondamentali del sistema economico italiano presentavano<br />

punti di criticità che, se non fossero stati affrontati<br />

e rimossi, avrebbero costituito ostacoli difficilmente<br />

sormontabili per pervenire ad una sufficiente competitività:<br />

prima di tutto il debito pubblico, giunto ormai a<br />

livelli insostenibili (è, infatti, il terzo nel mondo); poi una<br />

scarsa consapevolezza, da parte delle Istituzioni e delle<br />

forze politiche, della gravità della situazione e della<br />

necessità che le misure correttive da mettere in campo<br />

coinvolgano tutti, ciascuno nella misura in cui è in<br />

grado di intervenire, senza pensare che le stesse riguardino<br />

sempre gli altri e non noi o quelli che noi rappresentiamo.<br />

Da ciò discendono una precarietà ed una fragilità<br />

dell’intero Sistema Paese, che alimentano mire speculative<br />

che aggrediscono il nostro debito e determinano<br />

<strong>Libera</strong><br />

una condizione di estrema debolezza per la nostra economia.<br />

Ed ancora, proseguendo nell’analisi, abbiamo più volte<br />

evidenziato una spesa pubblica che non accenna a diminuire<br />

e che, ad ogni intervento tendente a limitarne<br />

l’importo, riesce a produrre saldi sempre più onerosi per<br />

le casse pubbliche; infine, occorre sottolineare la mancanza<br />

di una efficace politica di sviluppo che parta dal<br />

contenimento, appunto, della spesa per liberare risorse<br />

indispensabili per la crescita.<br />

A tutte queste criticità occorre rispondere con immediatezza<br />

ed altrettanta efficacia. È necessario, anche questo<br />

lo abbiamo detto ripetutamente, che ciascuno si<br />

assuma le proprie responsabilità, che i politici dimostrino<br />

il necessario coraggio e definiscano misure, magari<br />

impopolari, ma capaci di invertire la rotta.<br />

C’è bisogno, insieme, di investire per produrre maggiore<br />

ricchezza e di distribuire, con maggiore equità di<br />

quanto fino ad ora fatto, la ricchezza prodotta. C’è<br />

bisogno che il Sistema Italia venga messo in condizione<br />

di competere di più e meglio sul mercato nazionale e su<br />

quello internazionale. C’è bisogno che la classe dirigente,<br />

tutta, ma, anche, ogni singolo cittadino avverta il<br />

dovere di partecipare, in ragione della propria capacità<br />

di produrre reddito, ai bisogni dello Stato perché, senza<br />

una coscienza civica diffusa, ogni azione, anche la più<br />

determinata, rischia di infrangersi sulle secche di una<br />

burocrazia inefficiente o su ostacoli insormontabili posti<br />

di proposito da settori parassitari della società.<br />

Si è perso molto tempo, troppo forse, sicuramente<br />

molto più di quanto la gravità della situazione consentiva<br />

ed ora si sta giocando una partita decisiva per il<br />

nostro Paese in un quadro politico che è esattamente<br />

l’opposto di quanto le esigenze richiederebbero.<br />

Anche in questi primi giorni dopo il conferimento dell’incarico<br />

al nuovo Presidente del Consiglio, non sembra<br />

cooperazione


che le forze politiche abbiano maturato quella consapevolezza<br />

necessaria; al contrario, pare che esse continuino<br />

a dedicare, come spesso è avvenuto, una attenzione<br />

eccessiva ai propri interessi, con uno sguardo che appare<br />

molto distratto da quelli del Paese.<br />

La ricerca del consenso ed il necessario rigore per riportare<br />

sotto controllo i conti pubblici, per reperire risorse<br />

da utilizzare in investimenti produttivi, per costruire uno<br />

Stato sociale degno di una civiltà moderna ed avanzata,<br />

sono tra loro sostanzialmente incompatibili.<br />

È davvero il momento che questa classe politica, la<br />

quale è una delle principali cause del declino del nostro<br />

Paese, si convinca che non vi sono più margini di tempo<br />

e che è necessario nell’immediato dimostrare la propria<br />

<strong>Libera</strong> <strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

cooperazione<br />

Editoriale 3<br />

adeguatezza, ovvero fare un passo indietro e liberare le<br />

Istituzioni da una ormai asfissiante occupazione.<br />

Credo che si sia giunti oltre ogni limite temporale: la<br />

Borsa fa registrare minimi con sempre maggiore frequenza;<br />

le imprese, anche quelle più strutturate, manifestano<br />

affanni sempre più evidenti; le famiglie stentano<br />

a mantenere i livelli di vita precedenti; i giovani<br />

rischiano di perdere fiducia nel futuro.<br />

La verità è che questo non è un quadro dovuto ad un<br />

irragionevole pessimismo: è, viceversa, la prospettiva<br />

reale di fronte alla quale si trova il nostro Paese se i<br />

comportamenti di chi ha nelle proprie mani le sue sorti<br />

non dovessero essere, d’ora in poi, improntati ad una<br />

maggiore consapevolezza e ad un maggiore senso di<br />

responsabilità.


Novembre 2011<br />

4 Attualità<br />

La nuova aliquota IVA ordinaria<br />

di Silvia Rimondi<br />

L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 45/E del 12 ottobre<br />

2011 ha fornito i primi chiarimenti relativi alle modalità<br />

operative per l’applicazione della nuova aliquota IVA ordinaria,<br />

in modo da consentire ai contribuenti una più agevole<br />

gestione dei connessi adempimenti.<br />

Ricordiamo che il comma 2-bis dell’articolo 2, D.L. n.<br />

138/2011 (cosiddetta “Manovra di ferragosto”), come convertito<br />

dalla successiva Legge n.148 (pubblicata sulla<br />

Gazzetta Ufficiale dello scorso 16 settembre), ha modificato<br />

il comma 1 dell’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n.<br />

633, prevedendo l’aumento dell’aliquota IVA ordinaria<br />

dal 20 al 21% della base imponibile dell’operazione.<br />

Tale innalzamento decorre a partire da sabato 17 settembre<br />

2011, data che rappresenta lo “spartiacque” per l’applicazione<br />

della “vecchia” aliquota del 20% (operazioni ante) e<br />

di quella “nuova” del 21% (operazioni post).<br />

A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che<br />

quest’ultima interessa, in generale, tutte le forniture aventi<br />

ad oggetto beni e servizi non espressamente indicati nelle<br />

tabelle A e B, allegate al citato D.P.R.; restano invece invariate<br />

le aliquote ridotte del 4 e del 10%.<br />

Inoltre, nella sopra menzionata circolare, vengono forniti<br />

utili chiarimenti, che di seguito si analizzano, riguardo al<br />

momento di effettuazione dell’operazione, agli acconti ed<br />

alle fatture anticipate, alle fatture ad esigibilità differita ed<br />

alla correzione degli eventuali errori:<br />

Momento di effettuazione dell’operazione<br />

Come sopra anticipato, l’aliquota del 21% si applica alle<br />

operazioni per le quali il fatto generatore dell’imposta si<br />

realizzi dalla data di entrata in vigore della Legge di conversione<br />

del D.L. n.138, ovvero, appunto, dal 17 settembre<br />

2011.<br />

Ciò premesso, il momento di effettuazione delle operazioni<br />

deve essere individuato in base a quanto disposto dall’art.<br />

39 del Decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito<br />

dalla L. n. 427 del 29 ottobre 1993, per gli acquisti intracomunitari<br />

di beni, dall’articolo 201 del Codice doganale<br />

comunitario per quel che riguarda le importazioni e dall’articolo<br />

6 del D.P.R. 633 per le cessioni di beni e le prestazioni<br />

di servizi.<br />

<strong>Libera</strong><br />

Con riferimento a quest’ultima fattispecie, l’operazione si<br />

ritiene effettuata:<br />

• per le cessioni di beni mobili: alla data della consegna o<br />

spedizione;<br />

• per le cessioni di beni immobili: alla data di stipulazione<br />

dell’atto di compravendita;<br />

• per le prestazioni di servizi: all’atto del pagamento del<br />

corrispettivo.<br />

Acconti e fatture anticipate<br />

Per quanto concerne le cessioni di beni, mobili ed immobili,<br />

nonché le prestazioni di servizi, nel caso in cui, anteriormente<br />

al verificarsi degli eventi che realizzano il fatto generatore<br />

dell’imposta o indipendentemente da essi, sia emessa<br />

fattura o sia pagato in tutto o in parte il corrispettivo, l’operazione<br />

si considera effettuata, limitatamente all’importo<br />

pagato o fatturato, alla data del pagamento o della fattura.<br />

Pertanto, gli acconti versati entro il 16 settembre, che<br />

hanno scontato l’aliquota del 20%, non devono subire<br />

regolarizzazioni, fermo restando che la maggiore aliquota<br />

del 21 % sarà applicata alle fatture a saldo emesse o ad altri<br />

eventuali acconti pagati dopo il predetto giorno.<br />

Analogamente, ove entro il 16 settembre sia stata emessa<br />

una fattura anticipata, essa resta soggetta all’aliquota del<br />

20% anche se la consegna del bene o il pagamento del servizio<br />

avvengono successivamente alla data indicata.<br />

Fatture ad esigibilità differita<br />

In linea generale, l’imposta diviene esigibile nel momento in<br />

cui le operazioni si considerano effettuate e deve essere versata<br />

con le modalità e nei termini stabiliti nel Titolo secondo<br />

del D.P.R. 633.<br />

Tuttavia, per determinate operazioni, l’articolo 6 dello stesso<br />

prevede il differimento della esigibilità dell’imposta (cioè<br />

del momento in cui l’erario può richiederne il pagamento)<br />

all’atto del versamento del corrispettivo, al fine di evitare<br />

che il fornitore debba diventare debitore del tributo prima<br />

di aver incassato, in via di rivalsa, il relativo importo.<br />

Tenuto conto di ciò, anche se il debito IVA nei confronti<br />

dell’Erario sorge nel momento della riscossione effettiva del<br />

corrispettivo, anziché nel momento di emissione della fat-<br />

cooperazione


tura o della consegna del bene, resta comunque invariato il<br />

momento di effettuazione dell’operazione, al cui verificarsi<br />

sorge l’obbligo di emissione della fattura – che deve riportare<br />

l’indicazione “operazione ad esigibilità differita” – e<br />

della relativa registrazione.<br />

Correzione degli errori<br />

Con un precedente comunicato stampa, diramato il 16 settembre<br />

u.s., l’Agenzia delle Entrate, per venire incontro alle<br />

esigenze degli operatori economici con particolari complessità<br />

gestionali, aveva già previsto, relativamente alla fase di<br />

prima applicazione della nuova aliquota, la possibilità di<br />

regolarizzare le fatture eventualmente emesse ed i corrispettivi<br />

annotati in modo non corretto effettuando la variazione<br />

in aumento (articolo 26, primo comma, del D.P.R. n.<br />

633 del 1972) senza che ciò comportasse alcuna sanzione,<br />

qualora ragioni di ordine tecnico avessero impedito di adeguare<br />

in modo rapido i software per la fatturazione ed i<br />

misuratori fiscali.<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Attualità 5<br />

L’Agenzia ha poi ritenuto opportuno consentire detta regolarizzazione<br />

entro un termine più ampio, ovvero:<br />

- per i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche<br />

con cadenza mensile, entro il termine stabilito per il versamento<br />

dell’acconto IVA (27 dicembre) per le fatture emesse<br />

entro il mese di novembre, ovvero entro il termine di<br />

liquidazione annuale (16 marzo) per le fatture emesse nel<br />

mese di dicembre;<br />

- per i contribuenti che effettuano le liquidazioni periodiche<br />

con cadenza trimestrale, sia per previsione di legge che<br />

per opzione, entro il termine stabilito per il versamento<br />

dell’acconto IVA (27 dicembre) relativamente alle fatture<br />

emesse entro il mese di settembre, ovvero entro il termine<br />

di liquidazione annuale (16 marzo) per le fatture emesse<br />

nel quarto trimestre.<br />

Si tenga infine conto del fatto che, con l’introduzione della<br />

nuova aliquota, il metodo matematico per la determinazione<br />

dell’imposta da versare diventa l’unico applicabile per i<br />

commercianti al minuto.<br />

MATCHING 2011<br />

Come già annunciato nel precedente numero di<br />

questa rivista, l’AGCI sarà presente alla prossima<br />

edizione del MATCHING, in programma presso<br />

Fieramilano–Rho dal 21 al 23 novembre 2011,<br />

all’interno dello stand dell’Alleanza delle<br />

<strong>Cooperative</strong> <strong>Italiane</strong>, condiviso con<br />

Confcooperative e Legacoop.<br />

Sarà il Presidente Rosario Altieri ad intervenire, a<br />

nome dell’ACI, all’inaugurazione ufficiale della<br />

manifestazione, che si terrà alle ore 10 di lunedì<br />

21 nella Sala eventi: l’incontro, introdotto dal<br />

Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello,<br />

vedrà la partecipazione di insigni rappresentanti<br />

del mondo associativo ed imprenditoriale.<br />

Quest’anno sono attese in fiera oltre 2.400 imprese,<br />

con operatori provenienti da 40 Paesi ed attivi<br />

in 20 settori merceologici.<br />

L’agenda, consultabile sul portale www.e-matching.it, è ricca di interessanti appuntamenti, workshop di approfondimento, convegni<br />

istituzionali e saloni tematici, dedicati in particolare ai due argomenti-chiave dell’innovazione e dell’internazionalizzazione.<br />

Le imprese partecipanti avranno inoltre l’opportunità di dare vita a nuovi contatti ed utili relazioni, avviare progetti di collaborazione,<br />

individuare potenziali partner, clienti e fornitori, soprattutto nell’ottica dello sviluppo di reti e/o forme di aggregazione, oltre<br />

che di condividere esperienze e cogliere le nuove tendenze del mercato.


Novembre 2011<br />

6 Attualità<br />

Posta elettronica certificata: il 29 novembre la scadenza per la<br />

comunicazione obbligatoria al registro delle imprese<br />

di Silvia Rimondi<br />

Con la Circolare n. 3645/C/2011, il Ministero dello<br />

Sviluppo Economico ha fornito gli attesi chiarimenti in<br />

merito all’applicazione dell’articolo 16, comma 6, del D.L.<br />

n. 185/2008 così come convertito dalla Legge n. 2 del 28<br />

gennaio 2009, specificando i soggetti obbligati, entro il<br />

29 novembre prossimo, alla comunicazione al<br />

Registro delle imprese del proprio indirizzo di posta<br />

elettronica certificata e le relative procedure.<br />

Ricordiamo, infatti, che dal 29 novembre 2008 le nuove<br />

società sono tenute ad indicare l'indirizzo PEC nella stessa<br />

domanda di iscrizione al Registro delle Imprese, mentre<br />

quelle costituite anteriormente a tale data hanno potuto<br />

fruire di un congruo periodo (tre anni) per dotarsene.<br />

Tale strumento equivale, a tutti gli effetti, ad una raccomandata<br />

con ricevuta di ritorno e può essere utilizzato per<br />

scambiare documenti ed istanze con la Pubblica<br />

Amministrazione, ma anche per semplificare la propria corrispondenza<br />

con altre imprese, Enti ed Istituzioni: l’invio e<br />

la ricezione del messaggio vengono certificati, con prova<br />

legale dell’avvenuta spedizione e del connesso recapito, ivi<br />

compresa l’eventuale documentazione allegata, purché sia<br />

il mittente che il destinatario dispongano di una casella PEC<br />

presso uno dei gestori autorizzati.<br />

Ciò premesso, nel citato provvedimento si precisa<br />

che sono tenute a tale adempimento le società di<br />

capitali e di persone, le società semplici, le società<br />

cooperative, tutte le società in liquidazione e le<br />

società estere che hanno in Italia una o più sedi<br />

secondarie.<br />

Inoltre, il mancato rispetto della scadenza sopra<br />

ricordata comporta l'applicazione delle sanzioni<br />

previste dall'art. 2630 del Codice civile in capo al<br />

legale rappresentante dell'impresa stessa, che<br />

variano da 206 a 2.065 euro, salvo la riduzione a<br />

1/3 se la denuncia, la comunicazione o il deposito<br />

avvengono nei successivi 30 giorni.<br />

<strong>Libera</strong><br />

La comunicazione, esente da oneri, diritti, bolli e tariffe,<br />

deve essere presentata dal legale rappresentante della<br />

società: a tal fine, il Registro delle Imprese ha attivato una<br />

“procedura semplificata online”, accessibile all’indirizzo<br />

http://pec-registroimprese.infocamere.it ed utilizzabile da<br />

coloro che siano in possesso di un dispositivo di firma digitale.<br />

La circolare del Ministero chiarisce infine che è possibile<br />

indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata dello studio<br />

professionale che assiste l’impresa negli adempimenti<br />

burocratici, ovvero di un’altra società cui l’impresa obbligata<br />

all’adempimento sia collegata.<br />

In pratica, il proprio domicilio informatico, laddove non si<br />

provveda ad attivare una apposita casella PEC, può essere<br />

stabilito, in via alternativa, presso quella del commercialista/studio<br />

di consulenza di riferimento o anche presso<br />

quella della società madre, con tutte le complicazioni che,<br />

tuttavia, potrebbero derivarne nella gestione delle comunicazioni.<br />

cooperazione


Fon.Coop, il Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale<br />

per la Formazione Continua nelle imprese cooperative,<br />

costituito da AGCI, Confcooperative, Legacoop e da Cgil,<br />

Cisl, Uil, ha pubblicato due nuovi Avvisi per un totale di<br />

9,5 milioni di euro.<br />

Avviso 16 – Fondo di Rotazione. Con oltre 8 milioni di<br />

euro, è lo stanziamento più cospicuo sul canale di offerta<br />

dedicato alla competitività delle cooperative ed alla valorizzazione<br />

delle competenze dei lavoratori che in esse<br />

lavorano. L’Avviso, che finanzia una vasta gamma di attività<br />

formative, presenta importanti novità: tre diverse<br />

tipologie di piani formativi concordati ed un arco temporale<br />

più ampio per la presentazione delle domande di<br />

finanziamento.<br />

• Piani solo Voucher. Ogni voucher può avere un valore<br />

massimo di 2.500 euro. Le risorse stanziate sono<br />

500.000 euro, la scadenza della presentazione on line è<br />

fissata per il 23 gennaio 2012.<br />

• I Piani Standard. Per attività che prevedono tematiche<br />

formative di tipo generale, come ad esempio la sicurezza<br />

sui luoghi di lavoro e la qualità. Le risorse stanziate<br />

ammontano a 3.040.000 euro, la scadenza della presentazione<br />

on line è fissata per il 23 febbraio 2012.<br />

• I Piani complessi. Finanziano attività che ripercorrono<br />

tutte le fasi del ciclo formativo, dall’analisi dei fabbisogni<br />

alla valutazione dei risultati. Le risorse stanziate<br />

ammontano a 4.520.000 euro, la scadenza della presentazione<br />

on line è fissata per il 23 febbraio 2012.<br />

Avviso 17 – interventi formativi per nuovi assunti.<br />

L’avviso ha una dotazione iniziale di 1,5 milioni di euro ed<br />

ha una modalità di presentazione “a sportello” con valutazione<br />

mensile dei piani concordati. L’Avviso consente<br />

alle imprese che assumono nuovo personale a tempo<br />

indeterminato, o determinato per almeno 24 mesi, di<br />

ottenere un finanziamento per la formazione di attività<br />

che uniformano le competenze dei neoassunti al contesto<br />

lavorativo dell’impresa. Possono partecipare all’Avviso<br />

imprese aderenti che hanno stipulato i contratti di assunzione<br />

nei tre mesi precedenti alla domanda di contributo.<br />

La prima scadenza è fissata per il 31 gennaio 2012.<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Formazione 7<br />

Formazione per l’occupazione e la competitività delle <strong>Cooperative</strong>:<br />

pubblicati due nuovi avvisi Foon.Coop per oltre 9,5 milioni di euro<br />

Per partecipare agli Avvisi è necessario essere aderenti a<br />

Fon.Coop. Le imprese non aderenti possono comunque<br />

partecipare regolarizzando l’adesione anche al momento<br />

della presentazione dei piani.<br />

Gli Avvisi sono pubblicati sul sito di Fon.Coop – www.foncoop.coop<br />

Per ulteriori informazioni:<br />

numero verde 800 912 429;<br />

la Rete degli Assistenti Tecnici Territoriali:<br />

www.foncoop.coop nella pagina dedicata;<br />

progettazione@foncoop.coop.


Novembre 2011<br />

8 <strong>Associazione</strong><br />

1848-1948. Dal Risorgimento alla Repubblica, da Giuseppe Mazzini a<br />

Giovanni Conti<br />

di Rosario Altieri<br />

L’AGCI, in collaborazione con<br />

l’Archivio di Stato di Ancona e la<br />

Soprintendenza Archivistica per la<br />

Campania, ha tenuto lo scorso 28<br />

settembre, presso Palazzo Marigliano<br />

in Napoli, un convegno con il quale è<br />

stata inaugurata la Mostra storica dal<br />

titolo “1848-1948. Dal Risorgimento<br />

alla Repubblica, da Giuseppe Mazzini<br />

a Giovanni Conti”.<br />

L’iniziativa è stata voluta dalla nostra<br />

<strong>Associazione</strong> per evidenziare l’attualità<br />

dei valori e degli ideali del<br />

Risorgimento d’Italia e la coerenza<br />

con essi della Costituzione della<br />

Repubblica, che risente in maniera<br />

molto marcata del pensiero dei Padri<br />

della nostra Patria, la quale proprio<br />

nel Risorgimento affonda le sue<br />

radici.<br />

Ne è un esempio lampante Giovanni<br />

Conti che, nella sua qualità di Vice<br />

Presidente dell’Assemblea Costituente, ha svolto un ruolo<br />

importante nell’architettura costituzionale, la quale ancora<br />

oggi regge brillantemente il confronto con quelle di tutti gli<br />

altri Paesi democratici ed è anzi considerata fra le più avanzate,<br />

nonostante siano trascorsi 65 anni dalla sua stesura.<br />

In essa è disegnato uno Stato profondamente laico, ma non<br />

per questo antireligioso; in essa vi sono contenuti tutti i<br />

valori della eguaglianza, della fratellanza e della solidarietà;<br />

in essa hanno trovato posto tutte le norme necessarie a<br />

garantire democrazia e libertà.<br />

Un altro esempio, a noi altrettanto caro, è rappresentato da<br />

Meuccio Ruini che, in perfetta sintonia col Conti e nella<br />

qualità di Presidente della Commissione dei 75 incaricata di<br />

provvedere alla redazione della Costituzione stessa, ne ha<br />

scritto materialmente il testo e ha vigilato affinché i valori di<br />

uno Stato laico, libero, democratico, solidale non solo fossero<br />

ivi contenuti, ma non rischiassero di essere compromessi<br />

da alcun equivoco ideologico.<br />

<strong>Libera</strong><br />

Al convegno, che ha avuto l’onore di avvalersi dell’Alto<br />

Patronato della Presidenza della Repubblica Italiana e ha<br />

ricevuto il patrocinio del Senato della Repubblica e della<br />

Giunta Regionale della Campania, hanno partecipato prestigiosi<br />

storici: Roberto Balzani, Ordinario di Storia contemporanea<br />

all’Università di Bologna e Sindaco di Forlì; Cosimo<br />

Ceccuti, Ordinario di Storia contemporanea all’Università di<br />

Firenze e Presidente della Fondazione Giovanni Spadolini<br />

Nuova Antologia; Luigi Musella, Ordinario di Storia contemporanea<br />

all’Università di Napoli Federico II; Giovanni<br />

Conti jr., Avvocato e nipote dell’omonimo illustre statista;<br />

Giovanna Giubbini, Direttore dell’Archivio di Stato di<br />

Ancona; Maria Luisa Storchi, Soprintendente Archivistico<br />

per la Campania. Le conclusioni sono state affidate al sottoscritto.<br />

L’interessante assise, molto apprezzata dal numeroso uditorio<br />

presente, ha anche visto svilupparsi un partecipato<br />

dibattito, al quale hanno contribuito, tra gli altri, il Prof.<br />

cooperazione


Carlo Curti Gialdino della Facoltà di Scienze politiche<br />

dell’Università La Sapienza di Roma e l’Avvocato Mario Del<br />

Vecchio, già Assessore Regionale della Campania e<br />

Presidente del Consiglio Regionale della stessa regione,<br />

nonché allievo di Giovanni Conti, con cui ha avuto la fortuna<br />

di collaborare.<br />

La parte più propriamente storica è stata trattata da<br />

Cosimo Ceccuti e Roberto Balzani, che hanno affrontato,<br />

il primo, la rilevanza di moti risorgimentali particolarmente<br />

influenzati dal pensiero e dell’azione di Giuseppe<br />

Mazzini ed il secondo la Repubblica con la sua Carta costituzionale,<br />

in cui Giovanni Conti ha avuto un peso riconosciuto<br />

ed apprezzato.<br />

Il Prof. Musella ha poi tracciato il contributo e la specificità<br />

dei personaggi napoletani che, nel corso del secolo<br />

preso in esame, si sono particolarmente distinti.<br />

Altrettanto interessanti sono risultati gli interventi della<br />

Dott.ssa Giubbini e della Dott.ssa Storchi. Molto accurata<br />

è parsa essere la regia assicurata dall’Avvocato Pier<br />

Francesco Del Mercato, che ha saputo armonizzare i lavori<br />

con stimoli mirati ed intuizioni intelligenti.<br />

Come precedentemente anticipato, il convegno è stato<br />

concluso dal sottoscritto, il quale ha evidenziato quanto<br />

l’AGCI, fin dal suo Statuto ed in tutta la sua vita, sia stata<br />

influenzata dal pensiero risorgimentale di Mazzini e come,<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

<strong>Associazione</strong> 9<br />

nel corso del tempo, si sia potuta avvalere dell’azione<br />

diretta dei continuatori di quel pensiero, a cominciare da<br />

Meuccio Ruini che l’ha presieduta per ben sei anni, dalla<br />

sua costituzione nel 1952 al 1958.


Novembre 2011<br />

10 Inchiesta<br />

"4 AGOSTO '74 - Italicus, la strage dimenticata"<br />

Dieci mesi di studi e ricerche d’archivio, ventitré interviste, cinque inserti di fiction: il primo documentario<br />

su una strage dimenticata<br />

Il 24 ottobre scorso presso il cinema “Saffi” di Forlì ha riscosso<br />

grande interesse la Prima nazionale del documentario “4 AGOSTO<br />

’74 - Italicus, la strage dimenticata” di Alessandro Quadretti e<br />

Domenico Guzzo, prodotto da Officinemedia, nuova realtà cooperativa<br />

aderente ad AGCI Forlì - Cesena - Rimini. “Un regista laureato<br />

in storia e uno storico con esperienza in promozione cinematografica”<br />

hanno sviluppato un progetto che ripercorre l’intera<br />

vicenda del treno Italicus dall’attentato ai processi: segreti di Stato,<br />

neofascismo, P2 e colpevoli perduti, un intreccio rivelatosi un<br />

autentico romanzo nero. Il lungometraggio è composto di diverse<br />

interviste, filmati e foto d’epoca. Realizzato in digitale Alta<br />

Definizione (HD), presenta l’inserimento di materiale in pellicola<br />

super8, adatta soprattutto a ricreare un tono fotografico riconducibile<br />

agli anni ’70. Il sound design di Gianluca De Lorenzi si è ispirato<br />

al grande cinema d'inchiesta italiano di quell’epoca. L’analisi e<br />

la ricostruzione storica sono alternate a sguardi privati, destinati a<br />

raccontare i riflessi più intimi dell’evento terroristico. Il ritmo del<br />

montaggio dettato scandisce un dialogo ideale tra la sfera prettamente<br />

storico-politica di studiosi, magistrati, giornalisti, ex-terroristi<br />

e quella interiore espressa dal vissuto di alcune vittime, tramite<br />

foto e ricordi familiari”. Tra le storie delle dodici vittime di quell’attentato,<br />

le più significative risultano quelle della famiglia Russo - in<br />

cui morirono padre, madre e un figlio mentre altri due rimasero<br />

gravemente ustionati - , del turista giapponese Tsugufumi Fukada<br />

e del ferroviere forlivese Silver Sirotti, morto a 24 anni nel tentativo<br />

di soccorrere i passeggeri. Di ideali mazziniani, Sirotti è stato<br />

insignito per tale gesto della Medaglia d’oro al valor civile. Le loro<br />

voci nei giorni e negli attimi precedenti la tragedia, interpretate da<br />

attori, restituiscono in modo diretto e misurato la dimensione del<br />

dramma personale. Ciò che avvenne sull’espresso Roma-Monaco<br />

di Baviera all’una e ventitré antimeridiana del 4 agosto 1974,<br />

all’immediata uscita della galleria ferroviaria di San Benedetto Val<br />

di Sambro, con 12 morti e 105 feriti, di cui 44 gravi, rappresenta il<br />

più sanguinoso attentato terroristico dinamitardo perpetrato nel<br />

decennio maggiormente violento del dopoguerra italiano.<br />

Ciononostante, questa tragedia si presenta come la strage meno<br />

ricordata, meno commemorata, meno analizzata e considerata<br />

dalla storiografia e dalla memoria nazionale. Una tale negligenza<br />

del ricordo, secondo gli autori, è dovuta a ragioni che vanno dall’assenza<br />

di un’associazione di familiari delle vittime alla sfortunata<br />

<strong>Libera</strong><br />

coincidenza di date con la strage di Bologna del 2 agosto 1980<br />

che, con la sua preminenza mediatica, monopolizza ogni agosto i<br />

dibattiti commemorativi sul dramma della violenza politica in<br />

Italia”. La bomba piazzata sull’espresso Roma-Monaco di Baviera<br />

“Italicus” venne concepita per produrre un’ecatombe: si trovava su<br />

un treno con oltre 400 passeggeri e con il timer regolato per detonare<br />

all’orario di arrivo nel più importante snodo ferroviario italiano,<br />

Bologna. Il numero di dodici vittime, esiguo rispetto alle previsioni<br />

terroristiche, si spiega solo in virtù di un accidente fortunoso:<br />

un ritardo di ventisei minuti sposta la detonazione all’uscita della<br />

galleria di San Benedetto Val di Sambro. Se fosse scoppiata all’interno<br />

del tunnel, i morti sarebbero stati centinaia”. Come per tutte<br />

le stragi legate alla strategia delle tensione, la magistratura non è<br />

riuscita a provare pienamente la colpevolezza dei mandanti e degli<br />

esecutori materiali dell’attentato all’Italicus. A chi si affaccia oggi<br />

su quella tragedia, resta soltanto una plausibile ricostruzione storica,<br />

ma nessuna certezza giudiziaria. Il documentario intende<br />

appunto raccontare, a quasi 40 anni di distanza, un dramma privato<br />

e collettivo, restituendolo a chi vuole leggere i fatti senza censure<br />

e omissioni. In quest’ottica, il film rivela diverse testimonianze<br />

inedite, provenienti sia da documenti riservatissimi che da alcuni<br />

mitizzati protagonisti dell’estremismo nero”. Tra gli oltre venti<br />

intervistati figurano magistrati, rappresentanti delle istituzioni,<br />

avvocati, storici, militanti politici giornalisti e testimoni. Di particolare<br />

interesse i contributi del senatore Giovanni Pellegrino (presidente<br />

della Commissione stragi), del senatore Sergio Flamigni<br />

(membro delle Commissioni parlamentari d'inchiesta (“Moro”,<br />

“P2” e “Antimafia”), del presidente della Corte d'Assise di<br />

Bologna Leonardo Grassi (all'epoca istruttore del processo “Italicus<br />

- bis”), dell'avvocato Guido Calvi (Consiglio superiore della magistratura),<br />

del giornalista Aldo Balzanelli (cronista de la Repubblica<br />

al processo Italicus), del giornalista Rai Nicola Rao (esperto del neofascismo<br />

italiano) e di Manlio Milani (presidente della Casa della<br />

memoria di Brescia). Dopo le proiezioni di Forlì, Faenza, Cesena e<br />

Rimini (quest'ultima in collaborazione con il Premio Ilaria Alpi), ad<br />

oggi sono stabilite le date di Roma, Milano, Macerata, Brescia<br />

mentre altre ancora vengono quotidianamente vagliate e programmate<br />

con l'obiettivo di coprire l'intero territorio nazionale.<br />

Su http://vimeo.com/30183317 è visionabile il trailer del<br />

documentario.<br />

cooperazione


a salita al soglio pontificio nel giugno 1846 del<br />

marchigiano Giovanni Mastai-Ferretti, col nome di<br />

Pio IX, suscitò speranze inattese nei patrioti ed<br />

intellettuali. Il nuovo papa aveva concesso l’amnistia<br />

ai detenuti politici con l’Editto del perdono,<br />

aveva invocato la benedizione di Dio sull’Italia e<br />

andava aprendo alle idee liberali con una prudente<br />

diminuzione della censura. L’entusiasmo non si<br />

fece attendere: Garibaldi, dall’Uruguay, gli offrì la<br />

sua spada; Mazzini, che pure non si<br />

dichiarava fiducioso in personaggi<br />

come Carlo Alberto e il papa, scrisse<br />

a quest’ultimo una lettera nella quale<br />

traspariva la sua fede nella missione<br />

dell’Italia, nei princìpi della religione,<br />

nell’immortalità dell’anima, ma<br />

anche nel progresso e nell’umanità.<br />

«Siate credente», «Unificate l’Italia,<br />

la patria vostra», scriveva Mazzini a<br />

Pio IX, intrufolando la missiva, non si<br />

sa come, nella carrozza del pontefice,<br />

forse a volergli dimostrare che la<br />

mano della cospirazione arrivava<br />

anche lì. Naturalmente Mazzini si<br />

rivolgeva da pari a pari, e non mancò<br />

di dire al papa che, se si fosse rifiutato,<br />

l’Italia si sarebbe unita senza di lui, perché quella era la<br />

volontà di Dio (dal Protocollo della Giovine Italia. Appendice<br />

agli scritti editi ed inediti (1916-1922) vol.XXXIII p.110 e<br />

XXXVI p.229-230).<br />

Pio IX probabilmente si stupì di questo successo popolare,<br />

forse dovuto anche alla sua immagine giovanile, tutto il contrario<br />

del precedente Gregorio XVI, autore della retriva encicli-<br />

<strong>Libera</strong><br />

ca Mirari vos e arroccato su una rigida concezione del potere<br />

temporale. Tanto l’indice di gradimento di papa Mastai era<br />

alto, che Metternich sbottò: «Tutto era calcolato nelle mie<br />

previsioni politiche, fuorché l’avvento di un Papa liberale».<br />

Carlo Alberto fu suggestionato dalla novità: egli era, sostanzialmente,<br />

un reazionario attaccato all’idea tradizionale della<br />

discendenza divina del potere regio, e praticava la religione cattolica<br />

con un’intensità che rasentava il bigottismo. Questo esercizio,<br />

però, lo riempiva di angosce, timori, dubbi, tanto da farsi<br />

soprannominare dal popolo “Re<br />

Tentenna”, da Mazzini ”Amleto<br />

della Monarchia”, e più tardi, da<br />

Giosuè Carducci, “Italo Amleto”. Il<br />

Savoia era, in altre parole, un clericale<br />

ed un legittimista. Nondimeno,<br />

per opportunismo, egli avviò prudenti<br />

riforme: nel 1831 introdusse<br />

un Consiglio di Stato puramente<br />

consultivo e nuovi codici, civile,<br />

commerciale, penale (ma non si<br />

dimentichi che era stato Napoleone<br />

a riformare queste materie, col<br />

codice civile del 1804, di procedura<br />

civile nel 1806, di commercio del<br />

1807, di procedura penale del 1809<br />

e penale del 1810; fonti giuridiche,<br />

queste, che per la loro perfezione e modernità sarebbero state<br />

recepite nel continente da molti sovrani assoluti e persino nei<br />

paesi mediterranei di religione islamica. Ancora oggi essi funzionano<br />

magnificamente, tanto che in Francia il testo del codice<br />

civile è identico a quello introdotto dal Còrso).<br />

In Toscana il Granduca Leopoldo II mantenne una relativa tolleranza,<br />

anche se, sotto le pressioni dell’Austria, aveva dovuto<br />

cooperazione<br />

ARCHIVIO STORICO-CULTURALE<br />

GLI ANNI ‘40 DEL 1800:<br />

PROGRESSO, SPERANZE E NUOVI CORSI POLITICI (PARTE 1^)<br />

Pio IX


Novembre 2011<br />

12 Archivio Storico-Culturale<br />

Inaugurazione della Napoli – Portici (dipinto di Salvatore Fergola) Locomotiva “Vesuvio” costruita dalla<br />

Longdridge<br />

sopprimere l’Antologia del Vieusseux. Ma, come al solito,<br />

dalla tolleranza e dall’apertura di mente nacquero eventi<br />

importantissimi: il granduca convocò a Pisa, nel 1839, il primo<br />

congresso degli scienziati italiani, e per molti anni esso si ripeté<br />

in varie città, portando con sé un’aria di rinnovamento culturale<br />

che fu la base di nuove considerazioni economiche e,<br />

quindi, politiche. Furono anni di innovazione tecnologica, a<br />

séguito di invenzioni e scoperte importanti: nacque la rotazione<br />

delle colture, furono introdotte le macchine agricole, i concimi<br />

artificiali, furono compiuti passi enormi nella fisica, nella<br />

termodinamica, nella chimica organica. Si pensi solamente<br />

all’importanza dell’acido salicilico (nucleo dell’odierna aspirina)<br />

scoperto nel 1839 dal calabrese Raffaele Piria, futuro<br />

patriota del ‘48. Le istanze della borghesia e dei ceti produttivi<br />

si erano da tempo appuntate sull’abolizione dei dazi e delle<br />

dogane, quantomeno tra gli Stati dello Stivale, e a queste<br />

modeste conquiste, peraltro avversate fortemente nel Regno<br />

delle Due Sicilie, si andavano aggiungendo altre possibilità di<br />

sviluppo: nuove banche, strade, tecniche di allevamento ed<br />

agricoltura (soprattutto in Piemonte), nuove industrie tessili,<br />

meccaniche, metallurgiche e non ultima la ferrovia. Proprio<br />

nel territorio politicamente più arretrato fu realizzata la prima<br />

tratta italiana, la Napoli-Portici, nell’ottobre 1839, e la dice<br />

lunga un pensiero del De Sanctis: «Anche sotto i cattivi governi<br />

si può promuovere la cultura e la pubblica educazione».<br />

Vale la pena ricordarla un po’ questa conquista, perché il<br />

vapore e la ferrovia furono gli strumenti che non solo trasformarono<br />

l’Europa, ma consentirono la nascita ed il predominio<br />

economico degli Stati Uniti d’America. Senza comunicazioni<br />

nessuna comunità può svilupparsi, e nel nuovo mondo si capì<br />

sùbito – grazie anche alla natura fattiva ed operosa indotta dal<br />

<strong>Libera</strong><br />

protestantesimo, che vedeva nel capitale un mezzo di progresso<br />

e non uno strumento del diavolo (come avrebbe osservato<br />

ai primi del Novecento Max Weber nella celebre opera<br />

“L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”) – si capì che<br />

la conquista delle lontane terre occidentali, il Far West, non si<br />

sarebbe realizzata senza l’ausilio della strada ferrata. In Gran<br />

Bretagna la prima tratta risaliva al 1825. Orbene, la Napoli-<br />

Portici è figlia di quell’operosità che George e Robert<br />

Stephenson, inventori della locomotiva a vapore, avevano<br />

vòlto in Gran Bretagna a nuova conquista industriale. Eppure<br />

anche in quel paese i ceti conservatori dell’aristocrazia terriera,<br />

aggrappati alla rendita fondiaria, avevano avversato il<br />

treno. Il Duca di Wellington, primo ministro del re, fu destinatario<br />

di un cordiale invito dell’economista David Ricardo:<br />

«Vada al diavolo il Duca di Wellington con tutti i suoi campi di<br />

patate!». Ma resistenze all’introduzione delle macchine vi<br />

erano state, alla fine del Settecento, persino tra gli operai britannici,<br />

quando, trascinati dal celebre Nedd Ludd (che fu giustiziato)<br />

distruggevano i telai meccanici. Resistenze per così<br />

dire ”trasversali”, dall’aristocrazia fino ai ceti più poveri, ed<br />

alquanto ottuse, perché il progresso umano marcia sulle<br />

gambe della scoperte e delle invenzioni scientifiche e dell’innovazione<br />

tecnologica. E mentre le aristocrazie terriere europee<br />

avversavano il progresso, un americano come Robert<br />

Fulton inventava, nel 1803, il battello a vapore, una macchina<br />

rivoluzionaria che avrebbe mandato al disarmo migliaia di<br />

velieri e cambiato il volto dei commerci mondiali. Come si<br />

vede, la globalizzazione odierna ha origini antiche e si è basata<br />

sul progresso delle comunicazioni e dei trasporti.<br />

Dunque Ferdinando II di Napoli, quantunque gretto e reazionario,<br />

ebbe questo guizzo di essere l’unico sovrano italiano a<br />

cooperazione


fare un esperimento ferroviario. Qualcuno<br />

dice sia stata un’occasione per rifarsi l’immagine,<br />

e probabilmente quel re deve<br />

avere pensato proprio questo quando<br />

dotò Napoli, prima città in Italia, dell’illuminazione<br />

a gas. La ferrovia partenopea fu<br />

affidata al costruttore francese Bayard e il<br />

treno di otto carrozze venne trainato da<br />

una macchina pesante 13 tonnellate, una<br />

Longdridge inglese nominata per l’occasione<br />

”Vesuvio”.<br />

I sette chilometri venivano percorsi in circa<br />

dieci minuti, e il treno, che al viaggio inaugurale<br />

aveva portato 258 passeggeri, nei<br />

successivi quaranta giorni ne trasportò più<br />

di 85.000. Nel 1849 vi avrebbe viaggiato<br />

persino Pio IX, rimanendone entusiasta. E<br />

nel 1845 Nicola I Zar di Russia avrebbe<br />

addirittura ricopiato le piante degli stabilimenti industriali di<br />

Pietrarsa che nel frattempo erano sorti per la costruzione dei<br />

treni borbonici. L’industria del sud era tutt’altro che arretrata:<br />

anche i binari venivano prodotti a Pietrarsa “perché - disse<br />

Ferdinando II - del braccio straniero a fabbricare le macchine,<br />

mosse dal vapore, il Regno delle Due Sicilie più non abbisognasse...”.<br />

Pietrarsa fu il primo grande sistema industriale italiano.<br />

Nel 1860 la fabbrica aveva costruito trecento locomotive,<br />

migliaia tra carrozze passeggeri e merci destinate alla rete<br />

ferroviaria. Questa, nel frattempo, si era estesa sino ad<br />

Avellino, Pompei, Angri, Pagani e Nocera Inferiore. Nel 1846<br />

l’ingegnere Bayard ottenne la concessione per il prolungamento<br />

su San Severino. Il ferro per la costruzione proveniva<br />

dalle miniere della Vallata dello Stilaro e fu lavorato nel Polo<br />

siderurgico di Mongiana, in Calabria. Questi magnifici pòli<br />

Camillo Benso conte di Cavour<br />

Carlo Cattaneo<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Archivio Storico-Culturale 13<br />

economici sarebbero stati smantellati dai piemontesi<br />

intorno agli anni settanta<br />

dell’Ottocento, qualcuno dice per privare il<br />

brigantaggio di risorse, altri per spostare l’asse<br />

industriale a nord. Quando ci occuperemo<br />

della pagina tanto nera quanto sottaciuta del<br />

cosiddetto “brigantaggio” (una vera e propria<br />

guerra civile che non compare nei libri<br />

scolastici), vedremo meglio se sia giusto dire<br />

che il meridione fu civilizzato dai piemontesi e<br />

se le efferatezze compiute dalle truppe<br />

savoiarde siano state giustificate. La storia<br />

non si può celare: il Risorgimento non è una<br />

processione di figurine e di santini; non è neppure<br />

l’oleografia dei màrtiri, ma un complesso<br />

evento politico, economico e sociale che<br />

merita di essere approfondito senza pregiudizi,<br />

assiòmi, dogmi, stereotipi, tanto più in<br />

questo 150° anniversario dell’Unità.<br />

Il vapore come strumento di progresso non fu trascurato nemmeno<br />

nel nord d’Italia. A Milano gli austriaci non consentivano<br />

la diffusione del pensiero politico ma vedevano bene la cultura<br />

tecnica e scientifica, favorita anche dai numerosi congressi<br />

scientifici di quegli anni. Un giovane economista e studioso<br />

di scienze umane, Carlo Cattaneo, repubblicano di formazione<br />

illuminista, intorno ai suoi trent’anni pubblicò sulla<br />

rivista ”Annali universali di Statistica, Economia pubblica,<br />

Storia, Viaggi e Commercio” un saggio su un progetto di strada<br />

ferrata da Milano a Venezia. Nel 1839 egli fondò la rivista<br />

“Il Politecnico-Repertorio mensile di studj applicati alla prosperità<br />

e coltura sociale” e la curò, tra alterne vicende, sino al<br />

1869, anno della sua morte. Questa rivista fu un cenacolo formidabile<br />

di divulgazione culturale, anche perché Cattaneo,<br />

oltreché laureato a Pavia in giurisprudenza a pieni voti,<br />

frequentando anche la scuola di Giandomenico<br />

Romagnosi, era studioso di lingue, delle civiltà asiatiche<br />

e delle tradizioni popolari. All’epoca non esistevano<br />

ufficialmente discipline come la sociologia<br />

(il Corso di Filosofia Positiva di Auguste<br />

Comte è del 1830, pressoché coevo agli studi di<br />

Cattaneo) e l’antropologia culturale (in Italia<br />

gli studi di Giustiniano Nicolucci e Paolo<br />

Mantegazza comparvero nella seconda metà<br />

dell’Ottocento), ma Cattaneo può dirsene tra i<br />

più importanti precursori dell’epoca. E sempre in<br />

tema di ferrovie, un giovane Camillo Benso conte<br />

di Cavour pubblicò sulla Gazzetta Piemontese idee<br />

circa La strada di ferro da Ciamberì al lago di Bourget<br />

e la navigazione a vapore su quel lago e sul Rodano.<br />

Scrisse anche su una rivista francese il saggio Des


Novembre 2011<br />

14 Archivio Storico-Culturale<br />

Luigi Mussini<br />

Luigi Mussini è considerato il protagonista della scena culturale senese<br />

nella seconda metà dell’Ottocento ed esponente di spicco della corrente<br />

purista.<br />

Figlio di Natale Mussini, maestro di cappella presso la corte prussiana,<br />

nacque a Berlino il 19 dicembre 1813. A soli sette anni, trasferitosi a<br />

Firenze, fu iniziato alla pittura dal fratello maggiore, Cesare. Qui ebbe<br />

l’opportunità di frequentare personalità di spicco, quali Giuseppe Giusti,<br />

Massimo D’Azeglio e Giovanni Battista Niccolini.<br />

Nel 1840, dopo aver studiato per dieci anni all’Accademia di Belle Arti di<br />

Firenze, si trasferì per quattro anni a Roma, dove si avvicinò alla cultura<br />

purista italiana e soprattutto a quella francese di Jean Auguste<br />

Dominique Ingres. Quattro anni dopo aprì a Firenze con lo svizzero<br />

Adolfo Stuerler, allievo di Ingres, una scuola d’arte in cui si proponeva la<br />

ricerca del modello artistico e figurativo dell’epoca tramite lo studio della<br />

tradizione figurativa italiana.<br />

Nel 1849, dopo essere stato volontario nella prima guerra di indipendenza,<br />

si trasferì a Parigi dove frequentò gli allievi di Ingres, Jean<br />

Hippolyte Flandrin e William Haussoullier. Due anni dopo si propose<br />

come direttore dell’Istituto di Belle arti di Siena. In questo periodo, il pittore<br />

fu occupato in una riforma dell’insegnamento accademico sullo<br />

sfondo dei lavori critici di Guasti, Milanesi e Pini, e in un’attività che prevedeva<br />

il riassetto della Galleria dell’Istituto ed ebbe culmine con l’edizione<br />

di due cataloghi cronologici. Morì a Siena il 18 giugno 1888 e fu<br />

sepolto nel cimitero della Misericordia nella tomba della moglie Luigia<br />

Piaggio, che era stata da lui eseguita nel 1865.<br />

Dopo la morte, nel 1880, su suggerimento dell’amico pratese Cesare<br />

Guasti, furono pubblicati gli Scritti d’arte, un insieme di corrispondenze<br />

e pensieri dell’artista.<br />

Virna Conti<br />

Chemins de fer en Italie, sostenendo che non si potesse prescindere<br />

da tale prezioso strumento di comunicazione.<br />

Insomma, in Italia, all’esordio degli anni ’40 dell’Ottocento, si<br />

creò un vortice culturale, vuoi di importazione vuoi autoctono,<br />

che cambiò i connotati alla società civile. Non vi fu<br />

ambiente culturale, professionale, artistico, artigiano, di aristocrazia<br />

liberale, che fosse immune dall’influenza delle novità<br />

scientifiche e delle innovazioni tecnologiche. Tutto ciò concorse<br />

a comprendere meglio lo stato reale dell’economia dello<br />

<strong>Libera</strong><br />

Stivale, i limiti che derivavano dalla divisione doganale, commerciale<br />

e produttiva dei sette Stati della penisola, l’arretratezza<br />

che i governi autoritari, in buona parte discendenti da<br />

monarchie straniere, imponevano con la loro visione autoritaria,<br />

quando non assolutistica, del governo. E la conoscenza<br />

dei problemi dei popoli divenne occasione di confronti e bilanci<br />

nonché anticamera di profondi sconvolgimenti. Nel volgere<br />

degli anni ’40 dell’Ottocento, l’Europa sarebbe diventata una<br />

polveriera, e l’Italia con essa. Giovanni Conti jr.<br />

cooperazione


Il capitale di rischio nelle società cooperative<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Cooperazione 15<br />

Relazione di Giustino Di Cecco, Professore Associato di Diritto Commerciale presso l'Università di Roma<br />

Tre, al Seminario "Cooperazione ed applicativi controversi" organizzato dall'<strong>Associazione</strong> di Cultura<br />

Giuridica Insignum (Milano, 22 ottobre 2011)<br />

(Prima Parte)<br />

1. L’accesso alle fonti di finanziamento da parte delle<br />

società cooperative: la rilevanza del problema<br />

Le società cooperative, come è ampiamente noto, sono organizzazioni<br />

d’impresa la cui finalità ultima (il c.d. “scopo<br />

mutualistico”) è la valorizzazione (e remunerazione) degli<br />

apporti diversi dal conferimento di capitale di rischio.<br />

Secondo la summa divisio tradizionale tra cooperative di produzione<br />

e lavoro e cooperative latu senso di consumo, lo<br />

scopo sociale consiste nella valorizzazione dell’offerta da parte<br />

del socio, alternativamente, di fattori produttivi (lavoro o<br />

materie prime) da impiegarsi nel processo produttivo ovvero di<br />

capacità di acquisto dei beni e servizi prodotti dalle società<br />

cooperative (merci, case, prodotti finanziari, ecc.).<br />

Ne consegue, dunque, che – mentre le società lucrative adottano<br />

metodologie operative strettamente ed intimamente<br />

funzionali alla valorizzazione (e remunerazione) degli apporti<br />

di capitale di rischio dei cc.dd. “creditori di ultima istanza” –<br />

le società cooperative sono tenute ad adottare meccanismi di<br />

remunerazione degli apporti dei soci basati sulla misurazione<br />

non già del conferimento di capitale bensì dello scambio<br />

1 Da tale essenziale (ed ineliminabile) caratteristica tipologica discende la tendenziale (teorica) irrilevanza del capitale apportato dal socio ai fini della determinazione della misura<br />

dell’attribuzione dei diritti partecipativi al risultato economico della società (oltre che dei diritti amministrativi).<br />

In punto di principio, del resto, mentre una società lucrativa non potrebbe funzionare senza l’apporto di capitale di rischio da parte dei soci e senza la relativa misurazione in capo<br />

a ciascuno di essi, l’eventuale mancata formazione del “capitale sociale” (o dell’apporto di patrimonio proprio) di un ente mutualistico non impedirebbe affatto il suo regolare funzionamento.<br />

Non è un caso, del resto, che nelle società di persone la legge è costretta a dettare una dalla norma dispositiva che, in assenza di diversa precisazione del contratto sociale, giunge<br />

a presumere non soltanto l’esistenza di un obbligo di conferimento a carico di tutti soci complessivamente pari a quanto necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale ma<br />

anche la volontà dei soci di una equale distribuzione tra di essi di un tale indeterminato (ma determinabile) conferimento ovvero del conferimento cumulativamente ed indistintamente<br />

previsto dal contratto sociale.<br />

Né, evidentemente, è un caso che nei consorzi ex art. 2602 c.c. (e cioè di enti a scopo chiaramente mutualistico) l’obbligo di costituire un patrimonio proprio dell’ente (c.d. “fondo<br />

consortile) è previsto soltanto per il caso di consorzi ad attività esterna, evidentemente a tutela dei terzi con i quali l’ente può entrare in contatto in ragione del regime di (tendenziale)<br />

autonomia patrimoniale dell’ente stesso (con la sola eccezione delle obbligazioni assunte in nome del consorzio ma nell’interesse di uno o più consorziati). Il che, evidentemente,<br />

significa che, nei rapporti tra consorziati e tra consorzio e consorziati, i rapporti non dipendono dall’apporto di capitale di rischio.<br />

La assoluta irrilevanza (forse anche) tipologica del capitale sociale delle società cooperative dà ragione della scelta legislativa di non imporre alcuna soglia minima al totale dei mezzi<br />

propri di cui una cooperativa deve essere dotata.<br />

Il che, tuttavia, non esclude la coerenza sistematica della prescrizione normativa che, pur in assenza di una soglia minima di capitale sociale, vieta la prosecuzione dell’attività a quegli<br />

enti privi di ogni, ancor minimo, patrimonio (o, addirittura, con un attivo inferiore al passivo) a chiara tutela dei terzi (contraenti di una società comunque dotata di autonomia<br />

patrimoniale perfetta).<br />

L’opzione normativa è, peraltro, opposta a quella effettuata con riguardo ai consorzi con attività esterna ove, per l’appunto, nessuna norma espressa impone lo scioglimento ex lege<br />

dell’ente per la perdita integrale del fondo consortile.<br />

La non essenzialità “giuridica” del capitale di rischio non vale soltanto per quelle cooperative “pure” che riservano ai soli soci il lato del mercato (di approvvigionamento dei fattori<br />

produttivi o di sbocco) nel quale avvengono gli scambi mutualistici.<br />

È vero, infatti, che le cooperative che operano anche con terzi in antagonismo con i soci (e che realizzano così risultati economici di propria esclusiva pertinenza tali cioè da incidere<br />

in più o in meno sul proprio patrimonio) conseguono, in caso di margine attivo, utili e non ristorni (non trattandosi di margini realizzati nelle transazioni con i soci).<br />

Ma è anche vero che nulla che lo statuto adotti regole di divisione di tali somme tra i soci cooperatori (ben potendo ammettersi un obbligo statutario di accantonamento a riserva<br />

indivisibile) né, in caso di distribuzione, che essa avvenga necessariamente con un criterio capitalistico basato sulla misura del capitale conferito.<br />

Del resto, la stessa Suprema Corte (Cass. n. 5735/1992) ha avuto modo di precisare la legittimità della clausola statutaria di una cooperativa di produzione e lavoro che vincolava la<br />

società a destinare gli utili netti annuali per il cinquanta per cento a fini mutualistici e per il residuo cinquanta per cento a “ripartizione” fra i soci in proporzione della quantità di<br />

lavoro da ciascuno prestata (anche oltre il limite previsto allora dalla legge Basevi).<br />

<strong>Libera</strong><br />

mutualistico tra socio e società (e, dunque, su un rapporto<br />

giuridico diverso ed ulteriore rispetto a quello propriamente<br />

sociale).<br />

La tipica forma di ripartizione tra i soci dell’utilità collettivamente<br />

realizzata dalla società è, infatti, non già la distribuzione<br />

di dividendi bensì la ripartizione dei ristorni, vantaggi mutualistici<br />

differiti attribuiti ai soci in proporzione alla qualità e quantità<br />

degli scambi mutualistici realizzati 1 .<br />

La rilevata non essenzialità tipologica dell’apporto di capitale di<br />

rischio da parte dei soci cooperatori non significa, ovviamente,<br />

che la società cooperativa, in quanto organizzazione destinata<br />

all’esercizio di un’attività d’impresa, non abbia la necessità<br />

“economica” (ancorché non “giuridica”) di dotarsi di un adeguato<br />

capitale di rischio (oltre che ovviamente di credito).<br />

Ed è questa, dunque, la ragione di fondo per la quale, da sempre,<br />

la legislazione nazionale di settore ha previsto (e tollerato)<br />

il perseguimento, oltre all’essenziale scopo mutualistico, anche<br />

di un accessorio (ma non necessariamente non prevalente)<br />

scopo lucrativo.<br />

Soltanto attraverso transazioni con terzi non soci, la cooperati-<br />

cooperazione


Novembre 2011<br />

16 Cooperazione<br />

va è infatti in grado di conseguire utili e, dunque, di disporre di<br />

risorse da destinare (in tutto o in parte a seconda dei casi) alla<br />

remunerazione del capitale di rischio apportato dagli stessi soci<br />

cooperatori o da terzi (oggi “soci finanziatori”) secondo regole<br />

distributive propriamente capitalistiche (e, cioè, fondate sulla<br />

diretta proporzionalità della remunerazione rispetto al capitale<br />

sociale da ciascuno versato) 2.<br />

Naturalmente, al chiaro fine di scongiurare il rischio di utilizzazioni<br />

“speculative” della forma cooperativa (e delle relative<br />

agevolazioni anche fiscali) da parte di soci interessati unicamente<br />

al perseguimento di finalità di chiara matrice capitalistica,<br />

la possibilità di realizzare utili nelle operazioni con i terzi<br />

(scopo di lucro oggettivo) e la possibilità di remunerare il capitale<br />

di rischio apportato dai soci (scopo di lucro soggettivo) è<br />

stata (da sempre) normativamente compressa sia attraverso<br />

l’imposizione di un limite massimo ai conferimenti individuali<br />

dei soci cooperatori sia attraverso la fissazione di limitazioni<br />

legali all’importo massimo dei dividendi destinati a remunerare<br />

tale capitale di rischio 3.<br />

L’effetto di una tale (duplice) limitazione legale alla possibilità di<br />

lucro dei soci cooperatori (si badi bene non bilanciata da alcuna<br />

garanzia contro il rischio di perdita anche integrale dell’investimento<br />

effettuato) ha certamente salvaguardato l’istituto<br />

da ogni rischio di degenerazione tipologica ma, al contempo,<br />

ha chiaramente impedito la realizzazione di ogni concreta aspirazione<br />

del mondo cooperativo ad attrarre capitali da parte<br />

(quanto meno) dei propri soci cooperatori, condannando tale<br />

forma d’impresa ad un atavico nanismo finanziario.<br />

Non a caso, del resto, l’inevitabile sottocapitalizzazione del<br />

sistema cooperativo nel suo complesso (con la sola eccezione<br />

delle banche cooperative) ha fatto sì che, sin dagli anni<br />

Settanta, il problema delle modalità di finanziamento delle attività<br />

mutualistiche abbia rivestito una posizione di costante preminenza<br />

nell’agenda delle riforme attese.<br />

Tra le tante (eterogenee) soluzioni normative offerte nel tempo<br />

2 A meno, ovviamente, di non diminuire l’importo dei ristorni da distribuire ai soci cooperatori. Il tema, evidentemente, evoca il noto problema della qualificazione giuridica dei<br />

ristorni quali costi (o rettifiche dei ricavi della cooperativa) o quale parte dell’utile conseguito dalla società. Tema che, in questa sede, può essere tralasciato.<br />

3 Di qui la scelta della legge Basevi (nella sua originaria formulazione) di vietare (allora alle sole cooperative meritevoli delle agevolazioni fiscali) la distribuzione ai soci di dividendi<br />

in misura superiore all’interesse legale sul capitale sociale effettivamente versato con conseguente obbligo di accantonamento a riserva indivisibile di ogni utile ulteriore.<br />

4 E basti ricordare:<br />

i) l’agevolazione dell’apporto di capitale di credito da parte dei soci cooperatori (sotto forma di prestiti sociali ) e, dal 1998, da parte anche di terzi sottoscrittori di obbligazioni;<br />

ii) l’aumento del limite massimo di conferimento individuale dei soci cooperatori e posto varie ipotesi di inapplicabilità dello stesso (per i conferimenti in natura, per quelli dei soci<br />

cooperatori diversi dalle persone fisiche, ecc.);<br />

iii) l’elevazione del tetto legale alla distribuzione dei dividendi a favore dei soci cooperatori (portandolo dall’iniziale limite dell’interesse legale all’attuale tasso massimo dei buoni<br />

fruttiferi postali aumentato di due punti percentuali);<br />

iv) l’esonero (prima integrale e poi parziale) dall’imposta sul reddito delle somme destinate all’accantonamento a riserva indivisibile (art. 12 legge n. 904/77);<br />

v) l’importante meccanismo di rivalutazione gratuita (in esenzione d’imposta) del capitale apportato dai soci cooperatori e non (art. 7 legge n. 59/1992).<br />

5 Sovventori e azionisti di partecipazione cooperativa secondo la legge n. 59/1992 e soci “finanziatori” secondo l’art. 2526 c.c.<br />

<strong>Libera</strong><br />

a tale immanente problema 4, particolare attenzione meritano:<br />

l’ammessa possibilità di apporti di capitale di rischio anche da<br />

parte di soci disinteressati allo svolgimento dell’attività mutualistica<br />

(e previ dei requisiti per l’ammissione quale soci cooperatori)<br />

5;<br />

l’esclusione dell’applicazione dei limiti di remunerazione dell’apporto<br />

di capitale di rischio ai conferimenti effettuati da<br />

parte dei soci diversi dai cooperatori.<br />

Non v’è dubbio, tuttavia, che gli effetti più significativi sul<br />

punto siano stati prodotti dalla novità storicamente più sottovalutata<br />

tra quelle introdotte con la riforma della legge n.<br />

59/1992: la creazione del sistema dei fondi mutualistici per la<br />

promozione e lo sviluppo della cooperazione.<br />

Senza entrare nel merito dei complessi problemi di finanziamento<br />

di tali fondi (su cui non può che rinviarsi alla relazione<br />

dell’amico avv. Belli), qui basti sottolineare che in combinato<br />

effetto:<br />

della previsione normativa dell’obbligo di versamento annuale<br />

del tre per cento degli utili posta a carico di tutte le cooperative<br />

(aderenti e non alle associazione di settore, agevolate e non);<br />

dell’imposizione dell’obbligo di devoluzione dell’intero patrimonio<br />

indivisibile in ipotesi di scioglimento e trasformazione<br />

(oltre che di abbandono delle clausole di antilucratività) posto a<br />

carico delle cooperative fiscalmente agevolate;<br />

e della statuizione dell’obbligo legale di reinvestimento nel settore<br />

cooperativo di tutte le (non irrilevanti) somme così raccolte,<br />

ha generato un forse del tutto inaspettato (o quanto meno<br />

sottovalutato ex ante) effetto virtuoso sulla capitalizzazione<br />

delle imprese mutualistiche.<br />

In un Paese storicamente incapace di avvicinare le società di<br />

capitali al mercato del capitale di rischio (o meglio, il pubblico<br />

degli investitori alle società di capitali) e storicamente carente di<br />

investitori di ventura disposti a finanziare con capitale di rischio<br />

idee innovative prive di mezzi finanziari, è proprio il mondo<br />

delle società cooperative, ossia paradossalmente quello meno<br />

cooperazione


idoneo strutturalmente ad attrarre investitori di equity, ad aver<br />

realizzato un sistema normativo capace di assicurare alle proprie<br />

imprese un canale di accesso privilegiato ad importanti<br />

capitali di rischio e di credito (generati, peraltro, dallo stesso<br />

sistema di imprese).<br />

Il meccanismo descritto, forse un po’ enfaticamente, quale<br />

“mutualità di sistema” o “mutualità esterna” si è, infatti, dimostrato<br />

una valida soluzione a superare il problema della sottocapitalizzazione<br />

del mondo cooperativo.<br />

Il che, evidentemente, deve indurre il legislatore fiscale ad una<br />

attenta riflessione prima di disporre l’abrogazione delle (residue)<br />

agevolazioni fiscali per l’autofinanziamento previsto dalla<br />

legge n. 904/77 dal momento che all’incremento immediato<br />

del gettito fiscale potrebbe far eco una sistematica diminuzione<br />

della capacità del sistema delle imprese cooperative di rimanere<br />

sul mercato.<br />

Ma, ovviamente, si tratta di una considerazione di politica<br />

legislativa ed industriale che non può che essere lasciata a chi<br />

si occupa di tali problemi con maggiore cognizione di causa.<br />

Ai fini del discorso che qui interessa, la lunga premessa appena<br />

sviluppata consente di dare sufficiente evidenza della particolare<br />

rilevanza del tema delle modalità di reperimento del capitale<br />

di rischio (e di credito) da parte delle società cooperative. E<br />

tanto, evidentemente, basta per passare ad analizzare i, purtroppo<br />

numerosi, problemi applicativi connessi con i relativi istituti<br />

giuridici coinvolti.<br />

2. I problemi applicativi relativi alla raccolta di capitale di<br />

rischio<br />

In merito alla raccolta di capitale di rischio da parte delle società<br />

cooperative, i quesiti tecnici che occorre affrontare attengono<br />

(principalmente), per un verso, al concreto operare della nota<br />

regola della variabilità del capitale sociale e, per altro verso, ai<br />

limiti che si frappongono all’autonomia statutaria nella alterazione<br />

delle regole legali di emissione dei relativi titoli e nella delineazione<br />

dei diritti amministrativi e patrimoniali concretamente<br />

attribuibili ai possessori di strumenti finanziari di equity.<br />

3. La variabilità del capitale<br />

La variabilità del capitale sociale, come è noto, è caratteristica<br />

strutturale che connota da sempre la disciplina delle società<br />

cooperative (non solo italiane).<br />

La riforma del 2003, tuttavia, nella nuova definizione offerta dall’art.<br />

2511 c.c. (secondo cui, per l’appunto, «Le società cooperative<br />

sono società a capitale variabile con scopo mutualistico»)<br />

eleva tale tratto strutturale ad elemento tipologicamente rilevante<br />

e, forse, essenziale, della fattispecie.<br />

Ciò non di meno, in un singolare apparente paradosso, l’art.<br />

2524 c.c., nel disciplinare proprio la variabilità del capitale, dopo<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Cooperazione 17<br />

aver ribadito la fondamentale regola secondo cui «Il capitale<br />

sociale non è determinato in un ammontare prestabilito», con la<br />

conseguenza che «l’ammissione di nuovi soci, nelle forme previste<br />

dall’articolo 2528 non importa modificazione dell’atto costitutivo»,<br />

si premura di precisare anche:<br />

che «La società può deliberare aumenti di capitale con modificazione<br />

dell’atto costitutivo nelle forme previste dagli articoli<br />

2438 e seguenti»;<br />

e che «L’esclusione o la limitazione del diritto di opzione può<br />

essere autorizzata dall’assemblea su proposta motivata degli<br />

amministratori».<br />

La norma dà quindi esplicito riconoscimento normativo all’istituto<br />

dell’aumento di capitale «con modificazione dell’atto costitutivo»<br />

nelle forme previste per le società a capitale fisso e statuisce<br />

l’inedita facoltà assembleare di “autorizzare” («su proposta<br />

motivata degli amministratori») «l’esclusione o la limitazione del<br />

diritto d’opzione».<br />

Il che, come è facile comprendere, sembra porre una facoltativa<br />

“eccezione normativa” alla regola che rimette alla competenza<br />

degli amministratori ogni decisione in tema di emissione di<br />

nuove azioni.<br />

Del resto, la tradizionale “prassi statutaria” delle banche popolari<br />

di distinguere tra aumenti «ordinari» (connessi all’ammissione<br />

di nuovi soci da parte degli amministratori) e aumenti<br />

«straordinari» del capitale sociale decisi con deliberazione dell’assemblea<br />

straordinaria ben evidenzia come, benché in<br />

entrambi i casi l’effetto sia sempre quello di emettere nuove<br />

azioni, si tratta di decisioni del tutto diverse: l’una avente ad<br />

oggetto l’ammissione di nuovi soci, l’altra la determinazione dell’entità<br />

del capitale di rischio. Sicché, la sussistenza di una duplice<br />

e differenziata competenza dei due organi sociali a seconda<br />

del contenuto della decisione da assumere non sembra conclusione<br />

sistematicamente inammissibile.<br />

Per quanto valer possa, la relazione al decreto legislativo n.<br />

6/2003 precisa (sub art. 2524) che si è voluta estendere alla<br />

generalità delle società cooperative la prassi già nota nel settore<br />

delle banche popolari di prevedere la «possibilità di un aumento<br />

di capitale a pagamento analogo a quello delle società di<br />

capitali» in considerazione del fatto che «il principio della porta<br />

aperta (…), affidato alla iniziativa di aspiranti soci, non soddisfa<br />

le esigenze finanziarie della società che potrebbe avere interesse<br />

ad aumentare il proprio capitale per specifiche necessità di<br />

impresa».<br />

Orbene, sul significato di tale disposizione normativa e sulla sua<br />

concreta portata applicativa si sono spese molte pagine anche e<br />

soprattutto da parte di autorevoli studiosi dei problemi notarili<br />

(oltre che, per quanto rilevi, dal sottoscritto). Sicché, in questa<br />

sede, pare opportuno limitarsi a qualche osservazione di carattere<br />

generale.


Novembre 2011<br />

18 Cooperazione<br />

Se non v’è dubbio che l’oscura espressione “aumenti di capitale<br />

con modificazione dell’atto costitutivo” sia in aperta contraddizione<br />

con la generale regola della variabilità del capitale (che,<br />

per l’appunto, esclude la necessità della modificazione dello statuto<br />

per ogni variazione dell’entità del capitale sociale), è anche<br />

vero che:<br />

i) affermare, gattopardianamente, che la norma conduce ai<br />

medesimi effetti della sua regola opposta pare conclusione da<br />

escludere: per quanto, dunque, oscura sia, la disposizione<br />

non può di certo significare che l’organo amministrativo è<br />

comunque competente a deliberare ogni emissione di titoli<br />

azionari;<br />

ii) esclusa, dunque, la competenza dell’organo amministrativo,<br />

occorre chiedersi se la decisione di aumento del capitale<br />

sociale (non funzionale all’ingresso di nuovi soci cooperatori)<br />

debba essere rimessa all’assemblea dei soci in sede ordinaria<br />

o straordinaria;<br />

iii) che l’intervento assembleare sia necessario quanto meno per<br />

l’eventuale esclusione o limitazione del diritto di opzione pare<br />

innegabile ma, ovviamente, non risolve il diverso problema<br />

dell’organo competente a decidere dell’aumento;<br />

iv) parimenti non decisiva è la necessità di modificare lo statuto<br />

per prevedere la possibilità di emettere titoli (di cooperazione<br />

e/o di finanziamento ex art. 2526) provvisti di diritti diversi da<br />

quelli in circolazione, atteso che l’introduzione nello statuto di<br />

categorie di azioni diverse da quelle in circolazione è decisione<br />

diversa da quella attinente la loro concreta emissione.<br />

Preso atto, dunque, della “immanente” contraddittorietà tra la<br />

disposizione in parola e la generale regola della non indicazione<br />

del capitale sociale nell’atto costitutivo, non resta altro che concludere<br />

che la norma può alternativamente riferirsi:<br />

a) a tutte variazioni del capitale sociale non connesse con<br />

l’ammissione di nuovi soci cooperatori (e, dunque, anche<br />

agli aumenti di capitale da parte dei soci cooperatori);<br />

b) alle sole decisioni di raccolta degli apporti dei soci<br />

finanziatori (come potrebbe desumersi altresì dal disposto<br />

dell’art. 2526, primo comma, secondo cui l’emissione degli<br />

strumenti finanziari è regolata dalla «disciplina prevista per le<br />

società per azioni»).<br />

In altri termini, non resta altro che ipotizzare che, con la norma<br />

in parola, il legislatore intenda alternativamente:<br />

i) imporre il rispetto delle sole modalità deliberative proprie<br />

delle modificazioni dell’atto costitutivo delle società per azioni<br />

pur in assenza di ogni variazione dello statuto per tutti gli<br />

aumenti di capitale sia di cooperazione che di finanziamento<br />

<strong>Libera</strong><br />

(come potrebbe desumersi dall’ulteriore precisazione circa l’adozione<br />

delle “forme previste dagli articoli 2438 e seguenti”);<br />

ii) introdurre una significativa eccezione al generale regime<br />

di variabilità del capitale per il solo capitale di finanziamento.<br />

Le due ipotesi ricostruttive sono molto diverse e conducono, evidentemente,<br />

a conseguenze applicative altrettanto eterogenee.<br />

Ambedue, peraltro, possono contare su ragioni giustificatrici<br />

valide e plausibili che, in questa sede, non si può che esporre in<br />

via sintetica ed in modo inevitabilmente apodittico.<br />

3.1. La competenza dell’assemblea ordinaria<br />

L’idea che la norma intenda unicamente imporre il rispetto delle<br />

modalità deliberative proprie delle modifiche dell’atto costitutivo<br />

pur in assenza di una formale variazione dello statuto implica<br />

che le decisioni di aumento del capitale di cooperazione e/o<br />

di emissione di azioni destinate ai (soli) soci finanziatori dovrebbero<br />

essere rimesse alla competenza dell’assemblea dei soci<br />

deliberante con le maggioranze della straordinaria (con o senza<br />

la presenza del notaio è questione ulteriore).<br />

A fondamento della tesi che vorrebbe sottrarre agli amministratori<br />

ogni decisione di variazione del capitale (di cooperazione<br />

e di finanziamento) si può osservare che la competenza dell’organo<br />

amministrativo ben può ritenersi limitata alle sole<br />

variazioni del capitale connesse con l’ammissione di nuovi soci<br />

(nelle forme dell’art. 2538 c.c. ha cura di precisare lo stesso art.<br />

2524 c.c.) visto che unicamente in tal caso si tratta di assumere<br />

decisioni che producono effetti sull’attività propria dell’impresa<br />

mutualistica che, evidentemente, non può prescindere<br />

dallo scambio di beni e servizi con i soci cooperatori (peraltro<br />

nel rispetto del principio di parità di trattamento di cui all’art.<br />

2516 c.c.).<br />

Di contro, ritenere sottratte alle regole proprie della variabilità<br />

le decisioni di emissione di azioni destinate a soci finanziatori è<br />

tesi, per un verso, coerente con quanto prevede l’art. 11,<br />

comma 1, del Regolamento sullo statuto della società cooperativa<br />

europea, laddove precisa che l’acquisto della qualità di<br />

socio sovventore «è soggetto alla approvazione dell’assemblea<br />

generale che delibera alla maggioranza stabilita per la modifica<br />

dello statuto» e, per l’altro, conclusione che può trovare fondamento:<br />

a) nel rilievo che allorquando si tratti di ammettere nella compagine<br />

sociale soci mossi da intenti lucrativi (o di aumentarne<br />

la rilevanza in termini economici) la decisione non può<br />

essere assunta senza il preliminare consenso dei soci coope-<br />

cooperazione


atori in considerazione del fatto che la decisione, inevitabilmente,<br />

comporta anche la necessità di svolgere anche (o di<br />

ampliare) l’attività non mutualistica con terzi non soci per l’evidente<br />

necessità di generare quegli utili destinati alla remunerazione<br />

dei soci finanziatori 6;<br />

b) nel fatto che, stante l’evidente incidenza della decisione sulla<br />

causa e sull’oggetto del contratto sociale, è l’assemblea a<br />

dover deliberare o quanto meno autorizzare la relativa decisione<br />

in modo del tutto analogo a quanto prescritto dall’art.<br />

2361, comma 1, c.c. per l’ipotesi di assunzione di partecipazioni<br />

in altre imprese che comportino la sostanziale modificazione<br />

dell’oggetto della società.<br />

D’altronde, una volta escluso il potere deliberativo degli amministratori,<br />

la competenza dell’assemblea ordinaria (in luogo<br />

della straordinaria) potrebbe ben trovare appiglio normativo nel<br />

disposto dell’art. 2364, comma 1, n. 5, c.c. secondo cui è a tale<br />

organo che occorre avere riguardo per le delibere «sugli altri<br />

oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell'assemblea»<br />

(o, il che è identico, sottratte alla competenza decisionale degli<br />

amministratori).<br />

3.2. La competenza dell’assemblea straordinaria (per il<br />

solo capitale di finanziamento)<br />

Una chiave di lettura chiaramente più stravolgente è quella che<br />

voglia ravvisare nella (equivoca) disposizione dell’art. 2524,<br />

comma 3, c.c. un precetto normativo teso ad imporre una normativamente<br />

prescritta competenza ulteriore dell’assemblea<br />

straordinaria per le sole decisioni di ammissione di soci finanziatori<br />

(e non anche per quello di cooperazione) pur nell’assenza<br />

di una modificazione statutaria (al pari di quanto in precedenza<br />

previsto dall’art. 2410 per l’emissione di obbligazioni).<br />

L’impostazione può trovare conforto nella circostanza che<br />

anche nelle società per azioni lucrative si discute della competenza<br />

per l’emissione di titoli «aventi natura azionaria» [e, addirittura,<br />

di titoli “ibridi” che «parametrino la remunerazione agli<br />

utili (...) ovvero attribuiscano diritti amministrativi»], osservandosi<br />

che si tratta di decisione che deve essere attribuita «per<br />

(immanente, seppur inespresso) vincolo di sistema, all’assemblea<br />

dei soci, in applicazione analogica delle norme dettate in<br />

materia di obbligazioni convertibili, intendendo le stesse non<br />

già come norme eccezionali e di stretta interpretazione bensì<br />

come norme “speciali” di generale applicazione rispetto a tutti<br />

gli strumenti ibridi di quasi capitale» (Lamandini).<br />

La ratio di una tale ricostruzione, dunque, sarebbe agevolmente<br />

ravvisabile nella rilevanza causale della decisione di ammettere<br />

soci finanziatori.<br />

<strong>Libera</strong><br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Più incisivamente, si potrebbe altresì ipotizzare che la norma<br />

introduca una vera e propria deroga alla regola della variabilità<br />

del capitale sociale con riguardo agli apporti dei soci finanziatori,<br />

imponendo la fissazione in statuto dell’importo del<br />

capitale di rischio apportato dai soci cooperatori.<br />

L’idea della “fissità” legale del capitale dei soci finanziatori<br />

(avanzata dal prof. Lamandini in un convegno del 2003) è certamente<br />

la più innovativa nel panorama delle opinioni tradizionalmente<br />

sostenute al riguardo e, altrettanto sicuramente,<br />

presta il fianco alla agevole critica che nessuna norma pare<br />

dettare esplicitamente un siffatto obbligo di indicazione statutaria.<br />

Tuttavia, è innegabile che una simile impostazione avrebbe il<br />

merito di restituire coerenza e semplicità all’intero sistema normativo<br />

in tema di società cooperative riempendo di contenuto<br />

anche la prescrizione dell’art. 2526, comma 1, c.c. nella parte<br />

in cui dispone che l’emissione degli strumenti finanziari è regolata<br />

dalla «disciplina prevista per le società per azioni».<br />

Dal punto di vista applicativo, si avrebbe la conseguenza, del<br />

tutto inedita nella prassi, di dover procedere ad una separata<br />

indicazione del capitale di cooperazione rispetto a quello di<br />

finanziamento e la sottoposizione dell’uno al regime della<br />

variabilità (ma con la riconosciuta competenza dell’assemblea<br />

ordinaria) dell’altro a quello della fissità in senso stretto (con<br />

conseguente competenza dell’assemblea straordinaria ad<br />

assumere ogni modificazione dello stesso per la conseguente<br />

necessità di variare formalmente lo statuto).<br />

Tra le due tesi estreme, v’è anche una media res.<br />

Anche qualora non si condivida l’idea che la disposizione di cui<br />

all’art. 2524 c.c. imponga l’indicazione nello statuto dell’importo<br />

del capitale dei soci finanziatori, nulla pare escludere che<br />

una tale “fissità” parziale del capitale sociale delle cooperative<br />

possa essere prevista da una apposita clausola statutaria. Il<br />

che, evidentemente, ricondurrebbe ad unità il problema della<br />

competenza su tali decisioni, da rimettersi all’assemblea ordinaria<br />

in ipotesi di silenzio dello statuto e all’assemblea straordinaria<br />

qualora la società abbia optato statutariamente per un<br />

tale regime di “fissità” parziale del capitale di finanziamento.<br />

Ad ogni buon conto, quale che sia l’impostazione che si preferisce,<br />

non v’è dubbio che, salvo l’ipotesi di delega ex art.<br />

2443 c.c., l’organo amministrativo delle società cooperative<br />

non ha competenza a decidere dell’emissione di strumenti<br />

finanziari di equity. Il che è quanto basta per passare ad affrontare<br />

le altre questioni connesse con la decisione di emettere<br />

titoli di “finanziamento”, prime fra tutte quelle in tema di diritto<br />

d’opzione. (segue nel prossimo numero)<br />

cooperazione<br />

Cooperazione 19<br />

6 Del resto, in dottrina, chi esclude la necessità del coinvolgimento dell’assemblea straordinaria «dal momento che essa non coinvolge una modificazione strutturale analoga<br />

a quella che si realizza nelle società di capitale, essendo la società cooperativa a capitale variabile» non a caso afferma la competenza dell’assemblea ordinaria «in considerazione<br />

della grande rilevanza non solo gestionale ma anche di strategia che riveste la decisione di emettere titoli di capitale».


Novembre 2011<br />

20 Dalle Regioni<br />

AGCI Piemonte: Bluedit una vittoria al femminile<br />

Nel panorama della piccola imprenditoria torinese di<br />

successo, un posto di rilievo è occupato dalla società<br />

cooperativa Bluedit, nostra associata.<br />

Studio grafico, specializzato in editoria scolastica, nasce<br />

nel settembre 2002 quando, provenienti dall’esperienza<br />

decennale in analogo settore, Mariella Macor, Maristella<br />

Perizzolo e Raffaella Sinisi colleghe e ancor prima amiche,<br />

decidono di intraprendere questa avventura<br />

coadiuvate dalla collaborazione di Sandra Sinnone.<br />

Dopo nove anni di attività, con soddisfazione, le tre<br />

socie possono dichiarare di aver raggiunto gli obiettivi<br />

fondamentali che si erano poste. Il segreto di questo<br />

risultato è stato raggiunto focalizzando le proprie attività<br />

sui seguenti punti:<br />

• Illustrazione, impaginazione, progettazione grafica,<br />

controllo qualità e redazione testi, ampliando la conoscenza<br />

e l’esperienza nella realizzazione di volumi per<br />

tutto il settore scolastico;<br />

• Assistenza alle imprese per la programmazione editoriale.<br />

L’impegno della cooperativa, in questi anni, ha permesso<br />

di incrementare il lavoro nell’ambito del “settore<br />

scuola”, annoverando tra i propri clienti i più importan-<br />

BITAC 2011<br />

<strong>Libera</strong><br />

ti editori italiani, includendo la lavorazione di volumi<br />

specializzati nella medicina, rivolti a universitari, dottori<br />

e operatori ospedalieri delle strutture sanitarie.<br />

Parallelamente, la caratteristica di fantasia e creatività,<br />

ha permesso di collocare Bluedit anche nell’ambito di<br />

ideazione e produzione di cataloghi tecnici per aziende<br />

italiane e multinazionali. Aggiornamenti di software e<br />

hardware, il rinnovamento tecnologico costante, la<br />

ricerca, la formazione e lo sviluppo interno continui<br />

fanno si che la proposta dei servizi e dei prodotti sia<br />

veramente a carattere di qualità totale.<br />

L’intraprendenza femminile delle socie, ha condotto<br />

Bluedit a partecipare con un proprio stand alla Fiera dei<br />

libri per ragazzi di Bologna, evento importante per<br />

ampliare la propria visibilità nella scena non solo italiana<br />

ma anche internazionale. Ogni nuova commessa ha<br />

come obiettivo principale la soddisfazione del cliente<br />

che, Bluedit, riesce ad ottemperare con affidabilità e<br />

tempestività. Gli elementi sopra indicati sono risultati di<br />

particolare successo, ancora più se paragonati all’attuale<br />

momento economico e alla contrazione del mercato<br />

editoriale con la nuova riforma scolastica. Amicizia,<br />

volontà, determinazione e chiarezza d’intenti hanno<br />

aperto la strada a Bluedit per raggiungere il traguardo<br />

significativo dei primi dieci anni di attività.<br />

Il 5 e il 6 dicembre presso il teatro Obihall di Firenze si svolgerà la quarta edizione della BITAC (Borsa<br />

Italiana del Turismo Cooperativo e Associativo). L’evento, promosso da AGCI Culturalia, FederCultura<br />

Turismo Sport-Confcooperative e da Legacoop Turismo, mira a promuovere la conoscenza e la collaborazione<br />

tra le imprese e favorire la commercializzazione dell’offerta turistica cooperativa. Nucleo centrale<br />

della manifestazione sarà il workshop tra cooperative, consorzi, associazioni, da un lato, e tour operator e<br />

cral, dall’altro. A questo si aggiungono momenti di approfondimento tematici, presentazioni di progetti ed<br />

iniziative.<br />

Anche l’edizione 2011 sarà realizzata in collaborazione con FITeL, Federazione Italiana del Tempo Libero,<br />

l’associazione costituita per iniziativa delle Confederazioni Sindacali CGIL, CISL e UIL per valorizzare le esperienze<br />

associative dei Circoli Ricreativi Aziendali e di altri enti con finalità di promozione delle attività del<br />

tempo libero.<br />

cooperazione


“L’impresa cooperativa nello scenario europeo” di<br />

Sergio Fiorenzano, “La posizione professionale del lavoratore<br />

socio di cooperativa” di Michele Faioli e “Il bilancio<br />

nella società cooperativa” di Andrea Giornetti e<br />

Mariangela Iannaccone, sono i nuovi volumi della collana<br />

ISICOOP in corso di pubblicazione. A breve seguirà la loro<br />

presentazione.<br />

Ricordiamo che l’Istituto di Studi per l’Impresa Cooperativa<br />

(ISICOOP) nasce come progetto comune tra l’AGCI e la<br />

Facoltà di Economia della Sapienza. Gli obiettivi principali<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Libri 21<br />

ISICOOP: nuove pubblicazioni per comprendere l'impresa cooperativa<br />

dell’Istituto sono: la promozione della Cooperazione, attraverso<br />

specifici programmi di sviluppo di società cooperative<br />

o di loro consorzi; l’organizzazione e la gestione di corsi di<br />

formazione professionale del personale dirigente, amministrativo<br />

e tecnico, del settore della cooperazione; la promozione<br />

di studi e ricerche su temi economici e sociali di rilevante<br />

interesse per il movimento cooperativo.<br />

Chi desidera ricevere i volumi pubblicati in precedenza<br />

può contattare lo 06/583271.


Novembre 2011<br />

22 Dalle Regioni<br />

AGCI Parma: Multiservice 30 anni un cuore e un cammino straordinario<br />

di Brenno Begani, presidente provinciale AGCI Parma-Piacenza<br />

In occasione della precedente ricorrenza, avevo concluso il<br />

mio omaggio ai cari amici della Multiservice con questa<br />

frase: «vi sono tante cose che nella vita catturano lo<br />

sguardo, ma poche catturano il cuore, e questa ricorrenza<br />

venticinquennale è una di queste». Anche ora, che le<br />

“candeline” sono 30, quel pensiero mantiene tutta la sua<br />

attualità e forza di verità.<br />

È una ricorrenza che racchiude anni di sacrifici, di sudore,<br />

di impegno, di tenacia, di lungimiranza, di amarezze, di<br />

successi. Per questi motivi la ricorrenza non è una celebrazione<br />

di consuetudine, arida e fredda, ma è una “storia”<br />

vera di uomini e donne che hanno saputo conquistare<br />

Da sinistra Brenno Peterlini (Presidente Consiglio Gestione CNS), Salvatore<br />

Arena, Giuliano Poletti (Presidente Legacoop nazionale), Andrea Gavazzoli<br />

(Direttore TV Parma), Andrea Pontremoli (CEO and General Manager Dallara<br />

Automobili), Alberto Cacciani (Amministratore delegato Gesta Spa).<br />

<strong>Libera</strong><br />

centimetro dopo centimetro e “vincere”. A loro, va merito<br />

e onore, insieme al rispetto, e all’affetto degli amici,<br />

quelli veri, di sempre, che in ogni momento, privatamente<br />

e pubblicamente, sono sempre stati orgogliosi di questo<br />

legame, perché sincero.<br />

È infatti un rapporto antico e “forte”, quello che lega<br />

AGCI a Multiservice. È proprio aderendo alla <strong>Associazione</strong><br />

<strong>Generale</strong> <strong>Cooperative</strong> <strong>Italiane</strong>, della federazione di Parma,<br />

che la cooperativa muove i primi passi, in una stagione difficilissima<br />

e, in una realtà territoriale, politica e sindacale,<br />

ostile, per la crescita di una nuova realtà cooperativa<br />

caratterizzata da una importante matrice riformista.<br />

cooperazione<br />

È stato un cammino duro, che il<br />

semplice racconto non può renderne<br />

giustizia, ma esaltante, certamente<br />

un “viaggio straordinario”.<br />

Sono stati abbattuti muri, diffidenze,<br />

conquistati spazi attraverso<br />

il duro sacrificio, guadagnato il<br />

doveroso rispetto. In questo cammino,<br />

accanto alle esperienze e<br />

alle orme di coloro che hanno dato<br />

vita alla cooperativa, si sono innestate<br />

le nuove generazioni di<br />

cooperatori, che assicurano continuità<br />

e prospettiva. Trent’anni di<br />

vita, non hanno mai scalfito il legame<br />

associativo, tra Multiservice e<br />

AGCI, che è sempre stato improntato,<br />

prima di tutto, al rispetto<br />

della autonomia aziendale e operativa.<br />

È infatti un rapporto che<br />

preliminarmente “vive” di valori e<br />

di una condivisa continuità.<br />

Trenta “candeline”, sono certamente una occasione di<br />

festa, ma principalmente una opportunità per ricordare di<br />

rendere il giusto merito, a chi ha saputo “costruire” una<br />

straordinaria realtà aziendale, che costituisce un fiore


all’occhiello della cooperazione parmense ma non solo. Le<br />

scelte coraggiose compiute, nella politica aziendale, in questi<br />

anni, hanno confermato il valore di coloro che “guidano”<br />

la cooperativa e che né rinnovano, rafforzandola, il<br />

ruolo sul mercato e né consolidano le peculiarità. Quando il<br />

“cuore” sente il desiderio, si genera la passione, si moltiplicano<br />

gli sforzi, si “cammina” verso nuovi traguardi, si<br />

costruiscono e si rafforzano i valori del “lavoro, della solidarietà”,<br />

si annodano i legami e si costruiscono le identità che<br />

solcano la vita, anche societaria. Questo “cuore” è nella<br />

Multiservice, e batte aritmicamente il tasto dell’innovazione,<br />

del coraggio e dell’intraprendenza. Nel libro della<br />

Cooperazione parmense Multiservice è la protagonista di<br />

una storia vera, che ha varcato i confini provinciali, e ha<br />

segnato e continua a segnare la sua presenza su tutto il territorio<br />

nazionale. È il “viaggio” del riformismo che attraversa<br />

i territori e lascia il segno dell’esempio. Ma il riconosci-<br />

<strong>Libera</strong><br />

cooperazione<br />

<strong>Libera</strong><br />

Novembre 2011<br />

cooperazione<br />

Abitazione 23<br />

mento non può non trovare una corrispondenza e una testimonianza<br />

nella città di Parma.<br />

Vi è un appuntamento cittadino che rappresenta una occasione<br />

per esprimere il “grazie” della comunità, ed è la cerimonia<br />

di consegna del premio di S. Ilario che tiene a battesimo<br />

il nuovo anno e cioè il prossimo 2012. Multiservice<br />

merita di essere chiamata a questa ricorrenza, e di ricevere<br />

il riconoscimento che la città consegna ai suoi cittadini che<br />

hanno saputo distinguersi nei vari campi di attività. Sarebbe<br />

una proposta che farebbe onore all’Amministrazione<br />

Comunale, se la saprà cogliere, e costituirebbe un meritato<br />

premio al riformismo cooperativo di una azienda che promuove<br />

occupazione, genera prodotto e si caratterizza per il<br />

merito nel mercato del lavoro. AGCI si farà portatrice di<br />

questa proposta, con l’auspicio che tutto il movimento<br />

cooperativo parmense sappia coglierla sostenendola con<br />

convinzione e impegno.<br />

Legge di stabilità e dismissioni dei beni immobili pubblici<br />

AGCI Abitazione: “Destinare all’Edilizia Sociale una percentuale della dismissione delle caserme<br />

militari”<br />

di Aldo Carbone, Vice-Presidente nazionale AGCI Abitazione con delega per il Mezzogiorno<br />

L’ultima legge varata dal Governo Berlusconi, denominata<br />

Legge di Stabilità per l’economia, sarà affidata al nuovo<br />

Governo Monti e richiederà ulteriori sacrifici. Ci auguriamo<br />

che oltre al risanamento economico la sua attuazione<br />

possa contribuire anche al ridisegno di un modello sociale<br />

sempre più caratterizzato da disuguaglianze e disparità e<br />

che il Paese ritrovi con la ripresa economica una nuova<br />

coesione sociale.<br />

In tale contesto va posta la massima attenzione alla ricerca<br />

di soluzioni alla mancanza e perdita di posti di lavoro,<br />

soprattutto per i giovani e le donne, le cui percentuali di<br />

inattività sono impressionanti. Legato a questo problema, e<br />

non meno grave, è quello della prima casa, sempre riferito<br />

ai giovani per ridare loro una speranza di futuro e non<br />

solo pesi.<br />

AGCI sta sostenendo, da diversi anni, che l’Edilizia Sociale<br />

debba rappresentare una priorità da trasferire in soluzioni<br />

legislative per superare la farraginosità che il Piano<br />

Nazionale finora ha mostrato registrando, attualmente, la<br />

mancanza di apertura di cantieri, proprio in un particolare<br />

momento in cui il settore edilizio è fra i più colpiti dalla crisi<br />

e rischia un ulteriore peggioramento.<br />

La dismissione di una parte del patrimonio pubblico, previsto<br />

nella legge di stabilità, potrebbe essere l’occasione per<br />

facilitare la realizzazione di alloggi di Edilizia Sociale, destinando<br />

ad essa una percentuale della dismissione delle<br />

caserme militari. Dal momento che uno dei problemi relativi<br />

alla realizzazione di programmi sociali è reperire aree a<br />

costi accessibili, la disponibilità di tali aree pubbliche<br />

potrebbe rappresentare un’occasione per una finalizzazione<br />

di interesse generale a costi ridotti.<br />

Si avvierebbe così un percorso di distribuzione equa delle<br />

risorse pubbliche, destinandone una parte alle fasce sociali<br />

che non possono accedere alla proprietà o alla locazione<br />

di libero mercato e/o a quanti sono impossibilitati, per una<br />

bassa capacità reddituale, a trovare soluzione solo nell’edilizia<br />

pubblica.<br />

La nostra pressante proposta di rafforzare gli interventi di<br />

Social Housing non ha solo significato economico ma<br />

riguarda anche gli aspetti sociali complessivi in quanto un<br />

condizionamento di una parte considerevole della popolazione<br />

nella definizione dei propri progetti di vita, lavorativi,<br />

di autonomia familiare, rappresenta la destabilizzazione<br />

degli equilibri sociali ed economici.

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