Le Passeggiate - Comunità montana Valli di Lanzo, Ceronda e ...
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A un bivio, nei pressi <strong>di</strong> un pilone, si scende a sinistra, allontanandosi dalle case; al<br />
successivo bivio si segue la traccia <strong>di</strong> destra (quella meno ampia) e dopo un breve<br />
tratto pianeggiante si scorge la frazione Tese. Compiendo una curva verso sinistra si<br />
scende, con tratti ripi<strong>di</strong>, a un ponte, che permette <strong>di</strong> attraversare il Rio Ordagna dove<br />
si trova una piccola area attrezzata, la mulattiera volge a destra per salire<br />
dolcemente verso Tese. Si raggiunge il piccolo abitato dove nei pressi della chiesetta<br />
<strong>di</strong> S. Rocco e Santa Lucia (festa il 16 agosto) si scende tra le case, percorrendo un<br />
viottolo dal fondo ciottolato, fino ad arrivare alla piazzetta della borgata, dove termina<br />
anche la strada principale che proviene da Traves capoluogo (633 m – 50 minuti<br />
circa dal ponte Barolo).<br />
INFORMAZIONI GENERALI<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Ponte del Diavolo-<strong>Lanzo</strong> Torinese<br />
Località d’arrivo: Tese fraz. Traves<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 1 h 20 min.<br />
Periodo d’apertura: sempre accessibile.<br />
SENTIERO NATURA<br />
ANTICA<br />
STRADA PER<br />
VIÙ
PRIMO TRATTO - Dal Ponte del Diavolo all’area attrezzata <strong>di</strong><br />
Germagnano<br />
Il sentiero natura unisce il Parco Ponte del Diavolo<br />
del Comune <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> con l’area attrezzata <strong>di</strong><br />
Germagnano e costituisce il primo tratto del<br />
percorso escursionistico che risale la Valle <strong>di</strong> Viù,<br />
per raggiungere il Parco della Resistenza del<br />
Colle del Lys. Dalla bacheca il sentiero sale sulle<br />
pen<strong>di</strong>ci del Monte Basso dolcemente con un<br />
<strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> metri dalla Stura.<br />
Proseguendo a mezzacosta a fianco <strong>di</strong><br />
caratteristici muri a secco, dopo 15 minuti si<br />
giunge a un punto panoramico posto sopra<br />
all’uscita della galleria della strada provinciale che porta alle tre <strong>Valli</strong>, <strong>di</strong> qui si può<br />
ammirare tutta la conca <strong>di</strong> Germagnano che in un tempo remoto era occupata da un<br />
grande lago da cui prese il nome il paese. Oltrepassato il punto panoramico, il<br />
sentiero sale leggermente per poi continuare a mezzacosta sino a raggiungere un<br />
rudere per <strong>di</strong>scendere su una strada sterrata che conduce alle baite <strong>di</strong> Monte Basso.<br />
Attraverso lo sterrato in prossimità <strong>di</strong> due case ancora in buone con<strong>di</strong>zioni si<br />
imbocca nuovamente un sentiero che inizialmente si abbassa verso il livello del<br />
fiume, per poi proseguire in piano tra boschi <strong>di</strong> castagno, querce e faggi, nel<br />
sottostante greto del fiume si possono vedere gli aironi cenerini che stazionano tutto<br />
l’anno nella Stura. Lungo il percorso si possono ammirare tutti quei fiori caratteristici<br />
del sottobosco, nonché i funghi nei perio<strong>di</strong> stabiliti da madre natura, il sentiero<br />
continua sempre a mezzacosta seguendo i valloncelli che, ricchi <strong>di</strong> vegetazione,<br />
offrono riparo ai caprioli. Il percorso esce lentamente dal bosco permettendo a volte<br />
delle belle visuali sull’abitato <strong>di</strong> Germagnano, in questa zona è possibile l’incontro<br />
con la volpe. L’itinerario, dopo aver toccato dei ruderi, si alza leggermente verso<br />
sinistra per raggiungere le prese <strong>di</strong> un acquedotto dove una strada sterrata <strong>di</strong>scende<br />
sino all’area attrezzata <strong>di</strong> Germagnano.<br />
SECONDO TRATTO - Dall'area attrezzata <strong>di</strong> Germagnano a<br />
Castagnole<br />
Proseguendo lungo la strada sterrata che porta all’area attrezzata, raggiunta la<br />
strada provinciale deviare a sinistra su un tratto in salita che si immette in una strada<br />
asfaltata che porta in Località Murai. Raggiunto un<br />
piccolo pianoro, dopo alcuni tornanti, svoltare a<br />
destra (ve<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni), il sentiero si fa<br />
decisamente pianeggiante e lasciato il bosco che<br />
attraversa dei bei pascoli, si attraversano alcuni<br />
ruscelli, quin<strong>di</strong> si scende leggermente sino a<br />
raggiungere le prime case della Frazione Pian<br />
Castagna (562 m). Attraversato il caratteristico<br />
borgo, si gira a sinistra seguendo le tracce<br />
bianco/rosso sino a raggiungere la Chiesetta <strong>di</strong> S.<br />
Antonio e S. Pancrazio (40 minuti circa) dove si<br />
può vedere il “Torchio <strong>di</strong> Catone” che risale a fine ‘800. Si tratta <strong>di</strong> un torchio a leva,<br />
<strong>di</strong> cui la forza <strong>di</strong> schiacciamento è naturalmente proporzionale alla lunghezza della<br />
trave (leva) e al peso applicato alla vite. Questa macchina offriva il vantaggio <strong>di</strong> un<br />
limitato impiego <strong>di</strong> mano d’opera e un notevole sfruttamento delle vinacce, tale<br />
strumento <strong>di</strong> lavoro fu usato dagli abitanti del borgo sino agli anni ‘50. Procedere a<br />
sinistra sino a superare l’ultima casa <strong>di</strong> Pian Castagna, entrare quin<strong>di</strong> nel bosco e<br />
dopo una breve salita girare a destra per prendere l’antica mulattiera che conduce a<br />
una caratteristica zona ricca <strong>di</strong> terrazzamenti dove un tempo veniva coltivata la vite.<br />
Proseguire lungo la strada che si inoltra nelle vigne per poi deviare a destra sul<br />
fianco della montagna (freccia in legno). L’itinerario si fa più ripido attraverso una<br />
piccola pineta sino ad arrivare al Colle, dove si trova la Cappella <strong>di</strong> S. Giovanni<br />
(675 m), in cui fa bella mostra una croce <strong>di</strong> legno eretta nel 1990 dagli alpini <strong>di</strong><br />
Germagnano (ore 1,10). Dal colle, seguendo il sentiero in <strong>di</strong>scesa si raggiunge il<br />
Borgo <strong>di</strong> Colbeltramo e in pochi minuti la frazione Castagnole (ore 1,30).<br />
TERZO TRATTO - Da Castagnole (fraz. <strong>di</strong> Germagnano) a Tese<br />
(fraz. <strong>di</strong> Traves)<br />
Questo tratto <strong>di</strong> sentiero abbandona la Val <strong>di</strong> Viù con una variante per raggiungere il<br />
comune <strong>di</strong> Traves. Si parte davanti alla chiesa <strong>di</strong> Castagnole fraz. <strong>di</strong> Germagnano<br />
(670 m), volendo può anche essere raggiunta a pie<strong>di</strong> in circa 10 minuti, da<br />
Colbeltramo seguendo la strada asfaltata. Si entra tra le case della borgata<br />
percorrendo l’unico viottolo e quasi subito si va a sinistra, in leggera <strong>di</strong>scesa,<br />
passando tra le abitazioni. Si volge nuovamente a sinistra e si imbocca il sentiero<br />
vero e proprio che costeggia le recinzioni <strong>di</strong> alcune case e i ripi<strong>di</strong> prati sottostanti<br />
l’abitato. In breve si superano le case <strong>di</strong> Castagnole e si percorre una stra<strong>di</strong>na<br />
sterrata; la si segue per pochi metri e poi si scende a destra (in<strong>di</strong>cazioni) per<br />
immettersi sull’evidente tracciato <strong>di</strong> una condotta forzata per l’acqua. Il percorso si fa<br />
pianeggiante, sino ad arrivare al ponte <strong>di</strong> Barolo ( 570 m), che prende il nome dagli<br />
omonimi marchesi che contribuirono a finanziare la realizzazione dell’opera e<br />
molteplici opere <strong>di</strong> beneficenza nella Valle. Subito dopo si arriva a un gruppo <strong>di</strong> baite,<br />
si piega a destra, in <strong>di</strong>scesa, entrando nel bosco sottostante fino a una costruzione<br />
isolata, quin<strong>di</strong> si scende verso destra, uscendo dal bosco e costeggiando dall’alto il<br />
corso della Stura per arrivare al ponte Barolo (570 m – circa 30 minuti da<br />
Castagnole). Si attraversa il ponte e subito dopo si<br />
gira a destra, immettendosi su una stra<strong>di</strong>na sterrata.<br />
Si segue la strada asfaltata fino al primo tornante per<br />
poi abbandonarla e proseguire <strong>di</strong>ritto, superato un rio<br />
e un pilone votivo lo stretto sentiero passa alto sulla<br />
Stura, seguendone il corso; con alcuni saliscen<strong>di</strong> si<br />
esce dalla zona alberata transitando sotto l’Alpe<br />
Coste d’Aprile (654 m – 15 minuti circa dal ponte). La<br />
mulattiera, ora è più larga, supera un tratto più ripido<br />
e raggiunge il caratteristico pilone del Routchàss<br />
(700 m circa), buon punto panoramico. Il pilone, recentemente ristrutturato, ospita<br />
una statuetta <strong>di</strong> Padre Pio. Il tracciato scende ed entra nel bosco, raggiungendo<br />
l’abitato <strong>di</strong> Tisinelle (660 m – Circa 30 minuti da ponte Barolo).
QUARTO PERCORSO<br />
Rivotti 1450 m–Gias Nuovo Fontane 1999 m–Sentiero dei Calabresi–<br />
Forno Alpi Graie 1219 m-Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 3.30 h<br />
Passando tra la chiesa e il campanile dei Rivotti, un sentiero sulla destra<br />
porta alla strada asfaltata poco sopra. Imboccare la strada <strong>di</strong> fronte,<br />
segnalata da due cartelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> transito, e seguirla per un bel pezzo,<br />
fiancheggiando un lariceto. Dopo un breve scorcio sul vallone <strong>di</strong> Vercellina,<br />
la strada prosegue ancora a mezzacosta, superando un costone. Da qui<br />
inizia la strada sterrata, che si protrarrà fino a Gias Nuovo Fontane. Il<br />
percorso tocca vari alpeggi e oltrepassa molti altri sentieri. Continuare per la<br />
carrareccia, fino ad aggirare una costa dapprima erbosa e poi costellata da<br />
torrioni rocciosi, detta Costa <strong>di</strong> Prà Longis. Poco dopo si può ammirare, sulla<br />
destra una bellissima roccia posta in un equilibrio a <strong>di</strong>r poco precario su <strong>di</strong><br />
un’altra (1.30 h). Proseguire toccando l’alpeggio Gias Crest (1.50 h) e poco<br />
dopo quello del Gias dei Signori (1902 m 2 h). Proseguire sempre sulla<br />
stessa strada, scavalcando un marcato costone che precede il Gias Nuovo<br />
Fontane, sulla sinistra un piccolo bastone con un cartello in<strong>di</strong>cante “Forno”<br />
(2.20 h) introduce al sentiero dei Calabresi, così denominato poiché<br />
risistemato nel 1970 da immigrati meri<strong>di</strong>onali impegnati in un<br />
rimboschimento. Scendere decisamente seguendo una traccia, seppur<br />
labile, del sentiero, fino a raggiungere l’alpeggio, denominato Gias Travet<br />
1829 m, seguendo un ripido costone prativo segnato da ometti e bollini<br />
rossi. Si continua a scendere, incontrando un altro alpeggio (Gias Travet <strong>di</strong><br />
Sotto 1734 m). Ci si addentra in un bosco <strong>di</strong> larici e betulle, scendendo<br />
rapidamente, senza tuttavia tralasciare lo splen<strong>di</strong>do paesaggio sulle<br />
montagne del fondovalle e sull’intera Val Grande. Tutto il sentiero è<br />
segnalato da bollini rossi, che si fanno più marcati man mano che si scende.<br />
Si raggiunge la bellissima Cascata del Gabi (3.10 h), per poi continuare la<br />
<strong>di</strong>scesa, costeggiando pareti rocciose e percorrendo ripi<strong>di</strong> tornanti che<br />
immettono nel bosco sottostante. In breve si esce sulla mulattiera, che da lì<br />
a poco condurrà alla piazza <strong>di</strong> Forno Alpi Graie.<br />
CONSIGLI UTILI<br />
Il percorso è stato sud<strong>di</strong>viso in quattro tronconi, in modo da permettere <strong>di</strong> percorrere<br />
anche solo una o due parti. Alla fine <strong>di</strong> ogni tappa (e dunque all’inizio <strong>di</strong> quella<br />
successiva) vi è sempre un accesso o una <strong>di</strong>scesa alternativa, con una strada<br />
asfaltata o sterrata o comunque un sentiero che, da lì a poco, riconduce alla strada<br />
principale.<br />
Periodo consigliato: da aprile a ottobre, anche se l’ultimo troncone può presentare<br />
neve a fine giugno inoltrato. Munirsi dunque <strong>di</strong> attrezzatura adatta o <strong>di</strong> racchette da<br />
neve per il tratto Rivotti-Gias Nuovo Fontane, percorribile anche con gli sci da<br />
escursionismo durante l’inverno o con la mountain bike in estate.<br />
IL SENTIERO<br />
BALCONE DELLA<br />
VAL GRANDE
Un bellissimo percorso, panoramico e naturalistico, che percorre, totalmente<br />
illuminato dal sole, le pen<strong>di</strong>ci inferiori del Gran Bernard, del Monte Morion e<br />
del Corno Bianco. Un itinerario che si snoda in una lunga mezza costa e che<br />
permette <strong>di</strong> collegare, senza troppo <strong>di</strong>slivello, alcuni vecchi ma curati alpeggi<br />
e le suggestive borgate della Val Grande esposte sullo stesso versante<br />
orografico. Il sentiero, raggiungibile da vari punti dell’intera Valle, è molto<br />
vario, quasi interamente segnalato e relativamente poco faticoso e ripido.<br />
Percorrendo gran parte delle vallate, inoltre, tocca ben un<strong>di</strong>ci dei più bei<br />
settori <strong>di</strong> scalata della zona, realizzando un’ideale integrazione tra ambiente<br />
e arrampicata sportiva. La durata dell’intero percorso è <strong>di</strong> circa 8 – 9 ore,<br />
con un <strong>di</strong>slivello totale <strong>di</strong> 1500 metri e con una varietà <strong>di</strong> ambienti e <strong>di</strong><br />
paesaggi <strong>di</strong>fficilmente riscontrabili in altri sentieri della zona.<br />
PRIMO PERCORSO<br />
Chialamberto 851 m–Can<strong>di</strong>ela 1130 m–Balmavenera (Ronco Bianco)<br />
1171 m-Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 1.30 h<br />
Lasciare l’automobile nel piccolo parcheggio a<strong>di</strong>acente la Chiesa<br />
Parrocchiale <strong>di</strong> Chialamberto e, subito <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> essa, imboccare il sentiero<br />
EPT 325 e percorrerlo per circa 7–8 minuti, passando accanto a piloni votivi<br />
e raggiungendo poco dopo la strada asfaltata. Oltrepassarla e risalire la<br />
scalinata, che conduce nuovamente alla strada. Percorrerla per circa 45<br />
minuti, arrivando poi all’abitato <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>ela (raggiungibile con l’autovettura,<br />
quin<strong>di</strong> questo primo tratto se non si desidera camminare sulla strada è<br />
evitabile), una bellissima frazione completamente esposta al sole.<br />
Addentrarsi all’interno dell’abitato per poi imboccare una bella mulattiera,<br />
costeggiata a sinistra da un muretto. Una volta entrati nel boschetto,<br />
mantenere la sinistra a un bivio; scendere ancora, raggiungendo il torrente<br />
Vassola, per poi superarlo su un bellissimo ponte <strong>di</strong> pietra a schiena d’asino.<br />
Risalire il costone opposto e raggiungere la strada, che conduce al piazzale<br />
<strong>di</strong> Balmavenera. Da qui imboccare il sentiero e non la mulattiera, seguendo i<br />
bollini gialli che conducono alle case sovrastanti, denominate Ronco Bianco.<br />
SECONDO PERCORSO<br />
Ronco Bianco 1171 m–Frassa 1601 m–Biollè 1595 m–Bec <strong>di</strong> Mea 1546<br />
m-Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 2.30 h<br />
Dalle case <strong>di</strong> Ronco Bianco proseguire verso ovest, lasciandosi sulla destra<br />
una piccola fontana. Imboccare una mulattiera che scende leggermente fino<br />
a poco prima del primo tornante, dove sulla destra parte un piccolo sentiero,<br />
segnato da un cartello “Frassa – Sentiero Balcone”. Imboccarlo e seguirlo<br />
costantemente, costeggiando le propaggini rocciose della Torre Marina<br />
prima e della Bastionata Grigia poi (1.10 h). Dopo aver superato il<br />
torrentello, si risale per ripi<strong>di</strong> tornanti, giungendo in una zona altamente<br />
panoramica, fino a incontrare il bivio con il sentiero che a sinistra conduce a<br />
Mottera. Salire ancora, fino a giungere alla base della scalinata <strong>di</strong> 360<br />
scalini che, contornata da bei piloni votivi, come un’ascesa religiosa,<br />
conduce alla chiesetta della Frassa, che sorge solitaria su uno sperone<br />
roccioso sopra gli abitati <strong>di</strong> Bussoni e Mottera. Addentrarsi nella frazione e<br />
imboccare il sentiero segnalato da bollini rossi, che s’introduce in un bosco<br />
<strong>di</strong> betulle e <strong>di</strong> pini. Raggiungere il torrente e, dopo averlo superato su una<br />
passerella <strong>di</strong> legno, scendere ancora, fino a quando il sentiero s’immette in<br />
un bosco d’abeti. Di lì a poco s’incontra un altro gruppo <strong>di</strong> case, denominate<br />
Biollé (2 h). Subito dopo il sentiero scende decisamente, superare il Rio<br />
Unghiasse sul bel ponte <strong>di</strong> legno e guadagnare le Grange della Mea, situate<br />
proprio alla base del becco omonimo, termine della seconda tappa.<br />
TERZO PERCORSO<br />
Bec <strong>di</strong> Mea 1546 m–Alboni 1348 m–Rivotti 1450 m-Tempo <strong>di</strong><br />
percorrenza: 1.30 h<br />
Dalla Grange <strong>di</strong> Mea, dove è possibile osservarne una rara pecceta (abeti<br />
rossi), attraversare orizzontalmente il prato, fino a collegarsi, dove<br />
ricomincia il bosco <strong>di</strong> larici alla mulattiera. Dopo il prato, giunti al cartello<br />
Alboni–Rivotti, tenersi sulla sinistra, scendere leggermente, giungendo a<br />
breve alle case delle Bennes. Alle spalle svetta il bellissimo Bec <strong>di</strong> Roci<br />
Ruta, proseguire nel bosco <strong>di</strong> faggi, sul sentiero chiaro e segnato da bollini<br />
rossi e bianco/rossi. Poco dopo si esce su una dorsale, dove sorge la<br />
frazione San Grato, addentrarsi nella frazione e, lasciando a sinistra la<br />
strada sterrata, raggiungere la frazione sottostante, gli Alboni (30 min).<br />
Prima <strong>di</strong> proseguire per i Rivotti, si consiglia <strong>di</strong> addentrarsi all’interno della<br />
franzioncina, dove si possono ammirare scorci notevoli, e dove è anche<br />
possibile fermarsi per un pic-nic (all’interno della frazione vi è una fontana).<br />
Scendere per la carrozzabile, che proviene da Pialpetta, fino a quando<br />
attraversa un rio. Subito dopo la curva, a lato della strada, si erge un<br />
sentiero, tenendosi sulla sinistra, da lì a poco si raggiungono le vicine case<br />
Ghielmi. Da qui si prosegue sempre a mezza costa, superando una serie <strong>di</strong><br />
costoncini e <strong>di</strong> piccole vallette incise da ruscelli spesso in secca. Scendere<br />
poi nella parte terminale del Vallone <strong>di</strong> Vercellina, attraversando il rio<br />
omonimo su <strong>di</strong> un ponte in legno. Superatolo, tenersi sulla sinistra per<br />
imboccare <strong>di</strong> nuovo il sentiero, risalendo il costone opposto, e raggiungere<br />
la frazione posta al termine della seconda tappa, i Rivotti. Superare la strada<br />
asfaltata e infilarsi tra le case. Dopo pochi minuti si giunge, grazie a una<br />
mulattiera, alla bellissima chiesetta bianca della Visitazione e al suo<br />
affascinante campanile.
INFORMAZIONI GENERALI<br />
LOCALITÀ DI PARTENZA: Vonzo-Chialamberto<br />
TEMPO DI PERCORRENZA: 0.35 h<br />
PERIODO DI APERTURA: sempre accessibile<br />
SENTIERO NATURA<br />
CASTEJ<br />
D’LE RIVE
CASTEJ D’LE RIVE<br />
Sono particolari fenomeni <strong>di</strong> erosione che presentano “un corpo”<br />
<strong>di</strong> terra sormontato da un “cappello” roccioso e questi massi<br />
sono <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni.<br />
Vengono così chiamati dai valligiani perché sembrano erigersi<br />
come castelli imponenti, alcuni sono alti <strong>di</strong>eci metri, vengono<br />
nominati come pere a ciapel (pietre con il cappello) o come pilon<br />
‘dl masc (torre della strega).<br />
Nelle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> si trovano solo in Val Grande, nel Vallone del<br />
Rio Paglia, ma queste particolari<br />
sculture naturali si trovano anche a<br />
Villar vicino a Dronero, in provincia<br />
<strong>di</strong> Cuneo, noti come ciciu ‘d pera<br />
oppure in Francia “les dames<br />
coiffées” (le signore con la cuffia)<br />
nonché <strong>di</strong> particolare interesse in<br />
Turchia, nella Cappadocia detti<br />
“camini delle fate”.<br />
Si tratta in verità <strong>di</strong> strutture<br />
plasmate nel corso dei millenni e<br />
sono il frutto del lento lavoro <strong>di</strong><br />
erosione del vento e dell’acqua.<br />
Il processo <strong>di</strong> formazione è molto<br />
lungo e può avvenire solo in<br />
particolari con<strong>di</strong>zioni, quando si ha<br />
un particolare terreno.<br />
Il masso superiore che forma il<br />
cappello <strong>di</strong> questi originali “funghi <strong>di</strong> pietra” è <strong>di</strong> roccia compatta<br />
che, resistendo agli agenti atmosferici, ripara il terreno<br />
sottostante dal <strong>di</strong>lavamento.<br />
Questo terreno è formato principalmente da sabbia e ghiaia<br />
compattatesi nei millenni ma poco resistenti all’azione dell’acqua<br />
e la notevole infiltrazione del terreno agevola la formazione, lenta<br />
ma costante dei castej d’le rive.<br />
ITINERARIO<br />
Posteggiata la macchina nel piazzale della caratteristica borgata<br />
Vonzo, si procede pressoché in piano per l’evidente strada<br />
sterrata. Al primo bivio volgere verso destra, proseguire ancora<br />
sullo sterrato per poi girare a<br />
sinistra imboccando un sentiero<br />
contrad<strong>di</strong>stinto con cartelli <strong>di</strong><br />
legno e segni rossi, il tracciato<br />
volge a valle spostandosi verso<br />
il rio Paglia (sinistra) e prosegue<br />
su una evidente cresta (15<br />
minuti dal piazzale).<br />
Al termine <strong>di</strong> questo spartiacque<br />
si prosegue verso destra per<br />
scendere in una particolare<br />
zona ove sono visibili numerosi<br />
terrazzamenti (10 minuti) con<br />
caratteristici muri a secco;<br />
proseguendo la <strong>di</strong>scesa, dopo<br />
un centinaio <strong>di</strong> metri, si<br />
incontrano i primi Castej d’le<br />
Rive (se ne possono contare<br />
oltre 6, tutti numerati). Il sentiero<br />
prosegue quin<strong>di</strong> per gli ultimi <strong>di</strong>eci minuti in piano verso nord<br />
costeggiando altri monoliti sia in fase <strong>di</strong> formazione che completi,<br />
per giungere ai pie<strong>di</strong> del più caratteristico, contrassegnato con<br />
una tabella illustrativa.
Sempre in leggera <strong>di</strong>scesa si attraversano ampie praterie<br />
(l’Sàgness, che significa “gli acquitrini”) e poi, entrati in un fitto<br />
bosco <strong>di</strong> faggi, si giunge all’estremità superiore <strong>di</strong> un pen<strong>di</strong>o<br />
erboso assai ripido che in passato serviva per far rotolare i<br />
tronchi d’albero, il cui nome, Lou Rountch, ricorda l’opera <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sboscamento e <strong>di</strong>ssodamento. Il panorama torna ad allargarsi<br />
e si scorge la vetta della Ciamarella, massima vetta delle <strong>Valli</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> (3676 metri). Seguendo un sentiero tra salti <strong>di</strong> roccia<br />
si scende fino alla Ghiacciaia formata da una galleria e da un<br />
anfratto naturale della montagna che, riempito <strong>di</strong> neve<br />
attraverso un pozzo, conservava il ghiaccio per il paese tutta<br />
l’estate. Si risale quin<strong>di</strong> il torrente fino alla radura <strong>di</strong> Pian<br />
Tchurìn, dove una caratteristica sorgente richiama spesso la<br />
presenza <strong>di</strong> animali selvatici; a poca <strong>di</strong>stanza si raggiunge un<br />
bel ponte <strong>di</strong> legno detto Pount Bianc. Ritornati alla frazione<br />
Cornetti, si risale la borgata, passando accanto alla fontana del<br />
Corn (sormontata da un corno <strong>di</strong> stambecco) che ricorda nel<br />
nome quello della famiglia <strong>di</strong> minatori, i Cornetto, che<br />
fondarono l’inse<strong>di</strong>amento nel XIII secolo. Di qui si ritorna al<br />
capoluogo seguendo il percorso d’andata.<br />
INFORMAZIONI GENERALI<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Piazzale Cornetti-Balme<br />
Località <strong>di</strong> arrivo: Piazzale Cornetti-Balme<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 1 h e 40 minuti<br />
Periodo d’apertura: sempre accessibile.<br />
SENTIERO NATURA<br />
VAL SERVIN
L’anello <strong>di</strong> Val Servin<br />
Un percorso nella natura e nelle storia in un angolo<br />
solitario e suggestivo dell’alta Val <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>.<br />
Lungo il percorso sono posizionate delle bacheche illustrative<br />
ove vengono citati riferimenti storici e naturalistici. Il sentiero,<br />
fattibile anche durante il periodo invernale, è provvisto <strong>di</strong><br />
adeguata segnaletica, con cartelli recanti il simbolo delle<br />
racchette da neve e <strong>di</strong> lunghi pali per segnalare il percorso in<br />
occasioni <strong>di</strong> grosse nevicate.<br />
Itinerario<br />
Lasciata alle spalle la frazione Cornetti si sale lentamente fino a<br />
raggiungere un breve pianoro detto Pra Sec.<br />
Il sentiero ora si fa piuttosto ripido, fino a raggiungere le case<br />
Arbosëtta, capolinea della piccola sciovia del Pakinò, oltre il<br />
quale si apre il vallone <strong>di</strong> Servin. Di qui la vista spazia sul<br />
vecchio centro <strong>di</strong> Balme. Si prosegue ora in leggera <strong>di</strong>scesa,<br />
per poi attraversare un ripido canale dopo il quale si scende<br />
alla borgata Li Frè (che significa “i fabbri”), 1495 m. È questo un<br />
inse<strong>di</strong>amento fondato nel<br />
XV secolo da minatori<br />
bergamaschi e valsesiani<br />
venuti a sfruttare le miniere<br />
<strong>di</strong> ferro del monte Servin.<br />
Attraversata la frazione, si<br />
prosegue in <strong>di</strong>rezione delle<br />
case Kiòss per raggiungere<br />
l’imboccatura <strong>di</strong> una miniera<br />
abbandonata, dalla quale<br />
veniva estratto minerale <strong>di</strong><br />
talco. Prima <strong>di</strong> giungere alla<br />
miniera, può essere<br />
interessante soffermarsi<br />
davanti ai resti della baita<br />
del Casoùn, interamente<br />
costruita sfruttando un<br />
grande riparo sotto la<br />
roccia come tetto.<br />
Attraverso un fitto bosco, il<br />
sentiero prosegue verso<br />
l’alpe Tchavàna (ove è<br />
possibile vedere la poiana),<br />
per poi <strong>di</strong>scendere sul<br />
fondo del vallone in<br />
prossimità <strong>di</strong> un’immane<br />
roccia solcata da una<br />
gigantesca fen<strong>di</strong>tura a<br />
ridosso della quale sorge la<br />
baita Li Soùgn (gli<br />
acquitrini), 1518 m. Di<br />
fronte alla baita, alla<br />
sommità <strong>di</strong> un masso<br />
annerito dal fuoco, si possono scorgere coppelle incise nella<br />
roccia, a testimonianza dell’antichissimo inse<strong>di</strong>amento umano<br />
nel luogo. Si prosegue ora costeggiando il torrente fino alle<br />
cascate del Rio Pountàt, che d’inverno si tramutano in palestra<br />
<strong>di</strong> ghiaccio. Altro incontro possibile è quello con gli aironi intenti<br />
a pescare dal bordo delle pozze. Si attraversa quin<strong>di</strong> la testata<br />
del vallone, superando il torrente su una rustica passerella <strong>di</strong><br />
legno. Raggiunte le baite <strong>di</strong> Piàn Salè, 1600 m, dove si incontra<br />
il sentiero G.T.A. che porta al Col Paschièt, la pista scende<br />
lungo il lato destro del vallone <strong>di</strong> Servin fino ad attraversare il<br />
ripi<strong>di</strong>ssimo canalone della Riva Loundji, nella parte alta della<br />
quale si possono spesso vedere i camosci.
Il sentiero pianeggiante tocca numerosi alpeggi un tempo rinomati, ma<br />
ora in stato <strong>di</strong> abbandono.<br />
La partenza del sentiero è nei pressi della famosa fontana Sistina, così<br />
chiamata probabilmente in onore <strong>di</strong> un papa “Sisto…”, infatti più a<br />
monte un’altra sorgente porta il nome <strong>di</strong> un altro papa: “Pio X”. Il<br />
sentiero termina in Borgata Marsaglia (foto 3) ove troneggia un<br />
imponente santuario del XVII secolo<br />
per voto (si racconta) <strong>di</strong> una<br />
pastorella guarita dalla Madonna,<br />
e<strong>di</strong>ficato in stile barocco, ha una<br />
facciata che ricalca quelle delle<br />
chiese lariane; all’interno oltre a una<br />
ricca decorazione pittorica sono<br />
custo<strong>di</strong>ti numerosi ex voto.<br />
ITINERARIO: si consiglia <strong>di</strong> lasciare<br />
Foto 3<br />
l'auto nel piazzale della Fontana per<br />
poi imboccare la carrareccia che sale<br />
<strong>di</strong> fianco al pilone votivo del<br />
“curdumpero” (1190 m). Si prosegue in un bel bosco <strong>di</strong> faggi per<br />
raggiungere un secondo pilone “Dij Pusau” con caratteristiche “pose”<br />
che partono dai suoi fianchi. Si giunge infine a un incrocio con cartello<br />
in legno (<strong>di</strong> qui inizia il sentiero 3R, detto dei tre Rifugi che ripercorre<br />
tutta la Val Tesso). Proseguire sulla carrareccia con itinerario<br />
pianeggiante fino alle case <strong>di</strong> “Proima”, qui la carrareccia finisce e<br />
inizia il sentiero che, tra betulle e pascoli, giunge a un punto<br />
panoramico nei pressi del pilone <strong>di</strong> “Punta Penna” (1320 m). Si<br />
prosegue poi in piano per raggiungere gli alpeggi <strong>di</strong> “Roc Biulai” e<br />
”Coucuc” ormai abbandonati e ridotti a ruderi. Oltrepassato il ruscello<br />
“Rian du Spine” si giunge a un caratteristico alpeggio incassato tra le<br />
rocce “Ca dou magu”; ora il sentiero si porta già sul versante del Salvin<br />
e, oltrepassate le baite “dou casas”, si giunge in vista del Santuario <strong>di</strong><br />
Marsaglia (1300 m - 1,15 h). Due le possibilità per il ritorno:<br />
ripercorrere il percorso dell’andata, oppure risalire il sentiero che<br />
collega la Borgata Marsaglia a quella del Salvin, in seguito prendere il<br />
sentiero che dal Rifugio Agrituristico del Salvin porta ai prati <strong>di</strong> Menulla<br />
per poi ri<strong>di</strong>scendere sul Sentiero 3R sino al pilone <strong>di</strong> “curdumpero” e<br />
poi al piazzale Sistina.<br />
VALLE TESSO<br />
La Valle Tesso si interpone tra il Canavese e le <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> e deve il<br />
suo nome al torrente che la percorre. Questo si <strong>di</strong>vide in due rami, uno<br />
originatosi dalle cime dell’Angiolino a Coassolo e l’altro dalla<br />
Perascritta a Monastero, che si riuniscono prima <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> per sfociare<br />
nella Stura.<br />
Vi si trovano montagne molto panoramiche e percorribili per buona<br />
parte dell’anno, grazie alla costante esposizione al sole che fa sì che la<br />
neve si fermi soltanto nel periodo <strong>di</strong> maggior innevamento stagionale.<br />
La Valle Tesso comprende i comuni <strong>di</strong> Coassolo Torinese e Monastero<br />
<strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>.<br />
Monastero <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> è posizionato sul versante occidentale della Valle<br />
Tesso, ed è contornato da un’ampia catena <strong>di</strong> monti <strong>di</strong>sposti ad<br />
anfiteatro, che mitigano i venti <strong>di</strong> tra<strong>montana</strong>; Coassolo invece, si trova<br />
alle pen<strong>di</strong>ci della Vaccarezza.<br />
COME ARRIVARE:<br />
Partendo da <strong>Lanzo</strong> seguire le in<strong>di</strong>cazioni<br />
per Monastero <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> (S.P: n. 31) o<br />
Coassolo; sempre da <strong>Lanzo</strong> si può salire<br />
a Coassolo passando dalla frazione San<br />
Pietro. Inoltre Coassolo è raggiungibile<br />
anche da Ciriè, Nole e Grosso, seguendo<br />
le in<strong>di</strong>cazioni per Corio, e proseguendo<br />
per San Pietro.<br />
DISTANZA DA TORINO:<br />
Monastero <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>: 37 km<br />
Coassolo Torinese: 35 km<br />
ALTITUDINE:<br />
Monastero <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>: 850 m<br />
Coassolo Torinese: 742 m
PROPOSTE DI ITINERARI<br />
SENTIERO CATES - COASSOLO<br />
Il percorso ad anello si snoda dalla frazione <strong>di</strong> Cates con breve tratto<br />
su sterrato lungo circa 4 km, in gran<br />
parte in piano, ottimo per il footing e<br />
per passeggiate lungo il Tessuolo (foto<br />
1).<br />
ITINERARIO: la partenza può essere<br />
ubicata presso il bivio antistante la<br />
chiesetta <strong>di</strong> S. Anna per poi proseguire<br />
Foto 1<br />
sulla strada che attraversa tutta la<br />
Frazione <strong>di</strong> Cates. Passare <strong>di</strong>nanzi alla<br />
casa <strong>di</strong> riposo, per giungere poi nella Piazzetta <strong>di</strong> Case Togliatto, in<strong>di</strong><br />
percorrere il nuovo tratto ripulito dal CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> che fiancheggia il<br />
Tessuolo. Passato il ponticello si arriva velocemente sulla curva della<br />
provinciale che porta a Coassolo, si svolta a sinistra, si scende al<br />
ponte <strong>di</strong> Coassolo per poi <strong>di</strong>rigersi in <strong>di</strong>rezione <strong>Lanzo</strong> percorrendo Via<br />
Loreto. Al primo incrocio deviare a destra per Via Monte Angiolino per<br />
arrivare fino ai pressi dell'Ex Fabbricone. Girare quin<strong>di</strong> a sinistra su Via<br />
Peroglio per immettersi in via S. Anna per giungere nuovamente<br />
all'omonima chiesetta (punto <strong>di</strong> partenza).<br />
SENTIERO PILONE DEL MERLO<br />
Il sentiero era inizialmente una vecchia mulattiera che collegava le due<br />
frazioni <strong>di</strong> Coassolo <strong>di</strong> Colle Olla inferiore e superiore. Il pilone, meta<br />
finale dell’itinerario, presenta caratteristiche che si <strong>di</strong>scostano da tutti i<br />
piloni votivi presenti in valle. Non è in<strong>di</strong>cato col nome <strong>di</strong> un santo o<br />
della Madonna, ma è conosciuto come “Pilone del merlo” (foto 2) o<br />
forse prima “Pilone delle frasche”. Anche le sue <strong>di</strong>mensioni sono<br />
anomale: mentre normalmente il lato della base dei piloni a sezione<br />
quadrata non supera in me<strong>di</strong>a i 0,70 metri e l’altezza i 2,50, questo<br />
pilone ha una base <strong>di</strong> 2 metri per 2 metri e un’altezza <strong>di</strong> oltre 4 metri.<br />
La struttura e la posizione geografica confermerebbero la sua natura<br />
originaria <strong>di</strong> segnale trigonometrico. Su queste basi elevate e visibili tra<br />
loro (allora la zona era tutto pascolo) venivano posti gli strumenti per<br />
misurare l’altezza e la posizione geografica delle montagne per<br />
l’elaborazione delle carte topografiche.<br />
ITINERARIO: lasciare l'auto nel piazzale della Chiesetta <strong>di</strong> Borgata<br />
Vietti dalla Bacheca, e risalire la mulattiera che raggiunge Case Olla<br />
inferiore. Proseguire a sinistra costeggiando le case sino a<br />
raggiungere la carrareccia che conduce a Olla superiore, risalire la<br />
strada asfaltata e dopo pochi metri proseguire <strong>di</strong>ritto su una strada<br />
sterrata. Al primo bivio (cartelli in<strong>di</strong>catori) voltare a destra: ora il tragitto<br />
si fa pianeggiante attraverso un bel bosco <strong>di</strong> faggi secolari. Dopo aver<br />
superato il bivio che conduce alla miniera si giunge a una presa<br />
dell’acquedotto comunale, per poi arrivare a un bivio che, voltando a<br />
sinistra, sale verso un bosco <strong>di</strong> betulle e<br />
faggi, sino a raggiungere il pilone del<br />
Merlo (1046 m - 1,30 h). Si apre in questo<br />
punto il panorama sulla pianura spaziando<br />
sui paesi <strong>di</strong> fondovalle. Dal pianoro,<br />
volendo, sotto le betulle vicino al Pilone, il<br />
sentiero prosegue in <strong>di</strong>rezione Nord-Ovest<br />
per un rado bosco <strong>di</strong> sorbi, betulle,<br />
maggio ciondoli, fino a raggiungere una<br />
piccola pietraia. Si risale quest’ultima<br />
seguendo i numerosi ometti <strong>di</strong> pietra fino<br />
alla sua sommità, dove è posizionato un<br />
evidente cartello in<strong>di</strong>catore; il sentiero<br />
prosegue verso l’alto seguendo la cresta<br />
su pascoli e ra<strong>di</strong> boschi fino ad arrivare a<br />
Foto 2<br />
Pian <strong>di</strong> Rossa (1308 m) notevole punto panoramico. Il ritorno si<br />
effettua seguendo a ritroso l’itinerario <strong>di</strong> salita, oppure all’ultimo bivio<br />
voltare a sinistra e <strong>di</strong>scendere alla chiesa <strong>di</strong> San Grato per poi<br />
raggiungere Borgata Vietti su strada asfaltata, ma con tragitto <strong>di</strong> ritorno<br />
più breve. Volendo dal pian <strong>di</strong> Rossa si può proseguire su un sentiero<br />
poco visibile (sconsigliabile in caso <strong>di</strong> nebbia) per cresta in <strong>di</strong>rezione<br />
Nord-Ovest verso Rocca Rubat (1442 m) poi Bric Castello (1473 m) e<br />
Punta Prarosso (1497 m) per poi scendere in <strong>di</strong>rezione Sud-Ovest fino<br />
alla strada sterrata che conduce a Olla Superiore.<br />
SENTIERO SISTINA - MARSAGLIA<br />
Il tragitto è il vecchio sentiero che collega la Frazione Sistina con la<br />
Borgata Marsaglia, usato in passato dagli alpigiani per il trasporto a<br />
valle del fieno.
Proseguire <strong>di</strong>ritto lasciando a destra l'evidente cocuzzolo <strong>di</strong> erba<br />
quotato 2057 m, piegare poi verso destra passando tra alcuni<br />
affioramenti rocciosi e, rintracciata una traccia, scendere piegando<br />
decisamente a sinistra, seguendo il sentiero a mezza costa si<br />
raggiunge agevolmente il Rifugio Peretti Griva.<br />
Dal rifugio andare a destra raggiungendo rapidamente le case del Pian<br />
Frigerola (1800 m - 20 minuti) posto in posizione panoramica.<br />
Oltrepassare le case e piegare a destra per imboccare una traccia che<br />
con alcuni saliscen<strong>di</strong> percorre il valloncello che scende dall'Angiolino e<br />
dalla Vaccarezza. Raggiunto un gruppo <strong>di</strong> alpeggi continuare per<br />
alcune decine <strong>di</strong> metri per poi svoltare a destra per seguire un'evidente<br />
traccia. Superati degli altri alpeggi raggiungere poi l'insellatura tra la<br />
Vaccarezza e l'Angiolino. Svoltare a sinistra per raggiungere<br />
Alpe Frigerola<br />
rapidamente il grosso ometto del<br />
Monte Vaccarezza (1 h 45 minuti dal<br />
Frigerola). Da qui al Rifugio Salvin<br />
seguire a ritroso il percorso dell'andata<br />
(3 h 30 minuti da Pian Frigerola). Al<br />
Rifugio Salvin seguire la stra<strong>di</strong>na che<br />
passa poco a monte della costruzione<br />
e che aggira un costone. Si arriva a un<br />
bivio, nei pressi <strong>di</strong> alcuni alpeggi;<br />
seguire la traccia <strong>di</strong> destra che porta al centro del valloncello e che<br />
piega verso sinistra. Vengono superate alcune incisioni in cui scorrono<br />
piccoli rii fino ad arrivare dalla parte opposta del valloncello; si<br />
prosegue con alcuni valloncelli entrando in una zona boschiva più fitta,<br />
con una breve risalita si giunge poco a valle <strong>di</strong> un alpeggio dove si<br />
trova un bivio poco evidente (bollo rosso), prendere la traccia <strong>di</strong><br />
sinistra, inizialmente poco evidente che poi si fa più ampia fino a<br />
<strong>di</strong>ventare una stra<strong>di</strong>na sterrata. Superati degli alpeggi si arriva a una<br />
carrareccia più ampia (è la strada che sale da Chiaves) dove si deve<br />
prendere a destra, in salita, in breve si arriva al piazzale del Passo<br />
della Forchetta (1666 m - 1 h dal Salvin). Da qui seguire a ritroso il<br />
percorso dell'andata (25-30 minuti fino a S. Giacomo; 1 h 30 minuti<br />
circa fino al Passo della Croce). Tempo complessivo da Pian Friserola<br />
al Passo della Croce 5 h 30 minuti/6 h.<br />
TREKKING DEI<br />
TRE RIFUGI<br />
Questa escursione permette <strong>di</strong> attraversare tutta la Valle Tesso, e <strong>di</strong><br />
raggiungere tre rifugi molto conosciuti: la Baita San Giacomo, il Rifugio<br />
Agrituristico Salvin, e il Rifugio Peretti Griva (<strong>di</strong>strutto da un incen<strong>di</strong>o<br />
nel luglio del 2001 e ora pertanto inagibile).<br />
LA BAITA SOCIALE ALPE SAN<br />
GIACOMO, grosso alpeggio<br />
ristrutturato posto in panoramica<br />
posizione a circa 1400 metri <strong>di</strong><br />
quota, sullo spartiacque Valle del<br />
Tesso-Val Grande <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>, in<br />
località San Giacomo <strong>di</strong> Moia. La<br />
struttura, <strong>di</strong>visa in due alloggi,<br />
<strong>di</strong>spone <strong>di</strong> 20 posti letto, servizi<br />
autonomi con doccia, riscaldamento<br />
con pannelli solari. La Baita Sociale viene affittata esclusivamente ai<br />
soci CAI (anche <strong>di</strong> altre sezioni) per settimane autogestite (per<br />
informazioni rivolgersi alla sezione <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> Torinese).<br />
IL RIFUGIO AGRITURISTICO DEL SALVIN è situato nell'Alta<br />
Valle del Tesso a 1580 m. É raggiungibile con una strada sterrata che<br />
parte dalla frazione Mecca <strong>di</strong> Monastero<br />
<strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>, <strong>di</strong>sta complessivamente 55<br />
km da Torino. Offre cucina casalinga a<br />
base <strong>di</strong> prodotti naturali. Sistemazione<br />
in camerette da 2 a 4 persone.<br />
Vengono organizzate molteplici attività<br />
legate all'ambiente montano e alle<br />
attività agricole.<br />
Attrezzato per soggiorni estivi per
agazzi e per soggiorni <strong>di</strong>dattici per<br />
scolaresche. 8 stanze e 24 posti letto.<br />
IL RIFUGIO PERETTI GRIVA si trova a<br />
1810 m; è stato <strong>di</strong>strutto da un incen<strong>di</strong>o<br />
nel luglio del 2001 e attualmente è<br />
inagibile.<br />
ITINERARIO:<br />
Salendo da <strong>Lanzo</strong> Torinese, si raggiunge la piazza <strong>di</strong> Chiaves, si<br />
imbocca la strada sulla destra che porta a Fontana Sistina, e a un<br />
successivo bivio si prende a sinistra (in<strong>di</strong>cazione per Cresto). Segue<br />
una strada in salita che <strong>di</strong>viene sterrata pochi metri prima del Colle<br />
della Croce dove è possibile lasciare l'auto.<br />
Sulla destra del piazzale imboccare una carrareccia (cartelli in<strong>di</strong>catori<br />
in legno) che sale verso Case Colombero. Alla prima curva lasciare la<br />
stra<strong>di</strong>na e proseguire <strong>di</strong>ritto infilandosi tra le case che velocemente si<br />
superano (bolli bianco-rossi). Oltrepassate alcune isolate costruzioni si<br />
perviene a un evidente bivio: da lì abbandonare la traccia pianeggiante<br />
per prendere a destra, in salita. La marcia si sviluppa tra bei boschi <strong>di</strong><br />
betulle, oltrepassando un paio <strong>di</strong> pietraie, un vecchio alpeggio e un<br />
piccolo ripetitore. Si avvista successivamente il pen<strong>di</strong>o erboso <strong>di</strong> S.<br />
Giacomo e in breve viene raggiunta la stra<strong>di</strong>na sterrata che,<br />
pianeggiante, passa tra alcuni alpeggi e va a morire nei pressi della<br />
chiesetta <strong>di</strong> S. Giacomo (1 h 35 minuti - 1414 m). Seguendo invece lo<br />
sterrato verso sinistra, in <strong>di</strong>scesa, si raggiunge la Baita Sociale Alpe<br />
San Giacomo. Risalendo la stra<strong>di</strong>na si giunge in breve al Colle San<br />
Giacomo (1450 m - 2 h) dove, piegando sinistra, si sale all'evidente<br />
Alpe S. Barbara (1500 m). Superato l'alpeggio e un successivo pilone<br />
votivo la marcia si fa praticamente pianeggiante e si raggiunge<br />
un'isolata costruzione; proseguendo <strong>di</strong>ritto si arriva velocemente al<br />
piazzale che caratterizza il Passo della Forchetta (1666 m - 2 h 30<br />
minuti). Si segue in salita lo sterrato che proviene da Menulla e che<br />
costeggia alcuni alpeggi; la strada si fa poi per un buon tratto rettilinea<br />
e pianeggiante procedendo a mezzacosta lungo le erbose pen<strong>di</strong>ci del<br />
Punta Gias Vej: nel vallone sottostante si vede Vrù. La strada riprende<br />
in seguito a salire e si affrontano alcuni tornanti che conducono all'Alpe<br />
<strong>di</strong> Monastero (1970 m). Di lì, dopo aver superato una curva, si giunge<br />
in vista del Lago <strong>di</strong> Monastero (3 h e 30 minuti - 1992 m). Tornare<br />
all'Alpe <strong>di</strong> Monastero per costeggiare il fabbricato, <strong>di</strong>rigendosi poi per<br />
un colletto erboso posto sulla cresta che scende da Punta Gias Vej.<br />
Scendere seguendo frequenti bolli rossi costeggiando alcuni alpeggi<br />
per arrivare infine al Rifugio Salvin.<br />
Dal Rifugio Salvin scendere al sottostante piazzale e <strong>di</strong> lì andare a<br />
destra <strong>di</strong>scendendo un breve pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> terra e arbusti. Rintracciata una<br />
stra<strong>di</strong>na che passa pochi metri a monte degli alpeggi del Salvin<br />
seguirla verso sinistra. Superata una piccola cisterna si prosegue su<br />
sentiero e a un successivo bivio andare a destra (bolli rossi); si affronta<br />
un tratto a mezzacosta per compiere poi una curva verso sinistra<br />
entrando in una zona dove la vegetazione si fa più fitta.<br />
Si superano alcuni piccoli rii e con dei saliscen<strong>di</strong> si risale velocemente<br />
un valloncello, fino a uscirne dopo aver aggirato un costone. Andando<br />
a sinistra si arriva agli alpeggi <strong>di</strong> Pertus (1 h circa dal Salvin), ricoperti<br />
ormai <strong>di</strong> rovi, la cui curiosità è la stalla ricavata da una "balma" (un<br />
enorme masso che forma un riparo naturale).<br />
Superate le vecchie costruzioni si prende a salire a sinistra, lungo un<br />
ripido costoncino, fino a giungere nei pressi <strong>di</strong> alcuni torrioni rocciosi;<br />
piegare poi a destra e con un tratto a<br />
mezzacosta si arriva a un piccolo<br />
alpeggio.<br />
Poco prima della vecchia costruzione<br />
salire a sinistra e dopo alcune risvolte<br />
<strong>di</strong>rigersi ancora a sinistra, verso una<br />
fen<strong>di</strong>tura in cui scorre un rigagnolo.<br />
Salire poi a destra, su terreno molto<br />
ripido, rinvenendo una traccia <strong>di</strong><br />
sentiero che va seguita verso destra.<br />
Chiesetta S. Giacomo<br />
Superati agevolmente un paio <strong>di</strong> costoni si risale, appoggiando a<br />
sinistra, verso un'ampia insellatura toccando la cresta spartiacque<br />
Valle Tesso-Valle Orco (punto panoramico). Continuando verso destra<br />
si incomincia a seguire la lunga e comoda cresta che con alcuni<br />
saliscen<strong>di</strong> conduce in vetta al Monte Vaccarezza (2203 m - 2 h 30<br />
minuti dal Salvin). Da qui il panorama, a 360 gra<strong>di</strong>, è veramente<br />
in<strong>di</strong>menticabile.<br />
Dalla vetta proseguire lungo la cresta per scendere a un'insellatura;<br />
continuare nella stessa <strong>di</strong>rezione e in circa 15 minuti, con una breve<br />
risalita, si raggiunge la Cima dell'Angiolino (2168 m). Oltrepassata la<br />
cima scendere <strong>di</strong>rigendosi leggermente verso destra e dopo aver<br />
superato una piccola pietraia scendere a un pianoro dove si trova un<br />
vecchio recinto in pietra.
notte del 14, da una suggestiva fiaccolata. Viene celebrata<br />
annualmente l’8 settembre, la natività <strong>di</strong> Maria (scund mes<br />
oust).<br />
La frazione Salvin<br />
La borgata si trova a 1150 m. Grazie a un’opera <strong>di</strong> recupero<br />
degli antichi alpeggi e grazie al restauro dell’alpeggio più<br />
grande, il “Rifugio Agrituristico del Salvin” è rinata.<br />
Caratteristico un masso posizionato tra le baite che presenta<br />
particolari incisioni (coppelle e cataletti) che nel lontano tempo<br />
preistorico avrebbe avuto una funzione <strong>di</strong> “masso altare”, simile<br />
a quello <strong>di</strong> Bogone (Balme), in<strong>di</strong>ce questo <strong>di</strong> un particolare<br />
inse<strong>di</strong>amento nelle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> da parte <strong>di</strong> popolazioni<br />
precristiane.<br />
SENTIERO<br />
MARSAGLIA<br />
SALVIN
Una passeggiata<br />
sull’antico sentiero<br />
usato per portare a<br />
Valle il fieno.<br />
Itinerario<br />
È una mulattiera che i<br />
valligiani usavano fino a<br />
metà del XX secolo per<br />
trasportare il fieno<br />
immagazzinato durante l’estate negli alpeggi, quando le loro<br />
scorte nei fienili (sule) <strong>di</strong> fondo valle si esaurivano. Il trasporto<br />
avveniva a spalle per mezzo <strong>di</strong> speciali manufatti <strong>di</strong> legno che<br />
permettevano notevoli carichi; il sentiero, grazie alla sua<br />
esposizione al sole, garantiva una percorrenza anche nei<br />
perio<strong>di</strong> d’innevamento.<br />
A destra sul retro del piazzale della Chiesa ci si <strong>di</strong>rige verso la<br />
strada carrozzabile (dou cartun): dopo averla attraversata, a<br />
circa 50 metri sulla sinistra inizia il sentiero che in breve<br />
raggiunge le baite del Dou Casas. Prosegue inoltrandosi in una<br />
faggeta e con un traverso verso sud raggiunge i Roc<br />
d’Balmabianca (nei pressi sono ancora visibili tracce <strong>di</strong><br />
carbonaie usate nel XIX secolo). Il percorso continua attraverso<br />
un terreno ricco <strong>di</strong> acque sorgive (mois) che giunge fino all’alpe<br />
del Soglie. Si procede su larghi tornanti sino all’alpe della<br />
Cialma che poi arriva alla Borgata Salvin.<br />
L’antica borgata <strong>di</strong> Marsaglia<br />
La frazione è posta in un ridente pianoro, dominata dalle<br />
eleganti linee barocche della facciata, contornata da piccole e<br />
caratteristiche case <strong>di</strong> pietra, tipiche dei borghi alpini. La<br />
presenza <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio così grande e solenne in un borgo<br />
scarsamente popolato anche nei secoli passati, è<br />
comprensibile solo se lo si in<strong>di</strong>vidua quale luogo <strong>di</strong> culto da<br />
tempo immemorabile, al crocevia <strong>di</strong> sentieri che conducevano<br />
ad alpeggi: l’ipotesi è avvalorata da ritrovamenti <strong>di</strong> manufatti in<br />
pietra, incisioni rupestri e cavità scavate nelle roccia, segni <strong>di</strong><br />
antichissimi riti.<br />
Il Santuario risale al 1771 (eretto per voto <strong>di</strong> una pastorella<br />
guarita dalla Madonna) ma sicuramente preesisteva una<br />
cappella. L’elegante facciata barocca è caratterizzata da<br />
quattro lesene sud<strong>di</strong>vise in tre or<strong>di</strong>ni e da un frontone sul quale<br />
insiste un piccolo campanile centrale; Gli affreschi che<br />
arricchiscono l’interno sono dei primi dell’Ottocento e<br />
raffigurano scene tratte dai Vangeli. Sulle vele della volta,<br />
inoltre, sono rappresentati a grandezza naturale i quattro<br />
Evangelisti. <strong>Le</strong> pareti sono tappezzate da quadri ex voto,<br />
specchio <strong>di</strong> una religiosità profondamente legata alla vita <strong>di</strong> tutti<br />
i giorni, realizzati con le più svariate tecniche (<strong>di</strong>pinti su metallo,<br />
su tela o su tavolette <strong>di</strong> legno) o costituiti da cuori votivi, stampe<br />
e oleografie che rappresentano una notevole testimonianza<br />
storica e sociale della vallata. Spiccano fra gli altri, quelli relativi<br />
al periodo bellico compreso fra le due Guerre d’In<strong>di</strong>pendenza e<br />
l’ultimo conflitto mon<strong>di</strong>ale. Curioso rilevare che all’interno non<br />
esistono altari o<br />
cappelle laterali ma<br />
solo alcuni<br />
confessionali e un<br />
pulpito. Nel<br />
santuario si venera<br />
la Madonna<br />
Assunta la cui festa<br />
si svolge il 15<br />
agosto (mes oust)<br />
ed è preceduta, la
Dati e immagini tratti dal sito internet del CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong><br />
SENTIERO<br />
NATURA DEI<br />
PARTIGIANI
Il tragitto tocca tre colli: il Colle della Portia (1328 m), il Colle Lunella<br />
(1359 m) e, il Colle Grisoni (1405 m) snodandosi lungo un itinerario<br />
ad anello che attraversa i luoghi in cui si sono svolti alcuni episo<strong>di</strong><br />
della lotta partigiana. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un percorso nella memoria<br />
attraverso la lunga guerra <strong>di</strong> Liberazione; un’occasione unica per<br />
ripensare a quei valori morali e ideali, che costituiscono una delle più<br />
profonde e feconde ra<strong>di</strong>ci della storia dell’Italia repubblicana.<br />
Itinerario:<br />
Lasciare l'auto nell'ampio piazzale del Col del Lys, sovrastato dalla<br />
colonna commemorativa, eretta nell'imme<strong>di</strong>ato dopoguerra in ricordo<br />
dei caduti partigiani <strong>di</strong> tutte le <strong>Valli</strong> del torinese durante la Resistenza.<br />
Imboccare poi, lo sterrato che parte dalla bacheca con affissa la<br />
cartina dell’itinerario. Dopo una breve <strong>di</strong>scesa si prosegue in piano<br />
sulla mulattiera e si entra in un bosco <strong>di</strong> ra<strong>di</strong> larici; poco dopo si<br />
supera la prima delle numerose pietraie che la mulattiera attraversa<br />
con tratti lastricati. Si affrontano successivamente alcuni saliscen<strong>di</strong><br />
mentre si aprono bei panorami sul sottostante vallone e nel frattempo<br />
si aggirano le pen<strong>di</strong>ci del Monte Arpone. Giunti a un bivio nei pressi<br />
<strong>di</strong> una fonte (circa 45 minuti dal Col del Lys) lasciare la mulattiera e<br />
procedere a destra in salita (altro cartello in<strong>di</strong>catore), in breve,<br />
superato un tratto più ripido, si arriva al Colle della Portia dove sorge<br />
l'omonimo bivacco (1328 m), qui la vista spazia su Val della Torre e<br />
sulla pianura<br />
torinese. Il bivacco<br />
che è stato<br />
ricavato da una<br />
vecchia cappella,<br />
per volontà<br />
dell’Associazione<br />
Nazionale Alpini,<br />
offre un porticato<br />
esterno, alcune<br />
panche e un<br />
caminetto ma<br />
nessun posto letto,<br />
quin<strong>di</strong> per poter<br />
pernottare è<br />
necessario avere con sé una tenda. Nella zona vicina al colle sono<br />
stati in<strong>di</strong>viduati alcuni esemplari della rarissima "Euphorbia<br />
Gibelliana",<br />
Dopo una sosta imboccare il sentiero che parte dall'ingresso del<br />
bivacco che sale girando leggermente a destra (versante <strong>di</strong> Val della<br />
Torre), sino al bivio che porta al “Pilone” (1470 m). Da questo piccolo<br />
colle si scende a sinistra per raggiungere un altro colle da dove<br />
proseguendo a mezza costa e attraversando i pascoli sul versante<br />
della Val <strong>di</strong> Viù, si arriva al Colle della Lunella (1359 m) posto<br />
sull'evidente insellatura tra Il Pilone e il Monte Colombano (1658 m).<br />
Questo passo era anticamente molto frequentato poiché metteva in<br />
comunicazione la bassa Val <strong>di</strong> Viù con la Val della Torre.<br />
Proseguire scendendo leggermente a destra seguendo gli “ometti” in<br />
pietra e i pali bianco/rosso lasciandosi sulla destra il Monte<br />
Colombano, per giungere alle case Giuglitera (1346 m), oltrepassate<br />
le baite proseguire verso una pietraia con una caratteristica fonte al<br />
suo interno per poi risalire verso destra seguendo ometti e segnavia<br />
<strong>di</strong> vernice bianco/rosso in <strong>di</strong>rezione del colle Grisoni (1405 m).<br />
Discesa<br />
Seguire la strada fatta in salita sino alle Case Giuglitera, <strong>di</strong> qui<br />
scendere sulla strada sterrata e proseguire sino a incontrare la 4°<br />
bacheca <strong>di</strong>dattica posta sotto il Colle Lunella, scendere poi verso<br />
destra, sempre seguendo lo sterrato, sino a giungere a un bivio per<br />
poi girare a sinistra (cartelli in<strong>di</strong>catori), <strong>di</strong> qui proseguendo sullo<br />
sterrato si giunge nuovamente alla fontana posta sotto il Colle della<br />
Portia e si prosegue sino al piazzale del Col del Lys
Queste pietre da mola, una varietà <strong>di</strong> cloritoscisto, erano assai<br />
apprezzate per affilare ogni sorta <strong>di</strong> arnesi da taglio e soprattutto le<br />
falci da fieno (i falciatori tenevano queste pietre immerse in un pò<br />
d’acqua dentro un corno <strong>di</strong> vacca agganciato alla cintura). Per questo<br />
venivano raccolte e anche commercializzate fuori del paese.<br />
Il monte Pénna 2200 m, che dalle case <strong>di</strong> Balme appare come una<br />
vetta, è in realtà soltanto la parete che sostiene un grande pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
pietrame posto tra i due valloni del Rio Pissài e del Rio del Ru. Di qui,<br />
salendo <strong>di</strong>rettamente, si raggiunge il sentiero segnato del Lago<br />
Mercurìn<br />
Informazioni Generali<br />
Partenza : Piazzale “Camussot”<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: Ore 3.00 – 3.30<br />
Dislivello: 900 m per il solo labirinto verticale<br />
1100 m proseguendo fino al lago Mercurin<br />
Periodo consigliato: tarda primavera - inizio autunno<br />
*Informazioni tratte dal sito www.lapiuta.it<br />
LABIRINTO<br />
VERTICALE<br />
BALME – VAL D’ALA<br />
Un aereo percorso per escursionisti esperti (<strong>di</strong>fficoltà EE), sulle<br />
cenge che solcano la grande parete che sovrasta Balme, tra incisioni<br />
preistoriche, strapiombi e iscrizioni tracciate dai pastori<br />
nell’incontrastato regno degli stambecchi.
Cautele: l’itinerario non presenta <strong>di</strong>fficoltà particolari ma si sviluppa<br />
su terreno molto ripido e su cenge talvolta aeree, con oggettivi<br />
problemi <strong>di</strong> orientamento. Pertanto è consigliabile soltanto a persone<br />
esperte, avvezze a escursioni in alta montagna e fuori dai sentieri<br />
battuti. In ogni caso va affrontato in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> buona visibilità, in<br />
assenza <strong>di</strong> neve e <strong>di</strong> ghiaccio.<br />
Descrizione: Il percorso inizia dalla piazzetta dell’Albergo Camussòt,<br />
1480 m. Seguire il sentiero per il lago Mercurin, passando per la Péra<br />
dìi Tchàmp, belvedere sul paese sottostante attraverso un rado<br />
bosco <strong>di</strong> faggi. Trascurare sulla sinistra il sentiero segnato per il Lago<br />
Mercurìn e proseguire a destra su un sentiero a mezzacosta che<br />
passando tra pietraie, boschi e campi raggiunge <strong>di</strong>rettamente la base<br />
della grande parete in corrispondenza della cascata più bassa del Rio<br />
Pissi, 1600 m.<br />
Sui due lati della cascata, che alla fine dell’estate è spesso asciutta,<br />
si possono osservare alcune bàrmess (ripari sotto roccia) dove si<br />
trovano incisioni e iscrizioni (una <strong>di</strong> queste è in patois “OURÀ’ IÀ LOU<br />
SOULÈI OURÀ’ PROÙ”, “un momento c’è il sole e un momento no”).<br />
Alcuni <strong>di</strong> questi ripari sono chiusi da muretti (baricàiess) che<br />
servivano per la caccia alla marmotta, riservata per tra<strong>di</strong>zione ai<br />
vecchi che non erano più in grado <strong>di</strong> cacciare il camoscio.<br />
Sulla destra orografica della cascata, risalire un breve canale ripido in<br />
<strong>di</strong>rezione ovest, fino a un ripiano con un masso recante un’iscrizione<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile lettura. Risalire un altro piccolo canale nella <strong>di</strong>rezione<br />
opposta (est) con piccola croce con i bracci ad anello e alcune<br />
iscrizioni: “SOPO DI PLERE 1880” e “C. B. DI CANÀN, A LI 10 MAI<br />
1887”. Si giunge così alla seconda cascata del Rio Pissài, 1680 m,<br />
dove inizia la cengia <strong>di</strong> Lansàtta, che sale in <strong>di</strong>rezione ovest,<br />
dapprima assai ampia e poi gradualmente più stretta.<br />
Il nome significa “lancetta” e sta a in<strong>di</strong>care lo strumento, simile a una<br />
affilata lancetta <strong>di</strong> un orologio a pendolo, che si usava per incidere le<br />
vene durante il salasso. Questo termine, nel patois <strong>di</strong> Balme, in<strong>di</strong>ca la<br />
vipera aspide tipica <strong>di</strong> questi luoghi, piccola e sottile con la testa<br />
triangolare e ben evidenziata. Questi rettili erano in passato numerosi<br />
su questa parete ben soleggiata. Oggi sono quasi scomparsi in<br />
seguito alla presenza <strong>di</strong> numerosi uccelli che li predano (gracchie,<br />
corvi imperiali, poiane e aquile), che si sono moltiplicati con il venir<br />
meno della caccia.<br />
Giunti alla quota 1720 m, la cengia si fa più ripida e stretta, fino a<br />
ridursi a uno stretto passaggio sotto una roccia sporgente. Proprio nel<br />
tratto in cui il passaggio è più angusto, vi sono alcune iscrizioni “1827<br />
PANCRASIO C. 1803”. Superato questo punto, seguire ancora per<br />
un tratto la cengia, fino a imboccare un altro breve e ripido canale<br />
verso est. Si giunge così a un ampio ripiano erboso presso la terza<br />
cascata del Rio Pissài.<br />
Proseguendo si attraversa una grande spaccatura, con un riparo<br />
sotto roccia (bàrma) che reca tracce <strong>di</strong> antichi bivacchi, riconoscibili<br />
nei muretti <strong>di</strong> pietra e nelle ortiche (queste ultime testimoniano la<br />
presenza nel terreno <strong>di</strong> deiezioni animali). Pochi metri a valle del<br />
masso che forma la bàrma, sull’orlo del salto <strong>di</strong> rocce, si apre un altro<br />
più ampio riparo sotto roccia, chiuso da un piccolo muro <strong>di</strong> pietra a<br />
secco.<br />
Questo luogo, detto “lou bou dìi Canàn” (la stalla dei Canàn), era<br />
utilizzato dai pastori <strong>di</strong> capre della famiglia Castagneri Canàn per la<br />
fabbricazione del formaggio caprino, senza dover trasportare a valle il<br />
latte. È ancora possibile vedere il luogo dove veniva acceso il fuoco,<br />
una piccola fascina <strong>di</strong> sterpi e una losa scanalata (pilòiri), che serviva<br />
per mettere a colare i formaggi dentro le forme, permettendo <strong>di</strong><br />
recuperare il latticello (laità). Sul tetto della bàrma si leggono alcune<br />
date tra cui “1661” e “P*S”, oltre ad alcuni enigmatici <strong>di</strong>segni a<br />
graticcio. Nei pressi della bàrma, si trovano ancora altre iscrizioni <strong>di</strong><br />
varia epoca. Questi ripari furono anche usati, a più riprese, dai<br />
giovani <strong>di</strong> Balme che fuggivano l’arruolamento forzato, come accadde<br />
durante l’occupazione francese alla fine del secolo XVIII e durante<br />
l’inverno 1944-45 in occasione dei rastrellamenti.<br />
Ritornando sulla cengia, si prosegue in leggera salita (altre iscrizioni),<br />
superando <strong>di</strong>versi valloncelli, fino alla quota 1900 m. La cengia<br />
finisce contro uno spigolo roccioso per superare il quale è stato<br />
costruito un ru<strong>di</strong>mentale muretto con alcune lastre <strong>di</strong> pietra e oltre il<br />
quale si apre il canalone del Rio del Ru. A questo punto, invertire il<br />
senso <strong>di</strong> marcia e seguire una grande cengia che sale verso est, <strong>di</strong><br />
nuovo in <strong>di</strong>rezione del canalone del Rio Pissài. Si giunge così<br />
all’altezza del grande salto d’acqua (il Pissài vero e proprio 1882 m) e<br />
si svolta <strong>di</strong> nuovo verso ovest, imboccando un canale ripi<strong>di</strong>ssimo che<br />
permette <strong>di</strong> salire più o meno verticalmente, superando un’altra<br />
bàrma, fino a raggiungere le rocce della Pénna dove si trova il<br />
giacimento delle pietre da mola.
Da Gisola è possibile raggiungere, in 15 minuti circa percorrendo la strada<br />
asfaltata, il. Santuario <strong>di</strong> Sant’Ignazio, uno fra i più rappresentativi monumenti<br />
delle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>.<br />
Dati e immagini tratti dal sito internet del CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong><br />
SENTIERO NATURA<br />
PESSINETTO-<br />
GISOLA
Sentiero Pessinetto – Gisola<br />
Il tragitto è il vecchio sentiero che collegava la Frazione <strong>di</strong><br />
Pessinetto Fuori con quella <strong>di</strong> Gisola, come testimoniano i<br />
numerosi piloni votivi e alpeggi che si incontrano lungo il tragitto.<br />
La storia<br />
Il percorso, attraversa la frazione Costa costruita nel ‘600, dopo<br />
l’inondazione che colpì Pessinetto centro. La zona è attraversata<br />
dal torrente Rivassa che in passato forniva lastre <strong>di</strong> pietra per<br />
balconi, e dal torrente Rundlera dai cui venivano estratte lose per<br />
i tetti.<br />
Lungo il sentiero sono visibili numerosi piloni, in particolare il<br />
“Pilun bel” eretto prima del<br />
1900 con ancora visibile<br />
sulla facciata il foro <strong>di</strong> un<br />
proiettile sparato dai<br />
fascisti contro i partigiani<br />
nel 1944. Il “Pilun Brut”,<br />
invece, posto all’incrocio<br />
della Viassa fu eretto<br />
intorno al 1650 in onore <strong>di</strong><br />
Sant’Ignazio per ricordare<br />
il salvataggio ad opera del<br />
Santo <strong>di</strong> un neonato rapito da lupi. Lungo il percorso è ancora<br />
visibile una chiesetta, ormai sconsacrata, de<strong>di</strong>cata a San<br />
Barnaba, costruita intorno al 1647 per volere <strong>di</strong> Don Remondetto<br />
Martino, parroco <strong>di</strong> Gisola. Il cognome Remondetto è <strong>di</strong> origine<br />
celtica e deriva da verna (zona ricca <strong>di</strong> ontani), la <strong>di</strong>citura con “ai”<br />
finale è tipica della lingua franco-provenzale.<br />
Itinerario<br />
Dalla Frazione Ramondetti si risale una scalinata per poi<br />
proseguire su un ripido sentiero che attraversa degli orti, sino a<br />
giungere sulla piazzetta della borgata Costa, a fondo piazza il<br />
sentiero si inerpica su prati ancora coltivati toccando i resti <strong>di</strong><br />
un’antica fucina per giungere sino al bivio con la mulattiera della<br />
“Viassa”, il sentiero prosegue a mezzacosta, toccando i<br />
caratteristici piloni votivi per poi raggiungere i ruderi della<br />
cappella <strong>di</strong> San Barnaba.<br />
Gran<strong>di</strong> castagni con terrazzamenti ancora integri fanno da<br />
cornice al sentiero che risale sino ad attraversare il Rio Rivassa<br />
e su mulattiera si giunge alla fontana del Balluard, subito dopo<br />
sulla destra si incontra il sentiero che arriva dal “Funtanas”,<br />
proseguire verso monte sino ad attraversare due rii, qui la<br />
mulattiera si fa lastricata fino a raggiungere le prime case della<br />
Frazione Gisola.
ARRAMPICATA<br />
Il Vallone <strong>di</strong> Sea, grazie alle sue pareti ricche <strong>di</strong> fessure e <strong>di</strong> spigoli<br />
strapiombanti, offre <strong>di</strong>verse vie <strong>di</strong> arrampicata per gli appassionati<br />
<strong>di</strong> questo sport. Il luogo severo e selvaggio implica a volte lunghi e<br />
faticosi avvicinamenti e inoltre le scalate sono <strong>di</strong>fficili e molto<br />
tecniche, le vie sono scarsamente attrezzate, spesso con materiali<br />
obsoleti, anche se ultimamente si è ripreso un lavoro <strong>di</strong><br />
richiodatura <strong>di</strong> vecchi itinerari. <strong>Le</strong> vie sono comunque adatte ad<br />
arrampicatori esperti. Curiosi sono i nomi delle pareti, spesso<br />
fantasiosi e mitologici, come, per esempio La parete dei Numi –<br />
Bec Cerel, La Torre <strong>di</strong> Gandalf il Mago (le forme della roccia<br />
assomigliano al volto del Mago del “Signore degli Anelli”), Il<br />
Droide, La Sfinge e Lo Specchio <strong>di</strong> Iside. Il periodo migliore per<br />
arrampicare in questa magnifica natura incontaminata va da fine<br />
maggio a metà ottobre.<br />
Testi <strong>di</strong> riferimento: M. Blatto, “Vallone <strong>di</strong> Sea – Un mondo <strong>di</strong><br />
pietra, Vivalda E<strong>di</strong>tori - Aria; M. Blatto, A. Bosticcio, M. Rosa, Tra il<br />
Classico ed il Moderno.<br />
INFORMAZIONI GENERALI<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Forno Alpi Graie - Groscavallo (1219 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: 3 h<br />
Segnavia: EPT 308<br />
Difficoltà: Escursionismo me<strong>di</strong>o<br />
Periodo consigliato: maggio – novembre<br />
Itinerario tratto dal sito www.cailanzo.it<br />
VALLONE DI SEA<br />
Fino Gias Nuovo<br />
al Piano <strong>di</strong> Sea<br />
Il Vallone <strong>di</strong> Sea, lungo<br />
circa 10 km con un<br />
<strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> quasi 2000 m,<br />
è un luogo aspro e<br />
selvaggio, adatto per chi<br />
vuole immergersi in una<br />
natura incontaminata e<br />
ricca <strong>di</strong> sorprendenti<br />
bellezze paesaggistiche.<br />
<strong>Le</strong> sue scoscese pareti<br />
Alpe <strong>di</strong> Sea (1785 m)<br />
rocciose sono un<br />
para<strong>di</strong>so anche per gli<br />
appassionati <strong>di</strong> arrampicata, e non mancano gli incontri con<br />
stambecchi, camosci e marmotte. All’imbocco del vallone è<br />
collocato il Santuario <strong>di</strong> Nostra Signora <strong>di</strong> Loreto con i suoi 444<br />
scalini. A 2297 m si trova il Bivacco Fassero – Soar<strong>di</strong>. Alla testata<br />
del vallone troviamo tre ghiacciai <strong>di</strong> notevole estensione, il<br />
Ghiacciaio <strong>di</strong> Sea, il Ghiacciaio Albaron <strong>di</strong> Sea e il Ghiacciaio<br />
Tonini, per poi terminare con il Col <strong>di</strong> Sea (3100 m), un tempo uno
dei valichi più frequentati per raggiungere la Valle dell’Arc in<br />
Francia; tempo fa, grazie a migliori con<strong>di</strong>zioni climatiche, i pastori<br />
facevano passare dal colle i loro greggi <strong>di</strong> pecore.<br />
LA STORIA<br />
La Val <strong>di</strong> Sea era anticamente frequentata da <strong>montana</strong>ri,<br />
contrabban<strong>di</strong>eri e pellegrini e il vallone non presentava l’aspetto<br />
aspro e brullo <strong>di</strong> oggi. Era infatti ricoperto da enormi foreste che<br />
vennero <strong>di</strong>strutte a partire dal XIII secolo a causa dell’inizio <strong>di</strong><br />
un’intensa attività mineraria nella zona: la legna serviva infatti da<br />
combustibile nelle fucine presenti a Forno. Nella seconda metà del<br />
‘700 il vallone venne utilizzato dai pastori locali, che nei mesi estivi<br />
portavano le proprie mandrie in alpeggio, garantendo così il buon<br />
mantenimento del territorio. Oggi è un angolo delle nostre <strong>Valli</strong> <strong>di</strong><br />
particolare bellezza, circondato da alte pareti rocciose e sovrastato<br />
da spettacolari ghiacciai.<br />
ITINERARIO<br />
Da Forno Alpi Graie seguire una strada che inizia a sinistra della<br />
piazzetta in fondo al paese, attraversa la Stura su un ponte e<br />
termina allo sbocco del Vallone <strong>di</strong> Sea. Continuare sulla sponda<br />
sinistra orografica del vallone percorrendo una pista costruita dalla<br />
<strong>Comunità</strong> Montana per accedere all'acquedotto generale delle<br />
<strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>. (Se si continua a sinistra si giunge al Santuario <strong>di</strong><br />
Nostra Signora <strong>di</strong> Loreto). Giunti all'altezza delle costruzioni<br />
dell'acquedotto il sentiero<br />
prosegue sulla destra del<br />
senso <strong>di</strong> marcia, sotto le<br />
estreme propaggini della<br />
Costiera Malatret. Dopo una<br />
breve salita percorrere<br />
ancora il fondovalle sino ad<br />
attraversare su <strong>di</strong> una<br />
Gias Nuovo (1888 m)<br />
passerella la Stura <strong>di</strong> Sea<br />
nei pressi del Gias Balma Massiet (1500 m).<br />
Salendo in mezzo a una bassa vegetazione si giunge, dopo aver<br />
attraversato un'altra volta il torrente, all'Alpe <strong>di</strong> Sea (1785 m),<br />
posta sotto un enorme masso.<br />
Una volta superate le costruzioni, si aggira un cocuzzolo e con una<br />
breve salita si guadagna un vasto pianoro a metà del quale, a<br />
destra, vi è il Gias Nuovo (1888 m) con le sue baite in pietra.<br />
Discesa<br />
Per l'itinerario <strong>di</strong> salita<br />
Ulteriori escursioni (<strong>di</strong> maggiore <strong>di</strong>fficoltà)<br />
Passo dell’Ometto (1616 m)<br />
Bivacco Fassero – Soar<strong>di</strong> (2297 m)<br />
Passo delle Lose (2866 m)<br />
Col <strong>di</strong> Sea (3100 m)<br />
Punta Tonini (3324 m)<br />
Punta Bonneval (3325 m)
PIAN DEI SARACENI (escursione in salita, 30 minuti)<br />
Lasciata l’auto sulla piazza <strong>di</strong> Balme, risalire la carrozzabile per<br />
una cinquantina <strong>di</strong> metri per poi imboccare a sinistra il sentiero<br />
che, dopo pochi passi, raggiunge il ponte della “Gorgia”, dal<br />
quale si può ammirare lo spettacolo della cascata. Il sentiero<br />
prosegue verso sinistra, e dopo una cinquantina <strong>di</strong> metri a<br />
destra, lasciata la pista che porta alla frazione Cornetti, la salita<br />
si fa più ripida e ci si addentra in un bosco <strong>di</strong> larici e abeti.<br />
In prossimità <strong>di</strong> un piccolo acquedotto incontriamo il cartello<br />
che in<strong>di</strong>ca la deviazione sulla destra verso il Pian dei Saraceni.<br />
Dopo pochi passi il bosco <strong>di</strong> conifere lascia improvvisamente la<br />
scena a una faggeta <strong>di</strong> rara bellezza che ci accompagna fino al<br />
piccolo pianoro detto appunto Pian dei Saraceni.<br />
Informazioni e segnalazioni presso: TONINO SPORT Via<br />
Roma, 121, Balme.<br />
CAMMINARE A BALME<br />
ITINERARI<br />
PAESAGGISTICI<br />
IMMERSI NELLA<br />
NATURA
LA GORGIA-CORNETTI (passeggiata <strong>di</strong> 40 minuti)<br />
Dalla piazza <strong>di</strong> Balme risalire la strada per un centinaio <strong>di</strong> metri<br />
fino a quando, sulla sinistra, troveremo il cartello che in<strong>di</strong>ca il<br />
sentiero. Dopo pochi passi ci ritroviamo sopra il ponte della<br />
Gorgia, spettacolare cascata formata dal torrente Stura.<br />
Proseguendo lungo il sentiero quasi sempre pianeggiante che<br />
piega verso Est, ci si immerge in un bosco molto fitto che si<br />
apre solo a tratti per lasciarci ancora ammirare lo scenario della<br />
cascata. Dopo una simpatica fontanella, una panca in legno e<br />
una leggera <strong>di</strong>scesa usciamo dal bosco per attraversare il prato<br />
del Pakinò (sciovia) e raggiungere la frazione Cornetti,<br />
caratteristica borgata fondata da minatori nel XIII secolo. Di qui<br />
si ritorna in breve al capoluogo lungo la carrozzabile.<br />
SAN PANCRAZIO-PIAN GIOÉ (escursione in salita, <strong>di</strong> un’ora e<br />
30 minuti)<br />
Dalla frazione Cornetti <strong>di</strong> Balme seguire le in<strong>di</strong>cazioni del<br />
Sentiero Natura Val Servin che si addentra nelle vie (dette<br />
chintanes) dell’antica borgata per poi uscire dall’abitato e<br />
risalire fino ai casolari dell’Arbosetta, capolinea della piccola<br />
sciovia Pakinò, da dove lo sguardo spazia sul vecchio centro <strong>di</strong><br />
Balme. A questo punto lasciare il sentiero natura e continuare<br />
la salita verso Ovest per raggiungere gli alpeggi della Comba<br />
(1741 m): <strong>di</strong> qui in breve, risalendo alcuni prati sulla destra<br />
(Nord), si raggiunge la cresta sulla quale è posto il pilone <strong>di</strong><br />
San Pancrazio. Dopo aver scattato alcune belle foto<br />
panoramiche ritornare alla Comba e prendere il sentiero più a<br />
sinistra (<strong>di</strong>rezione Sud) che sale lungo una dorsale ricca <strong>di</strong><br />
vegetazione per poi raggiungere il Pian Gioé e i suoi alpeggi<br />
(1955 m).<br />
Discesa lungo lo stesso itinerario.<br />
BALME-PIAN DELLA MUSSA (passeggiata in salita, 50<br />
minuti)<br />
Come per il primo itinerario, anche per questo, la partenza è dal<br />
sentiero della Gorgia ma, subito dopo il ponte della cascata,<br />
imboccare il sentiero sulla destra che da prima raggiunge la<br />
Rocca SARI (grande masso erratico posto al centro <strong>di</strong> un<br />
pianoro che è anche una storica palestra <strong>di</strong> roccia delle <strong>Valli</strong>) e<br />
poi costeggia la Stura fino a raggiungere un caratteristico ponte<br />
<strong>di</strong> pietra. Di qui il sentiero, dopo aver attraversato i caseggiati <strong>di</strong><br />
Bogone, sale a un alpeggio abbandonato e ad alcuni piloni<br />
votivi per poi uscire dal lariceto e poter così ammirare il<br />
fantastico panorama del Pian della Mussa.<br />
GINEVRÉ: NEL REGNO DEGLI STAMBECCHI (escursione in<br />
salita, 30 minuti)<br />
Questa breve escursione è finalizzata alla possibilità <strong>di</strong><br />
addentrarsi nel mondo selvaggio delle rocce dove è molto<br />
probabile imbattersi negli stambecchi, poterli fotografare e<br />
ammirare le loro spettacolari evoluzioni. Dal piazzale<br />
dell’albergo Camussot, situato nella parte alta <strong>di</strong> Balme,<br />
imboccare il sentiero che porta al lago Mercurin (in<strong>di</strong>cazioni<br />
Ginevré – Mercurin). Questo sentiero è molto ripido ma in breve<br />
porta alle pareti del Ginevré che è una palestra <strong>di</strong> roccia con<br />
circa 60 vie attrezzate. Quando si è in vista delle prime rocce,<br />
abbandonare il sentiero principale per obliquare verso destra in<br />
<strong>di</strong>rezione dell’evidente muro paravalanghe nei pressi del quale<br />
è facile in<strong>di</strong>viduare gli stambecchi. Bella visuale anche<br />
sull’abitato <strong>di</strong> Balme e sulla catena Ovarda–Servin.
INFORMAZIONI GENERALI<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Forno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie (840 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: 20 minuti.<br />
Difficoltà: T (Turistica)<br />
Dati e immagini tratti dal sito internet del CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong><br />
CAPPELLA DEL TRUC O<br />
DELLA CONSOLATA
Accesso:<br />
Giunti a Viù proseguire<br />
sulla strada provinciale che,<br />
in <strong>di</strong>scesa, scende alla<br />
frazione Fucine. Ignorare la<br />
deviazione sulla sinistra<br />
che conduce al Col del Lys<br />
e proseguire <strong>di</strong>ritti sino a<br />
raggiungere la frazione<br />
Forno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie.<br />
Parcheggiare l'auto all'inizio della frazione, in prossimità del<br />
caratteristico ponte.<br />
Autentico oggetto architettonico, il ponte <strong>di</strong> Forno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie, con<br />
quello del Diavolo a <strong>Lanzo</strong>, può a ragione considerarsi uno dei<br />
maggiori tesori delle <strong>Valli</strong>. Perfettamente inserito nel paesaggio<br />
naturale (<strong>di</strong> cui pare quasi un decoro) ed in quello umano<br />
dell'inse<strong>di</strong>amento, il ponte è capace <strong>di</strong> fissarsi nella memoria<br />
anche del più inesperto, ma sensibile, osservatore.<br />
Cenni storici sulla frazione<br />
Il nome della borgata <strong>di</strong> Forno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie, come quello <strong>di</strong> altri<br />
abitati delle <strong>Valli</strong>, deriva dall'estrazione e dalla lavorazione del<br />
ferro e del rame, attività praticata fin dal Tardo Me<strong>di</strong>oevo e<br />
fiorente fino al XIX secolo.<br />
In particolare la borgata <strong>di</strong> Forno <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie fu fondata con ogni<br />
probabilità da due colonie, provenienti dalla Val Sesia e dal<br />
Bergamasco, nel secolo XIV. Per lungo tempo la nuova<br />
comunità mantenne la propria identità e rapporti con i luoghi <strong>di</strong><br />
origine. Solo nel 1426 e per alcuni anni, il duca Amedeo VIII, in<br />
guerra con Milano, preoccupato <strong>di</strong> possibili tra<strong>di</strong>menti della<br />
gente <strong>di</strong> Forno, impose un giuramento <strong>di</strong> fedeltà ai Savoia e <strong>di</strong><br />
non intrattenere corrispondenza con la madrepatria. Proprio la<br />
lontana origine della comunità <strong>di</strong> Forno potrebbe spiegare<br />
l'originalità del ponte: <strong>di</strong>strutto dalle alluvioni, il ponte fu<br />
ricostruito a spese della famiglia Goffi, allora concessionaria<br />
della licenza <strong>di</strong> sfruttamento delle miniere.<br />
All'opera collaborarono i valligiani lombar<strong>di</strong>, che applicarono<br />
nella nuova costruzione un modello strutturale e architettonico<br />
conosciuto precedentemente grazie ai rapporti intrattenuti con i<br />
territori del lombardo-veneto. Il ponte appare così un’elegante<br />
sintesi <strong>di</strong> forme, allora straniere, che richiamano i ponti<br />
veneziani, realizzato con un materiale, la pietra, tipicamente<br />
alpino.<br />
Salita:<br />
Attraversare il bel ponte in pietra ed imboccare il ripido<br />
sentierino che si trova dalla parte opposta. Il senso <strong>di</strong> marcia si<br />
<strong>di</strong>rige poi verso sinistra ed inizia a salire con alcune risvolti nel<br />
boschetto. Si arriva a ridosso <strong>di</strong> alcune torrette rocciose ed il<br />
senso <strong>di</strong> marcia piega definitivamente verso oriente. Dopo un<br />
tratto pianeggiante si vede tra la vegetazione la sagoma della<br />
bianca chiesetta che con breve risalita si raggiunge (940 m, 20<br />
minuti).<br />
Buon punto panoramico e luogo decisamente tranquillo.<br />
Discesa:<br />
Per l'itinerario <strong>di</strong> salita.
marcia, senza usare le mani. Da entrambi i punti raggiunti si scende facilmente sul<br />
vicinissimo margine del pianeggiante Glacier de Rochemelon: ci troviamo a nordnord-est<br />
della vetta e finalmente possiamo vedere il secondo tratto della nostra<br />
escursione che terminerà con la lineare cresta nord-ovest, quella che si profila più<br />
<strong>di</strong>stante. Avanzare sul ghiacciaio puntando a sud-ovest, verso la depressione alla<br />
base della cresta; lunga passeggiata con leggeri saliscen<strong>di</strong>: non si ricordano<br />
crepacci in questo settore del ghiacciaio, né ondulazioni brusche ma, con il forte<br />
ritiro, possono prodursi irregolarità notevoli. Ė perciò richiesta una continua vigilanza<br />
e forse l'uso dei ramponi. Oltrepassata la metà del ghiacciaio piegare alquanto a<br />
destra e, scegliendo la via più agevole, salire alla dolce depressione (3330 m) del<br />
cocuzzolo <strong>di</strong> confine che è piuttosto lontana dalla base della cresta finale:<br />
Orientamento <strong>di</strong>fficile in caso <strong>di</strong> nebbia. Seguire la pianeggiante cresta, <strong>di</strong> minuti<br />
detriti, sfruttando la pista del suo fianco destro ed infine salire l'elegante cresta <strong>di</strong><br />
nord-ovest proprio lungo il filo. Sebbene esposta in alcuni punti, la salita è veramente<br />
facile (se non c'è neve) e culmina alla spianata della vetta, ai pie<strong>di</strong> della grande<br />
statua della Madonna. Avanzare sul ghiacciaio puntando a sud-ovest, verso la<br />
depressione alla base della cresta; lunga passeggiata con leggeri saliscen<strong>di</strong>: non si<br />
ricordano crepacci in questo settore del ghiacciaio, né ondulazioni brusche ma, con il<br />
forte ritiro, possono prodursi irregolarità notevoli. Ė perciò richiesta una continua<br />
vigilanza e forse l'uso dei ramponi.<br />
Discesa:<br />
Per l'itinerario <strong>di</strong> salita.<br />
INFORMAZIONI GENERALI<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Lago <strong>di</strong> Malciaussia (1805 metri)<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: 5 h 30 min.<br />
Difficoltà: EE (Escursionismo <strong>di</strong>fficile)<br />
Dati e immagini tratti dal sito internet del CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong><br />
IL ROCCIAMELONE<br />
(3538 m)
Accesso:<br />
Risalire tutta la Valle <strong>di</strong> Viù. Giunti a Margone si<br />
prosegue lungo la carrozzabile fino al suo termine,<br />
nei pressi della <strong>di</strong>ga del Lago <strong>di</strong> Malciaussia.<br />
Salita:<br />
Dal Lago <strong>di</strong> Malciaussia seguire il grosso sentiero<br />
sterrato, puntando in <strong>di</strong>rezione del Rocciamelone.<br />
La stra<strong>di</strong>na che costeggia il lago corre alla base <strong>di</strong><br />
vastissimi e alti pen<strong>di</strong>i erbosi, oltrepassa le vicine grange <strong>di</strong> Pietramorta (1812 m)<br />
poi, superato il lago, si accosta al torrente <strong>di</strong> fondo e lo attraversa a sinistra me<strong>di</strong>ante<br />
un ponticello.<br />
Sulla scarpata dell'opposta sponda s'incontra subito un bivio: a sinistra sale il<br />
sentiero per il Colle della Croce <strong>di</strong> Ferro, a destra prosegue il sentiero per il Rifugio<br />
Tazzetti. Attraversati i dolci prati iniziali, la via prende a seguire dall'alto il torrente<br />
principale sovrastato dai ripi<strong>di</strong> fianchi della Punta <strong>di</strong> Pietramorta (2577 m). Quasi<br />
pianeggiante, con leggeri saliscen<strong>di</strong> e antiche <strong>di</strong>ramazioni dei pastori, il sentiero<br />
prosegue a lungo sulla sponda poi, piega a sinistra ed imbocca il valloncello del Rio<br />
Medagliere; con salita più viva, lungo il nuovo fianco sinistro orografico, si giunge a<br />
varcare questo rio pochi passi a valle <strong>di</strong> un'ottima sorgente (2100 m).<br />
Si guadagna quota sul pen<strong>di</strong>o opposto, solcato da cascatelle, dove il sentiero compie<br />
lunghi tornanti fra i due rivoli più a destra (sono sconsigliabili le scorciatoie).<br />
In alto si attraversa a destra l'ultimo canale poi si continua, quasi in piano, tagliando il<br />
pen<strong>di</strong>o assai ripido. Si comincia così ad abbandonare il vallone delle Medagliere per<br />
penetrare in quello del Rio Rumour dove sorge il rifugio <strong>di</strong> mezzacosta, sulla tetra<br />
fiancata della destra orografica, si attraversa una vasta pietraia con magre erbe dove<br />
un breve passaggio scabroso, su roccia viva, è aggirabile con il sentiero più basso.<br />
Si passa poi alla base <strong>di</strong> un cornetto <strong>di</strong> roccia caratteristico; il rifugio, abbastanza<br />
visibile, è in alto ma non lontano, sulla verde fiancata opposta. Il sentiero si avvicina<br />
al torrente facendosi pianeggiante e raggiunge, poco a monte <strong>di</strong> una cascata, la<br />
conca del guado che è colma <strong>di</strong> neve fino a tarda estate (2530 m). Varcato il torrente<br />
verso destra, si attaccano i tornanti del ripido pen<strong>di</strong>o erboso rivolto a sud fino a<br />
terminare, verso sinistra, sul ripiano solatio dov'è e<strong>di</strong>ficato il Rifugio Tazzetti. Dal<br />
fianco sinistro del rifugio imboccare il sentiero ben marcato che si allontana sul retro<br />
ed attacca il ripido pen<strong>di</strong>o che sovrasta il rifugio. Con vivacissima pendenza e stretti<br />
risvolti la traccia guadagna il filo <strong>di</strong> un crestone, subito a destra <strong>di</strong> un suo<br />
caratteristico dente roccioso visibile dal rifugio (2750 m). Volgere a sinistra e seguire<br />
il crestone che, proveniente dal Colle della Resta, <strong>di</strong>vide il bacino dei Fons d'Rumour<br />
da quello delle Cavalle a nord. Il sentiero tocca raramente il filo <strong>di</strong> cresta e si<br />
mantiene, <strong>di</strong> preferenza, sotto a destra <strong>di</strong> esso avanzando <strong>di</strong> mezzacosta, con<br />
pendenza moderata, fra erbe stentate e roccette. Davanti si profila il lunghissimo<br />
tratto dello spartiacque, quasi orizzontale, che inizia a destra del Rocciamelone e si<br />
prolunga fino alla Punta del Fort (3385 m). Accanto al Rocciamelone il vasto Glacier<br />
de Rochemelon, quasi totalmente in territorio francese, travalica verso l'Italia con<br />
alcune grosse lingue (attualmente in forte ritiro); subito a destra <strong>di</strong> quella più a nord<br />
c'è il punto <strong>di</strong> passaggio del nostro itinerario: il rilievo roccioso a 3260 m dove è<br />
fissata una croce metallica. Sotto e a destra<br />
<strong>di</strong> questo rilievo, si estende la scarpata-parete<br />
a strati orizzontali, larga e regolare, che<br />
dovremo superare. Intanto, seguendo i segni<br />
<strong>di</strong> vernice rossa che in<strong>di</strong>cano il sentiero, si<br />
arriva ad un "castello" <strong>di</strong> roccia chiara che<br />
sbarra la cresta: aggirarlo brevemente sulla<br />
sinistra, per rocce ripide ma ben gra<strong>di</strong>nate ed<br />
elementari. Continuare con la pista che tocca<br />
il margine <strong>di</strong> un vicino ripiano <strong>di</strong> macerie e<br />
nevai con alcune croci ricordo (3000 m); non<br />
lasciarsi attirare verso sinistra, da un<br />
valloncello invitante, bensì salire verso destra<br />
seguendo la traccia che, rimontando una<br />
piccola pietraia, conduca ad attraversare un<br />
rivolo, sopra ad una cascatella nera ed<br />
evidente (3060 m). Ultima acqua sicura. L'attraversamento del rio, verso destra, è<br />
uno dei punti chiave dell'itinerario. Comincia la vasta, enigmatica ed erta scarpataparete<br />
<strong>di</strong> "roccia marcia", tutta striata <strong>di</strong> cenge e terrazze invase <strong>di</strong> ghiaietta ed<br />
intercalate a saltini rocciosi. Elevarsi seguendo le serpentine lungo la ripida sponda<br />
sinistra orografica del rivolo; in breve si raggiunge il livello della sommità <strong>di</strong> un<br />
caratteristico spigolo verticale <strong>di</strong> roccia gialla appartenente alla sponda opposta.<br />
A questo punto sono possibili due vie; la prima, più breve e segnalata con vernice<br />
rossa, consiste nel salire <strong>di</strong>rettamente in <strong>di</strong>rezione della croce seguendo all'incirca la<br />
sponda del canale: non c'è uno sviluppo obbligato, tendere piuttosto un po' a destra,<br />
mai verso sinistra. Nonostante sia apparentemente impraticabile, il pen<strong>di</strong>o si vince<br />
abbastanza facilmente, ma con grande cautela, passando da una terrazza all'altra. In<br />
alto, sotto la balza sommitale, si compie un breve traverso a sinistra raggiungendo la<br />
vicina crestina rocciosa che scende verso sud-est; per le facili roccette <strong>di</strong><br />
quest'ultima si superano gli ultimi 70 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello e si raggiunge la croce<br />
metallica posta sul Colle della Resta (3260 m).<br />
Questa via deve essere percorsa con grande circospezione dalle comitive numerose<br />
per il pericolo delle pietre smosse. La seconda via, più facile e meno ripida, è<br />
leggermente più in<strong>di</strong>retta dell'altra. Non è segnalata con vernice e non ha una pista<br />
evidente essendo poco conosciuta. Essa si sviluppa nel modo seguente: salire con<br />
decisa tendenza verso destra, senza passaggi obbligati, in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una nicchiaspaccatura<br />
alta 3 metri e larga 1, ben visibile da <strong>di</strong>stante e poi, nuovamente, da<br />
vicino. Traversando canali poco marcati e scavalcando piccole costole si arriva a 60<br />
metri dalla nicchia; innalzarsi lungo un costone e poi, appoggiando a destra,<br />
imboccare un canalino posto quasi sulla verticale della nicchia.<br />
Questo facile canalino obliquo verso destra, lungo 20 metri, raramente innevato,<br />
sbuca sulla cresta <strong>di</strong> confine a quota 3290 m ed è <strong>di</strong>stante circa 120 metri dal rilievo<br />
con la croce. A parte la ripidezza del pen<strong>di</strong>o attraversato, forte soltanto in pochi tratti<br />
e che richiede comunque cautela, la progressione avviene soltanto con semplice
SANTUARIO DI SANTA CRISTINA (1340 m)<br />
Comune <strong>di</strong> Ceres (704 m, km 40 da Torino)<br />
e Cantoira (750 m, km 47 da Torino)<br />
h 1,45<br />
A pie<strong>di</strong> da Ceres e da Cantoira<br />
RICORRENZE<br />
La festività religiosa è il 24 luglio;<br />
la sera del sabato più prossimo al 24<br />
si svolgono i fuochi artificiali e un<br />
suggestivo falò visibile da Cantoira.<br />
SANTUARIO DI SANTA CRISTINA
Sentinella della Val d’Ala e della Val Grande, il Santuario <strong>di</strong> Santa<br />
Cristina è abbarbicato su una selvaggia rupe che separa le due<br />
valli: un punto panoramico unico da<br />
cui si possono leggere, come in<br />
un’immensa carta geografica in<br />
rilievo, i borghi e le cime della zona.<br />
Questa, accanto al significato<br />
religioso, è la ricompensa per chi<br />
affronta le lunghe mulattiere che,<br />
attraverso boschi freschi e ombrosi<br />
lasciano improvvisamente spazio<br />
alle rocce della vetta e alla scalinata<br />
che – non solo simbolicamente –<br />
sembra davvero condurre al cielo.<br />
Si capisce allora come anche questa<br />
località, prima <strong>di</strong> prendere forma nei<br />
secoli come luogo <strong>di</strong> culto cristiano, sia stata occupata da tempo<br />
immemore dai primi abitatori delle valli, che vi eressero i propri idoli<br />
pagani.<br />
Per lungo tempo il santuario fu vivacemente conteso tra le<br />
comunità <strong>di</strong> Ceres e Cantoira: oggi la secolare <strong>di</strong>atriba appare<br />
sedata e la proprietà è stata riconosciuta ai Cantoiresi, che ne<br />
assicurano la manutenzione e il culto.<br />
SANTUARIO DI<br />
SANTA<br />
CRISTINA<br />
La prima cappella fu<br />
costruita nel Trecento<br />
ma venne<br />
successivamente ampliata grazie alle fatiche dei valligiani, che per<br />
anni trasportarono a spalle il materiale da costruzione. Sino a pochi<br />
anni fa, nel giorno della festa, era facile trovare alcuni sacchi <strong>di</strong><br />
sabbia all’imbocco del sentiero <strong>di</strong> Cantoira: ogni fedele contribuiva<br />
in questo modo ai lavori <strong>di</strong> restauro della chiesa, elevata a<br />
santuario nel XVII secolo in seguito al fervore cattolico suscitato<br />
dalla Controriforma. Il complesso architettonico è a pianta<br />
rettangolare ed esternamente non<br />
presenta decorazione né intonaco e<br />
la struttura appare rustica e<br />
massiccia.<br />
All’interno si possono ammirare<br />
tracce <strong>di</strong> affreschi, alcuni dei quali<br />
<strong>di</strong> buona fattura: uno in particolare,<br />
<strong>di</strong> epoca cinquecentesca,<br />
rappresenta la Madonna in trono<br />
con il Bambino e Santa Cristina.<br />
Sono conservati inoltre numerosi<br />
ex-voto, i più antichi dei quali<br />
risalgono al XIX secolo.
.<br />
FOTO 4<br />
Breve storia delle meri<strong>di</strong>ane<br />
<strong>Le</strong> meri<strong>di</strong>ane hanno un’origine antichissima: nell’età neolitica erano già<br />
presenti le prime tecniche, seppur ru<strong>di</strong>mentali, per la misurazione del<br />
tempo. Secondo Vitruvio e altre fonti dell’antichità questa scienza fu<br />
inventata da Anassimandro tra il VII e il VI sec. a.C. Notevolmente<br />
sviluppatasi durante l’età del bronzo, la costruzione delle meri<strong>di</strong>ane subì<br />
un arresto durante le invasioni barbariche. La loro rinascita ebbe inizio<br />
nell’età del feudalesimo, in particolar modo nel 529 d.C., anno <strong>di</strong><br />
fondazione dell’Or<strong>di</strong>ne Benedettino. Il secolo XIII fu molto importante<br />
per l’evoluzione delle meri<strong>di</strong>ane, poiché lo gnomone (bastone <strong>di</strong> ferro o<br />
<strong>di</strong> ottone che proietta l’ombra sulla parete), posto fino allora<br />
perpen<strong>di</strong>colarmente alla parete, venne orientato parallelamente<br />
all’asse terrestre. Il termine “Meri<strong>di</strong>ana”, riferito a tutti gli orologi solari,<br />
non è totalmente corretto; infatti, il nome in<strong>di</strong>ca solo un’ora, quella del<br />
mezzogiorno solare; cioè quando il sole si trova in “meri<strong>di</strong>ano”. Il<br />
mezzogiorno locale veniva solitamente in<strong>di</strong>cato dalla lettera M o dal<br />
<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> una campanella.<br />
Ala <strong>di</strong> Stura: il paese<br />
delle meri<strong>di</strong>ane<br />
Ala <strong>di</strong> Stura, paese situato a circa 1000 metri s.l.m. nelle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>,<br />
presenta un elevatissimo numero <strong>di</strong> meri<strong>di</strong>ane e quadranti solari sui muri<br />
delle sue abitazioni, sparse tra le varie frazioni.<br />
Alcune meri<strong>di</strong>ane sono state restaurate recentemente, come quelle<br />
sulla facciata della Chiesa Parrocchiale (foto 1 ), nel centro del paese,<br />
mentre altre sono deteriorate a tal punto da renderne <strong>di</strong>fficile il<br />
riconoscimento.<br />
Ala <strong>di</strong> Stura era nei secoli scorsi un paese <strong>di</strong> transito molto importante<br />
per il commercio: proprio lì<br />
facevano sosta i mercanti e i<br />
viaggiatori <strong>di</strong>retti verso la Francia<br />
(Chambery) oppure verso Torino.<br />
Numerose abitazioni inoltre,<br />
soprattutto nelle frazioni,<br />
presentano facciate ancora<br />
originali, sulle quali secoli fa erano<br />
state affrescate le meri<strong>di</strong>ane; è<br />
dunque ancora oggi possibile<br />
trovarne numerosi esempi.<br />
L'elenco e la descrizione dei 77<br />
quadranti solari in<strong>di</strong>viduati nel<br />
comune <strong>di</strong> Ala, meritano<br />
FOTO 1<br />
particolare attenzione. Diversi orologi solari costruiti nella seconda metà<br />
dell'Ottocento hanno un loro fascino antico e particolare, insieme agli<br />
affreschi, alcuni dei quali risalenti all’epoca del Perini (pittore, monaco e<br />
viaggiatore), che ha datato le sue religiose opere nel periodo che va<br />
dal 1575 al 1588 nelle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>.<br />
Nel percorso alese è facile incontrare <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> quadranti solari e<br />
meri<strong>di</strong>ane a ore locali, francesi (basandosi sull’ora vera e non su quella<br />
convenzionale, istituita solo nel 1866, l’ora francese risulta <strong>di</strong>fferente da<br />
quella alese) e babiloniche (segnanti le ore trascorse dal sorgere del<br />
sole); è possibile incontrare inoltre planetari e meri<strong>di</strong>ane universali molto<br />
interessanti anche dal punto <strong>di</strong> vista prettamente artistico.
Proposta <strong>di</strong> un itinerario<br />
Pochi metri prima <strong>di</strong> giungere sulla piazza centrale <strong>di</strong> Ala <strong>di</strong> Stura,<br />
voltare a destra verso la frazione Pian del Tetto; dopo tre curve lasciare<br />
l’auto e imboccare il sentiero in<strong>di</strong>cante “Pian del Tetto”, che conduce<br />
alla chiesetta intitolata a Santa Maria Maddalena. Sulla facciata del<br />
campanile è visibile la prima meri<strong>di</strong>ana, dove non è più presente lo stilo,<br />
bensì un buco più altri due fori nei quali era inserita la forcella a V,<br />
formata da due supporti per reggere il lungo stilo. Tale meri<strong>di</strong>ana segna<br />
sia le ore locali sia quelle francesi e la scritta in basso, elemento tipico<br />
molto spesso riportato sulle meri<strong>di</strong>ane, non è più leggibile. Di fianco, sulle<br />
pareti <strong>di</strong> una casa privata, è visibile un’altra meri<strong>di</strong>ana, risalente al 1851:<br />
questa è rivolta a ovest, quin<strong>di</strong><br />
raggiungibile dal sole solamente nelle ore<br />
pomeri<strong>di</strong>ane. Il piccolo stilo (detto anche<br />
gnomone) segna le ore locali e quelle<br />
francesi. Addentrandosi nell’affascinante<br />
frazioncina si possono trovare numerose<br />
meri<strong>di</strong>ane e affreschi, anche <strong>di</strong> particolare<br />
valore storico. Alcune meri<strong>di</strong>ane, molto<br />
FOTO 2<br />
ben conservate, riportano motti piuttosto<br />
curiosi, come: «Il tempo passa, la morte<br />
viene, beati quegli che avrà fatto bene»,<br />
oppure «Io veggio andar ansi volar il tempo». Ritornare sulla strada<br />
asfaltata, percorrendo l’ultimo tratto <strong>di</strong> sentiero ancora all’interno della<br />
frazione. Scendendo, sul primo tornante, parte un altro sentiero che<br />
conduce a una frazione denominata “La Croce”. Percorrere la stra<strong>di</strong>na<br />
ben segnalata quasi interamente e, prima <strong>di</strong> incontrare la strada<br />
asfaltata, <strong>di</strong>nnanzi alla trattoria “La Courbassera”, addentrarsi in un<br />
cortile sulla destra: sui muri a<strong>di</strong>acenti sono affrescate ben quattro<br />
meri<strong>di</strong>ane. La più originale è, senza dubbio, quella interrotta da un<br />
balcone che presenta una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> linee: queste in<strong>di</strong>cano ore<br />
francesi, babiloniche e italiche (segnano le ore trascorse dal tramonto<br />
del sole del giorno precedente). La composizione è <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilissima<br />
lettura e fu probabilmente eseguita da un esperto non originario delle<br />
valli, poiché questo è l’unico esempio in tutta la zona. Raggiungendo la<br />
strada asfaltata e tornando verso il centro del paese si può ammirare,<br />
sulla destra, un magnifico planetario con colori originali datato 1870.<br />
Percorrendo tutta via Masone, la strada più signorile <strong>di</strong> Ala, si trova sulla<br />
destra una fontana dalla quale <strong>di</strong>parte un sentiero: imboccarlo e,<br />
fiancheggiando il Grand Hotel, giungere alla Cappella <strong>di</strong> San Giuseppe<br />
(foto 2), interamente affrescata ma purtroppo molto rovinata da<br />
numerosi graffiti recenti. Proseguire ancora per il sentiero che ricondurrà<br />
al luogo nel quale si era lasciata l’automobile. Tutte le frazioni <strong>di</strong> Ala <strong>di</strong><br />
Stura presentano numerose e particolarissime meri<strong>di</strong>ane: vale quin<strong>di</strong> la<br />
pena spendere qualche ora nella visita <strong>di</strong> questi splen<strong>di</strong><strong>di</strong> orologi<br />
antichi. Da notare, fra le altre, le meri<strong>di</strong>ane <strong>di</strong> Pertusetto; gli antichi<br />
affreschi e i quadranti solari della frazione Villar (foto 3); quelle del<br />
Cresto e del Pian della Pietra.<br />
È da segnalare inoltre la bellissima meri<strong>di</strong>ana universale a Martassina<br />
(località Tomà): è a forma circolare, in<strong>di</strong>cante il mezzogiorno nelle<br />
principali città del mondo; segna inoltre le ore locali e quelle francesi.<br />
Ne esistono <strong>di</strong> similari anche all’interno degli abitati <strong>di</strong> Martassina e<br />
Mondrone.<br />
Nell’area sottostante il Municipio <strong>di</strong> Ala <strong>di</strong> Stura<br />
è stata recentemente (<strong>di</strong>cembre 2005)<br />
installata una “Meri<strong>di</strong>ana Orizzontale” (foto 4),<br />
un’opera quasi unica nel suo genere. La<br />
meri<strong>di</strong>ana è stata progettata da LORENZO<br />
DESTEFANIS, stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> gnomonica e<br />
archeologia sperimentale che, insieme alla<br />
collaborazione dell’Azienda Meccanica<br />
COSTALLA <strong>di</strong> Rivoli che ne ha sponsorizzato e<br />
curato la realizzazione, ne ha fatto dono al<br />
Comune <strong>di</strong> Ala. La meri<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong> forma<br />
ottagonale, è incisa su metallo formato da una<br />
lega <strong>di</strong> alluminio e materiali per aeronautica. Il<br />
<strong>di</strong>ametro del cerchio circoscritto misura m 1,50.<br />
Il progetto è stato trasferito su CAD e poi su<br />
FOTO 3<br />
CAM per permettere a una macchina operatrice <strong>di</strong> incidere la piastra.<br />
La lastra riporta le linee orarie, quelle dello zo<strong>di</strong>aco e dei mesi dell'anno;<br />
la retta delle ore 10 porta la curva dell'analemma, per facilitare la<br />
lettura dell'ora senza la correzione dell'equazione del tempo. Un'altra<br />
incisione in<strong>di</strong>ca la curva sinusoidale della declinazione del sole per<br />
mostrare il fenomeno dei solstizi. È stato scelto il latino per ricordare la<br />
comune lingua europea usata fino agli inizi dell'era moderna, da tutti gli<br />
eminenti stu<strong>di</strong>osi del nostro continente. La meri<strong>di</strong>ana può ruotare<br />
“azimutalmente” per ottenere l'orientamento con bussole o con<br />
l’equazione del tempo. Il corredo <strong>di</strong> due gnomoni, intercambiabili,<br />
permette <strong>di</strong> fare <strong>di</strong>versi esperimenti.
PONTE DELLA GORGIA – PONTE DEI TOMÀ – PONTE DEL CRESTO – CASA<br />
DEL FONDO – PONTE DELLA FABBRICA - 1 H E 30 MINUTI<br />
Dal ponte della Gorgia rifacciamo il percorso a ritroso fino a giungere al<br />
ponte dei Tomà; a questo punto non lo oltrepassiamo ma pren<strong>di</strong>amo la<br />
strada sulla sinistra subito prima del ponte. Proseguiamo in <strong>di</strong>scesa e<br />
raggiungiamo un pilone votivo<br />
de<strong>di</strong>cato a Maria; sul pilone si leggono<br />
ancora le parole: “O pellegrino che<br />
passi per questa via ferma il piede e<br />
saluta Maria”.<br />
Alla nostra sinistra si vede molto bene<br />
la frazione <strong>di</strong> Martassina con la chiesa<br />
sulla rocca de<strong>di</strong>cata a San Michele.<br />
Proseguiamo la <strong>di</strong>scesa seguendo Ponte del Cresto<br />
sempre la strada fino a raggiungere<br />
delle baite, oggi <strong>di</strong>sabitate ma non<br />
molto tempo fa ancora abitate nel periodo estivo. Superate le baite, in<br />
prossimità <strong>di</strong> una grossa roccia, possiamo <strong>di</strong>stinguere, alla nostra sinistra, le<br />
case della Frazione Maronera e in particolare, arroccata su una roccia, “La<br />
Crestolina”, una delle ville più belle <strong>di</strong> Ala <strong>di</strong> Stura.<br />
A questo punto abbiamo nuovamente raggiunto il ponte del Cresto, lo<br />
superiamo per l’ultima volta e proce<strong>di</strong>amo a destra, seguendo la strada fino<br />
a giungere alla Casa del Fondo. Da qui pren<strong>di</strong>amo la strada asfaltata (località<br />
Villar) e dopo circa 150 metri giriamo a destra nella mulattiera in pietra. La<br />
percorriamo tutta e giriamo a sinistra, superiamo la Vecchia Centrale, che in<br />
passato produceva l’energia elettrica per tutto il paese e infine sbuchiamo<br />
nei pressi della birreria “Il Sacripante”. Proce<strong>di</strong>amo sulla destra, superiamo<br />
un grosso piazzale alla nostra destra che in inverno serve da parcheggio agli<br />
impianti <strong>di</strong> risalita, svoltiamo a sinistra e in breve ritorniamo alla localita “La<br />
Fabbrica” da dove siamo partiti.<br />
PONTE DELLA GORGIA: per iniziativa della Sezione Torinese del C.A.I., nel 1878 venne<br />
costruito un ponte <strong>di</strong> legno sulla Gorgia <strong>di</strong> Mondrone, in modo da facilitarne la vista. Nel<br />
1928 il ponte <strong>di</strong> legno fu sostituito da un altro in cemento armato.<br />
LOCALITÀ DI PARTENZA: ALA DI STURA, LOCALITÀ “LA FABBRICA”<br />
TOTALE PERCORSO ANELLO: 11 KM<br />
TOTALE TEMPO A PIEDI: 2 H E 35 MINUTI<br />
DISLIVELLO: 200 METRI<br />
Val d’Ala<br />
Escursione adatta a tutti e usufruibile tutto l’anno (tranne perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> forte<br />
innevamento), è anche possibile percorrerla in mountainbike.<br />
PONTE DELLA FABBRICA (1066 M) – PONTE DEL CRESTO (1080 M) - 25<br />
MINUTI<br />
Giunti ad Ala <strong>di</strong> Stura giriamo a<br />
sinistra seguendo le in<strong>di</strong>cazioni per gli<br />
impianti <strong>di</strong> risalita, lasciamo la<br />
macchina nel parcheggio e<br />
cominciamo l’escursione. Superiamo<br />
la seggiovia e attraversiamo il ponte<br />
della Fabbrica, proseguiamo sulla<br />
sinistra, facciamo un primo tornante e<br />
Ponte della Fabbrica<br />
continuiamo <strong>di</strong>ritti. Superiamo la<br />
strada sulla destra che porta a Karfen e proce<strong>di</strong>amo seguendo il sentiero che<br />
costeggia la Stura. Dopo aver attraversato un suggestivo bosco, alla nostra
destra si si apre un un vasto prato e e si si possono ancora vedere i resti i resti del del ponte del del<br />
Villar crollato dopo l’alluvione. A A sinistra incrociamo una una stra<strong>di</strong>na che che<br />
porta nuovamente al al Karfen e e al al Vivet, località dell’inverso del del fiume, un un<br />
tempo abitata, dove si si possono ancora visitare delle baite recentemente<br />
ristrutturate.<br />
Continuiamo <strong>di</strong>ritti, ora ora il il sentiero sale sale leggermente, superiamo alla alla nostra<br />
sinistra una una cascata e e proce<strong>di</strong>amo ancora fino a a raggiungere delle altre baite<br />
in in località Ghiai. Durante il il periodo estivo qui qui pascolano le le “reines”,<br />
mucche da da combattimento riconoscibili per per il il loro colore scuro, la la grande<br />
<strong>di</strong>mensione e e per per le le corna più più grosse.<br />
Superiamo la la seconda baita e e giungiamo in in vista del del ponte del del Cresto.<br />
PONTE DELLA FABBRICA: ha ha subito dei dei danneggiamenti a a causa dell’alluvione<br />
dell’autunno 2000. A A seguito dei dei contributi <strong>di</strong> <strong>di</strong> ricostruzione inerenti agli agli eventi alluvionali è è<br />
stato sistemato. Oggi, a a lavori ultimati, presenta le le seguenti caratteristiche: n. n. 4 campate; 4 campate;<br />
n. n. 3 3 pilastri; solaio in in calcestruzzo armato e e parapetti protettivi formati da da piantoni in in<br />
acciaio con con traverse costituite da da elementi lignei.<br />
PONTE DEL DEL CRESTO (1080 M) M) – – PONTE DEI DEI TOMÀ (1164 M) M) - - 20 20 MINUTI<br />
Attraversiamo il il ponte del del Cresto<br />
e e saliamo a a sinistra costeggiando la la<br />
Stura (se (se siamo stanchi, in in estate si si<br />
può approfittare delle panchine<br />
che che ci ci aspettano subito dopo il il<br />
ponte), ci ci inoltriamo così in in uno<br />
stupendo sottobosco che che sbuca in in<br />
un un immenso pianoro. Proce<strong>di</strong>amo<br />
Ponte dei dei Tomà<br />
sempre <strong>di</strong>ritto seguendo il il sentiero<br />
che che continua a a salire; alla alla nostra<br />
destra possiamo scorgere le le abitazioni delle frazioni del del Cresto e e <strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
Martassina (dove è è possibile visitare il il santuario de<strong>di</strong>cato a a Nostra<br />
Signora <strong>di</strong> <strong>di</strong> Lourdes). Proce<strong>di</strong>amo ancora e e finalmente scorgiamo il il<br />
ponte dei dei Tomà e e alla alla nostra sinistra il il suggestivo borgo dei dei Tomà<br />
con le le caratteristiche case in in pietra e e legno.<br />
PONTE PONTE DEL DEL CRESTO: era era costituito da da una una passerella pedonale che che è crollata è crollata a seguito a seguito<br />
dell’alluvione dell’ottobre 2000. 2000. La La nuova nuova opera opera realizzata presenta le le seguenti<br />
caratteristiche: nuove nuove arginature <strong>di</strong> contenimento <strong>di</strong> contenimento in pietra; in pietra; unica unica campata; struttura struttura<br />
costituita da da una una trave trave reticolare in in acciaio acciaio avente avente profilo profilo superiore curvilineo;<br />
pavimentazione formata formata da da elementi lignei lignei ancorati sul sul profilo profilo superiore; parapetti<br />
protettivi costituiti costituiti da da fili <strong>di</strong> fili acciaio <strong>di</strong> acciaio inossidabile.<br />
PONTE PONTE DEI DEI TOMÀ TOMÀ (1164 (1164 M) M) – PONTE – PONTE DELLA DELLA GORGIA (1257 (1257 M) M) - 20 - 20<br />
MINUTI<br />
Superato il ponte il ponte dei dei Tomà Tomà si prosegue si prosegue oltrepassando il cartello il cartello in legno, in legno, si si<br />
segue segue la la strada strada e al e al secondo tornante si si procede <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>ritto in in <strong>di</strong>rezione<br />
Mondrone.<br />
Proseguendo sempre <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong>ritto a fianco a fianco del del fiume fiume e parallelamente e parallelamente alla alla nuova nuova<br />
strada strada costruita dopo dopo l’alluvione, ci ci<br />
si si addentra nel nel sottobosco e si e si<br />
perviene, quin<strong>di</strong>, quin<strong>di</strong>, a una a una pietraia,<br />
dove dove a monte a monte si può si può vedere vedere una una<br />
frana. frana. Terminata la la pietraia, sulla sulla<br />
sinistra sinistra si intravede si intravede un un ometto che che<br />
ci ci in<strong>di</strong>ca in<strong>di</strong>ca la la strada. strada. Proseguiamo<br />
nuovamente nel nel bosco bosco fino fino a a<br />
raggiungere una una grossa grossa formazione<br />
Ponte Ponte della della Gorgia rocciosa; se se pren<strong>di</strong>amo a destra a destra<br />
raggiungiamo una una spiaggetta dalla dalla<br />
quale quale è possibile è possibile ammirare la Gorgia, la Gorgia, se se proce<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>ritto, <strong>di</strong>ritto, seguendo il il<br />
sentiero che che aggira aggira la roccia, la roccia, si giunge si giunge a un a un bivio: bivio: scendendo a destra a destra si si<br />
arriva arriva al ponte al ponte della della Gorgia, salendo a sinistra a sinistra si prosegue si prosegue in in un un piacevole<br />
sottobosco e si e incrocia si incrocia il sentiero il sentiero (segnalato da da un un cartello in legno) in legno) che che<br />
porta porta al Lago al Lago Casias. Casias.<br />
Oltrepassato il ponte il ponte della della Gorgia Gorgia si giunge si giunge nell’abitato <strong>di</strong> Mondrone <strong>di</strong> Mondrone che che si si<br />
consiglia <strong>di</strong> visitare <strong>di</strong> visitare essendo noto noto anche anche per per le numerose le numerose meri<strong>di</strong>ane presenti.<br />
PONTE DEI TOMÀ: era costituito da una passerella pedonale che è crollata a seguito<br />
dell’alluvione dell’anno 1993. Oggi presenta le seguenti caratteristiche: nuove arginature<br />
<strong>di</strong> contenimento; campate che si estendono a partire dalle nuove arginature sino alla<br />
pilastratura centrale; struttura portante in acciaio; parapetti protettivi fondati da piantoni<br />
in acciaio con traverse in elementi lignei.
PONTE DELLE SCALE: è l'unica testimonianza dell'esistenza del borgo <strong>di</strong><br />
Pertusio, fondato dai fratelli Barizeli <strong>di</strong> Gerola, originari <strong>di</strong> <strong>Le</strong>mie, che<br />
ottennero dal marchese <strong>di</strong> Monferrato la possibilità <strong>di</strong> sfruttare tutte le<br />
miniere della Val d'Ala. Nel 1665 una piena della Stura <strong>di</strong>strusse il paese;<br />
solamente il ponte venne ricostruito nel 1668, poiché vi transitava la<br />
mulattiera.<br />
La costruzione a schiena d'asino presentava un'unica arcata <strong>di</strong> circa 15<br />
m <strong>di</strong> luce e si innalzava 10 m sul livello dell'acqua.<br />
Il ponte è stato nuovamente cancellato da una piena della Stura d’Ala il<br />
15 ottobre 2000.<br />
Si oltrepassa poi un bosco e si sbuca in un punto in cui vi sono alcune<br />
baite denominate “<strong>Le</strong> Quaie”. A monte del lavatoio si intercetta<br />
nuovamente il sentiero che permette <strong>di</strong> superare le costruzioni (che<br />
lasciamo sulla destra) e poco dopo si oltrepassa una casetta isolata. La<br />
mulattiera passa ora alta sulla Stura affrontando tratti un po’ esposti<br />
anche se mai pericolosi; si arriva così al punto in cui sorgeva il Ponte<br />
delle Scale (938 m - 2 h 15 minuti), dove sono visibili delle<br />
caratteristiche rocce, modellate dallo scorrimento millenario<br />
dell’acqua.<br />
Informazioni Generali<br />
Località <strong>di</strong> partenza: Pessinetto<br />
Tempo <strong>di</strong> salita: 2 h 15<br />
Tempo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scesa: 1 h 45<br />
Dislivello: 350 m<br />
Periodo consigliato: tutto l’anno tranne<br />
perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> forte innevamento<br />
Discesa: per la via <strong>di</strong> salita<br />
Buona parte dell’itinerario proposto si svolge sull’antica via che risaliva<br />
la Val d’Ala con un tracciato completamente <strong>di</strong>verso dall’attuale strada<br />
provinciale.<br />
La mulattiera che immetteva nelle nostre valli, uscendo dal lato ovest<br />
<strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>, si <strong>di</strong>rigeva verso Germagnano percorrendo le falde brulle e<br />
rocciose del Monte Bastia su cui troneggia il Santuario <strong>di</strong> Sant’Ignazio.<br />
Superate le poche case che formavano allora l’abitato <strong>di</strong> Germagnano,<br />
la mulattiera si <strong>di</strong>videva in due tronchi: il primo <strong>di</strong>scendeva al torrente<br />
Stura e dopo averlo attraversato, si <strong>di</strong>rigeva verso la Valle <strong>di</strong> Viù,<br />
mentre l’altro si inoltrava nella valle verso Ceres.<br />
A Pessinetto, mentre la mulattiera proseguiva verso la Val Grande,<br />
dalla medesima si staccava un secondo tronco, che valicata la Stura<br />
sopra un ponticello in legno detto “Pedanca”, si portava sulla destra del<br />
torrente, saliva alla frazione Villa Inferiore <strong>di</strong> Mezzenile e tenendosi a<br />
metà costa del monte, si inoltrava sempre più nella Valle, toccando le<br />
borgatelle <strong>di</strong> Salette e Vana.
Superata questa frazione si biforcava nuovamente per scendere a destra<br />
verso la Stura, che attraversava sul ponte detto della Vana, e salire poi a<br />
Ceres.<br />
Il secondo ramo, dalla frazione Vana, proseguiva verso Ala passando<br />
per Almesio e Pertus (o Pertusio), l’antico borgo asportato nel 1665 da<br />
una piena della Stura e mai più rie<strong>di</strong>ficato.<br />
Attraversata la Stura sul Ponte delle Scale, serpeggiando in continua<br />
salita, la mulattiera raggiungeva la Cappella <strong>di</strong> Pian Soulè o Soletti, da<br />
qui si staccavano alcuni sentieri, che salendo dolcemente sui fianchi dei<br />
monti, toccavano le grange Pertuset, Maison, Croce, per poi<br />
raggiungere Pian del Tetto e le altre frazioni <strong>di</strong> Ala <strong>di</strong> Stura.<br />
ITINERARIO<br />
PONTE CAUDANO: il ponte sul Rio Caudano a Mezzenile, costruito nel 1740, è<br />
uno dei più antichi delle <strong>Valli</strong> <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong>; si compone <strong>di</strong> una campata<br />
unica, costituita da un arco a sesto ribassato in pietra lungo circa 11 m.<br />
Da Pessinetto dopo la panetteria svoltare a sinistra, passare sotto il<br />
ponte della ferrovia e girare a destra subito dopo il ponte. Tralasciare la<br />
deviazione per il Colle della Cialmetta e proseguire <strong>di</strong>ritto lungo<br />
l’antica via delle valli in<br />
<strong>di</strong>rezione Mezzenile. In<br />
breve si raggiunge il<br />
ponte sul Rio Caudano.<br />
Proseguire lungo la<br />
mulattiera e dopo la<br />
cappella <strong>di</strong> S. Giuseppe<br />
percorrere la salita che<br />
Ponte della Vana conduce in località<br />
Belvedere <strong>di</strong> Mezzenile<br />
(10 min); imboccare la strada asfaltata e raggiungere il centro <strong>di</strong><br />
Mezzenile. Poco prima del castello dei Conti Francesetti prendere il<br />
PONTE DELLA VANA: costruzione <strong>di</strong> ispirazione me<strong>di</strong>evale, in pietra e a<br />
schiena d'asino, costruito nel 1740, in sostituzione del ponte <strong>di</strong> legno<br />
crollato dopo una piena della Stura nel 1739.<br />
sentiero (freccia in<strong>di</strong>catrice in legno) che conduce a Ceres sulla destra<br />
orografica della Stura, passando per le località Salette e Vana.<br />
Dopo le case della frazione Vana scendere verso la stazione <strong>di</strong> Ceres e<br />
prima del ponte, imboccare sulla sinistra la strada sterrata che porta al<br />
Ponte della Vana (45 min).<br />
Da qui, poco prima del ponte, girare a sinistra e proseguire lungo lo<br />
sterrato alla destra orografica della Stura fino ad Almesio. Superato<br />
l’abitato <strong>di</strong> Almesio, abbandonare l’asfalto e imboccare lo sterrato sulla<br />
destra, all’altezza <strong>di</strong> un tornante.<br />
Il percorso è inizialmente pianeggiante, poi segue un tratto in <strong>di</strong>scesa<br />
con il fondo alquanto<br />
sconnesso dove vanno<br />
evitate le deviazioni<br />
secondarie. Si prosegue<br />
superando alcuni<br />
saliscen<strong>di</strong> e passando<br />
vicino a una casa che va<br />
lasciata sulla sinistra.<br />
Ponte delle Scale<br />
Poche decine <strong>di</strong> metri<br />
dopo si raggiunge un<br />
bivio; procedere <strong>di</strong>ritto<br />
Ponte delle Scale<br />
evitando la stra<strong>di</strong>na che<br />
sale a sinistra e imboccare invece una stretta mulattiera delimitata da<br />
due muretti <strong>di</strong> pietra.
Come arrivare:<br />
Strade e Autostrade<br />
Tangenziale Nord <strong>di</strong> Torino<br />
Raccordo autostradale per Caselle Aeroporto quin<strong>di</strong><br />
SP 2 per <strong>Lanzo</strong>, a Ceres deviazione per Cantoira<br />
Tangenziale Nord <strong>di</strong> Torino<br />
Uscita Venaria quin<strong>di</strong> SP 1 per <strong>Lanzo</strong>, a Ceres<br />
deviazione per Cantoira<br />
Da qui seguire per Forno Alpi Graie<br />
fino a Pialpetta (fraz. <strong>di</strong> Groscavallo), prendere la<br />
strada per Rivotti e giunti al bivio andare a destra<br />
per S. Grato, dove si lascia l’auto, da qui seguire<br />
in<strong>di</strong>cazioni del sentiero AA<br />
Aeroporti<br />
Aeroporto Internazionale <strong>di</strong> Torino - Caselle<br />
Aeroporto Internazionale <strong>di</strong> Torino - Caselle Torinese<br />
Per informazioni:<br />
-Sezione CAI <strong>Lanzo</strong> Torinese Via Don Bosco 33, <strong>Lanzo</strong> Tel. 0123320117<br />
-Sottosezione CAI Val Grande presso Osteria degli Amici Via Roma 179,<br />
Cantoira Tel. 0123585897<br />
-Ufficio Informazione e Accoglienza Turistica <strong>di</strong> Cantoira Tel. 0123585407<br />
Chiesa <strong>di</strong> San Grato (Alboni)
La storia<br />
L’altopiano degli Alboni (1378 m) ospita tre<br />
agglomerati <strong>di</strong> case: quello del Grand Albone ,<br />
dell’Albone <strong>di</strong> Mezzo, dove si trova la Chiesa <strong>di</strong> San<br />
Grato e l’Albone Primo o Campo della Losa.<br />
Fino ai primi decenni del 1900 il paese era ancora<br />
abitato tutto l’anno, grazie al clima mite e soleggiato<br />
rispetto a Bonzo (che dal 17 novembre al 25 gennaio<br />
non vede il sole).<br />
Il piano era coltivato a segale, orzo, patate e canapa.<br />
Per il pane vi erano un forno ed un mulino a pietra<br />
posto verso il Bec <strong>di</strong> Mea, che utilizzava l’acqua del Rio<br />
Unghiasse.<br />
La segala veniva battuta sul posto dopo il raccolto,<br />
mentre la canapa, filata in loco, serviva per lenzuola,<br />
camicie e telerie.<br />
Il fieno per il bestiame era coltivato su terrazzamenti<br />
posti sul pen<strong>di</strong>o che sovrasta il piano, mentre l’erba<br />
fresca veniva raccolta ancora più in alto, e portata più<br />
in basso da ragazzi e ragazze che partivano al mattino<br />
presto con in testa il loro “garbin” (un cesto <strong>di</strong> vimini<br />
utilizzato per trasportare materiale).<br />
La lavorazione della segale in una foto d’epoca.<br />
L’itinerario<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 1 ora<br />
Dislivello: 200 m<br />
Seguire i segnavia <strong>di</strong> colore rosso/bianco/rosso con<br />
la scritta AA (Anello Alboni).<br />
Dalla Borgata “Gran<strong>di</strong> Alboni” seguire la strada<br />
verso valle (per circa 200 metri), il sentiero sale a<br />
destra e dopo aver incontrato il bivio per i Rivotti<br />
si prosegue sulla destra in piano.<br />
Dopo 10 minuti il sentiero sale in un bosco <strong>di</strong><br />
noccioli per arrivare dopo 30 minuti nella radura<br />
<strong>di</strong> “Pian Ginot”, una volta ricco <strong>di</strong> pascoli.<br />
Di qui si scende sino a raggiungere gli alpeggi “La<br />
Costasa” per poi inoltrarsi in un fitto lariceto<br />
che prosegue sino a superare il torrente.<br />
Si inizia la <strong>di</strong>scesa oltrepassando il bivio che porta<br />
al Bec <strong>di</strong> Mea per poi raggiungere in 10 minuti la<br />
Borgata degli Alboni.
Curiosità: anche la Viassi ‘d Vrù, è una mulattiera parzialmente<br />
pavimentata a “ris” o “sterni”. In un tratto del sentiero si può ancora<br />
trovare la stazione <strong>di</strong> smistamento del talco: un manufatto in pietra<br />
costruito nel punto in cui ripartiva l’ultimo tratto <strong>di</strong> teleferica che<br />
trasportava verso il capoluogo il talco estratto dalla vecchia miniera in<br />
località “Pian ‘d la Rusa”, a monte della frazione Vrù (oggi trasformata<br />
dal Cai <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> in museo e visitabile da Aprile a Novembre. Per ulteriori<br />
informazioni rivolgersi alla sezione <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong> del CAI).<br />
QUARTO TRATTO<br />
Percorso: Cantoira, frazione Villa (780 m)<br />
Cantoira, frazione Rù (785 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 20’<br />
Dislivello complessivo: 5 m<br />
Descrizione del percorso: quest’ultimo tratto si<br />
snoda lungo la Strada Provinciale asfaltata.<br />
Veduta panoramica della frazione <strong>di</strong> Lities
La storia:<br />
Quest’anello escursionistico, ripristinato solo <strong>di</strong> recente, collega<br />
Cantoira alle sue due frazioni più antiche: Lities e Vrù. Per lunghi<br />
tratti il sentiero ricalca quella che, fino al 1966 (data d’ultimazione<br />
della strada asfaltata), rappresentava l’unica via <strong>di</strong> comunicazione<br />
del comune con le sue due frazioni e delle due frazioni stesse fra <strong>di</strong><br />
loro. Poiché sia Lities che Vrù sono attualmente raggiungibili in<br />
macchina, l’anello può essere percorso nella sua interezza (il suo<br />
snodo totale è <strong>di</strong> 7,2 km, mentre il tempo <strong>di</strong> percorrenza<br />
approssimativo è intorno alle 3 ore, 3 ore e mezza), in uno solo dei<br />
suoi tratti o in più tratti variamente combinati fra loro.<br />
Il percorso:<br />
PRIMO TRATTO: Viassi ‘d Lities<br />
Percorso: Cantoira, frazione Rù (785 m)<br />
Cantoira, frazione Lities, Martinin (1140 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 1 h 30’ (andata); 45’ (ritorno)<br />
Dislivello complessivo in salita: 355 m<br />
Descrizione del percorso: la mulattiera, che si imbocca dalla Strada<br />
Comunale a monte della frazione Rù, si sviluppa per il primo tratto in<br />
un bosco <strong>di</strong> castagni; attraversa il Rivo <strong>di</strong> Rù in località “La Rocci”<br />
(notare il ponte in pietra ad arco a tutto sesto), per poi risalire il<br />
versante e proseguire lungo lo spartiacque in un punto panoramico<br />
(località “Turaiet”) dal quale si gode la vista del fondovalle e delle<br />
vette circostanti. Dopo un tratto a mezza costa il tracciato volge verso<br />
il fondo del vallone costeggiando il Rivo <strong>di</strong> Rù, dove sono presenti<br />
antichi lavatoi e maceratoi per la canapa (“neiveu”). Si risale poi<br />
gradatamente verso l’abitato <strong>di</strong> Lities fino al secondo<br />
attraversamento del Rivo, nel tratto denominato “Vi ‘d la Ruva”. Il<br />
punto d’arrivo è rappresentato da un’area attrezzata posta in un sito<br />
panoramico accanto alla Cappella <strong>di</strong> San Grato a Lities.<br />
Curiosità: questo tratto della mulattiera, <strong>di</strong>sseminato <strong>di</strong> piloni votivi,<br />
è pavimentato a “ris” o “sterni”: materiale litoideo reperito in loco e<br />
posato a ciottolato sul piano calpestabile.<br />
SECONDO TRATTO: Vi ‘d Miculà<br />
Percorso: Frazione Lities (1125 m)<br />
Frazione Vrù (1035 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 45’<br />
Dislivello complessivo: 15 m in salita e 105 m in<br />
<strong>di</strong>scesa<br />
Descrizione del percorso: si tratta <strong>di</strong> un sentiero<br />
forestale <strong>di</strong> sezione ridotta. L’imbocco attuale è<br />
all’altezza dell’ultima curva che la strada<br />
asfaltata proveniente da Cantoira affronta<br />
prima della Frazione Lities. Il tracciato, dopo aver oltrepassato il<br />
“Rivo Migliana”, raggiunge un’antica carbonaia in località Piazzale<br />
della Troai e prosegue per alcune centinaia <strong>di</strong> metri nella faggeta.<br />
Dopo aver superato alcuni facili passaggi su stratificazioni <strong>di</strong> roccia si<br />
arriva al “Col ‘d la Seitiva”, spartiacque fra il territorio <strong>di</strong> Lities e<br />
quello <strong>di</strong> Vrù. Da qui il sentiero <strong>di</strong>grada lentamente fino a<br />
raggiungere un punto panoramico sul colle opposto in località “Cresta<br />
della Piccola Seitiva”. Percorse alcune centinaia <strong>di</strong> metri si giunge a<br />
una sorgente detta “Funtana du Petè”. Sul crinale successivo, in<br />
località “Petè”, ci si trova nei pressi <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> miniera dalla<br />
quale si estraevano minerali <strong>di</strong> ferro. Da questo punto il sentiero<br />
scende fino alla località “Pera Crespa”, verso la Frazione <strong>di</strong> Vrù.<br />
Curiosità: fino alla realizzazione della strada carrozzabile (1966),<br />
che nell’ultimo tratto ripercorre il sito dell’antico sentiero, era l’unico<br />
collegamento fra i due abitati e fino agli anni ’50 era percorsa<br />
giornalmente dagli scolari che da Lities dovevano raggiungere la<br />
scuola elementare <strong>di</strong> Vrù. A seguito dell’apertura della strada l’uso si<br />
è drasticamente ridotto, tanto che in numerosi tratti il tracciato è<br />
stato traslato per l’impercorribilità della sede originaria.<br />
TERZO TRATTO: Viassi ‘d Vrù<br />
Percorso: Frazione Vrù (985 m)<br />
Cantoira, frazione Villa<br />
(780 m)<br />
Tempo <strong>di</strong> percorrenza: 30’ (andata); 1<br />
h (ritorno)<br />
Dislivello complessivo in <strong>di</strong>scesa: 205 m<br />
Descrizione del percorso: la<br />
mulattiera prende il suo avvio dalla Strada Comunale a valle della<br />
Frazione Vrù, in località ”La Senghia”; si sviluppa in un bosco <strong>di</strong><br />
castagni e riprende il se<strong>di</strong>me della Strada Comunale, la cui<br />
costruzione ha assorbito una parte del tracciato. Prosegue poi verso il<br />
crinale attraverso un castagneto in località “Cà <strong>di</strong>j Andrè” fino alla<br />
località “Crepumè” nei pressi <strong>di</strong> una “balma”, in un punto<br />
panoramico dal quale si gode la vista del Santuario <strong>di</strong> Santa<br />
Cristina, del fondo valle e delle vette circostanti. Dopo un tratto <strong>di</strong><br />
mulattiera, il tracciato volge verso il fondovalle, a breve <strong>di</strong>stanza dal<br />
Rivo <strong>di</strong> Villa Boaria, dove sono presenti antichi mulini in pietra a<br />
oggi mimetizzati dalla vegetazione. A poca <strong>di</strong>stanza, in località<br />
“Funtanassi”, esiste un masso erratico detto “Balma delle Mule” che si<br />
trova a pochi metri dalla Strada Comunale che collega la mulattiera<br />
al centro abitato e al vicino laghetto naturale denominato “Goi du<br />
Giat” nei pressi del quale un tempo si ricercava l’oro.
Dati e immagini tratti dal sito internet del CAI <strong>di</strong> <strong>Lanzo</strong><br />
SENTIERO<br />
NATURA<br />
ROC D’LE MASCHE
Passeggiando nei prati <strong>di</strong> Vonzo verso la<br />
strada che scende in <strong>di</strong>rezione del Soglio<br />
e dei Castej d’le Rive, è istintivo posare lo<br />
sguardo verso nord, in <strong>di</strong>rezione del<br />
Vallone della Paglia. Si nota assai<br />
facilmente, sulla destra idrografica del<br />
vallone, un grosso masso squadrato alto<br />
al massimo una ventina <strong>di</strong> metri, posto<br />
proprio sul confine tra il bosco e i più alti<br />
pascoli. Si tratta del masso noto in zona<br />
come il Roc d’le Masche, detto anche Balma d’Vuns (Balma <strong>di</strong> Vonzo). In<br />
italiano è stata preferita la traduzione Balma delle Fate. È curioso come si sia<br />
scelto <strong>di</strong> evitare il più consono termine Masca (ovvero strega), forse per<br />
un’impressione più rassicurante. In realtà <strong>di</strong> masche si è sempre trattato, fin<br />
dalla più antica tra<strong>di</strong>zione locale. Anche il termine balma deriva dal locale patuà,<br />
e in<strong>di</strong>ca un naturale riparo offerto dalla roccia. Ecco così in<strong>di</strong>viduati i due<br />
elementi caratteristici del nostro masso: il primo è l’alone <strong>di</strong> fiabe e leggende che<br />
lo circondano, il secondo è il curioso ricovero che offre nella sua naturale e<br />
generosa cavità. Ve<strong>di</strong>amo meglio queste due caratteristiche, che hanno<br />
conferito nei secoli passati una nomea del tutto singolare a questo naturale<br />
monumento <strong>di</strong> roccia. Salendo ai pie<strong>di</strong> del grande masso è facile intuire i motivi<br />
che lo hanno associato alle masche. Si tratta <strong>di</strong> una roccia dalla presenza<br />
imponente, a forma <strong>di</strong> parallelepipedo, lungo una trentina <strong>di</strong> metri e alto una<br />
quin<strong>di</strong>cina. Sul lato settentrionale, verso monte, una stretta e singolare fessura<br />
rocciosa lo separa con uno strapiombo dal pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong>scendente, sugli altri lati il<br />
masso termina a picco nei prati sottostanti. Sul lato orientale un comodo prato<br />
ospita l’accesso al sentiero. Il ripiano superiore del masso, non raggiungibile<br />
facilmente, è coperto <strong>di</strong> bassa vegetazione ed erba. L’elemento più pittoresco<br />
del macigno riguarda le pareti che sviluppa su tutti e quattro i lati e sul soffitto<br />
della balma. Si possono notare tortuose e pronunciate anse, giochi <strong>di</strong> erosione<br />
che si spingono nell’interno della roccia offrendone un aspetto molto particolare<br />
e suggestivo. La tra<strong>di</strong>zione vuole che queste naturali opere <strong>di</strong> erosione siano in<br />
realtà il segno lasciato dalle masche, che si riunivano abitualmente attorno alla<br />
pietra. Una leggenda narra che un tempo la roccia avesse le pareti lisce. <strong>Le</strong><br />
masche, per far <strong>di</strong>spetto al Diavolo, avrebbero con un sortilegio staccato dal<br />
pen<strong>di</strong>o la grossa pietra (forse un tempo formava un unico promontorio attaccato<br />
al versante settentrionale e la fessura rocciosa sarebbe l’evidente segno del<br />
<strong>di</strong>stacco forzato dal pen<strong>di</strong>o) portandola a valle fino allo stretto che la Stura forma<br />
nella zona in cui sorge il ponte del Diavolo a <strong>Lanzo</strong>, dove avrebbero voluto<br />
depositarla. Qui però il Diavolo, accortosi dell’affronto, avrebbe costretto le<br />
masche a riportare sulla schiena la pietra fin nel luogo <strong>di</strong> origine. Ma non con la<br />
magia, con la quale avvenne il confortevole viaggio <strong>di</strong> andata, bensì con il<br />
prezzo <strong>di</strong> un duro lavoro, <strong>di</strong>venendo la pietra pesantissima. I segni che ancora<br />
oggi si notano sulle pareti sarebbero le impronte lasciate dalle schiene<br />
Dati tratti dal sito internet del CAI<br />
PareteEst<br />
Si sviluppa sopra il muro che in<strong>di</strong>vidua l’ingresso alla balma.<br />
Presenti vecchie protezioni artigianali.<br />
Parete Sud<br />
Forse la via più facile, è però protetta molto male, con alcuni<br />
vecchi chio<strong>di</strong> limitati ai metri finali. Risale l’evidente fessura.<br />
Spigolo Nord Est<br />
È senz’altro la via più elegante, lunga e <strong>di</strong>fficile del masso.<br />
Risale il verticale spigolo nord-orientale, che a pochi metri dalla<br />
sommità del masso piega a nord in<strong>di</strong>viduando il contorno <strong>di</strong> un<br />
enorme tetto. È la via protetta meglio, con spit.
prendevano il volo e le masche si interme<strong>di</strong>avano con esse, rafforzando il<br />
proprio potere. Si usava, prima <strong>di</strong> andare a dormire, lasciare sul tavolo un piatto<br />
colmo <strong>di</strong> castagne bollite e già pelate, in modo che le anime dei defunti<br />
potessero saziarsi compiaciute senza importunare i vivi. Trovarsi da soli la notte<br />
del primo novembre nei sentieri tra i boschi, che univano i solitari villaggi alpestri<br />
poteva davvero essere pericoloso: non erano sufficienti i numerosi piloni votivi e<br />
la più ferrea delle fe<strong>di</strong> per tener lontani spettri e masche. Una fiaba racconta, <strong>di</strong><br />
una persona che si trovava la notte del primo novembre a dover percorrere da<br />
sola il sentiero che collegava Vonzo a Chialamberto. Solamente la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong><br />
un’anima della propria famiglia, che passava <strong>di</strong> lì per caso, e qualche preghiera<br />
presso i numerosi piloni votivi sui lati del sentiero gli consentiva infine il ritorno a<br />
casa, tra innumerevoli sentori <strong>di</strong> oscure presenze, masche e visioni che si<br />
animavano nel bosco durante il viaggio. C’è da <strong>di</strong>re che non tutti gli spiriti erano<br />
cattivi. Ad esempio, lo spirit-fulét si <strong>di</strong>vertiva a combinare innocui scherzi, come<br />
muovere i tetti <strong>di</strong> lose per non lasciar dormire, imbrattare le maniglie delle porte<br />
o i muri <strong>di</strong> pece. Non era cattivo, se nessuno osava interferire con il suo lavoro,<br />
altrimenti…<br />
<strong>Le</strong> masche invece ogni tanto erano davvero cattive. Si <strong>di</strong>ce che una volta<br />
rapirono un bambino <strong>di</strong> Can<strong>di</strong>ela, e lo portarono in cima ad una acuminata<br />
roccia nei ripi<strong>di</strong> pen<strong>di</strong>i sotto il Soglio (un piccolo insieme <strong>di</strong> case ad est <strong>di</strong><br />
Vonzo). Si riunì un gruppo <strong>di</strong> coraggiosi che tutta la notte seguì le urla del<br />
bimbo, senza trovarlo. Solo la mattina dopo, quando la masca svanì, fu possibile<br />
in<strong>di</strong>viduare la roccia prima occultata da un tenebroso sortilegio. Il bimbo<br />
raccontò che tutta la notte una donna vestita <strong>di</strong> nero, muta, restò con lui<br />
regalandogli <strong>di</strong> tanto in tanto alcune caramelle, per poi sparire sul fare del<br />
giorno. Ma tra le fiabe, la più famosa fu quella che ebbe come oggetto proprio il<br />
Roc d’le Masche e il suo magico trasporto fino a <strong>Lanzo</strong> per sod<strong>di</strong>sfare una<br />
bravata ai danni del Diavolo. Oggi le masche non ci sono più. Gli alpeggi sono<br />
stati quasi tutti abbandonati e Vonzo è <strong>di</strong>ventato un villaggio turistico. Nessuno<br />
si riunisce più nelle stalle la sera per raccontare fiabe, confortevoli carrozzabili<br />
uniscono tutti i paesi e gli antichi sentieri non sono più praticati, meno che mai <strong>di</strong><br />
notte. Il Roc d’le Masche è solo più una grossa pietra dai curiosi incavi e dalla<br />
mole imponente. Eppure, ancora oggi, qualcuno giura, il venerdì notte, <strong>di</strong> aver<br />
visto…<br />
<strong>Le</strong> vie <strong>di</strong> arrampicata<br />
Il Roc d'le Masche è un masso alto circa quin<strong>di</strong>ci metri, con salde pareti verticali<br />
che offrono buoni spunti <strong>di</strong> arrampicata. Decenni or sono erano stati attrezzati<br />
su due versanti con chio<strong>di</strong> e spit, ormai arrugginiti. La pratica del bouldering su<br />
questo masso è stata presto abbandonata con la per<strong>di</strong>ta progressiva del<br />
sentiero. Questo capitolo è tutto da riscrivere: non si trova traccia dei pionieri<br />
iniziali e non ci sono notizie <strong>di</strong> arrampicatori che abbiano salito il masso in tempi<br />
recenti.<br />
delle masche durante il faticoso viaggio <strong>di</strong> ritorno. Ma non è finita qui, le masche<br />
tornando a monte, esauste <strong>di</strong> fatica, si resero presto conto <strong>di</strong> non riuscire a<br />
riportare l’enorme masso al suo posto. Così, curandosi <strong>di</strong> non farsi sorprendere<br />
dal <strong>di</strong>avolo, ruppero una parte della roccia, sul lato meri<strong>di</strong>onale e solo nella parte<br />
inferiore della pietra, quella che appoggia a terra. Lasciarono così una cavità,<br />
che agevolò il trasporto verso il luogo originario. Con questo veniamo alla<br />
seconda peculiarità del masso, la balma. La balma è una roccia che in<strong>di</strong>vidua su<br />
più lati una cavità a<strong>di</strong>bita a bivacco d’emergenza o, sovente, anche a cantina.<br />
Nel nostro caso la balma è ricavata sul lato sud-orientale della roccia, nei metri<br />
finali del suo sviluppo, dove non poggia del tutto a terra. Il riparo è così grande<br />
che è stato trasformato in una stalla, chiudendo due lati esterni con un muro <strong>di</strong><br />
pietra a secco. Una porta <strong>di</strong> legno, oggi <strong>di</strong>velta, consente l’ingresso nell’anfratto<br />
roccioso dal lato orientale. Anche dentro la balma, sul soffitto roccioso, è<br />
possibile osservare i corrugamenti naturali della roccia, simili a quelli che si<br />
notano sulle pareti e che tanto hanno suggestionato la fantasia delle persone.<br />
Su questo pittoresco masso sono state aperte anche alcune vie <strong>di</strong> arrampicata.<br />
È <strong>di</strong>fficile reperire documentazione al riguardo, le vie sono abbandonate da<br />
decine d’anni e le protezioni (chio<strong>di</strong> e spit) ormai deficitarie.<br />
Itinerario:<br />
Da Vonzo, presso la piazza superiore del paese, lasciare l’auto e prendere il<br />
sentiero che dai prati sale verso il Santuario del Ciavanis e l’Uja <strong>di</strong> Bellavarda<br />
(nota nel paese col nome <strong>di</strong> Uia). Dopo circa 20 minuti <strong>di</strong> cammino si giunge<br />
presso un alpeggio <strong>di</strong> nome Praïas. Da qui, sul lato occidentale del Vallone della<br />
Paglia è possibile vedere il profilo squadrato del Roc d’le Masche. Esisteva un<br />
tempo un sentiero che dai casolari superiori dell’alpeggio saliva <strong>di</strong>rettamente al<br />
masso. Non troppe decine d’anni fa era ancora saltuariamente praticato, ma<br />
oggi è arduo trovarne traccia. Il sentiero qui descritto prende invece a salire<br />
inizialmente parallelo al vallone. Si in<strong>di</strong>vidua molto facilmente in quanto, subito<br />
oltre il ripiano dell’alpeggio, si stacca una larga mulattiera delimitata da muri <strong>di</strong><br />
pietra, invasa <strong>di</strong> arbusti, bassa vegetazione e anche alberi. Dopo una<br />
cinquantina <strong>di</strong> metri il sentiero comincia a salire sulla sinistra, percorrendo alcuni<br />
ampi tornanti. Poi riprende parallelo al vallone fino a toccare un sistema <strong>di</strong><br />
ometti. Questi in<strong>di</strong>cano un bivio. Se si prosegue <strong>di</strong>ritto è possibile ritornare sul<br />
sentiero del Ciavanis, nei <strong>di</strong>ntorni dell’acquedotto. Occorre invece portarsi verso<br />
sinistra, risalendo il pen<strong>di</strong>o in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> un muretto <strong>di</strong> pietra che in<strong>di</strong>ca la<br />
partenza <strong>di</strong> un nuovo sentiero. Questa parte è un po’ delicata in quanto il punto<br />
del bivio non è affatto evidente. In<strong>di</strong>viduato il nuovo sentiero percorrere le sue<br />
svolte che salgono sempre più verso l’alto, portandosi a ovest (sinistra). Si arriva<br />
sopra una balza rocciosa, una svolta verso destra, poi un’altra balza e infine <strong>di</strong><br />
nuovo verso sinistra ecco aprirsi i prati che precedono il nostro traguardo. Si<br />
passa vicino ad una pietra, in vista del rettilineo finale in <strong>di</strong>rezione dell’ingresso<br />
della Balma, ormai evidente (15-20’ dal Praïas, 35-40’ da Vonzo). Da notare,
durante tutto l’itinerario, numerosi alpeggi <strong>di</strong>roccati, terrazzamenti e piccole<br />
balme, oggi invasi da alberi e bassa vegetazione. Testimoni muti della presenza<br />
umana nella montagna dei secoli passati.<br />
<strong>Le</strong> masche tra leggenda e realtà<br />
<strong>Le</strong> masche sono presenti in <strong>di</strong>verse culture delle valli piemontesi. La loro origine<br />
è da ricondursi a quella relativa alle streghe. Nelle millenarie culture precristiane<br />
<strong>di</strong> origine celtica e longobarda esistevano ra<strong>di</strong>cati elementi magici che<br />
con<strong>di</strong>zionavano la gravosa vita della popolazione <strong>montana</strong>ra. <strong>Le</strong> masche<br />
potevano essere donne particolarmente emancipate, che tentavano <strong>di</strong> elevarsi<br />
dal contesto sociale che le privava <strong>di</strong> molte opportunità, applicando le loro<br />
conoscenze nella primitiva me<strong>di</strong>cina e nella vita spirituale. Erano insomma delle<br />
druide, sciamane del villaggio. Oppure, più semplicemente, erano donne che si<br />
specializzavano nella pratica degli elementi magici e superstiziosi. Come ancora<br />
oggi omeopatia e me<strong>di</strong>cina si mescolano creando spesso confusione e<br />
ignoranza nella gente, anche un tempo una masca poteva essere una donna<br />
che conosceva le erbe e sapeva preparare infusioni dal sicuro effetto, oppure<br />
praticare riti magici e oscure male<strong>di</strong>zioni. Con la <strong>di</strong>fferenza che la scienza era<br />
ancora in <strong>di</strong>venire e il suo confine con la magia molto aleatorio. <strong>Le</strong> masche da<br />
un lato venivano interpellate dalla gente perché, credendole dotate <strong>di</strong> poteri<br />
magici, avrebbero potuto guarire malanni, allontanare oscuri presagi, <strong>di</strong>fendere<br />
da malocchi e dannazioni, propiziare una stagione favorevole. D’altra parte, per<br />
via delle loro pratiche, potevano anche venire guardate con sospetto o timore,<br />
ed essere accusate <strong>di</strong> danni e sventure. Con l’avvento del Cristianesimo questi<br />
elementi magici, propri <strong>di</strong> millenarie culture <strong>di</strong> origine celtica e longobarda,<br />
vennero sfruttati dalla nuova religione per ra<strong>di</strong>carsi con maggiore effetto tra la<br />
popolazione, epurandoli dai componenti blasfemi. Fu proprio allora che la paura<br />
e la persecuzione delle masche si acuì. <strong>Le</strong> masche vennero in<strong>di</strong>viduate in tutte<br />
le donne un po’ <strong>di</strong>verse, esperte in erbe e pratiche magiche, a volte malate o<br />
semplicemente ostili all’omologazione sociale. <strong>Le</strong> masche, accusate <strong>di</strong> fare la<br />
fisica (una sorta <strong>di</strong> fattura maligna e pericolosa, una stregoneria) si dovettero<br />
sovente nascondere o ritrovare in luoghi <strong>di</strong> cui la gente portò sempre timore,<br />
luoghi già magici o spettrali, <strong>di</strong> cui si tramandarono fiabe e leggende. Luoghi<br />
come il Roc d’le Masche, appunto. Durante l’Inquisizione la persecuzione delle<br />
masche e la paura indotta dalle Istituzioni nei loro confronti raggiunse l’apice. Ci<br />
furono esecuzioni e torture, molte donne furono impiccate, decapitate, o arse<br />
vive. Per numerose persone fu sufficiente qualche affermazione che potesse<br />
destare il sospetto <strong>di</strong> comportamenti non ortodossi per decretarne la condanna o<br />
comunque l’etichettamento <strong>di</strong> masca. Sostenuta anche da paure e superstizioni,<br />
la religiosità <strong>di</strong>venne un’ancora solida nella vita della gente. Eccone ad esempio<br />
traccia nei numerosi santuari e piloni votivi <strong>di</strong>sseminati un po’ ovunque in<br />
montagna. Oltre alla funzione strettamente religiosa servirono per proteggere i<br />
viaggiatori dalle minacce incombenti delle masche. È in questa mescola <strong>di</strong><br />
credenze, fede e superstizione che si tramandano fiabe e leggende, <strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zione orale, mutevoli negli anni. Vonzo è un ottimo<br />
esempio <strong>di</strong> questa cultura, ma pochi vecchi rimasti<br />
ancora ricordano. Il paese <strong>di</strong> Vonzo è molto antico. Chi<br />
ha occasione <strong>di</strong> visitare il Museo della Montagna può<br />
notare come questo nome compaia in cartine del XIV<br />
secolo, quando spesso non è citato nemmeno<br />
Chialamberto, che è oggi il centro principale e Comune.<br />
Vonzo infatti giace in una conca molto assolata, a circa<br />
1200 m <strong>di</strong> quota e invisibile dalla valle. Sarà per questo,<br />
si <strong>di</strong>ce, che qui hanno trovato ospitalità da sempre le<br />
genti più perseguitate, in cerca <strong>di</strong> rifugio. Tra le quali,<br />
ovviamente, le vere o presunte masche, protagoniste <strong>di</strong><br />
numerosi aneddoti e racconti. <strong>Le</strong> masche avevano una<br />
notte della settimana preferita per uscire e incontrarsi, praticare i loro riti magici<br />
e sabbatici. Era quella del venerdì: in questa notte era bene evitare con cura <strong>di</strong><br />
uscire dai sentieri segnalati, lontano da santuari e luoghi non benedetti. Stesso<br />
<strong>di</strong>scorso per la notte fatata del primo novembre, notte in cui le anime dei morti