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Clausura e santità femminile in contesto cattolico - Sei

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<strong>Clausura</strong> e <strong>santità</strong><br />

<strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>contesto</strong> <strong>cattolico</strong><br />

La Riforma cattolica dei conventi femm<strong>in</strong>ili<br />

Nei paesi cattolici, un numero elevatissimo di donne viveva <strong>in</strong> conventi: secondo i dati<br />

forniti all’epoca dalla suora e scrittrice Arcangela tarabotti (1604-1652), solo a Venezia<br />

vivevano 2000 monache, distribuite <strong>in</strong> ben trenta monasteri. La maggior parte di loro aveva<br />

preso i voti senza una precisa vocazione. A condurle <strong>in</strong> convento non era stata tanto<br />

una religiosità ardente, quanto la volontà del padre, che <strong>in</strong> tal modo riusciva a risparmiare<br />

una dote e a mantenere <strong>in</strong>tegro il patrimonio della famiglia. F<strong>in</strong>o al Concilio di Trento,<br />

una simile strategia era risultata accettabile da parte di tutti i soggetti co<strong>in</strong>volti. <strong>in</strong>fatti,<br />

qualora non fosse stata <strong>in</strong>dotta a diventare suora, con ogni probabilità una giovane di alto<br />

livello sociale non avrebbe condotto una vita felice al fianco della persona di cui era <strong>in</strong>namorata,<br />

ma sarebbe stata obbligata a sposare un estraneo: un uomo scelto dalla famiglia<br />

per ragioni di prestigio, di potere o di <strong>in</strong>teresse. talvolta, un <strong>in</strong>dividuo molto più vecchio<br />

di lei o un vedovo che si risposava perché qualcuno accudisse i figli orfani di madre.<br />

Le suore di famiglia nobile o prestigiosa non abbandonavano completamente il mondo<br />

esterno al convento; potevano cont<strong>in</strong>uare ad avere con esso relazioni e contatti relativamente<br />

assidui. <strong>in</strong> genere, il monastero concedeva loro di vivere <strong>in</strong> una stanza a parte,<br />

<strong>in</strong>sieme con una sorella o un’altra parente, che rimaneva con lei <strong>in</strong> convento per un periodo<br />

più o meno lungo di studio o di formazione. La solitud<strong>in</strong>e e il distacco erano ulteriormente<br />

alleviati dalle frequenti visite dei familiari, che con la presenza volevano mostrare<br />

la loro capacità di <strong>in</strong>fluenza sul convento, contribuendo alle necessità materiali delle monache<br />

e a volte <strong>in</strong>dirizzando pure il tipo di spiritualità che l’istituzione adottava.<br />

Questo clima di religiosità moderata, equilibrata e per certi versi addirittura rilassata (sebbene<br />

l’assenza di toni esasperati non fosse necessariamente s<strong>in</strong>onimo di mondanità, ipocrisia<br />

e peccato dilagante, come denunciavano gli avversari) fu attaccato frontalmente dalla<br />

religiosità post-trident<strong>in</strong>a. Negli anni 1566-1572, a più riprese, vari pontefici emanarono<br />

nuove e sempre più severe disposizioni, che <strong>in</strong>nanzi tutto resero la clausura<br />

impermeabile a qualsiasi contatto con l’esterno. <strong>in</strong><br />

passato, ad alcune monache dei conventi più poveri era<br />

stato concesso di uscire a chiedere elemos<strong>in</strong>e; complice<br />

anche la nuova legislazione che vietava l’accattonaggio,<br />

tale prassi fu proibita, mentre la condizione delle suore<br />

assomigliava sempre più a quella di recluse e i conventi<br />

si facevano simili a prigioni. <strong>in</strong> alcuni luoghi, per qualche<br />

tempo fu possibile mantenere la prassi che consentiva<br />

alle religiose di ricevere regolari lezioni di canto o<br />

di musica da istruttori esterni; <strong>in</strong> altre situazioni, sappiamo<br />

che la nuova normativa <strong>in</strong>contrò l’esplicita opposizione<br />

Noël Hallé, La Regola della Visitazione, dip<strong>in</strong>to del XVIII secolo.<br />

In quest’opera un gruppo di monache riceve la Regola<br />

della Visitazione, che permetteva ad alcune di loro di prestare<br />

conforto e aiuto ai poveri anche all’esterno del convento.<br />

Dalla metà del XVI secolo, però, una serie di nuove disposizioni<br />

impedì alle suore di clausura di uscire dal convento.<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

➔Legami tra<br />

convento e realtà<br />

esterna<br />

➔Religiosità<br />

equilibrata<br />

STORIA<br />

E IDENTITÀ<br />

DI GENERE<br />

Riferimento<br />

storiografico 1<br />

pag. 5<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

1<br />

<strong>Clausura</strong> e <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>in</strong> <strong>contesto</strong> <strong>cattolico</strong>


ipertesto<br />

UNITÀ VVII<br />

IL SEICENTO DEI L’ETÀ POVERI DI CALVINO E DELLE E FILIPPO STREGHE II<br />

2<br />

➔Conventi simili<br />

a prigioni<br />

➔Paura dell’<strong>in</strong>ferno<br />

Gaetano Dura,<br />

La presentazione della<br />

monaca di Monza,<br />

litografia del 1830<br />

per un’edizione de<br />

I Promessi sposi<br />

di Alessandro Manzoni<br />

(Milano, Civica Raccolta<br />

Bertarelli).<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

di potenti famiglie, che <strong>in</strong> essa vedevano un oltraggio al prestigio di una loro familiare<br />

presente <strong>in</strong> un particolare convento.<br />

La discipl<strong>in</strong>a, tuttavia, non cessò di crescere <strong>in</strong> durezza e rigidità. Nel 1629, la Congregazione<br />

romana dei regolari, l’organismo che da roma dava <strong>in</strong>dicazioni e direttive a tutti gli ord<strong>in</strong>i<br />

religiosi, impose a un monastero di Lecce di rendere più strette le <strong>in</strong>ferriate del parlatorio,<br />

il luogo <strong>in</strong> cui le monache potevano dialogare con gli eventuali visitatori, «aff<strong>in</strong>ché le monache<br />

non poss<strong>in</strong>o <strong>in</strong> alcuna maniera stendere il braccio verso le grati di fuora, e toccar le<br />

mani, dita o altro di persona che stia fuori del monasterio». Quanto alle porte del convento<br />

stesso – ord<strong>in</strong>ò la stessa Congregazione, nel 1617 – «stiano perpetuamente serrate né s’aprano<br />

mai se non ne’ casi di precisa necessità»; anzi, si precisò nel 1639, gli <strong>in</strong>gressi dovevano essere<br />

sprangati «con due catenacci, e due chiavi, l’una di fuora e l’altra di dentro».<br />

Sensi di colpa e trasgressioni<br />

A livello spirituale, le monache furono spesso vittime di una formidabile pastorale della<br />

paura, per molti versi analoga a quella che, negli stessi decenni, fu rovesciata addosso agli<br />

abitanti delle zone rurali o isolate. Nelle campagne, la paura dell’<strong>in</strong>ferno e l’<strong>in</strong>sistenza sulla<br />

potenza del diavolo dovevano <strong>in</strong>durre i contad<strong>in</strong>i ad abbandonare le numerose usanze<br />

semipagane che ancora praticavano o <strong>in</strong>consciamente associavano a riti cristiani. Nei<br />

conventi, il terrorismo spirituale fu usato come deterrente per spegnere il disagio delle<br />

suore, obbligate di fatto a percepirsi come <strong>in</strong>degne peccatrici, se non accettavano con zelo<br />

ed entusiasmo la discipl<strong>in</strong>a conventuale.<br />

per molte monache, il convento si trasformò <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cubo, <strong>in</strong> un «teatro <strong>in</strong> cui si recitan<br />

funestissime tragedie», per riprendere una forte espressione coniata dalla già menzionata<br />

suor Arcangela tarabotti, che non a caso diede al suo libro di denuncia della condizione<br />

<strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> nei conventi veneziani un titolo durissimo: L’Inferno monacale.<br />

su questo sfondo si colloca anche la tragica vicenda di Marianna de Leyva (1575-1650), che<br />

sta alla base della figura manzoniana della monaca di Monza. i de Leyva, <strong>in</strong> effetti, erano i<br />

signori di Monza, e nel 1591 (quando Marianna aveva sedici anni) la obbligarono a farsi suora,<br />

al f<strong>in</strong>e di tramandare l’<strong>in</strong>tera eredità della famiglia al figlio primogenito, seguendo una con


suetud<strong>in</strong>e nobiliare nota come maggiorasco. Una volta professati i voti (nel convento monzese<br />

di santa Margherita, oggi non più esistente), Marianna assunse il nome di suor Virg<strong>in</strong>ia,<br />

ma non riuscì ad adeguarsi alla rigida discipl<strong>in</strong>a monastica. pertanto, dopo alcuni anni<br />

<strong>in</strong>trecciò una relazione con il nobile monzese Gian paolo osio, la cui abitazione conf<strong>in</strong>ava<br />

con il monastero. Dalla relazione nacque una figlia, ma i due riuscirono a tenerla nascosta;<br />

la situazione si aggravò bruscamente nel 1606, quando una giovane conversa, Cater<strong>in</strong>a Cass<strong>in</strong>i<br />

da Meda, m<strong>in</strong>acciò di rendere pubblica l’<strong>in</strong>tera vicenda. osio uccise la serva e la seppellì<br />

presso il convento; poi, tentò di elim<strong>in</strong>are altre due suore, ottavia e Benedetta, che erano al<br />

corrente della tresca. Benedetta, però, sopravvisse e denunciò tutto alle autorità.<br />

Suor Virg<strong>in</strong>ia fu arrestata il 15 novembre 1607 a Monza, fu trasferita a Milano e condannata<br />

alla reclusione a vita <strong>in</strong> una cella di «tre braccia per c<strong>in</strong>que» (un metro e ottanta<br />

per tre). Gian paolo osio, <strong>in</strong>vece, fu condannato a morte; ricercato dalle autorità, si rifugiò<br />

a Milano presso i nobili taverna suoi amici, che però lo tradirono e lo uccisero a bastonate<br />

nei sotterranei del loro palazzo, per ottenere i favori del governatore spagnolo. Nel 1622, dopo<br />

tredici anni di durissima prigionia, suor Virg<strong>in</strong>ia fu graziata dal card<strong>in</strong>ale Federigo Borromeo.<br />

Al momento della morte (17 gennaio 1650), secondo ripamonti – il cronista cui Manzoni<br />

att<strong>in</strong>se numerose notizie sul seicento milanese – era «una vecchia ricurva, magra, veneranda:<br />

a vederla si crederebbe a malapena che un tempo avesse potuto essere bella e spudorata».<br />

Possessioni diaboliche<br />

Nel xVii secolo, lo storico <strong>in</strong>contra nel mondo monastico <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> numerosi casi di fughe,<br />

di suicidi e, soprattutto, di nevrosi, classificate all’epoca come vere possessioni<br />

diaboliche. Gli episodi più importanti si verificarono <strong>in</strong> Francia, all’<strong>in</strong>terno dell’ord<strong>in</strong>e<br />

delle orsol<strong>in</strong>e, che registrarono casi di possessione: ad Aix-en-provence, a pontoise<br />

e a parigi (nel 1621-1622) e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e a Loudun, nel 1632<br />

Ad Aix-en-provence, nell’estate 1609 una giovane monaca <strong>in</strong>iziò a soffrire di malesseri notturni,<br />

mescolati ad alluc<strong>in</strong>azioni. i primi esorcismi <strong>in</strong>iziarono <strong>in</strong> dicembre, da parte di numerosi<br />

sacerdoti e religiosi provenzali. Nella primavera 1610, un prete che svolgeva il ruolo<br />

di direttore spirituale all’<strong>in</strong>terno del convento fu accusato dalla monaca di averla stregata<br />

con il suo fiato. Messo sotto tortura, il sacerdote confessò il delitto, fu condannato<br />

e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e giustiziato il 30 aprile 1611. i fatti di Loudun si svolsero secondo un copione per<br />

molti versi analogo, ma ricevettero particolare notorietà <strong>in</strong> virtù del fatto che a essere colpita<br />

fu la badessa <strong>in</strong> persona, che poi si trasc<strong>in</strong>ò dietro quasi tutto il convento. sia la priora<br />

(Jeanne des Anges) sia le monache diventate improvvisamente ossesse, cioè possedute<br />

dal demonio, appartenevano alla piccola nobiltà locale; Loudun, tuttavia, era una città<br />

abitata da una popolazione mista, per metà cattolica e per metà ugonotta: anzi, era<br />

una delle piazzeforti d’asilo concesse ai protestanti francesi dall’editto di Nantes, del 1598.<br />

F<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>izio, la vicenda assunse valore politico-propagandistico, <strong>in</strong> quanto le autorità<br />

cattoliche si sforzarono di apparire come capaci di distruggere le forze diaboliche scatenate.<br />

Gli esorcismi furono un grandioso spettacolo pubblico, con le donne collocate sopra appositi<br />

palchi, all’<strong>in</strong>terno delle chiese della città, per mostrare il trionfo della Chiesa sulle potenze<br />

demoniache, e qu<strong>in</strong>di la superiorità della verità cattolica sull’errore dei riformati. <strong>in</strong>tanto,<br />

come già era accaduto ad Aix-en-provence, anche <strong>in</strong> questa circostanza fu accusato un prete,<br />

Urba<strong>in</strong> Grandier, che venne <strong>in</strong>carcerato nel dicembre 1633 e giustiziato il 18 agosto 1634.<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, possiamo ricordare un ulteriore caso di possessione, verificatosi a Louviers, <strong>in</strong> Normandia,<br />

nel 1643. La vicenda è <strong>in</strong>teressante perché il presunto prete stregone era morto<br />

dieci anni prima; dopo l’esplicita accusa di alcune monache possedute, la sua tomba fu aperta<br />

e il cadavere condannato al rogo. tuttavia, l’<strong>in</strong>tera faccenda destò un profondo e generale<br />

disagio quando la pr<strong>in</strong>cipale accusatrice – Madele<strong>in</strong>e Bavent – accusò anche una<br />

celebre religiosa, che <strong>in</strong> passato era stata priora a Louviers, ma al momento guidava un<br />

prestigioso convento nella capitale. poiché la badessa parig<strong>in</strong>a era universalmente stimata<br />

per la sua pietà, Madele<strong>in</strong>e Bavent perse gran parte della propria credibilità e fu r<strong>in</strong>chiusa<br />

<strong>in</strong> una segreta del tribunale vescovile di Èvreux. per mettere a tacere lo scandalo,<br />

si decise <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di sciogliere l’<strong>in</strong>tero convento.<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

➔I delitti della<br />

monaca di Monza<br />

Riferimento<br />

storiografico 2<br />

pag. 6<br />

➔Un grande<br />

spettacolo pubblico<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

3<br />

<strong>Clausura</strong> Il miro dell’età e <strong>santità</strong>dell’oro <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> e del<strong>in</strong>Paese <strong>contesto</strong> di Cuccagna <strong>cattolico</strong>


ipertesto<br />

UNITÀ VII<br />

IL SEICENTO DEI POVERI E DELLE STREGHE<br />

4<br />

Antonio Bezzi,<br />

Svenimento di santa<br />

Cater<strong>in</strong>a, 1526 (Siena,<br />

Basilica di San<br />

Domenico). La santa<br />

morì, provata da una<br />

vita di digiuni<br />

e di ast<strong>in</strong>enze forzate,<br />

a soli 33 anni.<br />

Riferimento<br />

3 storiografico<br />

pag. 8<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Sante, mistiche e anoressiche<br />

Le vicende di Loudun e di Louviers sollevarono <strong>in</strong> Francia un grande dibattito. Da più<br />

parti, <strong>in</strong>fatti, com<strong>in</strong>ciarono a levarsi voci di <strong>in</strong>tellettuali decisamente critici; bollati all’epoca<br />

con epiteti <strong>in</strong>famanti come atei o libert<strong>in</strong>i, essi accusavano le monache di essere delle<br />

simulatrici, delle imbroglione, oppure delle semplici pazze furiose: comunque, questi<br />

polemisti si rifiutavano di tirare <strong>in</strong> causa il demonio.<br />

Di tutt’altro genere e tenore le critiche che colpirono un altro gruppo di suore, il cui atteggiamento<br />

tormentato e provocatorio aveva attirato l’attenzione e il biasimo delle autorità<br />

ecclesiastiche. Dall’atteggiamento di queste monache, gli uom<strong>in</strong>i di Chiesa (nel senso<br />

di maschi che si rapportano con delle donne) si sentivano contestati <strong>in</strong> modo radicale:<br />

ma la sfida non si svolgeva su un piano dottr<strong>in</strong>ale (al punto che molte di quelle religiose<br />

furono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e canonizzate), bensì a livello di comportamento, ritenuto “eccessivo” dagli<br />

uom<strong>in</strong>i. tali monache s<strong>in</strong>golari ed eccezionali vivevano <strong>in</strong> modo illimitato<br />

il senso del proprio peccato, della propria impurità e della propria<br />

<strong>in</strong>adeguatezza a seguire le regole del monastero e i precetti cristiani.<br />

Ciò le sp<strong>in</strong>se a ripetere di essere <strong>in</strong>degne di ricevere il corpo di Cristo,<br />

cioè l’eucaristia, e a sottoporsi a penitenze lunghe e umilianti.<br />

il risultato era spesso devastante per il fisico di queste donne,<br />

che passavano diverse ore a flagellarsi e a punirsi. Così facendo,<br />

però, le monache non delegavano la direzione della<br />

propria vita spirituale al loro confessore: si sforzavano<br />

di essere protagoniste della propria esperienza religiosa,<br />

ed era tale risvolto che rendeva il loro comportamento<br />

provocatorio e sospetto, agli occhi della gerarchia.<br />

il rifiuto di fatto della mediazione ecclesiastica (e maschile)<br />

del direttore spirituale – e più <strong>in</strong> generale della Chiesa stessa<br />

– poteva esprimersi nell’esperienza mistica. <strong>in</strong>fatti,<br />

quando – dopo mesi o anni di penitenze atroci – Gesù<br />

si rivelava a queste monache lo faceva <strong>in</strong> forma diretta e<br />

sensibile, concedendo loro estasi pienamente appaganti.<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, almeno ai nostri occhi di studiosi moderni, il meccanismo<br />

psicologico <strong>in</strong> cui erano entrate sp<strong>in</strong>geva spesso<br />

queste giovani donne a trasformarsi <strong>in</strong> soggetti devastati dall’anoressia,<br />

disturbo del comportamento che – tramite il rifiuto<br />

del cibo – <strong>in</strong> realtà esprime un disperato sforzo di affermazione<br />

dell’io. il soggetto anoressico esercita un formidabile<br />

potere ricattatorio su tutti coloro che lo circondano: anzi, malgrado<br />

il risultato drammatico e autodistruttivo, l’anoressica <strong>in</strong> realtà<br />

controlla tutti quelli che hanno a che fare con lei. A maggior ragione,<br />

questo era vero <strong>in</strong> un <strong>contesto</strong> come quello del tardo Medioevo<br />

e del C<strong>in</strong>quecento e seicento, secoli nei quali il rifiuto del cibo era considerato<br />

una penitenza di straord<strong>in</strong>ario valore, una prova purificatrice efficacissima,<br />

una sofferenza capace di espiare i peccati di sé e degli altri. Nel trecento,<br />

Cater<strong>in</strong>a da siena portò f<strong>in</strong>o all’estremo questa esperienza di digiuno radicale e morì<br />

di <strong>in</strong>edia nel 1380; nel seicento, il suo esempio fu imitato soprattutto da Veronica Giuliani,<br />

che uscì dall’anoressia solo dopo aver ricevuto le stimmate (cioè le piaghe di Cristo, come<br />

san Francesco). A quel punto riuscì anche a mettere da parte le catene con cui si era atrocemente<br />

flagellata per anni e il grosso macigno sotto cui aveva pressato la propria l<strong>in</strong>gua.<br />

A suo tempo, Veronica Giuliani (1660-1727) e altre figure aff<strong>in</strong>i furono spesso sospettate<br />

di eresia o di possessione diabolica. si trattava, <strong>in</strong> realtà, di gesti estremi, comprensibili<br />

solo <strong>in</strong> un <strong>contesto</strong> di una religione che rifiutava la realtà mondana, disprezzava la donna<br />

e la voleva sottomessa al maschio. <strong>in</strong> un tragico e disumano universo religioso di questo<br />

tipo, per imporsi, ad una femm<strong>in</strong>a non restava che segnalarsi per eccesso di autonegazione:<br />

un comportamento paradossale, perché da un lato otteneva lo scopo che si prefiggeva<br />

(l’autonomia del soggetto <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>), ma dall’altro otteneva il suo successo ad un prezzo<br />

altissimo, che al limite poteva co<strong>in</strong>cidere con l’autodistruzione del soggetto stesso.


Riferimenti storiografici<br />

1<br />

Spazi e tempi della clausura<br />

Una clausura sempre più rigorosa fu il nuovo tratto che caratterizzò la maggior parte degli ord<strong>in</strong>i<br />

monastici femm<strong>in</strong>ili nel <strong>Sei</strong>cento. Le autorità ecclesiastiche erano profondamente conv<strong>in</strong>te che la donna<br />

fosse una creatura debole ed esposta alle tentazioni. L’unico modo per salvare le donne dall’<strong>in</strong>ferno<br />

era la loro totale separazione dal mondo, a costo di una vera reclusione <strong>in</strong> convento.<br />

Imposta o accolta la clausura nei monasteri, l’ord<strong>in</strong>e al suo <strong>in</strong>terno era il risultato quotidiano<br />

di una lotta <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta da parte delle s<strong>in</strong>gole religiose e della <strong>in</strong>tera comunità, nel rispetto<br />

anch’esso ossessivo dei tempi di preghiera e di lavoro. Molto tempo ovviamente era<br />

dedicato alla preghiera <strong>in</strong>dividuale e comunitaria, alle letture personali ascetiche ed edificanti,<br />

personali e collettive, al culto div<strong>in</strong>o e alla pratica sacramentale,<br />

<strong>in</strong> specie quella eucaristica, alla meditazione<br />

e agli esercizi spirituali sotto la guida di direttori<br />

e confessori, per lo più chierici regolari [<strong>in</strong>quadrati all’<strong>in</strong>terno<br />

di un ord<strong>in</strong>e religioso, dotato di una regola; i<br />

preti <strong>in</strong>caricati della normale cura d’anime, ad esempio<br />

<strong>in</strong> una parrocchia, erano <strong>in</strong>vece detti secolari,<br />

perché a diretto contatto con il secolo, cioè con il<br />

mondo, n.d.r.] e cappucc<strong>in</strong>i, dei quali vanno sottol<strong>in</strong>eate<br />

qui una volta per tutte l’importanza e l’<strong>in</strong>fluenza<br />

nella vita religiosa dei monasteri femm<strong>in</strong>ili. La preghiera,<br />

che nelle sue varie espressioni occupava circa<br />

un terzo della giornata, era <strong>in</strong>terrotta dalle ore di lavoro<br />

manuale e domestico, dai pasti e dai momenti di ricreazione,<br />

che potevano assumere aspetti severi e<br />

semplici nei monasteri riformati [che avevano <strong>in</strong>trodotto<br />

le <strong>in</strong>novazioni prescritte dalle autorità dopo il<br />

Concilio di Trento, <strong>in</strong> un’ottica di Riforma cattolica,<br />

n.d.r.], e forme più aperte ai richiami mondani, come<br />

la pratica della musica e della pittura, negli altri. Soprattutto<br />

il lavoro era elemento fondamentale nella vita<br />

dei monasteri femm<strong>in</strong>ili. Strumento per fuggire ogni rischiosa<br />

occasione d’ozio, era anche di norma, e a<br />

maggior ragione <strong>in</strong> caso di necessità, fonte di <strong>in</strong>tegrazione,<br />

col ricavato, delle rendite non di rado modeste<br />

dei monasteri stessi: fossero i lavori di ricamo<br />

o la fabbricazione di piccoli oggetti devoti o la preparazione<br />

di dolci e confetture e soprattutto di sciroppi,<br />

medicamenti e pomate, largamente richiesti fuori della<br />

cerchia claustrale, come il famoso unguento di Mère<br />

Agnès de Sa<strong>in</strong>te-Thècle, zia di Rac<strong>in</strong>e, che veniva<br />

venduto a Port-Royal.<br />

Il silenzio e le parole sommesse, i gesti misurati e discreti, se non l’assoluta immobilità<br />

nei momenti di meditazione, il controllo dei movimenti del corpo, secondo un preciso codice<br />

di comportamento, e possibilmente delle <strong>in</strong>tenzioni dell’anima, dovevano dom<strong>in</strong>are sovrani.<br />

Ma tutto questo era anch’esso un dover essere, un ideale da raggiungere, sconvolto<br />

talora da fiumi di parole e da gesti scomposti, come nei ratti mistici e nelle fughe di santa<br />

Maria Maddalena de’ Pazzi, <strong>in</strong>seguita all’<strong>in</strong>terno del suo monastero carmelitano di Firenze<br />

dalle solerti consorelle, che <strong>in</strong> una sorta di sacra staffetta ne trascrissero le fluenti visioni; e,<br />

più spesso, un ideale spezzato dalle piccole, frequenti <strong>in</strong>frazioni quotidiane, che le religiose<br />

stesse una o due volte la settimana, <strong>in</strong>sieme con le loro <strong>in</strong>osservanze della regola e delle obbedienze,<br />

erano tenute a denunziare pubblicamente durante il capitolo delle colpe, secondo<br />

un’attenta casistica, per ricevere le relative punizioni, <strong>in</strong> forma pubblica, <strong>in</strong> refettorio. Al fondo<br />

di tutta questa larga opera di controllo, che traduceva <strong>in</strong>troiettata <strong>in</strong> un cont<strong>in</strong>uo sforzo di<br />

autodiscipl<strong>in</strong>amento, v’era l’idea dom<strong>in</strong>ante maschile e clericale, rafforzata dalla Controriforma,<br />

della debolezza e della fragilità della donna, bisognosa di tutela, <strong>in</strong>sieme con una<br />

vera e propria ossessione della castità <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>, tant’è che nelle riforme [nei nuovi regola-<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Lazzaro Baldi,<br />

La Madonna dona<br />

il velo della purezza<br />

a Santa Maria<br />

Maddalena de’ Pazzi,<br />

1669 ca.<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

5<br />

<strong>Clausura</strong> e <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>Clausura</strong><strong>in</strong>e <strong>contesto</strong> <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>cattolico</strong>


ipertesto<br />

UNITÀ VVII<br />

IL SEICENTO DEI L’ETÀ POVERI DI CALVINO E DELLE E FILIPPO STREGHE II<br />

6<br />

Quale ruolo giocava<br />

il lavoro nella vita<br />

delle monache?<br />

Quali funzioni<br />

svolgeva?<br />

Che ruolo aveva<br />

e che importanza<br />

assumeva la figura<br />

del diavolo, nella<br />

esperienza umana<br />

e spirituale delle<br />

monache?<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

menti relativi ai conventi e agli ord<strong>in</strong>i religiosi, n.d.r.] del <strong>Sei</strong>cento si sarà <strong>in</strong>dotti ad <strong>in</strong>sistere<br />

più sul voto di castità che su quelli di povertà e obbedienza, e più <strong>in</strong> generale a ritenere i monasteri<br />

femm<strong>in</strong>ili prima che luoghi di santificazione conservatori di virtù.<br />

Divenuta dunque la clausura, con tutte le sue valenze pratiche e simboliche, la condizione<br />

stessa della vita monastica <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>, l’isolamento familiare e <strong>in</strong>tellettuale da un lato<br />

e la mortificazione e la condanna della carne dall’altro f<strong>in</strong>ivano con l’acuire nelle religiose i<br />

sentimenti e le impressioni; e <strong>in</strong> molte né l’impegno <strong>in</strong>cessante nella preghiera e nel lavoro,<br />

né la repressione cont<strong>in</strong>ua delle pulsioni <strong>in</strong>teriori – ciò che la letteratura ascetica dell’epoca<br />

def<strong>in</strong>iva la lotta dello spirito contro la natura perversa – potevano annullare o sublimare del<br />

tutto i ricordi, i desideri, i rimpianti derivanti dal confronto tra l’esperienza della esistenza passata<br />

e la condizione presente. Tali sentimenti venivano anzi esaltati dalla stessa solitud<strong>in</strong>e,<br />

traducendosi nella mentalità corrente delle religiose e dei loro confessori e direttori spirituali<br />

nella illusione, nella ossessione o addirittura nella possessione diabolica, cui la coeva trattatistica<br />

devota ed esorcistica attribuiva le modalità <strong>in</strong>quietanti di belve molteplici e mostri<br />

accovacciati nel fondo del cuore umano e pronti ad assalirlo. […] Per liberarsi dal Nemico<br />

<strong>in</strong>combente e talora vic<strong>in</strong>o a ghermire, non bastava il quotidiano, <strong>in</strong>sistito autodiscipl<strong>in</strong>amento.<br />

Non restava che domare più duramente il corpo, fonte di ogni tentazione, imponendogli<br />

lunghe veglie durante la notte, nel tempo cioè degli <strong>in</strong>ganni e delle <strong>in</strong>sidie più sottili,<br />

che la sensibilità della Controriforma popolava di immag<strong>in</strong>i di terrore e di raff<strong>in</strong>ati<br />

strumenti salvifici; oppure sottoponendolo a prolungati periodi di ast<strong>in</strong>enze e di digiuni, s<strong>in</strong>o<br />

all’anoressia, a penitenze iterate [ripetute, n.d.r.] e a impietose flagellazioni praticate <strong>in</strong>dividualmente<br />

o <strong>in</strong> comune, o a quelle segrete torture che comportavano l’uso del cilicio o delle<br />

camicie di cr<strong>in</strong>e o dell’abito «tutto pieno di sp<strong>in</strong>i, che lo chiamavo la veste ricamata», <strong>in</strong>dossato<br />

da santa Veronica Giuliani, o a quel che la beata cappucc<strong>in</strong>a Maria Maddalena Mart<strong>in</strong>engo<br />

<strong>in</strong>dicava tra le sue «solite picciole ricreazioni», consistenti nel ricamare gli strumenti<br />

della Passione «con l’ago <strong>in</strong>filzato di seta… nella propria carne, ben grandi, al modo che si<br />

ricama un velo di calici, non senza uscita di sangue».<br />

M. rosA, La religiosa, <strong>in</strong> r. ViLLANi (a cura di), L’uomo barocco, Laterza, roma-Bari 1991, pp. 225-227<br />

2<br />

Gli scandali delle monache francesi possedute<br />

dal demonio<br />

Nel <strong>Sei</strong>cento francese, <strong>in</strong> numerosi conventi si registrarono casi di possessione diabolica che assunsero<br />

notorietà nazionale. All’epoca, gli episodi erano letti come prove che le suore erano chiamate<br />

a superare, <strong>in</strong> vista della salvezza eterna. Ai nostri occhi moderni, <strong>in</strong>vece, essi appaiono come dei casi<br />

di nevrosi, <strong>in</strong>dividuale o collettiva, cioè dei tentativi di rimuovere il disagio e il senso di colpa, provati<br />

da numerose monache, di fronte un tipo di esistenza che a volte risultava disumano.<br />

[A Loudun], nelle diverse chiese della città, i cappucc<strong>in</strong>i procedono ai quotidiani esorcismi<br />

della comunità conventuale posseduta (i demoni, costretti qualche mese prima al silenzio,<br />

si sono fatti chiacchieroni ed esibizionisti). Le orsol<strong>in</strong>e producono ripetutamente davanti<br />

alla folla dichiarazioni e patti, e i loro demoni arrivano a preannunciare il programma dell’<strong>in</strong>domani,<br />

come fa ad esempio un tale Asmodeo il 19 maggio 1634: «Io prometto che uscendo<br />

dal corpo di questa creatura gli aprirò una fessura sopra il cuore… la quale sangu<strong>in</strong>erà domani<br />

ventesimo giorno di maggio, sabato, alla sesta ora dopo il mezzogiorno». Collocate nelle<br />

chiese, su dei palchi, le monache – priora <strong>in</strong> testa – offrono le loro rivelazioni sui misfatti dei<br />

demoni e su Urbani Grandier ad un pubblico enorme. L’accennata uscita di Asmodeo ha<br />

luogo il 20 maggio 1634 «alla presenza di duemila persone, tra le quali figuravano molti dist<strong>in</strong>ti<br />

signori, <strong>in</strong> numero superiore a centoc<strong>in</strong>quanta (tanto vescovi e abati che magistrati) e<br />

altrettanti preti, più c<strong>in</strong>que medici». Questi esorcismi <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili, da cui la priora confessa<br />

di ricavare qualche soddisfazione, comportano convulsioni e scene di prostrazione alternate<br />

a momenti di frenesia, con grande sbalordimento e compassione degli spettatori. Il 30 giugno<br />

il vescovo di Poitiers (che si mostra tanto favorevole alla possessione quanto l’arcivescovo<br />

di Bordeaux è cauto) fa bruciare quattro patti diabolici ritrovati nel convento: ebbene, Jeanne<br />

des Anges e suor Agnès «sono state travagliate per più di tre quarti d’ora dalle più violente<br />

convulsioni che si siano mai viste». A furia di dimostrazioni violente, le possedute giungono<br />

a suscitare vere e proprie emozioni collettive. Gli astanti [gli spettaori, n.d.r.] rimangono a<br />

bocca aperta, ma fremono anche di terrore o di pietà per queste <strong>in</strong>felici scatenate. […]<br />

Ad Aix come a Loudun, l’atmosfera di questi conventi senza vera clausura, votati all’educazione<br />

delle fanciulle della buona società – nobili e borghesi – è tutt’altro che sfa-


vorevole a questo tipo di ossessione. Intanto la vita conventuale <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>, che <strong>in</strong> quell’epoca<br />

ha preso tanto slancio, sta ancora ricercando le sue norme. La discipl<strong>in</strong>a di vita<br />

e di lavoro che le fondatrici e le superiori si sforzano d’imporre alle loro monache non è<br />

sempre equilibrata, né sempre accettabile da parte di novizie che spesso cercano nel convento,<br />

più che la realizzazione di una vocazione ben precisa, un rifugio lontano dal mondo<br />

(è questo senza dubbio il caso di Madele<strong>in</strong>e Demandols a Aix e Marsiglia, e anche di parecchie<br />

orsol<strong>in</strong>e <strong>in</strong>torno a Jeanne des Anges, come le Mesdames de Dampierre). Ma soprattutto<br />

queste comunità non possono considerare le crisi di possessione che si abbattono<br />

su di loro come una maledizione. È piuttosto una pesante croce, loro <strong>in</strong>flitta perché<br />

serva alla santificazione delle anime. E il complotto satanico, che travia qualche membro<br />

della comunità, costituisce il segno stesso dell’importanza riconosciuta all’ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong>sieme<br />

dal diavolo e da Dio: dal diavolo perché attacca le devote di S. Orsola anziché le altre, evidentemente<br />

meno attive e ai suoi occhi meno temibili; da Dio perché ha autorizzato il demonio<br />

a imporre loro questa prova. Nonostante le perturbazioni provocate dagli esorcismi,<br />

dalle ispezioni, dall’afflusso dei curiosi e dalla macch<strong>in</strong>a giudiziaria, i progetti diabolici<br />

rimangono una prova della sollecitud<strong>in</strong>e div<strong>in</strong>a. È sufficiente, per rendersi conto chiaramente<br />

di tale <strong>in</strong>terpretazione, leggere la quasi contemporanea cronaca dell’ord<strong>in</strong>e delle<br />

orsol<strong>in</strong>e, pubblicata nel 1673. La madre de Pomereu così presenta il convento di Loudun:<br />

«Casa ove Dio s’è fatto ammirare per i modi che ha tenuto nel santificare un grande numero<br />

di anime, consentendo la possessione e l’ossessione di parecchie giovani donne,<br />

sia secolari che religiose». Dato questo quadro mentale, <strong>in</strong> cui l’<strong>in</strong>tervento div<strong>in</strong>o è cosa<br />

di ord<strong>in</strong>aria amm<strong>in</strong>istrazione (madre de Pomereu riferisce spesso il miracolo dei sacchi di<br />

frumento che si moltiplicano nel granaio), la lotta con il demonio f<strong>in</strong>isce per costituire un<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Maestro di San<br />

Sever<strong>in</strong>o, Esorcizzazione<br />

di una <strong>in</strong>demoniata<br />

(Firenze, Museo Horne).<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

7<br />

<strong>Clausura</strong> Il miro dell’età e <strong>santità</strong>dell’oro <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> e del<strong>in</strong>Paese <strong>contesto</strong> di Cuccagna <strong>cattolico</strong>


ipertesto<br />

UNITÀ VII<br />

8<br />

IL SEICENTO DEI POVERI E DELLE STREGHE<br />

<strong>in</strong>dizio di elezione div<strong>in</strong>a […]. In questo senso, quando vediamo i nostri contemporanei,<br />

educati nella mentalità del XX secolo, <strong>in</strong>terrogarsi spesso e volentieri sulla propagazione<br />

di queste crisi conventuali di comunità <strong>in</strong> comunità, ci vien fatto di osservare che occorrerebbe<br />

piuttosto chiedersi come mai i fenomeni di ossessione e possessione di religiose<br />

non siano stati più frequenti: la sola prosperità temporale goduta da Loudun dopo la morte<br />

di Grandier avrebbe potuto suggerire l’emulazione. Non v’è dubbio che le discussioni accanite<br />

sollevate dalle due ultime possessioni dovettero porre un freno all’ardore delle eventuali<br />

accusatrici. Inoltre occorreva avere sottomano un prete suscettibile di essere accusato<br />

del «più grande dei delitti» [la stipulazione di un patto col diavolo, al f<strong>in</strong>e di mandare<br />

<strong>in</strong> perdizione le anime delle monache, n.d.r.] e un gruppo di monache capaci di prender<br />

parte al gran giuoco s<strong>in</strong>istro della possessione collettiva.<br />

Va <strong>in</strong>fatti osservato che la febbre demoniaca <strong>in</strong>veste <strong>in</strong>variabilmente un gruppo di giovani<br />

religiose provenienti da buone famiglie. A Loudun come ad Aix, il reclutamento è aristocratico<br />

e borghese; e […] il buon livello educativo generale di questi gruppi di monache<br />

appartenenti alle classi superiori della società impressionò i contemporanei. Le streghe di<br />

villaggio bruciate a dozz<strong>in</strong>e <strong>in</strong> Lorena qualche anno prima hanno attirato un’attenzione m<strong>in</strong>ore<br />

di quella sollecitata da quelle monache che portano nomi conosciuti nelle loro prov<strong>in</strong>ce<br />

e sono talvolta imparentate con grandi famiglie del regno.<br />

r. MANDroU, Magistrati e streghe nella Francia del <strong>Sei</strong>cento, Laterza, roma-Bari 1979,<br />

pp. 241-242, 269, trad. it. G. serrAVA<br />

Per quali ragioni le crisi di possessione erano considerate una specie di privilegio di cui andare fieri?<br />

Spiega l’espressione secondo cui i progetti diabolici rimangono una «prova della sollecitud<strong>in</strong>e<br />

div<strong>in</strong>a».<br />

Che cosa dist<strong>in</strong>gue, da un punto di vista sociale, le streghe ord<strong>in</strong>arie, dalle monache possedute<br />

deimonasterifrancesi?<br />

3<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Le sante anoressiche tra psicologia e storia<br />

Nel suo studio sulla religiosità monastica <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> tra Medioevo ed Età moderna, lo storico <strong>in</strong>glese<br />

R.M. Bell segnala che tra il Duecento e i giorni nostri <strong>in</strong> Italia la Chiesa ha riconosciuto come<br />

sante 261 donne. Di circa un terzo di loro, secondo l’autore, i documenti storici sono così scarsi da<br />

non permettere alcuna valutazione del rapporto che ebbero con il cibo. Delle rimanenti 170, <strong>in</strong>vece,<br />

più di metà mostrarono chiari s<strong>in</strong>tomi di anoressia. Secondo Bell, questo elevato numero di soggetti<br />

giustifica il nuovo metodo <strong>in</strong>terdiscipl<strong>in</strong>are da lui adottato, per avvic<strong>in</strong>arsi al tema della <strong>santità</strong><br />

<strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>: un approccio <strong>in</strong> cui medic<strong>in</strong>a, psicologia e psicoanalisi offrono un importante contributo<br />

all’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e storiografica.<br />

Il modello di comportamento anoressico co<strong>in</strong>volge non solo un rifiuto o l’impossibilità<br />

di mangiare, ma anche una dimensione psicologica più vasta <strong>in</strong> cui una ragazza apparentemente<br />

ubbidiente e sottomessa (ma che si sente ribelle) si rivolta contro il mondo circostante<br />

nello sforzo disperato di far riconoscere la sua personalità. Generalmente questo<br />

mondo è la sua stessa famiglia; i genitori simboleggiano e sono i pr<strong>in</strong>cipali ostacoli alla<br />

sua autoaffermazione, anche se le loro <strong>in</strong>tenzioni sono apparentemente opposte. Per un<br />

giovane, al contrario, vi sono molte possibilità di raggiungere l’autonomia, seguire il modello<br />

paterno, all’università o negli affari, come soldato o prete, e la cultura europea occidentale<br />

è ricca di celebrazioni approvanti la sua autoaffermazione. Un maschio può essere<br />

sconfitto nella sua battaglia per un primato, ma quando ciò avviene la sconfitta è<br />

pubblica, esterna, visibile. Vi possono essere conseguenze negative, anche un grave<br />

trauma emotivo, ma generalmente non si riscontra il modello di comportamento tipicamente<br />

anoressico. Una ragazza aveva aperte davanti a sé meno strade; f<strong>in</strong>o a un’epoca<br />

piuttosto recente, e con le possibili eccezioni di alcune nobildonne, l’unica via era il passaggio<br />

dalla dom<strong>in</strong>azione paterna alla sottomissione maritale. La cultura occidentale<br />

condanna ogni tipo di deviazione da questo modello; le donne si trovano <strong>in</strong> condizioni sfavorevoli,<br />

psicologicamente dom<strong>in</strong>ate dal senso di colpa. […] La giovane donna italiana del<br />

Medioevo <strong>in</strong> lotta per l’autonomia, non diversamente dalle moderne ragazze americane,<br />

<strong>in</strong>glesi o giapponesi di fronte al medesimo dilemma, a volte spostava la lotta dal mondo<br />

esterno, <strong>in</strong> cui subiva una sconfitta sicura, a una battaglia <strong>in</strong>teriore per ottenere la padronanza<br />

su se stessa e sui propri impulsi fisici. In questo senso la risposta anoressica è<br />

senza tempo. E almeno temporaneamente, è una vittoria potente e reale sull’unica cosa<br />

che la civiltà occidentale (o occidentalizzata) permette a una ragazza di conquistare – se


stessa. Ma la vittoria porta all’autodistruzione,<br />

e questo viola la conv<strong>in</strong>zione propria<br />

della cultura che tutti i suoi membri sani<br />

debbano dimostrare voglia di vivere. Nel<br />

secolo XX questi casi devianti sono rimessi<br />

alle cure dei medici, dèi della razionalità<br />

scientifica, con risultati molto vari. Nei<br />

tempi antichi comportamenti simili richiedevano<br />

l’<strong>in</strong>tervento dei preti o guardiani<br />

maschi, praticanti una teologia patriarcale<br />

che vedeva nella donna Eva <strong>in</strong> tutta la sua<br />

malvagità, anche qui con risultati molto<br />

vari. Molte erano le streghe, poche le<br />

sante, un numero <strong>in</strong>def<strong>in</strong>ito le curate che r<strong>in</strong>unciavano<br />

alla loro autonomia distruttiva e<br />

si sottomettevano a un marito, oppure languivano<br />

vivendo una vita squallida; <strong>in</strong> quantità<br />

sconosciuta erano quelle che, anonime,<br />

si affamarono f<strong>in</strong>o a morire.<br />

Nelle vitae dei santi accade spesso di <strong>in</strong>contrare<br />

la giovane che si accorge presto<br />

che il convento è il miglior posto dove realizzare<br />

il suo bisogno di autosufficienza. Un<br />

modello di santa anoressia guarita si può<br />

riassumere <strong>in</strong> breve: una bamb<strong>in</strong>a dall’apparenza<br />

ubbidiente, ma di carattere fortemente<br />

volitivo, viene educata nella religione,<br />

generalmente dalla madre. Compiuti i dieci<br />

anni, il padre prende il sopravvento e la costr<strong>in</strong>ge<br />

a sposarsi; lei resiste e giunge a mostrare<br />

i s<strong>in</strong>tomi classici dell’anoressia; alla<br />

f<strong>in</strong>e si rifugia <strong>in</strong> un convento, o il padre<br />

muore, o <strong>in</strong> qualche modo la sua volontà [il<br />

volere del genitore, contrario alla monacazione,<br />

n.d.r.] viene drammaticamente spezzata;<br />

durante il noviziato, e per molti anni<br />

seguenti, è profondamente depressa, tormentata<br />

da visioni demoniache, e sempre <strong>in</strong>capace di mangiare; gradualmente, <strong>in</strong> genere<br />

verso la trent<strong>in</strong>a, guarisce, e i diavoli scompaiono per dar luogo a sentimenti più rassicuranti;<br />

nel frattempo i suoi rapporti con i confessori sono ambigui e talvolta pers<strong>in</strong>o ostili, perché<br />

questi uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong>terferiscono con il suo desiderio di sperimentare Dio direttamente e personalmente<br />

come <strong>in</strong>dividuo del tutto autonomo; col tempo le altre suore, che all’<strong>in</strong>izio erano<br />

antagoniste, diventano la sua pr<strong>in</strong>cipale fonte di consolazione terrena. […]<br />

[Il confessore di Veronica Giuliani] più e più volte le impedì di ricevere la comunione,<br />

non perché avesse commesso qualche peccato, ma soltanto per farle ben <strong>in</strong>tendere chi<br />

aveva il potere di dispensare le grazie salvifiche di Dio, chi poteva negarle a proprio piacimento<br />

il corpo del suo sposo. Verso i trentac<strong>in</strong>que anni Veronica ricevette sulle mani, sui<br />

piedi e sul petto le stimmate di Cristo. Questo squisito segno del favore di Dio, che per<br />

Veronica significò il coronamento della sua vita, fu trattato dalla Chiesa, durante i successivi<br />

vent<strong>in</strong>ove anni e f<strong>in</strong>o alla sua autopsia, come una difficoltà e un possibile e pers<strong>in</strong>o probabile<br />

falso. Da Roma giunsero ord<strong>in</strong>i che non scrivesse o parlasse delle piaghe a nessuno,<br />

ad eccezione del suo confessore, del vescovo e, per lettera, delle sorelle carnali al<br />

convento di Mercatello. In breve, non le fu concesso di confidarsi con nessuna delle donne<br />

con le quali doveva vivere giornalmente per altri tre decenni. I confessori, sospettando che<br />

le ferite fossero autoprovocate, le ord<strong>in</strong>arono di <strong>in</strong>dossare grosse manopole strettamente<br />

legate e sigillate ai polsi. E questo seguitò per anni, con cont<strong>in</strong>ue applicazioni di unguenti<br />

che le davano dolori e bruciature strazianti, f<strong>in</strong>ché fu chiaro che niente poteva cicatrizzare<br />

le ferite e fermare le emorragie. In vita sua Veronica non ebbe mai la soddisfazione di essere<br />

riconosciuta dai suoi fratelli e sorelle terrene come una creatura <strong>in</strong> grazia di Dio e non<br />

come un agente di Satana.<br />

r.M. BeLL, La santa anoressia. Digiuno e misticismo dal Medioevo a oggi,<br />

Laterza, roma-Bari 2002, pp. 66-68, 92-93, trad. it. A. CAsiNi pAszkowski<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Michele Fanolli,<br />

Veronica Giuliani<br />

circondata da angeli<br />

(particolare), 1832<br />

(Cittadella, Duomo).<br />

Spiega l’espressione<br />

«La risposta<br />

anoressica è senza<br />

tempo».<br />

Perché irapporti<br />

delle sante<br />

anoressiche con<br />

ipropriconfessori<br />

sono stati, <strong>in</strong> genere,<br />

tesi, e talvolta<br />

pers<strong>in</strong>o ostili?<br />

Il caso di Veronica<br />

Giuliani conferma<br />

o smentisce la<br />

tendenza generale?<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

9<br />

<strong>Clausura</strong> e <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>in</strong> <strong>contesto</strong> <strong>cattolico</strong>

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