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Clausura e santità femminile in contesto cattolico - Sei

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ipertesto<br />

UNITÀ VVII<br />

IL SEICENTO DEI L’ETÀ POVERI DI CALVINO E DELLE E FILIPPO STREGHE II<br />

2<br />

➔Conventi simili<br />

a prigioni<br />

➔Paura dell’<strong>in</strong>ferno<br />

Gaetano Dura,<br />

La presentazione della<br />

monaca di Monza,<br />

litografia del 1830<br />

per un’edizione de<br />

I Promessi sposi<br />

di Alessandro Manzoni<br />

(Milano, Civica Raccolta<br />

Bertarelli).<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

di potenti famiglie, che <strong>in</strong> essa vedevano un oltraggio al prestigio di una loro familiare<br />

presente <strong>in</strong> un particolare convento.<br />

La discipl<strong>in</strong>a, tuttavia, non cessò di crescere <strong>in</strong> durezza e rigidità. Nel 1629, la Congregazione<br />

romana dei regolari, l’organismo che da roma dava <strong>in</strong>dicazioni e direttive a tutti gli ord<strong>in</strong>i<br />

religiosi, impose a un monastero di Lecce di rendere più strette le <strong>in</strong>ferriate del parlatorio,<br />

il luogo <strong>in</strong> cui le monache potevano dialogare con gli eventuali visitatori, «aff<strong>in</strong>ché le monache<br />

non poss<strong>in</strong>o <strong>in</strong> alcuna maniera stendere il braccio verso le grati di fuora, e toccar le<br />

mani, dita o altro di persona che stia fuori del monasterio». Quanto alle porte del convento<br />

stesso – ord<strong>in</strong>ò la stessa Congregazione, nel 1617 – «stiano perpetuamente serrate né s’aprano<br />

mai se non ne’ casi di precisa necessità»; anzi, si precisò nel 1639, gli <strong>in</strong>gressi dovevano essere<br />

sprangati «con due catenacci, e due chiavi, l’una di fuora e l’altra di dentro».<br />

Sensi di colpa e trasgressioni<br />

A livello spirituale, le monache furono spesso vittime di una formidabile pastorale della<br />

paura, per molti versi analoga a quella che, negli stessi decenni, fu rovesciata addosso agli<br />

abitanti delle zone rurali o isolate. Nelle campagne, la paura dell’<strong>in</strong>ferno e l’<strong>in</strong>sistenza sulla<br />

potenza del diavolo dovevano <strong>in</strong>durre i contad<strong>in</strong>i ad abbandonare le numerose usanze<br />

semipagane che ancora praticavano o <strong>in</strong>consciamente associavano a riti cristiani. Nei<br />

conventi, il terrorismo spirituale fu usato come deterrente per spegnere il disagio delle<br />

suore, obbligate di fatto a percepirsi come <strong>in</strong>degne peccatrici, se non accettavano con zelo<br />

ed entusiasmo la discipl<strong>in</strong>a conventuale.<br />

per molte monache, il convento si trasformò <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cubo, <strong>in</strong> un «teatro <strong>in</strong> cui si recitan<br />

funestissime tragedie», per riprendere una forte espressione coniata dalla già menzionata<br />

suor Arcangela tarabotti, che non a caso diede al suo libro di denuncia della condizione<br />

<strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> nei conventi veneziani un titolo durissimo: L’Inferno monacale.<br />

su questo sfondo si colloca anche la tragica vicenda di Marianna de Leyva (1575-1650), che<br />

sta alla base della figura manzoniana della monaca di Monza. i de Leyva, <strong>in</strong> effetti, erano i<br />

signori di Monza, e nel 1591 (quando Marianna aveva sedici anni) la obbligarono a farsi suora,<br />

al f<strong>in</strong>e di tramandare l’<strong>in</strong>tera eredità della famiglia al figlio primogenito, seguendo una con

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