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Clausura e santità femminile in contesto cattolico - Sei

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Riferimenti storiografici<br />

1<br />

Spazi e tempi della clausura<br />

Una clausura sempre più rigorosa fu il nuovo tratto che caratterizzò la maggior parte degli ord<strong>in</strong>i<br />

monastici femm<strong>in</strong>ili nel <strong>Sei</strong>cento. Le autorità ecclesiastiche erano profondamente conv<strong>in</strong>te che la donna<br />

fosse una creatura debole ed esposta alle tentazioni. L’unico modo per salvare le donne dall’<strong>in</strong>ferno<br />

era la loro totale separazione dal mondo, a costo di una vera reclusione <strong>in</strong> convento.<br />

Imposta o accolta la clausura nei monasteri, l’ord<strong>in</strong>e al suo <strong>in</strong>terno era il risultato quotidiano<br />

di una lotta <strong>in</strong><strong>in</strong>terrotta da parte delle s<strong>in</strong>gole religiose e della <strong>in</strong>tera comunità, nel rispetto<br />

anch’esso ossessivo dei tempi di preghiera e di lavoro. Molto tempo ovviamente era<br />

dedicato alla preghiera <strong>in</strong>dividuale e comunitaria, alle letture personali ascetiche ed edificanti,<br />

personali e collettive, al culto div<strong>in</strong>o e alla pratica sacramentale,<br />

<strong>in</strong> specie quella eucaristica, alla meditazione<br />

e agli esercizi spirituali sotto la guida di direttori<br />

e confessori, per lo più chierici regolari [<strong>in</strong>quadrati all’<strong>in</strong>terno<br />

di un ord<strong>in</strong>e religioso, dotato di una regola; i<br />

preti <strong>in</strong>caricati della normale cura d’anime, ad esempio<br />

<strong>in</strong> una parrocchia, erano <strong>in</strong>vece detti secolari,<br />

perché a diretto contatto con il secolo, cioè con il<br />

mondo, n.d.r.] e cappucc<strong>in</strong>i, dei quali vanno sottol<strong>in</strong>eate<br />

qui una volta per tutte l’importanza e l’<strong>in</strong>fluenza<br />

nella vita religiosa dei monasteri femm<strong>in</strong>ili. La preghiera,<br />

che nelle sue varie espressioni occupava circa<br />

un terzo della giornata, era <strong>in</strong>terrotta dalle ore di lavoro<br />

manuale e domestico, dai pasti e dai momenti di ricreazione,<br />

che potevano assumere aspetti severi e<br />

semplici nei monasteri riformati [che avevano <strong>in</strong>trodotto<br />

le <strong>in</strong>novazioni prescritte dalle autorità dopo il<br />

Concilio di Trento, <strong>in</strong> un’ottica di Riforma cattolica,<br />

n.d.r.], e forme più aperte ai richiami mondani, come<br />

la pratica della musica e della pittura, negli altri. Soprattutto<br />

il lavoro era elemento fondamentale nella vita<br />

dei monasteri femm<strong>in</strong>ili. Strumento per fuggire ogni rischiosa<br />

occasione d’ozio, era anche di norma, e a<br />

maggior ragione <strong>in</strong> caso di necessità, fonte di <strong>in</strong>tegrazione,<br />

col ricavato, delle rendite non di rado modeste<br />

dei monasteri stessi: fossero i lavori di ricamo<br />

o la fabbricazione di piccoli oggetti devoti o la preparazione<br />

di dolci e confetture e soprattutto di sciroppi,<br />

medicamenti e pomate, largamente richiesti fuori della<br />

cerchia claustrale, come il famoso unguento di Mère<br />

Agnès de Sa<strong>in</strong>te-Thècle, zia di Rac<strong>in</strong>e, che veniva<br />

venduto a Port-Royal.<br />

Il silenzio e le parole sommesse, i gesti misurati e discreti, se non l’assoluta immobilità<br />

nei momenti di meditazione, il controllo dei movimenti del corpo, secondo un preciso codice<br />

di comportamento, e possibilmente delle <strong>in</strong>tenzioni dell’anima, dovevano dom<strong>in</strong>are sovrani.<br />

Ma tutto questo era anch’esso un dover essere, un ideale da raggiungere, sconvolto<br />

talora da fiumi di parole e da gesti scomposti, come nei ratti mistici e nelle fughe di santa<br />

Maria Maddalena de’ Pazzi, <strong>in</strong>seguita all’<strong>in</strong>terno del suo monastero carmelitano di Firenze<br />

dalle solerti consorelle, che <strong>in</strong> una sorta di sacra staffetta ne trascrissero le fluenti visioni; e,<br />

più spesso, un ideale spezzato dalle piccole, frequenti <strong>in</strong>frazioni quotidiane, che le religiose<br />

stesse una o due volte la settimana, <strong>in</strong>sieme con le loro <strong>in</strong>osservanze della regola e delle obbedienze,<br />

erano tenute a denunziare pubblicamente durante il capitolo delle colpe, secondo<br />

un’attenta casistica, per ricevere le relative punizioni, <strong>in</strong> forma pubblica, <strong>in</strong> refettorio. Al fondo<br />

di tutta questa larga opera di controllo, che traduceva <strong>in</strong>troiettata <strong>in</strong> un cont<strong>in</strong>uo sforzo di<br />

autodiscipl<strong>in</strong>amento, v’era l’idea dom<strong>in</strong>ante maschile e clericale, rafforzata dalla Controriforma,<br />

della debolezza e della fragilità della donna, bisognosa di tutela, <strong>in</strong>sieme con una<br />

vera e propria ossessione della castità <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong>, tant’è che nelle riforme [nei nuovi regola-<br />

F.M. Feltri, Chiaroscuro © SEI, 2010<br />

Lazzaro Baldi,<br />

La Madonna dona<br />

il velo della purezza<br />

a Santa Maria<br />

Maddalena de’ Pazzi,<br />

1669 ca.<br />

ipertesto<br />

IPERTESTO A<br />

5<br />

<strong>Clausura</strong> e <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>Clausura</strong><strong>in</strong>e <strong>contesto</strong> <strong>santità</strong> <strong>femm<strong>in</strong>ile</strong> <strong>cattolico</strong>

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