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sentenza - La Privata Repubblica

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Dato riscontrato dalle dichiarazioni del collaboratore Ferrante Giovan<br />

Battista, del quale vengono riportate le dichiarazioni sulle prove di scoppio<br />

effettuate giorni prima.<br />

Per realizzare l'attentato le conoscenze tecniche di alcuni degli imputati,<br />

desunte da numerose dichiarazioni di collaboratori e da riscontri di polizia,<br />

erano piu' che sufficienti.<br />

Ancora sul piano delle indagini tecniche la <strong>sentenza</strong> esponeva i risultati<br />

delle indagini volte ad individuare la ditta costruttrice dell'apparato<br />

ricetrasmittente impiegato e a stabilirne l'efficienza e l'idoneita' allo scopo,<br />

l'effettiva commercializzazione nel periodo precedente alla strage.<br />

<strong>La</strong> <strong>sentenza</strong> rinviava, quindi, ai risultati del contraddittorio dibattimentale<br />

per escludere la fondatezza e, anzi, per ritenere confutate le tesi del<br />

consulente di parte Ugolini con riferimento agli accertamenti tecnico-<br />

esplosivistici eseguiti dai consulenti del p.m sulla base degli elementi<br />

raccolti dalla polizia scientifica, coadiuvata da elementi dell’FBI. 3<br />

Poteva così considerarsi raggiunta, ad avviso della Corte di primo grado, la<br />

certezza che l’attentato era stato realizzato con l'attivazione a distanza,<br />

tramite un telecomando tipo Telcoma THU, di una carica esplosiva<br />

costituita da novanta chilogrammi di esplosivo collocato nel vano<br />

portabagagli anteriore di una Fiat 126 di colore rosso – bordeaux, targata<br />

3 A questo punto appare doveroso ricordare le osservazioni mosse con riferimento agli accertamenti tecnicoesplosivistici<br />

sopra indicati dal consulente di parte Ugolini, esaminato nel corso del processo n.9/94 R.G.C.A., il quale<br />

si era impegnato, come è lecito peraltro nel contesto della funzione di difesa, a tentare di demolire l’attendibilità dei<br />

risultati raggiunti dai consulenti del P.M. e di dimostrare, per contro, che la carica esplosiva non era sollevata da terra,<br />

che i metodi seguiti non erano stati scientificamente corretti. Entambi tali obiettivi, tuttavia, non sono stati affatto<br />

conseguiti, poiché i consulenti del P.M., nel corso dell'esame del 30.11.1995 nel processo n.9/94 R.G.C.A., al quale il<br />

dott. Ugolini volontariamente non partecipava, minuziosamente confutavano, attraverso riferimenti specifici<br />

convincenti e condivisibili, cui si fa rinvio per completezza, i rilievi e le ipotesi formulate dal predetto consulente di<br />

parte.<br />

In particolare, sulle ipotesi formulate dal dott. Ugolini (secondo cui: in via D’Amelio poteva essere stato impiegato un<br />

secondo ordigno costituito forse da una bombola di GPL di 5 Kg innescata con carica esplosiva; un esplosivo plastico<br />

come il C4 avrebbe annegato come in uno “zabaione” i detonatori, liquefacendosi a temperature ben più basse di quelle<br />

sviluppatesi in un giorno di estate all’interno di un cofano della fiat 126; una vettura in pessime condizioni come la 126<br />

della Valenti non avrebbe potuto trasportare un carico di 90 chili stivato nel cofano anteriore), i consulenti del P.M.<br />

rispondevano con dovizia di argomentazioni e persino con l’esito di prove sperimentali che avevano dimostrato la totale<br />

infondatezza delle suddette ipotesi e l’assoluta erroneità dei presupposti di fatto sui quali il consulente di parte aveva<br />

fondato le sue ipotesi.<br />

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