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Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento - Artleo.it

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Michael Baxandall <strong>P<strong>it</strong>tura</strong> <strong>ed</strong> <strong>esperienze</strong> <strong>sociali</strong> nell’Italia <strong>del</strong> <strong>Quattrocento</strong><br />

vava ostacoli in una direzione si sviluppava in un’altra –<br />

ma l’ostentazione in quanto tale continuava.<br />

Analogo era il caso <strong>del</strong>la p<strong>it</strong>tura. A mano a mano che<br />

nei contratti il largo uso di oro e di azzurro ultramarino<br />

perdeva importanza, esso veniva sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da indicazioni<br />

relative all’uso altrettanto consistente di qualcos’altro<br />

– l’abil<strong>it</strong>à tecnica <strong>del</strong> p<strong>it</strong>tore. Per comprendere<br />

come ciò si verificasse – come cioè l’abil<strong>it</strong>à potesse<br />

sost<strong>it</strong>uirsi naturalmente al colore prezioso e come lo si<br />

potesse chiaramente considerare un importante indice di<br />

consumo – bisogna tornare al ruolo <strong>del</strong> denaro nell’amb<strong>it</strong>o<br />

<strong>del</strong>la p<strong>it</strong>tura.<br />

Una distinzione tra il valore <strong>del</strong> materiale prezioso da<br />

un lato e il valore attribu<strong>it</strong>o all’abile uso dei materiali<br />

dall’altro, assume ora per l’argomento che stiamo trattando<br />

un rilievo abbastanza decisivo. Non è che tale<br />

distinzione ci sia estranea, anzi ci è <strong>del</strong> tutto comprensibile,<br />

anche se di sol<strong>it</strong>o rientra solo marginalmente nel<br />

nostro modo di pensare ai dipinti. Al contrario nel primo<br />

Rinascimento cost<strong>it</strong>uiva «il» punto nodale. La dicotomia<br />

fra qual<strong>it</strong>à <strong>del</strong> materiale e qual<strong>it</strong>à <strong>del</strong>l’abil<strong>it</strong>à tecnica<br />

<strong>del</strong>l’artista era il motivo che ricorreva in modo piú<br />

frequente <strong>ed</strong> evidente in qualunque tipo di discussione<br />

sulla p<strong>it</strong>tura e sulla scultura, e ciò avveniva sia che questa<br />

fosse di carattere moralistico, quando si deplorava la<br />

fruizione <strong>ed</strong>onistica <strong>del</strong>le opere d’arte da parte <strong>del</strong> pubblico,<br />

sia che essa fosse asseverativa, come nel trattati<br />

teorici sull’arte. A un estremo si trova la figura <strong>del</strong>la<br />

ragione che usa tale dicotomia per condannare l’effetto<br />

prodotto su di noi dalle opere d’arte, nel dialogo <strong>del</strong><br />

Petrarca De rem<strong>ed</strong>iis utriusque fortunae: «... pretium ut<br />

auguror, non ars placet» (il corsivo è mio) 26 .<br />

All’altro estremo Alberti usa tale distinzione nel suo<br />

trattato Della p<strong>it</strong>tura per sollec<strong>it</strong>are i p<strong>it</strong>tori a rappresentare<br />

perfino gli oggetti d’oro non con l’oro, ma attraverso<br />

un’abile applicazione <strong>del</strong> giallo e <strong>del</strong> bianco:<br />

Storia <strong>del</strong>l’arte Einaudi 21

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