da Paolo Steffan, Alcune «lucciole» per Nievo poeta

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S'accolgono alle rive. Forme velate e tremule Vi balzano furtive. Fuggon... ma non con Dio. Bella Venezia, addio! Dal mar un'aura levasi Che, colle fresche piume, L'onde ragguaglia ed agita; Treman le bianche spume D'un vago luccichio: Bella Venezia, addio! E sulle argentee nuvole Sembra danzar la luna, Come vezzosa vedova Che la gramaglia bruna Inargenta d'oblio. Bella Venezia, addio! Addio!... di te si piacciono Le maghe, i silfi, i numi; Ma il mio modesto spirito Far pago invan presumi. Un altro mare è il mio! Bella Venezia, addio! (Ippolito Nievo, Dopo la caduta di Venezia) Da questo addio a Venezia, ai Bozzetti delle Lucciole, dove attraverso una sessantina di quadretti si dipingono o satireggiano diversi aspetti della Venezia decaduta della prima metà del XIX secolo. In particolare ho individuato nel tredicesimo testo di questo gruppo, intitolato Lo scirocco, un motivo che ritorna indirettamente nel XIX capitolo delle Confessioni e oltre, legato alla figura del vecchio Monsignore. XIII Lo scirocco Spurio figliuol dell'aria, Circe dei sommi ingegni, Distruggitor de' regni, Padre del sonno e re; Ben a ragion dell'Adria I boccheggianti figli Vanno tra due sbadigli Maledicendo a te. Ma come in terra Dandolo Sconfisse i Bisantini, E come il Morosini Ruppe gli Osmani in mar? 18
Ahi, quel Scirocco è un nostro Peculiar nemico, Che certo al tempo antico Non osava fiatar. (Ippolito Nievo, Bozzetti veneziani, XIII, Lo scirocco [pp. 327-8]) Lo scirocco si annuncia subito «spurio figliuol», dunque 'figlio reietto', modo poetico per dargli del 'bastardo', poi è «Circe dei sommi ingegni», dunque un vento maliardo, che devia gli intelletti e li addormenta, causando la caduta «de' regni», nel nostro caso della Serenissima. Insomma, in poesia lo scirocco risulta essere per Nievo decadimento di Venezia e della sua grandezza politico-economica e culturale, un vento «che certo al tempo antico | non osava fiatar», come recitano gli ultimi due versi del Bozzetto; da qui parte il legame con un'immagine insistita nelle Confessioni, che così entra in gioco, nel capitolo XIX, accompagnando sempre poi lo stesso personaggio e, successivamente, intaccando lo stesso narratore: Monsignore Orlando invece ci accolse così tranquillo e sereno come appunto tornassimo allora dalla passeggiata d'un'ora. La sua nobile gorgiera si era stradoppiata, e camminava strascicandosi dietro le gambe, e lodandosi molto della propria salute, se non fosse stato quel maledetto scirocco che gli rompeva i ginocchi. Era lo scirocco degli ottant'anni, che ora provo anch'io e che soffia da Natale a Pasqua e da Pasqua a Natale con una insistenza che si fa beffa dei lunarii. Mentre la Pisana buona e spensierata faceva festa allo zio, e si divertiva di inquietarlo sulla durata del suo scirocco, io riuscii pian piano a rappiccar conoscenza colle vecchie camere del castello. (da Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano, cap. XIX [pp. 725-6]) E ancora, in un dialogo tra Monsignore e Carlino: Monsignore mangiava come avesse vent'anni; io, vicino a lui e un po' sbalordito dagli inopinati accidenti che m'intervenivano, lo domandai non so quante volte della sua salute durante il pranzo. Mi rispondeva fra un boccone e l'altro: - La salute andrebbe a meraviglia se non ci fosse questo benedetto scirocco! Una volta non era cosí. Te ne ricordi, Carlino?... Peraltro non pioveva da un mese; e fra tutti i popoli d'Italia Monsignore era il solo che sentisse lo scirocco. (da Ippolito Nievo, Le confessioni di un italiano, cap. XIX [pp. 737-8]) Da quest'ultimo commento si intuisce un legame con il distico conclusivo della poesia, 19
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